Tumgik
avvocatosalustri · 2 years
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Il Mobbing
La parola mobbing, dal verbo inglese “to mob” (assalire, molestare), fu usata in passato in ambito scientifico dall’etologo1 Konrad Lorenz per indicare la condotta violenta tra animali della stessa specie per escludere un membro dal gruppo.
Tale concetto fu ripreso ed utilizzato per la prima volta nel mondo del lavoro dallo psicologo tedesco Heinz Leymann, che lo adattò a tale contesto sociale per definire una serie di condotte aggressive e frequenti realizzate ai danni di un lavoratore dal datore di lavoro, dai superiori o dai colleghi. Successivamente il termine venne adottato anche in Italia grazie al lavoro dello psicologo Harald Ege, che  definì il mobbing “una forma di terrore psicologico sul luogo di lavoro esercitata attraverso comportamenti aggressivi e vessatori ripetuti, da parte di colleghi o superiori”.2
Oggi, nel mondo del diritto del lavoro, si è arrivati ad una definizione unitaria e condivisa del fenomeno mobbing, che consiste in una serie di atti o comportamenti vessatori, protratti nel tempo con finalità di persecuzione ed emarginazione, realizzati nei confronti di un lavoratore da parte del datore di lavoro, dei superiori gerarchici o dei colleghi di pari od inferiore livello. Essendo così generica la definizione, i comportamenti che in realtà possono essere qualificati in tal modo sono molteplici e possono essere sia di carattere lecito, come il demansionamento, l’assegnazione di eccessivi carichi di lavoro, il rifiuto delle ferie o la loro sistematica collocazione in periodi non graditi, che di carattere illecito, anche sfociando in condotte di rilievo penalistico, come minacce, costrizioni o violenze di vario genere.
Inoltre, sulla base dei soggetti che in concreto agiscono ai danni del lavoratore, la dottrina ha elaborato una classificazione delle differenti tipologie di mobbing in cui ci si può imbattere nella realtà dei fatti:
mobbing verticale, che si configura quando la condotta persecutoria coinvolge  individui di diversi livelli della scala gerarchica, ed in particolare si ha mobbing discendente quando i comportamenti aggressivi e vessatori sono posti in essere dal datore di lavoro o da un superiore gerarchico della vittima (in gergo “bossing”); al contrario si ha mobbing ascendente quando è un lavoratore di livello più basso ad attaccare un soggetto a lui sovraordinato;
infine, si parla di mobbing orizzontale quando il comportamento persecutorio è realizzato da uno o più colleghi posti allo stesso livello della persona che ne è bersaglio.
Alla luce di tale moltitudine di fatti potenzialmente riconducibili nella sfera del mobbing e vista l'assenza di una norma specifica nell'ordinamento giuridico italiano che abbia individuato e disciplinato con precisione tale istituto giuridico, al fine di una più agevole valutazione del caso specifico la giurisprudenza si è adoperata nel delineare i requisiti necessari per inquadrare un determinato comportamento nel fenomeno in esame. A tal riguardo devono essere presenti:
a) una serie di comportamenti di carattere persecutorio - illeciti o anche leciti se considerati singolarmente - che, con intento vessatorio, siano stati posti in essere contro la vittima in modo miratamente sistematico e prolungato nel tempo, direttamente da parte del datore di lavoro o di un suo preposto o anche da parte di altri dipendenti, sottoposti al potere direttivo dei primi;
b) l'evento lesivo della salute, della personalità o della dignità del dipendente;
c) il nesso eziologico tra la descritte condotte e il pregiudizio subito dalla vittima nella propria integrità psico-fisica e/o nella propria dignità;
d) il suindicato elemento soggettivo, cioè l'intento persecutorio unificante di tutti i comportamenti lesivi.
In considerazione di tutto ciò, qualora il lavoratore che abbia subito danni di qualsiasi genere, sia patrimoniali che non patrimoniali, in conseguenza di comportamenti riconducibili alla sopra illustrata categoria del mobbing sia in grado di dimostrare gli elementi che lo caratterizzano, potrà legittimamente agire in giudizio per richiedere il risarcimento dei danni sofferti.
Avv. Daniele Salustri
1 L'etologia è la scienza che studia il comportamento animale, con l’assunto che specifici moduli comportamentali caratterizzino e distinguano ciascuna specie al pari dei caratteri morfologici. https://www.treccani.it/enciclopedia/etologia
2 Con la parola mobbing si intende una forma di terrore psicologico sul posto di lavoro, esercitata attraverso comportamenti aggressivi e vessatori ripetuti, da parte di colleghi o superiori. La vittima di queste vere e proprie persecuzioni si vede emarginata, calunniata, criticata: gli vengono affidati compiti dequalificanti, o viene spostata da un ufficio all’altro, o viene sistematicamente messa in ridicolo di fronte a clienti o superiori. Nei casi più gravi si arriva anche al sabotaggio del lavoro e ad azioni illegali. Lo scopo di tali comportamenti può essere vario, ma sempre distruttivo: eliminare una persona divenuta in qualche modo “scomoda”, inducendola alle dimissioni volontarie o provocandone un motivato licenziamento. Harald Ege, Il mobbing in Italia. Introduzione al mobbing culturale, 1997, pag. 5
Fonti:
Università degli Studi di Milano, https://work.unimi.it/rlavoro/tutela/43853.htm
Harald Ege, Il mobbing in Italia. Introduzione al mobbing culturale,  1997
Altalex, Mobbing: la guida completa, di Matteo Bertelli Motta. https://www.altalex.com/guide/mobbing
Corte di cassazione civile, sez. Lavoro, 6 agosto 2014 n. 17698
Corte di cassazione civile, sez. Lavoro, ord., 10 novembre 2017 n. 26684
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avvocatosalustri · 2 years
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L'indennizzo diretto nella Responsabilità Civile Automobilistica
Nell'anno 2007  è stata introdotta con la riforma del Codice delle Assicurazioni Private (c.d. Decreto Bersani) la procedura di indennizzo diretto, ovvero una modalità di liquidazione dei danni subiti in seguito ad un incidente stradale tra due veicoli diversa dal metodo ordinario di domanda del risarcimento.
La principale caratteristica che differenzia ciascuna procedura consiste nel fatto che la tradizionale richiesta di risarcimento danni è indirizzata nei confronti della compagnia assicurativa del responsabile che ha causato l'incidente; mentre la richiesta di risarcimento danni effettuata secondo la procedura di indennizzo diretto deve essere inviata alla propria compagnia assicurativa e, solamente per fini di conoscenza dell'attività, anche alla compagnia assicurativa del responsabile. In quest'ultimo caso, dunque, la propria assicurazione anticipa il risarcimento del danno per conto dell'assicurazione del responsabile, ricevendo in seguito dalla stessa una somma a titolo di conguaglio.
Tuttavia, si deve assolutamente tener presente che per potersi servire della procedura di indennizzo diretto è necessario che siano presenti una serie di circostanze e condizioni senza le quali non è possibile attivare tale strumento.
In particolare, questi sono i presupposti necessari per poter legittimamente procedere con una richiesta di indennizzo diretto:
l'incidente stradale deve esclusivamente essersi verificato come un urto, anche tra più veicoli, con esclusione dei casi in cui la responsabilità dei danni sia riconducibile non ad uno, bensì a più veicoli coinvolti;
i veicoli del danneggiante e del danneggiato devono essere immatricolati in Italia, nella Repubblica di San Marino o nello Stato della Città del Vaticano;
entrambi i veicoli devono essere identificati e regolarmente assicurati;
entrambe le compagnie assicurative devono aver aderito alla Convenzione tra Assicuratori per il Risarcimento Diretto (c.d. CARD).
Inoltre, la procedura dell’indennizzo diretto risulta limitata anche in merito alla tipologia di danni risarcibili, in quanto con tale mezzo può ottenersi esclusivamente il risarcimento dei danni subiti dal veicolo assicurato, dalle cose trasportate appartenenti al proprietario o al conducente e dei danni subiti da quest'ultimo, consistenti in lesioni di lieve entità, ovvero un danno fisico di invalidità permanente inferiore o uguale al 9%.
In tutti gli altri casi il risarcimento del danno deve essere richiesto nei confronti della compagnia assicurativa del responsabile utilizzando la procedura ordinaria di risarcimento.
Avv. Daniele Salustri
Fonti:
Art. 149 e 139 codice delle assicurazioni private
Altalex, l'indennizzo diretto, di Valentino Aventaggiato, pubblicato il 6 ottobre 2017
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avvocatosalustri · 2 years
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LA CONVIVENZA DI FATTO
Con la Legge n. 76/2016, in vigore dal 5 giugno 2016, il legislatore non solo ha introdotto il nuovo istituto dell'unione civile di persone dello stesso sesso, ma ha altresì predisposto la normativa riguardante la convivenza di fatto. In virtù di tale disciplina, per conviventi di fatto s'intendono due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un'unione civile, coabitanti e iscritte nel medesimo stato di famiglia. Qualora sussistano tali condizioni, i conviventi, al fine di usufruire dei benefici previsti dalla legge, possono costituire la convivenza di fatto con dichiarazione rilasciata personalmente all'ufficio dell'anagrafe comunale competente, ovvero spedita attraverso modalità telematiche. Infatti, in base alla nuova legge i conviventi di fatto: a) hanno gli stessi diritti spettanti al coniuge nei casi previsti dall’ordinamento penitenziario; b) in caso di malattia e di ricovero, hanno diritto reciproco di visita, di assistenza, nonché di accesso alle informazioni personali, secondo le regole di organizzazione delle strutture ospedaliere o di assistenza pubbliche, private o convenzionate, previste per coniugi e i familiari; c) ciascun convivente di fatto può designare l’altro quale suo rappresentante con poteri pieni o limitati in caso di malattia che comporta incapacità di intendere e di volere, per le decisioni in materia di salute oppure, in caso di morte, per quanto riguarda la donazione degli organi, le modalità di trattamento del corpo e le celebrazioni funerarie; d) hanno specifici diritti relativi alla casa di abitazione; e) diritto di successione nel contratto di locazione della casa di comune residenza per il convivente di fatto in caso di morte del conduttore o di suo recesso dal contratto; f) diritto di inserimento nelle graduatorie per l’assegnazione di alloggi di edilizia popolare, qualora l’appartenenza a un nucleo familiare costituisca titolo o causa preferenziale; g) diritti del convivente nell’attività di impresa; h) ampliamento delle facoltà riconosciute al convivente di fatto nell’ambito delle misure di protezione delle persone prive di autonomia ; i) in caso di decesso del convivente di fatto, derivante da fatto illecito di un terzo, nell’individuazione del danno risarcibile alla parte superstite si applicano i medesimi criteri individuati per il risarcimento del danno al coniuge superstite . Inoltre, tale disciplina prevede espressamente che i conviventi di fatto possano eventualmente regolamentare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune con la sottoscrizione di un contratto di convivenza alla presenza di un legale o notaio incaricato, il quale dovrà successivamente presentarlo per la registrazione presso gli uffici ove è stata depositato la Dichiarazione di Convivenza. Infine, deve necessariamente tenersi a mente che la convivenza di fatto può essere cancellata nei seguenti casi: - d’ufficio in caso di cessazione della situazione di coabitazione e/o di residenza nel Comune di uno o entrambi i componenti della convivenza di fatto o in caso di matrimonio e unione civile; - su richiesta di uno o entrambi i componenti della convivenza di fatto qualora vengano meno i legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale.
Avv. Daniele Salustri
Fonti:
L. n. 76/2016 art. 1 commi 36-65
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avvocatosalustri · 2 years
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NASPI
Con il decreto legislativo 4 marzo 2015 n. 22, tra le varie disposizioni normative a tutela della disoccupazione involontaria, il legislatore ha introdotto un'indennità mensile di disoccupazione denominata Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego (NASpI – in sostituzione dell'ASpi), avente la funzione di fornire una tutela di sostegno al reddito ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione.
Come ben noto, i destinatari di tale sostegno economico sono tutti i lavoratori dipendenti del settore privato e pubblico, con l'esclusione dei dipendenti a tempo indeterminato delle pubbliche amministrazioni, nonché dei lavoratori agricoli (per i quali continua ad applicarsi la normativa sulla disoccupazione agricola).
È proprio per i lavoratori dipendenti, dunque, che tale indennità è stata predisposta al fine di assicurare una “ancora di salvataggio” nei casi di perdita involontaria del posto di lavoro. Per potervi usufruire, tuttavia, debbono contemporaneamente sussistere i seguenti requisiti:
a) stato di disoccupazione;
b) presenza di almeno tredici settimane di contribuzione nei quattro anni precedenti l'inizio del periodo di disoccupazione;
c) trenta giornate di lavoro effettivo nei dodici mesi che precedono l’inizio del periodo di disoccupazione.
Lo stato di disoccupazione deve essere involontario e deve essere altresì comunicato, in forma  telematica,  al sistema informativo unitario delle politiche del lavoro assieme ad una dichiarazione di disponibilità immediata: allo svolgimento di attività lavorativa; alla partecipazione  alle  misure  di  politica  attiva  del  lavoro, concordate con il centro per l'impiego.
Il carattere dell'involontarietà è fondamentale e determina il mancato riconoscimento della prestazione in caso di dimissioni volontarie e risoluzione consensuale del rapporto di lavoro.
Detto questo, è da tenere bene a mente che gli unici casi che consentono l'erogazione della NASpI, oltre al licenziamento, sono:
- le dimissioni per giusta causa, per le quali l'INPS ha provveduto a specificare alcune circostanze esemplificative della giusta causa:
a) mancato pagamento della retribuzione;
b) l'aver subito molestie sessuali nei luoghi di lavoro;
c) modificazioni peggiorative delle mansioni lavorative;
d) mobbing, ossia di crollo dell’equilibrio psico-fisico del lavoratore a causa di comportamenti vessatori da parte dei superiori gerarchici o dei colleghi;
e) notevoli variazioni delle condizioni di lavoro a seguito di cessione ad altre persone dell’azienda;
f) spostamento del lavoratore da una sede ad un’altra, senza che sussistano le “comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive”;
g) comportamento ingiurioso posto in essere dal superiore gerarchico nei confronti del dipendente;
In tal caso il richiedente avrà l'onere di corredare la propria domanda con una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà da cui risulti almeno la sua volontà di “difendersi in giudizio” nei confronti del comportamento illecito del datore di lavoro (allegazione di diffide, esposti, denunce, citazioni, ricorsi d’urgenza ex articolo 700 c.p.c., sentenze ecc. contro il datore di lavoro, nonché ogni altro documento idoneo), impegnandosi a comunicare l’esito della controversia giudiziale o extragiudiziale.
- dimissioni durante il periodo tutelato di maternità (da 300 giorni prima della data presunta del parto e fino al compimento del primo anno di vita del figlio).
- risoluzione consensuale del rapporto di lavoro intervenuta nell’ambito della procedura di conciliazione da tenersi presso l'Ispettorato Territoriale del Lavoro secondo le modalità previste all���art. 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604 (per i datori di lavoro con più di 15 dipendenti).
È di fondamentale importanza, inoltre, tenere presente che la domanda di NASpI va presentata esclusivamente in via telematica entro il termine di decadenza di sessantotto giorni a partire dalla:
a) data di cessazione dell'ultimo rapporto di lavoro;
b) data di cessazione del periodo di maternità indennizzato quando questo sia insorto durante il rapporto di lavoro successivamente cessato;
c) data di cessazione del periodo di malattia indennizzato o di infortunio sul lavoro/malattia professionale quando siano insorti durante il rapporto di lavoro successivamente cessato;
d) data di definizione della vertenza sindacale o data di notifica della sentenza giudiziaria (si precisa che il riferimento deve essere sempre inteso alla sentenza di un giudizio di merito);
e) data di fine del periodo corrispondente all'indennità di mancato preavviso ragguagliato a giornate;
f) trentesimo giorno successivo alla data di cessazione a seguito di licenziamento per giusta causa.
Infine, qualora la domanda di riconoscimento della NASpI venga accolta dall'INPS, la prestazione verrà erogata mensilmente, per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi quattro anni (per un massimo di 24 mensilità). Tuttavia, nel calcolo per determinare la durata della prestazione non verranno considerati i periodi contributivi che hanno già dato luogo all'erogazione della stessa.
Avv. Daniele Salustri
Fonti:
D.lgs. 4 marzo 2015 n. 22
Circolare n. 94/2015
Circolare n. 142/2015
Circolare n. 163/2003
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avvocatosalustri · 3 years
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CHE RABBIA QUELLA MULTA
Quanti di voi si sono trovati di fronte ad una sorpresa inaspettata proprio di ritorno da una passeggiata in centro città o da una giornata affollata al mare?
Eggià, purtroppo si tratta proprio di quello...quando passa il/la vigile/essa, redige il verbale di contestazione della multa e lo lascia sul parabrezza o sul lunotto posteriore, non ci si trattiene dalla rabbia.
Tuttavia, c'è sempre la possibilità di far valere le proprie ragioni!
Qualora, infatti, la violazione al codice della strada non sia talmente evidente ed incontestabile che  convenga pagare la sanzione entro 5 giorni, con la riduzione del 30% sul dovuto, ovvero nella misura minima entro il termine di 60 giorni dalla data di ricezione della multa, c'è sempre la possibilità di rivolgersi al Prefetto, o in alternativa al Giudice di Pace del luogo della commessa violazione, per poterla impugnare e fornire la propria versione dei fatti.
Il ricorso al Prefetto deve essere presentato entro il termine di 60 giorni dalla data di ricevimento del verbale. Successivamente, questi avrà 120 giorni di tempo a decorrere dalla data di presentazione delle difese da parte dell'organo di polizia stradale per poter provvedere, archiviando il procedimento, qualora il verbale venga ritenuto infondato, ovvero emettendo un provvedimento di condanna al pagamento della sanzione non inferiore al doppio, in conseguenza dell'accertamento circa la fondatezza del verbale.
In quest'ultimo caso il provvedimento negativo, ovvero direttamente il verbale di contestazione della multa (omettendo di rivolgersi al Prefetto), possono essere contestati con ricorso, entro il termine di 30 giorni, di fronte al Giudice di Pace. Se si percorre questa strada, una volta che è stato depositato il ricorso, il giudice fissa la prima udienza, cui si deve necessariamente partecipare sotto pena di soccombenza nella causa.
A definizione del giudizio così avviatoil giudice può pronunciare sentenza di accoglimento, annullando in tutto o in parte il provvedimento od il verbale, ovvero sentenza di rigetto, con condanna al pagamento della sanzione pecuniaria determinata dallo stesso, decurtazione dei punti della patente e sanzioni accessorie.
Tuttavia non si deve perdere la speranza, poiché tale pronuncia negativa può essere comunque contestata nel giudizio d'appello, nonché successivamente con ricorso per Cassazione.
Come si è potuto notare dunque, in questi casi non v'è motivo di amareggiarsi, dato che si ha in ogni caso la possibilità di contestare la sanzione e far valere le proprie ragioni!
Avv. Daniele Salustri
Fonti:
Art.li 202, 203, 204, 205  C.d.s.
Art.li 6 e 7 D.Lgs. 150/2011
Altalex, Cosa fare quando si riceve una multa, Avv. Fabio Piccioni, 18 giugno 2019
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avvocatosalustri · 3 years
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LA DOCUMENTAZIONE UTILE IN CASO DI INCIDENTE STRADALE
Oggigiorno, vivendo in una metropoli affollata e caotica come Roma, chi oramai non sente la necessità di muoversi con un automobile od un motoveicolo per poter agevolmente e comodamente soddisfare le proprie esigenze familiari, lavorative e di vita sociale. 
Soprattutto, considerando le problematiche dimostrate dal sistema di trasporto pubblico, dove la carenza di personale unita al traffico costante della capitale determinano inefficienza, ritardi e lunghe attese per i cittadini fruitori del servizio.
In tale contesto quotidiano, siamo costretti, nostro malgrado, ad assistere molto spesso, se non ogni giorno, ad innumerevoli episodi di sinistro stradale, che rendono la capitale teatro di incidenti di ogni tipo.
Stando cosi la situazione, quale cittadino romano non si è mai trovato in tale circostanza e non si è mai chiesto cosa fare e quale documentazione fosse utile in casi del genere?
Ebbene, quando si verifica un incidente stradale prima di tutto è assolutamente necessario verificare le condizioni di salute di tutti i soggetti coinvolti nell'incidente e, in caso di feriti, chiamare immediatamente l’autoambulanza per potergli garantire un adeguato soccorso.
Fatto ciò, è necessario assicurasi di evitare di provocare ulteriori incidenti. Pertanto, tenendo bene a mente di NON spostare assolutamente i veicoli dalla posizione in cui si trovano, occorre segnalare adeguatamente agli altri utenti della strada il sinistro con apposito triangolo, posizionato ad una distanza di almeno 50 metri dall'incidente, in modo che sia visibile da una distanza di almeno 100 metri, così da annullare il rischio di altri tamponamenti.
Una volta compiute tali operazioni, qualora i conducenti coinvolti nel sinistro concordino nella ricostruzione della dinamica dell'incidente, il documento che va assolutamente compilato in tutte le sue parti e sottoscritto è la costatazione amichevole di incidente (modello C.A.I) o convenzione di indennizzo diretto (C.I.D.)
Solamente nel caso in cui vi sia disaccordo tra le versioni rilasciate, ovvero nel caso in cui il sinistro si presenti di grave entità, è necessario chiedere l’intervento delle autorità competenti (Polizia Municipale, Carabinieri ecc.), perché possano procedere ai necessari rilievi e stilare apposito verbale di accertamento della natura e della dinamica del sinistro. Nel verbale verranno raccolte anche le dichiarazione dei conducenti coinvolti nel sinistro, dei passeggeri, nonché quelle di eventuali testimoni che abbiano assistito all'evento.
Tuttavia, è sempre utile compilare la constatazione amichevole in ogni sua parte, anche qualora le persone coinvolte nell'incidente non siano disponibili a sottoscriverla, in quanto contenente tutti gli elementi necessari per poter avviare la pratica, quali generalità, indirizzo e recapiti telefonici dei conducenti e dei proprietari dei veicoli coinvolti, i dati relativi alla patente, i dati delle Compagnie Assicurative dei rispettivi veicoli, nonché le generalità, l’indirizzo ed il contatto telefonico di eventuali testimoni e dei passeggeri dei veicoli.
Detto ciò, altra attività molto utile è l'effettuazione di rilievi fotografici col proprio smartphone, al fine di documentare con prova fotografica la posizione dei veicoli successiva all'evento incidentale e l'entità dei danni riportati dagli stessi, nonché farsi rilasciare da eventuali testimoni presenti sul posto dichiarazione scritta comprovante la dinamica oggettiva dell'incidente, cui allegare foto o fotocopia del documento d'identità del dichiarante.
Altro fondamentale elemento, che non può assolutamente mancare in caso la persona coinvolta nell'incidente abbia riportato danni fisici, è la certificazione sanitaria, ovvero la cartella clinica di pronto soccorso presso cui il soggetto si è recato subito dopo il sinistro, nonché l'ulteriore documentazione medica comprovante le patologie ed i postumi insorti in conseguenza dell'evento incidentale.
Da non trascurare, inoltre, l'importanza di qualsiasi fattura e ricevuta di spesa effettuata in conseguenza del sinistro, come le spese di soccorso ed assistenza stradale, spese sanitarie ecc., utili alla dimostrazione delle perdite economiche subite.
A riprova di ciò, inoltre, deve essere richiesto un preventivo di spesa al proprio carrozziere di fiducia, per i danni riportati alla scocca del veicolo, nonché al proprio meccanico di fiducia, per i danni al motore ed alle altre parti meccaniche.
Da ultimo, ma non per minor importanza, al fine di poter adeguatamente comprovare il mancato guadagno realizzato in conseguenza dell'inabilità al lavoro, temporanea o permanente, del  soggetto dovuta al sinistro, sono certamente utili la dichiarazione del datore di lavoro relativa alla retribuzione non corrisposta per il periodo di fermo per la malattia del lavoratore, nonché le dichiarazioni dei redditi del danneggiato relative ai precedenti tre anni dal sinistro.
Avv. Daniele Salustri
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avvocatosalustri · 3 years
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LA TUTELA DEI “RIDERS”
I c.d. Riders sono quella categoria di lavoratori che con propri mezzi di locomozione (biciclette, motorini, automobili) essenzialmente svolgono compiti di consegna di merci (soprattutto cibo e bevande, ma non solo) per conto di uno o più committente, servendosi di piattaforme digitali quali Glovo, Deliveroo, Foodora, Uber eats ecc.
Tale categoria di lavoratori, sin dal momento in cui ha avuto origine, con la nascita delle prime startup specializzate nei servizi di consegna (fra le sopracitate, la più risalente è Deliveroo, fondata nel 2013; seguono Foodora e Uber Eats, fondate nel 2014 e Glovo, fondata solamente nel 2015), sono stati impiegati dalle aziende citate in qualità di lavoratori autonomi, con contratti di collaborazione occasionale del tutto privi delle tutele di trattamento normativo-retributivo assicurate dall'ordinamento al lavoratore subordinato.
Basti pensare ai criteri di pagamento dei riders utilizzati da queste imprese: un minimo garantito orario in caso di mancate offerte di lavoro dalla piattaforma (7,50 euro con Deliveroo nel 2019) e due metodi retributivi per consegne effettuate: un compenso fisso a consegna, oppure un compenso variabile in virtù di 2 parametri, individuati nelle consegne e nei chilometri percorsi (sempre al 2019, Deliveroo erogava 2 euro alla consegna più 1 euro al ritiro, più il differenziale chilometrico calcolato di volta in volta dalla società; Glovo, invece, i cui compensi venivano erogati ai lavoratori bisettimanalmente, aveva un si sistema di pagamento alternativo di 2 euro a consegna più 63 centesimi a chilometro in linea d’aria, oltre  a 5 centesimi per ogni minuti di ritardo da parte del ristorante; da ultimo, Uber Eats, proponeva 2 euro a consegna più 1 a chilometro in linea d'aria. Dati tratti dal seguente articolo: https://www.osservatoriodiritti.it/2019/01/09/riders-lavoro-chi-sono-come-lavorano/)
Fortunatamente, grazie alle proteste ed alle manifestazione portate avanti dai riders, ad oggi col D.L. n. 101/2019, convertito in L. n. 128/2019 è stato introdotto nel D.lgs. n. 81/2015 il Capo V-bis che concerne proprio la tutela del lavoro tramite piattaforme digitali, il quale ha apportato rilevanti innovazioni nel settore, garantendo livelli minimi di tutela per la categoria lavorativa dei riders.
Tra le più interessanti, con l'art. 47ter si è garantito il diritto all'informazione ed alla stipula per iscritto del contratto individuale di lavoro, con previsione di un indennizzo risarcitorio in caso di violazione di tali diritti; con l'art. 47quinquies è stato esteso ai riders il divieto di discriminazione previsto per i lavoratori subordinati, ma, ancor più rilevante, al secondo comma è stato espressamente prescritto il divieto di esclusione dalla piattaforma e di riduzioni delle occasioni di lavoro in caso di mancata disponibilità ad effettuare le consegne; con l'art. 47septies si è introdotta per i riders la copertura assicurativa obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali; infine, con l'art. 47quater, entrato in vigore solo il 3 novembre 2020, si è stabilito il divieto di retribuire il lavoratore in base alle consegne effettuate, si è garantito un compenso minimo orario ed un'indennità integrativa non inferiore al 10% per il lavoro svolto di notte, durante le festività o in condizioni meteorologiche sfavorevoli.
Inoltre, con tale disposizione si è data facoltà alle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale di definire i criteri di determinazione del compenso complessivo tenendo conto delle modalità di svolgimento della prestazione e dell'organizzazione del committente.
Ciò è avvenuto con la stipula del contratto collettivo nazionale di lavoro fra AssoDelivery e l'Organizzazione Sindacale UGL del 15 settembre 2020. Tuttavia, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Siciali, con nota del 17 settembre 2020 n. 9430, elaborava una valutazione di detto CCNL parametrata alla summenzionata innovazione legislativa, in particolare con riguardo all'art. 47quater D.lgs. n. 81/2015, tale da porre in rilievo alcune criticità del testo contrattuale che ne inficerebbero la validità.
In conclusione, in attesa di una soluzione delle problematiche evidenziate dal Ministero, ad oggi i riders possono comunque finalmente beneficiare della tutela approntata dalla legge, nonché dalla contrattazione collettiva nazionale, che, seppur non inquadra l'attività di consegna di beni per conto altrui attraverso piattaforme digitali nell'ambito del lavoro subordinato, senz'altro consiste in un notevole passo in avanti verso la tutela di questa categoria di lavoratori.
Avv. Salustri Daniele
Fonti e normativa:
– https://www.osservatoriodiritti.it/2019/01/09/riders-lavoro-chi-sono-come-lavorano/
– D.L. n. 101/2019, convertito in L. n. 128/2019
– D.lgs. n. 81/2015
– CCNL del 15 settembre 2020
– Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali - Nota del 17 settembre 2020, n. 9430
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avvocatosalustri · 3 years
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IL LAVORO DIPENDENTE “IN NERO”
Innanzitutto, come ben noto e radicato nel contesto sociale nazionale, per lavoro “in nero” s'intende quel complesso di attività irregolari (imprenditoriali, di lavoro autonomo o dipendente che siano), non comunicate, né registrate dalla pubblica amministrazione, pertanto completamente invisibili all'Apparato Statale.
Tale condizione determina, non solo un grave deficit economico pubblico, dovuto alla conseguente e rilevante evasione fiscale e contributiva realizzata da dette realtà, ma, per giunta, determina una notevole ed inaccettabile carenza di garanzie e tutele costituzionali e contrattualistiche per quei lavoratori dipendenti che si vedono costretti a lavorare a tali condizioni, anche per oltre 8 ore al giorno, senza nemmeno ricevere una paga sufficientemente adeguata al proprio sostentamento.
Sulla base dei dati elaborati dall'ISTAT (Istituto Nazionale di Statistica) in merito alla situazione nazionale del lavoro irregolare dipendente per gli anni 2016, 2017 e 2018, edizione Marzo 2021, la cifra si aggira stabilmente attorno al 12% del totale dei lavoratori dipendenti in Italia. Infatti, su circa 18,68 mln di lavoratori dipendenti per l'anno 2016, ben 2,36 mln ha lavorato “in nero”, di cui più della metà (circa 1,82 mln) ha riguardato il settore dei servizi, tra cui esattamente la metà dei lavoratori irregolari (0,91 mln) concerneva il lavoro domestico (badanti, colf ecc.).
Lo stesso dicasi per le annualità del 2017 e del 2018, in cui rispettivamente su 19,08 e 19,34 mln di lavoratori dipendenti, 2,45 e 2,40 mln sono stati impiegati irregolarmente, con un numero di occupati irregolari nel settore servizi, nonché nell'ambito del lavoro domestico, simile all'anno precedente.
Tale situazione, come sopraccennato, non può assolutamente rimanere impunita, in quanto altamente lesiva del diritto del lavoratore sancito dall'art. 36 della costituzione ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro ed in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.
A tal proposito, l'ordinamento giuridico nazionale consente al lavoratore danneggiato sotto questo profilo di proporre vertenza innanzi all'autorità giuridica competente al fine di tutelare il suo giusto diritto contributivo e retributivo, onde ripristinare la situazione nella piena legalità.
Occorre, tuttavia, tener presente che il diritto all'ottenimento di quanto spettante sotto il profilo economico si prescrive entro 5 anni dalla cessazione del rapporto lavorativo dipendente, mentre per tutto ciò che concerne diritti non retributivi, come ad esempio il diritto al risarcimento del danno per mancato versamento dei contributi, la prescrizione è decennale.
Avv. Salustri Daniele
Fonti:
- http://dati.istat.it/Index.aspx?DataSetCode=DCCN_OCCNSEC2010#
- Art. 36 Cost.
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