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scienza-magia · 2 hours
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Nella costellazione del Leone un esopianeta con la vita
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Rilevato gas prodotto da esseri viventi: sull'esopianeta K2-18b potrebbero esserci forme di vita. Sensazionale scoperta dell'Università di Cambridge. Se le ulteriori indagini condotte col telescopio spaziale James Webb daranno conferma, potremmo davvero trovarci di fronte a un pianeta con forme di vita. Un pianeta, non troppo lontano da noi, che potrebbe avere caratteristiche simili alla Terra, e che, per tale ragione, potrebbe addirittura ospitare la vita: si tratta di K2-18b, un corpo celeste distante 120 anni luce e di recente scoperta. Secondo alcune ricerche nella sua atmosfera si troverebbero tracce di dimetilsolfuro, un composto organico che può essere prodotto soltanto da esseri viventi. Una scoperta straordinaria che, se confermata, aprirebbe a incredibili scenari. K2-18b
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Un'illustrazione di K2-18b, su Wikipedia Cosa sappiamo di K2-18b? Si tratta di un esopianeta, ossia un corpo celeste che non è legato al nostro sistema solare. Viene chiamato anche EPIC 201912552 b e orbita attorno alla stella nana rossa K2-18, a 111 anni luce di distanza dalla Terra. K2-18b è stato scoperto da poco, nel 2015, nel corso della missione Kepler. Alcuni lo considerano una sorta di super Terra. La ricerca che ha evidenziato la possibile presenza di dimetilsolfuro nella sua atmosfera risale allo scorso anno. Un team di ricerca internazionale guidato dall'Università di Cambridge, con la collaborazione della Scuola di Fisica e Astronomia dell'Università di Cardiff, dell'Earth & Planets Laboratory – Carnegie Institution for Science di Washington e dello Space Science Institute di Boulder, ha potuto rilevare il composto organico dimetilsolfuro nell'atmosfera dell'esopianeta. Si tratta di un dato molto importante, perché questo gas ha origine esclusivamente biologica. Se la presenza del dimetilsolfuro venisse confermata, dunque, si potrebbe prendere in considerazione l'idea che sul corpo celeste si trovano delle forme di vita. Le osservazioni col telescopio spaziale James Webb Tutto ciò è stato possibile grazie al telescopio spaziale James Webb, che ha permesso al team guidato dal professor Nikku Madhusudhan, docente a Cambridge, di individuare il composto organico tramite delle indagini spettrografiche. Studiando il modo in cui la luce si riflette sull'atmosfera di un pianeta, è infatti possibile risalire a quali sostanze chimiche la compongono. Nella costellazione del Leone - lì, infatti, è collocato K2-18b - potrebbe dunque trovarsi quella risposta alla onnipresente domanda: c'è vita nell'universo? Chiaramente da parte degli esperti del settore c'è un'invito alla cautela, malgrado l'entusiasmo. Proseguiranno quindi le indagini con il telescopio spaziale James Webb, nella speranza di ricevere ulteriori conferme circa la presenza di dimetilsolfuro nell'atmosfera dell'esopianeta. Già nella giornata di oggi verranno effettuate nuove osservazioni. I risultati saranno poi esaminati nei prossimi mesi, dato che si tratta di un lavoro abbastanza lungo. Nel 2028, quando nello Spazio verrà lanciato il telescopio spaziale ARIEL, si potrà procedere con indagini ancora più approfondite. Read the full article
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scienza-magia · 1 day
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L’enigma delle Lampade di Dendera
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Nel 1857 l’archeologo francese Auguste Mariette scoprì dei bassorilievi con geroglifici nel tempio tolemaico di Hathor, nella località di Dendera in Egitto. Tra questi, ce n’erano due che avevano una particolare forma di lampada. Fu così che nel 1894 il fisico e astronomo inglese Joseph Norman Lockyer, fondatore della prestigiosa rivista “Nature”, nel libro “The dawn of astronomy” (L’alba dell’astronomia) scrisse ironicamente, parlando di questi bassorilievi, che nell’antico Egitto fosse conosciuta l’energia elettrica. In queste incisioni infatti dei sacerdoti sorreggono quelle che sembrano due lampade ad incandescenza, poggiate su quelli che paiono dei moderni isolatori per l’alta tensione. Alcuni ricercatori alternativi si spingono oltre, associandole al tubo di Crookes, un particolare tubo di vetro che poteva generare i raggi x e che fu il precursore del tubo catodico. Tutto ciò fece pensare che gli antichi egizi conoscevano l’energia elettrica e forse anche le radiazioni ionizzanti? Le lampade costituiscono un OOPart?
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Isolatore per l'alta tensione Gli OOpart (dall'inglese Out Of Place ARTifacts, ovvero “reperti fuori posto”) sono tutti quegli oggetti antichi che vengono ritrovati in un contesto in cui teoricamente non dovrebbero essere! E in effetti queste lampade hanno tutta l’aria di essere fuori contesto. Inoltre, ad alimentare il dibattito è stata anche la mancanza di cenere all’interno degli antichi edifici egiziani, i quali probabilmente utilizzavano dei giochi di luce attraverso gli specchi, piuttosto che le torce, per illuminare l’interno delle loro costruzioni. Infine, tutta una serie di indizi presenti nei bassorilievi fece pensare a delle lampadine, ad esempio: la serpentina interna che somiglia a un filo metallico avvolta da un tubo di vetro; il “cavo elettrico” che parte dalla base della lampada e termina in una sorta di cilindro che può somigliare ad una batteria; gli oggetti su cui sono appoggiate, che abbiamo già menzionato, e che costituiscono un’altra delle stranezze che hanno fatto discutere molto, ovvero gli “isolatori elettrici per l’alta tensione”; infine, le due figure al di sotto delle lampade, l’una di fronte all’altra, che si toccano la mani, che costituiscono il simbolo della polarità inversa. Cosa potrebbe essere in realtà Ma tutti questi indizi sono da considerare semplici coincidenze? Certo che la somiglianza con una lampadina c’è! Ma forse, vista dal punto di vista dello studio dei geroglifici, il significato potrebbe essere diverso. Ad esempio il “filo metallico” potrebbe rappresentare il dio Ihi (il dio della musica) sotto le sembianze di un serpente primordiale che emerge dal fior di loto, raffigurato dal vetro della lampadina, oppure potrebbe anche rappresentare l’utero della dea Nut, la dea della nascita. Inoltre il fior di loto simboleggiava il sole, la rinascita e la vita eterna. Invece i famosi pilastri “isolatori dell’alta tensione” potrebbero mostrare l’innalzamento da parte dei sacerdoti, di pilastri simbolici per la rinascita di Osiride, il dio della morte, degli inferi e della fertilità. Oppure potrebbero riprodurre la costruzione dei due santuari primordiali di Pi-Ramses e di Nekhen, le capitali dell’Alto e del Basso Egitto. Dunque, questa interpretazione farebbe cadere ogni tesi “controcorrente” degli studiosi alternativi, ma forse non sapremo mai la verità fino in fondo, e si continuerà a dibattere su questo ed altri argomenti del passato, ma sicuramente le civiltà antiche ci nascondono ancora tante sorprese che prima o poi verranno a galla. Read the full article
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scienza-magia · 2 days
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Superconduttore creato con una lamina atomica d'oro
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Creato il Goldene, è come il grafene ma è oro semiconduttore. L'ultima grande scoperta legata alla "scienza dei materiali" è il Goldene, un materiale composto da un'unica lamina atomica di oro. L'ultima grande scoperta legata alla "scienza dei materiali" è il Goldene, un materiale composto da un'unica lamina atomica di oro, recentemente sviluppato dai ricercatori dell'Università di Linköping. Questo nuovo materiale sta già facendo parlare di sé, tanto che alcuni lo definiscono il nuovo "grafene dorato". Ma quali sono le caratteristiche che rendono così speciale il Goldene? Innanzitutto, la sua natura in due dimensioni gli conferisce proprietà uniche e attraenti, oltre a trasformare l'oro in un semiconduttore, una caratteristica fino ad ora sconosciuta per questo metallo prezioso.
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il Goldene, un materiale composto da un'unica lamina atomica di oro Uno dei principali ostacoli che i ricercatori hanno dovuto superare per creare il Goldene è stata la tendenza dell'oro a formare grumi e a arricciarsi. Tuttavia, grazie alla determinazione e all'ingegnosità dei ricercatori Lars Hultman e Shun Kashawaya, questi problemi sono stati risolti con successo. Il processo di sviluppo del Goldene è stato però un viaggio ricco di imprevisti. Inizialmente, i ricercatori stavano studiando un'applicazione completamente diversa dell'oro quando hanno fatto questa scoperta. Hanno sfruttato una tecnica giapponese antica di lavorazione dei coltelli, utilizzando il "reagente di Murakami" per estrarre sottili fogli d'oro dal carburo d'oro di titanio. Le potenziali applicazioni del Goldene sembrano entusiasmanti. Oltre alla riduzione dell'uso di oro come catalizzatore in varie industrie, si prevede che il Goldene avrà proprietà plasmoniche ed elettroniche uniche che potrebbero rivoluzionare settori come l'energia solare e la medicina. L'uso del Goldene potrebbe portare a una migliore efficienza nei pannelli solari e a terapie fototermiche plasmoniche innovative per il trattamento del cancro. Read the full article
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scienza-magia · 3 days
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La magia e la stregoneria nell’antica Roma
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Dobbiamo dire che, la magia e la stregoneria, nell’antica Roma costituivano il vero lato oscuro della civiltà romana, che comunque era estremamente reale. Esso era fatto di gesti, usanze e parole, ma purtroppo anche di riti arcaici e barbari, compiuti dai maghi e dagli stregoni di quel periodo storico. A differenza di quanto si possa pensare, tali usanze presero piede a tal punto nella società romana che, in vari casi, molti comportamenti o credenze di oggi le ricalcano perfettamente, sebbene con alcune differenze dipendenti dal cambio dei tempi. Per prima cosa, dobbiamo mettere in evidenza che, agli albori della civiltà romana più o meno dalla fondazione di Roma ,fino all’incirca alla metà dell’età repubblicana, la parola “mago”, così come la intendiamo oggi era assolutamente sconosciuta. Tuttavia, con il passare del tempo, e soprattutto con l’ampliamento dei territori conquistati, i romani appresero nuove conoscenze ed entrarono in contatto con nuove etnie e nuove popolazioni. I romani, pertanto, assimilarono le religioni e le credenze di tali popolazioni. Di solito, gli antichi romani, non distruggevano le tradizioni dei nuovi popoli sottomessi, dal momento che essi ,non avevano nessun interesse a fare ciò. I romani si comportarono in tal modo, sia al tempo della Repubblica, sia in quello dell’Impero. Viceversa, chi entrava in contatto con Roma, scopriva un nuovo mondo una nuova prospettiva ed anche un notevole miglioramento della vita, cosicché era molto motivato a entrare a far parte del mondo romano. Comunque sia, con il graduale aumento dei territori sottomessi e il consistente aumento dei flussi di esseri umani, che si spostavano all’interno dello Stato romano, in particolare verso Roma, la parola “magus” nel corso del I secolo a.C., cominciò ad indicare quelle persone che praticavano le arti magiche. I maghi, possedevano per lo più nozioni mediche e religiose e di conseguenza conoscevano metodi per propiziare la nascita di un figlio, pregando gli dei adeguati. Inoltre i maghi, svolgevano riti per mantenere il nascituro o la madre che l’aveva partorito, in vita. Se teniamo presente che la mortalità durante il parto sia del figlio appena nato che della madre, era altissima a quei tempi, possiamo facilmente immaginare quale importanza avessero tali conoscenze dei maghi nell’antica Roma. Inoltre i maghi, erano anche soliti preparare dei filtri d’amore pozioni, per lenire il dolore e svolgere riti per attirare la fortuna. Naturalmente, pagando somme considerevoli ai maghi e streghe si mettevano a disposizione dei loro clienti, esattamente come fanno oggi i vari maghi e cartomanti. Essi al tempo dei romani, non erano visti di buon occhio cosicché, nel corso della storia di Roma, vennero promulgate numerose leggi, per tentare di limitare l’espansione del fenomeno in questione. Si andava dunque dalla confisca dei beni, in epoca repubblicana, che riguardava anche i farmacisti dell’antica Roma, che erano soliti vendere diversi prodotti ai vari maghi, fino ad arrivare all’età imperiale, quando venne prevista la pena di morte per i maghi, che avessero compiuto rituali in grado di causare la morte di persone. Esistono, alcuni aneddoti, che ci fanno comprendere il funzionamento della magia e della stregoneria, nell’antica Roma. Famoso fu il caso di tre ricche matrone romane, da poco tempo rimaste vedove, che vennero scoperte, mentre mescolavano liquidi misteriosi all’interno di una grossa pentola. Interrogate sugli ingredienti che stavano utilizzando, le tre donne si rifiutarono di approfondire il discorso, ragion cui vennero condannate a bere ciò che stavano preparando. Le tre matrone romane morirono di lì a pochi minuti. Tale avvenimento tramandatoci da ignoti dell’epoca, destò molto scalpore tra la popolazione, attirando l’attenzione dell’opinione pubblica sull’espandersi di tale fenomeno. Un altro terribile aneddoto è tornato alla luce, con un epitaffio trascritto sopra una stele funeraria che recita come segue: “Mi avviavo verso il quarto anno ma sono sottoterra. Una strega crudele mi ha tolto la vita, è ancora sulla Terra lei e pratica ancora più pericolosi artifizi. Voi genitori custodite bene i vostri bambini se non volete avere il cuore trapassato dalla disperazione“. Dobbiamo dire che Canidia e Sagana, erano i nomi delle streghe più conosciute di quell’epoca e chissà, che questo bambino, non sia rimasto vittima, proprio di una di loro due. Più tollerante in un certo senso più legali della stregoneria, erano le divinazioni. La divinazione, avveniva per mezzo dell’osservazione del volo degli uccelli. Poi c’erano gli aruspici, che erano soliti esaminare le viscere delle vittime sacrificali, in particolare il fegato per trarne segni divinatori. Moltissime erano poi le superstizioni, che guidavano in molte circostanze l’intera giornata ,di un abitante dell’antica Roma. Subito al mattino, appena svegli, si faceva estremamente attenzione appoggiare per terra, per primo il piede destro nello scendere dal letto. Piede destro, che in seguito veniva utilizzato per primo, anche per varcare la soglia di casa, quando si usciva, questo perché per tradizione tutto ciò che stava a destra, era indice di protezione degli dei e se per caso qualcuno si fosse dimenticato di questa tradizione, state pur certi che sarebbe tornato indietro per ripetere il tutto nel giusto modo. Vi erano poi segnali ben precisi, che venivano considerati nefasti e di cattivo auspicio, come ad esempio udire lo squittio dei topi, quando si camminava per i vicoli della città. Veniva considerato un segno di grandissima sventura, l’improvvisa rottura di una trave della propria abitazione e ancora segno di sventura, era considerato il fatto che un cane nero, si introduceva in casa. Per arrivare poi al grande classico segno di sventura, cioè rovesciare sulla tavola il vino o il sale, simbolo questo di pessimo auspicio, anche per noi ai nostri giorni. Era poi buona norma, specialmente durante i banchetti, fare attenzione a non far cadere nulla a terra. Inoltre era molto importante per gli antichi romani, non fare durante il sonno notturno, sogni infausti. Quando cadeva un fulmine, durante un temporale, era buon uso emettere un fischio, per esorcizzare il rischio di sfortuna. Vi sono poi una serie di curiosità che gli antichi romani ,ci hanno lasciato in eredità, come ad esempio la credenza della sfortuna legata al numero 17. Un'altra usanza, oggi attualissima, è quella di portare in braccio la sposa oltre la porta d’ingresso della nuova abitazione. Anche nell’antica Roma, avveniva la stessa cosa, questo perché, se la sposa fosse inciampata nell’entrare nella nuova dimora, sarebbe stato considerato, un avvenimento incredibilmente negativo. Ad ogni buon conto, secondo gli antichi romani, c’era la possibilità di ovviare a tutti questi pericoli con l’uso degli amuleti e dei talismani, che nell’antica Roma erano numerosissimi. La maggior parte di questi amuleti, potevano essere in pietra o in metallo, e venivano indossati come ornamenti o gioielli, in particolare come collane, braccialetti ed anelli. Molto diffuse, nell’antica Roma, erano le lunule ventagli a forma di mezzaluna. Vi erano poi ancora i crepundia, medaglioni a sonagli, di varie forme, che di solito venivano messi al collo dei bambini, per tenere lontani gli spiriti maligni, con il suono delle piccole pietre in essi contenute. Da quanto abbiamo detto finora, appare evidente che anche nell’antica Roma, la magia, la stregoneria e le superstizioni, giocavano un ruolo importantissimo e rappresentavano il vero lato oscuro, della civiltà romana. Dobbiamo tenere presente che, di magia e stregoneria, hanno parlato anche autori importanti della letteratura latina quali ad esempio Orazio, Polibio, Lucano e anche Plinio il Vecchio. Riteniamo opportuno chiudere tale articolo con le parole di Plinio il Vecchio che così espone, la sua dea di magia: “nessuno deve meravigliarsi dell’autorità della magia perché unica tra le scienze ha abbracciato e incontrato altre discipline che hanno forte ascendenza sulla mente umana”. Le tre discipline a cui fa riferimento Plinio il Vecchio sono: la medicina, la religione e l’astrologia. Prof. Giovanni Pellegrino Read the full article
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scienza-magia · 4 days
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Seduta psicoterapeutica con l'intelligenza artificiale
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Fatti vedere da uno bravo, ma ChatGPT batte gli psicologi umani. Uno studio mette a confronto l'IA con psicologi umani nella comprensione emotiva: i risultati di ChatGPT-4 sono sorprendenti. Un nuovo studio pubblicato su Frontiers in Psychology mette a confronto tra l'intelligenza artificiale (IA) e gli psicologi nell'ambito della comprensione e della gestione delle emozioni e dei bisogni umani durante le sessioni di terapia. I ricercatori hanno concentrato la loro analisi sui modelli linguistici di grandi dimensioni (LLM), come ChatGPT-4, Google Gemini e Copilot, valutandone l'intelligenza sociale, una competenza di primaria importanza nella psicoterapia.
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Lo studio rivela che ChatGPT-4 ha superato tutti gli psicologi umani partecipanti nello studio, mentre Bing ha superato più della metà di loro. Al contrario, le prestazioni di Google Bard sono state paragonabili solo a quelle degli psicologi con laurea triennale e sono state significativamente inferiori rispetto al livello degli studenti di dottorato. I LLM sono sistemi avanzati di IA addestrati su grandi quantità di testi scritti, capaci di comprendere e generare linguaggio umano. Grazie a tecniche che utilizzano reti neurali, come il deep learning, possono svolgere una serie di compiti, a quanto pare anche quelli legati alla psicoterapia. Sebbene ricerche precedenti abbiano dimostrato l'efficacia dei LLM nella gestione delle condizioni di salute mentale, c'era una lacuna nella comprensione di come si comportassero in contesti sociali complessi. Lo studio ha coinvolto 180 psicologi dell'Università King Khalid in Arabia Saudita, divisi in studenti di laurea e di dottorato. I partecipanti umani e l'IA hanno risposto a 64 scenari presentati sulla Scala di intelligenza sociale, che valuta la capacità di comprendere e rispondere adeguatamente alle dinamiche sociali. I risultati hanno mostrato una significativa variazione nelle prestazioni dei diversi modelli di IA e degli psicologi umani, con ChatGPT-4 che ha ottenuto il punteggio più alto di intelligenza sociale, superando tutti gli psicologi umani nello studio. Tuttavia, l'uso crescente dell'IA nella salute mentale solleva questioni etiche legate anche alla formazione, poiché la capacità di empatia e di costruire relazioni in un setting terapeutico è tradizionalmente considerata una caratteristica esclusiva dell'essere umano. Fonte dell'articolo: www.psypost.org Read the full article
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scienza-magia · 5 days
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Le profezie dell'Oracolo di Delphi
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Perché l'Oracolo di Delfi indovinava le profezie? L'Oracolo di Delfi riceveva pellegrini da tutto il mondo antico per fare profezie nel nome del dio Apollo. Ma per prevedere il futuro aveva i suoi trucchi. Secondo il mito, l'Oracolo di Delfi - una sacerdotessa detta Pizia - pronunciava le profezie in nome del dio Apollo nel santuario di Delfi, in Grecia, in uno stato di euforia mistica. Il motivo per il quale questa donna riusciva a indovinare il futuro era l'incredibile mole di informazioni posseduta dai sacerdoti del santuario dove si ricevevano i postulanti, e soprattutto nella proverbiale ambiguità dei responsi della Pizia. Delfi, una banca dati dell'antichità. Delfi era infatti un centro religioso nel quale affluivano genti da tutto il Mediterraneo, così il patrimonio di conoscenze raccolto nei secoli dal santuario di Apollo lo rendeva la più grande "banca dati" dell'antichità. Questo permise per esempio ai Greci di ottenere indicazioni geografiche attendibili sui luoghi in cui fondare nuovi insediamenti, spesso lontani dalla madrepatria.
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I resti del Tempio di Apollo a Delfi, Grecia Parole incomprensibili. Giunti a Delfi, dopo avere offerto sacrificio e pagato una tassa, i postulanti interrogavano la Pizia (che veniva scelta fra le vergini di buona famiglia del paese) che rispondeva in un linguaggio misterioso, forse dovuto all'uso di allucinogeni o a vapori che fuoriuscivano da una fessura nella roccia. Il tempio, i cui resti sono visibili ancora oggi, si trovava infatti in una zona particolarmente attiva dal punto di vista sismico, e sotto di esso sono state individuate due faglie, dalle quali è possibile venisse emanato gas: forse etilene, oppure benzene o anche di un mix tra metano e anidride carbonica. Le parole della sacerdotessa, che erano incomprensibili, venivano poi "tradotte" e interpretate dai sacerdoti per poi essere riferite sotto forma di versi ai fedeli. Ma, in molti casi, i responsi erano talmente ambigui da prestarsi a interpretazioni del tutto personali. Read the full article
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scienza-magia · 6 days
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Quando la donna scoperchiò tutti i mali di Zeus
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Perché si dice “aprire il vaso di Pandora”? Il significato deriva da un mito greco. "Aprire il vaso di Pandora" è un'espressione che trae origine dal mito di Pandora, prima donna mortale, che per curiosità scoperchiò il vaso contenente tutti i mali affidatole da Zeus. Per questo l'espressione è usata per indicare le gravi e impreviste conseguenze di un'azione apparentemente innocua. Avete mai sentito dire l'espressione "aprire il vaso di Pandora" per descrivere un'azione che sembra innocua, ma che in realtà scatena una serie di mali imprevisti e inarrestabili? Ecco, e vi siete mai chiesti chi è Pandora e cosa significa esattamente aprire questo vaso? In sintesi il detto deriva da un antico mito greco, cantato nelle opere di Esiodo. Approfondiamo la questione. Il mito di Pandora e l'apertura del vaso Secondo il mito narrato da Esiodo, Pandora sarebbe stata la prima donna mortale a comparire sulla Terra: fu creata per ordine di Zeus, il signore degli dei, come parte di una punizione per l’umanità (costituita da soli uomini di genere maschile), dopo che Prometeo rubò il fuoco agli dei per darlo ai mortali.
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Pandora fu inviata sulla Terra con un vaso che conteneva tutti i mali del mondo, allora sconosciuti, come la malattia, il vizio, la follia e la fatica. Aveva l’assoluto divieto di aprirlo. Il gesto di Zeus non bastò però a danneggiare l'umanità: per ottenere questo risultato Pandora venne mandata da Epimeteo, fratello di Prometeo. Questa figura incarna svariate qualità negative, prettamente umane: emergono già dal suo nome, che significa “colui che pensa dopo”, cioè senza badare alle conseguenze delle proprie azioni. Il suo nome è quindi in contrapposizione con quello del fratello Prometeo, che significa invece “colui che pensa prima”. Presso Epimeteo, per pura curiosità, Pandora alzò il coperchio del vaso così che il suo contenuto si sparse sulla Terra, condannando l'umanità a una vita con sofferenze, mali e afflizioni: ciò completò la punizione di Zeus. Per volere del signore degli dei, inoltre, Pandora richiuse il vaso prima che da esso potesse uscire anche Elpis, la speranza. Il fatto che la speranza sia rimasta nel vaso, d'altro canto, ha un valore positivo: significa che gli uomini possono conservare la speranza e ne possano disporre, contrariamente a quanto succederebbe se fosse uscita nel mondo insieme agli innumerevoli dolori. Interpretazione e significato del mito Il mito greco però ha anche risvolti positivi. L'apertura del vaso non è infatti solo un gesto di disobbedienza, ma simboleggia il momento in cui l'innocenza umana viene persa a fronte della conoscenza e della verità dolorosa, all’inevitabile presenza del male nel mondo. Il vaso simboleggia ciò che è nascosto, occulto perché chiuso.
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Il mito di Prometeo, colui che avrebbe rubato il fuoco agli dei per darlo agli uomini Pandora è diventata anche sinonimo di curiosità incosciente: proprio la sua curiosità da un lato riflette l’incessante ricerca di conoscenza dell’uomo, la voglia di andare oltre quello che non si conosce; dall’altro indaga le conseguenze imprevedibili che possono scaturire da un singolo atto impulsivo. È interessante notare che anche nella mitologia greca, come in quella cristiana (pensate alla mela di Eva), l'origine dei mali del mondo deriverebbe dalla curiosità femminile. Ma il mito greco ha anche un'interpretazione positiva, secondo cui il gesto di Pandora non è una condanna per l'umanità ma la possibilità di acquisire consapevolezza. Come spesso accade quando si scoprono i lati bui delle cose, infatti, l’uomo ne rimane in qualche modo vittima, perdendo la sua innocenza. La perdita dell’innocenza lascia però sempre posto a una più profonda conoscenza, a una vera e propria catarsi, se l’uomo accetta la sfida e non si lascia sopraffare dal lato oscuro. Fonti:  Treccani - Libero arbitrio - mydbook Read the full article
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scienza-magia · 7 days
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3.946 posti a concorso per laureati presso le Corti d'Appello
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Ufficio del processo nuovo concorso per 3.946 posti. Il Ministero della Giustizia ha indetto un concorso pubblico, per titoli ed esami, su base distrettuale, per il reclutamento a tempo determinato di 3.946 unità di personale non dirigenziale dell’Area funzionari, con il profilo di Addetto all’Ufficio per il Processo, da inquadrare tra il personale del Ministero della Giustizia. Il concorso è bandito per il Ministero della Giustizia, dal Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri per il tramite della Commissione per l'attuazione del progetto di riqualificazione delle pubbliche amministrazioni (RIPAM) Ente che ha bandito i concorsi: Ministero della Giustizia Scadenza di presentazione delle domande: 26 aprile 2024 Link al bando: https://portale.inpa.gov.it/api/media/6031e446-6090-4dff-9ff4-aac697dedb8d I posti messi a concorso sono così ripartiti: - Codice CASS - Corte di Cassazione n°95 unità - Codice AN - Distretto della Corte di Appello di Ancona n°51 unità - Codice BA - Distretto della Corte di Appello di Bari n°121 unità - Codice BO - Distretto della Corte di Appello di Bologna n°196 unità - Codice BS - Distretto della Corte di Appello di Brescia n°139 unità - Codice CA - Distretto della Corte di Appello di Cagliari n°127 unità - Codice CL- Distretto della Corte di Appello di Caltanissetta n°38 unità - Codice CB - Distretto della Corte di Appello di Campobasso n°21 unità - Codice CT - Distretto della Corte di Appello di Catania n°120 unità - Codice CZ - Distretto della Corte di Appello di Catanzaro n°150 unità - Codice FI - Distretto della Corte di Appello di Firenze n°205 unità - Codice GE - Distretto della Corte di Appello di Genova n°146 unità - Codice AQ -Distretto della Corte di Appello dell'Aquila n°88 unità - Codice LE - Distretto della Corte di Appello di Lecce n°92 unità - Codice ME - Distretto della Corte di Appello di Messina n°41 unità - Codice MI - Distretto della Corte di Appello di Milano n°347 unità - Codice NA - Distretto della Corte di Appello di Napoli n°460 unità - Codice PA - Distretto della Corte di Appello di Palermo n°157 unità - Codice PG - Distretto della Corte di Appello di Perugia n°47 unità - Codice PZ - Distretto della Corte di Appello di Potenza n°58 unità - Codice RC - Distretto della Corte di Appello di Reggio Calabria n°91 unità - Codice RM - Distretto della Corte di Appello di Roma n°494 unità - Codice SA - Distretto della Corte di Appello di Salerno n°93 unità - Codice TO - Distretto della Corte di Appello di Torino n°260 unità - Codice TS - Distretto della Corte di Appello di Trieste n°106 unità - Codice VE - Distretto della Corte di Appello di Venezia n°203 unità Il candidato, che può presentare domanda per uno solo dei codici di concorso sopra indicati, dovrà inviare la domanda di ammissione al concorso esclusivamente per via telematica, autenticandosi con SPID/CIE/CNE/eIDAS, compilando il format di candidatura sul portale “inPA”, disponibile all’indirizzo internet “https://www.inpa.gov.it/”, previa registrazione sullo stesso portale. All’atto della registrazione l’interessato dovrà compilare il proprio curriculum vitae con valore di dichiarazione sostitutiva di certificazione, ai sensi dell’articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445. Per la partecipazione al concorso il candidato deve essere in possesso di un indirizzo di posta elettronica certificata (PEC) a lui intestato o di un domicilio digitale. Per l’ammissione al concorso sono richiesti i seguenti requisiti, che devono essere posseduti sia alla data di scadenza del termine stabilito per la presentazione delle domande che all’atto della sottoscrizione del contratto di lavoro: - cittadinanza italiana o possesso dei requisiti previsti dall’articolo 38, commi 1, 2 e 3-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165; - maggiore età; - godimento dei diritti civili e politici; - non essere stati esclusi dall'elettorato politico attivo; - non essere stati destituiti o dispensati dall'impiego presso una pubblica amministrazione per persistente insufficiente rendimento, in forza di norme di settore, o licenziati per le medesime ragioni ovvero per motivi disciplinari ai sensi della vigente normativa di legge e/o contrattuale, ovvero dichiarati decaduti per aver conseguito la nomina o l’assunzione mediante la produzione di documenti falsi o viziati da nullità insanabile; - non aver riportato condanne, con sentenza passata in giudicato, per reati che costituiscono un impedimento all’assunzione presso una pubblica amministrazione; - idoneità fisica allo specifico impiego cui il concorso si riferisce; - qualità morali e di condotta; - possesso di uno dei titoli di studio di seguito indicati
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Laurea (L) in: L-14 Scienze dei servizi giuridici; titoli equiparati ed equipollenti; ovvero Diploma di Laurea (DL) in Giurisprudenza; titoli equiparati ed equipollenti; ovvero Laurea Specialistica (LS) in: 22/S Giurisprudenza; 102/S Teoria e tecniche della normazione e dell’informazione giuridica; titoli equiparati ed equipollenti: ovvero Laurea Magistrale (LM) in: LMG/01 Giurisprudenza e titoli equiparati ed equipollenti; nonché, nei soli limiti di cui ai commi 1 e 7 dell’articolo 1, in possesso di: Laurea (L) in: L-18 Scienze dell’economia e della gestione aziendale; L-33 Scienze economiche; L-36 Scienze politiche e delle relazioni internazionali; titoli equiparati ed equipollenti; ovvero Diploma di Laurea (DL) in: Economia e commercio; Scienze politiche; titoli equiparati ed equipollenti; ovvero Laurea Specialistica (LS) in: 57/S Programmazione e gestione delle politiche e dei servizi sociali; 60/S Relazioni internazionali; 64/S Scienze dell’economia; 70/S Scienze della politica; 71/S Scienze delle pubbliche amministrazioni; 84/S Scienze economico-aziendali; 88/S Scienze per la cooperazione allo sviluppo; 89/S Sociologia; 99/S Studi europei; titoli equiparati ed equipollenti; ovvero Laurea Magistrale (LM) in: LM-52 Relazioni internazionali; LM-56 Scienze dell’economia; LM-62 Scienze della politica; LM-63 Scienze delle pubbliche amministrazioni; LM-77 Scienze economico-aziendali; LM-81 Scienze per la cooperazione allo sviluppo; LM-87 Servizio sociale e politiche sociali; LM-88 Sociologia e ricerca sociale; LM-90 Studi europei; titoli equiparati ed equipollenti; Il concorso si articola nelle seguenti fasi: - valutazione dei titoli, secondo la disciplina dell’articolo 6, distinta per i codici di concorso di cui all’articolo 1, comma 1, che avverrà mediante il ricorso a piattaforme digitali. La valutazione è finalizzata all’ammissione alla prova scritta di un numero di candidati per ciascuno distretto di cui al precedente articolo 1, comma 1, pari a sessanta volte il numero dei relativi posti messi a concorso secondo quanto previsto dal successivo articolo 6. Ai fini della votazione complessiva, il voto conseguito nella valutazione dei titoli è sommato a quello riportato nella prova scritta; - prova scritta, riservata a un numero massimo di candidati pari a sessanta volte il numero dei posti a concorso in ciascun distretto oltre eventuali ex aequo, come risultante all’esito della fase a).La prova scritta si svolgerà mediante strumentazione informatica e piattaforme digitali, anche presso sedi decentrate che verranno comunicate con le modalità di cui all’articolo 4 e anche con più sessioni consecutive non contestuali, assicurando comunque la trasparenza e l’omogeneità delle prove somministrate in modo da garantire il medesimo grado di selettività tra tutti i partecipanti. Consiste in un test di n. 40 (quaranta) quesiti a risposta multipla da risolvere nell’arco di 60 minuti, volta a verificare la conoscenza delle seguenti materie: - Diritto pubblico; - Ordinamento giudiziario; - Lingua inglese. Scarica il bando di concorso in formato PDF Read the full article
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scienza-magia · 8 days
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Fisica relativista e meccanica quantistica senza il tempo
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La fisica ha commesso un grosso errore di cui nessuno parla. Questa domanda rimane uno dei misteri più affascinanti e dibattuti nella scienza cosmologica. La fisica classica ci presenta il tempo come una grandezza che scorre in una direzione sola, dalla fredda certezza del passato, attraverso l’effimero presente, fino all’ignoto del futuro. Tuttavia, proprio la fisica potrebbe aver commesso un grosso errore, poiché la nostra comprensione del tempo è stata rivoluzionata dalle teorie della relatività e della meccanica quantistica. La relatività di Einstein e la distorsione dello spazio-tempo La teoria della relatività generale di Einstein ha sconvolto le nostre concezioni tradizionali di spazio e tempo, mostrando come le due grandezze siano intricate in un’unica entità chiamata spazio-tempo. Secondo questa teoria, la gravità non è semplicemente una forza che agisce su oggetti nello spazio, ma una curvatura dello spazio-tempo stessa. Questo concetto rivoluzionario ha suggerito che la presenza di materia ed energia deforma la struttura fondamentale dello spazio e del tempo, influenzando il modo in cui gli eventi si svolgono e il tempo scorre. Gli effetti della relatività generale sono stati confermati da numerosi esperimenti e osservazioni. Ad esempio, la curvatura della luce intorno agli oggetti massicci e la dilatazione del tempo causata da velocità estreme hanno dimostrato la veridicità delle predizioni di Einstein. Questi fenomeni mettono in discussione la nostra intuizione comune del tempo come una grandezza assoluta e immutabile, suggerendo piuttosto che il tempo sia intrinsecamente legato al contesto spaziale e gravitazionale in cui si manifesta. La teoria della relatività di Einstein ha anche portato alla luce concetti come il concetto di “spazio-tempo curvo“, che ha profonde implicazioni per la nostra comprensione del tempo. Secondo questa visione, la presenza di massa e energia crea una sorta di “ondulazione” nello spazio-tempo, che può influenzare il moto degli oggetti e la percezione del tempo stesso. Questo significa che il tempo non è una grandezza statica e uniforme, ma piuttosto un tessuto dinamico e flessibile che si adatta alle condizioni dell’universo circostante. La meccanica quantistica e il paradosso del tempo
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La meccanica quantistica, la teoria che descrive il comportamento delle particelle subatomiche, aggiunge un’altra dimensione di complessità alla nostra comprensione del tempo. Secondo questa teoria, le particelle subatomiche possono esistere in uno stato di sovrapposizione, dove sono contemporaneamente in più posizioni o stati di energia. Questo fenomeno, noto come superposizione quantistica, solleva interrogativi profondi sul significato del tempo all’interno del mondo subatomico. Inoltre, la natura probabilistica della meccanica quantistica implica che il tempo potrebbe non essere completamente deterministico, ma piuttosto soggetto a fluttuazioni casuali e incertezze fondamentali. Questo solleva il paradosso del tempo nella meccanica quantistica, dove il concetto stesso di una linea temporale ben definita potrebbe essere messo in discussione dalle leggi probabilistiche che governano il comportamento delle particelle elementari. La meccanica quantistica ha anche suggerito la possibilità di fenomeni come l'”intrappolamento temporale“, dove il tempo potrebbe essere manipolato o addirittura invertito a livello subatomico. Questo apre la porta a speculazioni su viaggi nel tempo e altre possibilità fantascientifiche che sfidano la nostra comprensione convenzionale del tempo come una freccia unidirezionale che scorre costantemente verso il futuro. Le sfide della cosmologia e la natura dell’origine temporale Nel campo della cosmologia, la ricerca sull’origine e l’evoluzione dell’universo solleva domande fondamentali sulla natura stessa del tempo. La teoria del Big Bang, ampiamente accettata, suggerisce che l’universo abbia avuto un’inizio finito nel tempo, circa 13,8 miliardi di anni fa. Tuttavia, cosa è accaduto prima del Big Bang, se il concetto stesso di “prima” ha un significato in assenza di tempo? Questa domanda rimane uno dei misteri più affascinanti e dibattuti nella scienza cosmologica. Una delle sfide principali nell’affrontare questa domanda è che il concetto stesso di “prima” del Big Bang potrebbe non avere un significato convenzionale, in quanto il tempo stesso potrebbe essere emerso solo con l’inizio dell’universo. La teoria della relatività generale di Einstein suggerisce che lo spazio e il tempo sono intricatamente intrecciati e che lo spazio-tempo stesso potrebbe avere avuto un inizio nel Big Bang, rendendo difficile comprendere cosa possa essere accaduto “prima” di tale evento. Alcuni modelli teorici suggeriscono l’esistenza di un universo precedente o di un ciclo di espansione e contrazione cosmica, in cui il Big Bang sarebbe solo l’ultima fase di un processo ciclico eterno. Tuttavia, questi modelli sono ancora oggetto di dibattito e non sono supportati da evidenze sperimentali dirette. Altri approcci teorici ipotizzano l’esistenza di dimensioni nascoste dello spazio-tempo o universi multipli all’interno di un vasto “multiverso“, in cui il nostro universo sarebbe solo uno di molti. Anche queste ipotesi, sebbene affascinanti, sono ancora oggetto di speculazione e richiedono ulteriori ricerche per essere confermate o confutate. Quindi, qual è l’errore della fisica? Il grosso errore della fisica L’idea stessa di contemplare cosa sia accaduto “prima” del Big Bang ci conduce verso un territorio in cui le convenzioni del tempo come lo conosciamo perdono il loro significato. Questo ci porta a considerare se, forse, abbiamo presumibilmente dato per scontato il potere dell’universo di celare i suoi segreti più profondi, compreso il significato ultimo del tempo e a dedurre che che la fisica abbia commesso un errore nel presumere di poter comprendere appieno il concetto di tempo. Read the full article
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scienza-magia · 9 days
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Sistema neuromorfico per robot e intelligenza artificiale
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Hala Point Intel ha creato il sistema neuromorfico più grande al mondo. Intel ha presentato Hala Point, il primo sistema neuromorfico del settore con 1,15 miliardi di neuroni, ideato per rendere possibile un’AI più sostenibile. Hala Point comprende 1152 processori Loihi 2 in uno chassis per datacenter da sei unità rack delle dimensioni di un forno a microonde. Intel ha annunciato la costruzione del più grande sistema neuromorfico al mondo, nome in codice Hala Point. Si tratta di un sistema su larga scala che utilizza il processore Intel Loihi 2, il quale applica principi informatici ispirati al cervello, quali reti neurali spiking (SNN) asincrone e basate su eventi, memoria e calcolo integrati e connessioni sparse e in continua evoluzione, per ottenere miglioramenti di ordini di grandezza in termini di consumo energetico e prestazioni. I neuroni comunicano direttamente tra loro anziché comunicare attraverso la memoria, riducendo il consumo energetico complessivo.
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Intel Loihi 2 Hala Point rappresenta un potenziamento della prima generazione Pohoiki Springs, con numerosi miglioramenti nell'architettura per ottenere una capacità neuronale oltre dieci volte più elevata e prestazioni fino a 12 volte superiori. Hala Point comprende 1152 processori Loihi 2 in uno chassis per datacenter da sei unità rack delle dimensioni di un forno a microonde. Il sistema supporta fino a 1,15 miliardi di neuroni e 128 miliardi di sinapsi distribuiti su 140.544 core di elaborazione neuromorfica che consumano un massimo di 2600 Watt di potenza. Il sistema include inoltre oltre 2300 processori x86 per calcoli ausiliari.
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Hala Point, caratteristiche tecniche Hala Point integra canali di calcolo, memoria e comunicazione in una struttura massivamente parallelizzata, fornendo un totale di 16 petabyte al secondo (PB/s) di ampiezza di banda di memoria, 11 PB/s di ampiezza di banda di comunicazione inter-core e 5,5 TB/s di larghezza di banda di comunicazione tra chip. Il sistema può elaborare oltre 380mila miliardi di operazioni sinaptiche a 8 bit al secondo e oltre 240mila miliardi di operazioni neuronali al secondo. Applicato a modelli di rete neurale di ispirazione biologica, il sistema può eseguire la sua piena capacità di 1,15 miliardi di neuroni 20 volte più velocemente di un cervello umano e fino a 200 volte più velocemente a capacità inferiori. Sebbene Hala Point non sia destinato alla modellazione neuroscientifica, la sua capacità neuronale è più o meno equivalente a quella del cervello di un gufo o della corteccia di una scimmia cappuccino.
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Secondo Intel, i sistemi basati su Loihi possono eseguire l'inferenza IA e risolvere problemi di ottimizzazione utilizzando 100 volte meno energia, a velocità fino a 50 volte superiori, rispetto alle architetture CPU e GPU convenzionali. Sfruttando la connettività sparsa fino a 10:1 e l'attività basate su eventi, Hala Point può supportare 30 milioni di miliardi (quadrillion) di operazioni al secondo, o 30 petaops, con un'efficienza che supera fino a 15 TOPS/W senza richiedere la raccolta dei dati di input in batch, un metodo ottimizzazione comune per le GPU che ritarda notevolmente l'elaborazione dei dati che arrivano in tempo reale, come i video provenienti dalle telecamere. Mentre sono ancora in fase di ricerca, i futuri LLM neuromorfici capaci di apprendimento continuo potrebbero portare a gigawattora di risparmio energetico, eliminando la necessità di riqualificazione periodica con dataset in continua crescita. "Il costo in temini di potenza di calcolo degli attuali modelli di intelligenza artificiale sta aumentando a ritmi insostenibili. L'industria ha bisogno di approcci fondamentalmente nuovi che consentano la scalabilità. Per questo motivo abbiamo sviluppato Hala Point, che combina l'efficienza del deep learning con nuove funzionalità di apprendimento e ottimizzazione ispirate al cervello. Ci auguriamo che la ricerca con Hala Point porti a scoperte rivoluzionarie nell'efficienza e nell'adattabilità della tecnologia IA su grande scala", ha dichiarato Mike Davies, direttore del Neuromorphic Computing Lab di Intel Labs.
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Hala Point, caratteristiche tecniche Hala Point sarà utilizzato in primis dai ricercatori dei Sandia National Laboratories per la ricerca informatica avanzata. Gli scienziati si concentreranno sulla risoluzione di problemi di calcolo scientifico relativi alla fisica dei dispositivi, all'architettura dei computer e all'informatica. "Lavorare con Hala Point in Sandia fornisce al nostro team la preziosa capacità di risolvere problemi di modellazione scientifica. Condurre ricerche con un sistema di queste dimensioni ci consentirà di ricercare capacità di calcolo, di modellazione, simulazione e analisi dei dati per tenere il passo con l'evoluzione dell'intelligenza artificiale", ha dichiarato Craig Vineyard, Hala Point Team Lead dei Sandia National Laboratories. Attualmente, Hala Point è un prototipo di ricerca che migliorerà le capacità dei futuri sistemi disponibili in commercio. Intel prevede di apprendere informazioni che porteranno a scoperte di utilizzo pratico, come la capacità dei Large Language Model (LLM) di apprendere continuamente da nuovi dati. Tali scoperte promettono di ridurre in modo significativo l'insostenibile onere formativo che la crescita esponenziale dell'IA porta con sé. Read the full article
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scienza-magia · 10 days
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Proteggiamo insieme internet con la interoperabilità
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Il web come bene comune non è un’utopia. Cory Doctorow, scrittore e attivista, individua nell’interoperabilità la via necessaria per costruire una rete più giusta. Cory Doctorow non si risparmia. È uno scrittore di fantascienza di successo, è un pioniere dei blog, è un attivista che si batte per la giustizia sociale e la salvaguardia dell’interpretazione aperta e libera di internet ed è un saggista che si dedica con attenzione straordinaria a comprendere le conseguenze delle norme che regolano la vita digitale. Chi lo incontra per la prima volta non può che restare profondamente colpito dalla sua disponibilità. E chi poi inizia una corrispondenza con Doctorow non può che restare a bocca aperta per la velocità con la quale riesce a rispondere ai messaggi di mail che riceve, pur essendo il suo indirizzo di posta elettronica pubblico e la sua fama quella di un personaggio di rilevante notorietà. In vista della sua conferenza (il 21 aprile 2024) alla prossima Biennale Tecnologia di Torino, ha trovato il tempo di parlare con Nòva, mentre si occupava del tour in California per la presentazione del suo nuovo romanzo, «The Bezzle», il secondo della serie centrata sulle vicende del revisore finanziario forense Martin Hench. In preparazione dell’intervista, Doctorow ha confermato la sua visione profondamente critica ma costruttiva del mondo digitale che naturalmente vede come un ecosistema la cui evoluzione non è definita soltanto dalla dimensione tecnologica, ma piuttosto dalla complessità delle dinamiche sociali ed economiche sottostanti. E ha chiesto come un favore di essere per una volta esentato da domande sull’intelligenza artificiale, un argomento che considera «persino più stupido del bitcoin». Naturalmente, così è avvenuto: ma le motivazioni di questo giudizio sono indirettamente emerse nella conversazione. E si sono rivelate molto istruttive. Come si è evoluto il web rispetto alle origini
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Doctorow rappresenta, in effetti, una versione contemporanea della cultura digitale originaria. Il web era nato come un bene comune. I valori degli scienziati del Cern di Ginevra - dove è stato progettato come sistema per facilitare l’uso di internet come strumento per la condivisione della conoscenza - si sono riversati nella cultura di chi lo ha adottato all’inizio dell’epopea digitale. Poi, lentamente, molto è cambiato. Nella seconda metà degli anni Novanta, la decisione dell’amministrazione americana guidata da Bill Clinton e Al Gore di deregolamentare le attività economiche che si sviluppavano sul web e conseguente accelerata commercializzazione della rete, attirò ingenti capitali finanziari e lanciò una fase molto diversa. Tra bolle speculative e grandi innovazioni, il valore reale della rete si è accresciuto, quasi cinque miliardi di persone si sono connesse, una decina di gigantesche imprese hanno preso il controllo della gran parte della ricchezza generata in Occidente dalle attività digitali, i diritti delle persone che lasciano i loro dati in quelle piattaforme non sono stati particolarmente salvaguardati. Ma l’obiettivo di salvaguardare e coltivare quel bene comune del web non è certo scomparso. E che cosa vede Doctorow davanti a noi, da questo punto di vista? La trappola delle big tech Uno scrittore di fantascienza non prevede il futuro come Nostradamus» dice Doctorow: «Cerca alternative». E un attivista? «Crede nella possibilità che l’azione umana possa realizzare l’alternativa più giusta». Mentre un saggista: «Studia le forze che facilitano il raggiungimento degli obiettivi». Quali forze? «Come dice Lawrence Lessig, è più facile che qualcosa succeda se è profittevole, legale, tecnologicamente possibile e accettabile secondo le norme sociali». Big Tech ha approfittato di queste regole, evidentemente. Possono riuscire a cavalcarle anche coloro che cercano di sviluppare una rete aperta, libera, interoperabile? Doctorow crede che la strategia dell’interoperabilità sia potentissima. Secondo lui, di fatto, diversi miliardi di utenti delle grandi piattaforme digitali si sono trovati intrappolati nella versione della rete definita dalle strategie di Big Tech. Ma la via della liberazione è chiara: immaginare le alternative, chiarirsi le idee su quali sono le possibilità più adatte per lo sviluppo umano, definire gli obiettivi e credere nella possibilità di fare qualcosa di importante per realizzarli. «Le leggi antitrust sono le regole fondamentali. Vanno fatte valere. Non soltanto per difendere i consumatori: ma anche per difendere i lavoratori e i cittadini. E intanto la società può lavorare per costruire la rete giusta: quella che si muove all’insegna dell’interoperabilità». La chiave per ricreare una rete aperta e innovativa è che gli utenti possano sempre cambiare tecnologia. Il che avviene se nessuna tecnologia può chiudere i suoi utenti in uno spazio dal quale non possono uscire. Interoperabilità e antitrust al servizio dei cittadini «È un obiettivo molto pratico» dice Doctorow. «La libertà degli utenti è una conquista possibile. Le Big tech non sono tanto sofisticate da avere messo in piedi un sistema di controllo delle menti insuperabile. Semplicemente si muovono molto velocemente. E questo mette in grandi difficoltà i propugnatori di alternative». La risposta di Doctorow è articolata: un’antitrust al servizio dei cittadini, un ecosistema di innovatori che trovano il modo di generalizzare l’interoperabilità, un nuovo sviluppo di corpi intermedi e sindacati. Perché non è la tecnologia a determinare il futuro. È la società, con le sue dinamiche profonde, che torce anche la tecnologia nella direzione che ha scelto di seguire. E questo vale anche per l’intelligenza artificiale. Read the full article
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scienza-magia · 11 days
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Come implementare Privacy Shield per non bloccare domini leciti
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Perché il Piracy Shield non funziona e come sarebbe dovuto essere implementato. Nell’era digitale, la gestione della proprietà intellettuale e la lotta contro la pirateria online rappresentano sfide cruciali per i regolatori, le industrie creative e i fornitori di servizi internet. Il “Piracy Shield”, un’iniziativa dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM), rappresenta un tentativo significativo di affrontare il problema della pirateria digitale in Italia. Questo strumento è stato ideato per identificare e bloccare l’accesso ai siti web che violano i diritti di proprietà intellettuale, sfruttando tecnologie di filtraggio degli  “FQDN e degli indirizzi IP” (citando testualmente AGCOM). Nonostante le sue nobili intenzioni, il Piracy Shield ha suscitato non poche controversie e dibattiti riguardo la sua efficacia e le implicazioni per la libertà di espressione e il diritto alla privacy. In questo articolo tecnico-scientifico, si intende esplorare e discutere le ragioni per cui il Privacy Shield non ha raggiunto pienamente i suoi obiettivi, mettendo in luce le difficoltà tecniche, legali e etiche incontrate.
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Sarà inoltre illustrato come, attraverso un approccio innovativo basato sulla configurazione di record CNAME, sia possibile distinguere tra servizi legittimi e illeciti associati allo stesso indirizzo IPv4. Questa dimostrazione pratica non solo evidenzierà le potenzialità di tali tecniche, ma anche come esse potrebbero essere integrate efficacemente in un framework rinnovato per la lotta alla pirateria, suggerendo modifiche e migliorie al sistema attuale del Piracy Shield. Le Content Delivery Network Le Content Delivery Networks (CDN) sono infrastrutture distribuite di server progettate per ottimizzare la consegna di contenuti web agli utenti finali. Le CDN migliorano la velocità e l’affidabilità di accesso ai dati riducendo la distanza fisica tra il server e l’utente, distribuendo il contenuto su diversi server posizionati in varie località geografiche. Funzionamento delle CDN Quando un utente accede a un sito web che utilizza una CDN, la richiesta di dati non viene inviata direttamente al server principale del sito, ma viene reindirizzata al server della CDN più vicino all’utente. Questo server “edge” contiene copie dei contenuti del sito, come file HTML, immagini, video e altri tipi di dati. Grazie a questa architettura, il tempo di caricamento delle pagine si riduce notevolmente, migliorando l’esperienza dell’utente e riducendo il carico sui server centrali. Mascheramento dell’IP reale Un effetto importante dell’uso delle CDN è il mascheramento dell’indirizzo IP pubblico reale del server di origine dei contenuti. Quando un servizio online adotta una CDN, gli indirizzi IP visibili al pubblico sono quelli dei server della rete CDN. Questo significa che l’IP percepito come fonte del servizio è in realtà quello della CDN, non del server originale. Questo ha implicazioni per la sicurezza, la privacy e la gestione del traffico, ma può anche complicare alcune operazioni di controllo e filtraggio del contenuto. Implicazioni per il filtraggio di contenuti Se un’autorità come AGCOM implementa misure per bloccare l’accesso a contenuti ritenuti illegali (come quelli piratati) mediante il filtraggio degli indirizzi IP attraverso strumenti come il Piracy Shield, si potrebbero verificare problemi significativi. Poiché un singolo indirizzo IP di una CDN può essere utilizzato per trasmettere i contenuti di numerosi servizi diversi, il blocco di quell’IP potrebbe avere l’effetto collaterale di interrompere l’accesso a servizi legittimi e non solo a quelli illegali. Questo scenario potrebbe portare a interruzioni di servizio per utenti che non sono coinvolti nella fruizione di contenuti piratati. Facciamo chiarezza con un esempio pratico Per comprendere meglio come funziona la navigazione su internet e l’interazione con una Content Delivery Network (CDN), prendiamo come esempio il processo di collegamento a un sito web, come “www.libero.it”. Questo esempio ci permetterà di osservare come, durante la navigazione, il nome di dominio inizialmente richiesto possa in realtà essere servito da un dominio completamente diverso, come “d31d9gezsyt1z8.cloudfront.net”, che appartiene a una CDN. DNS Query Il processo inizia quando l’utente digita “www.libero.it” nel browser. Il browser deve risolvere questo nome di dominio in un indirizzo IP per poter stabilire una connessione. Questo avviene tramite una richiesta DNS (Domain Name System). Il browser consulta i server DNS configurati (tipicamente forniti dal provider di servizi internet o specificati manualmente dall’utente) per ottenere l’indirizzo IP associato al nome di dominio. (Si vede evidenziata la richiesta) Ricezione della risposta DNS I server DNS eseguono la ricerca e, una volta trovato l’indirizzo IP, lo restituiscono al browser. Se il dominio è ospitato su una CDN, l’IP restituito sarà quello di uno dei server edge della CDN più vicino all’utente, non l’IP del server originale di “libero.it”. (Si vede evidenziata la risposta Apertura della connessione (Handshake) Con l’indirizzo IP in mano, il browser inizia un handshake TCP con il server al fine di stabilire una connessione affidabile. Questo include la sincronizzazione dei numeri di sequenza per garantire che i pacchetti di dati vengano inviati e ricevuti in ordine. Durante l’handhsake il client invia un segmento SYN , il server risponde con un SYN + ACK , il client termina l’handshake con un ACK. (Si vede in figura nella riga evidenziata l’inizio dell’handshake verso la CDN di libero).
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Negoziazione TLS (Transport Layer Security) Dopo aver stabilito una connessione TCP, il browser inizia una negoziazione TLS per assicurare che la comunicazione sia sicura e criptata. Questo processo inizia con l’invio del “ClientHello”, che include la versione di TLS supportata, i metodi di cifratura proposti, e altri dettagli necessari per la sicurezza.
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Il server risponde con un “ServerHello”, che conferma i dettagli della crittografia che sarà utilizzata, seleziona un metodo di cifratura tra quelli proposti dal client e prosegue con l’invio dei certificati, la verifica della chiave, e la conferma finale di inizio della cifratu Comunicazione sicura Una volta completata la negoziazione TLS, tutte le trasmissioni successive tra il browser e il server sono completamente criptate. Il browser può ora richiedere le risorse web da “www.libero.it”, che in realtà potrebbero essere servite dal dominio della CDN, come “d31d9gezsyt1z8.cloudfront.net”. Questo esempio mostra come, nella pratica, un sito che l’utente intende visitare possa essere effettivamente distribuito attraverso una rete CDN, rendendo il nome del dominio CDN visibile nelle comunicazioni di rete, anche se l’utente potrebbe non essere immediatamente consapevole di tale fatto. Considerazioni Questa architettura farà in modo che www.libero.it avrà una serie di IP associati all’ASN di cloudfront che vengono usati per far funzionare la CDN. Questi IP saranno associati non solo a www.libero.it ma anche a molti altri FQDN (Altre web app) che usano la CDN. Ricordiamo che questi servizi vengono distinti fra loro grazie ai record CNAME che puntano a FQDN univoci come questo: d31d9gezsyt1z8.cloudfront.net.
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Dimostrazione del problema Con l’esempio precedente abbiamo quindi dimostrato che quando un servizio è integrato ad una CDN la corrispondenza servizio – IP non è più della cardinalità 1:1 , ma bensì N:1. Quindi se viene filtrato un indirizzo IP, N servizi vengono oscurati, pur non essendo tutti illegali. Lo abbiamo visto con l’esempio precedente in cui libero viene deliberatamente associato a diversi IP, condivisi con altri servizi della CDN cloudFront. Infatti una delle CDN che ha lamentato proprio questo problema è la nota Cloudflare che ha emesso un comunicato ad alcuni suoi clienti, esortandoli all’invio di una lettera di richiamo alla stessa AGCOM chiedendo di annullare l’ingiusto provvedimento.
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Non si può quindi pensare di bloccare il traffico IP semplicemente filtrando un indirizzo IPv4/IPv6. Come si potrebbe procedere Per affrontare efficacemente le sfide poste dal filtraggio di contenuti attraverso indirizzi IP in un ambiente dove sono ampiamente utilizzate le Content Delivery Networks (CDN), è essenziale adottare metodi più sofisticati che prendano in considerazione le peculiarità tecniche delle CDN stesse. Una strategia più mirata e meno suscettibile di causare danni collaterali può essere implementata analizzando in dettaglio le proprietà di rete associate agli indirizzi IP, in particolare l’Autonomous System Number (ASN). Analisi dell’ASN Prima di procedere al blocco di un indirizzo IP sospettato di veicolare contenuti piratati, è cruciale determinare a quale sistema autonomo appartiene quel determinato IP. Se l’IP è associato all’ASN di una CDN nota, questo indica che potrebbe essere utilizzato per servire una moltitudine di clienti e servizi, molti dei quali legittimi. Il blocco diretto di tali IP potrebbe quindi interrompere l’accesso a servizi legittimi, causando interruzioni non necessarie e potenzialmente estese. Blocco basato su FQDN della CDN Invece di bloccare indiscriminatamente gli indirizzi IP, si dovrebbe valutare l’opzione di filtrare specifici Fully Qualified Domain Names (FQDN) direttamente legati a contenuti illeciti. Un metodo più mirato consiste nell’analizzare i record CNAME, che collegano un FQDN a un altro dominio, spesso usato per identificare contenuti specifici all’interno di una CDN. Il sistema attuale del Piracy Shield già applica il blocco agli FQDN e agli indirizzi IP, ma non estende questo trattamento ai FQDN univoci usati dalle CDN. Ad esempio, bloccando il dominio pubblico www.libero.it ed i suoi indirizzi IP, si impedisce anche l’accesso agli IP come 18.66.196.87, 18.66.196.23, 18.66.196.13 e 18.66.196.59. Tali indirizzi, associati a una CDN, vengono utilizzati anche da altri servizi che sarebbero ingiustamente bloccati. Soluzione proposta Quando viene rilevato che un servizio usa una CDN, la strategia corretta sarebbe quella di bloccare esclusivamente gli FQDN specifici alla CDN, come d31d9gezsyt1z8.cloudfront.net e www.libero.it, senza intervenire sugli indirizzi IP. In questo modo gli altri servizi che usano la CDN non saranno bloccati. Conclusioni Adottando queste pratiche migliorate, AGCOM e altre autorità simili potrebbero ottimizzare le loro strategie di enforcement senza suscitare controversie legate a interruzioni di servizio ingiustificate o a violazioni dei diritti alla privacy e alla libertà di espressione. Questo equilibrio tra l’efficacia del blocco e il rispetto per i diritti degli utenti è essenziale per mantenere la fiducia nel regolamento digitale e nella protezione della proprietà intellettuale nel contesto globale e interconnesso di oggi Read the full article
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scienza-magia · 12 days
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Quella particella che costituisce il mattone della materia
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Cos’è il bosone di Higgs? La spiegazione chiara e semplice. Ecco tutto quello che c’è da sapere sul bosone di Higgs. Un viaggio storico fino alla grandiosa rilevazione nel 2012. Il bosone di Higgs è una particella estremamente importante per tutti i fisici ed è stata una scommessa, a quanto pare vinta, dei modelli che descrivono i mattoni fondamentali della materia e come essi interagiscono per formare le strutture che vediamo, dagli atomi alle stelle. A partire dagli anni 60 del secolo scorso, i fisici delle particelle avevano compreso che tutta la materia era formata dalla combinazione di alcune, poche, particelle fondamentali. A tal proposito fu compilata una tabella, una specie di tavola periodica delle particelle, detta modello standard. In questa speciale tabella trovano posto due gruppi di particelle fondamentali (particelle che non si possono più dividere): quark e leptoni sono chiamati fermioni e rappresentano le lettere dell’alfabeto attraverso le quali si costruiscono nuclei atomici e atomi. L’altro gruppo è composto dai bosoni, particelle estremamente particolari, che hanno il compito unico di trasmettere nello spazio le informazioni sulle proprietà dei fermioni. Comunicazione tra particelle
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Credit: CERN for the ATLAS and CMS Collaborations Possiamo immaginare i bosoni come particelle utilizzate dai fermioni per comunicare e interagire tra di loro. Quando un fermione si avvicina ad un altro e vuole interagire con esso, prende il telefono e comunica attraverso l’emissione di bosoni. Ma rispetto ad una classica telefonata, c’è qualcosa di diverso. A seconda del modo in cui due fermioni vogliono comunicare, utilizzano un determinato bosone. In tutto i bosoni a disposizione sono quattro: quattro modi di comunicare tra le particelle elementari. Questo numero non è di certo casuale. Le particelle elementari, in effetti, hanno solamente quattro modi possibili per interagire tra di loro. I fisici le chiamano le quattro forze fondamentali della Natura. In realtà non tutti i fermioni hanno a disposizione tutte e quattro le interazioni. Solamente i quark hanno piena libertà di scelta. I leptoni, a cui appartengono l’elettrone e gli sfuggenti neutrini, ne hanno a disposizione solamente 3. A prescindere da questa piccola differenza, le interazioni fondamentali sono: forza elettromagnetica, forza gravitazionale, forza forte e forza debole. Tutto l’Universo obbedisce a queste quattro forze fondamentali, dalle galassie a noi che spingiamo il carrello della spesa ostacolati dalla forza di gravità e dall’interazione elettromagnetica con il pavimento che causa l’attrito. Le prime due sono ben conosciute, le ultime un po’ meno, perché agiscono solamente su scala subatomica. Ma non è importante capire quale sia il significato delle interazioni, piuttosto è fondamentale aver chiaro che quando due particelle fondamentali “scelgono” il modo di interagire, emettono i bosoni relativi a quella determinata interazione, i quali trasmettono nello spazio tutte le informazioni necessarie per capire come dovrà essere portata avanti l’interazione. Fin qui tutto bene
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Credit: NASA/ESA/CSA James Webb Space Telescope (JWST) to study. Acknowledgement: D. Coe et al. Attraverso l’interazione forte, i quark generano le particelle costituenti dei nuclei atomici: protoni e neutroni. La combinazione tra protoni e neutroni dà luogo ai nuclei atomici tenuti insieme dalla forza forte, aiutati dalla forza debole responsabile di alcuni processi, come il decadimento beta. La combinazione dei nuclei atomici con gli elettroni dà vita agli atomi, grazie alla forza elettromagnetica. Gli atomi si combinano e danno origine a molecole, le quali danno vita a strutture più grandi, fino ai pianeti e le stelle, regolati dalla forza di gravitazione. Il modello così presentato sembra funzionare molto bene. Ogni particella è caratterizzata da un pacchetto di proprietà che ne costituisce la perfetta carta d’identità, tra cui possiamo citare la carica elettrica, lo spin, e molte altre che non ci interessano. La carta d’identità di ogni particella determina il comportamento ed il risultato una volta che sceglie di comunicare con un’altra particella attraverso l’emissione di bosoni. Tuttavia nella carta d’identità manca un dato fondamentale: la massa. Il modello descrive perfettamente le proprietà e le modalità di interazione di tutte le particelle, arrivando a giustificare la formazione di tutta la materia e l’esistenza stessa dell’Universo, ma senza considerare la massa. Questo è un gran problema: è come dire di essere in grado di prevedere alla perfezione il comportamento e le proprietà dell’Universo, a patto di affermare che gli oggetti non abbiano massa, che pianeti, stelle, esseri umani siano fatti di particelle senza peso, non materiali. Per capire che questa è una grande contraddizione, non c’è bisogno di essere dei fisici: provate ad attraversare un muro e ditemi se non sentite la consistenza del cemento! La situazione era ancora più seria, in realtà, perché se si introduceva nel modello una nuova proprietà che in qualche modo teneva conto della diversa massa delle particelle, tutto il castello crollava su se stesso: le interazioni, addirittura l’esistenza stessa della materia, non erano più giustificabili. Com’è possibile tutto questo? Il modello è sbagliato? Ma allora perché prevede così bene la realtà, a patto di non considerare la massa delle particelle? Il fisico Higgs
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Il fisico Peter Higgs Il grande imbarazzo fu superato, almeno dal punto di vista teorico, da un fisico inglese, un certo Peter Higgs, negli anni 70. Il fisico britannico affermò che la massa è una proprietà esterna alle particelle, associata ad un campo, analogo a quelli responsabili delle quattro interazioni fondamentali, detto campo di Higgs. Il campo di Higgs può essere immaginato come una fitta trama gelatinosa che permea tutto lo spazio, nella quale le particelle si muovono e per qualche motivo incontrano una resistenza al moto. L’effetto osservato è del tutto equivalente a quello di una particella dotata di una massa intrinseca che si muove nello spazio, ma l’origine è ben diversa. Di fatto, questo modello ci dice una cosa sconvolgente: le particelle, quindi tutte le strutture dell’Universo, compresi noi, abbiamo massa, una consistenza, solamente perché ci muoviamo attraverso questa fitta rete gelatinosa che trattiene e regola i nostri movimenti. L’idea non è poi così assurda, se non altro perché il campo gravitazionale è responsabile di un effetto simile: trattiene a sé i corpi, regolando le proprietà dei loro movimenti. Introducendo in termini matematici l’idea di questo campo di Higgs ed integrandola al modello standard, tutto sembra funzionare alla perfezione. Come comunicano, però, il campo di Higgs e le particelle che lo devono sentire? È qui che entra in gioco il famoso bosone di Higgs. Sappiamo infatti che i bosoni sono i modi per comunicare una precisa interazione, quindi se esiste il campo di Higgs che dà massa alle particelle, deve esistere il suo messaggero, il bosone di Higgs. Per provare l’esistenza del campo, quindi, è necessario osservare il bosone di Higgs. Rilevazione della particella
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Attualmente la gran parte degli sforzi dei fisici delle particelle si rivolge verso la rilevazione sperimentale di questa particella, che si pensa avere una massa circa 200 volte maggiore del protone. Per rilevare la sua presenza, occorre che gli acceleratori di particelle siano in grado di raggiungere un’energia di 200 GeV (Giga elettronVolt), teoricamente alla portata del nuovo acceleratore LHC (Large Hadron Collider) di Ginevra e del Fermilab di Chicago. E in effetti nell’estate del 2012 gli scienziati di LHC hanno annunciato di aver trovato le prove di questa importantissima e sfuggente particella. Sembra proprio, quindi, che la teoria era corretta. Per quanto possa sembrare strano, la Natura funziona in questo modo! Read the full article
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scienza-magia · 13 days
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Gli anglosassoni lasciano i beni testamentari a fondi filantropici
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Se manca il testamento a fin di bene può arrivare il fondo filantropico. In Italia l’87% delle ricchezze trasferite mortis causa sono beni reali. Il testamento? Chi è questo sconosciuto? L’interrogativo calza a pennello nel leggere i dati del recente studio condotto da Evaluation Lab della Fondazione Giordano dell’Amore per conto della Fondazione Cariplo. I ricercatori nelle ipotesi migliore stimano tra gli 8,4 e i quasi 21 miliardi le ricchezze che potrebbero passare di mano nel 2030, sulla base di una ricchezza di circa 8.500 miliardi (stime di Banca D’Italia al 2020).
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Attenzione, però, queste ipotesi sono valide solo se si ipotizza che i disponenti facciano ricorso al testamento. Ma sempre lo stesso studio ci dice che la percentuale di italiani che vi ricorre (più donne che uomini perché le prime vivono più a lungo dei secondi) arriva a stento al 20 per cento. Inoltre, il testamento perché sia valido deve rispettare regole molto rigide: - essere un atto unilaterale, frutto della volontà del solo soggetto che vuole disporre delle proprie sostanze, e quindi non può essere fatto ad esempio da due coniugi; - deve avere una forma vincolata, è ammesso solo se redatto con le modalità imposte dalla legge, quindi principalmente nelle forme del testamento “olografo”, “pubblico” o “segreto”; - nel testamento il testatore esprime la propria volontà in ordine alle attribuzioni del proprio patrimonio dopo la sua morte. Quindi, chi non ha eredi deve indicare nome e cognome del beneficiario mentre chi li ha può disporre dei suoi beni a patto di non intaccare la quota (legittima) che spetta agli eredi.
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STIME DELLA PROPENSIONE A FARE TESTAMENTO Se il valore stimato della ricchezza che sarà trasferita mortis causa potrebbe raggiungere rispettivamente i 1.124 e i 3.222 miliardi al 2030 e al 2040, secondo alcune stime il numero di famiglie italiane senza eredi passerà dalle circa 62mila unità nel 2020 alle quasi 424mila unità nel 2030 con il rischio che un’ingente quantità di risorse finisca allo Stato e non sia invece diretto a soggetti o enti bisognosi. Fino ad oggi, oltre alle donazioni, tra gli strumenti giuridici impiegabili per perseguire scopi filantropici e di pubblica utilità si è fatto ricorso a fondazioni e trust. Mentre è poco noto il fondo filantropico che invece, soprattutto nel mondo anglosassone, si sta diffondendo con successo. Più noto tra gli esperti come Daf (Donor advised fund) è un fondo nominativo, ospitato da fondazioni “ombrello”, che nasce su impulso di uno o più donatori per sostenere enti no-profit o progetti specifici.
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RICCHEZZA POSSEDUTA E TRASFERITA MORTIS CAUSA «La sua caratteristica principale è quella di avere un vincolo di destinazione, concordato tra il donante e la fondazione “ombrello” - spiega Simonetta Schillaci, vice presidente esecutivo del Fondo Filantropico Italiano nato proprio con questa funzione - ma anche l’indipendenza, visto che ciascun fondo è gestito dalla fondazione separatamente dagli altri con l’obiettivo di perseguire una causa ben definita. Ad esempio, gestiamo un fondo destinato alla formazione di giovani universitarie nel sud Italia in cui il donatore si impegna ad alimentare il fondo per tutta la durata degli anni di studio». Va precisato che ogni fondo ha una propria denominazione, un proprio conto corrente bancario, le proprie tempistiche erogative. Poiché ad oggi non c’è una legislazione specifica, in Italia occorre fare riferimento alle esperienze normative di Francia, Belgio, Svizzera e Regno Unito e Stati Uniti. Read the full article
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scienza-magia · 14 days
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Einstein sconfitto dall'indeterminismo della quantistica
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Perché Einstein ha “insultato” per tutta la vita la meccanica quantistica? Come mai Einstein è stato etichettato come "oppositore" è quasi un grande mistero quanto la meccanica quantistica stessa. Pochi detti di Albert Einstein sono stati citati così ampiamente quanto il suo commento secondo il quale Dio non gioca a dadi con l’universo. Le persone hanno naturalmente preso la sua battuta come prova che era fermamente contrario alla meccanica quantistica, che considera l’aleatorietà come una caratteristica intrinseca del mondo fisico. La visione di Einstein Einstein, come racconta la storia standard, rifiutò di accettare che alcune cose fossero indeterminate, che accadessero semplicemente, e che non ci fosse un bel nulla che qualcuno potesse fare per capire il perché. Quasi da solo tra i suoi colleghi, si aggrappò all’universo a orologeria della fisica classica, che ticchettava meccanicamente, ogni momento dettando il successivo. La frase sul gioco dei dadi divenne emblematica del lato B della sua vita: la tragedia di un rivoluzionario divenuto reazionario che sconvolse la fisica con la teoria della relatività, ma che era, come disse Niels Bohr, “a pranzo” sulla teoria quantistica. “La storia giusta” Nel corso degli anni, però, molti storici, filosofi e fisici hanno sfidato questa linea narrativa. Approfondendo ciò che Einstein disse effettivamente, hanno scoperto che il suo pensiero sull’indeterminismo era molto più radicale e sfumato di quanto comunemente si ritenga. “Diventa una sorta di missione ottenere la storia giusta“, dice Don A. Howard, storico presso l’Università di Notre Dame. “È incredibile quando scavate negli archivi e vedete la disparità rispetto alla narrazione comune.” Come lui e altri hanno dimostrato, Einstein accettò che la meccanica quantistica fosse indeterministica – come avrebbe dovuto, perché era lui stesso colui che ne aveva scoperto l’indeterminismo. Ciò che non accettò fu che questo indeterminismo fosse fondamentale per la natura. Dava ogni indicazione di derivare da un livello più profondo della realtà che la teoria non riusciva a catturare. La sua critica non era mistica, ma si concentrava su specifici problemi scientifici che rimangono irrisolti ancora oggi. L’indeterminismo La domanda se l’universo sia un orologio o un tavolo da gioco d’azzardo tocca il cuore di ciò che supponiamo che la fisica sia: una ricerca di regole semplici che sottendono alla meravigliosa diversità della natura. Se alcune cose accadono senza motivo, segnano i limiti dell’indagine razionale. “L’indeterminismo fondamentale significherebbe la fine della scienza“, si preoccupa Andrew S. Friedman, cosmologo presso il Massachusetts Institute of Technology. “La distinzione tra determinismo e indeterminismo è una distinzione a livello specifico“, dice Christian List, filosofo presso la London School of Economics and Political Science. “Se hai il determinismo a un livello particolare, è completamente compatibile con l’indeterminismo, sia a livelli più alti che a livelli più bassi.” Gli atomi nel nostro cervello possono comportarsi in un modo completamente deterministico pur concedendoci la libertà d’azione perché gli atomi e l’agenzia operano su livelli diversi. Allo stesso modo, Einstein cercava un livello subquantico deterministico senza negare che il livello quantico fosse probabilistico. Einstein e “il caso”
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Come mai Einstein è stato etichettato come “oppositore” è quasi un grande mistero quanto la meccanica quantistica stessa. La stessa nozione di quanti – di unità discrete di energia – era figlia del suo genio nel 1905, e per un decennio e mezzo ha praticamente difeso da solo. Einstein ha ideato la maggior parte di ciò che i fisici riconoscono ora come le caratteristiche essenziali della fisica quantistica, come la peculiare capacità della luce di agire sia come particella che come onda, ed è stato il suo pensiero sulla fisica delle onde che Erwin Schrödinger ha costruito per sviluppare la formulazione più ampiamente utilizzata della teoria quantistica negli anni ’20. Inoltre, Einstein non era contrario al caso. Nel 1916 dimostrò che quando gli atomi emettono fotoni, il tempo e la direzione dell’emissione sono casuali. “Questo va contro l’immagine popolare di Einstein come avversario della probabilità“, dice il filosofo Jan von Plato dell’Università di Helsinki. Ma Einstein e i suoi contemporanei affrontarono un grave problema. I fenomeni quantistici sono casuali, ma la teoria quantistica no. Tra casualità e determinismo L’equazione di Schrödinger è al 100% deterministica. Descrive una particella o un sistema di particelle usando una cosiddetta funzione d’onda, che esprime la natura ondulatoria delle particelle e tiene conto dei modelli ondulatori che le collezioni di particelle possono formare. L’equazione prevede cosa accade alla funzione d’onda in ogni momento con certezza assoluta. In molti modi, l’equazione è più deterministica delle leggi del moto di Newton: non porta a pasticci come singolarità (dove le quantità diventano infinite e quindi indescrivibili) o caos (dove il movimento diventa imprevedibile). La parte complicata è che il determinismo dell’equazione di Schrödinger è il determinismo della funzione d’onda, e la funzione d’onda non è direttamente osservabile, come lo sono le posizioni e le velocità delle particelle. Invece, la funzione d’onda specifica le quantità che possono essere osservate e la probabilità di ciascuna eventualità. La teoria lascia aperto cosa sia esattamente la funzione d’onda e se debba essere presa letteralmente come un’onda reale là fuori nel mondo. Pertanto, lascia anche aperto se l’aleatorietà osservata sia intrinseca alla natura o solo una facciata. “Le persone dicono che la meccanica quantistica è indeterministica, ma è troppo veloce“, dice il filosofo Christian Wüthrich dell’Università di Ginevra in Svizzera. La “nebbia di esistenza potenziale” Werner Heisenberg, un altro pioniere della teoria quantistica, immaginò la funzione d’onda come una nebbia di esistenza potenziale. Se non riesce a individuare inequivocabilmente dove si trova una particella, è perché la particella non è, in realtà, situata da nessuna parte. Solo quando osservi la particella essa si materializza da qualche parte. La funzione d’onda potrebbe essere stata distribuita su una vasta regione dello spazio, ma nel momento in cui viene fatta l’osservazione, improvvisamente collassa su un picco stretto in una singola posizione, e la particella appare lì. Quando guardi una particella, questa smette di comportarsi deterministicamente e salta a un risultato finale come un bambino che afferra un posto a una partita a sedie musicali. Non esiste una legge che governi il collasso. Non c’è un’equazione per esso. Succede. Il collasso divenne un ingrediente fondamentale dell’interpretazione di Copenaghen, il punto di vista sulla meccanica quantistica che prende il nome dalla città in cui Bohr aveva il suo istituto e Heisenberg fece gran parte dei suoi primi lavori. (Ironicamente, lo stesso Bohr non accettò mai il collasso della funzione d’onda.) Copenaghen prende l’aleatorietà osservata della fisica quantistica come dato di fatto, senza possibilità di ulteriori spiegazioni. La maggior parte dei fisici l’ha accettato, se solo a causa di un effetto di ancoraggio psicologico: era una storia abbastanza buona, ed era la prima. L’interpretazione di Copenaghen Einstein era decisamente anti–interpretazione di Copenaghen. Si sdegnava all’idea che l’atto di misura dovesse causare una rottura nell’evoluzione continua di un sistema fisico, e questo era il contesto in cui iniziò a lamentarsi del lancio dei dadi divini. “È questo, specificamente, che Einstein sta lamentando nel 1926 e non una dichiarazione metafisica a copertura di determinismo come una condizione assolutamente necessaria“, dice Howard. “Si trova specificamente nel bel mezzo di questi argomenti su se il collasso della funzione d’onda introduce discontinuità.” Il collasso non poteva essere un processo reale, ragionò Einstein. Richiederebbe un’azione istantanea a distanza, un meccanismo misterioso che garantisca che, ad esempio, il lato sinistro e il lato destro di una funzione d’onda si collassino entrambi allo stesso picco stretto anche quando nessuna forza li sta coordinando. Non solo Einstein, ma ogni fisico del suo tempo pensava che un tale processo fosse impossibile; funzionerebbe più velocemente della luce, in violazione apparente della teoria della relatività. In effetti, la meccanica quantistica non dà solo dei dadi con cui giocare, ma coppie di dadi che escono sempre doppie, anche se ne tiri uno sulla Luna e l’altro su Marte. Per Einstein, sembrava ovvio che i dadi dovessero essere truccati – possedendo attributi nascosti che fissano il loro risultato in anticipo. Ma Copenaghen negava qualsiasi cosa del genere, implicando che i dadi influenzassero davvero gli uni gli altri istantaneamente attraverso l’immensità dello spazio. Cos’è una misura? Einstein era ulteriormente preoccupato dal potere che Copenaghen accordava alla misurazione. Cos’è una misura? È qualcosa che solo esseri coscienti o professori titolari possono fare? Heisenberg e altri copenaghisti non riuscirono a elaborare. Alcuni suggerirono che noi creiamo la realtà nell’atto di osservarla. Einstein considerava tutte le teorie, incluso la sua, come pietre miliari verso qualcosa di più grande. Infatti, Howard sostiene che Einstein sarebbe stato felice di intrattenere l’indeterminismo finché non si fossero affrontate le sue preoccupazioni – se, ad esempio, qualcuno avesse potuto spiegare cosa fosse una misurazione e come le particelle potessero restare sincronizzate senza agire a distanza. Una questione di probabilità Le probabilità nel modo di pensare di Einstein erano altrettanto oggettive di quelle nell’interpretazione di Copenaghen. Anche se non comparivano nelle leggi fondamentali del movimento, esprimevano altre caratteristiche del mondo; non erano semplicemente artefatti dell’ignoranza umana. Einstein diede a Popper l’esempio di una particella che si muove intorno a un cerchio a velocità costante; la possibilità di trovare la particella in un determinato arco del cerchio riflette la simmetria del suo percorso. Allo stesso modo, un dado ha una probabilità di uno sesto di atterrare su un lato dato perché ha sei lati uguali. “Ha capito meglio della maggior parte in quel periodo che c’era un significativo contenuto fisico nei dettagli delle probabilità meccaniche-statistiche“, dice Howard. Queste considerazioni lo portarono a dubitare della verità oggettiva dell’interpretazione di Copenaghen. Einstein non era l’unico che pensava così. Nel 1935 Einstein, Podolsky e Rosen (EPR) pubblicarono un famoso articolo che mostrava come fosse possibile utilizzare una proprietà di una particella per influenzare istantaneamente una proprietà di un’altra particella, senza alcun segno visibile di azione. Nel 1936 il fisico francese Louis de Broglie suggerì che le onde pilota, che proponevano che la funzione d’onda descrivesse una cosa reale che si stende nello spazio, potevano spiegare l’aleatorietà della meccanica quantistica senza richiedere il collasso della funzione d’onda. Eppure Einstein si sentiva così forte nella sua convinzione che sospettò che de Broglie avesse copiato da lui. “Si direbbe che il suo articolo da solo non può essere la produzione indipendente di un pensatore maturo“, scrisse al collega matematico Maurice Solovine. La sconfitta Einstein continuò a cercare un’alternativa alla meccanica quantistica, ma dopo la seconda guerra mondiale non riuscì mai a recuperare la sua fama. Gli anni ’50 e ’60 furono un’epoca di grandi scoperte in fisica subatomica, con molte nuove particelle trovate nei laboratori di tutto il mondo. Ma l’atteggiamento generale verso la teoria quantistica era cambiato. Dopo l’ascesa del nazismo, che aveva spazzato via le élite intellettuali della Germania, i fisici europei e americani che erano sopravvissuti avevano più voglia di lavorare insieme che di bisticciare. Con la guerra fredda in pieno svolgimento, molte delle menti migliori degli Stati Uniti furono prese in prestito dal governo per lavorare su missili e armi nucleari, lasciando poche risorse per una ricerca fondamentale. La ricerca in fisica delle particelle prese piede, e la meccanica quantistica si rivelò indispensabile per spiegare i nuovi risultati. Persino Einstein dovette ammettere la sconfitta. In una lettera al collega teorico Max Born nel 1947, scrisse: “Oggi uno scettico ha poche possibilità di convincere gli altri della propria correttezza.” Ma non c’è nulla di più importante per la ricerca scientifica di una buona lotta, e la critica di Einstein alla meccanica quantistica ha prodotto molto di buono. Nel 1964 il fisico irlandese John Bell ha sviluppato un test che ha messo alla prova la teoria quantistica contro le teorie alternative, come quella che Einstein aveva in mente. Il test, noto come disuguaglianze di Bell, è diventato uno dei risultati più importanti in fisica del XX secolo. Nel 1972 il fisico americano John Clauser ha sviluppato un esperimento per misurare le disuguaglianze di Bell. Nel 1982 Alain Aspect e i suoi colleghi del CERN lo hanno completato, confermando che le disuguaglianze di Bell sono violate esattamente come prevede la meccanica quantistica. Materia e vuoto quantistico Nel frattempo, la ricerca ha dimostrato che l’interazione della materia con il vuoto quantistico può produrre fenomeni indeterministici. Ad esempio, nel 1982 l’astrofisico britannico Stephen Hawking ha mostrato che, a causa delle fluttuazioni quantistiche, i buchi neri non possono essere neri; emettono una radiazione chiamata radiazione di Hawking. “I risultati sperimentali concordano con il fatto che le regole della teoria quantistica sono come quelle della probabilità“, dice Howard. Oggi le opinioni di Einstein sulla meccanica quantistica sono complesse e multiformi, proprio come la meccanica quantistica stessa. La sua battuta su Dio che non gioca a dadi può essere presa sia come una lamentela contro il mistero della meccanica quantistica sia come un’affermazione del suo potere di risolvere le questioni più difficili. Einstein parlava spesso di Dio in termini metaforici e poteva essere sarcastico. “Non credo che Einstein intendesse dare una risposta seriosa a una domanda seria“, dice Howard. “Non credo che lui abbia avuto una reazione intuitiva contro l’indeterminismo.” La domanda se l’universo sia un orologio o un tavolo da gioco d’azzardo rimane irrisolta, come lo era per Einstein. La fisica moderna ci ha insegnato che le due immagini non sono così diverse, come potrebbero sembrare. “Siamo davvero bloccati in un punto di transizione“, dice Howard. “È difficile sapere quale sarebbe il prossimo passo in una comprensione profonda dei fondamenti della fisica.” “Einstein è una delle più grandi figure nella storia della fisica, ma dobbiamo essere molto cauti quando cerchiamo di estrarre le sue lezioni per i problemi della fisica fondamentale oggi“, dice Howard. “Era davvero geniale, ma non era un superuomo.” La sua ricerca di un’alternativa alla meccanica quantistica è stata infruttuosa, ma le sue osservazioni sono ancora piene di saggezza. Come qualsiasi gioco d’azzardo, la meccanica quantistica è piena di sorprese. Non importa quale sia il futuro della fisica, il lavoro di Einstein rimarrà una guida per generazioni di scienziati ancora da venire. Read the full article
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scienza-magia · 15 days
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Riscaldamento globale e cambio dei venti di El Niño
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El Niño non sta solo alterando il clima ma anche il mare. Tutti gli effetti di El Niño: non influenza nettamente soltanto il clima ma anche un aspetto chiave dei mari. Giornalista pubblicista ed esperto copywriter, ho accumulato esperienze in TV, redazioni giornalistiche fisiche e online, così come in TV, come autore, giornalista e copywriter. Per Libero Tecnologia scrivo nella sezione Scienza. Nel corso degli ultimi anni si è fatto un gran parlare di el Niño, considerando il contributo evidente di tale evento all’innalzamento delle temperature nel corso del 2023. Il suo impatto, però, non si è ancora concluso. Al tempo stesso occorre ancora comprendere al meglio tutti i suoi possibili impatti climatici e non solo. Gli scienziati hanno infatti confermato come possa anche alterare la chimica delle acque costiere. La ricerca su El Niño Chi ha ottenuto risposte a dir poco interessanti in merito a El Niño è un team del Jet Propulsion Laboratory della NASA. Sono state sfruttate delle osservazioni satellitari per riuscire a monitorare la salinità della superficie oceanica globale. Dati relativi a un decennio, precisamente dal 2011 al 2022. Questa caratteristica è molto importante, dal momento che può dirci tanto su come l’acqua dolce cada, scorra ed evapori tra terra, atmosfera e oceano. È quello che chiamiamo ciclo dell’acqua, come ci hanno ben insegnato a scuola. Le variazioni di salinità, da un anno all’altro, in prossimità delle coste, sono fortemente connesse a ENSO, ovvero a El Niño Southern Oscillation. Un’espressione che tiene conto tanto del fenomeno citato quanto della sua controparte, La Niña. L’ENSO influenza le condizioni meteo di tutto il mondo, seppur in maniere differenti. El Niño si lega a temperature oceaniche più calde della media nel Pacifico equatoriale. Ciò porta piogge e nevicate abbondanti negli USA sud occidentali e siccità in Indonesia. Schemi invertiti, invece, durante La Niña. Guardando ai dati del 2015, gli scienziati hanno rilevati come ci sia stato un effetto notevole sul ciclo dell’acqua globale. Minori precipitazioni sulla terraferma e minore deflusso fluviale, con conseguenti livelli di salinità al ribasso, fino ad aree distanti 200 km dalla costa. I dati sulla salinità Il riscaldamento globale ha mostrato ai ricercatori una trasformazione del ciclo dell’acqua. Nel processo rientra un aumento considerevole degli eventi estremi di precipitazione e deflusso. Gli impatti sono maggiormente rilevabili tra terra e mare, ovvero nelle acque costiere. Ecco le parole di Severine Fournier, l’autrice principale dello studio presso il JPL: “Data la sensibilità sia alle precipitazioni che al deflusso, la salinità costiere potrebbe fungere da campanello d’allarme. Si indicano altri cambiamenti in atto nel ciclo dell’acqua”. Ha osservato come alcune acque costiere nel mondo non siano ben studiate, nonostante il fatto che il 40% della popolazione mondiale, circa, viva nell’arco di 100 km dall’area costiera del proprio Paese. Uno dei motivi è rappresentato dal costo esoso dei misuratori fluviali e altri sistemi di monitoraggio. Si sottolinea così l’importanza degli strumenti satellitari. La missione Aquarius è stata lanciata nel 2011 e ha sfruttato la sensibilità dei radiometri per riuscire a evidenziare i più sottili cambiamenti nelle emissioni di radiazioni a microonde dell’oceano. Tutto ciò è frutto di una collaborazione tra NASA e CONAE, ovvero l’agenzia spaziale argentina. A ciò si aggiungono i dati della missione SMOS dell’ESA e la missione SMAP della NASA. L’insieme ha consentito ai ricercatori di scoprire che la salinità superficiale delle acque costiere riesce a raggiungere la media planetaria massima, 34,50 unità pratiche di salinità, ogni marzo. In seguito scende alla media globale minima verso settembre. Differente il discorso in oceano aperto, con un ciclo che vede il minimo della salinità superficiale da febbraio ad aprile e il massimo da luglio a ottobre. Ciò perché il volume d’acqua consente di subire meno l’effetto del deflusso dei fiumi e dell’ENSO. Read the full article
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scienza-magia · 16 days
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Crisi del Mar Rosso e stretta al gas naturale in Egitto
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In Egitto si infrange il sogno di Zohr: il Paese torna ad importare Gnl. Le estrazioni di gas sono crollate ai minimi da sei anni e non bastano più nemmeno per soddisfare il mercato interno. Intanto anche un altro grande esportatore di gas liquefatto, l’Indonesia, si starebbe affacciando sul mercato in cerca di carichi. L’Egitto puntava a conquistare un posto d’onore nel panorama energetico del Mediterraneo. Ma il suo sogno – iniziato nel 2015 con la scoperta delle enormi riserve di gas del giacimento Zohr – rischia di essersi già infranto. Il Paese, alle prese con crescenti consumi interni e con una produzione che continua a deludere, da circa un mese ha di nuovo interrotto le esportazioni di gas liquefatto (Gnl) e in questi giorni ha cominciato a importare: acquisti forse non solo stagionali, ma che potrebbero proseguire a lungo se è vero – come riferisce Bloomberg – che il Cairo sarebbe in trattative non solo per procurarsi forniture di combustibile in vista dell’estate, ma anche per dotarsi di un rigassificatore galleggiante.
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Gas industry, gas transport system. Gas pipeline. Gas pipes, stop valves and appliances for gas pumping stationGNL,UNG L’Egitto ha già ordinato almeno due carichi di Gnl secondo S&P Global, per consegna immediata e a forte premio sui prezzi al Ttf (27,8 euro/Megawattora lunedì 8): acquisti che ha fatto raramente negli ultimi anni e che sono avvenuti con largo anticipo rispetto al periodo più caldo, in cui i consumi di energia si impennano con l’uso dei condizionatori. Secondo fonti Bloomberg questo è solo un anticipo: il Paese nordafricano punterebbe a ricevere almeno una nave metaniera al mese fino all’autunno. Quello che succederà in seguito non è chiaro. Ma le prospettive non sono ottimiste. Il Paese – che fino a poco tempo fa stringeva accordi con l’Europa, mettendosi a disposizione per aiutarla a sostituire il gas russo – ha visto crollare la produzione dei suoi giacimenti, che secondo il ministro dell’Energia Tarek El Molla sono afflitti da «naturale declino». Nel 2023 le estrazioni sono scese in media a 5,74 miliardi di piedi cubi al giorno (158 milioni di metri cubi) secondo la pubblicazione Mees: il minimo da sei anni, in pratica da quando è stato avviato Zohr. Lo stesso Zohr avrebbe sofferto un calo di produzione del 14% nell’ultimo anno e del 26% negli ultimi due. Nello stesso tempo i consumi interni egiziani sono aumentati (anche se solo del 2,4% nel 2023, per S&P Global). L’Egitto l’anno scorso ha dimezzato l’export di Gnl: da 7,3 ad appena 3,5 milioni di tonnellate, secondo dati emersi a gennaio da un documento dell’Organizzazione degli esportatori arabi di petrolio (Oapec). Ora la sua produzione potrebbe non essere più sufficiente nemmeno per soddisfare il fabbisogno interno, costringendo a costose importazioni, con rischi anche per le finanze pubbliche. Il Paese, in grave crisi anche per il crollo dei passaggi da Suez, ha appena ricevuto un salvataggio internazionale da 50 miliardi di dollari. Jonathan Stern, esperto di gas tra i più autorevoli, distinguished research fellow dell’Oxford Institute for Energy Studies (Oies), prevede che l’Egitto continuerà ad «oscillare tra la condizione di esportatore e importatore di Gnl», con spedizioni a singhiozzo.Uno scenario relativamente roseo in confronto a quello prospettato da altri analisti. In futuro l’export egiziano potrebbe risollevarsi grazie allo sviluppo di ulteriori risorse, scoperte di recente anche con il contributo di Eni, che aveva trovato e sviluppato in tempi record Zohr. Un’altra possibilità è che il Cairo – che ha due impianti per la liquefazione del gas – faccia sempre di più da “ponte” per l’export israeliano, che nelle intenzioni è destinato a crescere. Nell’agosto 2023 il Cairo aveva siglato un’intesa per triplicare gli acquisti di gas da Tel Aviv nel corso di 11 anni, al ritmo di circa 6 miliardi di metri cubi in più all’anno, ma solo a partire dal 2026 e solo se il giacimento Tamar – nelle acque di fronte a Gaza – sarà davvero potenziato nei tempi previsti. La guerra a Gaza lo scorso autunno aveva spinto a fermare per un mese le estrazioni a Tamar. E l’Egitto aveva a sua volta sospeso l’export di Gnl. Il Paese nordafricano non è l’unico esportatore di gas che si sta trasformando in importatore. Proprio in questi giorni anche l’Indonesia, secondo indiscrezioni di stampa, si starebbe affacciando sul mercato per comprare Gnl. Sarebbero le prime importazioni in assoluto per quello che in passato (soprattutto per l’Asia) è stato un fornitore rilevante, ma che ora è in affanno. I motivi sono in parte simili a quelli che preoccupano il Cairo: una popolazione che cresce in fretta, consumi di energia in aumento sia nel residenziale che nell’industria, uno sviluppo insufficiente delle fonti rinnovabili. Read the full article
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