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#rivoluzioni
gregor-samsung · 2 months
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" La donna non ha contrapposto alle costruzioni dell'uomo se non la sua dimensione esistenziale: non ha avuto condottieri, pensatori, scienziati, ma ha avuto energia, pensiero, coraggio, dedizione, attenzione, senso, follia. La traccia di tutto ciò è sparita perché non era destinata a restare, ma la nostra forza è nel non avere nessuna mitizzazione dei fatti: agire non è una specializzazione di casta, ma lo diventa mediante il potere a cui l’agire viene indirizzato. L’umanità maschile si è impadronita di questo meccanismo la cui giustificazione è stata la cultura. Smentire la cultura significa smentire la valutazione dei fatti in base al potere.
La maternità è il momento in cui, ripercorrendo le tappe iniziali della vita in simbiosi emotiva col figlio, la donna si disaccultura. Essa vede il mondo come un prodotto estraneo alle esigenze primarie dell'esistenza che lei rivive. La maternità è il suo “viaggio”. La coscienza della donna si volge spontaneamente all'indietro, alle origini della vita e si interroga. Il pensiero maschile ha ratificato il meccanismo che fa apparire necessari la guerra, il condottiero, l’eroismo, la sfida tra le generazioni. L’inconscio maschile è un ricettacolo di sangue e di paura. Poiché riconosciamo che il mondo è percorso da questi fantasmi di morte e vediamo nella pietà un ruolo imposto alla donna, abbandoniamo l’uomo perché tocchi il fondo della sua solitudine. "
Carla Lonzi, Sputiamo su Hegel.
(Libro elettronico; 1ª edizione: casa editrice "Rivolta Femminile", 1970)
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scogito · 2 months
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Nella mia vita ho incontrato molti uomini col desiderio più o meno inconscio di volere essere degli eroi. In larga misura non è tutta colpa loro, visto che sono cresciuti col mito di dover salvare qualche cristiana in pericolo.
Tuttavia dopo i 20 anni dovresti perlomeno entrare nella strada del "chi sei tu per te stesso" prima di occuparti di altre persone, ma di solito non accade.
Così "gli eroi" sono diventati incoscienti di sé, ma bisognosi privi di responsabilità, e la loro esigenza di salvare qualcuno è in realtà innescata da una forma di controllo e presunzione fuori dal normale.
Un ego sano ovviamente cerca autostima, riconoscimento e valore, ma lo fa secondo prospettive del tutto diverse.
Questo anche per richiamare l'imminente festa del papà, che come altre ricorrenze è una semina di ipocrisia.
Tantissimi padri sono indegni e convinti anche di essere un esempio. Sono cresciuti sentendosi importanti mentre lo sono soltanto nella loro testa.
Le maschere stanno crollando, diverse condizioni stanno portando le persone a rivelare la loro vera natura. Compresi tutti gli uomini che faranno i conti con la solitudine e diversi calci nel sedere da parte di chi fino a poco prima li ha tollerati.
Ogni singola cellula ovviamente si riversa nella società e dunque ci sarà un crollo generico anche del concetto stesso di famiglia. Per chi ha visto in questo nucleo la massima espressione di un legame affettivo, dovrà considerarlo per ciò che davvero ha causato (almeno nella maggioranza dei casi). *Aumenteranno i divorzi, molti figli si allontaneranno da usi e culture di nascita e tutti faranno i conti con quello che hanno causato agli altri.
Ciò comporta la "costrizione" alla responsabilità e il dovere di essere autentici.
* intendo dinamiche consapevoli, non il lasciare una situazione perché è arrivato altro, ma perché ci si rende conto che la condivisione di tossicità è da terminare.
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T.me
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Terra di mezzo #unmaterassoetantagioia #MeOrWhatever #newbeginnings #newlife #cambiamenti #rivoluzioni #comunqueilmaterassogonfiabileècomodo #vediamotraquantosisgonfia #casa #home #casevuote https://www.instagram.com/p/Cp-F6u5M3ky/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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Per troppi evoluzione e felicità, vogliono dire autoimporsi una sorta di buonismo incoerente e fittizio, una sorta di pozione farlocca contro ciò che è sempre stato e che abbiamo sempre generato ma nulla che non trovi spinta interiore autentica e personale, radice animica, può generare abbondanza, direzione e cambiamento. Nulla che non sia osservazione e attraversamento di sé, accettazione senza giudizio e solo poi, moto nuovo che spinge a trasformare tutto in personalità e potenzialità rinnovate. Tutti siamo oscurità e luce e ignorare la nostra parte non in luce, non è utile, non accresce, non riunisce all’anima e non porta a modificare i soliti effetti e le solite sofferenze che ci perseguitano da chissà quanto. Non si tratta di imporsi nulla quindi, piuttosto di accompagnarsi, in un viaggio talvolta lento e doloroso ma che se abbracciato e non respinto, spinge a credersi e ad amarsi così profondamente, tanto da essere in grado d’un tratto, di diventire amore vero e per davvero.
@tizianacerra.com
(Photograph Eugene Chstyakov, unsplash)
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maotse · 2 years
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Se vogliamo abbozzarne "l'anatomia", potremmo distinguere almeno quattro forme principali di comunismo
Se vogliamo abbozzarne "l'anatomia", potremmo distinguere almeno quattro forme principali di comunismo, collegate e non necessariamente opposte l'una all'altra, ma sufficientemente diverse da essere riconoscibili come a sé stanti: la rivoluzione; il regime; l'anticolonialismo; e infine la socialdemocrazia, ossia il comunismo inteso come una variante della socialdemocrazia classica. La Rivoluzione d'ottobre è stata la loro matrice comune. Ciò non significa affatto che tutte queste forme abbiano un'origine russa, poiché lo stesso bolscevismo era una sintesi di diverse idee ed esperienze europee. Ma significa che tutte le forme del comunismo novecentesco furono legate alla Rivoluzione russa, la grande svolta storica in cui trovarono tutte un punto di partenza (e in molti casi anche un epilogo).
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annalisalanci · 2 years
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aitan · 2 months
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*Requiem per il lavoro umano*
(collage di screenshot odierni)
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*Requiem per il lavoro umano - bis*
Nel 2016 ebbi questa visione che misi meglio a fuoco a novembre del 2021, giusto un anno prima dell'inizio della fine del mondo del lavoro così come lo conosciamo ora.
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*La visione del 2016*
*La versione del 2021*
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queerographies · 11 months
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[Sherocco][Titti De Simone][Sara Garbagnoli][Francesca R. Recchia Luciani][Porpora Marcasciano]
Il volume raccoglie le voci dell3 protagonist3 che hanno animato il Festival e restituisce l’intensità e la radicalità dei dibattiti, delle analisi e delle emozioni che hanno fatto di Sherocco un cantiere di pensiero critico
Cosa significa l’espressione “comunità LGBTQIA+”? Esiste davvero qualcosa che può fare da legame per un gruppo eterogeneo come quello formato dalle persone lesbiche, gay, trans, queer, non binarie? Le rivoluzioni del desiderio raccoglie le voci dell3 protagonist3 che hanno animato il Festival e restituisce l’intensità e la radicalità dei dibattiti, delle analisi e delle emozioni che hanno fatto…
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dominousworld · 2 years
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L’Imam Khomeini è stato il leader della più grande rivoluzione nella storia delle rivoluzioni
Sabato 4 giugno 2022 si è tenuto un imponente raduno di persone nel mausoleo dell’Imam Khomeini, svoltosi in occasione del 33° anniversario della dipartita dell’Imam Khomeini. In questo incontro, l’Imam Khamenei ha descritto l’Imam Khomeini come una personalità davvero eccezionale e unica che avvicinò le persone al concetto di “resistenza”. In questo incontro – tenutosi con il Leader presente di…
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gregor-samsung · 2 years
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“ La Comune dovette, prima di tutto, pensare a difendersi. E fino ai suoi ultimi giorni, che vanno dal 21 al 28 maggio, essa non ebbe il tempo di pensare seriamente ad altro. Del resto, nonostante le condizioni cosi sfavorevoli, nonostante la brevità della sua esistenza, la Comune riuscì a adottare qualche misura che caratterizza sufficientemente il suo vero significato e i suoi scopi. Essa sostituì l'esercito permanente, strumento cieco delle classi dominanti, con l'armamento generale del popolo, proclamò la separazione della Chiesa dallo Stato, soppresse il bilancio dei culti (cioè lo stipendio statale ai preti), diede all'istruzione pubblica un carattere puramente laico, arrecando un grave colpo ai gendarmi in sottana nera. Nel campo puramente sociale, essa poté far poco; ma questo poco dimostra con sufficiente chiarezza il suo carattere di governo del popolo, di governo degli operai. Il lavoro notturno nelle panetterie fu proibito; il sistema delle multe, questo furto legalizzato a danno degli operai, fu abolito; infine, la Comune promulgò il famoso decreto in virtù del quale tutte le officine, fabbriche e opifici abbandonati o lasciati inattivi dai loro proprietari venivano rimessi a cooperative operaie per la ripresa della produzione. Per accentuare il suo carattere realmente democratico e proletario, la Comune decretò che lo stipendio di tutti i suoi funzionari e dei membri del governo non potesse sorpassare il salario normale degli operai e in nessun caso superare i 6.000 franchi all'anno (meno di 200 rubli al mese). Tutte queste misure dimostrano abbastanza chiaramente che la Comune costituiva un pericolo mortale per il vecchio mondo fondato sull'asservimento e sullo sfruttamento. Perciò, finché la bandiera rossa del proletariato sventolava sul Palazzo comunale di Parigi, la borghesia non poteva dormire sonni tranquilli. E quando, infine, le forze governative organizzate riuscirono ad avere il sopravvento sulle forze male organizzate della rivoluzione, i generali bonapartisti, sconfitti dai tedeschi, ma valorosi contro i compatrioti vinti, questi Rennenkampf e Moller-Zakomelski [generali zaristi; NdC] francesi compirono una carneficina quale Parigi non aveva mai visto. Circa 30.000 parigini furono massacrati dalla soldataglia scatenata, circa 45.000 furono arrestati; di questi ultimi molti furono uccisi in seguito; a migliaia furono gettati in carcere e deportati. In complesso, Parigi perdette circa 100.000 dei suoi figli, e fra essi i migliori operai di tutti i mestieri. La borghesia era soddisfatta. « Ora il socialismo è finito per molto tempo », diceva il suo capo, il mostriciattolo sanguinario Thiers, dopo il bagno di sangue che egli e i suoi generali avevano fatto subire al proletariato parigino. Ma i corvi borghesi gracchiavano a torto. Sei anni circa dopo lo schiacciamento della Comune, quando molti dei suoi combattenti gemevano ancora nella galera e nell'esilio, il movimento operaio rinasceva in Francia. La nuova generazione socialista, arricchita dall'esperienza dei suoi predecessori, e per nulla scoraggiata per la loro sconfitta, impugnava la bandiera caduta dalle mani dei combattenti della Comune e la portava avanti con mano ferma e coraggiosa al grido di « Evviva la rivoluzione sociale! Evviva la Comune! ». Due-quattro anni più tardi ii nuovo partito operaio e l'agitazione che esso scatenava nel paese obbligavano le classi dominanti a restituire la libertà ai comunardi rimasti nelle mani del governo. Il ricordo dei combattenti della Comune è venerato non solo dagli operai francesi, ma dal proletariato di tutti i paesi. Perché la Comune non combatté per una causa puramente locale o strettamente nazionale, ma per l'emancipazione di tutta l'umanità lavoratrice, di tutti i diseredati e di tutti gli offesi. Combattente avanzata della rivoluzione sociale, la Comune si è guadagnata le simpatie dovunque il proletariato soffre e combatte. Il quadro della sua vita e della sua morte, la visione del governo operaio che prese e conservò per oltre due mesi la capitale del mondo, lo spettacolo della lotta eroica del proletariato e delle sue sofferenze dopo la sconfitta, tutto questo ha rinvigorito il morale di milioni di operai, ha risvegliato le loro speranze, ha conquistato le loro simpatie al socialismo. Il rombo dei cannoni di Parigi ha svegliato dal sonno profondo gli strati sociali più arretrati del proletariato e ha dato ovunque nuovo impulso allo sviluppo della propaganda rivoluzionaria socialista. Ecco perché l'opera della Comune non è morta; essa rivive in ciascuno di noi. La causa della Comune è la causa della rivoluzione socialista, la causa dell'integrale emancipazione politica ed economica dei lavoratori, è la causa del proletariato mondiale. In questo senso essa è immortale.  “
V. I. Lenin, La Comune di Parigi, a cura di Enzo Santarelli, Editori Riuniti (collana Le idee n° 59), 1971¹; pp. 60-62.
NOTA: Il brano è tratto dal discorso tenuto da Lenin per commemorare il quarantennale della Comune di Parigi; il testo di tale orazione fu prontamente pubblicato in Rabočaja gazeta [«Gazzetta dell’operaio»] (1911, n. 4-5) e comparve in Italia in Opere complete (1954-70) di V. I. Lenin, vol. 17, pp. 123-127.
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crazy-so-na-sega · 1 month
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Puoi ignorare i simboli, MA i tuoi nemici no. I comunisti no... Dopo aver preso il potere, la prima cosa che fecero i comunisti fu INVERTIRE il significato di 3 simboli tradizionali.
Evola scrive che i movimenti rivoluzionari moderni prendono "i principi, le forme e i simboli tradizionali" delle società più sane del passato e danno loro una NUOVA svolta. Scava in 3 simboli:
• Il colore rosso
• La parola rivoluzione
• Il simbolo della stella pentagrammica
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sul ROSSO: Nell'antica Roma, l'Imperatore era vestito e tinto di rosso violaceo per "rappresentare Giove, il Re degli Dei". Nel cattolicesimo, i "Principi della Chiesa", i cardinali, indossano una veste rosso scarlatto. Tradizionalmente, il rosso è stato collegato alla gerarchia, all’ordine e al potere. Nell'antichità classica, il fuoco era collegato al colore rosso. Il "paradiso sopra il cielo" era composto da puro fuoco. Il rosso rappresentava autorità e gerarchia. Ma nel XX secolo fu cooptato dai marxisti e fatto rappresentare il contrario. : Uguaglianza, masse e democrazia.
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La parola Rivoluzione: “Rivoluzione nel senso primario non significa sovversione e rivolta, ma in realtà anche il contrario: ritorno a un punto di partenza e movimento ordinario attorno a un centro” In fisica questo è vero: la rivoluzione di un pianeta significa "gravitare attorno a un centro". Le rivoluzioni mantengono i pianeti in un'orbita stabile.
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Le società tradizionali immaginavano che la rivoluzione fosse un movimento che mantiene in armonia l'universo morale. Ma Evola nota che le rivoluzioni adesso significano: allontanarsi dai centri stabili - sommosse- distruzione della regolarità.
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Evola: La Rivoluzione moderna è come lo scardinamento di una porta, l'opposto del significato tradizionale del termine: le forze sociali e politiche si allentano dalla loro orbita naturale, declinano, non conoscono più alcun centro né alcun ordine.
Sul pentagramma:
Il pentagramma, una stella, rappresentava tradizionalmente il destino dell'uomo come microcosmo che conteneva il macrocosmo. Rappresentava l'uomo come "immagine del mondo e di Dio, dominatore di tutti gli elementi grazie alla sua dignità e alla sua destinazione soprannaturale.
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La stella rappresentava l'uomo come "spiritualmente integrato sovrano in modo soprannaturale". Ma i marxisti presero questo simbolo e ne cambiarono il significato. lo hanno reso terreno e "collettivizzato". E' stato messo sulle bandiere dell'URSS e della Cina comunista, diventando distruttivo di ogni valore più alto
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Questo degrado dei simboli è un segno dei tempi estremamente significativo ed eloquente. I simboli sono il linguaggio visivo universale. Questa trasformazione radicale del loro significato non è casuale. Sono stati intenzionalmente riorganizzati attraverso l'inversione, la sovversione e il degrado.
Jash Dholani
[Julius Evola (L'inversione dei simboli- 1928]
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fashionbooksmilano · 3 months
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Vestire la moda
Gioielli non preziosi dal 1750 ai nostri giorni
Deanna Farneti Cera
5 Continents Editions, Milano 2019, 400 pagine, 25x31cm, ISBN 978-8874399024
euro 75,00
email if you want to buy [email protected]
Deanna Farneti Cera è avvincente nel condurci attraverso la storia dei gioielli non preziosi che dalla metà del XVIII secolo all'ultima decade del XX hanno caratterizzato la storia del costume, la sua evoluzione e le trasformazioni dei gusti femminili. I "gioielli per tutti i giorni" riflettono in maniera sorprendente lo stile della donna che li indossa, come dimostra questo volume riccamente illustrato. Dalle romantiche creazioni vittoriane, si passa agli strass e alle decorazioni argentee di epoca edoardiana per arrivare agli elementi in plastica, che spesso davano un tocco di colore agli abiti neri dell'epoca del Charlestone. Linee nette, colori contrastati e astrazione distinguono il Déco prima che lo stile leggendario di Coco Chanel negli anni Trenta e le creazioni di Christian Dior nei Cinquanta esaltassero il ruolo del bijoux nella moda, Le rivoluzioni degli anni Sessanta portano all'utilizzo di materiali innovativi e colori fluorescenti a cui seguirà la rivisitazione del passato tipica dei Settanta. Gli anni Ottanta, infine, danno voce a realizzazioni di grande creatività e successo quali quelle di Ugo Correani per Versace e Karl Lagerfeld per Chanel.
19/02/24
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raffaeleitlodeo · 6 months
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La controrivoluzione delle élite di cui non ci siamo accorti: intervista a Marco D’Eramo - L'indipendente on line
Fisico, poi studente di sociologia con Pierre Bourdieu all’École Pratique des Hautes Études di Parigi, giornalista di Paese Sera, Mondoperaio e poi per lungo tempo de il manifesto. Marco D’Eramo ha di recente pubblicato il saggio Dominio, la guerra invisibile contro i sudditi (ed. Feltrinelli, 2020), un libro prezioso che, con uno stile agevole per tutti e dovizia di fonti, spiega come l’Occidente nell’ultimo mezzo secolo sia stato investito di una sorta di rivoluzione al contrario, della quale quasi nessuno si è accorto: quella lanciata dai dominanti contro i dominati. Una guerra che, almeno al momento, le élite stanno stravincendo e che si è mossa innanzitutto sul piano della battaglia delle idee per (ri)conquistare l’egemonia culturale e quindi le categorie del discorso collettivo. Una chiacchierata preziosa, che permette di svelare il neoliberismo per quello che è, ovvero un’ideologia che, in quanto tale, si muove attorno a parole e concetti chiave arbitrari ma che ormai abbiamo assimilato al punto di darli per scontati, ma che – una volta conosciuti – possono essere messi in discussione.
Ci parli di questa rivoluzione dei potenti contro il popolo, cosa è successo?
Nella storia i potenti hanno sempre fatto guerra ai sudditi, se no non sarebbero rimasti potenti, questo è normale. Il fatto è che raramente i sudditi hanno messo paura ai potenti: è successo nel 490 a.C., quando la plebe di Roma si ritirò sull’Aventino e ottenne i tribuni della plebe. Poi, per oltre duemila anni, ogni volta che i sudditi hanno cercato di ottenere qualcosa di meglio sono stati brutalmente sconfitti. Solo verso il 1650 inizia l’era delle rivoluzioni, che dura circa tre secoli, dalla decapitazione di re Carlo I d’Inghilterra fino alla rivoluzione iraniana, passando per quella francese e quelle socialiste. Da cinquant’anni non si verificano nuove rivoluzioni.
E poi cosa è successo?
Con la seconda guerra mondiale le élite hanno fatto una sorta di patto con i popoli: voi andate in guerra, noi vi garantiamo in cambio maggiori diritti sul lavoro, pensione, cure, eccetera. Dopo la guerra il potere dei subalterni è continuato a crescere, anche in Italia si sono ottenute conquiste grandiose come lo statuto dei Lavoratori, il Servizio Sanitario Nazionale ed altro. A un certo punto, le idee dei subordinati erano divenute talmente forti da contagiare le fasce vicine ai potenti: nascono organizzazioni come Medicina Democratica tra i medici, Magistratura Democratica tra i magistrati, addirittura Farnesina Democratica tra gli ambasciatori. In Italia come in tutto l’Occidente le élite hanno cominciato ad avere paura e sono passate alla controffensiva.
In che modo?
Hanno lanciato una sorta di controguerriglia ideologica. Hanno studiato Gramsci anche loro e hanno agito per riprendere l’egemonia sul piano delle idee. Partendo dai luoghi dove le idee si generano, ovvero le università. A partire dal Midwest americano, una serie di imprenditori ha cominciato a utilizzare fondazioni per finanziare pensatori, università, convegni, pubblicazioni di libri. Un rapporto del 1971 della Camera di Commercio americana lo scrive chiaramente: “bisogna riprendere il controllo e la cosa fondamentale è innanzitutto il controllo sulle università”. Da imprenditori, hanno trattato le idee come una merce da produrre e vendere: c’è la materia prima, il prodotto confezionato e la distribuzione. Il primo passo è riprendere il controllo delle università dove la materia prima, ovvero le idee, si producono; per il confezionamento si fondano invece i think tank, ovvero i centri studi dove le idee vengono digerite e confezionate in termini comprensibili e affascinanti per i consumatori finali, ai quali saranno distribuiti attraverso giornali, televisioni, scuole secondarie e così via. La guerra si è combattuta sui tre campi della diffusione delle idee, e l’hanno stravinta.
Quali sono le idee delle élite che sono divenute dominanti grazie a questa guerra per l’egemonia?
La guerra dall’alto è stata vinta a tal punto che non usiamo più le nostre parole. Ad esempio, la parola “classe” è diventata una parolaccia indicibile. Eppure Warren Buffet, uno degli uomini più ricchi del mondo, lo ha detto chiaramente: «certo che c’è stata la guerra di classe, e l’abbiamo vinta noi». O come la parola “ideologia”, anche quella una parolaccia indicibile. E allo stesso tempo tutte le parole chiave del sistema di valori neoliberista hanno conquistato il nostro mondo. Ma, innanzitutto, le élite sono riuscite a generare una sorta di rivoluzione antropologica, un nuovo tipo di uomo: l’homo economicous. Spesso si definisce il neoliberismo semplicemente come una versione estrema del capitalismo, ma non è così: tra la teoria liberale classica e quella neoliberista ci sono due concezioni dell’uomo radicalmente differenti. Se nel liberalismo classico l’uomo mitico è il commerciante e l’ideale di commercio è il baratto che si genera tra due individui liberi che si scambiano beni, nel neoliberismo l’uomo ideale diventa l’imprenditore e il mito fondatore è quello della competizione, dove per definizione uno vince e l’altro soccombe.
Quindi rispetto alle generazioni che ci hanno preceduto siamo diventati un’altra specie umana senza accorgercene?
L’idea che ogni individuo è un imprenditore genera una serie di conseguenze enormi. La precondizioni per poter avviare un’impresa è avere qualcosa da investire, e se non ho capitali cosa investo? A questa domanda un neoliberista risponde: «il tuo capitale umano». Questa è una cosa interessantissima perché cambia tutte le nozioni precedenti. Intanto non vale l’idea del rapporto di lavoro come lo conoscevamo: non esiste più un imprenditore e un operaio, ma due capitalisti, dei quali uno investe denaro e l’altro capitale umano. Non c’è nulla da rivendicare collettivamente: lo sfruttamento scompare, dal momento che è un rapporto tra capitalisti. Portando il ragionamento alle estreme conseguenze, nella logica dominante, un migrante che affoga cercando di arrivare a Lampedusa diventa un imprenditore di sé stesso fallito, perché ha sbagliato investimento. Se ci si riflette bene, la forma sociale che meglio rispecchia questa idea del capitale umano non è il liberalismo ma lo schiavismo, perché è lì che l’uomo è letteralmente un capitale che si può comprare e vendere. Quindi non credo sia errato dire che, in verità, il mito originario (e mai confessato) del neoliberismo non è il baratto ma lo schiavismo. Il grande successo che hanno avuto i neoliberisti è di farci interiorizzare quest’immagine di noi stessi. È una rivoluzione culturale che ha conquistato anche il modo dei servizi pubblici. Per esempio le unità sanitarie locali sono diventate le aziende sanitarie locali. Nelle scuole e nelle università il successo e l’insuccesso si misurano in crediti ottenuti o mancanti, come fossero istituti bancari. E per andarci, all’università, è sempre più diffusa la necessità di chiedere prestiti alle banche. Poi, una volta che hai preso il prestito, dovrai comportarti come un’impresa che ha investito, che deve ammortizzare l’investimento e avere profitti tali da non diventare insolvente. Il sistema ci ha messo nella situazione di comportarci e di vivere come imprenditori.
Ritiene che l’ideologia neoliberista abbia definitivamente vinto la propria guerra o c’è una soluzione?
Le guerre delle idee non finiscono mai, sembra che finiscano, ma non è così. Se ci pensiamo, l’ideologia liberista è molto strana, nel senso che tutte le grandi ideologie della storia offrivano al mondo una speranza di futuro migliore: le religioni ci promettevano un aldilà di pace e felicità, il socialismo una società del futuro meravigliosa, il liberalismo l’idea di un costante miglioramento delle condizioni di vita materiali. Il neoliberismo, invece, non promette nulla ed anzi ha del tutto rimosso l’idea di futuro: è un’ideologia della cedola trimestrale, incapace di ogni tipo di visione. Questo è il suo punto debole, la prima idea che saprà ridare al mondo un sogno di futuro lo spazzerà via. Ma non saranno né i partiti né i sindacati a farlo, sono istituzioni che avevano senso nel mondo precedente, basato sulle fabbriche, nella società dell’isolamento e della sorveglianza a distanza sono inerti.
Così ad occhio non sembra esserci una soluzione molto vicina…
Invece le cose possono cambiare rapidamente, molto più velocemente di quanto pensiamo. Prendiamo la globalizzazione: fino a pochi anni fa tutti erano convinti della sua irreversibilità, che il mondo sarebbe diventato un grande e unico villaggio forgiato dal sogno americano. E invece, da otto anni stiamo assistendo a una rapida e sistematica de-globalizzazione. Prima la Brexit, poi l’elezione di Trump, poi il Covid-19, poi la rottura con la Russia e il disaccoppiamento con l’economia cinese. Parlare oggi di globalizzazione nei termini in cui i suoi teorici ne parlavano solo vent’anni fa sembrerebbe del tutto ridicolo, può essere che tra vent’anni lo sarà anche l’ideologia neoliberista.
Intanto chi è interessato a cambiare le cose cosa dovrebbe fare?
Occorre rimboccarsi le maniche e fare quello che facevano i militanti alla fine dell’Ottocento, ovvero alfabetizzare politicamente le persone. Una delle grandi manovre in questa guerra culturale lanciata dal neoliberismo è stata quella di ricreare un analfabetismo politico di massa, facendoci ritornare plebe. Quindi è da qui che si parte. E poi bisogna credere nel conflitto, progettarlo, parteciparvi. Il conflitto è la cosa più importante. Lo diceva già Machiavelli: le buone leggi nascono dai tumulti. Tutte le buone riforme che sono state fatte, anche in Italia, non sono mai venute dal palazzo. Il Parlamento ha tutt’al più approvato istanze nate nelle strade, nei luoghi di lavoro, nelle piazze. Lo Statuto dei Lavoratori non è stato fatto dal Parlamento per volontà della politica, ma a seguito della grande pressione esterna fatta dai movimenti, cioè dalla gente che si mette insieme. Quindi la prima cosa è capire che il conflitto è una cosa buona. La società deve essere conflittuale perché gli interessi dei potenti non coincidono con quelli del popolo. Già Aristotele lo diceva benissimo: i dominati si ribellano perché non sono abbastanza eguali e i dominanti si rivoltano perché sono troppo eguali. Questa è la verità.
[di Andrea Legni]
https://www.lindipendente.online/2023/11/01/la-controrivoluzione-delle-elite-di-cui-non-ci-siamo-accorti-intervista-a-marco-deramo/?fbclid=IwAR0J1ttaujW9lXdoC3r4k5Jm46v3rQM_NMampT4Sd_Q-FX4D-7TFWKXhn3c
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diceriadelluntore · 6 months
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Storia Di Musica #300 - Miles Davis, Live-Evil, 1971
Quando si ascoltò questo disco per la prima volta, i critici ebbero un profondo senso di smarrimento: Come bisogna definirlo? Cosa è? È jazz? È rock? È qualcosa di altro? In parte era lo scopo del suo creatore, in parte perfino a lui, genio incontrastato delle rivoluzioni musicali, qualcosa "sfuggì di mano", divenendo addirittura qualcosa di altro dalla sua idea primigenia. Questo è un disco che parte da un percorso iniziato qualche anno prima, quando Miles Davis e il suo storico secondo quintetto iniziano ad esplorare le possibilità che gli strumenti elettrici e le strutture della musica rock possono dare al jazz. I primi esperimenti con Miles In The Sky (1968), poi con quel capolavoro magnetico che è In A Silent Way (1969), il primo con la nuova formazione elettrica, la quale sviluppa a pieno quella rivoluzione che va sotto il nome di jazz fusion con il fragoroso, e irripetibile, carisma musicale rivoluzionario che fu Bitches Brew (1970, ma registrato qualche giorno dopo il Festival di Woodstock, nell'Agosto del 1969). Davis è sempre stato curioso e non ha mai avuto paura di guardarsi intorno dal punto di vista musicale, ne è testimone la sua discografia. E nell'idea che il jazz stesse morendo, era sua intenzione innestarlo di nuova vitalità contaminandolo con altri generi, non solo il rock, ma anche il funk, il soul, la musica sperimentale europea. A tutto ciò, per la prima volta nel jazz (e questa fu l'accusa più viva di eresia), il ruolo del produttore, del suo fido e sodale Teo Macero, è proprio quello di cercare tra le sessioni di prove le parti migliori, o come amava dire Davis "le più significative", e metterle insieme in un lavoro sorprendente e meticoloso di collage musicale, che in teoria elimina la componente espositiva solista del musicista jazz, ma che allo stesso tempo regala una nuova filosofia musicale ai brani, del tutto inaspettata. Decisivo fu, nel 1970, il compito che fu affidato a Davis di curare la colonna sonora del film documentario A Tribute To Jack Johnson, di Bill Cayton, sulla vita del pugile che nel 1908 divenne il primo pugile di colore e il primo texano a vincere il titolo del mondo di boxe dei pesi massimi, quando sconfisse il campione in carica Tommy Burns. Per questa ragione fu considerato una sorta di simbolo dell'orgoglio razziale della gente di colore all'inizio del ventesimo secolo, soprattutto poiché nel periodo erano ancora in vigore le leggi Jim Crow, leggi che di fatto perpetuarono la segregazione razziale in tutti i servizi pubblici, istituendo uno status definito di "separati ma uguali" per i neri americani e per gli appartenenti a gruppi razziali diversi dai bianchi, attive dal 1875 al 1965.
Il disco di oggi somma tutte queste istanze, in maniera unica e per certi versi selvaggia, divenendo di fatto una sorta di manifesto che Il Signore Delle Tenebre ostenta alla sua maniera, cioè nel modo più sfavillante possibile. Live-Evil esce nel Novembre del 1971, ma è frutto di storiche serate live al The Cellar Dome di Washington DC, dove la band di Davis si esibì per diverse serate nel Dicembre del 1970, e una parte di registrazioni in studio sotto lo sguardo attento di Teo Macero, presso gli studi della Columbia di New York. Con Davis, nelle esibizioni al Cellar Dome, che come prima pietra dello scandalo usa la tromba elettrica, infarcita di pedali di effetti e di wah wah (amore trasmessogli da Jimi Hendrix) c'erano Gary Bartz (sassofono), John McLaughlin (chitarra elettrica), Keith Jarrett (piano elettrico), Michael Henderson (basso elettrico), Jack DeJohnette (batteria) e Airto Moreira (percussioni) e in un brano solo, come voce narrante, l'attore Conrad Roberts. Nelle sessioni in studio di aggiungono altre leggende, tra cui Herbie Hancock e Chick Corea (con lui nei precedenti dischi citati), Billy Cobham, Joe Zawinul e il fenomenale musicista brasiliano Hermeto Pascoal, la cui musica e i cui brani saranno centrali in questo lavoro. Tutto il magma creativo di queste idee sfocia in un doppio disco dalla forza musicale devastante, tanto che oggi alcuni critici lo definiscono un heavy metal jazz, che parte dalle origini più profonde ma sfocia in una musica caotica e sfacciatamente meravigliosa, trascinante e indefinibile, che gioca tutto sulle dissonanze, sugli ossimori, sui palindromi simbolici e musicali. E manifestazione più chiara ne è la copertina, bellissima, di Mati Klarwein, artista francese autore di alcune delle più belle copertine musicali, tra cui quella di Bitches Brew: lasciato libero di creare da Davis, pensò alla copertina con la donna africana incinta, come simbolo di creazione "primordiale", ma fu lo stesso Davis, a pochi giorni dalla pubblicazione, una volta deciso il titolo, che gli chiese un nuovo disegno, che accostasse il "bene" al "male" attraverso una rana. Klarwein in quel momento aveva una copertina della rivista Time che raffigurava il presidente Hoover, che fu presa come spunto per la rana del male, che campeggiò sul retro della copertina, e che vi faccio vedere:
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Musicalmente il disco si divide in brani autografi di Davis, che diventano lunghissime jam session di sperimentazione, di assoli di chitarra, sfoghi di batteria, con la sua tromba elettrica che giganteggia qua e la, che raccolgono quel senso di rivoluzione, anche giocata sulla sua storica abilità di comunicazione (Sivad e Selim, che sono il contrario di Davis e Miles, la seconda scritta per lui da Pascoal, languida e dolcissima), il medley Gemini/Double Image, scritta con Zawinul, e le lunghissime e potentissime What I Say, quasi una dichiarazione di intenti, Funky Tonk, rivoluzionaria e la chiusura con Inamorata And Narration by Conrad Roberts, che è quasi teatro sperimentale, e le altre composizioni di Pascoal, Little Church e Nem Um Talvez, musica che stupì tantissimo lo stesso Davis, che considerava Pascoal uno dei più grandi musicisti del mondo: il brasiliano, polistrumentista, arrangiatore, produttore, è una delle figure centrali della musica sudamericana, e essendo albino è da sempre soprannominato o bruxo, lo stregone. Tutti brani vennero "perfezionati" da Macero, e addirittura nelle ristampe recenti è possibile leggere nelle note del libretto l'esatta costruzione dei brani, ripresi dalle sessioni live e dalle registrazioni in studio. Di quelle leggendarie serate al The Cellar Dome, nel 2005 la Columbia pubblicò un inestimabile cofanetto, di 5 cd, The Cellar Door Sessions 1970 con le intere esibizioni del Dicembre 1970: le parti usate in Live-Evil sono nel quinto e sesto disco, nei precedenti ulteriori esplorazioni musicali da brividi, per una delle serie di concerti storicamente più importanti del jazz.
Il disco verrà considerato il capolavoro che è solo dopo anni, in un periodo, quello degli anni '70, dove Davis accettò apertamente di sfidare la critica con la sua musica. Da allora però, per quanto in parte ancora enigmatico e "difficile", è considerato l'ennesimo pilastro della leggenda Davis, in uno dei suoi capitoli musicali che ebbe più fortuna, poichè buona parte dei fenomenali musicisti che contribuirono a questo disco erano in procinto, o già alle prese, con esperienze musicali che partendo dalla lezione del Maestro, ne approfondiranno i contenuti, e ne esploreranno i limiti: sarà quest'ambito che legherà le altre scelte di Novembre e questo omaggio, che come i precedenti numeri miliari (1,50,100,150,200,250) è dedicato al formidabile uomo con la tromba.
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abr · 2 months
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Nei primi secoli del cristianesimo vi fu una diatriba a volte accesa sulla necessità o meno di studiare gli autori greci e romani (si pensi a san Girolamo o a sant’Agostino), durante il Medioevo e soprattutto nei monasteri prevalse una mentalità sostanzialmente aperta.
Bonifacio, apostolo della Germania, compose un’Arte della grammatica nella cui prefazione sosteneva che lo studio dei classici è indispensabile alla formazione religiosa. Ancora, Gerberto, divenuto poi papa col nome di Silvestro II (999-1003), che come direttore della scuola cattedrale di Reims riteneva «impossibile per i suoi allievi elevarsi all’arte oratoria senza conoscere le tecniche di elocuzione che si possono imparare soltanto leggendo i poeti». Insomma, da Gregorio Magno fino ad Alcuino, emblema del Rinascimento carolingio, fu tutto un susseguirsi di lodi verso la cultura classica.
Altro che secoli bui (...). Come l’eccezionale esperienza del Vivarium, il monastero fondato da Cassiodoro, che nel VI secolo «fornì le basi per una compiuta sintesi tra saperi pagani e sapienza cristiana». O il meno noto monastero di Eugippio, abate a Castellum Lucullanum vicino a Napoli, che già alla fine del V secolo consolidò la pratica di copiare e conservare i manoscritti antichi. Per arrivare a Rabano Mauro, che guidò l’abbazia benedettina di Fulda in Germania, autore di uno studio sull’arte del linguaggio e difensore della grammatica, e a (...) Alcuino, al quale si devono due trattati sulla retorica e sulla dialettica, ritenuti fondamentali per lo studio, ma anche per l’evangelizzazione.
Poi si spazia dall’elogio da parte di Agostino dell’aritmetica e dei numeri in quanto voluti da Dio come fondamento dell’ordine dell’universo alla passione di Boezio e di Gerberto per la geometria, per finire con l’astronomia di cui si è già riferito e con la musica, la «scienza del misurare ritmicamente secondo arte» ancora per sant’Agostino, autore di un trattato apposito, il De musica. Boezio poi la riteneva «connessa non solo con la speculazione, ma con la moralità». Un lungo percorso approdato nell’XI secolo a Guido d’Arezzo e alla sua codificazione delle note musicali.
via https://www.avvenire.it/agora/pagine/la-cultura-monastica-luce-del-medioevo
Come in tutte le rivoluzioni del pensiero, anche il cristianesimo rischiò nella sua infanzia l'implosione suicida causa massimalismo fondamentalista, cancellatore di tutta l'eredità del passato nel nome di una nuova ripartenza.
Mentre ad es. islam, blm, wokismo e ambientalismo ci cascano come pere e ne sono fatalmente vittime, il pensiero cristiano dopo qualche iniziale tentennamento - iconoclastia etc. - si salva da se sin dai primi tempi, lasciando tutti i freni fondamentalisti auto imposti alla ortodossia orientale e celebrando Dio per mezzo della CURIOSITA' DEL SAPERE, originando quindi dal suo interno e ponendo le premesse per tutto il successivo progresso positivo del mondo, dal capitalismo al liberalismo alla scienza.
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abatelunare · 1 year
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L'Italia non si stanca mai di essere un paese arretrato. Fa qualunque sacrificio, perfino delle rivoluzioni, pur di rimanere vecchio.
Vitaliano Brancati, Ritorno alla censura
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