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#pianetiextrasolari
scienza-magia · 9 months
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Miliardi di pianeti nella Via Lattea possono ospitare la vita
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Ci sono oltre 6 miliardi di esopianeti come la Terra nella nostra galassia, la ricerca degli scienziati. Uno studio del 2020 calcola in oltre 6 miliardi di esopianeti simili alla nostra Terra presenti nella sola Via Lattea, la nostra galassia: i dettagli. Possono esistere fino a un pianeta simile alla Terra per ogni cinque stelle simili al Sole nella Via Lattea, secondo le stime del 2020 degli astronomi dell’Università della Columbia Britannica che utilizzano i dati della missione Kepler della NASA (missione terminata). Per essere considerato simile alla Terra, un pianeta deve essere roccioso con un diametro simile a quello terrestre e in orbita attorno a stelle come il Sole (tipo G).
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Rappresentazione artistica di esopianeti. Credit: NASA/JPL-Caltech/R. Hurt (SSC-Caltech) Inoltre gli esopianeti devono orbitare nelle zone abitabili delle proprie stelle, la giusta distanza affinché ci sia una temperatura atta a poter “ospitare” acqua liquida, e potenzialmente vita, sulla sua superficie. Un numero enorme di pianeti extrasolari Le stime precedenti della frequenza dei pianeti simili alla Terra andavano da circa 0,02 pianeti potenzialmente abitabili (per stella simile al Sole) ad uno. In genere, i pianeti come la Terra sono più difficili da individuare rispetto agli altri tipi, poiché sono piccoli e orbitano lontani dalle loro stelle. Ciò significa che un catalogo planetario rappresenta solo un piccolo sottoinsieme dei pianeti che sono effettivamente in orbita attorno alle stelle. Gli scienziati hanno usato una tecnica nota come “modellazione in avanti” per superare questi limiti. Il radius gap La ricerca ha anche fatto luce su una delle questioni più importanti della scienza degli esopianeti: il “radius gap” dei pianeti. Il divario di raggio dimostra che non è comune per i pianeti, con periodi orbitali inferiori a 100 giorni, avere una dimensione compresa tra 1,5 e 2 volte quella della Terra. I ricercatori hanno scoperto che il divario del raggio esiste in un intervallo molto più ristretto di periodi orbitali di quanto si pensasse in precedenza. La ricerca continua! Fonte: UBC science   Read the full article
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scienza-magia · 1 year
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Giordano Bruno: le intuizioni scientifiche di un frate scomodo
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La rivoluzione scientifica di Giordano Bruno. Il 17 febbraio 1600 moriva sul rogo Giordano Bruno, il frate-filosofo che cercò la verità a costo di scontrarsi con l'autorità della Chiesa. Ancora oggi è il simbolo della libertà di pensiero. "Forse tremate più voi nel pronunciare contro di me questa sentenza che io nell'ascoltarla". È così che Giordano Bruno, il frate-filosofo che con le sue opinioni aveva osato sfidare la Chiesa, accolse la condanna a morte inflittagli dal tribunale dell'Inquisizione. Pochi giorni dopo il tragico verdetto, il 17 febbraio 1600, quel pensatore "libero e ostinato" sarebbe stato condotto al rogo in Campo de' Fiori, a Roma. Proprio là dove oggi sorge il monumento in sua memoria, che lo ritrae imponente e fiero, con lo sguardo cupo rivolto al Vaticano. Scopriamo la sua storia attraverso l'articolo "Sfida fatale" di Federica Campanelli, tratto dagli archivi di Focus Storia.
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Il monumento dedicato a Giordano Bruno, in Campo de’ Fiori, a Roma, nel luogo dove il filosofo venne arso vivo. La statua è dello scultore Ettore Ferrari e venne inaugurata nel 1889. Pyty / Shutterstock Un secolo difficile Giordano Bruno, all'anagrafe Filippo, era nato nel 1548 a Nola, vicino a Napoli, nel mezzo di un secolo cruciale nella storia della Chiesa: spaccata in due dalla Riforma luterana, era seguita la Controriforma cattolica lanciata dal Concilio di Trento iniziato nel 1545. Due anni prima, Paolo III aveva istituito l'Inquisizione romana (o Santo Uffizio) e nel 1559 Paolo IV creò l'Indice dei libri proibiti. Il papato si dotò così di due strumenti persecutori di cui Bruno, suo malgrado, farà presto conoscenza. La carriera monastica di Giordano Bruno iniziò nel convento di San Domenico a Napoli, dove entrò a 17 anni. Rivoluzionario Giovane dall'animo irrequieto, fu investito dalla prima denuncia quando era ancora novizio, reo di aver tolto dalla propria cella le immagini dei santi. Più avanti, nel 1576, un confratello lo accusò di eresia per aver espresso dei dubbi sulla dottrina della Trinità. «L'accusa era difficile da provare, ma in un eventuale processo si sarebbe sommata alla precedente denuncia, che rimarcava il poco rispetto che Bruno aveva del culto dei santi», racconta Anna Foa, docente di Storia moderna alla Sapienza di Roma e autrice del saggio Giordano Bruno (il Mulino). Vagabondo Il rischio di una condanna era dunque consistente, e così Bruno lasciò Napoli riparando a Roma. Dovette però fuggire anche da lì, perché fu accusato ingiustamente dell'omicidio di un frate. Iniziò quindi un periodo di peregrinazioni in tutta Europa, dove, spogliatosi degli abiti domenicani, vagabondò di città in città avvicinandosi a ogni confessione cristiana, desideroso di allargare i propri orizzonti di studio e le proprie riflessioni filosofiche. A Ginevra aderì al calvinismo, in Germania entrò in contatto con i luterani e in Inghilterra con gli anglicani, distinguendosi tra l'altro per una serie di lezioni poco gradite sulla teoria eliocentrica di Copernico, di cui era sostenitore. Questa e altre sue convinzioni irritarono le varie gerarchie ecclesiastiche e Bruno si ritrovò così scomunicato praticamente da tutte le Chiese cristiane europee, cattoliche o riformate che fossero. Con questo curriculum, nel 1592 fece ritorno in Italia. L'inizio del calvario Nel marzo 1592 si stabilì a Venezia, chiamato da tal Giovanni Mocenigo, un nobile ansioso di apprenderne le cosiddette "arti magiche" e in particolare la mnemotecnica, un efficace metodo di memorizzazione che lo stesso Bruno aveva ideato, rimarcando però come tale tecnica derivasse "non dalla magia, ma dalla scienza". Ma quel soggiorno veneziano fu l'inizio della sua fine. Quando infatti il filosofo riferì l'intenzione di riprendere i suoi viaggi, Mocenigo, irritato, corse a denunciarlo per eresia. Risultato: Bruno fu arrestato la sera del 23 maggio 1592, e tre giorni dopo mandato a processo. Processo sommario Ma quali erano i capi d'accusa? Mocenigo aveva sostenuto, tra le altre cose, che Bruno fosse una specie di stregone, che non credesse nella verginità di Maria, che fosse un lussurioso e che volesse fondare una nuova setta. Dalle accuse emerse poi uno degli elementi centrali del pensiero di Bruno: la presenza di un universo infinito e di infiniti mondi, idea inaccettabile per l'epoca, che andava persino oltre la teoria copernicana. «Le accuse, per quanto gravi, provenivano tuttavia dal solo Mocenigo ed erano piuttosto confuse, motivo per cui il processo veneziano poteva anche finire con un'assoluzione o una condanna lieve», spiega l'esperta. A quel punto giunse però una richiesta di estradizione da Roma, dove Bruno fu trasferito il 27 febbraio 1593. Alle accuse del Mocenigo si erano intanto aggiunte quelle di fra' Celestino da Verona, che con Bruno aveva condiviso la detenzione veneziana. «I nuovi capi d'accusa, simili a quelli del Mocenigo, furono avallati da altri quattro compagni di cella di Bruno, e alla fine emerse l'immagine distorta di un uomo senza religione, pronto a burlarsi di ogni credenza», continua la storica. Giudizio romano Della fase romana del processo non è sopravvissuto alcun verbale, ma esiste un Sommario compilato tra il 1597 e il 1598. Questo documento, basato sugli atti veneziani e su quelli romani, è stato scoperto nel 1940 e reso pubblico solo pochi decenni fa. Quel che sappiamo è che il tribunale raccolse un totale di 31 capi d'imputazione, che ricoprivano praticamente ogni aspetto della vita di Bruno, dalla sua condotta morale, alle credenze teologiche e filosofiche. L'iter processuale si protrasse in ogni caso per anni, tra interrogatori, sospensioni e, forse, un episodio di tortura nel 1597. Fu infine l'intervento del cardinale gesuita Roberto Bellarmino, pezzo grosso del Santo Uffizio, implicato anche nel caso Galileo, a sbloccare la situazione. L'imputato non ritratta Bellarmino sottopose a Bruno otto proposizioni da abiurare, poiché eretiche. «L'abiura era un elemento fondamentale nei processi di tal genere: se un eretico rinnegava le proprie opinioni, otteneva infatti un trattamento mite, ma per Bruno rinunciare alle sue verità significava sottomettersi a un'autorità, quella dei giudici e dei teologi dell'Inquisizione, che lui non riconosceva», commenta Foa. La posizione dell'imputato si fece sempre più seria, e il 21 dicembre 1599, nell'ultimo interrogatorio, dichiarò di non aver nulla da ritrattare. In sostanza, Bruno rigettò l'accusa di eresia in quanto non si considerava un teologo, bensì un filosofo che andava, semplicemente, alla ricerca della verità. Ma agli occhi della Chiesa, negando l'abiura, confermava di essere un "eretico impenitente, pertinace e ostinato", come recitava la sentenza di condanna espressa l'8 febbraio 1600. Il 17 dello stesso mese, quel pensatore fuori dal comune fu zittito per sempre, avvolto dalle fiamme. Anticipatore L'impatto di Giordano Bruno sulle posizioni della Chiesa, specie in ambito scientifico, fu sconvolgente, ma tuttora la Santa Sede, pur avendo espresso "profondo rammarico" per la sua morte, non ne ha riabilitato il pensiero. Eppure Giordano Bruno, figlio di un'era ancora "prescientifica" (ossia precedente l'introduzione del metodo sperimentale di Galileo Galilei), è stato capace di intuizioni straordinarie. Nello scritto La cena de le ceneri (1584) espresse per esempio il principio di relatività del moto, anticipando lo stesso Galileo. Inoltre, con la sua teoria sulla presenza di "mondi innumerevoli e innumerabili", cioè immaginando che l'universo ospiti un numero infinito di stelle-soli, Bruno ipotizzò l'esistenza di pianeti extrasolari (confermata solo nel 1995) anticipando persino la teoria del multiverso. Complesse teorie scientifiche a parte, Giordano Bruno sarà ricordato per sempre, grazie a quel processo, come simbolo universale della libertà di pensiero. Da difendere anche a costo della vita. Fotogallery Le leggende nere della Chiesa Read the full article
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scienza-magia · 1 year
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Pianeta abitabile extrasolare a 31 anni luce di distanza
Scoperto un pianeta sosia della Terra a 31 anni luce: è abitabile. Mostra sempre la stessa faccia alla sua stella, come fa la Luna. La scoperta è stata fatta da un gruppo di ricercatori guidati da Diana Kossakowski dell'Istituto tedesco Max Planck per l'astronomia (Mpia) di Heidelberg, che l'ha pubblicata sulla rivista Astronomy & Astrophysics. La caccia ai pianeti detti “extrasolari”, o “esopianeti” da parte degli astrofisici di tutto il mondo continua a fornire grandi risultati. E’ indubbiamente le nuova, grande frontiera dell’astronomia moderna: non è più una novità assoluta il fatto che vengano scoperti nuovi pianeti che orbitano attorno ad altre stelle delle nostra galassia (sono già migliaia, sin dal 1995, quelli catalogati e ritenuti ufficialmente pianeti). Ma ciò che maggiormente sorprende è che sono sempre di più quelli definiti come “simil-terre”, e quindi simili, come caratteristiche geologiche e morfologiche, al nostro pianeta. Il più recente, annunciato oggi, che ha caratteristiche uniche tra le simil-terre sinora scoperte, è battezzato Wolf 1069 b e dista 31 anni luce da noi, nella Costellazione del Cigno. L’obiettivo principale, oltre alle scoperte in sé e per ampliare le nostre conoscenze sull’universo, è sempre quello: cercare vita extraterrestre. La vita? Non semplice “Prima o poi le novità importanti arriveranno. L’esobiologia è pronta in questo ambito” – ci dice l’astrofisico Walter Ferreri, per anni all’Osservatorio INAF di Torino e oggi Direttore Scientifico dell’Osservatorio di Alpette, posto di fronte al Gran Paradiso – “Ma naturalmente non è semplice. E’ necessario che tutta una serie di combinazioni si mettano assieme, per formare la vita. Innanzitutto vengono considerati simil-Terre perché si trovano nella cosiddetta ‘zona abitabile’, una regione solitamente non troppo vicina e nemmeno troppo distante dalla loro stella. E anche una certa distanza dalla stella, tale da permettere all’acqua di restare in forma liquida anche sulla superficie del pianeta. Nel caso di questo esopianeta però, che ruota attorno ad una nana rossa, la zona abitabile si trova in prossimità della stella stessa, vista la natura di questa tipologia di stelle”. “In condizioni cioè, anche climatiche, per far sì che la vita possa in qualche modo esistere e possibilmente svilupparsi. Anche solo in forma elementare, biologica, di batteri, già potrebbe esistere nel nostro stesso Sistema Solare”. Le scoperte si sono moltiplicate da quando gli strumenti di osservazione si sono affinati sempre di più, abbinando l’osservazione ottica a quelle di altre bande di osservazione, come infrarosso, raggi x e gamma, eccetera. E soprattutto, potenziando le tecniche di osservazione, che si basano su una sorta di occultazione, una specie di eclisse del pianeta che transita davanti alla sua stella, che poi ne dà la conferma. Lo stesso, grande osservatorio spaziale “James Webb”, operativo da 7 mesi, osserva il cosmo all’infrarosso e promette di scovare, nei prossimi anni,nuovi pianeti e simil-Terre. Come è fatto Wolf 1069? Ma nel caso della scoperta annunciata oggi, il protagonista è uno dei più sofisticati osservatori astronomici posti sul suolo terrestre. Anzi, per la precisione, su quelle montagne e a quelle quote in cui le osservazioni astronomiche sono meno disturbate possibile da inquinamento luminoso e onde elettromagnetiche.
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Wolf 1069 b è stato identificato con quello che è chiamato “metodo delle velocità radiali”. La scoperta è di un gruppo di astrofisici guidata da Diana Kossakowski, dell’Istituto Max Planck per l’astronomia di Heidelberg (Germania). Con lo spettrografo del Progetto CARMENES, attivo dal 2016 e che utilizza l’Osservatorio Calar Alto in Spagna, sono state misurate delle piccole variazioni dello spettro del pianeta. Wolf 1069 b ha una massa pari a 1.26 volte quella della Terra, completa un’orbita in soli 15,6 giorni e si trova nella “zona abitabile” della sua stella. Ciò che caratterizza Wolf 1069 è l’assenza di attività stellare e intensa radiazione ultravioletta. Caratteristiche che aumentano le speranze di poter trovare su Wolf 1069 b un’atmosfera, oltre la quale avrebbe potuto svilupparsi la vita. Ecco perché questo esopianeta rientra tra i favoriti nella ricerca di vita su altri pianeti, prevista per il prossimo futuro. Una delle caratteristiche di queste simil-Terre, è la presenza (ancora non confermata) di un’atmosfera, in grado di creare un effetto serra per riscaldare il pianeta. Gli astrofisici di “Carmenes”, indicano che su Wolf 1069 b però, la temperatura media raggiunga “meno 23 °C”. Pertanto, se avesse un’atmosfera simile a quella terrestre, l’effetto serra riscalderebbe il pianeta fino ad un massimo di 13 °C, permettendo all’acqua di restare liquida. Ciò significa che, similmente a quello che accade tra Terra e Luna, il pianeta mostra sempre la stessa faccia alla sua stella, completando una rivoluzione su sé stesso al completamento dell’orbita. Ed è quello che si verifica anche per Wolf 1069 b. Gli astrofisici di Calar Alto inoltre, stimano che sia quasi certa la presenza di un campo magnetico. Un po’ come la Luna Ma la caratteristica più singolare di questo nuovo pianeta extrasolare è che mostra sempre la stessa faccia. Molto spesso i pianeti estremamente vicini alla propria stella, per effetto delle forze di marea della stella, ruotano in maniera sincrona. Un po’ come fa la nostra Luna con la Terra, con una faccia sempre illuminata, e quindi l’altra sempre oscura. Wolf 1069 si colloca al sesto posto, per lontananza dalla Terra, tra quelli di massa terrestre potenzialmente abitabili. O comunque, con alte possibilità che vi sia presenza di qualche forma di vita. La scoperta del Wolf 1069 arriva ad appena qualche giorno di distanza da quella della simil-Terra intorno alla stella TOI 700, dove esiste un sistema planetario di almeno 4 pianeti di cui un altro con caratteristiche simili al nostro. Il nuovo pianeta ha dimensioni simili alla Terra e si trova nella zona abitabile, ossia a una distanza tale dalla sua stella da poter avere acqua liquida in superficie. La scoperta è stata fatta grazie al telescopio spaziale Tess anche grazie al contributo di astronomi italiani dell'Osservatorio di Campocatino, vicino Frosinone. Read the full article
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scienza-magia · 4 years
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Un esopianeta nella fascia di abitabilità di Kepler-1649
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Un pianeta terrestre nascosto in piena vista. Nuove analisi sui dati raccolti dal telescopio spaziale Kepler hanno permesso di scoprire un pianeta terrestre con caratteristiche molto simili alla Terra. Riesaminando con nuovi metodi i dati del telescopio spaziale Kepler (NASA), in pensione dal 2018, un gruppo ricercatori ha scoperto un esopianeta di tipo terrestre in orbita nella fascia di abitabilità della sua stella, chiamata anche riccioli d'oro: quella zona alla "giusta distanza dalla stella" dove riteniamo che, su un pianeta roccioso (se c'è), l'acqua (se c'è) possa mantenersi liquida. Il nuovo esopianeta, che i primi studi non avevano rivelato, sembra avere caratteristiche sorprendenti: di tutti i pianeti trovati grazie a Kepler, questo pare il più simile alla Terra per dimensioni, massa e per la temperatura che potrebbe esserci al suolo. Tutto a favore della vita (tranne la stella). Il pianeta Kepler-1649c, terzo del suo sistema planetario (identificato perciò con la lettera "c"), è a circa 300 anni luce da noi. In base ai dati, la sua massa è pari a 1,06 volte quella della Terra, e la quantità di luce che riceve dalla sua stella è stimata essere attorno al 75% di quella che la Terra riceve dal Sole: le temperature, in superficie, potrebbero dunque essere molto simili a quelle terrestri. I dati del telescopio non permettono invece di sapere nulla della sua atmosfera: né se c'è, né da che cosa è composta, perciò l'ipotesi della presenza di acqua non è neppure un'ipotesi, ma una speculazione basata sui pochi parametri noti, e ulteriori osservazioni non potrebbero al momento aggiungere nulla di più.
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Il telescopio spaziale Kepler in numeri: dati aggiornati al 24 ottobre 2018. | NASA Quanto alla vita, c'è un importante elemento a sfavore: la stella di quel sistema, che per adesso si chiama solamente Kepler-1649, è una nana rossa. Appartiene cioè a quella tipologia di stelle che frequentemente emettono fortissime radiazioni, che possono sterilizzare ogni forma di vita a noi nota. «Ma la scoperta di un pianeta così simile alla Terra ci fa sperare di poterne trovare altri, anche attorno a stelle stabili come il Sole: una probabilità in aumento, anche grazie al fatto che riusciamo ad analizzare sempre più in dettaglio i dati raccolti da telescopi come Kepler», afferma Thomas Zurbuchen (NASA). Il più simile. Kepler-1649c orbita attorno alla sua stella in soli 19,5 giorni terrestri (1 anno, per quel pianeta), mentre un altro pianeta di cui si conosceva l'esistenza, a circa metà strada tra la stella e "c", ha un anno più lungo: mentre "c" ruota nove volte attorno alla stella, il pianeta più interno ruota solo 4 volte - e questo, affermano i ricercatori nello studio pubblicato su Astrophysical Journal Letters - indicherebbe che si è creata una stabilità tra i pianeti di quel sistema. Ciò che in questa scoperta ha entusiasmato la comunità degli astrobiologi è il fatto che sono noti esopianeti con dimensioni simili alla Terra, come TRAPPIST-1f e forse anche Teegarden c, e sono noti anche pianeti extrasolari con temperature superficiali vicine a quelle terrestri, come TRAPPIST-1d e TOI 700d, ma nessun pianeta aveva finora mostrato di avere entrambe le caratteristiche. «Questo rende Kepler-1649c particolarmente interessante», ha affermato Andrew Vanderburg (dip. di astronomia della University of Texas, Austin, USA), coordinatore dello studio: «se ci fossimo accontentati dei primi studi su quei dati, ce lo saremmo perso.» Del resto, alla NASA sono consapevoli dei limiti di Kepler Robovetter, il software utilizzato per filtrare i dati delle osservazioni del telescopio spaziale Kepler, che valuta la "caduta di luce" di una stella quando qualcosa le passa davanti (rispetto all'osservatore). Il software deve decidere se il calo di luminosità può essere attibuito con certezza al transito di un pianeta: se l'analisi non porta a un risultato certo, il fenomeno viene classificato come "falso positivo", ed è proprio la rianalisi dei falsi positivi che ha permesso di identificare Kepler-1649c. Read the full article
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