Tumgik
#direttamente a casa mia
mermaidemilystuff · 1 year
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Nulla mi son rimasti in testa sti stivaletti di Bata pure in sconto al 50 diopo
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mimmo2acmeelan · 7 days
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Raga mi sta venendo un colpo ho chiesto a mio padre "ma tu chi vorresti come allenatore del Milan" e lui ha risposto non ironicamente ALLEGRI
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girlscarpia · 7 months
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Men just have a way with making you feel unsafe at any moment <3
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falcemartello · 3 days
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+++Breaking Windows News+++
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(https://www.windowslatest.com/2024/05/20/microsoft-confirms-windows-11-recall-ai-hardware-requirements/)
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Più che una backdoor, questo è consegnargli direttamente le chiavi di casa. Mamma mia.
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focacciato · 4 months
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News sulla mia vita, da una settimana lavoro al Mcdonald sotto casa, mi serviva un secondo lavoro e mi hanno assunto direttamente al colloquio, mi sto trovando veramente bene e penso sia un lavoro tanto stereotipato. Ho trovato una crew giovane, simpatica e che mi aiuta a prescindere dal loro ruolo o no, oggi per la prima volta sono stato in cucina da solo.
Oggi ho attaccato il turno e dal fondo della sala una signora mi chiama per nome e mi chiede di avvicinarmi, mi guarda ed esclama davanti a tutti "tu hai un'anima buona, sei una persona buona, si vede. Che segno sei? (Cancro) ecco! Lo sapevo! Sei una persona buona! Un'anima pura!"
Il lavoro è faticoso, stressante e ha veramente pochi "premi", ma ecco, succede che una signora a caso ti dice una cosa del genere, un collega ti aiuta e non ti fa sentire a disagio quando sbagli.
Poi magari arriva un gruppo di Maranza e butta la roba a terra di proposito, ma i coglioni sono dovunque.
Intanto mi godo la mia anima pura, che a essere umili non si sbaglia mai
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kon-igi · 1 month
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Ciao Kon,
Tu forse non ti ricorderai di me ma io invece ricordo un liquore alla liquirizia, più di un meet up e quello che doveva essere un incontro al Lucca Comics finito "male" per il troppo casino (non siamo riusciti a beccarci).
Ti scrivo in anonimo perché penso tu sia una grande cassa di risonanza perché nonostante tumblr sia diventato -non per noi nostalgici- un po' obsoleto vedo che continui ad essere un punto di riferimento per questa comunità e che forse tu con il tuo cinico dissezionare la situazione possa in qualche modo riuscire a scuotere i più, ma ahimè vige il segreto professionale, cose firmate e quant'altro che mi impediscono di esprimere questo disagio pubblicamente.
REGÀ I SORRISI DEI COMMESSI SONO FALSI. Non perché non abbiamo più voglia di fare questo lavoro, ma perché è diventato tutto uno schifo, le aziende e anche i clienti se vogliamo dirla tutta.
Cosa si cela dietro la vita del commesso?
Conta persone agli ingressi, voi non li vedete ma è così e di recente c'è anche il contapersone del passaggio esterno, quindi se non ti cazziano perché non hai venduto, ti cazzieranno perché non è entrata gente.
Statistiche: pezzi per vendita, scontrino medio, media di scontrino per ingressi. Voi non lo sapete, ma ogni giorni ci sono storici e budget da raggiungere in base anche solo ad un singolo ingresso che voi fate "per dare un'occhiata" - ora capite perché non è facile sorridere quando i vostri figli giocano ad acchiappino correndo fuori e dentro i negozi? Perché per quei venti ingressi senza scontrino ci sarà un area manager pronto a far il culo allo staff.
Se sei fortunato e capiti in una squadra in cui ci si spalleggia bene, altrimenti è l'azienda stessa a incentivare la lotta e l'invidia tra colleghi in una lotta tra poveri per mantenersi il posto al miglior venditore.
Non abbiamo mai abbastanza personale, MAI. Siamo spesso contati, se ci ammaliamo almeno nel mio caso ci si mette una mano sul cuore e per non mettere i colleghi in difficoltà si va a lavoro con due bombardoni di tachipirina col rischio di portarsi dietro il malanno per un mese.
Le ferie saltano perché decidono di aprire più punti vendita ma non di assumere gente che non soccomba al "gioco degli stagisti".
Turni del cazzo, spezzati e il più delle volte tutto quello che fai oltre l'orario di lavoro (anche la semplice chiusura) è straordinario che non viene contabilizzato.
Reperibilità quasi totale, manco fossimo in un ospedale. Nel tuo giorno libero è un miracolo non venir contattati dal gruppo di lavoro.
E poi vogliamo parlare dei vari festivi in negozio? Io ho dovuto combattere per avere un cazzo di permesso per la comunione di mia sorella.
È domenica, sono le 15 sono in turno da un'ora in un piccolo centro commerciale di due clienti entrate, una mi ha salutato e trattato come se le avessi offeso l'intero albero genealogico con uno sdegno tale che fa tanto lotta di classe quando siamo tutti nella stessa sudicia barca.
Quindi Kon, per favore aiutami a diffondere il verbo, io sono disposta a rispondere a tutte le domande di questo magico mondo cercando di farvi entrare in empatia con i commessi, ma per favore se non è proprio questione di vita o di morte: SMETTETE DI ANDARE A GIRO PER CENTRI COMMERCIALI, TANTO LA DOMENIC SIETE TUTTI SCOGLIONATI A PRESCINDERE E ALLORA STATE COI VOSTRI CARI, MAGARI È LA VOLTA BUONA CHE SMETTERANNO DI LUCRARE A VUOTO SU STO MONDO.
Ps: stare fino alle 18 fuori e poi riversarvi alle 20 nei negozi non funziona, mettetevi una cazzo di mano sulla coscienza.
Per me i centri commerciali sono un aberrazione sociale che riesce a darmi claustrofobia e agorafobia al contempo ma dopo essere stato a quello di Orio al Serio (aspettavamo che le figlie scendessero dall'aereo... direttamente nel centro commerciale!), ho fatto la tessera di iscrizione ai terroristi.
Non sono un nostalgico della bottega sotto casa, anche perché erano altri tempi e altri modi di vivere... mi basta il supermercato ma il centro commerciale è concepito perché la gente sia invogliata A VIVERLO e questo lo trovo demotivante.
Mi spiace per te ma alla fine mi spiace per tutte quelle persone - non schiavi ma servi - che devono sacrificare se stessi per il benessere superfluo di gente che dà tutto per scontato, quasi se lo meritassero.
E invece sono solo nati dalla parte giusta della società. E del mondo.
EDIT
Non mi ricordo di te al Meetup perché probabilmente ero già ubriaco <3
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apropositodime · 7 days
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Serata piena di emozioni non amo le cresime e le comunioni, infatti io sono andata direttamente al ristorante.
Ho amato vedere tutte queste persone che pensavo non facessero più parte della mia vita da un pezzo, accogliermi.
I miei bellissimi nipoti, grandissimi, mi sono commossa almeno tre volte guardandoli e pensando a quanto tempo sprecato a non vederli a non vederci.
A tutti i nipotini figli dei nipoti. A tutte le comunioni e cresime ancora che mi aspettano e che non mi voglio perdere.
Alle risate
Agli abbracci
Ai ricordi.
Sono tornata a casa felice.
Ma si può?
Grazieee ❤️🥂
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surfer-osa · 2 months
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Mi scrive Mic da 406 km di distanza ed è come se fosse qua davanti a me. Ho nostalgia delle nostre conversazioni dal vivo, qua a casa mia o a casa sua direttamente nella vigna che scende verso quel cimitero abbandonato, ma c'è un filo che ci lega e poco importa dove ci troviamo.
Quando parlo di Alba De Céspedes mi piace partire dall'ingiustizia madornale dei critici letterari che l'han troppo spesso considerata robetta rosa e da poco. Beh, "amici" critici, vi svelo una sorprendente verità: avete intossicato il panorama con le vostre stupide e limitanti etichette. In tanti casi siete stati proprio voi robetta da poco e lo siete tuttora.
De Céspedes (1911 - 1997) è stata scrittrice, partigiana, autrice per il cinema/televisione/teatro e per la radio. Non si è lasciata incasellare in nessuna categoria predefinita, ha dimostrato come le andassero strette le definizioni sterili.
Ha delineato figure femminili reali e piene di contraddizioni, di passione, ha scritto storie di donne fuori dal comune soprattutto per l'epoca in cui venivano narrate (dagli anni '30 in poi) e ci ha insegnato come non accontentarsi mai di interpretare il ruolo che ci hanno affidato: né ieri, né oggi, né domani.
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libero-de-mente · 3 months
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Un sabato sera dai minuti contati questo.
Raggiunta casa di mia madre, entro in silenzio e come immaginavo lei è già a letto. Le chiudo la porta della camera per non disturbarla, mentre sistemo la spesa che le ho fatto, controllo nel frigorifero le confezioni di alimenti scadute. Le rimuovo buttando il contenuto negli organici.
Lei puntigliosa su queste cose, ora non le riesce più di controllarle.
Un rapido riassetto alla casa, ma non le metto a posto tutto. So quanto ci tenga a dimostrare di saperci ancora fare con le pulizie, diciamo che pulisco dove c'è da spostare o alzare qualcosa di pesante.
Mi giunge la telefonata di figlio 2 "Papà ci sono le pizze da infornare, sai che dopo devo uscire".
Mi avvio a casa, dopo aver avuto cura di sistemare le medicine dentro il porta pillole settimanale, in modo che mia madre non sbagli.
La frase di mio figlio "...sai che dopo devo uscire" era incompleta.
La verità è che lo dovrò accompagnare io. In auto raccogliendo tre suoi amici.
Le pizze sono uscite molto buone questa sera, forse la pioggia che insiste me le farebbe gustare meglio se Gabriele non uscisse. Se ancora per un sabato sera fosse il mio scricciolo a casa. Ma non sarebbe giusto per lui.
Appuntamento sotto lo stadio cittadino, poi seconda stella a destra, questo è il cammino, e poi dritto fino al mattino, poi la strada la trovi da te, porta a una pensilina dove c'è un altro amico per voi tre. Anzi quattro, maledetta rima.
Li ascolto parlare, mi fanno sorridere e anche ridere. Non hanno nulla che non vada bene. Sono ventenni con la voglia di vivere e divertirsi. Lo ero anche io. Forse non sentendomi mai amico al pari degli altri.
Tipo strano "il Rino", sempre assorto e spesso assente.
Li lascio alla pensilina concordata dove il quinto amico li aspetta, e si fanno i nomi di altri che arriveranno più tardi. Forse.
Li saluto, Gabriele inaspettatamente mi saluta baciandomi. "Non ti preoccupare pa' sarò bravo e starò attento, come vuoi tu".
Non ho nulla da obiettare, riparto. Alla prima rotatoria inverto il senso di marcia, un'ultima occhiata a qui sorrisi, a quella complicità di amici che legano le proprie vite in un patto di sangue, di quelli indissolubili che se ben curate, come relazioni, potrebbero durare davvero a lungo.
Nel mio ritorno solitario penso alle mie amicizie perse, al fatto che mi sento solo ed estraneo anche in mezzo ad altre persone.
Ho sempre pensato che la mia vita non avesse un senso, ma un senso l'ho trovato. Sono i sorrisi dei miei figli, la gioia dei loro successi, gli occhi innamorati di chi sceglieranno come persone con cui condividere la vita.
Questo non me lo voglio perdere. Mi madre e mio padre queste cose non le hanno mai viste. Mai. Io le voglio assaporare.
E mentre alla radio passa il brano "I love my life" di Robbie Williams, le sue parole:
I love my life
I am wonderful
I am magical
I am me
I love my life
Mi squarciano il cuore, e la pioggia è come se battesse direttamente sui miei occhi, e non sul parabrezza.
Sono solo, ovvero mi sento solo, ma dovrò aspettare. Aspetterò i successi e le gioie dei miei figli, prima di mollare.
Piove, vedo centinaia di ragazzi che si avviano alla discoteca.
Poco dopo incontro le ragazze sfruttate per dare del sesso a pagamento sui bordi delle strade.
Vorrei fermarmi, dare loro una coperta che le ripari, qualcosa di caldo da bere e la possibilità di dire loro: vai, sei libera. Puoi fare altro nella tua vita, perché hai forza di volontà da vendere.
Solo durante questi pensieri mi accorgo che in radio passa Sweet Disposition un pezzo che trovo meraviglioso dei The Temper Trap
A moment, a love
A dream, aloud
A kiss, a cry
Our rights, our wrongs
A moment, a love
A dream, aloud
A moment, a love
A dream, aloud
Stay there
'Cause I'll be coming over
And while our blood's still young
It's so young, it runs
Won't stop 'til it's over
Won't stop to surrender
Avere la forza, di superare, di aspettare chi è un passo indietro.
Mi sento maledettamente solo, anche se non lo sono. Sto male.
Ma in questo sabato sera i miei figli, chi in un modo e chi nell'altro, si divertiranno. Questo conta. Ne basta uno anomalo in famiglia. E quello sono io.
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tinxanax · 1 year
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Ho fatto la spesa ad uno sconosciuto.
Sta mattina, mentre andavo a lavoro, passo davanti al solito supermercato. Fuori stava un signore a fare l’elemosina con un cartello. “Non ho soldi, a casa ho una figlia di 5 anni, mia moglie mi ha lasciato.” Mi chino per salutarlo, tiro fuori il portafoglio per lasciargli della moneta. Non ne avevo. Rimango immobile per un secondo, perché ero convinta di esserne piena, lui alza le spalle sorridendo come a dire “non importa, tranquilla”. Ci penso un istante, e decido di invitarlo a entrare con me nel supermercato. Tiro fuori 20 euro, “sono tuoi, li spendiamo insieme adesso”. Mamma mi ha insegnato che chi fa l’elemosina, potrebbe farla per la droga, quindi meglio dargli poco, o offrirgli direttamente del cibo. Prende varie cose. Latte, cereali, biscotti, pasta, pomodoro etc… mentre facciamo la spesa vuole chiacchierare, mi sento un po’ in difficoltà perché lui parlava prevalentemente inglese e il mio inglese era abbastanza scadente, ma mi fa addirittura i complimenti dicendo che anche se parlo un inglese molto basilare, ho un ottima pronuncia.. chissà!Andiamo a pagare, alla cassa ci danno il resto, una cosa tipo tra i 4 e i 5 euro. La cassiera li da a lui, lui li porge a me. “Sono tuoi questi, graziie della spesa”. Lo porto nel bar accanto e do quei soldi al barista, chiedendogli di dare quanto possibile con quei soldi per fare la colazione al signore. Ci salutiamo, ritorno sulla strada per andare a lavoro. Mi ha fatto sentire bene fare questa cosa. Mi ha fatto sentire proprio bene.
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ross-nekochan · 11 months
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Ho scelto questo libro dalla biblioteca mai letta da nessuno di mio padre, che nella sua vita forse una cosa buona ha fatto: prendere e collezionare i migliori romani del 900 pubblicati da Mondadori in collaborazione con la DeAgostini. Mi sono resa conto della sua esistenza al liceo e da quel momento sono stata l'unica che si è resa conto di che gioiello avessimo in casa.
Tutto questo preambolo inutile per dire che, senza nessun senso, guardando dalla teca mi è venuta voglia di leggere Pavese, di cui conosco pochissimo, fama a parte (mannaggia le lacune del liceo). Chissà se a volte sei tu a scegliere il libro o il libro sceglie te. Il protagonista qui è andato in America per poi tornare a casa. Ha scritto un sacco di cose che solo chi è stato dove gli altri non sono stati possono scrivere. Alla vigilia della mia (ri)partenza, mi ha segnata.
Da anni ho questa abitudine di scrivere quando ho letto i libri che leggo, perché alle medie ci avevano regalato un piccolo libricino di poche pagine dove segnare tutti i libri letti con le date. Da lì presi l'abitudine di scrivere direttamente sul libro. Spesso, però, la data diventa un semplice numero e non ricordo sempre chi ero in quel frangente. Non ho letto moltissimi libri quindi in genere mi ricordo, ma fu quando lessi Sole e Acciaio di Mishima a Tokyo che aggiunsi anche dove mi trovavo, ovvero nella sua città.
Quindi anche questa volta ho voluto aggiungere il dettaglio di scrivere che è vero che sono a casa, ma sto partendo, me ne sto andando. Così, se mai riuscirò ad arrivare alla vecchiaia, riaprendo questo libro mi ricorderò di chi ero, che fase della mia vita stavo vivendo.
Proprio oggi pensavo che quello che non mi sto portando ma che porterei con me più di qualunque cosa sono i miei libri, i miei manga. Che strazio saperli in un posto diverso dal mio. Ho sempre pensato che il giorno in cui sarà tutto riunito in un unico posto, quella per me avrà il nome di casa.
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a-tarassia · 11 months
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luglio col bene che ti voglio
Luglio per me è un brutto mese. Di solito luglio è quel mese in cui cedo alle tristezze, qualunque esse siano al momento. Fa caldo, io soffro moltissimo di pressione bassa e circolazione, inizia a farmi male il corpo, gambe soprattutto e arriva quel languore interiore che immagino sia dovuto ad alcuni transiti stagionali introspettivi che mi fanno vivere le cose che accadono con più dramma, nervosismo e frustrazione. Adesso, vista forse anche la stanchezza, la sensazione è più di pre depressione che tristezza, sono giù di tono, demotivata, indolente. Tutto quello che accade non mi va bene, faccio cose che in altri momenti mi avrebbero riempito di energie e contentezza, mentre adesso preferirei starmene sul divano a scollare tiktok, è nettuno che s’è messo di traverso, sicuro, ma anche che luglio mi ammazza l’anima. Io, però, che mi conosco e conosco la depressione, cerco di spingere la notte più in là forzandomi in attività che so che normalmente mi tirerebbero su di morale, quindi vado in giro, in bici, faccio sport, mangio frutta, metto lavatrici, guardo bellissimi panorami e faccio bagni rinfrescanti dove posso. Circa un paio di settimane fa ero seduta a bordo piscina, era una di quelle domeniche in città in cui avresti mille cose da fare, ma non hai voglia e allora decidi di buttarti in piscina e fare la gara di scivoli, io e luca lo facciamo, proviamo varie posizioni sugli scivoli per vedere quale è più veloce in base alle diverse variabili fisiche. Ero seduta a bordo piscina e mi sono resa conto dopo di aver avuto un momento di dissociazione perché guardavo l’acqua, quel blu tipico delle piscine cittadine, con le tipiche ondine in superficie della gente che si muove e pensavo a quando a luglio era estate davvero, l’estate della gente di mare negli anni ‘90, di quel periodo in cui non hai niente da fare e noi degli anni ’80 eravamo ancora comitive densissime di ragazzi figli di famiglie numerose, minimo due figli di età vicina, a volte tre, al sud anche quattro. La mia comitiva eravamo tipo 40 persone d’estate, ragazzi che vivevamo lì, altri che venivano dal nord e restavano per tipo due mesi chè i genitori lavoravano e loro venivano dai nonni, dagli zii, nessuno o pochi facevano le vacanze all’estero, i voli low cost non esistevano ancora e le famiglie erano troppo numerose, coppie senza figli ve n’erano poche e allora le vacanze estive duravano mesi interi e avevi tempo di farti l’abitudine e la vita diventava diversa per un tempo che all’epoca era lunghissimo. Arrivava l’estate, le mie spiagge venivano invase, arrivava quel tipo che ti piaceva che era cambiato e c’era il fratello più piccolo che intanto era cresciuto, ma anche la cugina nell’arco dell’anno trascorso s’era fatta una ragazza e quindi una concorrente in più o forse alla fine della stagione anche un’amica, tutto poteva succedere. Noi bramavamo quelli che arrivavano, loro desideravano noi che eravamo esotici e abbronzati già a maggio, noi restavamo a vivere anche l’inverno del mare grigio e solitario e loro ci invidiavano, loro se ne andavano nelle città con i cinema e noi li invidiavamo. Mia cugina veniva che era fidanzata col solito di sempre e dopo due giorni lo mollava dalla cabina telefonica per poi riprenderselo a settembre. I giri in motorino, il gregge di ombrelloni, le partite a beach volley fino le nove, i nostri genitori che sanno che siamo al mare, tanto telefonini non ce n’erano e quindi dovevi vivere a fidarti per forza. Le prima canne sotto ai ponti della ferrovia, la ferrovia che passava direttamente  sopra la spiaggia. Il mettersi d’accordo giorno per giorno su dove vedersi e fare la conta di chi manca. Chi scende per primo fa lo squillo a casa. Il primo bacio dietro casa di zia che faceva un caldo torrido e dovevamo rubarle la legna per il falò, tu che mi vomiti addosso durante il falò. Prendiamo il pedalò tanto lo so che poi i maschi giocano a tirarci giù e noi urliamo come se non sapessimo nuotare, tanto chi ti crede sei nato qui, nuotare è la seconda cosa che hai imparato dopo camminare. Le partite a biliardino. I bagni di notte.
Poi man mano le giornate si accorciano, i primi temporali estivi, arrivano i giorni delle partenze, qualcuno parte presto, nemmeno metà agosto, altri tirano fino poco prima dell’inizio delle scuole, conti i giorni che mancano, inizi a fare i ritrovi per i saluti, domani parte Tommaso, giovedì parte Silvia e Roberta e Carmelo quando vanno? Inizia quel treno di malinconia di un pezzo di vita che finisce, quando vivi in un posto di mare ti abitui a dare la scadenza a qualcosa fin da piccolo. Devi fare i conti con questa cosa che la spensieratezza esiste, ma cambia, ritorna e poi cambia, impari a salutare e riabituarti. Riabituarti è doloroso, io lo soffro ancora. Noi avevamo un rituale per decretare la fine dell’estate, appena anche l’ultimo turista era andato via facevamo una pigiama part a casa di uno di noi, ci ritrovavamo una notte intera a raccontarci le cose e rivivere dei momenti e piangere e confessare i segreti, Poi finisce davvero le case si svuotano e sembrano abbandonate, ti riabitui alla vita lenta del mare d’inverno, ricominci con i tuoi ritmi, il gruppo dei soliti, le giornate più corte e le tue intimità e di nuovo quando arriva l’estate con un’onda violenta trascina via quello che conosci e pulisce tutto, ti porta novità e tu devi ripartire, ancora. Tutto questo è finito, il gregge di ombrelloni sulla spiaggia non c’è più e le estati sono sempre più corte. Le cose continuano a finire e ricominciare.
La malinconia della vita di mare è dentro di me, luglio mi uccide, per me è un mese di resa dei conti, finisce una vita e ne inizia un’altra, nel disegno del mio calendario interiore è un punto di rottura prima di agosto, che si trova da solo, come un’anomalia, mese senza spazio né tempo, luglio invece è traguardo prima del nuovo inizio.
Mese di depressione e speranza. Certe volte voglio buttarmi dal balcone, certe volte me ne vado al mare.
Così.
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kon-igi · 1 year
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In questa nostra foto del pranzo di Natale ci sono tante cose che si vedono e molte altre che sono invisibili.
Intanto ciò che è ben visibile è la mia solita camicia da boscaiolo a scacchi che nemmeno quest’anno le mie donne sono riuscite a nascondere, poi la mia bottiglia di Donosu Cannonau direttamente da Conca Sa Raighina per il mio sonnellino disintossicante sul divano e infine un sacco di gente.
Alcuni sono presenti solo nei ricordi perché nel lungo cammino della vita ci hanno superato per andare oltre (talvolta davvero troppo presto), altri invece sono con noi per la prima volta, perché ‘famiglia’ non significa solo legami di sangue.
Famiglia è il fuoco del camino a cui si aggiunge un pezzo di legna tutta la volta che la nostra porta viene aperta per far entrare qualcuno, famiglia è la risata condivisa per scherzi antichi con cui salutiamo i nuovi arrivati, famiglia è l’invito a ritornare nella nostra casa a chi la famiglia ce l’ha lontana... oppure non ce l’ha più. 
Questi siamo noi.
Non brave persone perché accogliamo e accudiamo ma persone che, come te che mi stai leggendo, possono fermarsi e aspettare chi è rimasto indietro qualche passo, l’unico grande potere concessoci per tenere a bada l’oscurità.
<3  
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autolesionistra · 1 year
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Farò una cosa particolarmente furba: dire due cose sulle primarie del PD una manciata di ore prima che escano i risultati.
Si può ancora sperare nel PD? Per me sì. Io ad esempio speravo che queste primarie sancissero l’ennesimo scivolamento verso il centro-destra e verso l’estinzione mettendo le basi per lo sviluppo di un’alternativa a sinistra che non sia di sinistra solo per geografie parlamentari.
La candidatura di Elly Schlein ha scompigliato le carte incassando endorsement di persone che fino all’altro giorno ho sentito dire cose innominabili sul PD e che improvvisamente sembrano realmente convinte che un partito che negli ultimi dieci anni (sarò buono) ha demolito di propria mano quel poco che restava di decente dello stato sociale, asservito in maniera abbastanza spinta a logiche strettamente economiche quando non direttamente liberiste improvvisamente si sveglierà dal coma e comincerà a lavorare in direzione sostanzialmente opposta a quanto ha fatto finora su occupazione istruzione, sanità, diritto alla casa.
Oh, per le utopie ho un debole, ma anche io ho dei limiti.
Se dovessi fare un pronostico (e se lo cannerò clamorosamente non cancellerò quanto scritto, a testimonianza della mia scaltrezza politica) Bonaccini vincerà serenamente e la parentesi di Schlein sarà funzionale ad un mero accanimento terapeutico: rimandare la lentissima estinzione del PD e riportare anche solo per un attimo in orbita PD una serie di persone che avrebbero fatto tanto di meglio a investire altrove.
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automatismascrive · 1 month
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Giudice, vittima e carnefice: Broken Minds
Dice il saggio: i guilty pleasures sono una trappola poiché non c’è motivo di provare imbarazzo per ciò che piace. Dunque non sono particolarmente a disagio nel mettere nero su bianco che due delle mie serie di videogiochi preferite in assoluto sono Danganronpa e Zero Escape. Certo, probabilmente lo sono anche perché riescono a grattare un prurito che quasi nessun altro videogioco mi ha mai sopito, ma sono convinta che al di là dei misteri macchinosi e al limite del sensato, per non parlare dei personaggi stereotipati quando non direttamente cretini, si celi un delizioso piacere nel comporre i pezzi di un puzzle incredibilmente complicato o nel vederlo semplicemente sistemarsi con l’avanzare della trama – oltre alla mia goduria personale nel fare esperienza di quei twist finali anche un po’ nonsense che ho coltivato da quando a otto anni mi sono data la missione di leggere tutti i Piccoli Brividi. Che è poi anche il motivo per cui dalle medie in poi mi sono affrettata a divorare l’intera bibliografia di Hercule Poirot, che pur essendo assai meglio costruita presenta spesso e volentieri lo stesso problema di artificiosità che è facile da segnalare nelle avventure sopracitate (niente colpi di scena stupidi, grazie a dio).
Dicevo poc’anzi però che difficilmente i videogiochi riescono a regalarmi questa specifica soddisfazione – le due saghe citate, assieme ad Ace Attorney che sta prendendo polvere nella mia lista di Steam ormai da un decennio, sono diventate così popolari anche per la peculiarità del loro gameplay nel panorama odierno, che fonde puzzle, visual novel e a volte anche inusuali minigiochi. Sono quindi sempre contenta di poter testare e segnalare altri giochi che scavano a piene mani nel mystery strambo per regalarci la gioia di un pazzo pazzissimo giallo interattivo di serie B, siano essi giochi su piccioni avvocati ambientati nella Francia del 1800 (consigliato) o visual novel ambientate nel Giappone degli anni Novanta: è proprio di quest’ultimo videogioco, intitolato Broken Minds e pubblicato da LockedOn nel 2018, che voglio scrivere oggi.
Noa Karada vive da sola, non ha nessun amico e pochi conoscenti, ma i suoi genitori sono un’ingombrante presenza nella sua vita, specialmente quando si autoinvitano a casa sua per cenare a sbafo, giudicare le sue scelte lavorative e chiederle denaro in prestito; è perciò con un certo sollievo che Noa è costretta a lanciarsi dalla finestra per scappare da un incendio che sembra scoppiare durante la cena, preceduto da un’inquietante presenza mascherata da coniglio che aveva bussato sul vetro appena prima che scoppiasse l’allarme. Le indagini però devono partire in ogni caso, dunque Noa decide di affidarsi alla Yamagata Private Detective Agency, nonostante i loro modi sgradevoli ed eccentrici e la loro professionalità assai dubbia… La situazione però non tarda a precipitare quando numerosi cadaveri si aggiungono al mistero, mentre la nostra protagonista deve fare i conti con l’ingombrante presenza dei detective che sembrano più interessati a battibeccare e a compromettere la scena del crimine anziché a risolvere il caso a loro assegnato.
Questo setup un filo peculiare per un’indagine – se non altro perché i detective sono fin da subito presentati come individui non solo strambi ma anche piuttosto svogliati e incompetenti – viene supportato da un sistema di gioco che alterna dialoghi con sprite a schermo in cui occasionalmente potremo scegliere che risposta dare, sequenze di minigiochi che ci permetteranno di unire i puntini sulle dinamiche e le motivazioni del (dei?) misterioso criminale, e momenti in cui potremo selezionare lo stato emotivo di Noa. Quest’ultima fase di gioco è cruciale, poiché in base al mood selezionato con le prime scelte ci imbarcheremo in route drasticamente differenti, in cui molte conversazioni e soprattutto diverse opzioni saranno sbloccate o al contrario rese impraticabili a causa del drastico cambiamento di Noa, aprendo un totale di ben sei route diverse, ciascuna con più finali; è vero che tale varietà è in alcuni casi poco significativa, modificando solo il tono di certi dialoghi, ma rimangono comunque tutte abbastanza interessanti da essere portate a termine, complice il magico pulsante skip seen text, specialmente quando il giocatore riesce a farsi un’idea più precisa di che cosa sta succedendo nella vita di Noa e delle motivazioni del misterioso criminale.
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Quando si esplora l’ambiente si guarda praticamente uno slideshow, ma funziona abbastanza bene.
Questa varietà a livello di meccaniche, per quanto si possa sostanzialmente ricondurre a delle variazioni su tema sul formato visual novel, è ben incorniciata da uno stile grafico altrettanto vario: gli sprite dei personaggi sono cartooneschi, spigolosi e dalle proporzioni esagerate, a metà tra una serie di Cartoon Network e quelle illustrazioni piatte tipiche di certe graphic novel, ma si muovono in un ambiente finto-3D molto realistico e pensato per colpire per il suo contrasto nel momento in cui il giocatore si trova a navigarlo per cercare indizi o per scegliere il personaggio con cui parlare. Si tratta oltretutto di un gioco con un livello di attenzione al dettaglio e di rifinitura davvero sorprendente, considerando il suo stato di super-indie (ha nove recensioni su Steam, al momento!): oltre alle sequenze in cui Noa esplora l’ambiente attorno sé ci sono un paio di animatic piuttosto complesse, menù personalizzati per tutti i minigiochi, musiche originali composte per il gioco e sprite creati appositamente per la risoluzione finale del caso; anche le opzioni di accessibilità e le quality of life features sono tante, ben pensate e rendono l’esperienza di gioco piuttosto rilassante. Senza conoscere la storia del gioco sarebbe difficile sospettare che tutto questo sia il lavoro di un singolo, ma LockedOn specifica che l’unica persona coinvolta in maniera significativa nel progetto è proprio ləi. Ciò dota oltretutto Broken Minds di un’estetica generale molto riconoscibile e soprattutto molto schizofrenica, che ben si adatta al mondo e ai personaggi pensati dallo sviluppatore, che restituiscono un quadro di generica nevrastenia e di interazioni fortemente sopra le righe.
Ciascun personaggio con cui avremo la possibilità di interagire, infatti, sarà o marcatamente stereotipato fino a rasentare la parodia – come i genitori di Noa, talmente sgradevoli da risultare comici – o affetto da ogni sorta di tic, paturnie o instabilità: il capo dell’agenzia YPDA, Takuma Karashi, è un detective che maschera la sua inefficienza con un comportamento tipico dei detective dei gialli, arroganti e capaci di collegare gli indizi più sottili per arrivare ad una conclusione inaspettata, che in Broken Minds però porta solo a connessioni bislacche e insensate; la patologa Yuzuki Hiiro è insicura e morbosa, nonché straordinariamente incompetente, mentre Ume Hakase, l’esperta di tecnologia, si ritiene anche fine psicologa e cerca di scavare nelle improbabili motivazioni dei criminali senza alcuna pretesa di appellarsi ai fatti. Nonostante la profonda introversione e insicurezza, Noa sembra di primo acchito l’unica persona con una parvenza di normalità, fatto che favorisce assai bene l’immedesimazione del giocatore in ogni scena in cui la ragazza si trova costretta ad interagire con i personaggi che la aiuteranno (o la intralceranno) nelle indagini; certo, più il giocatore scava nei possibili scenari di gioco più la facciata di normalità di Noa inizia ad incrinarsi, fino ad arrivare ai veri finali della VN che saranno in grado di fare chiarezza sugli eventi che accadono nel corso della vicenda.
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I detective come raffigurati in un’illustrazione. La mia preferita è la patetica Yuzuki, che però nasconde un segreto...
Eventi che effettivamente si ricompongono in un puzzle piuttosto intrigante: per quanto LockedOn stessə abbia ammesso che iniziare certe route può rovinare in parte la sorpresa che il giocatore dovrebbe provare completando i due True Ending (sconsiglio in particolare la route del Puppet da giocare tra le prime), in generale il mistero è in grado di lanciare al giocatore una quantità importante di domande interessanti, e anche solo la curiosità di vedere i quattro finali principali di ciascuna route spinge a cercare di completare il gioco. Per quanto trovi che la storia manchi di un colpo di scena super incisivo o di un twist che cambi radicalmente le carte in tavola al livello del mio amato Zero Escape, fatto che si soffre particolarmente sul finale, la qualità della narrazione e dei passaggi logici rimane piuttosto alta e permette alla VN di collocarsi tranquillamente in un ottimo posto nell’immaginaria classifica della qualità della scrittura delle sue colleghe di genere (il fatto che questa classifica sia estremamente povera in termini di qualità assoluta è un dettaglio in questo caso secondario). La vera nota dolente di questa visual novel risiede invece nel modo in cui si arriva a ricomporre i pezzi del puzzle.
Già, perché sebbene ritenga che le idee alla base dei minigiochi che costituiranno il modo principale per risolvere i misteri che circondano Noa siano originali e interessanti, la loro realizzazione lascia parecchio a desiderare. I cosiddetti Logic Train sono composti da una ruota delle fallacie, in cui sarà necessario associare ad ogni frase la fallacia logica che la contraddistingue per costruire un’argomentazione, un puppet theatre per ricostruire la scena del delitto e un minigioco in cui si dovranno selezionare le aree cerebrali… rilevanti… per l’affermazione fatta da qualcuno. Sì, l’ultimo è davvero tremendo, soprattutto perché siccome le aree del cervello si palleggiano compiti molto simili ci si troverà a cliccare tutte le aree simili per capire quale coppia è quella giusta, ma anche la ruota è composta da moltissime fallacie che si sovrappongono almeno parzialmente, e il fatto che sia possibile girare la ruota per ottenere un indizio o una penalità in maniera del tutto casuale non fa che contribuire alla frustrazione.
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Lo schermo da cui selezionare le main mood. Non ho screen dei minigiochi perché li ho odiati troppo, ma concederò che sono belli da vedere.
Il teatro dei burattini è invece abbastanza funzionale, anche perché è stato significativamente migliorato dalle build precedenti, almeno a giudicare dai commenti su Steam e itch.io. Si tratterebbe di un’esperienza molto frustrante, se lə sviluppatorə non avesse inserito sia l’opzione di giocare tutti i minigiochi in modalità facile sia quella di saltarli a piè pari, scegliendo invece tra diverse opzioni quella più logica per proseguire con la ricostruzione del caso o con l’obiezione di Noa – presumo che LockedOn si sia resə conto di quanto i minigame stessero impattando negativamente l’esperienza di gioco e in più di una nota alle patch ha reiterato che i Logic Train sono molto difficili (verissimo, anche se per le ragioni sbagliate). L’unico lato positivo di questi segmenti è che i loro tutorial sono accompagnati da uno sprite chibi della stessa Noa davvero adorabile.
Non posso lamentare però molto altro a questo gioco, se non il fatto che all’occasione l’elemento mystery e quello parodistico cozzano tra loro rendendo difficile al giocatore da una parte sentirsi abbastanza coinvolto nel mistero da provare a svelarlo route dopo route, o dall’altra di ridere liberamente delle interazioni disturbanti che si vengono a creare tra questo cast disturbato; per la maggior parte del gioco però ho trovato che Broken Minds riuscisse piuttosto bene ad amalgamare questi generi per tessere una storia in uguale parte appassionante e canzonatoria: il fatto che la personalità frammentata ma seria di Noa sia a messa a confronto con l’assurdità parodistica degli altri personaggi e che ne esca spesso e volentieri perdente (o additata come quella “strana”) indubbiamente è la chiave di volta su cui si regge questo precario equilibrio di genere che tanto amo in giochi come questo – e pazienza se ogni tanto una crepa si allarga in questa costruzione pericolante.
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Sì, Ume, immaginavo. Questa sarà l’interazione più gentile che avrete con lei.
Beyond Broken Minds: due racconti, Prison of Lies e molto altro
Nonostante Broken Minds non abbia raggiunto purtroppo alcuna notorietà, LockedOn è abbastanza affezionatə alla sua ambientazione da aver prodotto, oltre che numerosi fix per il gioco e diversi update nel corso del tempo, anche altri pezzettini del puzzle che rimangono inesplorati nel gioco principale; sono nati così due racconti inclusi nel gioco base, Broken Egg e Broken Spiral, accompagnati dalle adorabili illustrazioni che ho inserito anche nel consiglio, che svelano qualche retroscena del gioco principale e che seguono i detective della YPDA oltre il caso di Broken Minds. La prima di queste infatti narra di una misteriosa sparizione che ha come tema ricorrente le uova, tutta raccontata dal punto di vista della persona scomparsa, mentre la seconda si incentra sul lavoro del misterioso quarto membro della YPDA in incognito, infiltrata nella polizia giapponese. Si tratta di storie scritte proprio come graphic novel, dunque in prima persona e dallo stile parco di descrizioni e ricco di dialoghi colloquiali, che permettono di aggiungere a questo mosaico di personaggi bizzarri almeno un paio di divertenti new entry e di fare luce su alcune delle vicende che erano rimaste in ombra durante il gioco principale, nonostante sia stato annunciato a questo proposito anche un seguito (Broken Spirits) che non ha ancora visto la luce.
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Reiwa compare nel gioco principale come assistente dello psicologo di Noa. Ha una cantilena? Tipo troppo irritante?
LockedOn non è però una one-hit wonder, nonostante il secondo capitolo di Broken tardi ad arrivare: la sua pagina itch conta diversi giochi all’attivo, tra cui Prison of Lies, scritto nel corso di una VN jam e quindi abbastanza corto, ma che costruisce un mistero molto interessante pescando a piene mani proprio dagli Zero Escape, con un cast più serio e meno nevrotico di quello di BM e tanta tanta tensione. Si tratta dell’unico altro gioco dellə sviluppatorə che ho provato, ma anche i due capitoli della saga di Methods sembrano essere dei gialli interessanti e ben rifiniti, giustificando anche il prezzo un po’ più importante – se questo Broken Minds riesce ad appassionarvi, consiglio di tentare l’acquisto.
Sono sempre felice di scoprire sviluppatori che hanno una chiara idea di che cosa vogliono scrivere e che hanno anche le capacità per farlo bene; che poi questi sviluppatori seguano il solco di alcune delle mie serie videoludiche preferite è solo la ciliegina sulla torta; spero dunque di avervi incuriosito abbastanza da dare una chance a questa VN, o perlomeno a giocare Prison of Lies per convincervi che LockedOn merita il vostro danaro. Che poi sono tipo sei euro, eh, intendiamoci.
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bicheco · 2 months
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La scelta
Su internet mi appare sempre l'avviso che a 500 metri da casa mia c'è una milf arrapata che mi vuole scopare. E fino a qui, va benissimo. Il problema è che a 500 metri da casa mia ci sono: la Questura, un asilo nido, la Chiesa di Santa Rita e un negozio di caccia e pesca.
Che dite passo prima in negozio o vado direttamente in Chiesa?
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