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#borgo fantasma
harveyphotography · 11 months
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Passeggiando per Celleno - Viterbo
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storiearcheostorie · 3 months
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Archeologia / Scoperta a Celleno vecchia, in Tuscia: sotto la chiesa di San Donato emerge una cripta (longobarda?) dedicata all'Arcangelo Michele
Archeologia / Scoperta a Celleno vecchia (Viterbo): sotto la chiesa di San Donato emerge una cripta (longobarda?) dedicata all'Arcangelo Michele
Elena Percivaldi Una sorprendente scoperta è stata effettuata nei giorni scorsi nel cuore del suggestivo “Borgo Fantasma” di Celleno vecchia, nel Viterbese. Durante i lavori di consolidamento dei ruderi della chiesa di San Donato, gli architetti e archeologi si sono imbattuti nei resti di un’antica cripta. Un edificio noto – anche se in modo frammentario – dalle fonti documentarie e dedicato con…
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morelin · 1 year
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Sambuca di Sicilia
Oggi vi porto in un piccolo borgo: Sambuca di Sicilia (Agrigento). Facciate barocche e palazzi dell’Ottocento si mescolano ad un centro storico sviluppato attorno a sette vicoli saraceni che costituiscono un museo vivente di storia arabo-sicula. L’odierna cittadina fu fondata infatti dagli Arabi intorno all’830 con il nome di Zabut per ricordare l’omonimo emiro Al-Zabut che qui costruì un castello non più esistente. 
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Tracce arabe sono presenti anche nei nomi delle vie sia nella denominazione sia nella doppia scrittura in italiano ed arabo. 
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Guardatevi attorno quando percorrete “Via Fantasma” perché secondo la leggenda si aggirano fantasmi di guerrieri arabi.
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I due simboli principali sono il Belvedere e la chiesa Matrice, entrambi costruiti sui resti dell’antico castello. 
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Particolare anche il portale dell’antica Chiesa di San Giorgio databile 1565 situato all’entrata del quartiere saraceno. 
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Girando per il borgo potrete ammirare anche diverse street art, alcune moderne con famose citazioni, altre più legate alla storia del paese.
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5 STORIE DI FANTASMI DELLA SARDEGNA
Oltre le cime delle montagne e le scogliere della costa, la Sardegna nasconde segreti antichi e oscuri, avvolti dal mistero e dal terrore. 
La terra sarda è infestata da creature spettrali, creature che affondano le loro radici nella storia stessa dell'isola. Queste presenze sinistre possono manifestarsi in qualsiasi momento, dall'oscurità della notte all'ora del tramonto, per terrorizzare coloro che incappano nei loro percorsi.
In questo articolo, esploreremo cinque storie di fantasmi della Sardegna che sono state tramandate di generazione in generazione e che sono giunte sino a noi.
Cunfraria
Nella storica Sassari, città del nord Sardegna, si racconta la leggenda di una processione di fantasmi che appare la notte del 31 ottobre. Secondo la tradizione locale, questi fantasmi possono essere visti vicino all'incrocio tra via San Sisto e via Santa Apollinare. Le loro forme spettrali si muovono silenziosamente per le strade come per qualche commissione invisibile.
Alcuni dicono che questa processione di anime che viene chiamata “Cunfraria” cioè confraternita, sia composta da spiriti di defunti che ritornano nel regno dei vivi in questa notte santissima. Altri sostengono che siano la manifestazione di antiche maledizioni, evocate dalla magia oscura e da intenti malevoli. Qualunque sia la loro origine, si dice che la vista di queste apparizioni spettrali riempia i cuori di coloro che le vedono di paura e terrore.
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Don Blas
Nell'oscuro e antico castello di Burgos, c'è una leggenda di un terrificante fantasma che custodisce un favoloso tesoro. Il suo nome è “Don Blas d'Aragona”, un grande e potente cavaliere iberico del XVI secolo che ha incontrato la sua prematura scomparsa in una sanguinosa battaglia molto tempo fa, quando la Sardegna viveva il periodo della dominazione spagnola. Secondo i racconti, “Don Blas” fu condannato a trascorrere l'eternità a custodire il tesoro che gli era stato affidato in vita. Così il suo spirito infesta il castello, legato per sempre alle sue mura. La sua presenza è un costante promemoria del potere e della ricchezza che giacevano nascosti all'interno.
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Panas
In Sardegna esiste una leggenda colma di tristezza e terrore che per secoli ha perseguitato i cuori e le menti degli uomini. È una storia di dolore e disperazione, di perdita e rimpianto, una storia che è stata tramandata attraverso i secoli.
Si racconta che i fantasmi delle donne morte di parto siano condannati a tornare nel mondo dei vivi per sette lunghi anni, infestando la terra durante le ore buie della notte.
Gli anziani sussurrano che questi fantasmi, noti come “Panas”, appaiano vicino ai corsi d’acqua e si possano vedere intente a lavare i panni insanguinati del loro figlioletto. Non possono comunicare o interrompere il lavoro per nessuna ragione. Se qualcuno le disturbasse, dovrebbero ricominciare il loro rituale di penitenza daccapo e si vendicherebbero spruzzando acqua verso chi osa disturbarle.
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Femminedda
Nelle remote regioni di Sant'Antioco, presso le colline che circondano Maladroxia, esiste un antico Nuraghe noto come sa “Femminedda”.Il suo nome è legata ad una strana leggenda che narra di uno spirito inquieto che ancora oggi aleggia intorno alle rovine del monumento.
Si dice che lo spirito appartenga a una giovane donna giustiziata in circostanze violente e misteriose secoli fa, la cui anima è stata  condannata a vagare senza pace. 
La fanciulla, accusata di un crimine infamante, fu sottoposta a una punizione esemplare e brutale, che mirava a fare di lei un monito per il popolo. Fu decapitata e il suo corpo fu sepolto in una chiesa sconsacrata fuori dal centro abitato, mentre la sua testa sarebbe nascosta nel cuore del borgo.
A causa di questo trattamento crudele e sconsiderato, l'anima della giovane, ribattezzata “sa Femminedda”, è stata condannata a vagare senza pace lungo i sentieri di campagna e le vie del paese.
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Marchesa Malaspina
A  Bosa, paese di mare senza tempo, la figura spettrale della marchesa Malaspina continua a vagare senza pace. Letizia, questo il suo nome, fu accusata di un grave crimine: l'adulterio con un amante sconosciuto. Il marito, geloso al punto da perdere la ragione, fece scavare una rete di tunnel segreti dal castello al paese, in modo che la marchesa potesse muoversi al riparo dagli occhi indiscreti.
Ma neppure l'inganno più elaborato riuscì a sfuggire alla furia distruttiva del marito. In preda ad un raptus di gelosia, egli fece mozzare le dita della marchesa, conservandole gelosamente in un fazzoletto che mostrò ad alcuni amici. Lui fu condannato a morte e lei sparì senza lasciare tracce.
Tuttavia, non tutti credono che il fantasma di Letizia sia scomparso del tutto. In molte notti, si possono ancora udire i suoi lamenti disperati provenire dalle rovine del castello dei Malaspina. Si dice che l'anima della marchesa sia rimasta intrappolata in quel luogo, tormentata dai suoi rimpianti e dalla sua disperazione.
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onutaa · 5 days
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Celleno, il borgo fantasma
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Gerardo fra le stelle
La notte scendeva languida sul campanile vuoto e sulla torre diruta allagando gli occhi vigili dei  gatti.   Avanzavo incespicando, illuminata dalla luna e dalla volta stellata che pian piano, espandendosi,  svelava l’immensa ricchezza dei sogni umani. Sentivo di essere osservata dai piccoli felini che  cautamente mi eludevano saltando fra i mattoni in pietra grigia, penetrando nel buio dagli usci  semiaperti e dalle finestre ormai prive di vetri.   Tutto aveva avuto inizio pochi anni prima. L’Appennino è disseminato di borghi abbandonati,  qualcuno l’ho visitato provando sempre un moto di tristezza per quelle morti a cielo aperto. A volte  percepivo nell’aria un lamento, un pianto, le voci del passato - pensavo - o semplicemente il rumore  del vento tra le pietre e gli scricchiolii delle travi e delle insegne sbiadite. M’ero ripromessa di non  ripetere l’esperienza quando venni a conoscenza che a poca distanza dal mare dell’antico nocchiero,  nell’entroterra cilentano, in un borgo fantasma viveva e resisteva il suo ultimo abitante e così lasciai  la costa e mi addentrai tra le alture preappenniniche per poter incontrare Gerardo.   ‘O tedesco? – aveva esordito l’arcigno ed esoso benzinaio – salite, salite sempre, come vi porta la  strada arriverete proprio alla piazza del paese vecchio e dovete lasciare la macchina perché là  finisce tutto. È testardo, Gerardo, se scendeva faceva i soldi ma non ne ha voluto sapere, sta a fa’ la  guardia alle pietre e alle capre!   Ora, a distanza di pochi spiccioli di anni, Gerardo non c’era più e tutto, in quel secondo viaggio,  appariva insensato e sinistro eppure, rammentando i suoi tersi ragionamenti, egli era precisamente  là, tra le sue mura, il carro dell’Orsa e il profilo musicale dei monti boscosi e nel cuore sentivo  nuovamente calare la pace compiuta della sua vita singolarmente vissuta.   Nel crollo di un solaio aveva consegnato le sue ossa alla terra, all’età di settantadue anni trascorsi  senza aver mai saputo leggere e scrivere ma con tanti racconti in testa da averne uno per capello,  così diceva toccandosi la chioma canuta eccezionalmente folta e alta.   Il cielo me li tiene su da quand’ero piccerillo, si preoccupa che guardo troppo a terra – spiegava in  un dialetto benevolmente supportato dall’italiano che lasciava fluire in vernacolo quando sciorinava  i detti antichi del suo sapere. Con chiunque lo andasse a cercare ci teneva a non restare nell’insipida  superficie dei convenevoli e da subito si dichiarava con trasparenza, con la modestia dell’ignorante  che ha da imparare da ciascuna parola, sembrava un filosofo pastore che raccontava per amore le  storie della vita, con profonda riconoscenza al destino, tra lo scampanellio di latta del suo sparuto  gregge o tra i colpi dell’accetta. Al termine di ogni incontro ringraziava appagato e sorrideva  stringendo gli occhi azzurro cielo che brillavano tra le rughe spesse come cristalli miracolosamente  intatti tra le ceneri. Aveva l’abitudine di lasciare sempre un ricordo all’amico del momento, a me  regalò un oggetto che serbava una storia d’amicizia: una piccola piramide di onice nera.   I compaesani mi chiamano ‘o tedesco – ci tenne a precisare quel giorno - ma i giovani della  Comunità Montana mi hanno dato un altro soprannome, Ailender, che mi piace di più. Non sono  stato in Germania, non ho mai viaggiato, ma ero biondo e con gli occhi azzurri come Herard, un  tedesco che nei primi anni cinquanta fece tappa qui, prima di proseguire verso la Basilicata e la  Calabria, per studiare i dialetti del Mezzogiorno. Mio padre Achille era tornato dalla guerra e dai  campi di prigionia con molte malattie. Era un uomo buono con l’intelligenza della bontà e decise di  fare la pace ospitandolo e aiutandolo col dialetto. Come avete saputo di me?   Internet - e gli mostrai il cellulare con un sorriso sciocco. Gerardo tirò fuori dalla tasca il suo,  spento, con la custodia lacerata in più punti - L’ha gradito Filomena, la capra vecchia, l’ho sorpresa  col cellulare in bocca e per strapparglielo ci stavo rimettendo un dito. Me l’ha regalato il sindaco ma  qui, tra i monti, non c’è campo, meglio la pistola spararazzi, come a mare, e poi sarà come Dio  vuole. Ogni due, tre giorni, viene qualcuno, non sono veramente solo, c’è chi ha il cellulare ma  neppure un numero buono da chiamare.   E voi, Gerardo, se aveste modo di usare il cellulare a chi chiamereste?   Ahmed, l’egiziano che m’ha fatto vedere l’Egitto, gli direi “Ahmed sto per salire in cielo!” – e poi  rivolto a me – venite, vi mostro una mia creatura, il piccolo museo del paese vecchio.    Ero emozionata da quella situazione prolungatasi fino al tramonto. Entrammo in una stanzetta  decorosa con un grosso tavolo pieno di oggetti, chiavi che in quella silente libertà non chiudevano  più nulla, lampade e candele, un libro con dedica, fotografie, vecchi giocattoli, pentolame. Gerardo  trasse dal mucchio una piccola piramide in pietra nera lucente e me la mostrò.   Guardate, è onice nero, Ahmed mi spiegò che rappresenta il radicamento, a un posto e in noi stessi,  la forma invece ricorda la montagna che ci avvicina al Cielo. Guardate – e appoggiò la piramide  sulla finestrella. Spense la lampada e mi avvicinò lentamente all’apertura con una visuale  leggermente laterale. Il profilo della piramide iniziò a stagliarsi rispetto allo sfondo blu della notte  stellata, apparve la luna, dapprima solo un piccolo punto brillante, divenne splendente ed occupò  gran parte dell’inquadratura incorniciata dalla finestra che sembrava sparita, ingoiata  dall’immaginazione.   Provai un brivido dinanzi a quella infantile magia, entrai nel sogno con tutta la nostalgia dell’alba  della vita, e mi lasciai trasportare tra le dune sabbiose del mito, a tu per tu con le stelle.   Al momento del commiato Gerardo era emozionato come un bambino, prese la piccola piramide e  me la regalò – Se tornerete, mi troverete qua, da questa finestra si vede bene l’Orsa maggiore.   Ero tornata. Entrai dall’uscio accostato facendomi luce con la torcia, una spessa coperta copriva il  piccolo museo di Gerardo. Andai alla finestrella e tirai dalla tasca il suo dono, l’appoggiai lì, attesi  la luna, l’Egitto, la magia che brillò mentre sussurravo buon viaggio.  Foto di copertina generata con Copilot per Cinque Colonne Magazine Read the full article
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Trovata nella chiesa, era in giro con un ragazzo dall'accento straniero
Attratti da edifici abbandonati da far rivivere con le condivisioni di foto sui social oppure persino vivendoci dentro. Secondo testimoni, la giovane trovata morta nel borgo di Equilivaz, in frazione La Salle, e il ragazzo che è stato visto con lei, stavano facendo “urbex”, l’esplorazione urbana di un movimento mondiale che riscopre siti fantasma. Lui parlava italiano con un accento straniero,…
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stilouniverse · 3 months
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Paesi fantasma in Toscana
e piccoli borghi abbandonati Isola Santa, i grigi tetti di ardesia delle case Isola Santa Castelnuovo dei Sabbioni Lucchio un paese semi abbandonato Poggio Santa Cecilia, un borgo abbandonato Toiano in Valdera
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artesplorando · 3 months
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Il borgo medievale di Craco, anche conosciuto come città fantasma si erge tra i calanchi, dominato da un'imponente torre normanna.
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moviemaniac2020 · 6 months
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LA ORCA, film "maledetto" del 1976, diretto da Eriprando Visconti, nipote del più noto Luchino, ambientato e girato a Pavia, quando la nostra città in quei decenni era una piccola "Hollywood di provincia", che vide grandi attori e registi aggirarsi per le strade del centro storico e paraggi. Fra le tante pellicole, molte di ambientazioni milanesi, MA girate a Pavia, per ricostruire scenografie caratteristiche o storiche, come "L'Albero degli Zoccoli" di Ermanno Olmi, vincitore della Palma d'Oro al Festival di Cannes, anno 1978 (sequenze in corso Cavour e piazza Botta). Non dimentichiamo Dario Argento e il suo "Le Cinque Giornate", né il romantico "Fantasma d'Amore" di Dino Risi con Marcello Mastroianni e Romy Schneider. Tornando a LA ORCA, con tre giovanissimi Michele Placido, Flavio Bucci e Vittorio Mezzogiorno, opera sesta del Visconti Jr., che immortala la città di Pavia in numerose sequenze, riconoscibilissimi la stazione ferroviaria (interno e piazzale esterno), Piazza della Vittoria, Piazza del Duomo, Corso Garibaldi, Borgo Basso e poi l'immancabile scena al Ponte della Becca - vero e proprio "must" cinematografico in quegli anni (come non citare il duello finale fra il commissario Tomas Ravelli (Thomas Milian) e il capo della banda dei marsigliesi (Gastone Moschin) nell'epico duello de "Squadra Volante" di due anni prima?) - LA ORCA riprende quella sordida Pavia degli anni Settanta, la rende ancora più "poliziottesca" e inquietante dei film di Stelvio Massi ("Mark il poliziotto", "Cinque donne per l'assassino"), più intrisa di lotta politica, più impregnata di sangue, violenza e suspence, dove la delinquenza delle cosiddette "batterie" è di casa, anzi di sotto casa, perché appena esci da uno dei tanti palazzi di via San Giovanni in Borgo e sei figlia di una ricca famiglia borghese pavese vieni sequestrata da tre pochi di buono (nefasta anticipazione a quello che succederà poi, negli anni a venire, a un pavese vero e in carne e ossa come Cesare Casella, tanto da fare uno storico esempio di caso mediatico televisivo). In un claustrofobico casolare nelle campagne pavesi si svolge il resto del film: ruoli che si ribaltano, scene disturbanti fra sequestrante e sequestrata, atmosfere claustrofobiche da clima horror, eros onirico e reale, e un finale da pugno nello stomaco. Dopo la sua uscita nei cinematografi italiani fu la pellicola a essere sequestrata dal Tribunale di Roma per scene di stupro estremamente spinte. Soltanto nel 2006 il film fu rimesso in circolazione tramite trasposizione in DVD. Costato appena 40 milioni di lire, il capolavoro di Visconti incassò più di un miliardo al botteghino finché fu libero di circolare. Fu il maggior successo commerciale del regista, tanto che lo spinse un anno più tardi a dirigere un sequel ("Oedipus Orca"), anch'esso in gran parte girato e ambientato a Pavia (con Miguel Bosè e ancora la protagonista del primo, Rena Niehaus, nel ruolo principale). Senza nulla togliere a capisaldi come "Il Cappotto" di Alberto Lattuada, a "I sogni nel cassetto" di Renato Castellani o a "Paura e amore" di Margherethe Von Trotta, opere classiche girate in riva al Ticino, LA ORCA resta ancora oggi un capolavoro della "Cinematografia alla Pavese", una chicca da vedere e rivedere, per capire com'erano le città di provincia, tipo Pavia, durante i difficili e duri anni di piombo. Assolutissimamente consigliato. DVD ordinabile in edicola, film guardabile in streaming su Prime Video. Cult-movie di nicchia, per pochi, ma senza eguali nel suo genere. LA ORCA (Italia, 1976, drammatico/poliziottesco, 90') di Eriprando Visconti. Con Michele Placido, Rena Niehaus, Vittorio Mezzogiorno, Flavio Bucci.
(rece: Mirko Confaloniera)
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napoli-turistica · 7 months
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La magia del Natale si invita al Castello dell’Ettore - Date 2023
Il Borgo fantasma di Apice Vecchia si prepara ad accogliere la Vta edizione dei Mercatini di Natale del Castello dell’Ettore. I visitatori potranno degustare piatti tipici, curiosare tra oggetti e capi d’artigianato, assistere a spettacolari esibizioni e divertirsi con esilaranti attrazioni. Nel corso dell’evento saranno organizzate anche visite guidate tra i suggestivi vicoli dell’antico borgo,…
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harveyphotography · 2 years
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Roscigno Vecchia - (SA)
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elettrisonanti · 7 months
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Benvenuti all’ottava edizione del Teverina Buskers 2023, Festival Internazionale Artisti di Strada che ha luogo nel Comune di Celleno all'interno del borgo fantasma, nella #ValledelTevere. Organizzato dall’associazione Il Circo Verde un associazione di circensi che vive nel borgo fantasma, quest’anno dal 14 al 17 Settembre le strade di Celleno saranno invase da artisti, giocolieri, musicisti nel suggestivo scenario del centro storico. Il Teverina Buskers e’ un festival autofinanziato e anche il merchandising e’ autoprodotto, con prodotti artiganali che potete trovare all’interno del festival, dove e’ possible reperirli con donazioni volontarie che supportano l’arte e la passione nell’organizzare il festival anche per gli anni futuri. Oltre a circensi e musicisti c’e’ anche la via dell’artigianato, dove troverete artigiani di ogni tipo, dal cuoio alla ceramica, ai dipinti e alle cose piu’ strambe e particolari, inoltre una parte molto importante del nostro festival e’ la piazza pirata ovvero uno spazio aperto dove qualsiesi artista che vuole esibirsi puo’ farlo liberamente come “off” durante i giorni del festival. Tra il fossato, piazza castello, la postazione performance e la postazione alberello, ci saranno spettacoli, di ogni tipo, musicisti e sopratutto l’ingresso e’ gratuito con uscita a cappello per ogni piazza dove avviene uno spettacolo. Un altro aspetto importante dell’organizzazione del Teverina Buskers e’ che tutto lo staff e’ composto da volontari che credono tutti in un unico intento quello di far rivivere il borgo fantasma nella magia del circo e dell’arte di strada. Tra i vari sostenitori del Teverina Buskers c’e’ anche il progetto del circo sociale Circusingaza supportato da una ong di Milano che organizza ogni anno delle carovane di circensi che vanno in zone di guerra per riuscire a dare una nuova speranza a chi purtroppo non puo’ permettersi una vita come ce l’abbiamo qui noi. Il Teverina Buskers, racconta Sophie MessyFlow, nasce con l’intento di restituire al luogo in cui viviamo un qualcosa di bello che e’ parte del nostro mondo da dieci anni e Celleno in Teverina tra l’arte si trasforma in uno scenario unico.
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morelin · 2 years
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Rocca Sanvitale
La Rocca Sanvitale è il simbolo di Fontanellato (Parma), uno dei paesi più famosi della classica bassa padana. 
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La prima edificazione a scopo difensivo risale al 1124 grazie ai Pallavicino ma con il passare dei secoli la fortezza viene trasformata in un’elegante dimora nobiliare dai Sanvitale, famiglia che vi abita per oltre cinque secoli. Situata proprio nella piazza centrale del borgo, presenta tutte le caratteristiche classiche dei castelli: il ponte levatoio, il fossato pieno d’acqua, le mura merlate e, ovviamente, anche un fantasma, quello della piccola Maria Costanza Sanvitale, nipotina della Duchessa Maria Luigia d'Austria.
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Al suo interno il castello conserva numerose sale ricche di affreschi ed arredi ed è possibile visitare anche il giardino pensile ottocentesco. Due sono però le chicche: la “Saletta di Diana e Atteone” affrescata da un giovane Parmigianino ed una camera ottica, l’unica ancora funzionante in Italia.
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angolodonne · 8 months
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Nel cuore del Lazio, si trova un borgo che sembra uscito direttamente da un racconto fantasy. Celleno, noto come “Il Borgo Fantasma”. Scopriamo cosa vedere. more
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neshvev · 9 months
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Villaggio rurale di Monteruga in agro di Veglie (LE), 1928
Nata durante il ventennio fascista, si sviluppa in seguito alla riforma fondiaria del 1950 quando numerosi terreni agricoli furono espropriati ed assegnati ai contadini e alle loro famiglie, arrivando a contare circa 800 abitanti. Tra gli anni '70 ed '80, a causa della privatizzazione dei terreni agricoli e del richiamo dei centri abitati più grandi nelle vicinanze, il borgo si svuota, fino ad essere completamente abbandonato. Oggi è un vero e proprio paese fantasma, in cui il tempo si è fermato. Gli spazi si articolano intorno ad una grande piazza delimitata da un lato da un portico con botteghe e dalla chiesa di Sant'Antonio Abate e dalla scuola sull'altro. Erano presenti inoltre, data la natura agirola del villaggio, frantoi, deposito tabacchi, masseria e silos per lo stoccaggio del fieno ed una caserma.
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Il lungo portico con botteghe che affaccia sulla piazza, luogo della vita comunitaria.
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Dettaglio dell'arcata di un portico, ormai abbandonata al tempo e alle intemperie: elementi del solaio, ormai completamente crollato, appesi ai fili di ferro.
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