Tumgik
donnyblogger · 1 month
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Qual è il più bel complimento che hai ricevuto? Un complimento con un gesto, senza parole, quando mia mamma fece incorniciare un mio diploma di poeta e lo appese al muro praticamente dicendo: “Sono orgogliosa di te”, all’epoca purtroppo mio papà era già scomparso, o l’avrebbero fatto insieme.
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donnyblogger · 10 months
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Domanda non semplice, ma credo il desiderio continuo di imparare nuove cose, di rimettermi in gioco. Essere sempre disponibile con le persone.
Qual è la cosa che preferisci di te?
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donnyblogger · 3 years
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Intervista esclusiva a Dori Ghezzi «La mia carriera, Fabrizio e la Fondazione»
Intervista esclusiva a Dori Ghezzi «La mia carriera, Fabrizio e la Fondazione»
Una solare immagine di Dori Ghezzi (Courtesy Dori Ghezzi) Dori Ghezzi, nata a Lentate sul Seveso, ha iniziato giovanissima la sua carriera di cantante nel 1966. Nel 1969 ha vinto al Lido di Genova la Caravella d’Oro per Casatschok e nel 1970 ha partecipato al suo primo Festival di Sanremo con Occhi a mandorla, in abbinamento con Rossano. Dopo i primi successi da solista inizia nel 1972 la…
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donnyblogger · 3 years
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Musica e poesia 2) Meraviglioso, di Domenico Modugno
Musica e poesia 2) Meraviglioso, di Domenico Modugno
Correva l’anno 1968, Domenico Modugno interpretò questo brano, Meraviglioso, con testo di Riccardo Pazzaglia, e musica dello stesso Modugno, in un momento storico-musicale forse poco azzeccato. Un testo che parla di un tentativo di suicidio in un’Italia ancora scossa dal suicidio di Luigi Tenco a Sanremo nel 1967, venne accolto con un po’ di freddezza all’epoca dell’uscita del 45 giri. Fu…
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donnyblogger · 3 years
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Musica e poesia 1) L'angelo azzurro, di Umberto Balsamo
Musica e poesia 1) L’angelo azzurro, di Umberto Balsamo
Propongo una novità su mio blog, ovvero… dove la musica incontra la poesia, o viceversa, o dove poesia e musica si fondono in un connubio perfetto, come meglio preferite… partiamo con un brano che ho amato molto…. Nel 1976 Umberto Balsamo propose a Mina L’angelo azzurro, che non piacque. Divenne poi uno dei più famosi successi del cantautore catanese nel 1977. Eccolo…. musica e testo. L’angelo…
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donnyblogger · 4 years
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TV - Il commissario Montalbano: curiosità, aneddoti, domande & risposte
TV – Il commissario Montalbano: curiosità, aneddoti, domande & risposte
Il commissario Montalbano, ormai è assodato da anni, non è solo un personaggio creato dalla penna dello scrittore Andrea  Camillleri, che tristemente  ci ha lasciati nel  giugno 2019, e un personaggio televisivo interpretato sempre e solo da Luca Zingaretti (e da Michele Riondinonella serie Il giovane Montalbano). Il commissario Montalbano è un fenomeno  globale, che va molto al di là di una…
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donnyblogger · 4 years
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Personaggi: Clint Eastwood, dagli spaghetti western a regista da Oscar
Alle soglie dei  90 anni, Clinton Eastwood Jr.,per tutti Clint, è universalmente considerato uno dei più grandi personaggi di Hollywood viventi. Nato  a San Francisco il 31 maggio del 1930, figlio di un  operaio (Clinton Eastwood Sr.) e di un’impiegata  dell’Ibm (Margareth Ruth Runner) nacque di  5.2 kg. e fu soprannominato Samson (Sansone) La famiglia era composta anche dalla sorella Jean…
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donnyblogger · 4 years
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Luoghi: Tenerife, l'isola dai mille volti
Luoghi: Tenerife, l’isola dai mille volti
La scorsa estate abbiamo deciso di trascorrere le nostre vacanze alle Canarie, più precisamente sull’isola di Tenerife, la più grande dell’arcipelago spagnolo.
(more…)
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donnyblogger · 5 years
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“Frontiere? Non ne ho mai vista una, ma ho sentito che esistono nelle menti di alcune persone” (Thor Heyerdahl)
Mi sono imbattuto recentemente sulle tracce di questo grande personaggio visitando il museo ubicato presso le Piramidi di Güímar, al centro dell’isola di Tenerife, alle Canarie Perché questo norvegese è così noto in questo luogo? Raccontiamo la sua straordinaria vita ricca di avventure e scoperte.
Thor Heyerdahl nasce a Larvik , una cittadina costiera a sud di Oslo, in Norvegia, il 6 ottobre del 1914. Il padre, anch’egli di nome Thor, era un birraio, mentre sua madre Alison era impegnata a capo dell’associazione museale regionale di Larvik. Fu proprio la madre a stimolare nel piccolo Thor l’interesse per le scienze naturali e per gli animali. Thor sin da bambino era molto bravo anche nel disegno. Amante dello sci di fondo e delle lunghe passeggiate, in gioventù compì molti viaggi a piedi con l’amico Erik Hesselberg in diverse regioni montuose norvegesi, sempre accompagnato anche dal suo amato cane husky della Groenlandia, Kazan.
Thor con il suo fedele husky Kazan nei primi ani ’30 ( (Foto Kon-Tiki Museum)
Nel 1933 conobbe Liv Coucheron Torp, con lei condivise anche la passione per la natura; la sposò nel 1936 ed ebbe da lei due figli: Thor Jr. e Bjorn.
Heyerdahl frequentò l’Università di Oslo, studiando zoologia e geografia, ma lasciò gli studi prima di laurearsi per recarsi in Polinesia. Fu mentre era a Fatu Hiva la più suggestiva delle isole Marchesi, nella Polinesia Francese, che iniziò a chiedersi come gli abitanti del Pacifico avessero raggiunto ed abitato queste isole, così lontane dalla terraferma, in epoche remote. Fu una delle domande alla cui risposta dedicò la vita, ed era in contrasto con le teorie dell’epoca, secondo le quali non sarebbero mai esistiti contatti tra le popolazioni europee/africane e il continente americano e tra le isole del Pacifico e il Sudamerica. Questa convinzione divenne il suo cruccio e fece di tutto per smentire queste teorie, a parer suo errate. Rimase a Fatu Hiva circa due anni con la moglie Liv, parlò con indigeni e con un norvegese che viveva lì da molti anni e che gli mostrò delle statue molto simili ad alcune rinvenute in Colombia. Poteva essere che in epoca precolombiana delle imbarcazioni potessero affrontare 6500 km in pieno Oceano Pacifico? Non restava che provare a dimostrarlo, di persona.
Kon-Tiki – 1947
Thor Heyerdahl, grazie a finanziamenti privati, riuscì ad organizzare la sua prima e leggendaria spedizione, costruì una zattera, battezzata Kon-Tiki, lunga 14 metri e larga 5,5, munita di vele, realizzata nella ricostruzione utilizzando esattamente i materiali che avevano a disposizione le civiltà precolombiane.
Il percorso del Kon-Tiki (Foto Kon-Tiki Museum)
Il Perù mise a disposizione un porto per l’allestimento e il varo. La base della zattera era formata da 9 tronchi uniti di totora, una tipica pianta peruviana, nota per le grandi
Il Kon-Tiki (Foto Kon-Tiki Museum)
capacità di galleggiamento, lunghi 14 metri per 60 cm di diametro. Fu utilizzato anche legno di balsa. L’albero era formato da fusti di mangrovia, la più grande delle tre vele era quadra (4,6 x 5,5 m.). L’esercito americano rifornì di vettovaglie la spedizione con carne in scatola, fu stoccata circa una tonnellata d’acqua dolce. L’equipaggio era formato da sei persone, cinque norvegesi e uno svedese, e un pappagallo. Il 28 aprile 1947 la spedizione partì dal porto di Callao, in Perù. Il 30 luglio fu avvistato l’atollo di Puka-Puka, ma le condizioni del mare impedirono lo sbarco. Il 7 agosto il Kon-Tiki tentò di raggiungere l’atollo di Raroia, ma il mare grosso spinse la zattera sulla barriera corallina provocando gravi danni all’imbarcazione. L’equipaggio sbarcò, e grazie alle mareggiate riuscì a recuperare i resti della primitiva imbarcazione. Si calcolò che Heyerdahl e il suo equipaggio percorsero circa 6890 km. (3770 miglia marine), la sua teoria era credibile, altri avrebbero potuto navigare con imbarcazioni analoghe e raggiungere le isole del Pacifico dalle coste sudamericane. La sua idea cominciava ad essere presa in considerazione.
Una riproduzione della zattera Kon-Tiki al museo di Güimar, a Tenerife (Foto Donato Milione)
Galápagos – 1953
 Nel 1953 Thor Heyerdahl e i due archeologi norvegesi Erik K. Reed e Arne Skjølsvold furono i primi ad effettuare studi archeologici nell’arcipelago. Prima di raggiungere le isole della Polinesia, le popolazioni sudamericane precolombiane – sempre secondo la sua tesi – sarebbero dovuti passare per le Galápagos prima di raggiungere il centro del Pacifico. Nelle loro ricerche ritrovarono un flauto inca e moltissime ceramiche risalenti addirittura al periodo pre-inca. Giunsero alla conclusione che non fu mai stabilito un insediamento fisso sulle isole, in quanto carenti di acqua potabile per buona parte dell’anno, ma furono area di passaggio. Dal Sudamerica comunque antiche popolazioni arrivarono alle Galápagos, indubbiamente.
Isola di Pasqua– 1955/1956 e 1986/1987
Thor Heyerdahl accanto a un “moai” ( (Foto Kon-Tiki Museum)
Nel 1955 Yjor Heyerdahl, in compagnia di altri 5 archeologi intraprese una spedizione dell’Isola di Pasqua. Su tutta quest’isola del Pacifico erano presenti quasi 900 colossali statue di pietra chiamate “moai” nella lingua locale, che furono scolpite dagli abitanti del luogo a partire circa dall’anno 1000 d.c.. Rappresentano delle figure umane stilizzate con grandi teste. Dapprima si pensava che i moai fossero solo teste, ma scavando si scoprì che sotto, interrati, erano presenti enormi busti. Heyerdahl dimostrò come in antichità fosse possibile trasportare ed erigere queste enormi statue alte, dai 2,5 ai 10 metri generalmente.
       Ra – 1969
Il Ra in Marocco poco prima del varo (Foto Kon-Tiki Museum)
Il Ra in difficoltà, missione da ritentare (Foto Kon-Tiki Museum)
Thor Heyerdahl durante il suo soggiorno sull’Isola di Pasqua scoprì, attraverso antiche raffigurazioni, che le popolazioni locali utilizzavano in passato delle piccole imbarcazioni di giunco con albero e vela. Scattò il desiderio di provare che le antiche popolazioni africane potevano essere in grado di raggiungere le Americhe ben prima della scoperta di Cristoforo Colombo del 1492. Si recò in Egitto e realizzò una barca in giunco del tutto uguale a quelle utilizzate dagli antichi egizi e la chiamò Ra, come il Dio del Sole. Fece trasportare la barca in Marocco, a Tafi, dove fu varata. L’equipaggio erano composto da 7 uomini di diverse nazioni, tra cui l’italiano Carlo Mauri e lo stesso Heyerdahl. La barca, nonostante fosse chiaro che non fosse ben costruita e con un timone rotto, percorse ben 5000 km. in pieno Oceano Atlantico, ma senza giungere a destinazione. La spedizione fu abbandonata prima che il Ra affondasse.
Ra II – 1970
L’impresa del Ra II celebrata in copertina dal National Gographic
L’anno successivo, Heyerdahl, facendo tesoro degli errori della prima spedizione, costruì il Ra II. Quattro indigeni Aymara della zona del lago peruviano del Titicaca, molto esperti nel costruire questo tipo di imbarcazione, aiutarono a perfezionare la barca. Quasi tutto lo stesso equipaggio delle prima spedizione volle ritentare l’impresa (tra cui Mauri). La nuova imbarcazione era più corta della prima, ma molto più resistente. Il Ra II navigò per circa 6100 chilometri dal Marocco fino alle isole Barbados, nei Caraibi, in 57 giorni. Il successo della spedizione obbligò gli antropologi e studiosi di tutto il mondo ad abbandonare la loro convinzione che nessuno prima di Cristoforo Colombo avesse mai raggiunto l’America. Gli stessi antichi Egizi avrebbero potuto farlo con le loro barche di giunco. In questa spedizione Heyerdahl riferì tracce di inquinamento da petrolio scoperto nell’Atlantico.
  Il più robusto Ra II in navigazione (Foto Kon-Tiki Museum)
Una riproduzione del Ra II al museo di Güimar, a Tenerife (Foto Donato Milione)
Tigris – 1978-1979
La costruzione del Tigris (Foto Kon-Tiki Museum)
Sulle pareti delle tombe di alcuni faraoni si possono vedere illustrate delle barche di giunco in navigazione. Heyerdahl si chiese se mai le popolazioni dell’Egitto e della Mesopotamia fossero mai venute in contatto via mare con gli abitanti della valle dell’Indo. Si recò in Iraq con un nuovo progetto, realizzò un’imbarcazione di giunco molto più grande delle precedenti, lunga ben 18 metri.
In navigazione sul Tigris (Foto Kon-Tiki Museum)
Intraprese il viaggio nel 1978 con alcuni storici compagni d’equipaggio (tra cui l’italiano Mauri) ed altri, alla prima esperienza. Era credenza comune che Sumeri e Babilonesi utilizzassero le barche solo per la navigazione fluviale. La nuova sfida di Heyerdahl era dimostrare che le barche di giunco potessero navigare anche in mare aperto. Partendo dal fiume Shatt al-‘Arab, la congiunzione di Tigri ed Eufrate, il Tigris proseguì lungo il Golfo Persico fino a raggiungere la valle dell’Indo (Pakistan) e tocco anche Gibuti, nell’Africa orientale. Il viaggio durò 143 giorni e coprì una distanza di 6800 km. Ancora una volta Heyerdhal dimostrò che i contatti tra le antiche popolazioni intorno alla penisola arabica non erano utopia, ma una possibilità tutt’altro che remota.
Maldive 1983-1984
Nel 1982 Heyerdahl ricevette una lettera anonima dalle Maldive contenente una foto di una statua sconosciuta. La curiosità lo portò ad organizzare una spedizione archeologica nell’arcipelago dell’Oceano Indiano. Accompagnato dall’amico archeologo Arne Skjølsvold e da altri collaboratori alla prima esperienza. Su molte isole trovarono dei cumuli che contenevamo piccoli templi che vennero datati intorno al 550 d.C. Vicino a questi templi vennero rinvenute della vasche in pietra con delle scale, delle piscine. Vennero scoperte anche alcune statue di pietra, alcune raffiguranti Buddha. Fu ritrovata anche una moneta romana risalente al 90 a.C., ma nonostante tutto Heyerdahl non riuscì a confutare le tesi degli scienziati che negavano che i primi abitanti delle Maldive provenissero dall’India e dallo Sri Lanka.
Túcume (Perù) 1988-1992
Nel 1988 Thor Heyerdahl si recò in Perù nella zona archeologica nei pressi di Túcume, nel nordovest del paese, che all’epoca fu il più grande progetto archeologico. Nel sito erano presenti 26 edifici di forma piramidale. Dopo studi e rilevazioni gli archeologi stabilirono che le rovine risalissero all’incirca al 110 d.C. Fu nel marzo 1992 che venne fatta la scoperta più importante della spedizione, dei bassorilievi che mostravano dei mitologici uomini uccello, accovacciati con in mano un uovo, molto somiglianti a quelli trovati sull’Isola di Pasqua, seguirono altre scoperte, come le pagaie doppie ritrovate finora solo nella suddetta isola. Erano le prove che i popoli precolombiani del Sud America avevano per primi scoperto e popolato l’Isola di Pasqua, spingendosi fino alla Polinesia orientale. Oggi è universalmente accettato che intorno al 1300 d.C. ci fossero stati contatti tra popoli polinesiani e sudamericani.
Thor Heyerdahl con l’amico archeologo Arne Skjølsvold a Túcume (Foto Kon-Tiki Museum)
Güimar (Tenerife, Canarie) 1992-1998
Thor Heyerdahl nei primi anni ’90 si recò sull’isola di Tenerife, nelle Canarie, attratto dalle costruzioni che emergevano nella cittadina di Güimar lungo la costa est dell’isola. Quelle file di pietre, che le popolazioni locali attribuivano a raccolte di pietre da parte di pastori per liberare il terreno, si rivelarono essere parti di piramidi, che l’archeologo norvegese riportò alla luce con i suoi scavi. Queste piramidi hanno molto in comune con quelle americane di Incas e Maya, come l’orientamento astronomico.
Cit. “Nel giorno del solstizio d’estate si può vedere un doppio tramonto dalla piattaforma della piramide più alta, dove il sole scende dietro il picco di un’alta montagna, lo oltrepassa, appare di nuovo e scompare dietro la montagna successiva. Tutte le piramidi hanno una scalinata sul lato occidentale, sulle quali è possibile salire seguendo esattamente il sole nascente, la mattina del solstizio d’inverno.” (http://www.costaestenerife.com/)
Le pietre, di origine vulcanica, provengono dal Monte Teide al centro dell’Isola. La domanda che si poneva era chi avesse costruito quelle piramidi. Non certo i Guanches, popolazione primitiva ancora ai tempi di Colombo, che viveva nell’isola. Heyerdahl era convinto che le Canarie fossero (come lo furono per Cristoforo Colombo) una tappa di passaggio per la navigazione verso l’America. Questo mistero non è ancora stato chiarito del tutto, ma il sospetto che tra le piramidi egizie, quelle delle civiltà precolombiane e, aggiungiamo, anche quelle di Tenerife ci sia un collegamento è un argomento piuttosto intrigante, ricco di indizi e non del tutto fantasioso. Nel 1998 il parco etnografico di Güimar è stato aperto al pubblico e, per il turista che non sia solo in cerca di mare e divertimento, è una tappa irrinunciabile sull’isola di Tenerife. Il parco etnografico, oltre alle piramidi è sede di un giardino botanico con specie autoctone canarie. C’è un museo, in gran parte dedicato ai misteri delle piramidi e alle imprese di Heyerdahl con tanto di ricostruzioni di alcune delle sue leggendarie barche e molte fotografie. Heyerdahl fu aiutato economicamente in queste sue ricerche dal compatriota Fred Olsen, armatore operativo alla Canarie.
Sotto alcune foto del sito archeologico di Güimar (Foto Donato Milione).
  Thor Heyerdahl si spense il 18 aprile del 2002 a Colla Micheri, una frazione di Andora (SV), in cui trascorse molti anni della sua sua vita. Nel giugno del 2019  un’ala del Museo Luciano Dabroi a Palazzo Tagliaferro di Andora è stata dedicata, in collaborazione con il comune di Larvik, all’esploratore norvegese, molto legato a questi luoghi.
Una scultura della testa di Thor Heyerdahl al museo di Güimar a Tenerife (Foto Donato Milione)
Thor Heyerdahl è stato un grande uomo, oltre che un grande etnologo, antropologo, esploratore, scrittore, regista, ambientalista. Pur essendo spesso deriso e osteggiato da molti scienziati dimostrò con i fatti, e sulla propria pelle, mettendosi sempre in gioco,  quelle che erano le sue convinzioni, le sue teorie, le sue idee, senza badare ai pericoli e alle conseguenze. Un pioniere affamato di conoscenza e desideroso di scoprire quella storia del mondo ancora poco conosciuta, un grande scienziato e un grande uomo. Un dovere ricordare le sue imprese.
Alcune pillole e curiosità
A Oslo, capitale della Norvegia, c’è un museo dedicato al grande archeologo ed esploratore, The Kon-Tiki Museum, Bygdøynesveien 36,0286 Oslo, mail [email protected]
Thor Heyerdahl ebbe tre mogli: Liv Coucheron Torp (1936–1947), Yvonne Dedekam-Simonsen (1949–1980), e Jacqueline Beer (1991–2002), e 5 figli, Thor jr. e Bjørn (da Liv), Anette, Marian e Helen Elisabeth (Bettina), da Yvonne.
Heyerdahl si considerava cittadino del mondo, pacifista e sostenitore dei valori di eguaglianza e ambientalista. Fece parte del Movimento federalista mondiale (World Federalist Movement) e ne divenne un membro molto attivo.
Si dilettava anche nel disegno e nell’intaglio artistico del legno.
Thor Heyerdahl (Foto Kon-Tiki Museum)
Heyerdahl scrisse 14 libri di divulgazione scientifica, molti tradotti in varie lingue. Kon-Tiki (Kon-Tiki ekspedisjonen, 1948) è stato tradotto in 70 lingue e vendette decine di milioni di copie.
Thor Heyerdahl realizzò anche dei film su molte delle sue spedizioni. Nel 1950 uscì il documentario Kon-Tiki, che vinse l’Oscar l’anno successivo.
Nel 2012 è stato prodotto un film, sempre dal Titolo Kon-Tiki, diretto da Joachim Rønning ed Espen Sandberg, che racconta l’avventura di Heyerdahl sulla mitica zattera, l’eploratore è stato interpretato dall’attore norvegese Pål Hagen.
L’Oscar vinto per Kon-Tiki
              Il trailer del film Kon-Tiki, prodotto nel 2012 e distribuito nel 2013
youtube
Personaggi: Thor Heyerdahl uno dei più grandi esploratori del XX secolo “Frontiere? Non ne ho mai vista una, ma ho sentito che esistono nelle menti di alcune persone” (Thor Heyerdahl)
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donnyblogger · 5 years
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Personaggi: Linda Hunt
Linda Hunt e Mel Gibson in Un anno vissuto pericolosamente (The Year of Living Dangerously, 1982)
Linda Hunt nacque come Lydia Susanna Hunter il 2 aprile 1945, a Morristown, nel New Jersey (USA). Negli anni del Liceo a Linda fu diagnosticata una forma di nanismo ipofisiario, è alta un metro e 45 cm. (more…)
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donnyblogger · 5 years
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Storia del Cinema - Cult movie - La regina d'Africa (1951)
Storia del Cinema – Cult movie – La regina d’Africa (1951)
La regina d’Africa è un film che annovero senza alcun dubbio tra i miei preferiti. Rivedendolo di recente non ho potuto far altro che apprezzarlo in tutte le sue componenti artistiche e tecniche, dalla interpretazione dei protagonisti, Humphrey Bogart e Katharine Hepburn (all’apice della loro popolarità all’epoca), alla maniacale attenzione al particolare del regista John Huston, alla fotografia.…
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donnyblogger · 5 years
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Personaggi: Massimo Troisi, un artista scomparso troppo presto
Personaggi: Massimo Troisi, un artista scomparso troppo presto
Massimo Troisi è stato uno dei più grandi rappresentanti della vis artistica che la città di Napoli ha generato nell’ultimo secolo, accanto a mostri sacri come Eduardo De Filippo e Totò, ma solo per parlar di recitazione. (more…)
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donnyblogger · 5 years
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Ugo Tognazzi, nato il 23 marzo 1922 a Cremona, e scomparso il 27 ottobre 1990, è stato uno dei più grandi interpreti della commedia all’italiana. Figlio di un assicuratore, sin da piccolo fu costretto a girare per l’Italia a causa del lavoro del padre. A soli 4 anni si esibì per la prima volta nelle vesti di attore al Teatro Donizetti di Bergamo in una recita. A quattordici anni, dopo aver abbandonato gli studi, viene impiegato in un salumificio cremonese. Sin da giovane si impegna a recitare nella filodrammatica cittadina, una passione che lo porterà, quando sarà arruolato in Marina a La Spezia, a realizzare spettacoli di intrattenimento per i soldati. Dopo il settembre del 1943, in un momento storico molto difficile, Ugo torna a Cremona, dove continua nell’organizzazione e interpretazione di spettacoli nel dopolavoro. Nel 1945 decide di puntare tutto sulla carriera artistica e si trasferisce a Milano, riuscendo ad entrare nella compagnia di Wanda Osiris, pagando anche una penale per annullare il suo contratto in essere con un altro impresario. La fine della guerra però porta la compagnia della Osiris allo scioglimento, mettendo in difficoltà il giovane Tognazzi. Comunque il suo nome è già conosciuto nell’ambiente e riesce ad essere scritturato dalla compagnia di Erika Sandri. Per diversi anni gira l’Italia, con l’opportunità, non di poco conto, di poter calcare le scene accanto ai grandi dell’epoca come Erminio Macario e Lauretta Masiero.
Finito il militare, andai a Milano con un bagaglio di esperienze come attore negli spettacoli per le truppe e partecipai a un concorso per dilettanti dal quale uscii trionfatore, e a cui seguì l’immediata proposta di diventare comico di varietà, di avanspettacolo. Da quel momento inizia il mio lavoro di attore, perché da quel momento diventa lavoro veramente, mi danno 150 lire al giorno, nel ’44 ci potevo campare (Ugo Tognazzi)
Nel 1950 Ugo Tognazzi debutta al cinema nella pellicola di Mario Mattoli I cadetti di Guascogna. Nel decennio successivo interpreta molti film brillanti, ma nel frattempo continua a calcare il palcoscenico con successo.
Il manifesto del film d’esordio di Ugo Tognazzi, riconoscibile al centro della foto
Raimondo Vianello e Ugo Tognazzi stralunati in Un, due, tre
Nel 1954 la neonata televisione italiana offre l’opportunità a Ugo Tognazzi di diventare, al fianco dell’amico Raimondo Vianello, uno dei pionieri della satira televisiva nel varietà Un, due, tre. La terribile censura del tempo decretò nel giugno del 1959 il licenziamento in tronco dei due e la chiusura del programma: motivo? una garbata battuta in merito alla caduta, a causa di una sedia tolta, dell’allora presidente della Repubblica Gronchi. 
Nel decennio successivo Ugo Tognazzi girò oltre 25 pellicole con l’amico Raimondo Vianello, divenendo una delle figure principe della comicità popolare italiana. Ricordiamo tra gli altri numerosi Le olimpiadi dei mariti, Marinai, donne e guai, I tromboni di fra’ Diavolo, I magnifici tre.
Negli anni ’60 Tognazzi interpreta anche alcuni film entrati nella storia del cinema, pellicole che hanno alzato il livello professionale dell’attore, accanto ad altre commedie di minor valore artistico. Nel 1961, per la regia di Luciano Salce, è il protagonista del film Il federale, uno dei capisaldi della filmografia dell’artista cremonese. Nel 1961 da dietro la macchina da presa debutta alla regia con una commedia dal titolo I mantenuti, in tutto in carriera diresse 5 pellicole, più una serie tv in sei episodi, FBI – Francesco Bertolazzi Investigatore (1970).
Di notevole importanza è il sodalizio con uno dei maestri del cinema italiano, Marco Ferreri, con il quale gira pellicole come L’ape regina (1963), La donna scimmia (1964), Marcia nuziale (1966), La grande abbuffata (1973). Con Dino Risi, recita invece nei film I mostri (1963) e Straziami ma di baci saziami (1968).
La grande abbuffata (1973) è una pellicola entrata di diritto nella storia del cinema. Diretta dall’impareggiabile Marco Ferreri, è un’affresco grottesco del mal di vivere. Quattro uomini, delusi dalla vita per svariati motivi, decidono di togliersi la vita mangiando fino alla morte e perdendosi nel vizio, rinchiusi in una casa nei pressi di Parigi. Il cast eccellente era composto da Ugo Tognazzi, Marcello Mastroianni, Philippe Noiret e Michel Piccoli, gli interpreti si chiamavano con il nome di battesimo degli stessi attori. Una pellicola da riscoprire, per mille motivi.
Una scena del film La grande abbuffata (1973)
Nel 1975 Mario Monicelli confeziona un’idea di Pietro Germi che , a causa della malattia che lo portò alla morte, non riuscì a realizzare. A distanza di oltre quarant’anni Amici miei rimane uno dei cult movie più amato in Italia. Amici miei è più di un film, è un inno alla goliardia più sfrenata, ma non esibita da giovani universitari, bensì di maturi uomini dal non sempre condivisibile senso morale. Cinque amici si divertono a orchestrare burle, scherzi anche atroci, a prendere in giro persone ingenue, ma non solo, e divertendosi come pazzi pur non avendo una vita perfetta. Ugo Tognazzi interpreta il ruolo del decaduto conte Raffaello Mascetti, un nobile senza il becco di un quattrino e caduto in disgrazia, che con la moglie e la figlia vive in una casa umilissima, spesso saltando i pasti. Ugo Tognazzi, nei panni del Conte Mascetti è anche, diciamo così, l’inventore della ‘supercazzola’.
Il 21 novembre 2015 il Messaggero riporta: “la parola ‘supercazzola’, vero tormentone del film, entra di diritto nell’edizione 2016 del vocabolario della lingua italiana Zingarelli. Il termine, nato come “nonsense” che il conte Mascetti, alias Ugo Tognazzi, e i suoi amici pronunciavano alle vittime dei loro scherzi, entra nel dizionario con la seguente definizione lessicografica: «Parola o frase senza senso, pronunciata con serietà per sbalordire e confondere l’interlocutore».
Supercazzola con vigile Paolini (M Mascetti, V vigile)
M: Tarapia tapioco. Prematurata alla supercazzola o scherziamo!
V: Prego?
M: No, mi permetta. No, io; eh scusi noi siamo in quattro. Come se fosse antani anche per lei soltanto in due, oppure in quattro anche scribai con cofandina; come antifurto, per esempio
V: Ma quale antifurto, mi faccia il piacere! Questi signori qui, stavano suonando loro. Non si intrometta!
M: No, aspetti, mi porga l’indice; ecco lo alzi così. guardi, guardi, guardi; lo vede il dito? Lo vede che stuzzica, che prematura anche. Ma allora io le potrei dire anche per il rispetto per l’autorità che anche soltanto le due cose come vicesindaco, capisce?
V: Vicesindaco? Basta così, mi seguano al commissariato!!!
P: No, no, no; attenzione! No, attenzione antani secondo l’articolo 12 abbia pazienza, sennò, posterdati, per due, anche un pochino antani in prefettura.
M: .senza contare che la supercazzola prematurata, ha ha perso i contatti col tarapia tapioco.
P: Dopo.
Amici miei ebbe due seguiti, nel 1982 Amici miei – Atto II° e Amici miei – Atto III° nel 1985, divenendo a tutti gli effetti una trilogia.
Gli Amici miei sono Ugo Tognazzi (conte Raffaello Mascetti), Gastone Moschin (l’architetto Rambaldo Melandri), Adolfo Celi (il luminare della medicina professor Alfeo Sassaroli), Philippe Noiret (il giornalista Giorgio Perozzi, che muore al termine del film ma riappare nei flashback nel secondo), Duilio Del Prete, sostituito dal secondo film da Renzo Montagnani (Guido Necchi, gestore bar con biliardo).
Amici miei (1975), da sinistra i protagonisti: Duilio Del Prete, Gastone Moschin, Philippe Noiret, Adolfo Celi e Ugo Tognazzi
Pochissime sono le pellicole che a distanza di oltre quarant’anni dall’uscita sono ancora vive nella memoria popolare e non solo. La supercazzole e le zingarate (uscite con amici in fuga dalla famiglia) sono termini ancora in vigore, e i social network rendono omaggio con un grosso successo ai film, ed in particolare a Tognazzi/Mascetti.
Dopo il successo di Amici miei Tognazzi è di nuovo tra i re del boxoffice, con una pellicola che sarà di nuovo l’inizio di una trilogia: Il vizietto. Ugo Tognazzi interpreta il ruolo di un omosessuale italiano, Renato, che con il suo compagno francese Albin, gestisce da vent’anni un night per omosessuali a Saint Tropez, la Cage aux Folles (titolo francese del film), Renato in passato ha avuto una relazione con una donna e un figlio, che si sta per sposare con la figlia di un politico francese, che vorrebbe conoscere la famiglia di lui. La pellicola ebbe un successo strepitoso, e soprattutto Michel Serrault (nel ruolo dell’effeminato Albin) raccolse consensi e premi per la sua magistrale interpretazione.
Michel Serrault e Ugo Tognazzi nel film Il vizietto
Nel 1981 la sua interpretazione drammatica nella pellicola di un altro grande del cinema italiano, Bernardo Bertolucci, La tragedia di un uomo ridicolo, gli varrà il suo massimo riconoscimento della carriera con il premio come miglior attore al Festival di Cannes.
Una scena del film La tragedia di un uomo ridicolo
Negli anni ’70-’80, oltre alle numerose pellicole di successo girate,  torna anche all’antica passione del teatro, recitando in importanti opere quali Il Tartufo (1975) e L’avaro (1988) di Molière, Sei personaggi in cerca d’autore (1986) di Pirandello e M. Butterfly (1989) di David Henry Hwang, grande successo di Broadway portato in Italia.
La battaglia dei tre tamburi di fuoco è stato l’ultimo film in cui appare Ugo Tognazzi. Uscì postumo nel dicembre del 1990, poco dopo la scomparsa dell’attore avvenuta il 27 ottobre precedente.
Ugo Tognazzi è stato un mostro di simpatia, un attore di carisma con un talento eccezionale e una sagacia innata; è stato protagonista della commedia italiana, senza disdegnare ruoli drammatici, che ha dimostrato di saper interpretare con maestria e professionalità. Al cinema è molto più difficile far ridere che far piangere, soprattutto sfruttando l’intelligenza e non la volgarità, e Ugo Tognazzi in questo è stato un grande maestro. Grazie Ugo per tutto quello che ci hai dato, …come se fosse antani, per dirla alla conte Mascetti.
I premi
Festival di Cannes 1981, premio miglior attore per il film La tragedia di un uomo ridicolo
4 Nastri d’argento come miglior attore: 1964, L’ape regina; 1966, non protagonista, Io la conoscevo bene; 1969, La bambolona; 1982, La tragedia di un uomo ridicolo.
3 David di Donatello come miglior attore: 1967, L’immorale; 1971, La califfa; 1976, Amici miei.
La vita privata
 Relazioni: Pat O’Hara (1954-1961), Margarete Robsahm (1961-1964), sposata nel 1963, Franca Bettoja (1965-1990), sposata nel 1972
 Figli: Ricky (da Pat O’Hara), Thomas Robsham (da Margarete), Gianmarco e Maria Sole (da Franca Bettoja)
Curiosità
Ugo Tognazzi era tifoso del Milan e della Cremonese, da un’intervista di Azzurra sul sito ufficiale riportiamo:
«Il Milan per me è stato prima la mamma, poi Ia fidanzata e poi la moglie. La moglie si tradisce e quindi tradimento c’è stato. Quando la Cremonese è passata in serie A non potevo non partecipare ai trionfi cittadini, ero innamorato, mi dividevo tra moglie e amante con grande imbarazzo quando giocavano fra loro. Proprio come accade quando a una festa le due donne si incontrano e non sai dove guardare anche se parteggi per I’amante che in genere è più giovane e più fresca… La Cremonese è ritornata in B e io ho abbandonato quell’amore impossibile».
Tutti e quattro i figli hanno seguito le orme del padre nel mondo del cinema: Thomas è produttore e regista (attivo più che altro in Norvegia), Ricky attore e regista, Giammarco attore e Maria Sole regista e sceneggiatrice
Una copertina di Tv Sorrisi e Canzoni del 1981 dedicata a Ugo Tognazzi
Ugo Tognazzi era un grande amante della buona cucina, mangiava e cucinava con passione. Ha pubblicato ben 4 libri di cucina: L’abbuffone, Il rigettario, La mia cucina e Afrodite in cucina. 
Ho Ia cucina neI sangue. II quale, penso, comprenderà senz’aItro gIobuli rossi e gIobuli bianchi, ma neI mio caso anche una discreta percentuale di saIsa di pomodoro. Io ho iI vizio deI fornello. Sono malato di spaghettite. (http://www.ugotognazzi.com)
  Internet
Ugo Tognazzi, benché non più tra noi da 28 anni, è sorprendentemente vivo nella rete, come è consuetudine per i miti. Il suo sito ufficiale è www.ugotognazzi.com/ 
Segnalo inoltre, vedi immagini sotto, il profilo instagram e la pagina Facebook dedicate al Conte Mascetti, contemascetti75.
Una raccolta di supercazzole in video
youtube
Per la foto di apertura si ringrazia il sito http://www.ugotognazzi.com
Personaggi: Ugo Tognazzi, geniale …come se fosse antani… Ugo Tognazzi, nato il 23 marzo 1922 a Cremona, e scomparso il 27 ottobre 1990, è stato uno dei più grandi interpreti della commedia all’italiana.
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donnyblogger · 6 years
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Premessa: se non amate guidare a lungo, non fate questo viaggio; se in ferie volete solo riposare, non fate questo viaggio; se camminare vi dà noia, non fate questo viaggio; se siete un po’ fighetti, non fate questo tipo di viaggio. I pochi rimasti, dopo questo avviso ai vacanzieri, possono continuare la lettura.Passiamo al lato positivo: facendo questo viaggio non si ingrassa, nonostante la birra, i piatti di paella, pesce e tapas divorati; si visitano numerosi luoghi, monumenti, musei; si incrociano usi e costumi delle varie regioni; si provano diversi cibi locali; si vive più intensamente la vacanza. Il viaggio, ha avuto la durata 18 giorni , da Milano, passando per la Camargue (cito solo i pernottamenti), Figueres, Valencia, Almerìa, Madrid, Nîmes, Milano.
Giorno numero 1. Partenza il 9 agosto, giovedì, direzione un paesino della Camargue, in Provenza (Francia), dove abbiamo prenotato un B&B, 628 km. di strada da percorrere. Partenza programmata ore 7.00, partenza reale: ore 6.00. Una cosa che non riesco a comprendere è la mia totale incapacità di rilassarmi la notte prima di un viaggio, manco fosse la notte prima degli esami. Alle 4.30 ero già sveglio e la mia consorte (santa donna) viene destata alle 5.00, caffè veloce, carico dei bagagli in auto e pronti per la partenza. Qui vorrei aprire una parentesi e porre una domanda: come fanno certe persone a partire per le ferie con un trolley e basta? Bagaglio per due persone nel nostro caso: valigia grande piena all’inverosimile (circa 40kg.), trolley grande contenente anche pc portatile; fotocamera, obbiettivo e cavalletto (mai usato, ma volevi non portarlo?), borsone con scarpe, frigo portatile con attacco elettrico ad accendisigari (rivelatosi ingombrante ma utilissimo, con acqua sempre fresca in abbondanza), ombrellone, tenda da spiaggia, pinne e maschera, seggiola per il sottoscritto, che al mare non ama stare steso sull’asciugamano.
Si parte, direzione Genova e poi Costa Azzurra. Un paio di soste in autogrill per sgranchirsi le gambe; poi dalle parti di Marsiglia finiamo sotto un diluvio pazzesco, un’ora di secchiate d’acqua che cadono sull’autostrada riducendo la visibilità a pochi metri. Giunti a Saint-Laurent-d’Aigouze, manco a dirlo in anticipo sui tempi , andiamo a
La piazza principale di Saint-Laurent-d’Aigouze, con la chiesa dedicata al santo che dà il nome al villaggio
visitare il centro di questo sperduto paesino nel cuore della Camargue, quando ormai, per fortuna, la pioggia ha smesso di cadere. Ci stupisce che in un così piccolo paese ci sia addirittura una Plaza de Toros: nel sud della Francia si pratica la corrida ma, ci hanno riferito, è una forma di spettacolo che non porta né a ferire né a uccidere il toro. Sistemato il bagaglio e riposatici un po’ passiamo il pomeriggio e la serata in un posto splendido dalla storia importante: Aigues-Mortes, un’antica città medievale fortificata dal fascino indiscutibile, tra saline, paludi e le bocche del Rodano, luogo di nascita di San Luigi. Passeggiare per la cittadella, praticamente tutta zona pedonale, cenare in un ristorantino, con menù a base di pesce e molluschi, è stata un’esperienza molto gradevole, un punto di passaggio divenuto a sorpresa una visita graditissima e sorprendente. Le mura, la Tour de Constance e la chiesa di Notre-Dame-des-Sablons meritano una visita, così come la Porte de la Gardette, ingresso principale al centro. Suggerisco però di lasciare l’auto nel grande parcheggio all’entrata opposta della Porte de la Gardette, a pagamento, ma con gradita sorpresa: tornando all’auto dopo le 20.30 il parcheggio era chiuso e si usciva senza pagare, piccole soddisfazioni…
L’entrata ad Aigues-Mortes dalla Porte des Moulins con le splendide mura (Foto Donato Milione)
Giorno numero 2, venerdì 10 agosto. Dopo aver fatto colazione decidiamo di percorrere i 240 km. che ci separano dalla nostra prossima meta, non imboccando l’autostrada, ma percorrendo le strade statali (peraltro spesso a due corsie e a veloce percorrenza), per poter ammirare con più calma il paesaggio, d’altronde siamo o non siamo in vacanza? Giunti verso il confine con la Spagna osserviamo da lontano l’ingorgo in autostrada, con un pizzico di soddisfazione per la nostra scelta alternativa. Intorno alle 13.30 entriamo in Figueres, tappa di giornata, e ci dirigiamo verso l’hotel prenotato per una notte, a 100 metri dal Museo Dalì, obbiettivo principale della nostra tappa nella cittadina catalana. In questi primi giorni abbiamo optato, per quanto riguarda l’aspetto alimentazione, per una sostanziosa colazione, pranzo a spizzichi e bocconi e cena al ristorante, con calma, alla ricerca dei gusti locali e del meritato riposo giornaliero. La coda per l’ingresso al Teatro Museo Dalì è importante, ma non esagerata, suddivisa per orari fissi, per cui conviene, dopo aver fatto il biglietto (solitamente per circa un’ora e mezza dopo), di prendersela con calma e mettersi in fila di nuovo poco prima dell’orario contrassegnato sul ticket. L’impressione appena entrati è una sola: stupore! Il museo Dalì ti incanta, ti affascina, ti coinvolge e ti travolge, è un amore a prima vista, appena vieni a contatto con il mondo del grande artista spagnolo (o catalano). Si entra e non si vorrebbe più uscire, ogni ambiente è affascinante, onirico, surreale, intrigante e ti penetra, ti coinvolge e  ti rimane nel cuore. Dipinti, sculture, disegni, installazioni, oggetti, e l’architettura dei grandi e piccoli spazi, sono indimenticabili. La mostra dei gioielli creati da Salvador Dalì si trova in una sede esterna dietro l’angolo (mostra inclusa nel biglietto, €14.00 ben spesi). Da visitare anche la Iglesia de San Pere, praticamente di fronte al museo.
Il Teatro Museo Dalì visto dall’esterno, a Figueres (Foto Donato Milione)
Giorni numeri 3 e 4. Sabato e domenica 11/12 agosto. Partenza per Valencia (480 km. di trasferimento), si arriva in città dopo aver percorso l’autostrada che attraversa praticamente tutta la Catalogna. Molti cavalcavia dell’autopista (così si chiamano le autostrade in Spagna) sono presidiati da militanti indipendentisti catalani che chiedono libertà per i loro leader agli arresti con striscioni e bandiere giallorosse. Arriviamo nel capoluogo della Comunidad Valenciana, una delle città che più si è ammodernata negli ultimi decenni in Spagna. Fiore all’occhiello della città (circa 800,000 abitanti) è la Città della scienza e della cultura, la Ciutat de les Arts i les Ciènces e Oceanografico, un complesso modernissimo, progettato dagli architetti Santiago Calatrava e Felix Candela, punto d’attrazione irrinunciabile per i turisti. Il capoluogo non è solo modernità: giardini splendidi e ampi parchi, piste ciclabili praticamente in ogni strada, permettono a Valencia di essere una città vivibile e a misura d’uomo. Valencia è anche arte e storia, e il centro della città è un luogo splendido, in cui passeggiare ammirando opere d’architettura molto interessanti. Importante la Iglesia de San Nicolas, la Cattedrale, la Torre di Santa Catalina, il Museo della Ceramica, il Mercado Central. Per gli amanti dello shopping estremo una visita al grande magazzino El Cort Inglés va messa in taccuino. Due giorni sono stati pochi per vedere tutto quello che avremmo voluto, ma ci siamo impegnati, con oltre 25 km. percorsi a piedi in meno di 48 ore…
Valencia. Ciutat de les Arts i les Ciències (Foto Donato Milione)
Giorni dal 5 all’11. Da lunedì 13 a domenica 19 agosto, Almerìa. Dopo abbondante colazione si parte per la meta più lontana del nostro viaggio: Almerìa, nel profondo sud della Spagna, ad una latitudine pari a quella di Algeri. Il territorio circostante lungo l’autostrada (gratuita in quanto statale) comincia a cambiare sensibilmente e l’aspetto si fa più brullo e secco. Percorriamo i 429 km. di strada guardandoci attorno con curiosità, in particolare osserviamo le innumerevoli serre che fiancheggiamo lungo l’ultimo tratto. Queste serre sono solo la punta dell’iceberg, in quanto ad ovest della città si estende un territorio vastissimo ricoperto da serre (visibile anche dallo spazio, vedi mappa sotto), una produzione ad altissimo rendimento, con tutti i pro e i contro del caso (per approfondimenti potete scaricare questo libro dedicato a questo sfruttamento agricolo andaluso http://www.publicacionescajamar.es/pdf/series-tematicas/economia/los-invernaderos-de-almeria-analisis.pdf).
In bianco le serre viste dal satellite (Google Maps)
Almerìa ci appare subito come una città vivace, colorata, allegra. Trovato con qualche difficoltà l’hotel prenotato in un dedalo di viuzze a senso unico, ci piazziamo e parcheggiamo l’auto in un garage sotterraneo poco distante. Ubicati in pieno centro abbiamo suddiviso le giornate trascorrendo alcune mattinate al mare, siamo stati a Cabo de Gata, alla Playa del Toyo, alla Playa de Monsul (la più bella) e sulla spiaggia di Almerìa. Nel pomeriggio, dopo un riposino, visita ai monumenti della città. Da non perdere la Catedral de la Encarnación (ingresso con audioguida in varie lingue a € 6,00 e l’Alcazaba (ingresso gratuito), l’antica cittadella araba nella parte alta, da cui si gode di una vista pazzesca su tutta la città. Molto interessante anche il Museo Archeologico e il Museo di Doña Paquita, un piccolo gioiello d’arte pittorica nel cuore della città (entrambi con ingresso gratuito). Mangiare ad Almerìa è stato un piacere, non c’era che l’imbarazzo della scelta del locale in cui gustare piatti della tradizione, dalla paella, al pesce e molluschi (ho mangiato qui le migliori cozze della mia vita), alle immancabili tapas che qui offrono abbondanti accanto alla birra, senza costo aggiuntivo oltre alla bevanda. Negli ultimi due giorni di permanenza abbiamo avuto la fortuna trovarci nel mezzo della Feria de Almerìa, la festa della città, che per una decina di giorni sconvolge completamente residenti e turisti con iniziative, bancarelle, spettacoli, concerti, chiringuitos, sfilate storiche (dalle moto antiche, alle Seat 600 dalle carrozze e cavalli ai cabezones, pupazzi alti 5 metri). Una città in festa, da cui, sin dalla mattina è ben difficile sottrarsi e non rimanere coinvolti. Donne, uomini e bambini vestiti con costumi tradizionali, cerveza (birra) a volontà con le immancabili tapas: ci siamo coinvolgere e proprio divertiti. Alla sera tutta la “Feria” si sposta al Recinto Ferial, uno spazio molto importante accanto allo stadioche offre stand, ristoranti, zona concerti, luna park e divertimento per tutti fino all’alba.
Il deserto di Tabernas. Un giorno della nostra permanenza ad Almerìa è stato dedicato ad una visita al Desierto de Tabernas, la scelta di questa meta è stata pianificata dopo che, grazie a questo blog e alle mie ricerche per la realizzazione dell’articolo dedicato a Sergio Leone, sono rimasto affascinato da questo luogo così… western, location di molti film del grande regista italiano, e non solo. Qui il paesaggio è magia, immaginazione e poesia. Per il sottoscritto, cresciuto a fumetti di Tex, film western e pellerossa, guardarmi attorno, in questo luogo, mi dava la sensazione di ritrovarmi dentro un film, magari accanto a Terence Hill e Bud Spencer nei film di Trinità o a Clint Eastwood col sigaro in bocca. Un’emozione! (non oso pensare cosa potrebbe succedermi nella Monument Valley). Attorno al deserto di Tabernas sorgono diversi parchi tematici, che hanno sfruttato questo set cinematografico. Abbiamo scelto il parco Oasys – Mini Hollywood per rivivere la nostra epopea western. All’entrata del parco ci si fionda in una vera e propria cittadina del Far West ricostruita nei dettagli. Non manca nulla, dal Saloon (aperto e con tanto di spettacolo con balletto di Can Can), ufficio dello sceriffo, chiesa, maniscalco, stalle, becchino, emporio, barbiere, stazione ferroviaria, recinti con cavalli, ristorante… Da visitare il museo del cinema e quello delle carrozze. Qui hanno girato diversi film di Sergio Leone e non solo, in seguito il posto è stato trasformato in attrazione. Il parco contiene anche un giardino botanico, una importante riserva faunistica e una piscina. 
Il Saloon
I manifesti di alcuni film girati a Tabernas
Uno scorcio del deserto di Tabernas
L’ufficio del giudice
Impiccalo più in alto!
Il Saloon dall’interno
Uno sguardo al set del villaggio del Far West
Una macchina da presa dell’epoca dei western girati qui
Unoa veduta del deserto di Tabernas
Giorni dal 12 al 16. Destinazione Madrid. Si parte lunedì 20 alle 6,00 della mattina, 544 km. di percorrenza per raggiungere la capitale spagnola; si viaggia verso il cuore della Spagna dopo aver praticamente costeggiato, finora, tutta la costa est della penisola iberica. Anche qui l’autostrada è gratuita, il traffico scarso, comincia ad aumentare con l’avvicinarsi alla metropoli. Inizia una periferica zona industriale che sembra non finire mai, e circa alle 13,30 giungiamo a destinazione presso l’appartamento affittato nel quartiere Hortaleza, un po’ fuori mano, ma con vicino la metropolitana (linea 4) che in 20 minuti ti porta nel cuore di Madrid. Scaricati i bagagli e parcheggiata l’auto, seppur non troppo riposati dopo il viaggio, non sprechiamo tempo e sfruttiamo il pomeriggio per prendere confidenza con la città. Dopo aver acquistato la tessera per i mezzi pubblici (non esistono singoli biglietti ma solo tessere da caricare) prendiamo la metro destinazione Parque de El Retiro (vedi immagine di apertura, Foto Donato Milione), un polmone verde nel cuore di Madrid, esaltato dallo splendido laghetto, sul quale è possibile fare una romantica gita in barca, sotto lo sguardo imperioso del monumento ad Alfonso XII, che sovrasta il bacino. 125 ettari di estensione e 15.000 alberi danno sollievo al caldo pomeriggio. Usciti dal parco (il Palacio de Velazquez e il Palacio de Cristal, all’interno del parco, li visiteremo nei giorni successivi), la destinazione, rigorosamente a piedi è Plaza Mayor, il cuore pulsante di Madrid. 129 metri di lunghezza per 94 di larghezza, la piazza è circondata da portici, 237 finestre si affacciano dai tre piani delle case che cingono la Plaza Mayor, al centro domina la scena la statua equestre di Filippo III.
Il mattino successivo, dopo aver percorso la Gran Via e aver visitato la Plaza de España, sovrastata dalle statue di Don Chisciotte e Sancho Panza, personaggi mitici di Cervantes, arriviamo ai Jardines de Sabatini, giardino monumentale dietro al Palazzo Reale. Non avendo tempo per visitare tutto il desiderato, abbiamo optato per il Palacio Real, il palazzo reale dei sovrani di Spagna.  Una coda di un’ora sotto il sole di mezzogiorno è stato il prezzo (oltre al biglietto), pagato volentieri, per visitare questa residenza delle meraviglie. Il palazzo è veramente splendido e la visita è stata molto soddisfacente. Di fronte al Palacio Real si staglia imperiosa la facciata della Catedral de Santa María la Real de la Almudena, all’apparenza chiusa. L’entrata per i turisti si trova più avanti, sulla Calle de Bailén, ingresso a offerta. Oltre alla cattedrale è possibile anche accedere alla Cripta Neorrománica della cattedrale, con entrata in Calle Mayor: conserva le tombe di cittadini e famiglie illustri, attorniate da colonnati importanti. Altre visite che abbiamo potuto effettuare sono state al Museo Naval, cha accompagna il visitatore a ripercorrere la storia gloriosa della Marina Spagnola. Il tempo tiranno ci ha impedito di visitare i musei del Prado e della Reina Sofia, già in taccuino per la prossima visita a Madrid. Accanto al Prado abbiamo però avuto tempo di soffermarci alla chiesa di San Jerónimo el Real, una tra le più interessanti della capitale.
Durante il soggiorno a Madrid ci siamo concessi due incursioni in due città molto legate alla storia della Spagna: Toledo e Aranjuez. Toledo dista circa un’ora di strada da Madrid (perlomeno dalla nostra base di partenza). Abbiamo optato per lasciare l’auto nella parte nuova della città dove c’è un grande parcheggio gratuito, dal quale si può vedere la città vecchia sulla collina. Per arrivare nel centro si passa davanti ad uno scavo archeologico dove si sta portando alla luce un’antico circo d’epoca romana di notevoli dimensioni (accessibile gratuitamente). Arrivati alla base della rocca sulla quale si staglia la Toledo
Vista mozzafiato del centro di Toledo (Foto Donato Milione)
antica veniamo felicemente accolti da una serie di scale mobili che ci portano lassù senza fatica. Toledo è incantevole, ma piuttosto impegnativa da visitare in una giornata. Da non perdere la Catedral de Santa María de Toledo, il Monastero de San Juan de los Reyes, le sinagoghe di Santa María la Blanca e de El Transito, e l’Alcazar (fortezza del XVI secolo ora museo militare).
Aranjuez, dove vive un nostro amico italiano,  è una cittadina a circa 50 km. a sud di Madrid, nota principalmente per il Palacio Real (un secondo Palazzo Reale), utilizzato dai sovrani di Spagna per fuggire dal caos e dallo stress della capitale. Accanto al palazzo sono stati realizzati degli splendidi giardini: il Jardín del rey e il Parterre. Poco oltre si estende il vasto Jardín del Príncipe, un parco di 150 ettari con numerose tipologie di piante e animali in libertà (nella nostra visita abbiamo incrociato uno scoiattolo e passeggiato accanto a un pavone). Fontane e laghetti, e il fiume Tajo (Tago) che scorre accanto placidamente, completano un paesaggio, che regala pace e tranquillità ai fortunati visitatori.
Uno dei laghetti all’interno del Jardín del Príncipe (Foto Donato Milione)
Giorni 17 e 18, ritorno a casa. Sabato 25 mattina partiamo da Madrid, la vacanza è finita ed è ora di ritornare a casa, ma la strada è lunga. Come da sana (?) abitudine, partenza prima dell’alba. Alle 6,00 ci mettiamo in strada, meta Nîmes, in Francia. 1600 km abbondanti sono un po’ troppi da fare in una volta sola, così abbiamo spezzato in due parti il viaggio. La strada verso la Francia prevede il passaggio sulla Sierra, tutta in autostrada, verso Saragozza (Zaragoza), la temperatura scende fino a 10° e si passano i 1000 metri di altitudine. La strada, appena inizia a far chiaro, ci offre un bel paesaggio, riusciamo ad intravedere anche degli animali selvatici come cerbiatti e volpi. Fino a Barcellona il viaggio fila via tranquillo, poi il traffico aumenta e si fa sempre più intenso avvicinandoci ai luoghi turistici della Costa Brava; Verso il confine con la Francia il traffico diventa coda, servirà molta pazienza per giungere a destinazione, arriviamo nell’hotel prenotato a Nîmes solo verso le 17,00 (alla partenza il navigatore dava una stima intorno alle 15,00), dopo ben 11 ore di viaggio per circa 1000 km di percorrenza.
Il mattino successivo partiamo verso le 8,00, dopo un’abbondante colazione, destinazione Italia. Contrariamente alle previsioni non c’è molto traffico, considerando che è l’ultima domenica di agosto; troviamo solo dei rallentamenti in Costa Azzurra, dove l’autostrada ha dei limiti di 90 km. orari in alcuni tratti. Passiamo il confine e ci avviciniamo a quella Genova ferita dalla tragedia del crollo del ponte Morandi, notizia che ci ha raggiunto e scosso anche ad Almerìa. Con la tristezza nel cuore passiamo anche noi su tutti quei numerosi cavalcavia che sorreggono l’autostrada in Liguria: a chiunque poteva accadere, anche se non sarebbe dovuto succedere. La mancanza di manutenzione è uno dei grossi problemi dell’Italia, in tutti i settori. Il nostro tragitto non comporta però il passaggio da Genova, si attraversa l’Appenino prima del capoluogo. Arriviamo a casa senza problemi e senza incontrare il temuto traffico, stavolta partire presto ha dato i suoi frutti. La vacanza è terminata. Il viaggio è stato impegnativo, dovessi rifarlo, cambierei giro, prima Madrid e poi la costa rendendo più dolce il ritorno.
Il percorso del nostro viaggio (Foto da Google Maps)
ALCUNE CURIOSITA’
Molte città della Catalogna hanno il nome il lingua catalana e il corrispettivo in castigliano, ad esempio Figueres in catalano Figueras in castigliano. Il catalano non è un dialetto,  è una lingua che si differenza dallo spagnolo ufficiale (o castigliano).
La regione del Rossiglione (in francese Roussillon; in catalano Rosselló) è un territorio situato lungo la costa mediterranea francese al confine con la Spagna, che si considera parte della Catalogna. Il capoluogo è Perpignan, in catalano Perpinyà.
Volte ordinare una birra in Spagna? Non ordinate una cerveza, ma una caña (piccola alla spina),  un tubo o un doble (una media), una pinta (da 0,5 litri a 0,55, dipende dai bar). Spesso al costo di una birra è legata una tapa (soprattutto in Andalusia) senza aggiunta di prezzo.
Perché in Spagna si pranza e si cena molto tardi? Oltre ad una abitudine innata c’è un fattore “astronomico”, se così si può definire, legato a questa consuetudine. La Spagna pur essendo sul meridiano di Greenwich utilizza il fuso orario dell’Europa centrale (Italia, Francia, Germania, Danimarca etc.).
Il meridiano di Greenwich che si incrocia lungo l’autopista Madrid-Saragozza
Essendo situata più ad ovest in Spagna, l’alba arriva un’ora più tardi rispetto al fuso, portando tutte le attività vitali più avanti di un’ora in parallelo con la luce naturale. Ad agosto a Madrid alle 6,45 era ancora buio, ma il tramonto era molto più tardivo rispetto all’Italia, ad esempio. Questo scostamento è fonte di dibattiti da decenni nel paese iberico, ma al momento non sembra esserci alcuna iniziativa concreta in atto.
Il prosciutto crudo spagnolo Jamón ibérico, (con tutte le sue caratteristiche e tipologie a seconda delle carni e della stagionatura) è un’istituzione. Si taglia col coltello e viene posizionato su una jamonera (vedi foto Wikimedia a destra), un tagliere con supporto per poterlo tagliare al meglio. Non si mette in frigorifero.
I protagonisti del viaggio, Donato e Roberta
La mia “vuelta” della Spagna Premessa: se non amate guidare a lungo, non fate questo viaggio; se in ferie volete solo riposare, non fate questo viaggio; se camminare vi dà noia, non fate questo viaggio; se siete un po’ fighetti, non fate questo tipo di viaggio.
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donnyblogger · 6 years
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Il nuovo libro di Ken Follett, ritorno al Medioevo
Il nuovo libro di Ken Follett, ritorno al Medioevo
Moltissimi appassionati di uno dei più affermati scrittori al mondo si stanno chiedendo quando uscirà il prossimo libro del loro autore preferito, Ken Follett.
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donnyblogger · 6 years
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Sport
World Cup Fifa Russia 2018
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donnyblogger · 6 years
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Russia 2018 - I Mondiali in Tv
Russia 2018 – I Mondiali in Tv
Un piccolo servizio per gli appassionati di calcio e gli operatori del settore editoriale, e per i curiosi. Vi propongo tutti i dati di ascolto Auditel delle partite di calcio della Coppa del Mondi do Calcio 2018 che si sta svolgendo in Russia. Cercherò di tenerlo aggiornato il prima possibile ogni giorno. (d.m.)
Russia 2018 – Telespettatori (dati Auditel)Turno Partita Giorno Orario Telespett…
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