Tumgik
#però quanto cazzo fa ride
stefandreus · 2 years
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Dio cristo, nemmeno la laurea, ormai i miei coetanei saranno già sposati con le mogli che li aspettano tornare dal fronte
E io fumo sigarette a non finire, prendo le stesse terapie da anni senza sapere perchè ah gnegne certo non ti diamo diagnosi perchè sei una persona prima di tutto gnegne certo un diabetico quindi non lo curiamo, non gli diciamo che è diabetico
quanti altri test devo esigere io (roba da matti poi) come se mi stanno facendo un favore maledetti per sapere che problema ho
voglio il conforto della malattia, ok. datemelo. ormai ho perso anche la dignità insieme alla voglia di vivere, nel senso che vivo senza vivere e con ciò esisto.
pseudoscienziati da strapazzo e ora la cena e le solite routine per il ciclo veglia-sonno che se no va a puttane
maledetti, vi odio
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e-ste-tica · 5 months
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quando il gruppo si riunisce al completo, un venerdì sera va più o meno così. ci ritroviamo al solito bar, gestito da una tipa che ormai ci vuole e le vogliamo bene, ci chiede sempre come va e nota ogni volta un dettaglio "Hai cambiato tinta blu!" "Hai tagliato i capelli!". iniziamo chi con degli spritz chi con della birra, siamo sempre felici di vederci e più o meno la prima mezz'ora passa con frasi come Oooh ma quant'era che non ci vedevamo!!, abbracci e teste sulle spalle che intervallano i discorsi. siamo un gruppo di laureat e laureand in filosofia - attorno ai quali ruotano partner e amic di qualcun di noi - piuttosto sfigaty, non di quelli vestiti bene con una prospettiva di futuro: gente di provincia con un profondo odio di classe transfemminista che attende la lotta armata, a parte me e A. tutti depressi, e senza paura nei confronti delle scomodità perché tanto - cito - "Si fa tutto". qualcuno ha 28 anni e sta ancora scrivendo la tesi, qualcuno ha iniziato il dottorato, qualcuno viene sfruttato per 500€ al mese. quando arriva il momento di passare dallo spritz al negroni, C. racconta un'insolita esperienza sessuale che non ha gradito, facendo nascere confronti infiniti tra J. e M. che devono sviscerare i dettagli della cosa. Verso l'una qualcuna tira fuori le parole crociate e il gruppo si divide tra chi cerca di indovinare le definizioni e chi continua a parlare di chissà cosa - io provo a giostrarmi tra le due fallendo in entrambe. qualcuno va a fumare e fa avanti e indietro, quando rientra fa finta di nulla ma a fine serata si scopre che in quelle intime pause sigaretta a due o a tre si confessano segreti. C. è ubriaco - quando beve gli prende qualcosa che chiama "vena pansessuale", smette di essere etero e mi propone di fare sesso. in effetti in quel tavolo gli incroci negli anni sono stati parecchi ma tra noi due mai, non ci avrei mai pensato però e mi pare un po' strano che me lo dica così, poi mi rendo conto che non so neanche quanti negroni abbia bevuto quindi ha senso: gli dico che gli voglio bene ma magari un'altra sera. M. confessa a J. di essere innamorato di C. e quando il pettegolo me lo racconta la prima cosa che diciamo è Cazzo ecco perché sta così male! ci mettiamo settant'anni a prendere la via di casa, C. prova a picchiarsi usando le nostre mani mentre A. è l'unica che ride sguaiatamente alle cose che dico mentre cerco di trascinarli via. ci salutiamo pregando M. di ricordarsi di far mangiare C. domani, perché si dimentica di farlo ogni giorno e se non fosse per lui si potrebbero contare sulle dita di una mano le volte in cui mangia in una settimana. C. reggendosi a mala pena in piedi prima di salutarmi mi dice Adesso ti darò un bacio ok? io rispondo NO non farlo grazie, ti voglio bene segui L. e vai a casa, e mi chiedo Ma perché cazzo gli è presa così stasera. saluto gli altri e J. viene via nella mia stessa direzione, M. convinto di smascherare chissà quale segreto mi chiede Ma quindi tornate a casa insieme stasera??!! e io per l'ennesima volta gli devo ripetere che J. sta andando a dormire dalla ragazza che abita vicino a me, aggiungendo che ormai sono passati anni da quando scopavamo. alle interminabili ore 3:00 finalmente le nostre strade si dividono e io faccio l'ultimo pezzo di strada con J. che più che un amico per me è un braccio o un rene. oggi l'ho visto per la prima volta con la sua ragazza in un momento di tenerezza e mi sono sembrati innamorati, è bello vedere le persone che amo felici. ed è bello anche essergli accanto quando mi dicono che stanno male. da fuori forse sembriamo uno sgangherato gruppo di strambi maniaci, ma l'ambiguità ci piace anche quando non accade niente, la chiacchieriamo più di quanto non la pratichiamo davvero, e quella che più ci riesce è l'ambiguità emotiva - col cazzo che l'amore romantico è più importante dell'amicizia che abbiamo. ci prendiamo cura l'uno dell'altra: con una birra, con medicine, con la febbre la depressione la povertà la tesi i problemi d'amore, ci siamo.
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logorroicomentale · 8 months
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Momento racconto.
Ora che ho realizzato di essere a casa mi sono prefigurato come reagiremo noi nel gruppo quando li rivedrò, e mi sono messo ad immaginare le loro reazioni.
La prima che ho pensato è stata Giulia, lei sicuramente ci sarà un abbraccio bello forte e duraturo, anche magari con qualche urlo e scherzo, molto probabilmente io o la insulterò, o le dirò qualcosa di schifoso, o qualcosa di dolce e lei o ti risponde a tono o ti riempie in un abbraccio di tanto di quell'amore che cioè che cazzo le dici? Niente, ringrazi e stai lì, perché tanto, io se le volessi parlare di qualche paranoia dell'essere ritornato lei ti farà comunque sentire il bentornato. E ne sono sicuro perché l'ho sperimentato io stesso su tantissime cose che abbiamo passato, siamo letteralmente stati coinquilini per due mesi da agosto a settembre, non pensavo che l'avrei accusata così tanto la botta emotiva. Comunque sia, questo, ti da' quell'amore che ti fa sentire accettato ma senza pietà, l'amore giusto. Però c'è da vedere, non si sa mai.
Poi c'è Dori, io e lei ne abbiamo passate tante assieme e sarà quel misto: battute antisemite contornate da sesso ed esagerazione in un contesto fisico d'abbraccio strettissimo che provoca quel bruciore superficiale dell'occhio dalle lacrime, ma stra-colmo anche d'amore. (N.B.: non so nemmeno io quel cazzo che ho scritto, però lo mantengo perché ho bisogno che rispondiate con me alla domanda: sono stupido?
Poi c'è Mati: con lei molto più stalla, battute politiche, o che la faccio scandalizzare ma tanto alla fine ride con me dicendomi quanto sono scemo.
Benni: Mediamente con lei, salvo momenti ignoranti, battute un po' più seriose, però divertenti dai, qualche chicca però accade.
Mirko: un misto di amore e coglionaggine da fratello o zio, anche un cugino se serve, a seconda di quanto lo pagano.
Marianna: per lei devo prendermi più tempo per analizzare il tutto che mi serviranno almeno altri 5 post di questa lunghezza per descrivere tutto ciò che ho in testa.
Meta scrittura: Sto post mi è partito a caso, inizialmente avevo pensato principalmente a Giulia per una serie di motivazioni passate, anche relativi ai due mesi da coinquilini, poi però mi ci sono messo e mi piace. Ultima cosa: Una persona non l'ho messa per privacy.
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intotheclash · 3 years
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CAPITOLO 10
“Cazzo marcio! La mia non vuol saperne di accendersi!” Imprecò Schizzo, tenendo in una mano la sigaretta e nell'altra il fiammifero acceso.
“Sfido io che non ci riesci, coglione che non sei altro!” Lo rimbrottò, sghignazzando, Tonino, “Mica è un ramo secco! La devi metter in bocca e tirare, tonto!” Concluse, dando il buon esempio e assumendo quell'aria da scafato che io odiavo. Quella di chi crede di saperla sempre più lunga di tutti. Cercammo comunque di imitarlo. Titubanti e maldestri come un branco di elefanti in una cristalleria.
“Come ti senti?” Chiese sottovoce Bomba, seduto al mio fianco.
“Cosa hai detto?” risposi. Ero concentrato sull'operazione e sulle possibili trasformazioni del mio corpo, a seguito di quella prima, clandestina, fumata.
“Ti ho chiesto: come ti senti?” Domandò di nuovo. Stavolta a voce più alta. Talmente alta che tutti si voltarono a guardarlo e scoppiarono in una rombante risata.
“Che c'è, Bomba? Hai fifa? Guarda che mica devi mangiartela!” Lo provocò Sergetto. Ma si vedeva che pure lui era impaurito. Ce lo aveva scritto in faccia.
“Se era da mangiare, un sol boccone e sarebbe sparita! Anzi, si sarebbe pappato anche le nostre sigarette!” Rincarò la dose il Tasso.
Bomba lasciò scivolare a terra le provocazioni. Era turbato, preoccupato, si, insomma, aveva una fifa della Madonna. Tanto che mi chiese, per la terza volta:“Allora, Pietro, me lo dici come ti senti?”
“Che vuoi che ti dica: secondo me non fa un cazzo! A parte la puzza e la bocca cattiva, sto esattamente come prima. Niente di niente.” Era vero. Non riuscivo proprio a capacitarmi del perché si dovesse fumare. Che gusto ci provavano?
“Ma tu, lo mandi giù il fumo?” Chiese l'insegnante Tonino.
“Giù dove? Dove cazzo devo mandarlo?”
“Nei polmoni, tonto! Dove se no? Nel buco del culo? Davi aspirare, mandare giù, trattenere un po’ il respiro e buttarlo fuori così!” Disse, soffiando fuori il fumo dalle narici. Lo guardammo ammirati ed anche invidiosi. Lui si che ci sapeva fare. Si vedeva che non era la prima volta.
“Come cazzo hai fatto?” Gli chiese il Tasso, fissandolo come a carpirne il segreto.
“E’ facile, butti dentro il fumo e respiri col naso. Puoi farcela anche tu!”
“Se sei capace tu, che sei nato stupido e, crescendo sei pure peggiorato, sicuro che ne sono capace anch'io! State a vedere!” Il Tasso si concentrò sulla parte, diede una gran tirata, ma la parte finale non fu mai partorita. Gli si riempirono gli occhi di lacrime, il viso si accese di un rosso violento e iniziò a tossire come il motore della macchina di mio padre quando è ingolfata e di partire proprio non ne vuol sapere. Quello si che era un bell'effetto! Si alzò in piedi e iniziò a girare in tondo piegato su se stesso. Tossiva e sputava, quasi volesse liberarsi pure dei polmoni in fiamme. Alla fine si vomitò pure l'anima.
“Che schifo!” Esclamò Schizzo, inorridito alla vista di quella scena.
“Che succede, Schizzo? Non dirmi ora che ti fa schifo il vomito!” Chiesi.
“Il vomito no, ma questa bestia ha mangiato i piselli. Guardali lì, sono ancora interi! Io i piselli li odio!”
La prima esperienza con le sigarette fu molto istruttiva. Ci insegnò che…facevano vomitare. Ma non mollammo. Da lì a non molto, saremmo diventati, tutti e sei, dei fumatori incalliti. Avremmo scoperto, sempre a posteriori, che anche il vino poteva far vomitare, e la marjuana e le donne, in qualche caso, tuttavia cercammo sempre, con tutta la nostra volontà, di non farci mancare niente di quanto sopra elencato. C'era quasi da credere che vomito e piacere fossero due facce della stessa medaglia.
“Senti, Tonino, dove le hai sgraffignate le sigarette? Dalla giacca di tuo padre?” Domandò Sergetto.
“Mica voglio morire da giovane! Le ho fregate a mio fratello, Francesco.”
“Cosa?” Intervenne preoccupato il Tasso, che ancora sussultava per la tosse, “Ecco perché ho vomitato! Erano drogate!”
“Che cazzo vai dicendo, idiota?”
“Mio padre dice che tuo fratello è un drogato. E che, prima o poi, si metterà nei guai.”
“Certo che sei proprio uno stronzo, Tasso! E pure tuo padre! Anzi no, forse tuo padre non è stronzo, ma un drogato vero!”
“Drogato si, ma di pippe!” confermò sorridendo Bomba.
“Pipparolo! Pipparolo!” Gridammo in coro. In parte per stemperare la situazione, ma molto di più perché niente era così divertente come prendere per il culo qualcuno.
“Fatela finita! Mio padre non è un pipparolo!” Si difese il Tasso, assumendo la tipica posizione da combattimento del suo spirito guida.
“Se è come dici tu, allora perché tutti lo chiamano Pippo?” Chiese Sergetto. Non mollare mai. Era una delle regole fondamentali del gioco.
“Perché è il diminutivo di Filippo, deficiente che non sei altro!”
“Si, ma perché hanno scelto la parte finale del nome? Ci sarà un motivo! Lo avrebbero potuto chiamare Fili!”
“Fili? Hai mai sentito nessuno con quel nome?”
“Sarà pure come dici tu, Tasso, però la faccia da pipparolo ce l'ha davvero. Eccome se ce l'ha!” Sentenziò Schizzo. E l'ilarità toccò di nuovo il suo picco massimo.
“Non prendertela, Tonino,” Dissi, non appena ebbi riacquistato l'uso della parola. “Lo sai come sono fatti i genitori, no? Si preoccupano di tutto, non va mai bene niente e nessuno. Solo loro sono perfetti. Non sbagliano mai, fanno sempre la cosa giusta. Il Tasso non voleva offenderti.”
“Certo che non volevo offenderti! E non volevo offendere nemmeno tuo fratello. Mi sta pure simpatico. Ride sempre e mi saluta, ogni volta che mi incontra. Ho solo detto cosa ne pensa mio padre. Non volevo farti incazzare!”
“Mi dispiace, Tonino, ma anche mio padre dice che tuo fratello si droga. Ma che vuol dire? Io non lo dico! E neanche lo penso!” Disse Sergetto, avvampando di vergogna,
Tonino lo guardò di traverso, ma non replicò. Era diventato improvvisamente triste. Non aveva più voglia di combattere quella battaglia. Poi sapeva che non era con noi che doveva combattere, Noi eravamo i suoi amici. Stavamo dalla sua parte, perdio!
“Non volevo dirtelo, pure a me dispiace, ma mia madre dice esattamente le stesse identiche cose.” Aggiunse timidamente Bomba.
“E tu, Pietro? Che mi dici?” Mi chiese direttamente, Tonino, ma senza guardarmi in faccia. Conosceva già la risposta. Da qualche minuto era impegnato a gettare pietre nell'acqua, cercando di colpire le foglie dei cerri che viaggiavano in balia della corrente. Dava l'impressione che tutto il suo mondo si esaurisse lì. Mi schiarii la voce, avrei voluto indorare la pillola, ma non potevo. Eravamo amici, meritava la verità, per quanto cruda fosse: “Che vuoi che ti dica? Lo conosci mio padre, lo sai come è fatto. Quando ci si mette è il peggio di tutti. Per lui non solo tuo fratello è un drogato, ma lo sono anche tutti i suoi amici. Drogati e scansafatiche. E quelle tre ragazze che stanno sempre insieme a loro sono tre troiette che te le raccomando!” Avevo vuotato il sacco.
Ci fu un attimo di silenzio lungo una settimana. Tonino lanciò l'ultimo sasso, si voltò verso di noi con gli occhi arrossati dallo sforzo di trattenere le lacrime e disse: “ Lo sapete qual è la cosa che mi fa più incazzare?  Che anche mio padre, che poi dovrebbe essere anche il padre di mio fratello, la pensa come i vostri genitori. E, ogni tanto, glielo dice pure! si fanno certe litigate che sembrano non finire mai. Prima o poi, andrà a finire che si ammazzeranno di botte. Anzi, andrà a finire che mio fratello ammazzerà di botte mio padre. E io sarò felice! Perché mio padre è uno stronzo, ma mio fratello è un grande! Ecco cosa penso!”
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giovaneanziano · 3 years
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Hunger Games - La seconda notte delle lacrime
La notte porta sonno e morte, vediamo chi non la supererà
IL TIZIO CHE SI LAMENTA CHE GLI ESAMI SONO ANDATI UNA MERDA E PRENDE 30 E LODE finalmente rinasce dalla sua tana di sterco e foglie e vuole rimettersi in riga “IO STA PROVA LA PASSO, NON ME NE FREGA UN CA” e pesta su una mina. Ops ha trovato il mio campo minato. Ecco dov’era la mia seconda prova dopo la nebbia di gas. Vabbe spiaze, era pure della Lazio
@orestiade ci appare in un nuovo mood: non riesce a dormire, quindi cosa potrà fare? Ammazzare a sangue freddo? no, cantare. Canta le canzoni dei topini di Cenerentola, con tanto di vocine falsettate! “HO TROVATO HO TROVATO IL VESTITO UN PO’ ANTIQUATO, MA SE NOI CI DIAM DA FARE SI PUO’ RIMODERNARE” raga io le starei alla larga che v’ammazza tutti
@iajato la si vede in un angolo rannicchiata dondolare in avanti e indietro, avanti e indietro. Piange e ride, ride e piange ao raga sono passati due giorni eh, non è il Vietnam, mica dovete ammazzare tutti. ah si.
@gold-insanity è pieno di risorse fuori, ALTRO REGALO! lo scarta seccato e trova una borracci d’acqua a cui manda solo... il beccuccio. Come dite? sono state inviati i pacchetti in ordine sbagliato? Ops... non è mica perchè vi voglio morti eh, eddai sui che malefici...
@kuramaaa fortunella, anche lei un regalino dallo sponsor! Apre il pacco e trova un’ipad. Scarico però. dentro un biglietto “presente quando avevi cliccato quella pubblicità del milionesimo visitatore? ECCO HAI VINTO VERAMENTE! COMPLIMENTI” però non se ne fa nulla ed inizia a piangere fragorosamente
@burroesalvia @dichiarazione @mafaldinablabla e @tehwolfeh si sono radunate. La seconda sera rievoca brutti ricordi e dormire soli è molto pesate. Quindi Valentina si accoccola vicino a Dichiarazione visto che ha un cappotto lanoso che le ricorda la sua copertina, Dichiarazione è troppo assonnata e dorme e manco se ne rende conto, Mafaldina si ritrova i piedi di Wolfeh in bocca e wolfeh sopporta Valentina che parla nel sonno di cose sconnesse come Badola, Torte, Marsupiali. Quattro donne una capanna
@wemademadhatterworld è il tuo turno di prendere un regalino dagli sponsor! Nella tanichetta trova DUE CHILI DI NOCI! Wow! e dei Medikit! OTTIMO! peccato che le noci abbiano il guscio e ogni volta che ne spacchi coi sassi le distruggi e mangi solo briciole. Eh vabbe, magari nel prossimo pack trovi lo schiaccianoci, chi sono io per saperlo se non il creatore MUAHAHA
@cielidipintii e @acciarino​ vengon ritrovate a piangere una sulla spalla dell’altra per sfogarsi delle sfighe. Una ha lasciato il gatto a casa ed è preoccupata, mentre l’altra non trova più gli airpods. Poi si ricorda che manco li ha portati e piange peggio di prima. E’ tutto piangere stasera madò manco solo che piange io e abbiamo fatto Cryin’ games
@geometriche​ è stufa di sentire piangere. Ma basta cazzo che siamo in premestruo tutti? BASTA-PIANGERE. Allora si arrampica sull’albero, si rannicchia li e decide di dormire. E da persona decisa quale è, come lo decide lei dorme. Però poi si sveglia e piange anche lei E ANDIAMO GIO CREDEVO IN TE.
@cretina-te​ non ci sa più stare da sola e a sto giro è con @mantenetevifolli​ e @bruttipresentimenti​. Sono persona molto posate e stanno parlando della serata e della mattinata. Creti si chiede se ha senso tutto questo, quanto potrà durare e se veramente dovranno ammazzarsi tutti tra di loro. Folli crede di si, ma se staranno unite potrebbe essere che il creatore le risparmi (illuse ndr) e potrebbero fare come l’altro Hunger games. Bruttipresentimenti invece crede che debbano giocare fino all’ultimo e solo alla fine scopirire se c’è qualcosa all’ultimo, che secondo lei alla fine fermeranno tutto ed è solo per dare una lezione a qualcuno. La teoria dei poteri forti di Brutty non entusiasma le altre due e con un “Se se esatto certo hai ragione se se se” dormono e meditano di lasciarla indietro, che i complottari hanno rotto le balle. Anche se Mantenetevi vuole ucciderla nel sonnno, ma non riesca a svegliarsi in tempo
E ANCHE QUESTA GIORNATA SI E’ CONCLUSA con la fine dell’ennesimo Distretto morto Ciao 3-10-11-12!
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erosioni · 3 years
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La felpa
Dovevo prendere una felpa. Sono proprio stupida, dovevo prendere una felpa, penso mentre cammino più veloce che posso. È notte, non so nemmeno che ora sia. Ogni tanto qualche macchina mi sfreccia a fianco, velocissima. Normalmente camminare sul ciglio della strada mi farebbe un po’ di paura, ma ora sono troppo ubriaca e voglio solo arrivare a casa. Incrocio le braccia sulla pancia scoperta per cercare di trattenere un po’ di calore. 
Per distrarmi ripenso alla festa in spiaggia dalla quale sono appena andata via; forse oltre al vino e alla vodka ho preso anche qualcos’altro. Mi gira la testa e ho uno strano sapore in bocca. L’immagine vaga di qualcuno che mi sorride compiacente e che mi offre quello che pensavo essere solo birra è spazzata via da una folata del vento gelido di fine estate, che soffia sulla pelle d’oca delle mie gambe scoperte. Mi metto quasi a correre, ho ancora un bel po’ di strada da fare.
Nelle orecchie sento il suono ovattato della notte. Poi una musica indistinguibile in lontananza, ma forse si sta avvicinando. Sento un’auto rallentare e fermarsi proprio di fianco a me. Please could you stop the noise? I'm trying to get some rest from all the unborn chicken voices in my head. Una canzone famosa, forse l’ho già sentita. È un grosso SUV scuro, alla guida è un uomo adulto. Non lo vedo tanto bene fino a quando non accende la luce interna dell’auto. Ha dei bei lineamenti, gli occhi scuri e profondi. È brizzolato. Un viso rassicurante, ma in questa situazione non posso che avere l’istinto di accelerare il passo e di afferrare il cellulare per cercare nella rubrica il numero di mio padre. L’auto mi segue a passo d’uomo, la musica si abbassa e sento la sua voce.
- Hai bisogno di un passaggio? - No grazie. Cosa gli fa pensare che potrei salire in macchina con uno sconosciuto, a quest’ora della notte poi? - I tuoi genitori lo sanno che sei in giro a quest’ora? Dove abiti? - Sì lo sanno e comunque sto tornando a casa e se non arrivo tra dieci minuti si preoccuperanno. Volevo usare un tono intimidatorio, ma a causa del freddo e delle sostanze la mia voce trema. Invece di spaventarlo sembro solo una bambina implorante. Lui ride. - Non ti voglio mica rapire, ti voglio solo accompagnare a casa. Anche io ho una figlia giovane, non mi piacerebbe se girasse di notte conciata così. In effetti sono mezza nuda. La gonna che mi ha prestato la mia amica Sara è stretta e mi sta leggermente corta, ogni tanto me la devo abbassare. L’ho abbinata ad un top nero in pizzo, sotto al quale non ho proprio niente. Per fortuna è buio pesto, o si vedrebbero i capezzoli duri per il freddo.
- Dai, avvisa i tuoi genitori e salta su. L’abitacolo sembra caldo e accogliente e io sono stanca di camminare. Quest’uomo è rassicurante e dubito che mi voglia fare del male. Ha anche una figlia. Voglio chiamare papà per spiegargli la situazione, ma probabilmente si è già addormentato. Decido di scrivergli un messaggio quando sarò al caldo nella macchina. Apro la portiera, e subito il tepore dell’abitacolo mi assorbe.
- Grazie. - Non è un problema. Mi chiamo Fabio. - Io Laura. - Fa freddo eh? Lancia uno sguardo alle mie gambe. Quando mi sono seduta la gonna si è alzata parecchio e a malapena mi copre le mutandine. Me la abbasso per quanto posso.
- Vai dritto per un po’, non è tanto lontano. Fabio inizia a guidare e io mi posso rilassare. You don't remember, you don't remember. Why don't you remember my name? Mi lascio cullare dalla musica e guardo le luci dei lampioni fuori dal finestrino. Vorrei chiedere chi è che canta ma la testa mi gira fortissimo. Devo chiudere gli occhi. Mi dico che li riposerò solo per un secondo. Solo un secondo.
Invece comincio a cadere dentro un pozzo infinito, come Alice nel paese delle meraviglie. Non è spiacevole però. Mi abbandono alla caduta che non controllo, è come volare. Mentre volo ho la sensazione che qualcuno mi stia accarezzando dolcemente. Sento il calore di una mano contro il fresco delle cosce scoperte. È rilassante e vagamente eccitante al tempo stesso. Una voce chiama il mio nome. – Laura… Laura… 
Apro gli occhi. Capisco improvvisamente che stavo dormendo. Sento il ritmo delle quattro frecce, l’auto è ferma. In sottofondo la canzone è cambiata: karma police, arrest this girl, her Hitler hairdo is making me feel ill. Questa la conosco. Fabio mi guarda con un’espressione un po’ perplessa. Ha una mano sul mio braccio, come a proteggermi. È caldissima. Mi fa piacere questo gesto, ma mi imbarazza un po’, mi fa sentire piccola. – Scusa, mi sono addormentata… 
Mi stava veramente accarezzando le gambe o me lo sono sognato? Comunque era un sogno piacevole. - Laura, ma sei fatta? Non riuscivo a svegliarti e mi sono fermato… - Ho solo bevuto un po’ – mi metto sulla difensiva. Sorride. – Dovresti sentire come biascichi. Non c’è niente di male se ti sei fatta un po’, ma se dormi non mi puoi dire qual è casa tua…  Cerco di orientarmi, ma è faticoso. Gli faccio il gesto di proseguire: - All’inizio del paese, da quella parte, abbiamo affittato una casa là. - Tuo padre non si incazza se rientri in questo stato? Non so cosa rispondergli. Mi sento in colpa ma non è colpa mia. Io sono sicura di non aver preso nulla, non ho neanche fumato. – Forse mi hanno dato qualcosa. Quando ha cominciato a sentirmi strana ho deciso di andarmene dalla spiaggia, ma non volevo rompere le scatole ai miei amici… - - Va bene, dai, mi dispiace, è una brutta sensazione perdere il controllo, vero? Annuisco e deglutisco. Mi sento fra le nuvole. Non so se è una sensazione brutta o bella, come se non riuscissi tanto a pensare, a parte che la voce di Fabio è molto bella e mi fa venire la pelle d’oca. Penso – Meno male che non lo sa… - e mi viene da sorridere. - Ora perché stai sorridendo? – Anche a lui viene fuori un sorriso. Un bel sorriso, mi piace proprio quando sorride. Scuoto la testa perché non lo voglio dire. Fabio continua a sorridere: - Va bene, ho capito, continui a stare un po’ fuori. Vediamo se riesco a rimetterti in sesto, così puoi rientrare senza fare incazzare tuo padre, eh? – Lo dice proprio con la voce da papà, tutta paziente. Io continuo a sorridergli anche se non vorrei, ma è che mi sento tra le nuvole, speriamo che non finisca presto. - Nel cruscotto ho del Red Bull, ora te ne bevi un po’, così ti tiri su, ok? – Allunga una mano e apre lo sportello di fronte a me. Non riesco a trattenermi e mi metto a ridere forte. Mi guarda indeciso se mettersi a ridere pure lui o preoccuparsi. Mi porge la lattina di Red Bull, ma io rido e basta. – Ehi, se fai così mi preoccupo. Che cos’è che ti fa ridere tanto? –
Non vorrei parlare, ma mi esce di bocca come se parlasse un’altra: - Ho visto i preservativi! Ho visto i preservativi! – Anche Fabio scoppia a ridere – Ma stai proprio fuori come una zucchina! Mai vista una cosa del genere, la voglio prendere anch’io ‘sta roba… ti fanno ridere i preservativi? – - Mi fanno ridere perché ho capito cosa cercavi in giro di notte da solo. E io che pensavo che fossi un buon papà… –  mi rimetto di nuovo a ridere anche se cerco di fermarmi. Fabio non ride più. - E brava la detective… sarà la droga che ti rende così intuitiva? Quindi sono un cattivo papà? -  All’improvviso mi sento una scema. Ma che sto dicendo? Perché gli ho detto una cosa così cattiva, poi è anche tanto carino, chi se ne frega cosa fa la notte? - Dai beviti questo Red Bull, così poi ti riporto a casa… - Ora la voce non è più simpatica come prima. Mi sento una stretta al cuore e mi vengono due lacrimoni agli occhi come se fossi una bambina scema. - No dai, Fabio, scusami, non sei un cattivo papà, giuro, giuro… ho detto una stronzata… - - Lascia perdere, bevi che stai fuori… e poi forse hai ragione che sono un cattivo papà… non sei certo l’unica a dirlo - Tiro un sorso di Red Bull e mi sale la nausea. Poi mi metto a piangere perché non è giusto che Fabio sia triste. Non è giusto per niente. E mi sento sempre più stupida. - Laura, non piangere così – - Non sei un cattivo papà, non lo sei… - Lo abbraccio e mi stringe a sé. Mi sento protetta adesso. Mi viene ancora di più da piangere perché gli ho detto una cattiveria e invece lui mi sta abbracciando. Sento un odore di dopobarba, gradevole. – Shhh, va tutto bene, bella. Nessuno è cattivo qui, vero? Non c’è bisogno di piangere, dai… -  Sento i brividi che mi scuotono. Dovevo portarmi una felpa. – Abbracciami, abbracciami, ho tanto freddo… - Poggio la testa sulla sua spalla. Le sue braccia mi cullano. La voce canta: It's always best when the light is off, it's always better on the outside. Ora mi sento meglio. Non ho più i brividi. Non mi viene più da piangere. Le labbra di Fabio sono vicino al mio orecchio destro. Mi sussurra: - Va meglio, piccola? – Mi fa proprio sesso quando fa la voce da papà. Mi separo dall’abbraccio e bevo un altro po’ di Red Bull. Una vera schifezza. Però mi sento un po’ schiarita. Cristo, ho fatto proprio la figura della cretina, chi sa che pensa ora Fabio di me. 
– Scusami, mi vergogno un po’, ma non ci stavo molto…  - Ora non ci pensare. Se non ti riaddormenti tra cinque minuti sei a casa. - Io penso che sei una brava persona e anche un bravo papà… se no non sarei salita in auto  - Grazie per la fiducia, bella. Anche tu mi sembri una brava ragazza.  - Pensi che sono bella? Non pensi che sono una cretina sbronza con tutto il trucco sbavato? Si fa una bella risata. – Sei proprio un bel tipo tu, sai? 
Cazzo, mi piace quando ride e anche come parla. Però non so bene cosa fare, non ho mai avuto a che fare con uno così grande. Si piega verso di me come se mi dovesse dire un segreto. Invece sento la sua mano sulla mia coscia. Un tocco fermo, caldo. Non stavo sognando prima. Ci baciamo mentre mi tira di nuovo a sé con un braccio. L’altra mano risale sotto la gonna che ormai è praticamente arrotolata attorno ai miei fianchi. Non riesco a trattenere un sospiro. Ho già l’affanno. Mi bacia a lungo e mi accarezza attraverso le mutandine. Sento lo stereo bassissimo: And no alarms and no surprises. No alarms and no surprises. No alarms and no surprises. Silent, silent.
Sento che sto per venire. Di solito non succede così velocemente, forse è la droga o forse la situazione, non so. Vengo. Vengo e lui se ne accorge. Mi infila le dita sotto le mutandine. – Quanta fretta… -- ma lo dice sorridendo, perciò non mi vergogno. – Sei bagnatissima… - Faccio scendere la mia mano dal torace verso la pancia e poi glielo tocco. È durissimo. Ci scambiamo uno sguardo di intesa e comincio ad armeggiare con la cerniera dei suoi pantaloni. – Questo lo so fare bene – penso, mettendolo tutto in bocca. Non sono quasi riuscita a vederlo nel buio dell’abitacolo, ma è un bel cazzo, con un glande molto grosso. Lo spompino lentamente, riempiendomi la bocca con gusto. Lo sento fremere sotto la lingua e mugolare piano, ha una mano fra i miei capelli e accompagna il ritmo della mia testa. Sto ricominciando già ad eccitarmi.
 – Aspetta, Laura… - Mi stacco da lui controvoglia. Mi dà un bacio molto lungo, ho ancora il suo sapore in bocca. Armeggia con il cruscotto e tira fuori uno dei preservativi che prima mi facevano tanto ridere. Sento una contrazione fra le gambe. Non l’ho mai visto in piedi, ma deve essere piuttosto alto, mi chiedo cosa farà. Ora lo vedo meglio il cazzo, ci infila il preservativo. Sposta il sedile tutto all’indietro e abbassa lo schienale mentre mi dice – Levati le mutandine, bella… - Mi affretto a farmele scivolare giù, non so neanche dove sono finiti i miei sandali. Mi prende di peso e mi sposta dal mio sedile. Non sembrava così forte, mi si mozza il fiato. Mi siede su di lui, e mi posa le mani sullo sterzo. Sento il cazzo che scivola facilmente dentro il mio bagnato, mi devo trattenere dal mugolare. Mi abbraccia e mi stringe le tette, spostando il top. – Muovi il culetto, bella, muovilo per me… - Mi puntello tra lo sterzo e il sedile e comincio a dimenarmi. La sensazione è bellissima. – Fabio… Fabio… - ansimo – Chiamami papà, dimmi che sono un bravo papà… - Questa richiesta mi fa impazzire. – Mhhh… mhhh - Non riesco a dirlo perché mi vergogno ma mi eccita anche tanto. Sono nuda con uno sconosciuto che potrebbe essermi padre. Aumento il ritmo mentre Fabio mi aiuta con le braccia. È come se mi muovesse su di lui. Mi morde il lobo dell’orecchio. – Mhhh… s-sei un bravo papà… papà… papà…- Fabio esplode in un orgasmo molto rumoroso, mi schiaccia i capezzoli. Sento un calore intenso fra le gambe e vengo anche io di nuovo. Mi escono dei suoni assurdi dalla bocca, ma tanto non ci può sentire nessuno.
Ora sento di nuovo lo stereo: Sometimes I get overcharged that's when you see sparks. They ask me where the hell I'm going? Fabio mi bacia sul collo e mi viene da sorridere. È proprio dolce. Mi sposto lentamente sul sedile del passeggero. Mi tremano le gambe come se avessi fatto step. - Stai bene, Laura?  - Sì… è stato bello  - Anche per me. Non è che l’hai fatto solo perché eri fuori di testa? - Mhhh – Mi viene da ridere. - Fai ridere anche me, bella…  - Me lo dovevi chiedere prima, no?  Ridiamo tutti e due. – Va bene, allacciati la cintura, bella. In cinque minuti ti porto in paese. E non dimenticare di rimetterti le mutandine – Meno male che nella penombra dell’abitacolo non mi può vedere arrossire. Mi risistemo un po’. Non oso pensare la faccia sconvolta che devo avere. 
– Ecco, fammi scendere qui – dico, quando siamo alle porte del paese – non proprio davanti a casa che se mi vedono non so cosa dire… - Allora aspetta, bella. Prima di tutto dammi un bacio. – E ci baciamo. – Poi ti regalo una cosa – Mette il braccio sul sedile posteriore e tira fuori una felpa blu col cappuccio. – Non preoccuparti, a casa ne ho un altro paio uguali. Così ti copri un po’. 
Sorrido come una scema. Stavolta non è la droga, ma non so bene che dire. È proprio dolce. Forse dovrei dirgli qualcosa, tipo la mia email, ma alla fine non dico niente. Ci diciamo solo buonanotte e scendo nel fresco. Mi metto addosso la felpa mentre cammino verso casa, tiro anche su il cappuccio. Speriamo che stiano tutti dormendo. Sento l’odore di dopobarba e di sudore di Fabio nella felpa. Forse stanotte ci dormo dentro. Infilo le mani nelle tasche e sento qualcosa. Un cartoncino. Mentre apro il portoncino di casa lo guardo per un secondo. Il suo biglietto da visita. Avvocato. Completo di numero di cellulare e indirizzo. Mi viene da ridere. Chi sa se prima della fine delle vacanze avrò bisogno di sentire un avvocato?
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uds · 4 years
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kid a e io, un post a punti.
@soggetti-smarriti mi ha chiesto, mesi fa, di scrivere qualcosa riguardo al ventesimo anniversario dell’uscita di kid a. essendo che la vita vera è un po' frenetica in questo momento, riesco a mettermici davvero soltanto adesso. spero mi perdonerete.            
(in realtà ho preso in mano il pc con l'idea di scrivere un post sulle tre fasi del mio pormi verso lebron james, però un po' il senso di colpa verso massimone che mi chiede le cose, un po' il fatto che scrivere dei radiohead mi piace sempre un sacco, un po' che non so a quanti possa interessare un post scritto da me su lebron james, o un post scritto da me in generale, o -aspetta- un post scritto da me sui radiohead mio dio cosa sto facendo? perché sto perdendo tempo e facendo perder tempo alla gent            
e insomma, kid a.            
kid a è uscito vent'anni e passa fa, ma facciamo finta che l'anniversario sia oggi, che a ottobre fa anche un bel freschetto simpatico, vuoi mettere con dicembre che ti alzi, ti lavi al gelo con la stufetta puntata in faccia, cammini fino all'auto in preda all'unione di freddo e sonno, la peggior combinazione che poss            
e insomma, dicevamo, kid a.            
questo è un post a punti, assolutamente casuali, che racconta delle cose sparse su me e quel disco:            
-kid a esce che ho 17 anni e me lo fa ascoltare per la prima volta in assoluto la mia amica milena, che è la stessa che mi ha passato the bends e ok computer. lo ascolto in corriera, andando a scuola, in mezzo alle chiacchiere dei tizi che mi circondano.            
(il dialetto veneto, in certe frazioni di campagna che attraversavamo per arrivare alla città dove frequentavamo le superiori, è fatto di zolle e nebbia; quando, come capitava secondo la moda di quei tempi, era incapsulato in giubbotti catarinfrangenti della energie, buffalo alte dieci centimetri e capelli acconciati in spuntoni ritti e lucidi, offriva un immaginario desolante di discoteche di domenica pomeriggio in mezzo al nulla come massimo della vita)            
(immaginario che, come il lettore attento capirà, non ha fatto altro che rendere ancora più efficace la creazione di un mondo estraneo e alien(at)o da parte dei cinque tizi della band + il produttore).            
è straniante, e al primo colpo ci capisco poco. a parte idioteque, idioteque è una bomba ed è immediatamente la mia preferita del disco;            
-idioteque peraltro scopro che è costruita a partire da un sample, e a 17 anni storgo un po' il naso (che è già grande di suo, per cui non è un bel vedere), perché insomma, noi non vogliamo i sample, noi vogliamo che tutto sia originale e suonato e            
poi scopro che il sample è una roba che in originale son cinque secondi su un brano sperimentale di venti minuti presi a cazzo, e allora va benissimo uguale raga;            
-kid a è uno dei due motivi per cui non presto mai cd da vent'anni (oddio, negli ultimi cinque o sei nessuno ha mai più domandato un cd in prestito, perché non usate più i cd, ma ci siamo capiti). l'altro motivo è italian rum casusu cikti.            
in entrambi i casi cd che adoro, in entrambi i casi cd che ho prestato, in entrambi i casi cd che mi sono tornati indietro con la confezione distrutta e, in un caso, col cd stesso pieno di righe sotto, che suonava uguale senza saltare, ma comunque.            
in entrambi i casi, manco mi è stato chiesto scusa per averli ridotti così. e allora andate a fanculo e i cd ve li comprate;            
(uno dei due tizi ad avermi trattato male i cd era uno scout. vedi a ritenere accettabile la prospettiva di stare per settimane senza bidet in montagna cosa si finisce a fare?)            
-in kid a thom yorke comincia a usare la voce in maniera diversa, e non tornerà mai più a farlo come nei dischi precedenti. ammettiamolo, è un po' un peccato;            
-ho sempre considerato kid a e amnesiac come lo stesso disco. fa tutto parte delle stesse sessioni in studio, è materiale inciso contemporaneamente e loro stessi all'uscita di kid a hanno sostenuto che, se alla gente fosse piaciuto il disco, avrebbero fatto uscire altro da quelle registrazioni dopo pochi mesi. come in effetti è successo. volendo quindi considerare tutto come un'opera unica, la mia canzone preferita del lotto è i might be wrong, che oltre a essere una canzone della madonna è anche, curiosamente, una delle pochissime canzoni dei radiohead ad avere un testo particolarmente ottimista.            
(poi magari invece mi sbaglio io e parla di quando di notte ti alzi per andare in bagno e ti devasti il mignolo sullo spigolo del letto. però la porta della camera è dalla tua parte del letto, quindi sarebbe impossibile devastarsi un piede per andare in bagno, dato che il letto te lo lasci semplicemente alle spalle. è un mistero, oh. però il dolore serve a questo, ad affrontare l'impossibile);            
-le ore passate a guardare il libretto nascosto sotto la plastica porta cd. che mi pare che nelle successive ristampe manco lo avessero messo dentro (fai i miliardi e vai a risparmiare su un booklet, pfffff). le pagine traslucide. le immagini cattive, che altro che le copertine dei dischi metal dei miei amici. il personaggio che pensa "amok" e chiaramente è koma al contrario dai, anche perché            
-per un bel pezzo sono stato estremamente convinto che kid a fosse un concept album sulla morte, su cosa succede all'anima dopo che si muore e sulle conseguenze della morte di una persona cara su chi resta. uno dei miei primi contributi sul forum che frequentavo all'epoca  (che belli i forum, quanto mancano i forum) fu un pezzo lunghissimo su questa cosa, analizzando canzone per canzone;            
-in una recensione del disco, segnatamente in una frase riguardante how to disappear completely, avevo letto l'espressione "chitarre sognanti", che un po' mi aveva fatto ridere perché chiaramente è la frase di chi non sa definire qualcosa e allora si butta sul poetico. tuttora quando devo parlare di una canzone e non so cosa dire lancio là un bel chitarre sognanti come inside joke. ma essendo un inside joke tra me e il me stesso 17enne lui non ride mai, con la storia che lui esiste solo nel 2000, sto stronzo. comodo così;            
-how to disappear completely prende il titolo da un libro. la mile mi aveva regalato il libro. anni dopo gliel'ho prestato perché voleva farlo leggere al suo ragazzo. poi si è lasciata col suo ragazzo è non ho più riavuto indietro il libro, che aveva lui. il libro è, quindi, scomparso completamente;            
-i radiohead in quel periodo avevano questa cosa curiosa di fare i tour dei dischi prima dell'uscita dei dischi stessi. quindi io li ho visti nel 2001, pochi mesi dopo l'uscita di kid a, ma era il tour di amnesiac. io e la mile siamo andati a mestre una mattina, saltando scuola, e abbiamo comprato i biglietti (82 mila lire, porca zozza) in un negozio di dischi in una via laterale di piazza ferretto. quel negozio di dischi non esiste più. non esistono più neanche le lire. il concerto dei radiohead del 2001 invece è inciso a fuoco nel mio cuoricino (oltretutto è stato il mio primo concerto in assoluto), e rimane probabilmente  il momento di musica dal vivo più bello della mia intera vita finora. ma ne ho parlato fin troppe volte, quindi taglio corto.            
però ecco, lasciatemi ripetere che ho messo io le batterie per fare il bootleg che trovate in internet, dato che il tizio che lo doveva fare (l'admin e creatore di un forum dell'epoca sui radiohead) era rimasto senza. quindi evviva me;            
-uno dei due tizi con cui siamo andati al concerto di verona sperava di sentire creep. pffffffffffff.            
-kid a, nel tempo, l'ho sentito un sacco.            
-con la mile adesso invece ci sentiamo poco, giusto un paio di volte l'anno. però lei sa che le voglio bene uguale.            
non rileggo. perdonate gli errori e le ripetizioni. 
spero di scrivere qui sopra più spesso.
ve vojo ben.        
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Per esercitarmi nell'ascolto sto cercando di trascrivere la diretta per il compleanno di Ermal. (Solo la conversazione tra Ermal e Fabrizio, però -  la cosa intera è lunghissima.)  Ecco la prima parte.
Se qualcuno potrebbe fare qualsiasi correzione, o aiutarmi con i tratti che non riuscivo a distinguere, sarei molto grata! A volte parlano molto veloce e la qualità della connessione non è la migliore. A volte, anche con la velocità messa a 0.25 non riconosco le parole, o penso di capire quello che dicono, ma non come lo stiano dicendo. Presto posterò una traduzione inglese, e poi il resto. ==== ERMAL: Allora, io sto aspettando Bizio. Fabrizio Moro, ecco qua, aggiunto. In attesa di Bizio. Bizio!
FABRIZIO: Ci sei?
ERMAL: Oh la la!
FABRIZIO: Auguri!
ERMAL: Ciao, fratello, come stai?
FABRIZIO, senza pietà o considerazione per la povera trascrittrice inglese che non sa i dialetti: Ma che fatt e capill? [Cosa hai fatto ai capelli?]
ERMAL: Mi sono ... [RIDE] Tu che cazzo hai fatto? Mi sono appena fatto la doccia, non sono riuscito ad asciugarli in tempo, tu devi provar del tutto, eh? Che cazzo ridi, ingenuo sorridi che mi prendi in giro adesso, e ridi tu. Ma senti, ma ...
FABRIZIO: Ma Pasqua è passata.
ERMAL: Lo so, lo so, e c'era una bella sorpresa qui in mezzo, ma te, piuttosto, hai smesso di comprare le camicie di due taglie più piccole per esaltare il pettorale?
FABRIZIO: Ma che vuoi esalta qui io, con tutti gli stili [???] che stavo per [XXX] dentro casa, c’è poco da esaltare.
 ERMAL: No, sei sempre ... guarda, ho scritto anche qualche giorno fa, sei sempre il DILF della musica italiana, proprio... io che conosco un sacco di giornaliste come anche te, però a me le cose vere vengono a dire, veramente, no che ti sentiresti interessato ...
FABRIZIO: Che dicono, che dicono?
ERMAL: Dicono [FARFUGLIA] “Guardalo, che sguardo da piacione, guardalo!” Dicono che ti spolperebbero vivo.
FABRIZIO: Ohh!
ERMAL: Sì, ma proprio tante, che tu sei proprio il sogno proibito di un sacco ... davvero. Quindi cosi ti voglio svelare questa cosa qua. Ma chi c'è la indietro, tuo figlio Libero - ciao, Libero!
LIBERO: Ciao, auguri.
ERMAL: Grazie, come stai?
LIBERO: Bene.
ERMAL: Come fai a sopportare tuo padre tutti i giorni?
LIBERO: [ROTEA GLI OCCHI]
FABRIZIO: Lo sai quanti anni fa?
LIBERO: No.
FABRIZIO: Secondo te, dei due chi è più vecchio, papà o lui?
LIBERO: Lui. È una domanda trabocchetto.
ERMAL: Gli vuoi compiacere, eh, gli vuoi compiacere.
FABRIZIO: Ha detto sei un vecchio te!
ERMAL: No, no, ma lo sai cosa l’ha ha detto prima, tuo papà? Mi ha detto "ma quanti anni fai?" "Trenta-nove." "Ma mortacci, non ci arrivi mai, eh? A quaranta mai ci arrivi, sempre là stai, sempre sui trenta." 
FABRIZIO: Senti, ma … gli auguri … toglimi una curiosità?
ERMAL: Dì.
FABRIZIO: Ti ho fatto gli auguri sulla story d'instagram, no?
ERMAL: Già. [MA IN REALTÀ DICE QUALCOSA PIÙ COME “EH, JA”???]
FABRIZIO: Però poi mi hanno iniziato a scrivere tanti i tuoi fan dicendomi che non t'ho taggato.
ERMAL: Eh, infatti, io l'ho visto attraverso screenshot perché se tu non mi tagghi ...
FABRIZIO: Te ho taggato, però, perché il tag è ...
ERMAL: Che ne so. Hai visto tuo papà vecchio? non sa neanche la storia della chiocciola.
FABRIZIO: A parte gli scherzi, io ho messo la chiocciola poi scritto Ermalmetamusic...
ERMAL: Ma non mi è uscito.
FABRIZIO: E ti ho taggato sulla ...
ERMAL: Non mi è uscito. Infatti, te l'hanno detto in tanti. Vabbé, dai, ma tanto sappiamo che non è che tu sei molto tecnologico. Come va la quarantena, fratello?
FABRIZIO: Bene. Bene.
LIBERO: Io ce l’ho Play.
ERMAL: Tu giochi a Play, eppure io. Sai che anch’io, ogni tanto. A cosa giochi, tu, Libero? 
LIBERO: Io Fortnite
ERMAL: Che cos'è Fortnite?
FABRIZIO: Dai …
ERMAL: Non so.
FABRIZIO E LIBERO: [XXX grosso ????].
ERMAL: Fortnite è cosa, un gioco di spari - non spari a tutto?
FABRIZIO: Senti, a proposito dei giochi, a parte gli scherzi, come stai?
ERMAL: Bene, bene. Chiuso qua, come tutti. Si va avanti in scrittura, ma molto molto a rilento, veramente molto a rilento, perché, non so, mi sembra un periodo assurdo, perché è come se le cose che mi vengono da scrivere adesso, è come se non avessi qualcuno a cui rivolgermi, capito, perché comunque l'attenzione di tutte le persone, ovviamente, giustamente va in un'altra direzione, capito
FABRIZIO: Lo sai che sto facendo fatica anch'io.
ERMAL: Eh, ma ho visto che c'è ... ho visto in giro che più persone insomma ...
FABRIZIO: Io dicevo sempre a tutti i colleghi che abbiamo che ho sentito in questi giorni, a tutti quasi appunto la stessa cosa, che è un conto poi è decidere di stare a casa per scrivere e un conto è che invece [XXX ??? !!!] in posto, no
ERMAL: No, ma infatti, questa è quasi un’imposizione, tutti pensano, o magari si immagina come diceva anche Barico, qualche giorno fa, ho visto il suo video e mi trovo assolutamente d’accordo. Molta gente pensa che chi è creativo in un momento così possa comunque sfruttarlo per dare libero sfogo alla creatività, però la creatività, secondo me, in questo momento non viene nutrita, perché comunque, quella parte di te che tira fuori cose, e temo, [???] sai bene, è un po’ come un mostro vorace, ha bisogna di vita, bisogna di nutrirsi di un sacco di cose, no?
FABRIZIO: Devo dire, su un punto di vista dei testi è cosi, no? 
ERMAL: Si. FABRIZIO: Poi, da punto di vista musicale perdo un sacco di tempo in camera qui … a un certo punto ho [XXX] tutto, ho acceso tutto, ho portato tutta la roba che avevo in cantina ... ho il mio preferito basso, la mia preferita chitarra, [QUALCOSA DEL GENERE MA CHE DICE, AIUTATEMI???] la batteria, tutto quanto, tutto qui, facendo casini, proprio.
ERMAL: Ma riesci a registrare qualcosa, hai buttato giù della roba?
FABRIZIO: Si, si, butto giù delle robe, però ti ho detto testi ancora, un po’ 
ERMAL: Guarda, io per fortuna ho scritto tanto prima, dico per fortuna, dal punto di vista del dirompere [???] creativo, cioè, dal periodo di ottobre più o meno fino a… anche da settembre, proprio da ottobre, fino poi a quando non ci siamo rinchiusi, avevo scritto tantissimo, ce ne avrò, oh 26, 27 di pezzi, però te mi conosci, lo sai, non sono mai contento poi alla fine. Solo che poi anche gli stessi pezzi che ascoltavo prima e mi cassavano [???] dicevo, “cazzo, che figata [???], mi piace ‘sta roba” adesso li ascolto e non li ascolto più con le stesse orecchie di prima. Non so se riesco a spiegarti questa cosa qua
.FABRIZIO: Infatti per me è sempre così. Infatti io sono … ho bisogno spesso io, di un produttore, voglio dire un confronto, no? 
ERMAL: Ah, ti produco io, tranquillo.
FABRIZIO: Capita spesso pure a me ma penso capiti a tanti, ’sta cosa.
ERMAL: Si, si, capita con tanti nostri amici, colleghi insomma, è capitato di parlarne…
FABRIZIO: A te è capitato…devi ascoltare … dicevo, per scritto il pezzo della vita, bellissimo, poi dopo una settimana…?
ERMAL: Dopo una settimana ti viene da prender e buttar via tutto, cancelli tutte le tracce e lo rifai. Io, adesso, come ti dicevo, stavo scrivendo un libro. Però mi sono arenato. Mi sono arenato in un punto, e non riesco a sbrogliare … un momento, che è un momento fatidico nella storia. [LEGENDO I COMMENTI] Dicono: “Moro, cambiati gli orecchini.” Ma che c’avete contro gli orecchini di Moro? Ragazzi, ma voi lo avete capito che Bizio è bono, qualsiasi cosa si metta, qualsiasi cosa faccia?
LIBERO: Altro che Fabrizio Moro, qui abbiamo Libero Mobrici.
ERMAL: Ah, che bello, bellissimo! Ma da chi hai preso, Libero? Perché da papà no.
FABRIZIO, [dietro la foto da Libero da bimbo]: Le creme per la vecchiaia che mi metto, che effetto fanno? 
ERMAL: Sei un [XXX] pazzesco. 
ERMAL: Ma che stai a fumar? L’albus. [???] Ma tu la accorgi della puzza di calzini sporchi che hanno quelle sigarette lì?
FABRIZIO: No ma il loro fumo non si sente.
ERMAL: No, non a te, ma tutti gli altri lo sentano, però.
FABRIZIO: Sto fumando di meno, però.
ERMAL: Bravo. Ma, per la voce, com’è? Tutto a posto, perché hai avuto quel calo lì… ti sei ripreso alla grande?
FABRIZIO: Si, mi sono ripreso, mi sono ripreso grazie a Dottore … come-si-chiama Dottore …
ERMAL: Fussi, Fussi. Ah, ma anch’io ci sono andato. Quando … due o tre anni fa, non ricordo, ebbi un calo pazzesco. Fu l’estate di 2017, tra altro mi fu costretto [XXX] ad annullare una data, perché proprio non riuscivo… [XXX]
FABRIZIO: Io ho posticipato tre concerti, mi sembra.
ERMAL: Si, si.
FABRIZIO: Poi ho smesso di fumare perché, in pratica, ho l’asma. Non potevo fumare.
ERMAL: Anch’io sono un po’ asmatico. Però la mia asma è determinata dalla polvere. C’è la polvere, mi fa scattare ‘sta roba qua, c’è una sorta di allergia misto asma, un casino. Però ultimamente, devo dire che stanno un po’ meglio.
FABRIZIO: Senti, ci dobbiamo vedere. Porco giuda, non ce la faccio più.
ERMAL: Non ce la fai più senza di me, vuoi dire? Ti capisco, ti capisco.
FABRIZIO: Anche. Anche.
ERMAL: Appena ci vediamo la prima cosa che facciamo è scrivere un pezzo, va bene?
FABRIZIO: La cosa più … aldilà del pezzo, si.
ERMAL: La prima cosa, senza neanche parlare, senza salutarci. Arriviamo con le chitarre e scriviamo, dopodiché ci diciamo tutto quello che abbiamo da dire. Dai. Dobbiamo fare un pezzo insieme di nuovo. Urge per esorcizzare quest’altra paura. Perché noi ci incontriamo nei momenti in cui la gente ha paura. In questo momento la gente ha paura, quindi probabilmente dovremmo fare qualcosa del genere. Ma senza arrogarci nessun tipo di diritto, per il puro gusto di … scacciare questa sensazione. Lo stiamo dicendo davanti ai 5856 persone, qual è la tua risposta definitiva, l’accendiamo? [ACCORDO DRAMATICO.]
FABRIZIO: Scriviamolo, scriviamo...
ERMAL: Scriviamolo?
FABRIZIO: Ma a casa.
ERMAL: A distanza, dici? Certo.
FABRIZIO: A distanza, lo scriviamo a distanza e...
ERMAL: Mettiamo su Skype?
FABRIZIO: Ci mettiamo su Skype, dai.
ERMAL: Ci mettiamo su Skype, e lo scriviamo su Skype. 
FABRIZIO: Guarda, davvero sto dicendo.
ERMAL: Anch’io lo sto dicendo davvero, te l’ho detto io.
FABRIZIO: Creiamo una bella canzone … beh, che la riusciamo a scriverla bella, vuoi. Scriviamo che vuoi tu. [XXX] canzone [XXX] che vuoi.
ERMAL: Stavolta, partiamo dal titolo: “Qualcosa Me L’Avete Fatta.”
FABRIZIO: “Qualcosa Me…” [RIDE] No. Non c’hanno fatto niente.
ERMAL: Continuerebbe … stavolta, sai. Con tutta la gente che soffre, sai che quel pezzo, cantarlo in un momento così… non lo so. Non Mi Avete Fatto Niente era ... è un bellissimo inno legato a quella cosa lì e sono estremamente fiero e orgoglioso di aver fatto questa cosa insieme a te, perché sei fra quelli che stimo assolutamente di più e lo sai. Non è perché … sei qui adesso, lo sai quello che penso di te. Però questo momento in cui… non me la sentirei di cantarla, sai, con un sacco di gente che soffre.
FABRIZIO: Lo spirito deve rimanere vivo. Sempre.
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stefandreus · 2 years
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-.-
MONELLI CHE TI ATTRAVERSANO LA STRADA COL ROSSO PEDONALE SULLE STRISCE PEDALANDO E MIA MADRE CHE NE SBALZA UNO FUORI
Cioè vabè non l'ha ammazzato eh, però che cazzo eh
nuove generazioni incappucciate senza catarinfrangenti e in quanto ciclisti e minori SE LA DANNOOO E TOLGONO LE PROVE DEL REATO, CIOE' COM'E' CHE FUNZIONA???
E noi invece no...testimoni o impiccioni fate voi vabè meglio così eccetera
Però che esperienza spettacolosa, quando ho visto il monello sbalzato DIOOOOO (non me ne vergogno a dirlo spiacente, polso rotto se è meglio della testa fidati core)
Vabè. Tanto mia madre va talmente piano che neanche ha frenato di colpo, ha semplicemente tolto il gas. poi la macchina fa ride, talmente tanti sbreghi che non si sa quali sono nuovi e quali vecchi
MA L'INDIZIO DELLA MANINA EHHH SULLA POLVERE
Se guidavo io, vabè. Tanto ogni volta che guido se ne esco sempre è perchè se non ne uscissi non ne uscirei vivo forse.
Adesso meglio che convinco mia madre a farsi fare subito un certificato dal medico che può guidare e stronzate ecc..che non si sa mai questi vengono a sapere tutto poi sugli psicofarmaci
AH, stavo tornando dalla psicocosa.
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leojfitz · 4 years
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di smistamenti
mentirei se dicessi di non aver pensato a “i miei raga harry potter, cicatrici in faccia” come titolo a questa fic 
"M'è venuto in mente mo che c'è una domanda che non t'ho mai fatto, Là." E' una di quelle notte in cui sono sfiniti entrambi, sdraiati sul divano dopo ore e ore di prove e registrazioni, tanto che anche alzarsi dal divano per spostarsi sul letto della stanza al piano di sopra sembra essere un'operazione altamente complessa. Edoardo ha un braccio intorno alle spalle di Lauro, che al momento sta fissando un punto non precisato nella stanza, sicuramente sta pensando a quanto gli faccia schifo tutto quello che hanno registrato fino a quel momento. Lauro si gira verso Edoardo con lo sguardo terrorizzato, lo vede che gli sta passando tutta la vita davanti, sta pensando a quante poche domande ci possano essere che Edo non gli ha mai fatto. "In che casa di Hogwarts stai te?" Gli chiede allora, e Lauro cambia completamente espressione. Lo sa già cosa sta per dirgli. "Ma vaffanculo Edoà, io chissà che cazzo me pensavo," gli dice, tirandogli un colpo su un braccio, ma senza troppa convinzione. Sono davvero molto stanchi. "Beh, allora?" "Ma che cazzo ne so, dai, avrò visto l'ultima volta Harry Potter a dodici anni, manco me ricordo come se chiamano le cose lì, le case." Edoardo si copre il volto con la mano, sconvolto dalla rivelazione. "Cioè hai visto tipo solo i primi due film?" "Pare che non m'hai visto come stavo impicciato dopo, oh, ma chi c'aveva tempo de pensà a Har -" Edoardo lo interrompe. "Sì vabbè, ho capito, Là, da domani un film al giorno." "Non abbiamo tempo," gli dice Lauro, che si gira nuovamente dall'altra parte, per sottolineare ancor di più la sua presa di posizione. "Ma smettila, sono due ore al giorno." Edoardo sposta un po' il braccio che ha intorno alla spalla di Lauro e riesce a pizzicargli un fianco, sapendo bene quale reazione avrebbe suscitato nell'altro. Lauro praticamente salta, è uno dei suoi punti più sensibili, e si gira di nuovo verso di lui, pronto a mandarlo nuovamente a fanculo. "Non accetto scuse." Lauro sbuffa ma non dice nulla, ed Edo conclude la discussione dandogli un bacio in fronte.
Al quarto giorno, quando stanno vedendo il Calice di Fuoco, Lauro ha finalmente un'illuminazione. "Lo so, Edo, lo so," gli dice. Sono in camera, dove hanno montato un televisore che era in un'altra stanza della casa ma che nessuno usava, e che tutti hanno sicuramente pensato Edo e Lauro si fossero presi per guardarsi dei porno. "Cosa sai?" Gli chiede Edoardo. Fino a poco prima gli stava accarezzando il braccio e ora la sua mano si è ora spostata vicino a quella di Lauro, le loro dita che si intrecciano. "La mia casa," risponde, stringendo la presa, il contrasto evidente fra le dita tatuate di Lauro con quelle pulite di Edoardo. "Sono chiaramente un Grifondoro." Edoardo scoppia a ridere allora, ancora una volta con la mano libera sulla faccia. "Tu - Là, lo scorso anno stavi a piagne come un ragazzino perché non te volevi magnà quell'uovo nelle Filippine," gli fa notare Edoardo, che sta continuando a ridere. Lauro sembra particolarmente indignato però, lascia andare la sua mano, si siede e incrocia entrambe le braccia sul petto. "Anche Ron ha paura dei ragni," gli dice. L'argomentazione non sta in piedi, ma perlomeno sembra che Lauro stia recependo qualcosa dalla visione. "Ron non credo abbia mandato mai Harry davanti durante 'na missione co' la scusa che tutti lo considerassero il demonio, Là," gli fa notare Edoardo, ma Lauro non si arrende, è ancora tremendamente offeso, la schiena poggiata al muro e le braccia ancora conserte. "Dai, non fà il cojone, torna qua," aggiunge poi, dando un colpetto alla parte del letto ora vuota accanto a lui. Lauro ha lo sguardo fisso sullo schermo però, il Ballo del Ceppo in corso. Solo dopo la fine della scena Lauro lo guarda di nuovo e gli dice, "beh, se fossimo stati insieme là, io al Ballo te c'avrei invitato, sono molto più avanti de Ron." Edoardo sorride, e non riesce neanche più a prenderlo per il culo, lo stronzo.
Lauro rimane convinto della sua scelta su Grifondoro fino alla visione dell'ultimo film, quando anzi dice a Edo che è chiaramente anche lui nella stessa casa e che sarebbero stati anche loro fortissimi nello sconfiggere Voldemort. Lauro è agitato, è sul bordo del letto, ogni tanto si gira verso di Edo, "Harry non muore, vè?" ed Edoardo ride, "io non ce credo che tu veramente non lo sappia, Là." Ma deve crederci, quando era morto Silente Lauro si era commosso, non ne aveva davvero la minima idea. Su Sirius Edo non è del tutto sicuro che Lauro abbia capito che sia davvero morto. Quando arrivano alla fine, Lauro ci mette un po' a girarsi verso Edoardo, e quando lo fa Edo vorrebbe fotografarlo,è un misto di commozione e di confusione. "Ma n'era 'na storia per regazzini? So' morti metà dei personaggi, ma che cazzo me fai vedè?" Edo sorride, gli dice "viè qua, cretino, che te consolo io," e Lauro lo fa, anche se lo sta ancora insultando prima di cominciare a baciarlo.
"Alla fine comunque mica m'hai detto tu che casa sei. E quale pensi sia la mia," gli dice Lauro la mattina successiva, mentre molto lentamente entrambi stanno tentando di alzarsi. "La tua è facile," gli dice Edoardo. "Sei un Serpeverde." Lauro sgrana gli occhi, si alza indignato. Edo è molto colpito dalla rapidità con cui è sceso dal letto, inizierà a ripeterglielo tutte le mattine. "Pensa che stima c'hai de me, pensi che io sarei stato l'alleato del nemico," gli dice, mentre cerca qualcosa da mettersi addosso in giro per la stanza. "Ma no, mica tutti i Serpeverde so' alleati de Voldemort, in ogni caso t'avrei convinto io a combatte in prima linea," gli dice Edoardo e Lauro alza lo sguardo dalla pila di vestiti a cui sta cercando di dare un senso al lato della stanza. "Vabbè, te sei salvato in corner. Tu, però?" Edoardo, ancora seduto sul letto, alza le spalle. "Non lo so, forse Tassorosso," gli risponde. "O Grifondoro. Ma non vojo dì Grifondoro perché è troppo scontato, poi me immagino noi due tipo Romeo e Giulietta del mondo dei maghi." Lauro intanto ha scelto il suo outfit,  che è in realtà lo stesso del giorno precedente, e torna sul letto, ed Edoardo pensa stupidamente a quanto sia bello anche con quegli occhi perennemente stanchi che ha da quando sono lì. "Ma 'sti Tassorosso fra un po' manco me li ricordo nei film, che cazzo fanno? Se te ce ritrovi vordì che c'hanno 'na pazienza immensa," gli dice Lauro, che gli si di è di nuovo buttato addosso. Si è alzato solo per fare scena per un secondo, la solita drama queen. "Pe' scoprillo me sa che te devi legge pure i libri, Laurè." Lauro sbuffa, gli ricorda che non hanno tempo, ma ha già il telefono in mano aperto sulla barra di ricerca di Amazon, libri Harry Potter.  
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Dolcetto o Scherzetto aka la notte del citofono maledetto
Inzomma, ormai mi odierete tutty ma ecco qua, così, un po’ di sano quel-che-mi-è-quasi-successo-ieri e di metamoro. Au con ambientazione bolognese perché sì.
Enjoy
Come ogni anno, i giorni si ripetono, quasi tutti uguali. Lezioni, esami, Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi, ultimo dell’anno organizzato per l’appunto all'ultimo minuto, mare in estate, freddo bolognese in inverno e siamo tutti contenti insomma.
Questo significa che, una volta all’anno, si ripete però anche una delle notti che Ermal Meta più odia al mondo : la notte del 31 Ottobre.
Ah, Halloween.
La notte in cui le strade si riempiono di gente in costume troppo grande per fare stronzate del genere, mentre gli universitari si stipano in discoteche e bar e case a bere.
La notte dove orde di bambini con costumi ridicoli si muove in branco sorvegliata da pattuglie di genitori per suonare campanelli al grido di “dolcetto o scherzetto?” e dove, passeggiando per strada e incontrando i gruppi di adolescenti che si collocano a metà tra le due categorie di adulti e bambini e che quindi non hanno esattamente un passatempo predefinito, sorge spontanea la domanda:
“Ma questi dannati petardi non se li possono infilare nel-eh scusa ti ascolto!”
Ed eccolo lì: telefono appoggiato all’orecchio e sguardo torvo rivolto a un gruppo di suddetti adolescenti, Ermal si aggira per le strade umide della stramaledetta Bologna, cercando il loco designato per la festa.
Festa a cui non voleva andare ma a cui è obbligato a partecipare a causa della perdita di una scommessa con il suo coinquilino.
In costume, peraltro.
In costume, a una festa a cui non voleva andare, organizzata da un tipo che non conosce, per di più.
Buon Halloween, Ermal.
E la cosa migliore di tutte è che si è anche perso perché, in tutto questo, ha finito pure i giga a furia di usare il telefono causa modem rotto che nessuno si è ancora preso la briga di venire a sostituire nonostante le assillanti chiamate e mail.
Come se in quanto universitario a lui non servisse internet eh.
Perciò è da venti minuti al telefono con Marco che, da tutt’altra parte, sta cercando di guidarlo nella direzione giusta.
Ad Ermal stanno venendo i nervi
E parecchio anche.
Il fatto è che, come al solito, gli altri sono andati a sistemarsi per la festa tutti insieme e, come al solito, hanno finito ad essere in ritardo clamoroso.
L’unico più o meno in orario è lui che dopo aver passato un pomeriggio a studiare è tornato a casa, si è fatto la doccia e si è infilato il costume, costituito dal massimo che è stato disposto a mettersi: camicia bianca-ridicola a suo parere, con le maniche a sbuffo e i cordini, ma almeno è una camicia- pantaloni neri, scarpe scure e un mantello nero. La dentiera si è rifiutata di metterla.
“E per il pallore e le occhiaie sei già apposto di tuo!” aveva detto Francesco soddisfatto, guadagnandosi un’occhiataccia che avrebbe potuto ucciderlo e tumularlo seduta stante.
“Senti Dracula, svolta a destra e prova a vedere se c’è la via” si sente dire al telefono ed è sbuffando e rabbrividendo che svolta, sospirando di sollievo quando finalmente il cartello rispecchia la sua destinazione
“Sì, ci sono” afferma, iniziando a camminare “ora ce la faccio. Ci  vediamo dopo. E muovetevi” dice, prima di chiudere la chiamata e proseguire a passo di marcia verso il numero 104
Quando ci arriva, si accorge con orrore di non sapere a che campanello suonare.
O meglio, dovrebbe saperlo, ma non se lo ricorda perché non stava prestando attenzione.
Ma, a dire il vero, i campanelli provvisori sono solo due e dato che gli pare di aver capito che gli altri sono tutti fuorisede come loro, è probabile che sia uno di quelli, no?
Li osserva, cercando di decidere cosa fare, fino a che non legge un nome che gli pare di ricordare e suona
Mal che vada, sbaglia
Niente
Nessuno risponde
Irritato, suona di nuovo ed ecco che mezzo minuto dopo una voce risponde “Siiii?” in maniera scazzata mentre una musica in sottofondo quasi copre le sue parole
Ok, musica uguale festa quindi forse ha azzeccato
“Emmmm...” balbetta piano “Sono Ermal?” dice titubante “Sono un amico di Francesco lui-sono qui per la festa” spiega infine
“Si.... cesco..... esta!” risponde la voce, in quello che pensa sia un assenso alle sue parole “certo...ali pure....to piano!”
“Aspetta non ho-” cerca di dire, ma prima che possa dire che non ha capito a che cazzo di piano deve andare il citofono si chiude e il portone scatta, lasciandolo al suo destino.
Sbuffa, infreddolito, spingendolo ed entrando
Di citofonare di nuovo non ne ha voglia e poi, in teoria, non sarà difficile trovare la festa, no?
To piano. Quindi... quarto, quinto o sesto, immagina. Beh, basterà provarli tutti e tre.
Così sale in ascensore e preme il pulsante per il quarto, lanciandosi un’occhiata allo specchio e sbuffando al suo riflesso che trova piuttosto ridicolo così, mentre sembra venuto fuori da un romanzo del milleduecento. Che palle.
Al quarto piano, trova il nulla.
Fortunatamente, quando le porte dell’ascensore si aprono al quinto, sente una musica provenire da li e, sbirciando, trova una porta aperta da cui proviene suddetta musica.
Bene, ecco qua.
Esce sul pianerottolo, titubante, avvicinandosi piano alla porta, non sapendo cosa fare, se entrare o bussare o cosa, ma per fortuna ecco che dopo pochi secondi di stallo in cui si sente un coglione, qualcuno compare sulla soglia
Tale qualcuno è un ragazzo, un poco più grande di lui, le braccia nude ricoperte di tatuaggi e un buffo cappello in testa, che lo guarda, inclinando appena il capo.
Si fissano, in silenzio, prima che lui si illumini con un sorriso enorme “Sei qui per la festa tu, sì?”
Ed Ermal sospira e annuisce, sentendosi appena in imbarazzo
“Si... sono... cioè... un mio amico...io... sono Ermal” si risolve a dire, dandosi dell’idiota perché ha balbettato, tendendo la mano al ragazzo che gli sorride ancora di più mentre gliela stringe e si fa da parte per farlo passare “Fabbbbrizio, entra entra” gli fa cenno, mentre dietro di lui, dalle scale, sbucano altre persone, che sorridono e salutano entrando subito nella casa al suo seguito, Fabrizio che a sua volta ricambia strette di mani e nuovi convenevoli
Ermal si guarda attorno, appena imbarazzato, prendendo il telefono per controllare se gli altri sono in cammino, ma trova solo un messaggio di Marco che lo avvisa che sono super in ritardo. Ecco qua.
“Vieni accomodati” gli dice Fabrizio e lui, appena in imbarazzo, lo segue: guardandosi attorno si rende conto che alla festa sono quasi tutti più grandi di lui, ma non è un problema questo. Solo... non conosce nessuno
La musica suona mentre Fabrizio lo conduce in una stanza, dove sono ammucchiati zaini e cappotti vari
“Lascia pure la giacca qua” gli dice, sorridendo “il padrone di casa si sta a fa’ la doccia, però poi arriva” gli spiega poi mentre Ermal annuisce, posando la giacca
Non ha cuore di dirgli che lui, il padrone di casa, manco lo conosce
Quando ha finito segue Fabrizio in un’altra stanza, dove c’è molta più gente e un tavolo ricolmo di cibo e bevande.
“Serviti pure” raccomanda Fabrizio prima di sparire, rincorrendo un amico che lo richiama con un gesto, senza lasciare la possibilità di chiedere qualcosa
Ed eccolo la, fermo come un coglione in una stanza piena di gente sconosciuta.
Beh, tanto vale aspettare gli altri seduto su una sedia.
Ne adocchia una libera in fondo alla stanza, e ci si dirige.
Qualcuno gli fa un cenno di saluto mentre passa, qualcuno lo ignora.
Comunque, va a schiantarsi sulla sedia e guarda ancora il cellulare, senza trovarvi nulla se non la batteria quasi scarica.
Sospira, preparandosi a una lunga, lunghissima attesa
E infatti, mezz’ora dopo è ancora la, seduto sulla sedia, senza nessuno che gli parli, senza nessuno che conosce
Guarda nervosamente il telefono, con il “Prima o poi arriviamo” di Marco che risale a un quarto d’ora prima e sospira, massaggiandosi piano la base del naso
“Nun te stai a divertì molto eh?”
Alza gli occhi a quella frase, ritrovandosi davanti il ragazzo di prima, Fabrizio, che lo osserva con una birra in mano, che gli tende
“No” ammette piano “Non molto” dice sconsolato, guardandolo sedersi accanto a lui mentre recupera la birra con un “grazie” leggero
“’O vedo” risponde l’altro “non ti sei mosso da qua da quando sei arrivato... com’è che non conosci nessuno?” gli domanda cosa a cui Ermal risponde con uno sbuffo
“I miei amici devono ancora arrivare” spiega, alzando gli occhi al cielo “Sono sempre in ritardo” spiega poi, irritato, mentre la risata di Fabrizio si fa appena sentire, leggera, a quelle parole
“Un classico” dice, prima di voltarsi, per guardarlo meglio “Che dovresti essere tu?” domanda poi, indicando il suo costume
“Dracula, in teoria” replica Ermal, grattandosi appena il collo, che prude per colpa di quella camicia mentre Fabrizio lo guarda annuendo
“Il vampiro. Giusto?” chiede ed Ermal annuisce anche se è un po’ perplesso che ci sia stato bisogno di precisarlo
“E tu?” chiede poi, confuso dal suo abbigliamento: ha addosso un paio di jeans scuri e una maglia con le maniche tagliate, in vita una camicia a scacchi neri e rossi, e quello stupido cappello ancora in testa a nascondere dei ciuffi scuri. Anche sforzandosi, non riesce a capire cosa sia
A parte un gran fregno
“Io so me stesso” ride l’altro, bevendo un sorso di birra “Nun me piace molto Halloween” spiega poi mentre Ermal annuisce entusiasta
“Nemmeno a me” conferma “Mi sono dovuto vestire perché ho perso una scommessa ma sto odiando ogni minuto, credimi” dice, prima di prendere un sorso di birra a sua volta, socchiudendo gli occhi
Almeno ha da bere, ora
Voleva aspettare almeno gli altri ma... a questo punto, tanto vale. Meglio l’alcol che la solitudine.
Mentre beve, si sente lo sguardo di Fabrizio addosso per cui si rivolta per osservarlo meglio, sorridendo
“Che c’è?” chiede, allungando appena una gamba davanti a se con noncuranza, stiracchiandosi
Lo osserva, mordendosi piano il labbro, cercando di valutare le proprie opzioni
Ok forse è decisamente troppo sobrio per iniziare a flirtare pesantemente ma Fabrizio è un bel ragazzo e quantomeno gli sta parlando quindi può tastare un po’ il terreno, no?
Beh, sì.
Mal che vada... chissenefrega
E poi o è parlare con lui o è morire di noia quindi tanto vale tentarla
Anche perché, pensa, Fabrizio non gli avrà offerto una birra per pura e semplice gentilezza giusto?
“Niente” replica l’altro, scrollando le spalle e leccandosi piano le labbra “Allora...tu non sei di qui vero?” gli chiede
E così, Ermal si volta del tutto e inizia a parlare con lui, avendo cura, ogni tanto, di rivolgergli qualche piccolo gesto: leccarsi le labbra, scostarsi piano i ricci, inclinare appena il capo, sorridere.
E Fabrizio, c’è da dirlo, gli da corda.
Parla con lui, sporgendosi appena per ascoltarlo meglio, sorridendogli, il viso che pur nella penombra della stanza si rivela bello, con quella barba appena accennata e le lentiggini
Parlano di tutto: da dove vengono, cosa fanno, cosa gli piace. Di musica, di cinema, di studi e lavori.
Tanto che Ermal, a dire il vero, si dimentica anche che devono arrivare i suoi amici
Il tempo scorre e la birra scende mentre le aspettative di una serata piacevole si alzano sempre di più ed è solo quando si alza per andare in bagno che si accorge che è passata più di un’ora da quando ha guardato il telefono
Perplesso, si guarda attorno.
Nessuno: di Marco o Francesco o qualcuno degli altri non c’è assolutamente traccia.
Corruga la fronte in una ruga di preoccupazione, dirigendosi verso il bagno e tirando fuori il telefono che trova spento.
Sbuffa, irritato: non si dovrebbe preoccupare troppo, eh, ma l’essere ancora solo e la batteria scarica gli hanno rovinato un po’ l’umore che la birra e Fabrizio gli avevano tirato su.
E’ brillo, si, ma non abbastanza da non capire che c’è qualcosa che non va in quasi due ore di ritardo
Perciò, quando torna indietro, si avvicina a Fabrizio e chiede “senti non è che hai una presa?” sventolando il telefono scarico
“Si, vieni” annuisce l’altro, alzandosi, accompagnandolo nella stanza di prima e facendogli un cenno verso il muro
“Grazie” sospira Ermal, attaccando il telefono, chinandosi per farlo “I miei amici non sono ancora arrivati e io-” inizia a dire, interrompendosi però quando si volta
Fabrizio è appoggiato allo stipite della porta ora chiusa, e lo guarda, il viso appena arrossato per l’alcol e un sorriso sottile sulle labbra
Inclina appena il capo Ermal, arrossendo appena di fronte a quello sguardo che non sembra solo vederlo, ma studiarlo e quasi... spogliarlo.
Non che se ne stupisca troppo: è dall’inizio della loro conversazione che stanno giocando a quel gioco e evidentemente ha fatto centro perché se ora sono lì e si osservano in quel modo vuol dire che sono ambedue sulla stessa lunghezza d’onda.
Deglutisce, le dita ancora premute ad accendere il telefono, ma lo sguardo rivolto solo a lui, che lo osserva, indeciso su cosa fare apparentemente
Perciò, si morde piano il labbro, guardandolo intensamente come a dire, vieni avanti dai
Non che non sia più preoccupato ma l’alcol e il modo di Fabrizio di guardarlo gli fanno mettere da parte momentaneamente l’urgenza
Per un paio di minuti... non succede nulla, giusto?
Fabrizio si tira su, iniziando a camminare e posando la birra che ha ancora in mano su una scrivania, mettendosi poi le mani in tasca
“Toglimi una curiosità” dice Fabrizio, avvicinandosi a lui lentamente “Com’è che funzionava con i vampiri? Ti devono mordere per trasformati, giusto?” chiede, cosa che spinge Ermal ad annuire, un ghigno che gli si dipinge piano in faccia a quella domanda
“Perché” chiede piano, leccandosi le labbra quasi senza accorgersene “Hai paura che ti morda?” scherza, guardando Fabrizio farsi sempre più vicino, arretrando più per istinto che per altro
“Mh” risponde solo l’altro, arrivando a mezzo passo da lui, i loro respiri che si mischiano nell’aria immobile e fresca della stanza “Ma che succede se invece un vampiro ti bacia?” chiede, cosa che fa aumentare il ghigno sul viso di Ermal, che si inclina appena mentre si sporge delicatamente verso di lui
“Non saprei” dice, ponderando la cosa come se fosse una domanda seria prima di dire “vuoi scoprirlo?”
Fabrizio ride piano a quella cosa, annuendo appena “scopriamolo” dice, ma non fa in tempo a finire di dirlo perché Ermal decide di sporgersi verso di lui
Con tutta la razionalità del mondo eh, non perché Fabrizio è un fregno paura no no
I loro nasi si sfiorano, piano, e poi le loro bocche si incontrano, in maniera dolce, leggera, delicata
Un bacio che sembra quasi fin troppo giusto, naturale, cosa che porta Ermal a sospirare sulla sua bocca, un sorriso che gli si allarga sulle labbra che fa per schiudere per approfondire quel bacio che già non è più abbastanza...
...se non fosse che il telefono che ha in mano inizia a suonare, facendolo sobbalzare dalle spavento ed è a tanto così *gesto delle dita che si toccano* dal lasciarlo cadere di prepotenza
Guarda lo schermo, notando il nome di Marco - ovvio che era lui dato che la suoneria è quella di una sirena di emergenza - e subito guarda Fabrizio con aria di scuse
“Un secondo” gli chiede, facendo cenno di alzare il dito mentre l’altro annuisce
“Sì?” risponde, sussultando di nuovo quando la voce di Marco gli urla nell’orecchio “ERMAL BRUTTA TESTA DI CAZZO MI HAI FATTO PRENDERE UN COLPO”
Sbatte le palpebre, perplesso da quel commento “Scusa, mi si era spento il telefono... ma tanto non siete ancora arrivati, no? Siete voi che avete fatto prendere un colpo a me” ribatte
“Non ancora arrivati? Ma se è mezz’ora che siamo qui e ti cerchiamo! Pensavamo fossi svenuto da qualche parte” ringhia l’altro, cosa che fa inarcare le sopracciglia ad Ermal dallo sdegno e dallo stupore
“Mezz’ora? Ma non dire cazzate! Ho fatto un giro nelle stanze due minuti fa e nessuno di voi c’era!” replica stizzito dall’essere anche preso in giro oltre che interrotto nel corso di un bacio
“Ma che stai dicendo!” sbotta Marco “Ma si può sapere dove cazzo sei?!”
“ALLA FESTA!” sbotta a sua volta, scoccando uno sguardo a Fabrizio che si è messo una mano sulla bocca come a nascondere una risata alla sua esasperazione “In questo stracazzo di vicolo, al numero 104, alla stracazzo di festa di Halloween allo stramaledettissimo quinto piano!” ulula contro al telefono
Sclero a cui segue un minuto di silenzio, pieno, denso, che nemmeno lui osa rompere sentendo che qualcosa di imprevedibile e terribilmente divertente nel suo orrore deve essere accaduta
“Al sesto” dice solo Marco, piano, tanto piano che quasi non lo sente “La festa è al sesto piano”
“Sesto? Ma allora io a che cazzo di festa-” dice prima di interrompersi
Rimane immobile, congelato quasi sul posto, Fabrizio che lo guarda come in cerca di una spiegazione ed è così che mormora “Scusa un secondo” a Marco prima di tirare giù il telefono dall’orecchio per guardarlo “Questo è il quinto piano, vero?” chiede, guardandolo poi annuire “Ok. E la festa è di...?”
“...Roberto?” chiede piano Fabrizio, confuso dal fatto che il ragazzo davanti a lui abbia prima peso poi perso colore e che ora stia tornando di una sfumatura tendente al viola mentre un attacco improvviso di risa lo scuote
“Ho sbagliato piano” ride, nella cornetta, non riuscendo a trattenersi per quanto assurdo sembri “Macco ho sbagliato piano. Sono alla festa sotto di... Roberto, apparentemente” dice, scuotendo la testa, imbarazzato ma anche troppo incredulo per trattenersi
E anche Fabrizio, accanto a lui, ride
Ride forte, lasciandosi andare su una sedia, cosa che lo fa ridere ancora di più a sua volta
“SEI UN COGLIONE MA COME CAZZO PUOI SBAGLIARE PIANO” sbraita Marco dall’altro lato, anche se Ermal può sentire che, in fondo, sta ridendo anche lui “Ci hai fatto morire di paura” spiega prima di dire  “Ci raggiungi? Aspetta, ma sei con qualcuno?”
“Succede, se il citofono fa schifo e non si sente nulla” replica prima di guardare Fabrizio alla domanda “Si” dice, scuotendo poi la testa “No. Cioè... si, c’è. E sai cosa? Credo proprio che rimarrò qui” replica, spegnendo pian piano la risata per guardare Fabrizio con malizia “Ci vediamo a casa Macco” dice, chiudendo poi il telefono che abbandona a terra, avvicinandosi di nuovo a Fabrizio che, rosso in viso, è ancora scosso da brevi sprazzi di risata
“E così” gli dice, guardandolo mentre si avvicina “Hai sbagliato piano”
“Già” replica, sorridendo mentre si sistema piano su di lui, inclinando appena il capo “Solo mi chiedo... com’è che c’era la porta aperta?”
Fabrizio scuote la testa a quella domanda, posandogli piano una mano sul fianco e l’altra sulla schiena, andando poi ad affondarla tra i ricci “I ragazzi che sono sbucati dopo di te. Loro hanno suonato. Probabilmente mentre tu salivi loro so arrivati ed è successo” cerca di spiegare, mentre Ermal annuisce
Probabile, sì
“Beh” dice, leccandosi piano le labbra “in fondo, meglio così” sussurra, avvicinandosi piano a lui, un brivido leggero che lo percorre quando sente il suo respiro caldo sul viso “Dove eravamo?” domanda, poi, avvicinandosi appena a lui
“Al cosa succede se baci un vampiro” replica Fabrizio, sorridendogli, guardandolo, per nulla contrario alla svolta degli eventi
“Mh giusto” replica Ermal, sfregando appena il naso contro al suo “Però sappi che questo vampiro potrebbe anche decidere di morderti, prima o poi” lo prende appena in giro, sorridendo quando lo sente ridere appena, una risata bassa e roca che lascia sul suo collo che lui inclina appena indietro per lasciargli spazio
“E se volessi morderti io?” chiede poi, posando piano le labbra sulla sua pelle pallida e accaldata “Cosa succede, mh? Che succede se mordi un vampiro?” domanda
Ermal sospira, rabbrividendo appena mentre socchiude gli occhi, le labbra schiuse in un sorriso e lo sguardo che, rivolto al soffitto, pensa a cosa si sarebbe perso se avesse imbroccato il piano giusto
“Non saprei. Scopriamolo”
Ed ecco va beh è una cazzata ma insomma si abbiamo pensato per un buon periodo di tempo di aver sbagliato piano solo che io e i miei amici eravamo infine alla festa giusta xD
Spero ve lo siate goduto!
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giulia-liddell · 4 years
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Qualcuno vuole sentirsi libero e qualcuno teme che i suoi sentimenti facciano rumore
Parole: 4074 Beta: server di Discord Fandom: Sanremo RPF (Cenone di Natale AU/Sanremo Family AU) Ship: Ancora nessuna (sempre molto tecnicamente) Avvertimenti: ???, I N  A M I C I Z I A, alcol, lieve menzioni di comportamenti leggermente autodistruttivi, personaggi molto in background sono lievemente creepy, pubblicità gratuita a Netflix Note autore: Ambientata poco dopo il finale di questa (X). Sì, di questi titoli ne avremo ancora per un po’. Inizia ad essere necessario un masterpost per il Cenone AU (e lo farò, davvero)... Conoscendo gli sviluppi futuri rileggere questa è stato... Interessante.
Cally guarda l’orario dall’orologio della sua camera e si convince finalmente a vestirsi. È assolutamente inutile fare la doccia in anticipo se poi resto mezz’ora a fissare il soffitto. Butta l’asciugamano da una parte e si alza per recuperare la biancheria dalla valigia. Incredibile che non l’abbia ancora sistemata nell’armadio, ormai sono arrivati da una settimana. 
Mentre si sta infilando i pantaloni che ha scelto, il suo telefono comincia a squillare. Cally sbuffa e si sposta verso il comodino per recuperarlo e rispondere «Oh ma quindi vieni a giocare a biliardo?» chiede Rancore quasi urlando per sovrastare il vociare dei cugini intorno a lui «Ancora? Eccheccazzo Tarek, te l'ho già detto che c'ho da fa' stasera...» risponde Cally mentre sistema due camicie sul letto per cercare di decidere quale indossare. Nera o bianca? Sente Rancore sbuffare ed una risatina che sembra appartenere ad Anastasio «Sì, sì, me l’hai detto... Ma tu dici tante cose... E poi è una scusa del cazzo "c'ho da fare", dai! Almeno sii più specifico se devi inventarti cazzate, no? Che hai da fare di così segreto, mh? Un appuntamento? Oh. SÌ HO RAGIONE VERO? come ho fatto a non pensarci prima?» si lamenta Tarek «Oh Marco mi sa che Cally se la fa con qualcuna! Ma perché non ti tieni aggiornato sui tuoi stessi parenti?» aggiunge chiaramente rivolto a Anastasio che deve essere a poca distanza da lui. Cally chiude gli occhi e sospira pesantemente prima di iniziare ad indossare la camicia bianca. Tanto vale andare sul classico.
«Non è un appuntamento.» dice secco sopra le esclamazioni di Tarek «Esco con un'amica. È una serata tra amiche.» continua mentre recupera le bretelle da un cassetto prima di chiuderlo forse con un po’ troppa forza. Tarek si fa improvvisamente più curioso «Sto riuscendo a farti rivelare i tuoi piani... Mhhh... Dimmi un po' com'è che tu stai in vacanza con la tua famiglia ed organizzi appuntamenti? E cos’è questa inversione di ruoli tra me e te?» continua a stuzzicarlo «È stata una coincidenza: anche lei è in vacanza con la sua famiglia in questa zona... È arrivata un paio di giorni fa e, dopo aver scoperto che anche io ero qui, mi ha proposto di farci una serata in un locale. E dato che una serata tra amiche è sempre una buona idea, ho accettato. Non si tratta affatto di un’inversione di ruoli. Io se ho un appuntamento, lo chiamo appuntamento. Non mi faccio certo le tue pare mentali… È una serata tra amiche.» spiega Cally mettendosi le bretelle prima di spostarsi verso il bagno per sistemarsi i capelli. «Sì, certo come no. Ma tu con questa ce vuoi prova'?» continua Rancore. Cally deglutisce e poi risponde con il tono più neutro possibile «Tarek vuoi che ti mando a quel paese per telefono o prima di uscire passo al biliardo per farlo di persona?» risponde e Rancore ridacchia «Oh, oh... Okay ho capito. Serata tra amiche. Nessun appuntamento. Peccato comunque... Potevi stare a divertirti con noi, bere un po', stuzzicare Anastasio come fai di solito, magari fare un po' di gossip su Diodato... Ma no, vai vai con la tua amica...» risponde con tono di resa.
Cally è improvvisamente più interessato, ma non vuole darlo troppo a vedere. Prende discretamente un respiro profondo e cerca di far suonare la sua voce disinteressata «Ah sì... Mi sto perdendo proprio una seratona... Fare quello che faremmo di solito con il bonus del biliardo... E dell'inesistente gossip su Diodato che da quando è finita la sua storia con mia cugina non ha fatto assolutamente nulla... Tra un po' potremo mettere un cartonato al posto suo e sarebbe la stessa cosa!» mentre finisce la frase si morde il labbro e trattiene qualche imprecazione cercando di non prendersi a pugni da solo «Come niente gossip su Diodato? Cally pensavo che non vedessi l'ora di parlare della sua nuova acconciatura da quando siamo arrivati! Stiamo facendo teorie sul perché si sta facendo crescere i capelli da giorni ormai! Dov'è finito il tuo spirito investigativo? Vuole essere più Johnny Depp anni novanta o Leonardo Di Caprio anni novanta? È ancora una sua pessima reazione alla rottura? O vuole cercare di rimorchiare qualcuna? Non ci credo che proprio tu non te lo sia chiesto... Mi aspettavo che stessi preparando almeno un centinaio di nuove battute... A meno che tu non sappia già il motivo di questo cambio di look...?» risponde Rancore senza notare il tono forzato di Cally «Ah intendevi quello! No, no... Non so perché l'abbia fatto ma davo per scontato che stesse attraversando una fase Beatles... O cazzate così... Comunque ovviamente ho già pensato ad un nuovo repertorio di battute, per chi mi hai preso?» ribatte Cally e si stupisce lui stesso di quanto la bugia gli esca facilmente. Tarek ride «Adesso ti riconosco! Comunque divertiti con la tua amica… Scommetto quello che vuoi che alla fine te la porti a letto…» dice con tono ironico. Cally si morde il labbro e raccoglie per l’ennesima volta i suoi pensieri «Sì, certo Tarek… Infatti sappiamo quanto sei fortunato con le scommesse… Invece che cercare di combinarmi con le mie amiche, concentrati a cercare di farti Marco per favore. Tre appuntamenti e ancora non l’hai baciato, dai… Che vergogna… Mi sto pentendo di averti combinato con lui, in fondo mio cugino si merita meglio di così, no?» replica con un aspro tono sarcastico prima di salutare mentre Tarek cerca di balbettare qualcosa e riattacca. Cazzo, forse ho esagerato un po’, pensa, ma sa anche che Rancore lo conosce e che non penserebbe mai che dicesse sul serio. Almeno lo spera.
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Cally si piazza a poca distanza dall’ingresso del locale e si accende una sigaretta mentre aspetta. Non c’è esattamente freddo, è estate in fondo, ma c’è una leggera brezza che viene dal mare e gli sta facendo venire i brividi. O forse è solo la sua impressione. Nessuno intorno a lui sembra in alcun modo infastidito o infreddolito. Forse è davvero solo lui. Temevo di arrivare in ritardo io ed invece… A quanto pare la signorina si farà aspettare? Cally sorride tra sé e sé mentre si fa un tiro. Adesso ovviamente l’unica cosa a cui non devo pensare troppo è che sto prendendo una cotta bella e buona per Anita, giusto? Cazzo, di sicuro in questo momento non ha bisogno anche delle mie idiozie… A proposito di Anita… Cally controlla l’orario. È un po’ in ritardo rispetto all’orario prefissato… Magari ci ha messo un po’ di più a prepararsi o… O è stata fermata da qualcuno della famiglia. No, in quel caso avrei già ricevuto qualche chiamata ed almeno cinquanta messaggi. Però… Potrebbe essere rimasta in camera, troppo insicura e troppo agitata per azzardarsi ad uscire. In quel caso non solo Cally avrebbe fallito completamente nel suo intento di farla rilassare, ma avrebbe anche causato più problemi di prima.
Alla fine si decide a provare a chiamarla. Attende qualche squillo e poi si mette subito in allerta quando sente che qualcuno ha risposto «Ehi, ciao.» dice con tono delicato Anita, ma Cally non riesce a capire se sia triste o allegra «Ehi! Non avrai deciso di darmi buca, spero…» risponde Cally con l’intonazione più allegra che riesce ad ottenere e cercando di non sembrare troppo preoccupato. Non è ancora certo che lei stia effettivamente bene. «Mhhh… Sai, non è una cattiva idea…» inizia a dire Anita con tono scherzoso e Cally si rilassa «Quasi quasi resto in camera… Qui ho una buona scorta di caramelle e Netflix a disposizione…» conclude Anita e Cally si sente un po’ meno sicuro, anche se riesce a sentirla sorridere. «Oh wow, se lo dici così allora ti do ragione, dammi buca assolutamente… Però… Posso dire in mia difesa che magari, e solo magari, posso essere interessante quanto Netflix ed una buona scorta di caramelle?» ribatte con un sorriso «Dietro di te, Mx. Interessante.» gli risponde Anita facendosi scappare una risatina prima di chiudere la telefonata. Cally corruga per un momento la fronte confuso, ma poi si volta quasi inciampando su sé stesso. Wow. Altro che troppo insicura. Anita si avvicina in perfetto equilibrio su un paio di tacchi decisamente alti, ondeggiando i fianchi messi in risalto da una gonna molto corta ed attillata. Cally non si aspettava che una con un guardaroba così sobrio e semplice potesse avere qualcosa di quel tipo. Indossa anche una camicetta scollata piena di brillantini ed è riuscita a radersi completamente e a truccarsi… Sta da favola. Non ci sono altre descrizioni possibili. «Sono arrivata puntuale, giuro… Non ti avevo visto e… Poi mi hai chiamata…» spiega appena si trova più vicina e sembra quasi… Timida. Lei. Che riesce a camminare con quella disinvoltura in quei vestiti… Cally scuote la testa per prendere contatto con la realtà e riprende in mano la sigaretta che era rimasta a pendere tra le sue labbra. «Oh, non fa niente figurati… La notte è ancora giovane, abbiamo tutto il tempo del mondo per bere e ballare…» la rassicura con un sorriso ed un occhiolino prima di porgerle il braccio per appoggiarsi e condurla verso l’ingresso «Almeno se cadi da quei trampoli, saremo in due a cadere.» aggiunge «Stai molto bene comunque, scelte di stile approvate dall’amichevole lesbica di quartiere.» Anita ridacchia «Grazie, anche tu non sei male.»
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Scegliere il locale non è stato esattamente facile. Doveva essere abbastanza distante da non rischiare di incontrare per sbaglio qualche membro della famiglia che aveva deciso di non partecipare alle attività di gruppo serali e doveva essere sicuro per due persone LGBT. Cally si è preoccupato più per Anita che per sé stesso ad essere onesti, ma comunque l’obbiettivo era uguale. Per fortuna è riuscito a trovare il locale giusto, che per un’incredibile e fortuita coincidenza ha anche dell’ottima musica. In ogni caso, un ottimo modo per stare più tranquilli è bere, quindi Cally porta subito Anita verso il bancone.
«Allora… Possiamo iniziare con qualcosa di leggero, giusto per dare il via alla serata, oppure direttamente con uno shottino… Anche se non vorrei che tu prendessi subito qualcosa di troppo pesante, magari inizia con una birra… Sei un po’ un peso piuma e non credo che regg-» inizia Cally con un sorriso divertito, Anita alza un sopracciglio e prima che finisca di parlare si rivolge direttamente al barman «Per me un margarita ed uno shottino alla menta, per la mia amica una birra. Grazie.» il barman annuisce e si sposta per mettersi all’opera. Cally si volta verso Anita e la fissa con un’espressione confusa ma divertita, inclinando leggermente la testa «Oh. Okay. La signorina da solo l’impressione di essere tutta casa e chiesa, allora.» commenta con un ampio sorriso ed Anita fa spallucce, poi viene brevemente distratta dalla musica e chiude gli occhi per seguirla con dei leggeri movimenti. Cally la osserva per un secondo senza dire niente. Non ho nessuna battuta di spirito da fare. Dovrei vergognarmi di me. Però sembra che si sia rilassata ed il suo obbiettivo era quello, quindi non importa. Quando Anita ritorna alla realtà si scusa quasi subito «E di che ti devi scusare? Ti ho portato qui per farti ballare, non per bere del tè…» le risponde Cally porgendole il margarita appena arrivato ed offrendo un brindisi con la sua birra. «Alla salute!» esclama Anita prima di bere quasi metà del suo drink in un colpo solo. Cally quasi si soffoca con il suo sorso di birra «Cazzo, Ani, non è uno shottino! Fai piano, ti prego!» esclama con un filo di voce ed Anita guarda il suo bicchiere come se non capisse quale sia il problema «Ah sì, certo.» dice poco convinta e poi porge il bicchiere a Cally «Vuoi assaggiare?» chiede come se niente fosse. Cally fissa Anita e poi il bicchiere «Oh sì, margarita e birra, che buon mix…» commenta sarcastico, ma si avvicina comunque al bicchiere per prendere un sorso alzando appena gli occhi verso Anita. Lei lo guarda per un attimo, ma poi allontana lo sguardo come se stesse pensando a qualcosa «Aspetta… Com’è che mi hai chiamata prima?» chiede mentre Cally ritorna alla sua birra «Ehm… Signorina?» offre mentre ripensa alla conversazione «No, no… Quando mi hai detto di bere più piano…» spiega Anita. Cally spalanca gli occhi per un attimo. Le ho dato un soprannome per sbaglio? Oh no. Non devi mai dare soprannomi, poi ti affezioni. Cazzo. «Mi hai chiamata… “Ani”?» chiede con un sorriso. Non sembra infastidita. «Ehm… Sì… Mi è sfuggito, scusa…» cerca di giustificarsi Cally, ma Anita lo interrompe subito «No, no, non scusarti… Mi piace! È carino… Ho un soprannome per il mio nome adesso! È perfetto!» dice allegra prima di continuare a bere.
Chiacchierano un po’ mentre finiscono i loro drink, principalmente di gossip familiare e poi discutono brevemente di musica «Ah, a proposito… Ti devo fare i complimenti per la scelta del locale… Buona musica… Però mi aspetto anche che tu venga a ballare con me.» commenta Anita facendo un occhiolino. Cally sorride «Certo, l’intero scopo della serata era questo: costringerti ad andare sulla pista da ballo e metterti in assoluto imbarazzo.» risponde ironico finendo il suo ultimo sorso di birra. «Perfetto allora.» dice Anita prima di buttare giù il suo shottino ed afferrare il braccio di Cally per portarlo in pista. Si muove con una disinvoltura sorprendente, considerando i tacchi, l’alcol e la situazione completamente nuova. Sembra quasi che non si renda conto di quello che ha intorno, come se stesse ballando nella sua camera invece che in un locale affollato. Cally non può fare a meno di seguirla nei suoi movimenti a ritmo di musica. È passato un po’ di tempo dall’ultima volta che si è lasciato andare così.
Passano una mezz’ora intera a ballare varie canzoni dance, poi il dj passa ad un repertorio più hip hop. Cally balla con entusiasmo sul beat di una canzone di Eminem e con il labiale ne segue il testo. Quando alza lo sguardo su Anita si rende conto che non solo sta ballando con un entusiasmo pari al suo, ma sta seriamente cantando alla perfezione ogni parola della canzone. Vorrebbe commentare la sua incredibile performance, ma con il volume della musica così alto sarebbe impossibile farsi sentire, quindi si limita a fissarla esterrefatto e fare un cenno di approvazione. La canzone finisce ed Anita si allontana dalla pista per prendere fiato. Cally la segue fino al bancone in tempo per sentirla ordinare qualche altro drink. «Tu vuoi qualcosa?» chiede Anita voltandosi verso di lui «Ehm… No, aspetto che sia passata almeno un’ora… Aspetta vuol dire che hai ordinato solo per te?» chiede Cally confuso. Anita ride «Non temere, non sono un peso piuma come sembro…» dice prima di buttare giù tre shottini di fila e trascinare di nuovo Cally verso la pista come se niente fosse.
Cally continua a ballare con Anita, che non sembra aver subito particolarmente l’effetto dell’alcol. Okay, direi che sta bene. È tutto okay. Si dice mentre cerca di farsi trascinare di nuovo dalla musica. Adesso però c’è più gente in pista e si ritrova a prestare più attenzione a quello che sta accadendo intorno a loro. Qualcuno lancia loro delle occhiate, qualcuno si avvicina non troppo discretamente, qualcuno fissa Anita in un modo che a Cally non piace per niente. Lei tiene gli occhi chiusi per la maggior parte del tempo e sembra non accorgersi di niente. Cally si avvicina un po’ di più e fa in modo di tenere le mani più vicine a lei, senza toccarla troppo, mentre lancia occhiate assassine ad un paio di persone. Dopo qualche tempo Cally torna al bancone ed ordina un’altra birra. Non sa esattamente perché, ma non si sente in vena di bere niente di più pesante. Anita si appoggia al bancone e si sporge verso il barista «Io prenderò un AK-47, grazie.» dice facendo una piccola smorfia divertita. Cally appoggia la sua birra «Ani… È ancora molto presto, sai? Non ci corre dietro nessuno…» prova a suonare scherzoso ma teme che la sua voce sia pregna di preoccupazione e non vuole che ad Anita sembri che la voglia rimproverare. Lei fa un gesto con la mano come per dirgli di lasciar perdere ed inizia a bere il suo drink. Dopo aver seccato un quarto del bicchiere lascia Cally al bancone dicendogli di stare a guardare e torna a ballare. Cally la osserva ballare dalla distanza seguendo i suoi movimenti. Per un momento quasi la perde, quando qualcuno si mette davanti a lei, bloccando la sua linea di vista. Stringe il bicchiere nella mano e cerca di sporgersi per vedere meglio. Riesce a trovare nella folla la sua testa, ma solo per qualche momento. Gli sembra che avesse gli occhi chiusi. Sta buono. Non sei un cane da guardia. Non ha bisogno di te. Lasciala divertire, cazzo. Il tizio che bloccava la sua vista si sposta di qualche passo e adesso Cally riesce a vedere che ci sono due ragazzi vicino ad Anita che stanno chiaramente cercando di avvicinarsi per toccarla, lei ha ancora gli occhi chiusi.
Cally appoggia la birra e si alza di scatto per marciare verso la pista da ballo. Si fa strada nella folla di fretta, probabilmente dando anche qualche spallata a qualcuno. Raggiunge Anita e le prende delicatamente un braccio per spingerla ad aprire gli occhi, appena lo riconosce porta l’altra mano intorno alla sua vita e la spinge lievemente per portarla via dalla pista. «Perché mi hai portata via?» chiede confusa Anita guardando prima la pista alle loro spalle e poi Cally. Adesso si riescono a notare di più gli effetti dell’alcol. Le sue reazioni sono più lente e non sembra più sicura come prima sui tacchi. «Oh, nessun motivo. Mi hai abbandonato così al bancone… Volevo divertirmi con te, tutto qui.» risponde Cally mentre la porta di nuovo vicino al bar sperando che farla appoggiare possa aiutare. Lei lo guarda sospettosa, ma quasi subito ritorna a sorridere. I loro bicchieri sono ancora lì. Anita afferra il suo di colpo e se lo porta alle labbra buttando la testa all’indietro come se dovesse finirlo in un colpo solo. Cally allarmato le ferma le braccia che lei ha già mandato giù due sorsi abbondanti. «Ani!» esclama mentre lei lo guarda sempre più confusa. Appena riesce a toglierle il bicchiere dalle mani, Cally si addolcisce. Con delicatezza prende il suo volto tra le mani e cerca di studiare la sua espressione «Ani…» sussurra. Gli occhi di lei si riempiono di lacrime «Cosa ti prende?» chiede Cally con cautela continuando a guardarla negli occhi. «Non lo so.» risponde con un filo di voce Anita mentre le lacrime cominciano scenderle lungo il volto. Cally le accarezza le guance con delicatezza e riesce ad asciugare qualche lacrima. «Andiamo a prendere una boccata d’aria, okay?» chiede ed Anita si limita ad annuire debolmente.
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La temperatura ormai è scesa di qualche grado, ma comunque non è freddo. Cally offre ancora il suo braccio per aiutare Anita a camminare e la porta ad appoggiarsi contro una parete dell’edificio. «Anita… Io non volevo forzarti a fare qualcosa che non volevi… Se non te la senti di stare in pubblico o di andare a ballare va bene… Hai tutto il diritto di fare le cose alla tua velocità…» cerca di cominciare il discorso per rassicurarla. Lei si asciuga la faccia con una mano, scuote la testa e poi la appoggia contro il muro «No… Non preoccuparti… Questo non ha niente a che fare con te… Io… Sono contenta di essere uscita, davvero… E non ho mai potuto dire di aver fatto una “serata tra amiche”, quindi ne avevo davvero bisogno… Solo che le vacanze estive sono già pesanti da sopportare di loro e anche fare qualcosa che voglio e che mi piace diventa… Pesante… Non posso essere me stessa e… Continuo a pensare a quante occasioni ho perso.» spiega Anita cercando di trattenere altre lacrime quando la sua voce si spezza. Cally si avvicina e la trascina silenziosamente in un abbraccio «Va bene. Anche se non hai mai fatto niente del genere prima, va bene… Non vederla come una lista di occasioni perse, vedila più come una lista di possibilità, una lista di straordinarie prime volte. Non qualcosa che avresti potuto fare prima, ma qualcosa che stai facendo adesso e che stai facendo alla grande. Tu non ti sei vista in pista ma eri fantastica… Hai sicuramente il bollino di approvazione di ogni lesbica del locale, me inclusa.» dice Cally a bassa voce. Anita ridacchia «Ah, davvero ce l’ho? Tu non credo, ti muovi da schifo…» risponde ironica e a Cally sfugge una risata che lo costringe ad allontanarsi «Wow! È così che ti voglio! Brutale!» esclama tra una risata e l’altra. Quando si calma ritorna serio per un attimo «Allora dimmi tu cosa vuoi fare, sono assolutamente a tuo servizio. Anche se vuoi rifugiarti in camera tua a guardare Netflix con la tua scorta di caramelle.» dice con calma ed aspetta che Anita ci rifletta sopra. «No, la notte è ancora giovane, torniamo dentro e divertiamoci! Ma tienimi lontana dal bar… E poi come diavolo pensi che sia possibile vedere Netflix nella mia stanza senza farci beccare da almeno mezza famiglia?» risponde lei con un sorriso allegro. Cally fa spallucce «Beh posso sempre entrare ed uscire dalla finestra.» commenta facendo un gesto per invitarla a rientrare.
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Passano il resto della serata a ballare quasi senza accorgersi del tempo che passa. Anita sembra dimenticare con facilità la piccola crisi che ha avuto prima e non si azzarda a bere niente che non sia acqua. Cally si perde di nuovo nella musica lasciandosi trasportare per ore solo dal beat. Quando vorrebbe cedere alla stanchezza e propone di andare via mettono una canzone che Anita sembra riconoscere dalle prime note dal modo in cui si mette in allerta e sorride soddisfatta. «Oh, adesso ti faccio vedere cosa vuol dire ballare!» commenta mentre trascina Cally verso un punto più aperto della pista. Al momento la zona è semi deserta quindi non deve preoccuparsi molto di quello che ha intorno. Cally non riconosce la canzone, ma ha un sound pop leggermente più lento delle canzoni precedenti, un beat molto marcato ed una profonda voce di donna. Anita comincia a muoversi con sicurezza in quella che sembra una coreografia ben definita. È ipnotica. È affascinante. È seducente. Cally si ritrova incapace di muoversi mentre segue con lo sguardo ogni minimo movimento di Anita che sorride rilassata e lo guarda dritto negli occhi. Cazzo. Non riesce a formulare pensieri più elaborati. Anita gli gira intorno, si appoggia a lui, lo porta a ballare con lei guidando i suoi movimenti.
Se prima Cally non si era azzardato a toccare Anita se non per farla spostare da qualche altra parte adesso non riesce a trattenersi dal far scorrere le sue mani lungo il suo corpo mentre balla con lei. E lei continua a sorridere e a guardarlo negli occhi con quell’espressione serena, completamente a suo agio. Cally non riesce a toglierle gli occhi di dosso ed è improvvisamente più conscio dell’ambiente in cui si trovano. Le luci colorate del locale danzano sui suoi lineamenti, i suoi capelli sono scombinati ormai da ore, sul suo collo e lungo la sua scollatura riesce a vedere qualche gocciolina di sudore che scende per sparire sotto i suoi vestiti. Wow. Anita continua a seguire la sua coreografia, senza perdere la contrazione o l’equilibrio nemmeno per un secondo e senza accorgersi minimamente di come Cally la sta guardando finché la canzone non finisce. Cally resta stordito per un momento e riesce a riprendersi solo quel tanto che basta per seguire Anita fuori dalla pista verso l’uscita «Scusami… È una canzone che adoro e mi piace molto quella coreografia non ho potuto fare a meno di ballarla prima di andare via…» si spiega lei quando arrivano fuori «Come? Ah sì, sì… Non preoccuparti, mi fa piacere sapere che mi nascondi anche una carriera da ballerina a quanto pare…» commenta Cally. Quella era la battuta più cretina che potessi fare. Anita ridacchia «Io una ballerina? No, assolutamente no… Ho imparato solo qualche passo… E dato che quella canzone mi piace molto ho voluto imparare una coreografia completa… Per me… Non per esibizioni o cose del genere…»  risponde facendosi improvvisamente più timida. Non ci credo è pure arrossita. Lei. «Mah… Se lo dici tu… Credo che potresti considerarla come carriera però, non si sa mai.» dice facendole un occhiolino.
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skrabbyblog · 4 years
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03.02.2020
Il problema è che quando hai troppa poca autostima, non è semplicemente colpa delle tue paranoie, ma degli altri, principalmente. Perché quelle paranoie non si insinuano nella tua testa da un giorno all'altro. È qualcuno che le ha fatte nascere, e poi le ha alimentate. Da bambini non si pensa all'aspetto fisico, al carattere di una persona, ai suoi sentimenti. Non si percepisce minimamente l'esistenza di queste cose. Vedi le persone per come sono, e non ti senti in diritto di giudicare negativamente nessuno. Poi si arriva a un certo punto, verso i 9/10 anni, quando ci si avvia verso l'adolescenza, durante la quale improvvisamente si aprono gli occhi, e si cominciano a vedere gli altri con occhi diversi, con occhio critico. Poi, da persona a persona, ovviamente c'è chi continua la sua vita come ha sempre fatto, senza dar fastidio a nessuno. E c'è che invece deve per forza commentare, esagerando forse anche di proposito. Ed è allora che un giorno, le tue amichette ti guardano, e per la prima volta dopo anni di conoscenza, dalla nascita quasi, una di loro ti fa: 《Ma sei anoressica?》.
Tu rimani a guardarla, senza capire. Non sai nemmeno tu che significa, ma già percepisci che si tratta di qualcosa di negativo, e anche accusatorio. 《No.》 rispondi automaticamente, ma non sei sicura nemmeno tu di ciò che stai dicendo, perché potresti anche essere anoressica, ma non sai cosa voglia dire, e anche se fosse, perché dirlo ora?
A quella bambina si aggiungono altre due, che continuano 《Si, è vero! Sei anoressica!》. E così parte un simpatico coro di "sei anoressica! sei anoressica!" Mentre tu cerchi di ricacciare indietro queste accuse che non comprendi, ma senza riuscirci, e vieni sommersa.
Passano gli anni, e passa anche il ricordo di quell'episodio. Come se non fosse nulla di importante. E forse davvero non lo era.
Arrivi alle medie, conosci nuova gente, ti innamori la prima volta. Tutto scorre normalmente. Quando un giorno, una tua amica viene a dirti che una tua compagna di classe, che sinceramente non ti stava nemmeno tanto simpatica, ma con la quale cercavi comunque di andare daccordo senza litigare, ti parla dietro le spalle dicendo che sei "un'handicappata". Tu ci ridi pure su, e pensi "ma sta stronza!", tanto, non è nulla di significativo, un altro episodio isolato.
Poi durante le ore di educazione fisica c'è sempre quel ragazzetto che ti prendeva di mira anche alle elementari per ogni sbaglio che facevi. Quando non prendevi la palla, vai con le urla e gli insulti. Quando capivi male le regole di un gioco (negata per lo sport dalla nascita), vai di insulti di nuovo.
E allora comincia a nascere dentro di te una vocetta stupida, che però non puoi spegnere, che ti dice ogni volta "ecco, ora se non prendi la palla, quello ricomincia a gridarti addosso" "ecco, adesso ci stai mettendo troppo tempo ad andare a riprendere la palla, ti stanno guardando tutti, adesso qualcuno si lamenta" "ecco, lei è così brava a giocare, perché io sono così rincoglionita?" "ecco, adesso ti viene da piangere, stai già piangendo, lo stanno vedendo tutti, adesso penseranno che sei stupida".
Un giorno, state giocando al gioco della bottiglia durante un'ora di supplenza, tocca ad un ragazzo. Obbligo o verità? Verità. Chi è più bella, Silvia o *tizia*? *tizia*. E tu stai li con un sorriso imbarazzato, non sai se prenderla a ridere o no. "Dovresti prenderla a ridere, cioè, è quasi tuo cugino questo qua, che ti importa che pensa sia più bella un'altra ragazza e non tu? Ma non lo penserà solo lui, lo pensano tutti che sei brutta. Lo pensa anche lui, quel ragazzino del quale sei innamorata, anche lui sta ridendo con gli altri, pensa che sei brutta. Fai schifo, non piaci a nessuno. Nessuno si è sentito di smentire, quindi sei brutta davvero". Tu stai li con un mezzo sorriso, rossa, guardi in basso, e vorresti sprofondare dalla vergogna e dall'imbarazzo. Vorresti essere da un'altra parte.
Poi un giorno litighi con la tua migliore amica. Partono insulti da entrambe le parti, si, anche dalla tua parte, perché ti sei rotta di subire sempre, e per una volta vuoi cacciare tutte le cose tenute dentro per troppo tempo. Ma a un certo punto ti viene detto 《Col carattere di merda che hai ti ritroverai senza amici》. Pensi che sia una grande cazzata, ma non ne sei così sicura.
Arrivi alle superiori, e pare tutto nella norma anche qui. Ci sono alcune ragazze che non ti sono simpatiche, ma tu fai finta di niente. Anzi, no. Perché devo stare sempre zitta? Se non vogliono passarmi i compiti di matematica? A me servono, e ste stronze non vogliono darmeli. Allora iniziamo a litigare sulla chat del gruppo. Non so nemmeno come difendermi, contro 8 persone. 《Muori》 《Vaffanculo, Silvia, non rompere il cazzo》 《Eh, ma che è, non ti si può dire niente!》 《Non fare la vittima, dai su》.
Anche quando non litigate, provi a inserirti nel gruppo, fare amicizia, sembrare simpatica. Sembrare, perché magari non lo sei davvero. Forse sei veramente stupida. Ma nemmeno così funziona. 《Ma che cazzo vuoi?》 《Oh, ma sempre a rompe le palle stai?》.
Cambi scuola. La nuova classe sembra decisamente migliore. Tu sei decisa assolutamente a non commentare più nulla, a non arrabbiarti. Perché è sempre colpa tua se si litiga. E tutto fila liscio infatti.
Poi 2 anni dopo, un giorno, sei con le tue nuove amiche a chiacchierare, e si passa non si sa come a parlare di peso, di IMC, sovrappeso, sottopeso, eccetera. Fai il test con le altre ragazze, e esce che sei gravemente sottopeso. 《Eh, ma infatti sei anoressica》. Eccola. È tornata quella parola. Questa volta lo sai che significa, e non ti piace per niente. Perché, come quella volta di tanti anni prima, non è vero che lo sei. Ma continuano a dirtelo, perché? Solo perché sei un pò più magra delle altre. Solo perché non hai quasi per niente seno. Solo perché hai il sedere un pò schiacciato. Solo perchè hai le gambe un pò magre.
《Nooo, Silvia, sto vestito non ti sta bene secondo me》
《Ma mangi?》
E così via. Ricominciamo da capo.
Un giorno, le tue amiche tu fanno scoprire una nuova app, Twitter, e ti ci iscrivi. Ma per qualche motivo strano, loro non vogliono farti sapere quali sono i loro profili. "Ecco, lo vedi? Ti odiano anche loro. Forse ti parlano anche male alle tue spalle."
Un'altro giorno, sei costretta a portare lo zaino con le rotelle perché sulla schiena appena operata non puoi. E questo zaino sul marciapiede con le pietre fa tanto rumore. E tutti si girano a guardarti. Tutti ti guardano, qualcuna ride anche. Qualcuna lo chiama "il trolley". Anche le tue amiche ti dicono 《A Sì, certo che sto zaino fa casino》. Ma che, è colpa mia? "Sembri stupida, stupida e handicappata".
Tutti sembrano guardare te, e prenderti in giro, tutti ti giudicano senza che tu lo sappia. "Ecco, adesso entri in corriera per ultima, e rimani in piedi, tutti pensano che sei una sfigata, perché non sai nemmeno prenderti un posto. Ti guardano tutti e ti giudicano"
E stai lì, da sola in piedi come un palo, in corriera, e seduta lì di fianco c'è una ragazza, anche più piccola di te. La conosci appena di vista. Con la coda dell'occhio la vedi chattare con qualcuno su whatsapp. A un certo punto la vedi aprire la fotocamera interna, scattarti una foto di nascosto, e mandarla a qualcuno sulla chat. Non arrivi subito a capire cosa sia successo, ma quando te ne rendi conto non hai comunque la forza di dire niente. Forse hai visto male. No, hai visto benissimo, ma che puoi farci? Anche chi non ti conosce ti prende per il culo, è vero allora che tutti mi guardano e mi vedono stupida. E brutta, anche.
Inizia un giorno così, a salirti l'ansia. Un pò anche per la scuola, si, ma non solo. Non sai nemmeno tu per cosa sia. Ti senti inutile. Anche alcuni professori tu fanno sentire stupida e insignificante. Ti fanno sentire una nullità.
Finisce la scuola, finisce la maturità. Libertà. Adesso si che si vive. Posso anche uscire con le mie amiche e andarci a divertire. Peccato siano sparite tutte dopo gli esami. Non visualizzano i tuoi messaggi. Escono senza di te. Come se tu non esistessi. E piano piano inizi a sentirti sola, sempre più sola e fuori dal mondo. "Non hai amici, tutti ti odiano, aveva ragione *tizia* a dirti che hai un carattere di merda e ti ritroverai sola, e infatti è successo".
Un giorno, scopri che il ragazzo del quale sei innamorata fin dalle medie, non ti ricambia più. E ti senti stupida, e inutile, e brutta.
Un giorno, un ragazzo di nome Marco ti scrive, e per la prima volta non ti senti più brutta, stupida o inesistente. Ti senti apprezzata, desiderata, bella. Te lo dice anche lui 《per me sei bellissima》 e tu sei al settimo cielo.
Per una volta pensi anche tu che quella vocetta è stupida davvero, e decidi di non ascoltarla, di fidarti di qualcuno che sa usare bene le parole. Fin troppo bene.
《Sei troppo taciturna per me, Silvia, siamo troppo diversi》.
《Non mi sei mancata così tanto durante queste vacanze》
Eccola che torna.
"Sei brutta, non ti trova bella davvero. Gli fai schifo. Gli facevi schifo pure prima ma forse gli sembrava brutto dirtelo subito. Non piaci a nessuno, sei un cesso. Sei stupida e troppo silenziosa, sembri una mummia. Non parli mai, non sai mai che dire, sembri proprio scema. Non sai nemmeno tenerti un ragazzo, figurati, non gli sei mancata per niente, aveva di meglio da fare piuttosto che stare a pensare a te. Eccolo, si è già trovato un'altra ragazza. Sei anche facilmente rimpiazzabile. Sei convinta di essere diversa, e infatti lo sei,ma non per questo sei speciale. Non sei nessuno, ne per lui, ne per gli altri. Tutti si dimenticano della tua esistenza, non vali niente. Niente.
E così via. Sempre più forte. Fino a quando non ti ritrovi a piangere nella tua camera da sola, a 20 anni. Piangere silenziosamente, trattendendo i singhiozzi, ma non le lacrime, per non farti sentire.
E per quanto tu possa pensare che la bellezza non è tutto, che troverai altri amici, altri ragazzi, che devi amarti per quello che sei, non ci riesci. E torna sempre quella stupida vocetta malefica, che ti sbatte in faccia la realtà.
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come-stellecadenti · 4 years
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oggi mi sono costretta a prendermi un pò di tempo per me. ma non è poi così vero, sono sola nella mia stanzetta perchè non voglio vederti ecco tutto. ma non voglio vederti perchè ho bisogno di pensare, e quando penso poi scrivo quindi sì, si può dire che ho appositamente ritagliato un pò di tempo per me. pensavo al fatto che tutto resta sempre uguale eppure se guardo indietro a due mesi fa, Dio, è tutto così diverso. ora so che anche tu provi per me quello che provo io, MA io sono stanca di tutti questi ma e dei se e dei forse io voglio e ho bisogno di cose semplici, di persone ed emozioni vere che si lasciano travolgere da quello che sentono, che non cercano scuse giustificazioni io ho passato una vita intera a farlo. a “proteggermi”. e per la prima volta che invece mi volevo lanciare nel vuoto, con te, per la prima volta che non avevo paura, ovviamente ce l’hai tu. per me e per te. io mica lo sapevo cosa significasse stare insieme a qualcuno che fosse come te. eppure c’avrei provato comnque, e sul serio. perchè se mi sono innamorata di te significa che ci sono forze più grandi di noi che non possiamo controllare, e queste forze mi portano a pensare ai nostri occhi quando si mescolano e diventano gialli, alle nostre mani che a notte fonda si sfiorano, alle risate che fuoriescono dal cuore. e dico, non mi posso ribellare. non posso. ho capito che proprio non posso rinnegare quello che sento. poi, però leggo il mio oroscopo di oggi e mi avverte che sto idealizzando un pò il tutto sai, che non sei sto gran pezzo da 90 che decanto io. e allora forse penso che forse accade sempre tutto nella mia testa, che sono io che sento troppo che sento troppo tutto  non riesco ad essere più leggera non riesco ad essere brezza cazzo, sono sempre tempesta, uragano, forza primordiale che distrugge sempre tutto però poi mi fermo di nuovo e ripenso al fatto che, per la prima volta in vita mia, ho anche detto con cuore in mano tutto ciò che sentivo, ho lasciato che qualcuno all’infuori di me vedesse le mie fragilità, il mio essere anche indifesa, a volta ed è stato bellissimo ma più che bellissimo, è stato liberatorio ecco mi ha guarita da quelle ferite che non riuscivano a rimarginarsi da anni ed anni, su cui neanche la luce del sole faceva effetto. certo, ho anche capito che parlare non serve niente, rispetto a te, a noi. ma non importa insomma dai, io non posso permettermi più di distruggermi di farmi del male come tu non puoi più permetterti di soffrire. e allora si. vado contro me stessa e smetto di mollare, mollo. un’altra cosa che non ho mai fatto, la faccio con te. non posso e non voglio continuare a stare dietro ad una persona che dice di provare sentimenti per me -senza entrare nello specifico mai restiamo sul vago- ma per cui io non sono la priorità. nella mia testa e nel mio cuore l’amore vince SEMPRE su tutto. è una forza promotrice di cose sconosciute e violente, a cui io non riesco a non sottostare.  ed io mi fido di te ma mi fido molto più di me stessa, di quello che sento. siamo qualcosa di bellissimo noi e di raro, soprattutto. e questo mi fa incazzare e soffrire parecchio ma ho appena realizzato, adesso adesso eh, che anche io in quanto IO sono qualcosa di bellissimo e di raro, che a volte si perde e va a male perchè ha poca fiducia nelle proprie capacità, ma in ogni caso una luce flebile resta, non si spegne mai. e dunque. basta riaccenderla un pò, e ritorno a brilllare.  io ritorno a brillare. posso dunque trovare qualcun altro con cui correre, e guardare le stelle la notte mentre si parla di tutto e di niente e si ride a crepapelle e si fumano sigarette infinite come noi, e posso trovare altre mani che sanno toccarmi e farmi venire così bene come sai fare tu, e soprattutto, posso trovare qualcuno che mi ami DAVVERO, con tutto se stesso, senza problemi lavorativi, con cose passate, con la mamma, con prospettive future. che mi ami con semplicità e in modo puro e dissoluto. come facevo io, non tu. come ho sempre fatto io. e quindi sì, basta. ma non scappo. non scappo via, non torno a casa, che la mia casa qual è? la mia casa sono io, la mia pelle, i miei ricordi le mie radici, i miei sogni che fanno ancora viaggiare la mia testa fra le nuvole che la mia rinascita, quella vera, abbia inizio. partendo da me, da tutto quello che è stato certo ma soprattutto da quello che è rimasto. luce luce luce come un girasole voglio sentire solo e tutto il calore su ogni cm di pelle ce la farò come ho sempre fatto.  non sono più ossessionata da te e dal nostro futuro insieme che io ancora manco lo so dove sarò fra un mese, come sarò, che faccia nome pelle avrò tu dici tanto di conoscermi, di capirmi, ma io non sono facilmente identificabile e mai lo sarò tu non hai visto ancora niente ero bruco e ti sei innamorato di me ma io farfalla ci divento quando divento libera, e libera così non lo sono stata mai e dunque il momento è giunto per rinascere, rifiorire, spiegare le ali e volare via, nella luce.
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yomersapiens · 5 years
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Umani da Vienna.
1090. Pierluca è quella persona che conosci da sempre anche se in realtà sono poco più di due anni, ma quando lo vedi e ci parli è come se fosse sempre stato parte di te, della tua crescita. Non ti capaciti di come sia possibile, guardi le foto di te da bambino ed ecco Pierluca che appare nello sfondo, era lì con te. Non lo avevi notato. Pierluca è padre di famiglia e la sua famiglia è anche la mia famiglia adesso. I suoi figli sono miei e sua moglie la sento anche un po’ mia. Pierluca ha vissuto tanto in giro per il mondo eppure ti da una sensazione di casa. Forse, Pierluca più che un umano è un camper. O un circo itinerante. Lui e i suoi topi da laboratorio e i suoi nani stupendi che in realtà sono i suoi figli. Pierluca è il capostipite dei cervelli in fuga e meno male che è scappato altrimenti l’Italia me lo avrebbe reso incazzoso, arrogante, spocchioso, stanco. Invece adesso usciamo e ci raccontiamo sempre gli stessi sketch di Guzzanti. Aspettiamo sempre il momento giusto per dire “ce mettemo un pescetto?” e questo anche ha sapore di casa. 1200. Lamine è il mio amico dal Senegal ed è soprannominato la bestia. Si vanta di non avere un cuore ma in realtà penso sia più grosso del suo cazzo, altra cosa di cui si vanta tantissimo e ha ragione a farlo. Lamine ama due sole cose: la figa e la Juventus. Sulla prima andiamo d’accordo, sulla seconda gli sono vicino solo quando viene eliminata dalla Champions, per prenderlo in giro. Lamine è amareggiato perché è stanco di essere sessualizzato. Di essere quello approcciato perché nero e perché sicuro ha un cazzo enorme. E non solo dalle donne, ma anche dai mariti che gli chiedono se per favore può andare a casa loro e scopargli davanti la moglie. All’inizio non capivo la sua frustrazione, poi più passa il tempo più mi rendo conto del suo punto di vista. Vuole sposarsi. Dice di essere stanco di scopare in giro. Non appena lo dice ti manda la foto di una tipa nuda con un culo enorme e aggiunge “guarda che figa!!!” e io sento la sua risata dall’altra parte del telefono. Quella risata altisonante nonostante i chili e chili di muscoli e palestra. Quando usciamo assieme, indosso sempre la mia maglietta del Wu-Tang Clan, così posso dire “ehi, non solo amo il rap ma vedete, ho pure un amico nero!” e questo lo mette tantissimo in imbarazzo e ridiamo ma forse rido di più io, lui mi asseconda perché con me può finalmente smettere di parlare solo di calcio e figa, ma anche di quando si sente triste. Deve essere difficilissimo vivere avendo paura di buttare fuori i pensieri che ti abbattono e ossessionano. Dover sempre apparire invincibile. Lamine è il mio opposto. Io sono la notte, lui è il giorno. 1050. Francesca è la mia coinquilina ed è un ammasso di capelli e pensieri e confusione e peli superflui e cibo da discount e sigarette e risate e abbracci e furti dal frigorifero. È la più giovane adolescente di 29 anni che conosco. E meno male. Non vuole crescere e diventare un adulto disfunzionale come me, uno di quelli che la mattina si sveglia e va in ufficio. Lei vive di notte, vive di scadenze di progetti, di video e di riprese. Ed è dannatamente brava nel suo caotico modo. È un gatto da appartamento, anzi no, è più un procione. Francesca è stata inserita nella mia vita per dare un altro volto a questo nome, per non averne più paura quando lo sentivo nominare. Francesca è la ragazza con cui posso stare steso abbracciato sul divano senza avere una minima parvenza di erezione. È la colazione fatta parlando piano perché di mattina ha la meglio il lato procione e non il lato umano. Francesca ama le mie storie e gliene ho regalata una per farci un film e aspetto, credo in lei, se inizia a svegliarsi prima delle 11 secondo me può farcela a diventare meno procione e più adulta. 1050. Peyman è il mio vicino di casa e vive a Vienna da quando è scappato dall’Iran. Era giovanissimo, aveva 14 anni durante la rivoluzione. Mi racconta di quello che si provava nelle scuole, di tutte le speranze che la sua generazione aveva. È incazzato a morte con l’Iran e mi ha pure detto che spera che Trump faccia qualcosa. Pensate, è così incazzato che si augura che una testa di cazzo come Trump si impegni ad essere ancora più testa di cazzo e vada a rompere le palle alle teste di cazzo che governano il suo paese. Peyman parla molto di Gesù e mi ha chiesto se voglio fargli da compare quando deciderà di battezzarsi. Peyman preferisce dire di essere persiano, non iraniano. Gli guardo le mani, l’indice della destra è molto più piccolo, come se gli mancasse una falange. Forse è nato così o forse, ma questo accade nella mia testa, per non dover usare i fucili nella guerra post rivoluzione, si è amputato una parte del dito da grilletto. Peyman beve tanto, parla un tedesco migliore del mio e quando camminiamo per la strada nonostante lui sia qua da più di trent’anni, capita che ancora gli urlino di tornare a casa sua nel suo paese. Lui si gira e dice che grazie al cazzo, ci tornerebbe più che volentieri se non fosse andato tutto a puttane. Adesso la sua casa è Vienna, ci paga le tasse, ha il passaporto austriaco e una figlia con i suoi stessi capelli neri che ama disegnare dinosauri in giro per il palazzo. 1140. Setareh viene anche dall’Iran ed è la persona più dolce di questo pianeta. La sua esistenza equilibra l’esistenza di almeno un miliardo di umani di merda. Se il mondo unito conoscesse Setareh e Setareh spiegasse i motivi per cui è giusto che l’Iran abbia l’atomica, tutti converebbero che ha ragione e in pochi istanti le darebbero le chiavi per tutte le bombe che vuole perché di una persona così buona e dolce di sicuro ci si può fidare. Setareh è buona per bilanciare tutti gli uomini che le hanno detto cosa doveva mettere in testa o quanto lunghi dovevano essere i suoi capelli o quanto corti i suoi vestiti. Setareh ama fare shopping in Europa perché può scegliere di indossare quello che le pare. Setareh mi fa incazzare perché se lei non esistesse allora saremmo autorizzati ad eliminare quel miliardo di umani di merda e invece no, lei esiste e anche gli altri. Forse è meglio così però. 1090. Fabio è il mio amico giovane e dj che mi ha insegnato a dire “zio”. Se possibile, Fabio si fa ancora più paranoie di me. Viene benissimo in foto ma se glielo dici lui risponde “no zio guarda qua che difetti che ho”, e tu ovviamente non li vedi. Se vede una ragazza che gli piace deve trovare un particolare fuori posto per ammazzarsi le aspettative e tornare a farsi paranoie con me. Io lo vedo quando siamo assieme, che mi guarda con molto rispetto e ammirazione. Mi legge da tanto tempo. So che stai leggendo quello che sto scrivendo di te, zio non prendermi mai come esempio, non ne vale la pena. Tu ce la puoi fare e hai una barba fighissima. Fabio fa musica che spacca e la notte lo mettono a suonare ad orari indecenti ma lui è giovane e riesce a stare sveglio, se mettessero me a suonare a quelle ore manderei tutti a fanculo, carriera compresa. Fabio mi fa morire dal ridere ma non lo sopporto perché è troppo forte a Mario Kart. Avesse meno paranoie riguardo al suo aspetto e le ragazze e di più riguardo al battermi senza ritegno a Mario Kart sarebbe una persona stupenda. 1040. Leo non penso sia il suo nome vero ma quello completo sarà una di quelle cose austriache complicate che finiscono per fartelo sembrare un vecchio quando in realtà è giovanissimo. Ci vediamo tutti i giovedì oramai da anni per andare insieme al karaoke. Riuscisse mai a prendere una nota giusta. Mai. Però veste sempre elegante. Parla un tedesco gentile e ti fa piacere questa lingua così difficile quanto odiosa. Siccome lavora con i computer e fa il programmatore, ripudia la tecnologia in ogni sua forma. Il suo telefono è un modello così antiquato che fa fotografie in pellicola. Leo è sempre circondato da gruppi di ragazze bionde che lo seguono manco fosse una divinità. Forse perché oltre al modo di parlare, è gentile per davvero. Quando cucina lui anche se siamo in tre, si finisce ad avere canederli per quaranta persone. Ti manda gli sms. Ha un pianoforte in casa e uno pensa che magari così si allena e migliora al karaoke, invece no. È la dimostrazione vivente che l’Austria di musicista buono ha avuto solo Falco, che nemmeno era bravo, però col tempo impari ad accettarlo. Leo lo accetti perché tanta gentilezza va rispettata, ma mi ha rovinato il piacere di ascoltare Everybody hurts perché come la canta lui senti davvero il dolore dell’umanità condensato in 5 minuti di esibizione. 1100. Michikazu è il mio amico giapponese che non conosce nulla del Giappone. Gli chiedi qual è il suo film di Miyazaki preferito, ti risponde chi è Miyazaki. Gli chiedi cosa pensa di Ken Shiro, ti dice che non è mai stato a mangiare da lui. Fa l’artista e una volta mi ha chiesto di suonare ad un suo spettacolo. Gli ho chiesto come mai, dato che faccio tutto in italiano, perché vuoi la mia musica. Mi ha risposto che non è importante quello che faccio ma come lo faccio e io faccio le cose proprio come piace farle a lui. Ovvero senza capirci nulla. È l’unica persona che compete con i miei abbonamenti ai servizi pubblici viennesi. Il giorno del rinnovo del suo passaporto, per la foto ufficiale, si è rasato le sopracciglia e fatto crescere dei baffi con la forma delle sopracciglia tolte. Da 8 anni va in giro con quella foto sul passaporto. Mich non vuole tornare in giappone, dice che sta meglio in Austria, qua non è costretto a capire quello che succede e sta meglio così. Troppe regole laggiù, troppa facciata. Lui ha mire più alte tipo rasarsi le sopracciglia per le foto del passaporto. Quando ride non ti guarda in faccia, si vergogna e questo è un pezzo di Giappone che ancora non è riuscito a togliersi di dosso. 1160. Aldo è il mio animale guida e solo io so che il suo vero nome non è Aldo bensì Giosia. Anche lui fa l’artista e ogni volta che vedo i suoi lavori torno ad avere fiducia nell’arte. Quando lo becchi in giro sembra un giovane ubriacone invecchiato molto male, quando ci parli ti rendi conto che non è per niente giovane, tutto il resto invece è corretto. Non ho mai avuto il coraggio di dirlo ad alta voce, ma sono molto geloso di quanto lui e Pierluca sono diventati amici. Sogno un triangolo amoroso o di fare un figlio a tre con loro, un bambino che nasca col talento artistico di Aldo, la mente scientifica e brillante di Pierluca e la mia abilità nel fare la pasta e fagioli. Eh sì, questo è quello che posso mettere sul tavolo io. Aldo è quello che quando ti parla della sua vita tu prendi romanzi come Grandi Speranze o libro Cuore e li butti via perché dici che a loro non è successo nulla di interessante. Non appena gli dici che qualcosa ti sta andando male, ecco che arriva lui con il racconto di quella volta in cui stava per morire di notte su un treno verso la Russia mentre era vestito da Carabiniere per un progetto artistico e il tassista che lo aveva portato in stazione lo aveva preso a pugni dato che era senza soldi per pagarlo perché viveva in alcuni cartoni vicino al Danubio insieme al fratello con cui qualche giorno prima aveva rubato una barca dimenticando però i remi e lui era riuscito a scendere mentre il fratello ancora galleggiava senza meta sul Danubio. Aldo ha una pancia così tonda che forse dovrebbe partorire lui il nostro figlio a tre padri. 1020. Elisabeth è il passato che ti fa piacere ricordare, il presente a cui mandi foto di opossum per farla sorridere e il futuro che sai sarà sempre lì. Con Elisabeth è finita da tanto ed è stata lunga e variegata e complessa e forse per questo ci si vuole ancora bene. Un giorno pensavo avremmo avuto figli insieme e la ammiro per aver avuto la forza di rincominciare una vita senza di me, mentre io ero terrorizzato da quello che mi circondava. Dalla solitudine, che adesso invece mi tiene compagnia e fa stare tranquillo. Profuma ancora di buono e talvolta mi manca vederla in casa. Però so che posso scriverle e in un secondo mi farà sentire che l’amore è qualcosa che si deve evolvere e a cui devi dare il permesso di cambiare forma e accettare quello che verrà. Perché se conosci qualcuno di valido, lo vuoi tenere nella tua vita anche se cambia tutto. Ora tutto è cambiato ma non il suo profumo e qualche costante devi averla. Ho sempre avuto paura che la mia malattia l’abbia tenuta legata a me più del dovuto e adesso, ogni volta che vado da solo in ospedale e parlo da solo in tedesco con i dottori, le scrivo per dirle quanto sono stato bravo e quanto ho parlato bene. Lei è orgogliosa di me. Sta dimenticando l’italiano ma non le parole sceme che avevo inventato per farla ridere. 1100. Davide è mio fratello ed è la persona che conosco meno su questo pianeta. Nonostante abbiamo il patrimonio genetico in comune e siamo cresciuti assieme e gli ho letto tutti i miei libri preferiti e abbiamo finito non so quanti videogiochi, io mio fratello lo conosco di vista. Come quella canzone di Rino Gaetano. Lui è il musicista, io sono quello che si lancia e fa concerti e dischi. Lui è quello che fa ridere, io ho solo la faccia come il culo. Lui è quello che ha comprato casa con la sua compagna con cui sta da una vita e che adesso spero inizierà a darmi nipotini. Lui è quello su cui posso contare quando faccio una cazzata e mia madre mi guarda delusa, le posso dire “mamma, hai Davide, riponi in lui le speranze, lui si è laureato, ha la testa sulle spalle, io ho scritto una canzone su quanto sono stronzo”. Lui è il fratello minore, ma è sempre stato più grande di me. 1160. Alice Yasmin è la donna più forte che conosco nonostante sia alta come un pezzo di formaggio ma adesso fa brazilian jiu jiutsu e se non la metto in questa lista sicuro mi ammazza di legnate. È tanto bella quanto capace di annoiarti non appena inizia a fare la punta al cazzo su particolari che non conoscevi del Signore degli Anelli. Grazie Alice, sono particolari così noiosi che c’è un motivo se non li conosco. Se non ci fosse stata lei, non avrei mai conosciuto il padre dei miei figli Aldo. Ma lei l’ho conosciuta grazie a Tumblr, quindi ringrazio Tumblr per avermi dato Aldo. 1070. Piotr viene dalla Polonia e gioca a calcio. Dice di avere un fratello gemello ma io non l’ho mai visto. Dice anche di fare il personal trainer ma ci vediamo solo in giro a bere. Lui beve tanto. Ma davvero tanto. Beve così tanto che magari si allena nel bere e allena altra gente a bere e forse quando usciamo lui sta allenando me a bere. Forse suo fratello è frutto dei fumi dell’alcol. Conosce tutti i peggiori bar di Vienna e quando mi ci porta un poco mi vergogno perché mi sento fuoriluogo. Io e il mio aspetto signorile. Piotr vuole sempre fare cose. Sempre andare da qualche parte. Sempre fare tardi. Sempre mangiare carne e bere. Ovunque vai, qualcuno conosce Piotr. E lo evita. Io conosco Piotr e sto pensando forse dovrei iniziare ad evitarlo pure io. Ma voglio scoprire di più sul fratello. E in che squadra gioca. E come fa un calciatore polacco alcolista a bere e allenarsi e ottenere pure risultati mangiando solo carne. Piotr forse ha mangiato suo fratello gemello e un giorno mangerà me.
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erisriderblog-blog · 5 years
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Ballate nelle Terre di Confine
                            Un viaggio inizia con una stretta di mano
Tumblr media
Sanctuary.
Una delle -se non l'unica- città più importanti di Pandora. Suggestiva per il fatto che volasse, ma per Rider era una come le altre; in fondo era andato lì per lavoro.
Non ci mette molto per trovare la casa del proprio cliente, fermandosi a guardare l'insegna sopra di lui: Zed, l'unica persona su quel pianeta che potesse venire chiamata e definita come medico. Certo, nulla a che vedere con i medici di Concordia, ma per un luogo squallido come questo era già tanto.
Prende un respiro prima di sistemarsi il cecchino sulla schiena ed entrare. Viene subito accolto da delle urla di due persone che cercano di comunicare da una parte all'altra della casa, ma decide di aspettare lì all'entrata, non volendo impicciarsi nel discorso. 
Nella sala medica, in mezzo a tutto quel casino, nota una piccola cornice appoggiata sul bancone con una foto all'interno. Si guarda intorno, assicurandosi che non ci sia nessuno in giro: preferiva mantenere i rapporti con i propri clienti al minimo, ma acquisire qualche informazione in più su Zed gli faceva comodo. Bastava che il medico non ne guadagnasse su di lui e sarebbe andato tutto per il meglio.
Prende in mano la foto guardandola: una bambina con i boccoli sta sorridendo verso l'obiettivo, con a fianco una gamba di una persona su cui corre una lunga sfilza di punti. Nell'angolo c'è scritto "Prima operazione andata bene!", ma senza contesto non si capisce se è la prima operazione della bambina ed è andata bene, o è la prima in assoluto ad essere andata bene. Guardando più attentamente, nota che è molto coperta in fatto di vestiti, ma sul collo si intravedono dei segni azzurri che corrono su fino all'occhio sinistro.
Purtroppo non fa in tempo a guardare di più poiché sente dei passi, allora rimette subito la foto al suo posto, allontanandosi da essa.
Difatti, dalla porta che dà al resto della casa esce una ragazza che corre subito all'altro lato della stanza, raccogliendo una pistola da sotto il tavolo. Al passare di nuovo davanti al mercenario lo nota, guardandolo dritto negli occhi ma urlando subito dopo verso le scale.
<Papà, c'è qua quel tizio che aspettavi!>
E con questo corre di nuovo via, senza dire nulla al mercenario.
Dopo qualche secondo finalmente arriva Zed, stranamente senza essere sporco di sangue e vestito in borghese, ma portando sempre la sua mascherina.
Va da Rider porgendogli la mano e lui ricambia il gesto.
<Zed, tu sei Rider, giusto?>
<Esatto.>
<Bene, allora non perdiamo tempo. Eris!>
L'uomo grida verso la porta da cui è arrivato, aspettando una qualche risposta; poco dopo si sente il legno della scale scricchiolare e torna la ragazza di prima con un borsone a tracolla. 
Adesso che ha tempo di guardarla meglio, capisce che è la bambina raffigurata nella foto. Stessi boccoli e capelli dalla sfumatura particolare: viola, arancioni e gialli, per poi tornare viola. Come nella foto è molto coperta, portando un dolcevita a maniche lunghe come i pantaloni, senza lasciare spazio libero alla pelle, tranne per la mano destra, l'unica parte del corpo libera da vestiti visto che quella sinistra aveva un guanto.
<Rider, lei è mia figlia Eris.>
Figlia adottiva, probabilmente.
<Visto che ormai è abbastanza grande e continua ad insistere, ho deciso di farle fare delle commissioni in giro per Pandora da parte mia per la clinica.>
Ai commenti su sé stessa, la ragazza sbuffa con un sorrisetto, ma Zed la ignora. Un discorso che avevano fatto molte volte, probabilmente.
<Vorrei che tu la accompagnassi in giro per queste prime volte, insegnandole a sopravvivere, combattere e altre cose. Insomma, fai in modo che non si uccida.>
Lui non aggiunge altro, mantenendo un tono secco. All'apparenza potrebbe sembrare un comportamento menefreghista, ma Rider ormai sa leggere bene le persone. Per un uomo così cinico che vive di persone ferite o malate, dire una frase del genere non è roba da poco.
Porge la mano verso Eris che a sua volta gliela stringe con una stretta troppo energica e un sorriso troppo grande.
<Non vedo l'ora di passare del tempo con te- Mr, Ms..?>
<Mr Rider. Ma Rider va bene>
<Perfetto Rider! Allora partiamo subito che abbiamo un botto di robe da fare. Ciao papà!>
L'energia e l'entusiasmo della ragazza gli sembra troppo per una che sta per andare nel territorio desolato e ostile di Pandora. Eris si gira a salutare il padre, dandogli un bacio sulla guancia. Lui si toglie un filo della mascherina e da quanto vede il mercenario, la zona nascosta da essa è sfigurata e istintivamente Rider si porta la mano al petto, togliendola subito. Quando Zed ricambia il bacio sulla guancia e guarda la figlia con così tanto amore, lui gira la testa di lato, concentrandosi su un'interessantissima piastrella del muro. Sono proprio necessari tutti sti saluti?
<Se avete finito, io avrei anche un lavoro da fare.>
<Tu vai dove vado io, no? Quindi sei io rimango qua, pure tu ci rimani.>
Rider spalanca gli occhi a quel commento e si gira guardando Eris, che in quel momento ha un sorrisetto furbo stampato in faccia: vuole pure fare la furba.
<Dai scherzo, era una battuta! Ciao papà, ci vediamo!>
L'uomo si rimette la mascherina e saluta le due mentre escono. Appena uscite, Eris si stiracchia, sospirando.
<Finalmente! Non vedo l'ora di andare in giro per Pandora!>
<..Hai un desiderio di morte o l'aria di quassù ti ha dato alla testa?>
Qualsiasi altra persona che abbia conosciuto durante la sua vita lo avrebbe insultato o avrebbe cercato di picchiarlo e non si aspettava nulla di meno da una ragazzina, ma invece Eris scoppia a ridere, lasciandolo spiazzato.
<Chissà, forse la seconda!>
Mentre si teletrasportano giù a terra la sente ancora ridere: certo che era strana.
Finito il teletrasporto, vanno subito al "Catch a Ride" dove aveva parcheggiato la moto. Quando però da lontano non la vede più, il mercenario corre dove l'aveva parcheggiata, guardandosi intorno confuso, cercando tracce della sua amata moto.
No, non possono averla portata via, non vede tracce di ruote a terra. Oppure-
<Scooter? Non è che hai tu la moto del bel tenebroso?>
<Tranquilla, ce l'ho io. Ho dovuto solo fare un ritocco, omaggio per il tuo primo viaggio!>
Sentendo quelle voci, Rider gira così velocemente la testa che sembrava stesse per staccarsi, correndo al monitor e prendendolo fra le mani facendo quasi cadere Eris.
<Che cazzo hai fatto alla mia moto?!> 
<Calmati bello! Fidati, adesso che la vedrai mi ringrazierai. Volevi sul serio andare in giro con Tatsu su una moto? Na nah, adesso capirai.>
Rider subito si gira alla sua sinistra e guarda insieme a Eris la moto che si materializza, o almeno- il sidecar che si materializza.
Eris si lascia scappare un urlo di gioia e dopo aver ringraziato Scooter corre verso il veicolo.
<Amico, la moto è perfetta come prima e così sarà più comoda per questa lavoro. Fidati, Eris È IPERATTIVA.>
Scooter scandisce bene le parole assicurandosi di farsi sentire, ma lui non risponde, andando alla moto dove la ragazza si è seduta al posto di guida. Lui incrocia le braccia, aspettando che si tolga, ma lei lo imita guardandolo con uno sguardo divertito. Ha voglia di giocare col fuoco?
<Togliti.>
<Potrei dire la stessa frase alle robe che hai in faccia. Dai, fatti vedere!>
Non ha tempo per stare dietro a dei giochi di una bimba, quindi con un sospiro si abbassa la bandana e toglie gli occhiali. Aspetta una qualche reazione da lei: schifata, sorpresa, dispiaciuta, qualsiasi cosa, ma lei invece rimane impassibile.
<Tutto qua? Eddai, tragico! Susu, andiamo. Dobbiamo trovare un sacco di cose!>
Si butta nel sidecar tenendo sulle gambe il borsone pieno di munizioni a giudicare dal rumore. 
Rider mette in moto il veicolo e mentre si allontana da Sanctuary, accompagnato dalle chiacchiere di Eris, si domanda: ma chi glielo ha fatto fare questo lavoro da babysitter?
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Ehilà! Questo è un nuovo blog creato per la storia “Ballate nelle Terre di Confine”, concentrata sulle avventure di Eris e Rider in giro per Pandora. Nonostante questa sia una storia basata su Borderlands, gli eventi canonici rimarranno di background per il momento. Siamo in due a gestire il blog e fra poco ci presenteremo. Spero che questa prima fanfiction vi sia piaciuta e spero di rivedervi nelle prossime!
Io, scrittrice, sono Greg e il mio profilo Tumbrl è @proteccdabees
La copertina è stata fatta dall’altra povera cristiana che mi sopporta e ha creato questo blog con me, @ladydate9652!
Infine @astrapanda ci ha aiutati colorando la copertina <3
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