“Se davvero la sofferenza impartisse lezioni, il mondo sarebbe popolato da soli saggi. E invece il dolore non ha nulla da insegnare a chi non trova il coraggio e la forza di starlo ad ascoltare.”
(S. Freud)
“La solitudine diventa lo specchio. La società è l'inganno. Ecco perché hai sempre paura di stare da solo: sarai costretto a conoscerti nella tua nudità. Essere soli è difficile, ti spaventa. Ogni volta che sei solo, cominci immediatamente a fare qualcosa per uscire dalla solitudine.”
Non mi piace prendere posizioni nette su argomenti dei quali non conosco le dinamiche se non quelle raccontate dai media.
Ma di spendere due parole quando leggo che la colpa va alla "famiglia" o che è compito dei genitori "educare" i figli, mi va e mi va eccome!!
Non pretendo che tutti abbiano la mia vocazione, nata proprio in ambito educativo, quando ho iniziato a cogliere i "bisogni" dei genitori, cioè quella di formarsi affinché, potendo contare su competenze apprese, si possa operare per il bene comune.
Ma prima impariamo che l'educazione è un dovere sociale e non della semplice famiglia, che sono proprio i genitori di ieri che hanno messo al mondo figli di oggi, che dove non c'è la famiglia arriva la scuola, la parrocchia, il centro sportivo, se impariamo da subito a non delegare ma ad assumerci ognuno le proprie responsabilità come parte integrante di questo Mondo, prima, e meglio, le cose cambieranno.
Ora non vorrei più leggere che la colpa è della famiglia che non c'è, perché la prima famiglia è la Società. Poi non lamentiamoci.
Le diversità culturali sono un esempio di come la massa sia priva di logica. Ciò che viene visto normale in un luogo, può essere ritenuto pericolosissimo in un altro.
Un esempio è il concetto di sicurezza, che come tanti altri, è una struttura del Sistema.
Ovvero un indottrinamento di convenienza e di manipolazione.
Un altro esempio sono i valori di riferimento delle analisi cliniche.
Ogni costrutto in questa dimensione è usato e impacchettato a seconda di quello che si vuole ottenere in un determinato periodo storico nella società.
Ciò rende tutto possibile, perché tutto è arbitrario.
" Nel 1925, un manifesto di artisti francesi che si firmavano la « revolution surrealiste », indirizzato ai direttori dei manicomi, cosi concludeva: « Domattina, all’ora della visita, quando senza alcun lessico tenterete di comunicare con questi uomini, possiate voi ricordare e riconoscere che nei loro confronti avete una sola superiorità: la forza ».
Quarant’anni dopo - legati come gran parte dei paesi europei, ad una legge antica ancora incerta fra l’assistenza e la sicurezza, la pietà e la paura - la situazione non è di molto mutata: limiti forzati, burocrazia, autoritarismo regolano la vita degli internati per i quali già Pinel aveva clamorosamente reclamato il diritto alla libertà… Lo psichiatra sembra, infatti, riscoprire solo oggi che il primo passo verso la cura del malato è il ritorno alla libertà di cui finora egli stesso lo aveva privato. La necessità di un regime, di un sistema nella complessa organizzazione dello spazio chiuso nel quale il malato mentale è stato isolato per secoli, richiedeva al medico il solo ruolo di sorvegliante, di tutore interno, di moderatore degli eccessi cui la malattia poteva portare: il valore del sistema superava quello dell’oggetto delle sue cure. Ma oggi lo psichiatra si rende conto che i primi passi verso la « apertura » del manicomio producono nel malato una graduale trasformazione del suo porsi, del suo rapporto con la malattia e col mondo, della sua prospettiva delle cose, ristretta e rimpicciolita, non solo dalla condizione morbosa, ma dalla lunga ospedalizzazione. Dal momento in cui oltrepassa il muro dell’internamento, il malato entra in una nuova dimensione di vuoto emozionale… viene immesso, cioè, in uno spazio che, originariamente nato per renderlo inoffensivo ed insieme curarlo, appare in pratica come un luogo paradossalmente costruito per il completo annientamento della sua individualità, come luogo della sua totale oggettivazione… "
Franco Basaglia, Le istituzioni della violenza, in:
AA. VV., L'istituzione negata. Rapporto da un ospedale psichiatrico, (a cura di Franco Basaglia; collana Nuovo Politecnico, n° 19), Giulio Einaudi editore, 1974⁷ [1ª edizione 1968]; il brano citato si trova alle pp. 129-130 (corsivi dell’autore).
Il grande problema insolubile della democrazia capitalista è che i modelli sociali di riferimento sono calibrati sulle necessità del Capitale.
C’è poco da stupirsi che anche ogni espressione “artistica” sia orientata verso il basso ed il brutto, perché segue logiche esclusivamente basate sul profitto e sul consenso sociale di massa, incentrate sullo scambio di merce, in un’ottica materialista.
Di qui, la logica conseguenza dell’inquinamento di ogni espressione sociale e di un’anarchia ben guidata e sollecitata.
L’introspezione è un’attività che sta scomparendo. Sempre più persone, quando si trovano a fronteggiare momenti di solitudine nella propria auto, per strada o alla cassa del supermercato, invece di raccogliere i pensieri controllano se ci sono messaggi sul cellulare per avere qualche brandello di evidenza che dimostri loro che qualcuno, da qualche parte, forse li vuole o ha bisogno di loro.