Tumgik
#sotto a chi tocca
l-incantatrice · 1 month
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Nell’ultimo anno ho mandato affanculo qualche persona. Prima di tutto due dietologi da cui ero andata per perdere qualche chilo. Purtroppo tre anni fa ho dovuto iniziare a prendere un farmaco che è anche anabolizzante,così nel giro di 15 giorni ho messo cinque chili pur seguendo una dieta ipocalorica e bilanciata. Questi due medici non solo non sono riusciti a farmi perdere peso,ma con le loro diete sbagliate hanno peggiorato le mie patologie. Ora sto andando da una nutrizionista giovane,seria e onesta e finalmente,anche se molto lentamente,comincio a perdere peso e le mie condizioni di salute sono migliorate. Poi,lo scorso novembre,ho mandato affanculo la mia parrucchiera,da cui andavo da circa 17 anni e con cui avevo un rapporto amichevole. Nell’ultimo anno era molto scorbutica perché voleva che facessi il colore e il taglio che piacevano a lei e non approvava le mie scelte.Alla fine mi sono fatta convincere a tagliare i capelli come diceva lei,ma me li ha tagliati troppo corti e stavo malissimo. Ho fatto mesi a disagio quando uscivo di casa. Ora vado da un altro parrucchiere che ha tinte ottime,é molto bravo e tratta le clienti come regine.
Quindi,visto che mandare affanculo quelle persone,mi ha migliorato notevolmente la vita,sto già pensando a chi può essere il prossimo da mandare affanculo 🤣🤣
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luluemarlene · 3 months
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Sta sera incontro l'uomo del deserto, chiamato così perché l'ho conosciuto quando era in missione in Afghanistan, bloccato là un anno, a causa del covid
È un soldato infatti , e sì ho un debole per le divise 😅 e non solo perché sono eccitanti ma perché volevo fare il soldato e per una serie di ragioni..
niente, sono un civile.
Comunque, torniamo a noi
Ci siamo scritti per anni e divenuti amanti per qualche mese, poi finita per mio volere
Nessuna mira godereccia mi ha pervasa per questa serata perché siamo rimasti buoni amici, o almeno così me la racconto
Il soldato ha fatto tutto il normale percorso per l'elaborazione del lutto/rottura/separazione :
negazione, rabbia, elaborazione , depressione e accettazione
Da manuale proprio!
Ricordo ogni singolo passaggio e se non fosse che capisco e conosco a memoria sto merdoso travaglio, credo che avrei organizzato una spedizione punitiva con tutti i peggiori ceffi che conosco, per fracassare ogni suo singolo ossicino.
E io qualcuno lo conosco eh!
Mi ha fatto paura in un paio di occasioni e infinita tenerezza in altre, ma ho avuto ragione ad attendere pazientemente : era solo chiacchiere e distintivo e adesso è nella fase in cui dice "... come ero scemo eh, mi redo conto di aver esagerato, ma sai la mente umana..." E attacca con dei soliloqui che ascolta solo lui, appunto, dove cita nomi di pensatori sepolti da anni.
Da Eraclito a Kant fino ad arrivare a Galimberti, che si starà toccando le palle visto che è vivo 😅
Ha una laurea in filosofia che mi fa venire il mal di testa..
Bla bla bla..
Comunque, nonostante tutto io voglio bene all'uomo del deserto, si era innamorato e mi aveva fatto sentire speciale o ricordato come ci si sente quando lo si è per qualcuno
Vabbè, provo a non divagare eh!!
E quindi, tutta sta manfrina?
Perché sta notte, tanto per cambiare non dormivo, e ho pensato, non al soldatino e a come sarà rivederlo dopo 2 anni,
ma a Lui
Lui, chi?
Lui Lui
l'Oreste, dal nome inventato più brutto del mondo, se pur nome mitologico, figlio di Clitennestra e Agamennone ( ma andrò a controllare, potrebbe essere una gran cazzata )
Ok, ok, adesso le divagazioni sono davvero insopportabili
Cazzo c'entra Lui? Eeeh c'entra! perché ho pensato/sognato che sarebbe stato fico scrivergli e chiedergli di vederci nel parcheggio sotto il suo ufficio, dove una delle tante volte gli ho succhiato il cazzo così poeticamente che quando ho alzato la testa dalle sue gambe ero Beatrice e lui Dante ❤️
Lo so, cazzata pure questa , infatti mai succhiato un cazzo poeticamente, anzi, i versi che gli piaceva farmi fare sembravano piu quelli dell'Idraulico Liquido dentro allo scarico intasato
Presente?
Altro che poesia!
Comunque! L'idea era quella di vederlo un po' prima dell'incontro , ma solo per fagli strofinare il cazzo in mezzo alle mie cosce, frugando tra il pelo, senza nemmeno entrare, solo sfregarlo, sul pube, sul clitoride, con il rischio di incendiare tutto e guardargli mettere la bocca a forma di piccola "o", come fa ogni volta che sta godendo ( magari è uno dei falsi ricordi che ho, ma chiessenefrega, è il mio sogno lucido, ci faccio un po' che cazzo mi pare )
Il membro turgido infilato lì al calduccio, con le mutandine leggermente abbassate e poi guardarlo godere ed esplodere sulla stoffa interna, e lasciare una bella macchia biancastra e appiccicaticcia
Madonna, mi bagno come una puttanella
Poi risistemo le mutande e dall'esterno schiaccio bene il tutto sul pelo nero
Piccoli movimento circolari per fare in modo che la sua essenza arrivi alla mia pelle e gli odori si mischino a creare la fragranza che mi accompagnerá tutta la sera.
Lui sarà con me, sentirò le mutandine bagnate, l'umido ad ogni movimento, e penserò
"perché nn mi sono fatta sborrare in culo che così mi colava tutto giù per le cosce ad ogni passo... " e cristodio, adesso vado a prendere vibrox e me lo pianto anche nelle orecchie perché con sti pensieri, all'uomo del deserto, gli tocca buttarmelo e non si può, che poi mi devo sorbire altri 2 anni di colpe e angoscia con Heidegger e compagnia bella!
Dai, vado.. Sarà una giornata faticosa
Cià.
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ilpianistasultetto · 2 months
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Sotto a chi tocca e non vi avvilite. Siate portatori di generosità, di gesti cortesi, di sorrisi, di cordialità, chi è di carattere solare è sempre benvenuto. Siate l'estate che domina l'inverno, siate un lampione in ogni strada scura, non siate pallosi e pesanti che poi gli altri vi schifano e vi evitano. La gente ha sempre qualche problema, qualche dolore nascosto, qualche turbamento di salute, non vi mettete anche voi ad appesantire la situazione, siate gentili con tutti che nulla vi toglie e nulla vi aggiunge, che cosa vi costa?
Usate parole di tolleranza e non vi impicciate del sesso degli altri, di chi ama chi, non sono cavoli vostri. Amate ciò che amate e non impedite agli altri di amare ciò che amano, non è l'amore che distrugge il mondo ma l'odio e l'interesse personale a scapito di quello collettivo.
Partecipate con allegria alla vita che il buio nell'anima fa male e compromette ogni rapporto umano e familiare e vi fa diventare brutti, siate la cura e mai la malattia.
@ilpianistasultetto
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palmiz · 1 year
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Anni che facevo discussioni su questo tema, e alla fine, in "tempi decisamente non sospetti".
Nonostante tutto, negli anni 80/2000, in si stava ancora relativamente bene, ci stava ancora in giro un po' di pensiero critico e relativamente libero, anche se certe strade, per la massa, erano già ben tracciate da chi sta sopra.
Anni in cui, il "produci, lavora, crepa" mi girava volutamente in testa come un mantra per monito a non allinearmi alla massa appiattita, ma mai e poi mai, mi sarei immaginato, nonostante le mie "citazioni" continue ad esempio a Orwell o di qualche altro "illuminato" ben introdotto, che ci saremmo sorbiti realmente in prima persona, in tempi relativamente brevi, quello che abbiamo passato in questi ultimi 3 anni.
E se è andata com'è andata questa "prova generale", alla fine è stato solo e unicamente grazie alla massa inerme, incapace di fare 1+1 ed è la conferma pratica di quello scritto sopra.
Anni e anni di indottrinamento e contentini per fargli credere di essere liberi e pensanti, hanno portato per bene i loro frutti.
Guarda caso, questa "prova generale", ha attecchito molto, specialmente in Italia, ma molto meno nei paesi baltici: sono quelli che hanno provato realmente cosa significa essere sotto una dittatura, privati realmente della libertà anche di parola, essere obbligati ad essere automi, e adesso non sono più tanto disposti ad essere nuovamente sottomessi e manipolati.
Loro sì, sono effettivamente uno step avanti della massa occidentale, ci tocca ammetterlo.
Non sono complottisti o chissà cosa: hanno semplicemente aperto gli occhi e non sarà facile "allineare" questi "diffettati", che per fortuna non sono pochi.
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a--piedi--nudi · 1 month
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La realtà
Volevo fare una passeggiata ma mi hanno interrotta. La vicina ha cominciato a parlare e parlare e parlare, poi è arrivata l'amica ottantenne della nostra condomina più anziana e anche lei a parlare parlare di come si sia cresciuta quattro nipoti contemporaneamente e da sola, di come ora a ottant'anni non abbia nemmeno un dolorino, anzi, nemmeno mezzo...e io ci credo perché la vedo nell'orto, da casa dei miei genitori, dalla mattina alla sera, piegata in due come un portafoglio; non s'inginocchia lei, non si tocca la schiena, non fa pause. Lavora. Piegata in due. L'unica cosa è la sera, una grande solitudine e malinconia, ha detto, perché sono sola; per questo cerco di stare in casa il meno possibile. È già abbronzata, ha già raccolto i "bruscandoli" e li stava portando alla sua amica (sta chiusa in casa tutto il giorno, poverina, ed è un anno più giovane di me, ha detto). Ci ha parlato dei figli, delle gare di sci, del vischio e dell'uomo che glielo regala. Volevo passeggiare mezz'ora prima di andare a prende mia madre, avevo voglia di vedere il mio nuovo amico un cagnolino solo, sempre seduto sotto il portico della casa nuova. È bianco e nero; quando passo mi fissa un istante da lontano e poi balzella fino alla recinzione guardandomi attraverso tutto quel pelo che gli copre gli occhi. Mi guarda solo un istante e poi sbatte la schiena contro la rete per farsi accarezzare. Si gode le coccole e si gira come sul girarrosto; un po' sulla schiena, un po' di fianco un po' sulla testa. Ha il pelo sporco e non gli tolgono mai la pettorina da guinzaglio, mi dispiace tanto ma sono felice venga in contro al piacere di una carezza. L'ottantenne è sola, il cane è solo, anche il condomino qui affianco è solo. La moglie l' ha lasciato, all'improvviso dopo trent'anni. Era bella, bionda, elegante, leggiadra, lunatica e un po' antipatica; non la vedevo da tempo ma credevo fosse colpa del lavoro e di questi cazzo di uffici dai quali ci facciamo fagocitare e invece se n'è andata con un altro. Ci ha lasciati un po' tutti, in realtà, perché un condominio di sei unità è come una famiglia allargata. Lei era "la bella", quella da senso d'inferiorità perché con il marito, le figlie, il nipote, il lavoro, la palestra, le lavatrici sempre a girare e i capelli da asciugare, era comunque perfetta: lavava le scale, puliva ogni giorno la terrazza, lavava la macchina e ora più nulla di tutto questo. Chi se ne va è come se morisse, se ne parla al passato. Invece è viva e vegeta e ora starà di sicuro meglio, finalmente, si godrà la vita, un nuovo amore e la primavera che arriccia i pensieri. Lui, invece, è qui affianco, dimagrito, lo sguardo un po' spento. Vedovo. È sola l'ottantenne alla sera, è solo il cane tutto il giorno, è solo F. qui affianco, forse che la solitudine mi stia parlando? Non so. Ci sarà sicuramente qualcosa da capire. Ho delle amiche che scrivono poesie, a volte le capisco e a volte no, ma c'è chi dice che la poesia non si debba per forza capire, può essere anche solo un ritmo, un disegno, un colore...una volta anche io la pensavo così ora no. Preferisco capire o, perlomeno, sentire qualcosa. Le amiche oggi hanno presentato due libri, eravamo in tanti: dal soffitto della libreria scendevano testi dondolando su cartellini chiari, guardavamo tutti all'insù, era strano, sembravamo proprio esseri umani che leggono delle idee, che assaporano visioni. Bello. Gente. Parole scritte e parlate, sguardi, baci, rincorse di mani a sentire la carne con la carne, toccare. Ho bevuto un rosé, sorriso a sconosciuti, rivisto conosciuti che non vedevo da tempo. Mamma ha comprato un tailleur color inchiostro, io due libri. Mi hanno riportata a casa presto, le stelle erano appuntite, in salotto mi aspettavano cose da leggere e invece sto scrivendo. Ieri notte ho sognato te, ho sognato che dormivamo abbracciate strette, talmente strette che non c'era spazio fra noi, tutto combaciava. Eravamo una. Il sogno è la realtà, basta saperla vedere.
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susieporta · 4 months
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QUELLO CHE TI FANNO PROVARE GLI ALTRI
“Se si imparasse che le persone sono solo la condizione che permette a ciò che abbiamo già dentro di uscire...
Si smetterebbe di dare la colpa a chi "ci fa sentire male" e di attaccarci a chi "ci fa sentire bene".
Ciò che si scatena, che sia gioia o odio, era già in te.
Non si vedeva perché mancava la condizione per farlo uscire fuori.
Non è certo il foglio a dare l'inchiostro alla penna. Ma è grazie al foglio se adesso lo vediamo quando scriviamo”.
“Lui mi fa arrabbiare.”
“Lui mi rende felice.”
“Lei mi fa stare bene.”
Ragioniamo su queste frasi.
Cosa stiamo dicendo davvero?
Occhio perché stiamo per rovesciare completamente quello che si è sempre creduto da millenni.
Stiamo dando la responsabilità del nostro mondo interiore, del nostro sentire, a qualcun altro.
Ed è così?
No, non è così.
Tutto ciò che provi dipende da te, da cosa c’è dentro di te.
La felicità, l’infelicità, il dolore, la gioia, l’amore, la sofferenza e tutto ciò che attiri nella tua vita non dipendono affatto dagli altri, ma unicamente da te stesso, da ciò che sei al tuo interno.
Curioso vero?
Ma pensa a un fiammifero.
Se lo gettassi in una tanica d’acqua, cosa accadrebbe?
Nulla, il fiammifero si spegnerebbe.
Ma se lo gettassi in una tanica di benzina, invece?
Il fiammifero era lo stesso identico, eppure sono accadute due cose totalmente opposte.
Perché, alla fine, contava ciò che c’era dentro il contenitore…
Lui dà sempre ciò che contiene, momento per momento. Ciò che si trova in superficie come prima cosa e poi strato dopo strato quello che è più in profondità.
Che tu ci creda o no, lo stesso è con noi:
Quasi tutte le tue reazioni emotive e psicologiche dipendono innanzitutto da ciò che viene toccato in te stesso e non necessariamente da chi le tocca.
Gli altri hanno una parte molto marginale in tutto questo, perché la rabbia, ad esempio, è già presente al tuo interno e non aspetta altro che un'occasione per potersi manifestare all'esterno.
Aspetta magari che una certa persona si comporti con noi in una certa maniera per poi palesarsi.
Ma la persona esterna non ne è la causa. Lei non ce l’ha messa dentro di te questa rabbia, non ha questo potere.
E cosa ha fatto? Semplice, lei è stata solo la condizione, la scusa per proiettare fuori la rabbia e il risentimento che già covavi dentro.
Senza una condizione, come ad esempio una persona, una relazione o una provocazione, il karma o le ferite non possono manifestarsi, stanno lì rannicchiate nel nostro inconscio e non si vedono. Lo vedremo meglio.
Ti basti sapere che tutta la tua vita, atteggiamenti, interpretazioni e comportamento, si muovono dal materiale accumulato nel tuo inconscio a causa di questa vita, ma anche dalle vite precedenti, mentre le situazioni esterne agiscono per lo più, come delle potenti calamite che attirano in superficie del materiale psichico interno che, in una data situazione o contesto, trova facilmente l'occasione per uscire sotto forma di rabbia, avidità, violenza, attaccamento, amore, lussuria, odio, vendetta, simpatia, felicità, ecc.
E sì hai visto bene, perché lo stesso vale anche per l'amore e per tutti i sentimenti positivi.
Essi sono già presenti al tuo interno.
Nulla esce da te se prima non si trova al tuo interno.
Non è forse vero che la stessa situazione, vissuta da più persone, verrà percepita diversamente in base proprio alla qualità e ai contenuti della loro mente e delle loro proiezioni mentali?
Oggi il sole splende, una brezza leggera ti accarezza la pelle.
Sorseggi la tua granita alla fragola e ti godi il mare cristallino sul lettino comodo della spiaggia. Ti giri per sorridere beato al tuo amico che però fissa il cellulare con occhi lucidi.
“Laura mi ha appena lasciato. Non mi ama più e me l’ha scritto su Whatsapp capito? Dopo 2 anni mi lascia per messaggio” ti dice.
Ve la state spassando allo stesso modo quella bella giornata di sole?
Vedi, nonostante la giornata sia la stessa potremo sentirci in paradiso o addirittura sperimentare l’inferno al nostro interno.
E questo dipende tutto dalla nostra mente.
Anche la qualità stessa della tua vita dipende da quella della tua mente-coscienza e dalla circolazione delle tue sottili energie psichiche.
Più le tue energie sono libere di fluire e sono integrate, tanto più vivrai in uno stato di gioia, di libertà, di amore e consapevolezza, anche in situazioni di forte attrito e difficoltà.
Più le tue energie sono bloccate, distorte e frammentate, tanto più vivrai in uno stato di sofferenza, di paura e d'impotenza, anche quando non c'è alcun tipo problema.
Noi però crediamo l’opposto e per questo il primo istinto è quello di dare la colpa all’altro.
Incolpiamo gli altri di averci fatto arrabbiare, mentre siamo felici di chi ci ha fatto innamorare.
Ma è tutto un sogno, un'illusione, un'allucinazione.
Noi incolpiamo gli altri per ciò che esce da noi.
Oppure ci attacchiamo a qualcuno sempre per ciò che esce da noi.
È ovvio che poi desideriamo così tanto cambiare gli altri, per fare in modo che, inconsciamente, possano comportarsi in modo tale da farci uscire solamente i lati positivi e non quelli negativi.
Non ci accorgiamo di questi giochi inconsci ed è qui che cadiamo nella trappola del karma e viviamo totalmente proiettati sugli altri.
“Bhè se non coltivo relazioni, se me ne sto il più possibile per i fatti miei, non soffro, non ho problemi e nemmeno devo fare lo sforzo di lavorare su me stesso, no?” potresti dirmi questo.
Bene. Ottimo.
Ma come puoi realmente isolarti da tutto e da tutti?
E come puoi pensare che negare alla tua anima certe esperienze possa essere buono per te?
Tutto ciò che si trova al tuo interno verrà puntualmente toccato ed evocato da ciò che accade all’esterno portandoti a reagire.
E questo non si può evitare, a meno che tu davvero sia da solo in una grotta sull’Himalaya ma anche lì probabilmente qualche emozione la sperimenti, non esiste che una persona non viva interazioni o eventi che non muovano il suo mondo interiore.
Comprendi che ciò che ferisce uno non ferisce l’altro.
E questo è illuminante, perché in questo modo scopriamo che si può guarire e trasformare il proprio materiale irrisolto.
ROBERTO POTOCNIAK
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filorunsultra · 2 months
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Dakota Jones, l’aria inquinata, la panchina di Chamonix
Dunque c’è questa foto, ripubblicata su Instagram mesi fa, che ho salvato nella certezza che un giorno sarebbe tornata utile. Si vedono tre persone su una panchina, a Chamonix Mont-Blanc, lungo la pista ciclabile. Si chiamano Scott Jurek, Goeff Roes e Dakota Jones, e tutti e tre si sono appena ritirati dall’Ultra-Trail du Mont Blanc 2011. Sono seduti su quella panchina ad aspettare di vedere Kilian Jornet vincere il suo terzo UTMB. Sono giovani—uno di loro lo è ancora oggi, mentre gli altri due appartengono già all’Olimpo dell’ultrarunning. Ripostando la foto, qualche giorno dopo aver fatto podio a CCC, nel 2023, Jones aveva scritto: “In my recent post I mentioned sitting on a bench in Chamonix after dropping out of UTMB 2011. Scott Jurek sent me the photo! This is from that day! I can’t remember who these two other people are. They probably aren’t important to the history of trail running… I look such an idiot on this picture”.
Tra quella panchina e noi ci passano tredici anni, ere geologiche e generazioni di corridori, ma c’è chi è riuscito ad attraversarle indenne, arrivando dall’altra parte meglio di come era partito. Non molti, a dire il vero, e dei tre in quella foto uno soltanto. Nel frattempo, Jurek è diventato una divinità, Roes è stato semidimenticato (forse perché vive ad Anchorage, Alaska, ai confini del mondo conosciuto), ma solo Jones ha continuato a correre ad altissimi livelli, e forse più alti di allora—questo e altri sono i vantaggi di iniziare a correre ultramaratone a 18 anni. Ne riportiamo brevemente la carriera, testimoniata nelle agiografie e consultabile su UltraSignup: Jones corse la sua prima 50 chilometri nel 2008 a Moab, la cittadina dello Utah in cui è nato. Il maggio successivo corse la sua prima 50 miglia, mentre nel 2010 la prima 100 miglia, Bear 100, chiudendo in settima posizione in 22 ore e 15 minuti e vincendo la Bear 50 miglia dieci giorni dopo. Il giorno della foto sulla panchina a Chamonix Jones non ha ancora 21 anni e ha da poco corso la sua prima Hardrock 100 (secondo in 27h10’). Da lì in poi ha corso ogni gara che qualunque corridore coscienzioso sognerebbe di correre, e, oggi, dà l’impressione di essere in questo sport da sempre, pur avendo a malapena 34 anni e avendo appena raggiunto la fase migliore della sua carriera. Si spiega anche solo così, almeno per chi è sensibile a questo genere di cose, perché sia avvolto da un certo fascino. Tocca contare e ricontare aiutandosi con le dita per convincersi che siano passati solo tredici anni, tanto sono cambiati questo sport e il suo sapore.
Flash-forward. È un pomeriggio di febbraio, da qualche giorno #inquinamentopianurapadana ha preso il posto di #palestina nei trend di X e di Instagram. Da una settimana vengono pubblicate ovunque cartine geografiche molto colorate, anche se tutte un po’ diverse tra loro. Dati indecifrabili ai più, ma con un significato chiaro a tutti. Per gli empiristi e i dubbiosi, da qualche giorno dalla collina est di Trento si distingue un denso strato di foschia che copre il fondo valle anche nelle giornate limpide. C’è dunque un’altra foto, destinata a restare negli annali del Trento Running Club: c’è Martina Valmassoi in piedi su una panchina panoramica della Marzola, al tramonto, con un cielo giallo e azzurro e le classiche nuvole estive di fine inverno, e sotto, sulla valle, quella lingua di polveri sottili che copre migliaia di persone. Noi otto—io, Pass, Micky, Martino, Tommy, Mario (il di lui cane), Martina e Dakota—siamo dall’altro lato della fotocamera, a 900 metri e in maniche corte (Mario no, è un cane). Dakota sta imparando l’italiano e ha ben chiara una frase: “giovedì, merda”. È nota l’affezione dell’italiano per la perifrasi, ma quella è fin troppo chiara, così approfittiamo dell’ultimo giorno di bel tempo per portarli sulla Marzola, al di sopra della malaticcia foschia che adombra la valle.
Avevo visto Dakota Jones per la prima volta in mezzo al deserto, mentre mi superava a un metro e mezzo da terra al terzo giro di Javelina Jundred. La seconda, a Chamonix, a qualche metro dall’ormai proverbiale panchina, aspettando il suo passaggio all’ultimo chilometro di CCC; in compagnia, io, di uno scatenato Francesco Puppi e di un commosso Dylan Bowman, per amore del gesto atletico il primo e per patriottismo il secondo. Anche Martina—già notissima ai più assidui frequentatori di questa rivista, ma mica solo a loro—l’avevo incontrata soltanto di sfuggita. Escluse queste fugaci apparizioni, il primo surreale incontro con entrambi doveva evidentemente avvenire qui, in un parcheggio della Marzola, sopra a Trento, in un anodino pomeriggio di febbraio. La scusa, una serata a cui li abbiamo invitati circa un mese prima con un prosaico messaggio su Whatsapp, per venire a raccontare le loro storie ai corridori di Trento, davanti a una birra, schiacciati in una saletta troppo piccola e con due telecamere in faccia e un registratore sulle ginocchia. Perché le epifanie vanno registrate e tramandate, e riascoltate in loop, anche in forma di aforisma, come un reel, che una volta che finisce ricomincia daccapo. È ancora questa, nonostante tutto, una delle ultime cose che ci illude di vivere ancora uno sport di nicchia, rievocato da quella foto sulla panchina: invitare un atleta a raccontare delle cose a caso a gente a caso in una birreria a caso, e a correre un giorno a caso in un boschetto a caso. E senza sponsor, o senza nominare, nemmeno per sbaglio, le scuderie degli atleti. Questo è il motivo per cui quell’amalgama di individui che chiamiamo comunità (inciso: comunità fisica, non mediatica), individui ancora troppo poco adulti per abbandonare il pronome plurale (chi ce lo dirà, tra vent’anni, che quel noi era solo un’illusione?), continuerà a essere grata e devota.
“Ma la cosa che conta di più è lo sforzo, il viaggio che facciamo allenandoci ogni giorno, la routine, e soprattutto condividere questo viaggio con persone che capiscono, persone come voi. Questo è il modo per abbracciare questa comunità. Non stiamo facendo uno sport individuale, anche se tecnicamente quando corriamo siamo da soli, ma facciamo gare per stare con altre persone e perché così possiamo condividere i nostri obiettivi e la nostra passione con altre persone. Ed è una cosa che non capisco del tutto, è una specie di domanda senza risposta: perché significa così tanto per me? Ma essere in grado di viaggiare per migliaia di chilometri e incontrare un gruppo di persone come voi, che probabilmente sentono la stessa cosa che sento io per questo sport, è qualcosa di potente.”
Una banda di matti. Questo, almeno, deve aver pensato chi passava fuori dal locale e vedeva attraverso le vetrate quella piccola folla ascoltare queste parole. Tutti matti, idealisti e sognatori, che poi in fondo sono la stessa cosa.
C’è questa scena bella e violenta, che in pochi minuti spazza via ogni sogno adolescenziale con un colpo di spugna, qualunque sogno, mio e vostro; è il momento in cui diventiamo adulti, in cui scopriamo che tutto quello in cui credevamo non era che un gioco. È l’ultima scena di Quadrophenia, di Franc Roddamm (1979), che, come tanti film che parlano di queste cose, è diventato il manifesto di un movimento pure facendolo a pezzi. C’è quindi questo Jimmy, sulle scogliere di Dover, che dopo aver trovato nella controcultura mod—ma metteteci quello che volete—il senso della sua vita di adolescente disadattato, e dopo aver fatto a pezzi lavoro e famiglia in nome di quello stile di vita, vede i suoi pilastri crollargli addosso a uno a uno, scoprendo che per tutti gli altri—i suoi amici, i mod—era solo un gioco: un modo di vestire, un modo di comportarsi: niente di esistenziale. Così Jimmy torna a Brighton, il luogo in cui per la prima volta aveva sentito di appartenere a qualcosa, e in cui aveva creduto, nel modo più alto, di essere nato per quello. Qui scopre che il suo idolo ribelle, Ace Face, fa il facchino in un hotel, e deluso ruba la sua Lambretta e la getta dalle scogliere. La fine del noi.
Tutti abbiamo la nostra Brighton, e prima o poi Brighton muore. Però c’è qualcosa che di volta in volta si rinnova, qualcosa di cui continuiamo a portare l’illusione, un noi, che sono poi persone con nomi e cognomi, non certo entità astratte, con cui condividiamo il processo, o se non altro dei momenti, momenti che magari non hanno nessun significato, parole al vento che tra vent’anni nemmeno ricorderemo, ma che sono comunque momenti reali. E siamo disposti a fare a pezzi le nostre vite in nome di questo, e a sacrificare il nostro tempo, il nostro denaro, i nostri dolori, e in una certa misura anche alcuni pezzi della nostra felicità. Chiunque corra le 100 miglia è disposto a farlo, almeno in parte, è una forma di privazione. Una gabbia di matti. Sono modi per sopravvivere, tutti insieme, e per dare un senso a qualcosa che non ce l’ha. Maschere, forse, e allora datecene un’altra, un’altra maschera ancora.
Per capire a che livello la mia condizione sia patologica, questa notte ho sognato di andare in questo posto (foto): è il Twede's Cafè di North Bend, Washington, il diner RR di Twin Peaks. Nel sogno non avevano la crostata di mirtilli, bastardi. Poi perdevo treni e aerei e accadevano le classiche cose dei sogni, in cui di solito vivo la perenne condizione dell’out of time man.
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petalididonna · 11 months
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Anche la notte ti somiglia,
la notte remota che piange
muta, dentro il cuore profondo,
e le stelle passano stanche.
Una guancia tocca una guancia -
è un brivido freddo, qualcuno
si dibatte e t'implora, solo,
sperduto in te, nella tua febbre.
La notte soffre e anela l'alba,
povero cuore che sussulti.
O viso chiuso, buia angoscia,
febbre che rattristi le stelle,
c'è chi come te attende l'alba
scrutando il tuo viso in silenzio.
Sei distesa sotto la notte
come un chiuso orizzonte morto.
Povero cuore che sussulti,
un giorno lontano eri l'alba.
(Cesare Pavese) - 4 aprile 1950
Ah!Pavese Pavese🌹
Notte ❤️
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intotheclash · 9 months
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Ogni volta che viene l'estate, mi viene in mente questo.
"Senti, Pietro, ma tu ci sei mai stato al mare?" Chiese Bomba, mentre tentava di togliersi un po' di rena di dosso.
La domanda oggi sembrerebbe assurda, ma allora era più che legittima. Infatti, di tutti e sei, solo io e Schizzo ci eravamo stati, con esiti diversamente disastrosi.
"Certo che ci sono stato!"
"E com'era?"
"Com'era? Com'è, vorrai dire, Bomba. Mica è morto il mare!"
"Vabbè, hai capito, allora dimmi: com'è?"
Avrei voluto, ma non potevo mentire ai miei migliori amici, così:"Una cagata!" Esclamai, mentre con la mente correvo a quell'unico, maledetto giorno in cui i miei mi avevano portato al mare.
Era successo l'anno prima. Il ricordo ancora mi bruciava. Per anni, mia madre, tutte le estati, ad Agosto, quando mio padre era in ferie, aveva insistito per farsi portare al mare, ma non c'era mai stato verso di spuntarla. Come ho già detto, il mio vecchio era un camionista, tutta la vita su e giù per l'Italia col culo schiacciato sul sedile della cabina. Va da se che, di domenica, o durante le ferie, guai a parlargli di motori e di strade. Iniziava a bestemmiare come un turco e non la finivi più. Iniziava in sordina, sottovoce, poi un po' più forte, alla fine si lasciava prendere la mano e andava a finire che tutto il vicinato era costretto ad ascoltare le sue pittoresche lodi al Signore.
"Mi avete rotto i coglioni co' 'sto mare!" Diceva, "Mi spacco il culo per voi tutto l'anno su quella merda di camion e, quando finalmente ho un minimo di riposo, voi pretendete che salga sull'auto per scarrozzarvi dove vi fa comodo? Ma che razza di cervello bacato avete? Non se ne parla nemmeno!" Non se ne parla nemmeno era l'epitaffio. Tutte le volte. Quindi, figurarsi il nostro stupore quando, una mattina, alle sette in punto, il vecchio ci buttò tutti e tre giù dal letto, annunciandoci la lieta novella:" Sveglia poltroni! Preparatevi, oggi si va al mare!" Ricordo che tra lo stupore e la felicità ci fu una bella lotta. Eravamo rimasti tutti senza parole. La prima a riaversi fu mia madre, che obiettò:" Ma come faremo per il pranzo? Certo che sei sempre il solito! Non potevi dircelo ieri sera? Avremmo avuto tutto il tempo per prepararci, sant'Iddio!"
Lui la guardò per un istante, fece la faccia più sbalordita di cui fosse capace e rispose:" Ma come? Sono anni che scassi con il mare e oggi che mi sono deciso, crei tutti questi problemi? E poi ve l'ho detto stamattina perché ieri sera non ne avevo voglia. Oggi si! Allora? Cosa dobbiamo fare? Andiamo o no?" "Andiamo! Andiamo!" Gridammo entusiasti io e mia sorella. Ci infilammo di corsa i costumi sotto ai pochi vestiti, mia madre preparò in fretta i panini e li mise in una cesta di vimini con la frutta e le bottiglie d'acqua. Eravamo pronti. L'avventura poteva cominciare. E, Cristo, se fu un'avventura. E chi se la scorda più! Ci impiegammo ben tre ore per coprire i novanta chilometri che ci separavano dalla costa. Una volta arrivati a Tarquinia, mio padre strabuzzò gli occhi e disse imprecando:"Madonna, che casino! Ma da dove salta fuori tutta questa cazzo di gente? No, qui non ci possiamo davvero fermare. Grasso che cola se ce ne tocca un secchio a testa di acqua salata." "Allora cosa vorresti fare?" Domandò preoccupata mia madre. "Tranquilla donna! Ora te lo cerca il tuo bel maritino un posticino tranquillo per farti il bagnetto!" E lo cercò davvero. Eccome se lo cercò. Gli ci volle un'ora e mezza, ma alla fine lo trovò. Arrestò l'auto in quello che, probabilmente, era il posto più brutto del Tirreno. Infatti non c'era anima viva. Nessuno tranne noi. Niente persone, niente bar, niente ombrelloni, nemmeno sabbia. Solo sassi. Sassi enormi che partivano da dove avevamo lasciato la macchina, fino ad arrivare per diversi metri dentro l'acqua. Acqua che io e mia sorella facemmo giusto in tempo ad assaggiare. Neanche la maglietta riuscii a togliermi. Riuscimmo a bagnarci solo per metà, perché da lì a dieci minuti, nostro padre fischiò e ci fece uscire. Con quel suo tono perentorio che non ammetteva repliche, disse:"Su, venite fuori ragazzi. Basta bagni per oggi. Ora si pranza e si torna a casa. Che non ho voglia di beccarmi tutto il traffico del ritorno." Mia madre era nera di rabbia, a me veniva quasi da piangere, pure a mia sorella, ma non ci fu niente da fare. Quella, per fortuna, fu l'unica volta che ci portò al mare.
A Schizzo andò ancora peggio. Molto peggio. Lui neanche ci voleva andare al mare. I suoi ce lo mandarono per forza. In colonia. A Montalto di Castro, per quindici giorni filati. Quindici giorni che lui, naturalmente, non fece mai. La notte del secondo giorno scappò via scalzo, con indosso soltanto il costume e una canottiera a righe bianche e rosse. La mattina seguente, i responsabili della colonia, resisi conto dell'accaduto, telefonarono subito ai suoi genitori, che, tra una bestemmia e l'altra, dovettero montare sulla loro seicento per andare a ripescare il proprio figliolo così lontano da casa. Lo trovarono verso le quattro del pomeriggio, che vagava senza meta sulla Statale Aurelia. Fortuna che, quel giorno, c'era poco traffico. Appena gli fu accanto, il padre inchiodò l'auto, scese come una furia e gli diede un fracco di botte senza proferire verbo. Schizzo le prese tutte. Non tentò di schivare neanche un colpo. Ma non versò una lacrima che fosse una. Anzi, quando il padre si stancò di colpirlo, lui, con tutta la rabbiosa calma che possedeva, promise che, se lo avessero lasciato ancora li, sarebbe scappato la sera stessa. Naturalmente si guadagnò una seconda razione di legnate, seduta stante.
Schizzo aveva molti difetti, ma manteneva sempre le promesse fatte. Fu così che, nonostante le difficoltà oggettive e la sorveglianza raddoppiata, quella stessa notte se la svignò di nuovo. Portò a lungo i segni neri e bluastri della fibbia della cintura di quell'avvinazzato di suo padre, ma vinse lui. I suoi dovevano decidere se ammazzarlo di botte lì, sul posto, o riportarselo a casa impotenti. In verità ci pensarono su piuttosto a lungo, ma alla fine decisero che sarebbe stato meglio per tutti riportarlo a casa. Negli anni a venire, quando sentivo dire che al mare bisognava stare attenti, che era pericoloso, io pensavo sempre a Schizzo.
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lunamarish · 9 months
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12 aprile 1947
Aver l’impressione che ogni cosa buona che ti tocca sia un felice errore, una sorte, un favore immeritato, non nasce da buon animo, da umiltà e distacco, ma dal lungo servaggio, dall’accettazione dell’arbitrio e della dittatura. Hai l’anima dello schiavo, non del santo. Che a vent’anni, quando i primi amici ti lasciarono, tu soffrissi per nobile sofferenza, è una tua illusione. Ti dispiacque dover smettere abitudini gradite, non altro. E continui adesso, tale e quale. Tu sei solo, e lo sai. Tu sei nato per vivere sotto le ali di un altro, sorretto e giustificato da un altro, che sia però tanto gentile da lasciarti fare il matto e illudere di bastare da solo a rifare il mondo. Non trovi mai nessuno che duri tanto; di qui, il tuo soffrire i distacchi -non per tenerezza. Di qui, il tuo rancore per chi se n’è andato; di qui la tua facilità a trovarti un nuovo patrono -non per cordialità. Sei una donna, e come donna sei caparbio. Ma non basti da solo, e lo sai. 
Cesare Pavese, Il mestiere di vivere
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firewalker · 2 years
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Api, vespe, calabroni e un sacco d'altra gente
Ispirato dal post sulle pere di @kon-igi, faccio una piccola dissertazione su alcune caratteristiche di queste bestie, per quanto le mie conoscenze lo permettano. Preciso subito che sono aperto a correzioni da parte di chi ne sa più di me.
Cominciamo dalle api, ovvero Apis mellifera.
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(fonte immagine: wikipedia)
È un imenottero abbastanza comune, e ha due caratteristiche che lo rendono unico nel panorama degli insetti (almeno finché non cominceremo seriamente a mangiarli): è carino e coccoloso e è allevato da cani e porci. Già, perché questa bestia è un animale da allevamento, curato, gestito e propagato nel mondo dall'essere umano, come una pecora o una gallina. Anzi, visti i danni che sta procurando in giro per il mondo, forse potrei paragonare le api ai gatti. Non ve l'aspettavate, eh?
Ma Einstein diceva che dopo due anni senza api saremmo morti tutti, dobbiamo proteggerle!
Einstein ha pure detto di non dare retta alle frescacce che leggete su di lui sui social. Le api da miele, allevate, coccolate, protette dagli esseri umani come fossero dei cani, stanno in perfetta salute, il numero di favi in giro per il mondo continua a crescere nonostante parassiti, malattie e insulti vari, naturali o no.
Quelle a cui ci si riferisce quando si dice di preservare le api, o almeno quello a cui si riferiscono gli studiosi, sono le api selvatiche, ad esempio quella più citata è del genere Osmia
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(fonte immagine: wikipedia - Osmia rufa)
In realtà, a quanto ho capito, pure Osmia spp. è utile per l'agricoltura, quindi un po' di persone si sono messe in testa di aiutare pure lei, per quanto possibile. Ancora non ho trovato nessuno, però, che voglia prendere le difese di Xylocopa violacea
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(fonte immagine: wikipedia)
E come X. violacea tantissime altre api selvatiche, ben più efficienti nell'impollinazione di A. mellifera, rischiano di soffrire della sua presenza. E ovviamente soffrono per l'uso di alcuni pesticidi e altri interventi umani, la retorica del "salviamo le api" non è del tutto sbagliata, solo che è indirizzata verso le api sbagliate.
Sappiate che quando qualcuno vi chiede soldi per sostenere l'apicoltura, non state sostenendo le api o l'ambiente, state sostenendo gli apicoltori. Potete anche farlo, figuriamoci, ma se lo fate, fatelo almeno con cognizione di causa.
In fine, da quanto ho capito, il veleno delle api è più tossico di quello dei calabroni, a parità di quantità.
Passiamo a quelle che chiamiamo vespe. In questo gruppo ce ne sono di diverse, alcune sono addirittura Apoideae, quindi tecnicamente delle api (cfr: Sceliphron spp. o vespa muratrice). Per amore di semplicità, parlerò di soli due generi, cominciando da Vespula
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(fonte immagine: wikipedia - Vespula germanica)
Ne conosco due specie, che sono quelle in cui mi imbatto più spesso (e che ho difficoltà a distinguere, perché tocca vedere che disegno c'hanno sull'addome: la V. germanica ha quegli specie di triangoli al centro, mentre la V vulgaris è più a forma di onde appuntite... e comunque spesso non mi avvicino abbastanza per poter distinguere o far foto decenti) e sono una scocciatura. Insistenti, curiose, non si fermano a nulla di fronte a una fonte di cibo. Sono le tipiche vespe che vengono a disturbare durante il picnic per avere un pezzo del panino, o che magari si annegano nella coca cola, e non c'è verso di schiodarle.
Sono insetti impollinatori e cacciatori, perché le larve sono carnivore, quindi o gli date quel pezzo di prosciutto o continueranno a rompervi le scatole. Essendo carnivore, hanno un ruolo molto importante nella lotta biologica ai parassiti, quindi non lamentatevi - almeno finché non calpestate un nido. Già, perché queste bestiole hanno l'abitudine di fare nidi sotto terra (non ricordo se lo fanno entrambe le specie o solo una... in ogni caso le chiamano vespe di terra per questo), e avendo questa abitudine sono abituate al fatto che ci si possa camminare sopra.
Ora, se tu abitassi in un condominio abitato solo da soldati, esperti di arti marziali, ninja e campioni mondiali di vale tudo, e un tizio sbadatamente passasse sopra il condominio rischiando di danneggiarlo... cosa faresti? Ovviamente attacco globale nucleare senza sosta finché la minaccia non è passata. Ecco, Vespula spp. è un po' così: carogna infame che attacca chi ha la sventura di imbattersi in un nido, e l'unico modo per cavarsela è correre a perdifiato. State lontani dai nidi di Vespula, se potete. Per fortuna, lontano dal nido non è così aggressiva e si limita a rubarvi il prosciutto del panino.
Passiamo alle vespe più fraintese del mondo: le Polistes spp.
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(fonte: wikipedia - Polistes dominula)
Si distinguono dalle Vespula spp. quando sono in volo perché le Polistes spp. sembrano un po' ubriache, al confronto, e hanno sempre le zampe penzoloni. Le prime sono decisamente più eleganti. Dette anche vespe cartonaie, impollinano e non rompono le scatole, non fanno nulla di male, anzi addirittura possono produrre pure un po' di miele (mai quanto A. mellifera, ma se uno le alleva - sì, c'è chi alleva Polistes spp - può assaggiarlo). Queste vespe sono decisamente bonarie: una volta sono stato punto, tre punture da due operaie, ma stavo facendo giardinaggio e inavvertitamente ho dato un pugno al nido, non sapendo che ci fosse.
Mi è capitato un sacco di volte di camminare a meno di 20 cm da un nido senza problemi, nei gruppi di entomologi su facebook ci sono addirittura video degli allevatori che vanno a toccare le operaie sul nido, senza alcuna conseguenza. Queste sono le vespe più tranquille, rilassate e amichevoli che esistano, non gliene frega niente di quello che fai, basta che non attenti al nido o alla loro vita, e loro non ti pungeranno. Ne esistono varie specie, io sento spesso parlare di P. dominula e P. gallicus, ma non chiedetemi come distinguerle, non lo so.
Una curiosità: su youtube trovate un pazzo sclerato di nome Coyote Peterson che ha girato il mondo per sperimentare le punture di vari insetti, per vedere quale fosse la più dolorosa. Ebbene, ho visto tutti i video di puntura e a giudicare dalla sua reazione, la peggiore in assoluto è quella di una Polistes non presente in Italia, più che altro in America centrale e zone tropicali: P. carnifex, o vespa boia (che in inglese è executioner wasp, come la chiama Coyote)
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(fonte: wikipedia)
C'è da dire che, anche questo caso, nonostante la puntura sia poco raccomandabile, la vespa mi è sembrata piuttosto tranquilla e per niente aggressiva. Ma non la conosco.
E ora passiamo ai miei imenotteri preferiti, i calabroni. In particolare Vespa crabro.
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(fonte: wikipedia inglese)
Esiste un gruppo, su facebook, che si intitola Quelli che non hanno prove, ma sono certi di aver visto una crabro da 5 cm, gestito da entomologi, in cui si parla di insetti (ma non solo) in maniera ironica, e si mettono alla berlina le idiozie dette dalle persone per ignoranza e sentito dire (un po' come faccio io con le diete). Attenzione: si attacca sempre il messaggio, mai il messaggero, i nomi vengono sempre oscurati. Detto questo, ho imparato più da questo gruppo ironico che da altri gruppi entomologici seri, che sono spesso molto rigidi e non permettono, né stimolano, un dialogo volto all'aumento della conoscenza. Ma torniamo a noi.
V. crabro è lunga al massimo 3.5 cm, non esiste un calabrone di 5 cm (ecco perché il titolo del gruppo), e quella misura è raggiunta solo dalle regine, le operaie sono più piccole. Il veleno è meno potente di quello di A. mellifera, ma in caso di attacco rilascia feromoni che richiamano altri calabroni, quindi la quantità di punture può essere molto pericolosa.
Per fortuna è un animale abbastanza tranquillo, e attacca solo se minacciato o se si minaccia il nido (sconsiglio di avvicinarsi a meno di un metro da esso). In particolare, sono sensibili alla concentrazione di anidride carbonica, quindi se soffiate contro di loro non fate altro che farli incavolare di più, e tenetene conto anche se vi avvicinate a un nido (ad esempio, a me è capitato di rimanere a osservarne uno in un tronco). Non sono un pericolo per le api da miele, le mangiano solo occasionalmente (le loro larve, gli adulti sono vegetariani e impollinano), generalmente si dedicano ad altri insetti. Sono la mia seconda specie di Vespa preferita.
La prima è Vespa orientalis, della quale so davvero poco, se non che è bellissima e che attacca occasionalmente, ma non raramente come le V. crabro, le api da miele
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(fonte: wikipedia)
È salita agli onori della cronaca recentemente, perché col riscaldamento globale si sta spostando un po' più verso nord e ora è presente anche a Roma, oltre al sud Italia, zona Trieste e zona ligure. Spero di beccarla presto, non vedo l'ora di avere una foto di V. orientalis.
La mia Vespa schiferita invece è la Vespa velutina, che non solo è una piaga per apicoltori, perché è capace di distruggere interi allevamenti in poco tempo, ma è pure brutta come la fame.
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(fonte: wikipedia)
Credo sia abbastanza aggressiva, è una vespa alloctona, ovvero non originaria dell'Italia, quindi non ha controllo diretto della popolazione in natura. Esiste un'associazione che si occupa di contrastare l'avanzata di questa vespa: Stop Velutina, se la vedete segnalatela.
Ecco, questo è tutto quello che avevo da dire, sono aperto a correzioni da chi ne sa più di me. Mi raccomando, trattate con rispetto le bestie con i pungiglioni.
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bicheco · 3 months
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Sanremo 2024
Mi sono appena lavato le orecchie, dove peraltro ho trovato un pezzo di cerume risalente al Sanremo del 2018.
Sono pronto.
Sotto a chi tocca.
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silenziodorato · 4 months
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Vabbè amo fai l'infermiera è chiaro che devi sostenere certe cose. Grazie davvero per le tue fonti attendibili ma ancora non vedo la tua fonte riguardo il "non sono aumentati i malori improvvisi".
Nelle fonti che ti ho mandato ci sono i dati che non vengono divulgati perché scatenerebbero la terza guerra mondiale.
Fuori dal coro è uno dei pochi che dice le cose come stanno per esempio ma non viene preso sul serio. La verità l'avete sotto gli occhi ma capisco che avete paura di riconoscere che potreste morire a breve. Sai come si dice? Finché non tocca a te o a qualcuno che ami allora non importa ed è quello che state a fare voi. A voi non muore nessuno e quindi tutte le morti non sono causate dal vaccino. Ma se accadesse a voi fidate che la musica cambierebbe.
E non solo i morti ma i milioni e milioni di danneggiati.
NON TUTTI SI SONO VACCINATI PERCHÉ VOLEVANO MA PERCHÉ ALTRIMENTI AVREBBERO PERSO IL LAVORO COME IL SOTTOSCRITTO.
Avete obbligato qualcosa che non era sicuro e che ha un bugiardino pieno di effetti collaterali. Hai presente quella polmonite cinese che sta girando e colpisce i bambini? Ecco. È contenuto negli effetti collaterali del vaccino COVID.
Ora ti spiego il discorso dei 20 anni. Tu studi un vaccino mRNA (RNA messaggero) per 20 anni e ok. Arriva il sarscovid e nel giro di un anno riescono ad adattare quel vaccino studiato da anni per un virus completamente nuovo che veniva "curato" con Tachipirina e vigile attesa. È questa terapia che ha ammazzato milioni di persone. Io ho preso il COVID alla prima ondata ed era così mortale che con le vitamine è passato nel giro di un cazzo. Sono ancora vivo esattamente come molti altri che vi piace definire no vax. Intanto chi crepa sono quelli da una dose in su. E finitela di dire "io ne ho 4 e sono ancora vivo" perché lo siete ora. Malattie fulminanti, tumori, malori, problemi cardiaci ecc... Tutti vaccinati.
Pensa te che chi si è vaccinato e ha contratto il covid ha un rischio tre volte maggiore di avere ictus e infarti ma scommetto che hai la tua fonte scientifica pure per smentire questo.
A me fa rabbia che non vi rendiate conto di quanti malori improvvisi ci sono QUOTIDIANAMENTE!! Alla guida, bambini che muoiono durante l'ora di ginnastica, una ragazza è morta due giorni dopo essersi laureata a 22 anni "senza motivo". Ma come fate a negare una cosa del genere???? Tu che vuoi fare l'infermiera poi perché non ti ribelli? Perché non racconti quanti giovani arrivano in ospedale con problemi perché molti tuoi colleghi lo dicono! Molti raccontano di non aver mai visto tanti giovani malati o andare direttamente in obitorio.
Mi dispiace ma non ti meriti una risposta, davvero mi dispiace perché ti vedo molto convinto e spero che riuscirai a vedere la realtà.
Ps. Gli infermieri salvano le vite "amo" ❤️
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21blackrose01 · 1 year
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E che cosa tieni bisogno tu?
Tu sij bell accussi, ma nun vire?
Libera, serena, senza regole.
'O sole t'accarezza à pelle e quasi quasi te tocca è pensieri.
Tu nun si fatta pè chi se stanca facilmente, pè chi nun tene pacienza,anzi...
Tu si fatta pè chi se fa annanz e te dice;
"Tu nun m faje paura, cu 'na carezza te sciogli".
Dirai sicuramente no, pecche l'ego tuoij nun tò permette ma sotto sotto sorridi pecchè saji ca è vero.
Chest tieni bisogno tu, uno ca à paura toja a sposta che mane.
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lamiaprigione · 2 years
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«Non credere di scappare, amico mio. Ora tocca a te. Chi sei tu, veramente? Un umile figlio della terra, come ti ripeti davanti allo specchio? Oh, no. Anche tu sei uno dei malati: sei il sognatore, il folle in un mondo ancora più folle di lui, il nostro Don Chisciotte del Midwest, che vaga sotto il cielo azzurro senza Sancho Panza. Sei abbastanza intelligente, di certo più del nostro comune amico. Ma in te c'è il segno dell'antica malattia. Tu credi che ci sia qualcosa qui, che va trovato. Nel mondo reale scopriresti subito la verità. Anche tu sei votato al fallimento. Ma anziché combattere il mondo, ti lasceresti masticare e sputare via, per ritrovarti in terra a chiederti cos'è andato storto. Perché ti aspetti sempre che il mondo sia qualcosa che non è, qualcosa che non vuole essere. Sei il maggiolino nel cotone, tu. Il verme nel gambo del fagiolo. La tignola nel grano. Non riusciresti ad affrontarli, a combatterli: perché sei troppo debole, e troppo forte insieme. E non hai un posto al mondo dove andare».
John Williams, Stoner
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ypsilonzeta1 · 1 year
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Gli elettricisti che parlano
di cavi al bar
fanno la fila in cassa,
la fanno breve nel litigio
su chi paga:
sotto a chi tocca
la gentilezza
di due caffè.
E sono o sembrano
così sereni
e a dire prese
o a dire cavi,
alzano il tono.
Pare per loro sia cosa
semplice, sforzo di mani
portare la luce
dove non c’è.
Beatrice Zerbini - In comode rate - Poesie ed Eventuali
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