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merrowloghain · 2 years
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Gryffindor common room 🦁
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merrowloghain · 2 years
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Si avvicina ai rubinetti intarsiati a sfiorarne le pietre dure che li adornano. Si volta poi verso quella vetrata incantata sotto cui Merrow sta trafficando, incamminandosi lentamente sino a ritrovarsi esattamente di fronte alla figura della Sirena. «È stupendo qui»
Incede nel bagno degli Spillati, facendo il giro per attivare dei pesanti scrosci d`acqua profumata alla menta e a qualcosa che sembra liquirizia, che rapidamente fanno innalzare il livello dell`acqua nell`ampissima vasca «Certo che è stupendo. Sei nel Bagno dei Prefetti, Abilene. Ci sono studenti in questo castello che non avranno mai la fortuna di vederlo in tutta la loro permanenza qui.»
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merrowloghain · 2 years
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«E' presto. »
                    «Lo è da tanto.» Troppo.
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«TU hai cominciato! Hai cominciato decidendo di passare ogni maledetta notte mezza nuda con un ragazzino triste per riaggiustarlo, cosa ti aspettavi che sarebbe successo? Che non mi sarei innamorato di te? (...) »
«Cosa voglio ottenere?» Calmo… ANZI NO. Avanza di un passo per cercare di starle il più vicino possibile, con il volto, con il corpo, fino a sentire il respiro sulla pelle e ad espirare il suo rabbioso sulla sua. «Lo sai cosa voglio ottenere. Lo sai cosa voglio DA te. Niente. Non voglio niente da te. Ho sempre e solo voluto che fossi te stessa. Pensi che mi sia fatto “picchiare” perché mi piaceva?» ... «O perché volevo che ti sfogassi per evitare che ricominciassi ad autodistruggerti? Prova a darti una risposta: cosa voglio da te? Niente. Ho solo desiderato il meglio. Per te.»
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« Merrow. » ...  « Aspetto da 3 anni. » ha aspettato abbastanza e allo stesso tempo può aspettare ancora. « Io sono sicuro. Ma tu... sei sicura? »
« Voglio stare con te. »
Per il bene di quella creatura che ora é sua, per il prendersene cura, per fargli capire quanto tempo in realtà avranno da qui fino alla fine dei loro giorni, perché il tempo della Loghain é eterno ed imperituro.
                    « Non c'è fretta »  
                                                « Abbiamo tutto il tempo del mondo. »
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merrowloghain · 2 years
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Una scia di luce bordeaux sancisce la riuscita di Merrow nel suo intento. Il tutto dura qualche istante appena, il tempo di un respiro mozzato che le muore in petto ancor prima di compiersi. Un susseguirsi di emozioni la investe come un treno in corsa; trauma a cui lei reagisce rimanendo paralizzata sul posto mentre una scarica di terrore puro si manifesta sul volto, le pupille dilatate a richiamo d’un istinto ancestrale.
E poi tutto si dissipa, tutto torna ad essere com’è sempre stato o forse no.
Attorno a loro non c’è più nessuna luce o rumore, solo il vento osa ancora manifestarsi, solleticando piano i loro volti ignaro dell’accaduto. Ma un osservatore attento potrà notare che tutto della figura della ragazzina è mutato. Il corpo si è fatto più pesante e il portamento leggiadro ha lasciato il posto ad una compostezza marziale di sinuosi movimenti calcolati al millimetro.
L’espressione è un carnevale di umori: inizialmente compie un passo indietro allontanandosi da Merrow, che guarda adesso con grande stupore e dubbio, inclinando la testa e aggrottando le sopracciglia come se la stesse vedendo ORA per la prima volta.
<Che cosa…> il tono assume una profonda connotazione disperata. Rivolge i palmi delle mani verso l’alto, osservandoli inquieta per poi chiuderli al pugno.
<Che cosa…> ritorna interrogativa sull’altra, mentre un barlume di consapevolezza si fa strada sul suo volto come una disperata richiesta d’aiuto. <Cosa ci siamo fatte?> cerca di mantenere un controllo che sente scivolare via dalle mani strette in pugno: un disperato tentativo di trattenere qualcosa che ha perso. Non osa muoversi, nonostante l’istinto le imponga di correre, urlare, strapparsi i vestiti di dosso e cercare sollievo da tutte le emozioni che mai più avrebbe sperato di provare. [..]
<MERROW > urla, forse per la prima volta da che ne ha memoria. Sgrana gli occhi e porta le mani a coprire la bocca, stupita di se stessa, di ciò che il suo corpo e la sua mente stanno cercando di manifestare: rabbia. Sembra quasi un quadro, immobile di orrore, una minuscola figura bianca e rossa con le mani strette a cerotto sulle labbra per evitare di rigurgitare qualcosa da un abisso che non pensava di contenere. <scusa..> un sussurro appena udibile che sfugge dalla morsa del silenzio mentre il bordo inferiore palpebrale accumula lacrime che sgorgano dalla volta celeste per intrecciarsi, silenziose, tra le dita.
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merrowloghain · 2 years
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Caviar
I wanna love you like You love him You love him You love him I wanna love you like You love him You love him You love him She seems to say that the caviar taste too raw And everyday in a brand new car, up the bar, go That dick she had, he gonna change her She thinks he's bad, and likes the danger Her psychic tell her to go but she don't give advice for free Whole life in a Birkin bag, I wonder if that came for free Call me up at 2am and tell me that you needed me You needed me, you needed me I wanna love you like You love him You love him You love him I wanna love you like You love him You love him You love him I see your face in the morning, morning And don't look now, cause she's morphing, morphing To the time and place Just to get her way I can't get away She's chasing, chasing I like to claim that I can't live my life without her But everyday that she gone I feel less attached and I Don't need this, don't need this, oh Don't need this, don't need this, oh I wanna love you like You love him You love him You love him I wanna love you like You love him You love him You love him I wanna love you like You love him You love him You love him I wanna love you like You love him You love him You love him
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merrowloghain · 2 years
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Hogwarts, Pressi Campo da Quidditch 06/02
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« Davvero? » Semplicemente. Abbastanza forte per farsi udire una volta che i passi dell’altra l’avranno superato, macchiato solo da un`ombra di curiosità. « Questo è quanto? Mi passi davanti a testa bassa e prosegui come se non fosse mai successo? »
Rallenta il passo, lo ferma persino, ad un paio di metri oltre lui, voltandosi soltanto con il viso verso sinistra, a guardarlo oltre la spalla sulla quale tiene la sacca sportiva «Come dici?» comincia con tono serafico, l`espressione che si cesella in una perfetta imitazione d`uno stupore candido, ma palesemente falso, in quell`accentuarsi tipico dei teatranti «Intendi ignorarti? Come tu hai fatto con me?» si volta a metà adesso, portando la destra al petto, quasi ferita, in quella phantomima che è chiaro conservi le tracce d`un disgusto sotterraneo, a percezione soltanto effimera, mentre in superficie è tutto sotto controllo «O come tu hai fatto con lui?» inclina appena il capo di lato e lo fissa.
« Quindi lo sai. » « Hai capito. » E questo gli basta. Almeno finché non intravede il suo dolore, quello sguardo che lo evita. « Ho ignorato entrambi. » Così come ha detto lei. [...] « E lo sai che non avrei potuto fare diversamente. Perché qualsiasi cosa avrei potuto scegliere, avrebbe unicamente complicato le cose. Quindi ho fatto l’unica cosa sensata. Sono rimasto e mi sono assicurato che la situazione non si concludesse in un Bombarda. » Eppure non è quello l’incanto che ha concluso il tutto e lo sa. [...] « Non potevo prevederlo. » E non mente, perché ha colto di sorpresa lei quanto lui quel gesto.
«Io non ho capito niente, Tristan.» lo sputa fuori come sibilante veleno, con un tono glaciale e gli occhi che invece s`infuocano d`un ardore tipico del suo animo, nonostante la posa s`irrigidisca e lei torni a fissarlo perchè il desiderio d`incenerirlo sul posto è più forte che mai «Si che avresti potuto fare diversamente!»[...]«Non hai fatto niente. Io ero pietrificata, e tu non hai mosso un dito, Tristan.» scuote il capo velocemente un paio di volta, nemmeno volesse scrollarsi di dosso quell`orribile moviola che l`ossessiona da giorni ormai «La situazione s`è conclusa con un Redùcto, invece. Ti saresti mosso solo se io l`avessi affatturato. Ti saresti mosso per difendere lui? Perchè non ti sei di certo mosso per difendere me. Qual`è la giustificazione che ti sei dato? Che ben mi stava? Che me la sono magari cercata? Che Xavier è tuo amico ed allora può fare quello che vuole con chi vuole?!» è livida, e sebbene il tono di voce non s`alzi, è un`intensità diversa che trasporta le parole, ancora senza incresparne il timbro, ma caricando esponenzialmente ogni singola sillaba. «Non dovevi lasciarglielo fare.» si volta del tutto in sua direzione, abbassando il braccio sinistro per far cadere la sacca a terra, con gli occhi grigio-verdi che intensi ricercano i suoi, con la furia di chi cerca un perchè ed il dolore di chi non ne trova uno soddisfacente «Tutto, ma quella collana non doveva toccarla.»
E che lei non lo capisca, più che inconsciamente, non lo stupisce poi molto, nonostante quelle prima parole che le ha rivolto. Ma glielo concede, rimanendo silente di fronte al suo sfogo, la postura rigida e lo sguardo che rimane fermo e fisso su di lei . « Dimmi allora. » Ancora tranquillo, ma perentorio nel volere una sua risposta concreta. « Dimmi cosa avrei dovuto fare e pensa ad ogni singola reazione che avrebbe avuto. » Perché è facile rinfacciargli il suo non aver fatto nulla, senza pensare a cosa avrebbe potuto fare. E alle sue conseguenze. « Eri pietrificata e sono rimasto per assicurarmi che non andassero oltre. Oltre quello che non è niente di più che uno scherzo da corridoio. Tu non rischiavi nulla. » Ecco perché non è intervenuto. « Nulla di più grave di un orgoglio ferito. » Perché è ciò che ha provato lui, pietrificato da Ciaran alla festa di Corine. E ne riconosce il danno psicologico, ma non è stato abbastanza per intervenire. Non contro Xavier. « E non mi sono mosso per difendere neppure lui. » [...] « Sarei intervenuto solo se foste andati oltre. » E forse sì, in difesa di Xavier, ma non lo dice. [...]« Come potevo immaginare che l’avrebbe fatto, Merrow? » E ora glielo chiede con più foga, che sfocia quasi nella rabbia di una recriminazione insensata. « Che colpa ho di questo? »
«Orgoglio ferito!?» sbotta, e questa volta si che fa dei passi verso di lui, in una marcia che ha un che della carica delle Valchirie, se non fosse che le mani non sono chiuse a pugno e che la bacchetta al fodero non viene nemmeno minimamente sfiorata «Tu pensi che sia questo!? Che sia l`orgoglio che mi ha ferita?!» [...] «Hai forse visto qualcuno ridere? Qualcuno si è divertito lì? Esclusione fatta per quella coppia di beceri che si meritano l`un l`altra?!» [...] «L`hai visto, quando ha strappato la collana dovevi fermarlo. Dovevi fare qualcosa Tristan! L`avrei strangolato con le mie mani pur di non fargliela toccare.» [...] «Era un regalo. Era tuo...» scuote il capo, la sofferenza che si fa troppa e lei che chiude di nuovo gli occhi, quasi sopraffatta «Era bellissimo, ed io ... ti avevo detto che non l`avrei più tolto.» il tono che è sempre più vicino al lamento d`una bestia agonizzante. Sospira, la mancina ricade lungo il fianco ed invece la destra va a strofinarsi a palmo aperto su occhi e fronte «Se io avessi fatto qualcosa, se io avessi tirato fuori la bacchetta, e tu l`avessi difeso dopo quello che aveva fatto...» non finisce la frase, piuttosto guardandolo a quella distanza, come a voler leggere la risposta in quelle iridi blu. «Sei intelligente, Tristan. Potevi inventarti una cazzata. Qualunque cosa... Ti avrebbe ascoltato. Nonostante il male che voleva farmi, sarebbe stato a sentirti.» ne è convinta.
« E’ quello che ho detto? » Ribatte in fretta, retoricamente, un cipiglio a piegare i lineamenti classici. « O puoi ascoltare effettivamente quello che dico, invece di reagire senza pensare? » E’ stanco, di persone che ascoltano ciò che vogliono e lo trattano come verità assoluta, incapaci di vedere oltre le proprie convinzioni. « Ho detto. » « Che il Petrificus, era uno scherzo di corridoio. Che da quello non avresti avuto nessun danno che non fosse un orgoglio ferito. » E solo a quello si riferiva con le sue parole, non a quanto è successo dopo, sotto gli effetti dell’incantesimo in se. « Sei davvero così ingenua da non capire? » E’ c’è quasi genuina curiosità nella sua voce, nello sguardo che gli rivolge. « Da non capire dopo tutto questo tempo come ragiona? » Lui, quello che non ha voglia di nominare in questo momento. Sbuffa piano dal naso, quasi divertito prima di continuare. « E pensare che dovresti essere quella che lo capisce più di tutti noi altri. » Forse brucerebbe quell’ammissione, se solo lei non stesse contraddicendo le sue parole. « Mi sarei opposto. Probabilmente avrebbe capito e poi? » Inarca un sopracciglio, quasi si aspettasse una sua risposta, una presa di coscienza riguardo a tutta quella situazione. « Avrebbe capito che era importante. » E lì, sarebbe stata la fine, quello non ha bisogno di aggiungerlo, o almeno spera, entrambe le sopracciglia inarcate ora. « Non è stupido, Merrow. » [...] « Non pensavo di dovermi inventare nulla, perché pensavo se lo sarebbe portato via. Perché pensavo di aver abbastanza tempo per fare qualcosa dopo. » E la sua colpa è stata, forse, quella di credere in una maggiore lungimiranza di Xavier, nessun altra. Sospira infine, scuotendo piano il capo. « Era una collana, un simbolo materiale, Merrow. Non il concetto per cui te l’ho regalato. »
Abbassa lo sguardo, lo fissa a terra, corrucciando l`espressione e risollevando l`attenzione alle iridi blu verso la fine, piantandogli addosso le sue, diverse nel colore ed in ciò che le anima «Ha capito che era importante dopo che l`ha distrutta. Non è cambiato niente. Lo sa.» «Il punto è che lui pensa di poter fare quello che vuole, sempre. E se nemmeno io, o te, gli facciamo capire che non può permettersi di valicare determinati confini, allora cosa stiamo facendo, hm?» apre le braccia e le lascia ricadere lungo i fianchi «Era importante, Tris.» il tono che lascia trasparire il senso di colpa che prova, lo stesso che è riuscito a donarle prima che quell`altro le distruggesse il suo dono «Era una collana, non farmi sentire come se stessi facendo i capricci per un oggetto. Non è quello.» lo sguardo che oscilla tra il prato e lui, ancora indecisa se ucciderlo o cosa «E che tu non...» ancora? Davvero? Espira, stanca, senza finire la frase «Io l`ho vista la sua faccia.» ed ora no, non riesce più a guardarlo mentre lo dice con tono sporcato da una desolazione che non si spiega «Non sapeva niente della Lacrima, ma voleva ferirmi. Ne ho la certezza, capisci? Ed io non ho fatto nulla, nulla» calca sulla parola «per provocargli una tale reazione.» solleva solo gli occhi, il viso ancora inclinato verso il basso «Mi hai fatto malissimo, Tristan. Vederti lì e non reagire.. tu non..» sofferenza, solo quella è rimasta a passare dalle iridi sue a quelle blu di lui «Credevo ci tenessi.» solleva le mani e si sprimaccia appena il viso dall`interno verso le guance «A me, non alla collana.» specifica, dietro quelle dite lunghe e dalle unghie laccate di nero, curatissime ed eleganti.
« Ora no. » Non è cambiato niente. « Ma prima » prima di quel Reducto. « era importante che non lo capisse. » Ed è questo che l’ha spinto a rimanere osservatore di quella situazione, deciso a non schierarsi, a non perdere il suo equilibrio. « Non lo sapeva. » Semplice, cauto nel dirlo. « Che fosse importante. » Perchè gliel’ha confermato proprio lui, dopo, quella stessa sera. « Non sono qui a prendere le sue difese. » Lo mette in chiaro, umettandosi poi le labbra prima di riprendere a parlare. « Ne a darti scusanti per qualcosa che non ho capito. » Perché non capisce ancora ora il perchè di quanto sia successo, convinto che ci sia qualcosa di più di un Crup abituato a sconfinare. « Ma dubito sapesse della sua importanza. » E pensa anche altro, ma lo tiene per sé e la ascolta parlare, lasciando riposare la mancina lungo il fianco invece di riportarla lì dove si trova la sua gemella. Sospira poi, trattenendo il fiato per un momento, quando la certezza dell’altra si fa largo fra i due. « Non lo so. » Lo ammette, non senza difficoltà, sfuggendo il suo sguardo per un momento, lasciandolo vagare sulle torrette del campo alle sue spalle, quasi cercasse una risposta. « Forse è solo ‘nulla’ che tu sappia. » Perché non vuole credere per qualche motivo che il gesto dell’altro sia stato gratuito, privo di uno schema reale. E quella è la sua unica ‘difesa’ al fare dell’altro, prima che torni alla propria, ora con una stanchezza che è quasi visibile sul suo volto. « Ho reagito, nel non farlo. » Semplice o forse no agli occhi altrui. « Non pretendo che tu lo capisca ora. » Ora che è troppo ferita ed arrabbiata per pensare, secondo lui, razionalmente. « Ma ho scelto quello che ritenevo più adatto alla situazione. Anche se ai tuoi occhi non mi ha vestito di una scintillante armatura. » E calmo ora, quasi rassegnato, ma non pentito delle scelte intraprese, questo no. « Non tutti hanno bisogno di grandi gesti e duelli per dimostrare quanto ci tengano, Merrow. Forse dovresti cominciare a guardare oltre quelle cose. » Soprattutto con chi, dei grandi gesti non è capace e si cura poco.
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merrowloghain · 3 years
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« Ci prenderemo questo Castello »
   Più metaforica che concreta « voglio vincere la Coppa di Quidditch, farti fare una marea di galeoni con le scommesse » che lei pensa sempre ai Soci « e fare quel Gramo che mi pare. Son stufa di questo regime da camerata, tanto ci puniscono lo stesso ed i punti escono più velocemente di quanto entrino. » chissà come mai « Voglio che sia tutto spettacolare, che lasci un segno. » annuisce piano alle sue stesse parole « Ovviamente, spero d`averti al mio fianco » in questa scia di crimine, con tanto di sorriso crudissimo tutto canini.
« E… voglio firmare un contratto con una squadra di Quidditch al termine di quest`anno » difficile? Sicuramente, quasi un`utopia per un ragazzo della sua età. Ma il suo sguardo reca una determinazione nuova, da sognatore incallito.
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   Il diffindo ovviamente gli riesce e lei s`acciglia ulteriormente a quel gesto come a tentare di capire se si sia rincitrullito del tutto « Gringo, tutto bene? ».
   Mentre le dà le spalle, con la mano che ancora tiene aperta la tenda, torce il collo per lanciarle un`occhiata. « Andiamo!? » con una punta di impazienza, dando per assodata la sua partecipazione al misfatto, assieme ad uno svolazzo delle sopracciglia che vorrebbe risultare invitante. « … benvenuta nel mio nuovo ufficio » due passi dentro e l`ha già colonizzato come tale, facendo gli onori di casa con indosso un sorrisone compiaciuto.
   « Beh, non è una cattivissima idea » seriamente? « Mi sa che dovrai metterci pure il titolo di Vicecapitano in quelle lettere da spedire alle squadre serie, sai? » zan zan « Sempre se per te non è troppa sbatta. » sorride, bastarda, fissandolo bene alla ricerca d`una sua reazione visibile.
   « … serio? » domanda non appena ha ritrovato le parole, sporcando all`ultimo il tono con l`accenno di un sorriso divertito. « Se mi stai pigliando per il culo, ti giuro… » anche se la minaccia non viene conclusa ma rimane ad aleggiare nell`aria, ironica e sibillina, sostituita da una risata sommessa. « Beh » sospira; insolitamente cauto a causa del ristretto spazio vitale, alza un poco il manico della Thunder in una sorta di invito confermato dal modo in cui la guarda - le sopracciglia appena sollevate, gli occhi accesi dalla sfida e un sorriso impertinente agli angoli delle labbra. « Vogliamo provare, mio Capitano? » che suona un po` come: vogliamo morire giovani? Spoiler: sì.
« Grifondoro non tradisce » decreta goliardico, sancendo un patto immortale, prima di defilarsi all`interno di quel dedalo di travi di legno e polvere.
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merrowloghain · 3 years
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01.07.77 Hogwarts Express
«Quelli come te spezzano cuori che non si riescono più ad aggiustare, lo sai?» (...) « cosa possono mai dire ad uno come te? Chi mai ti lascerebbe? Chi mai potrebbe sentirsi all'altezza di tanta ragione che possiedi.» «Sei più pericoloso di quanto pensassi.»
È così che li uccidi, Hirshfield? Con questo fare dolce, remissivo, è così che li strangoli poco a poco?
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30.07.77 Diagon Alley - Strada - Fuori D.A.A.C.
«Intenzioni fraintese?» le tue, Nathaniel «E` una cosa ricorrente per te a tal punto da doverti giustificare prima che io t`accusi?»
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18.08.77  Diagon Alley - D.A.A.C. - Salottino
«certe persone non si trovano bene a gestire la libertà.» (...) «Più gliene dai e più si perdono: le confondi e le spaventi. Smettila d`essere così accomodante se vuoi avere a che fare con me.» (...) «C`è chi riesce a respirare solo quando il fiato gli manca, quindi non farmi il dispiacere di dovermi ripetere in futuro.»
«Tu fai venir voglia alle bestie feroci e selvatiche di mettersi un collare ed implorarti d`essere il loro padrone.» (...) «Io non sono il tuo cane.»(...) «Smettila di far innamorare di te le persone. Sei crudele.»
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25.08.77 Londra babbana
« Non farmi cadere, ok? »
« Le cose sono semplici. Prendi l'amore ad esempio: o mi vuoi o non mi vuoi. Se mi vuoi farai tutto ciò che è in tuo potere per tenermi vicina, al sicuro, felice di passare il tempo al tuo fianco. Se non mi vuoi, non t'impegnerai, lascerai scemare la cosa e troverai altre priorità. Posso accettare la via di mezzo del: non mi vuoi *abbastanza* » calca « Ma tanto ricade comunque nella seconda categoria. » Fatalista « Io sposto le montagne per le persone che amo. Mi dispero e faccio l'impossibile, ma per quanto possa dare, ci vuole comunque una controparte no? (...)»  « Il resto son solo scuse che ci si dà per sentirsi meno peggiori o meno uno schifo. »
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01.09.77 Post Smistamento - Corridoio
« Tu lo fai apposta. »
« Ti sei visto per caso? Tu. Vicino alla Turner. Sembravate una coppia di modelli Belke! Vuoi farmi perdere il sonno? »  « Quelle quattro stordite che chiocciano dietro di te nei corridoi ne parleranno per mesi! »  « Io ti odio! » (...)  « Guarda che lo so. » che starà qui tutto l'anno « Per questo » cosa? Per questo cosa? Che gramo d'effetto le fa quel dannatissimo ragazzo, da infervorarla all'estremo e poi levarle ogni energia per ribattere « non voglio. »  
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03.09.77 Aula in disuso
Sono scuse silenziose, dolci, dove pare essere presente solo una reale ed urgente preoccupazione per lui: perchè capisca. Le dispiace immensamente e non voleva farlo disperare così. Sguardo ed espressione collaborano per portare a lui quel concetto privo di suono alcuno, che rimarrebbe lì giusto i secondi necessari per chiedergli perdono e poi, cercare di scostarsi. Di guadagnare la porta senza fretta, quasi si muovesse sott'acqua, allontanando corpo e mani da lui, per cercare d'uscire di lì. Anche se forse delle semplici scuse così, non gli basteranno nemmeno.
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05.09.77 Aula Divinazione
« Nate » il tono supplice « tu mi spaventi a morte. » Glielo confessa con un filo di voce, roco e spezzato, piangendogli sulle dita, a gesto compiuto o meno. Trema infatti, anche solo a guardarlo così da sotto in su.
« Sai, Nate » piccolo respiro trattenuto e lasciato andare via quasi in un singulto a placare il nervosismo « mi.... Mi piacerebbe se diventassimo amici. » La tenerezza con cui le esce quella frase ha un che di sconvolgente per tanto genuina, abbassando un momento lo sguardo dubbiosa e poi tornando a sbirciarlo « Se fossimo amici potrei magari cominciare a smettere d'aver paura di te. Magari... Non so » (...) « potrei abituarmi. »
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merrowloghain · 3 years
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I wanted to play tough Thought I could do all just on my own « Qual è il problema, Merrow? »
« Mi hai lasciato là come una stronza, Coleman. Per andartene con lui poi »
« Uh, ma poverina. Cosa credevi, che avrei retto il moccolo a te e Delation? E guardami in faccia quando ti parlo. Se esco da un locale senza pagare perché voglio farmi due risate, sono bolidi miei »
« Tu sei mia ospite. Qualunque cosa tu fai tra queste mura o quando tua zia sa che sei con me è mia responsabilità. Siamo entrambe minorenni ma tu non hai nemmeno fatto i GUFO »
« Tu non sei il mio tutore legale. Siamo amiche, ma tu sei tu ed io sono io. Se stai cercando una sottospecie di siamese che sia schiava di ciò che tu pensi, fai e dici, mi sa che mi hai sopravvalutata. Me la sono sempre cavata da sola. Me la cavo da sola. E a quanto pare forse dici bene, non so come si fa a stare in due. Ma la mia libertà è l’unica cosa che ho e non ci rinuncio, non ci rinuncio neanche per un cazzo. Quindi se cerchi una sottospecie di zerbino che sappia anticipare i tuoi pensieri per poi eseguirli, mi sa che hai scelto male ». È a questo punto che ingoierebbe a grandi passi la distanza che la separa dal proprio borsone, disposto lì, su una cassapanca « e dove bolide è la mia maglietta del cazzo! » iniziando a rovistare; cade a terra di tutto: un asciugamano, un paio di pantaloni, uno di scarpe; sono braccia che si muovono spasmodicamente dentro l’apertura della sacca. Prima di tirare un calcio secco contro il mobile che lo regge, quel borsone. Ed eccola lì tutta la sua incapacità di stare al mondo, o in un mondo che comprenda qualcuno al di fuori di se stessa.
L'espressione di chi ci aveva creduto, e che ora ha decisamente troppa poca aria nei polmoni per respirare a dovere. Scalza, in quella mise da letto, semplicemente si dirige verso la porta, acchiappando il fodero col catalizzatore per rimetterselo in vita, schiudere l'uscio ed uscire dalla stanza, senza sbattere nulla. Se ne va da quella stanza un po' come forse era tutto cominciato: con un passo leggero che aveva trovato un ritmo affine al proprio. Non sa dove andare, quindi semplicemente comincia a scendere di corsa le scale, con il tipico *tun tun tun* dei talloni scalzi sul marmo freddo. Aria, ha bisogno di aria.
But even Superwoman sometimes needs another hero’s soul Si sente nuda. Nuda e sotto attacco. È per questo che bypassa le decine di parole perfide che le sovvengono in risposta al suo atteggiamento. Bypassa, tralascia, cerca un contenimento per qualcosa che, al contrario, le ribolle dentro come magma: silenziosamente, pronto ad esplodere da un momento all’altro nel suo sublime spettacolo di lapilli e terrore. La t-shirt che le coprirà a stento le cosce e con cui scenderà le scale dell’appartamento la trova per caso, lì che sporge dall’imboccatura della sacca precedentemente vittima della sua titanica furia. E mentre i piedi nudi attraversano lo spazio che la separa dai gradini, non pensa a niente, se non a gettarsi all’inseguimento della sedicenne. Si rende conto che non vuole lasciarla andare. Una sensazione che le dà il voltastomaco e la tachicardia al contempo. « Tu sei abituata così, vero? C’è sempre qualcuno che ti insegue quando scappi. Beh a me non ha mai inseguito un gramo di nessuno. Quindi non pretendere dalle persone che sappiano rimanere se nessuno gli ha mai chiesto di farlo. Perché di quelle persone lì non ci si può fidare. Non provano niente. Anche quando dicono di provare tutto. Te lo lasciano solo credere. Io sono una di quelle persone. Ma tu sei la prima ad avermi fatto credere di non esserlo. Forse, semplicemente, sono nata per ferire. Nata per andarmene. »
Help me out of this hell
« Veramente, credo tu sia la prima ». Forse Will? Non lo ricorda, ed a lui non vuole nemmeno pensare. « Io non sono chi credi io sia: non sono così benvoluta o piena d'amici. Io me ne sto da sola. Sounds familiar? « Per un po', molto poco, credevo qualcuno mi volesse bene davvero, ma tanto poi mentono tutti.» Non ti hanno mai inseguito, Haze? Lo vuoi vedere lo spettacolo di qualcuno che combatte contro se stesso per te? Per non lasciarti andare? « Resta.». È un'unica parola che gli dedica, con la forza incrollabile d'un vulcano oramai inattivo, resa solo bellissima montagna. È la mancina che le porge, ancora con le nocche rosse di quel pugno sul legno. « Io ti voglio, Haze.» è così potente ciò che dice, che pare star recitando una formula, serissima e sincera dinnanzi a lei « Io ti voglio così come sei » senza cambiare nulla, lo capisci? « Ma solo se resti. » Qui, con me, nello spazio tra le mie dita. « Se so che tornerai da me, non ti chiuderò mai la porta, e non t'impedirò mai d'allontanarti » è la sua promessa: solenne e genuina, in un cuore così spalancato da fare paura « Ma tu devi tornare, perché se non lo fai, io impazzirò di dispiacere. Questa è la responsabilità di chi sceglie di dividere la propria vita con qualcuno: la felicità altrui. » E quella mano attende ancora, in un patto a metà per il momento, la sua metà. « Pensaci bene prima di scegliere, ma quando lo farai, non voltarti più indietro.» Resta, o vai. Le scale sono sgombre.
You lift me up and I am found You lift me up before I hit the ground You lift me up when I'm down down down
Lei parla di se stessa in quel modo così familiare da bloccarle il respiro all’altezza dello sterno, e per un momento le sembra quasi di trattenere il fiato. Si sforza di far ripartire la regolarità del proprio respiro incanalando un quantitativo forse eccessivo di aria dalle labbra schiuse: è costretta a deglutire un’altra volta ancora, e lo farà più volte mentre la Grifondoro distillerà frasi che non faranno altro che scolpirle sul volto l’espressione di chi comprende pur non avendo niente da aggiungere. Non per biasimo, non per rancore, ma per inettitudine. Ed è costretta a fiondare lo sguardo sulle punte dei suoi stessi piedi quando lei dice di volerle bene. Quando lei le dice di restare. E sarebbe con lo sguardo ancora rivolto verso il basso che accennerebbe uno o due passi in avanti, inghiottendo i gradini che le separano con lentezza. Sarebbe solo adesso che le rivolgerebbe uno sguardo. Ma non di quelli qualsiasi. Uno sguardo in cui una empatica come lei potrà rinvenire le tracce latenti di una dilaniante archeologia del dolore. E non ha proferito una parola e non lo farà. Allontanerà semplicemente un braccio dal fianco. Lo aprirà per lei, Merrow, e per lei sola, per la prima volta in vita sua. Poi con un gesto — più un piccolo scatto, forse — del mento andrà ad indicare la sua stessa spalla coperta dalla t-shirt.
You’re all I need
‘Cause your love lifts me up when I’ve hit the ground Your love lifts me up like h e l i u m.
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merrowloghain · 3 years
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acquavite
A || Rimane in cucina in attesa della Grifondoro mentre i fumi dell’alcol si impossessano dell’ultimo millimetro di dignità residua non ancora annegata nei bicchieri da shot. Le giunge in lontananza l’eco dei passi di Merr, che accoglierà in cucina con un « Morgana avadata, cento volte meglio farsi depilare la calotta cranica con una pinzetta che stare a sentire sto st*onzo » con un palese riferimento a Waleystock. « Vié qua sis, fregatene, non ti merita » e manca solo il ‘questo programma è stato offerto da Mediaset’ perché il cringe c’è tutto. Se ne sta lì ubriaca lercia con la t-shirt che puzza di alcol manco avesse trascorso i nove mesi di gestazione in un barile di Acquavite; i talloni poggiati cafonamente sul tavolo, ricoperti dai rombi delle calze a rete come il resto delle gambe, sono talmente freddi e cadaverici che se solo non aprisse bocca ogni tre per due siamo certe che due tastatine al collo per sincerarti dell’effettività del suo battito cardiaco gliele daresti, Merrow cara. « Che poi che volevi mica farci? Ti può venire padre, cade a pezzi! Ce rischi che se gli pigli la mano e fate due passi magari ti fai cento metri ancorata solo alle sue falangi perché il resto l’hai perso per strada senza accorgertene » colpetto di singhiozzo che la lascia retrocedere automaticamente da donna vissuta che elargisce perle di una saggezza del tutto infondata sugli uomini a neonato nel momento del ruttino post-poppata « ce hai tanti di quei manzi ai tuoi piedi » non risulta però troppo convincente nel dirlo, al punto da sentirsi in dovere di correggersi. Solleva l’indice con l’aria da maestrina « okay, so cosa stai per dire » cioè tipo niente, però lei va avanti come un treno ugualmente « MAAAAA poi, chi se ne fo*te? » facendo spallucce. « MAAAA POI, che dire amici? » congiungendo i palmi delle mani in un sonoro applauso « di bere abbiamo bevuto » si alza in piedi con uno scatto « Merlinobono che c***o di caldo, di bere abbiamo divertit- » si corregge biascinando le ultime sillabe « di divertirci ci siamo bevute » fermi, non ha capito il gioco, o sono solo gli effetti del saltello che le hanno portato su la bellezza di settordici ettolitri di solfiti ed acido. « Merr, brodi » tipo 'bro', ma a modo suo « basta, andiamocene a dormire, c***o » è in piedi ma barcolla, l’orlo della t-shirt nera che le sfiora i quadricipiti torniti dagli allenamenti, la matassa di capelli biondi scompigliata e le palpebre cariche di ombretto nero ripetutamente strizzate come ad indicare che è semplicemente in procinto di stramazzare al suolo.
M || Torna dalla Coleman con lo stesso cipiglio di Medusa pietrificatrice d'Eroi […] Le parte uno scoppio di risata improvviso alla visione d'un Waleystock decrepito appresso a lei: che voleva farci? Spallucce « Ma che ne so. Niente forse. O forse si, sis non me le penso sempre ste cose.. cioè vado a braccio. Teso. Sui denti, di solito. » L'arte del rimorchio by Merrow, primo volume [...] La Coleman fa saltini e tutte cose, e prima di passare al ballo dei Mooncalf, quello che fa lei è avvicinarlesi appena dichiara che "si sono bevute" per andare ad allargare le braccia e cercare di serrargliele in vita stile innamoratini. Se non fosse che poi sforza gambe e schiena per tirar su la Corvonero, facendone oscillare in aria le gambe secche come un pendolo per qualche istante mentre sbuffa « Si, sis. Leviamoci dal Gramo. E domani una bella fumiga- » attacca il risolino mentre se ne uscirebbe con lo stecchino della Coleman tenuta sollevata dalla vita, per farle fare un altro saltino e chiudere la destra a pugno attorno al polso destro sotto il fondoschiena altrui « fimiga- no fig-No » attacca a ridere a metà atrio, e quello che succede non appena giungono alle scale è che lei non riesce più a parlare da quanto le scappa da ridere. Addome contratto, vista offuscata, primo gradino che viene fatto a metà ed inciampo del piede. Ricetta perfetta per il disastro: sbatte contro il secondo gradino e per poco non si ammazzano in due, motivo per cui con un braccio regge a costo della vita la Coleman che finirebbe di schiena sulle scale, e con l'altro attutisce il dolore d'entrambe, che caracollano come sacchi di sabbia sui gradini, facendosi male ma non troppissimo. « Ahahahahha o-ora si che siamo a le-ehehetto! » Seh ciao, sta in botta piena, e supina cercherebbe d'allungare l'avambraccio verso di lei, probabilmente colpendola ad altezza occhi « Ohu » eh « OHU! » è importante ascoltami « Sei una m*da. » Ah, pure [...]. Di nuovo, con voce più alta ed urgente « Zizi, non te ne andare ok? » tipo mai, in generale « Resta nella mia cucina in calze a rete a fare lo schifo per mangiare la marmellat-hic » singhiozzino « Ok?! » A voce più alta di nuovo « NON DEVI MOLLARE LA MIA C*AZZO DI MANO, OK?! » Glielo urla in faccia a due centimetri, con gli occhietti velati di sbronza e forse altro, prima di sorridere beota e contentina «Dormiamo qui? » Ora col tono d'un cucciolo, accomodando la testolina dalla chioma nera e folta, sul petto inesistente di Haze. È pazza. Si, pazza di lei « È comodo. » Come no, scale, migliori amiche dei chiropratici.
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merrowloghain · 3 years
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T: «Chi ha voglia di andare al Lago volando?» 
R: « CHI ARRIVA ULTIMO » inforcando la scopa e « E’ UNA ALYCE GRAY! »
M: «CHI SI TUFFA PER ULTIMO E` UN SERPEVERDE!»
Notte tra sabato 29 e domenica 30 Maggio 2077 | Torre Grifondoro e Lago Nero
Pare che la festa in Sala Comune Grifondoro per la vittoria della Coppa del Quidditch sia sfociata in una esibizione su scopa con i controfuochi nel pieno della notte. Con il coprifuoco ampiamente passato e il castello già andato a dormire, un gruppo di impavidi leoni ha dato il via alle danze aeree, tra fuochi d’acqua e bagni nel Lago Nero. I rumoreggiati nomi a colazione sono stati quelli di Ciaran McIntyre, Tristran Goltraighe, Merrow Loghain, Tory Wynn, Rubinia MacFusty, Heejin Kim, Dominic Murphy e Liusaidh Campbell. Si è detto anche che dalle finestre, tanto i grifondoro quanto alcuni corvonero hanno potuto adocchiare tali figure, oltre che sentirne le grida di euforia, per poi intravedere l’intervento del professor Marshall nel riportare all’ordine la ciurma temporaneamente ammutinatasi.
                                            ten minutes late …
Ho tolto -15 punti a Liusaidh Campbell della casa Grifondoro per il seguente motivo: Per aver violato il coprifuoco uscendo dalla torre e per aver deliberatamente ignorato l'autorità di competenza.
                                                                                             30 maggio 2077
Per aver violato il coprifuoco, uscendo dalla torre di Grifondoro a cavallo delle loro scope, e aver così deliberatamente ignorato e scavalcato le autorità di competenza nonchè lo stesso regolamento scolastico e di casata, Ciaran McIntyre, Merrow Loghain, Tory Wynn e Liusaidh Campbell dovranno da oggi fino alla fine della scuola [30 giugno 2077 compreso] pulire la Sala Grande al termine di ogni cena, sotto la sorveglianza dell'elfa di casata, Liberty. Tristran Goltraighe, Heejin Kim, Dominic Murphy e Rubinia MacFustydovranno invece aiutare la bibliotecaria Hawthorne a riordinare e catalogare tutti i libri della biblioteca scolastica, presentandosi sul posto alle ore 20, alla sua chiusura. Entrambe le mansioni saranno da svolgere senza l'utilizzo della magia, pertanto tutti dovranno consegnare le loro bacchette al direttore Marshall che gliele restituirà la mattina successiva prima di colazione. Tutto questo nella speranza che siano abbastanza stanchi al termine della giornata e del lavoro da non aver più voglia di rimanere in piedi dopo il coprifuoco per aggirarsi per il castello senza permesso. Oliver Marshall Direttore Grifondoro Docente di Aritmanzia
Ho tolto -05 punti a Liusaidh Campbell della casa Grifondoro per il seguente motivo: Per aver violato il regolamento scolastico e per aver mancato di rispetto a uno spillato. (Alyce Gray).
                                                                                             30 maggio 2077
Per aver violato spudoratamente il regolamento scolastico, per non aver dato ascolto al divieto imposto di non uscire dalla Sala Comune, di aver preso le scope senza autorizzazione dopo la sollecitazione a non farlo, per aver mancato di rispetto a uno spillato e per soddisfare la loro voglia di libertà e di avventura Ciaran McIntyre, Merrow Loghain, Tory Wynn, Liusaidh Campbell, Tristran Goltraighe, Heejin Kim, Dominic Murphy e Rubinia MacFustyspenderanno l’ora precedente la colazione a eliminare ogni tipo di lerciume e di incrostazione all'interno dei recinti e delle strutture occupate dalle creature magiche, senza l'ausilio della magia, utilizzando gli strumenti babbani forniti dal Guardiacaccia che avrà cura a supervisionare il loro lavoro.
Tale punizione avrà inizio da domani, lunedì 31 maggio, fino alla fine della scuola. Oltre a questo, ad ognuno di loro verranno depennati cinque punti per la mancanza di coscienza e di giudizio.                                                                                                Alyce Clio Gray                                                                                          Prefetto Grifondoro
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merrowloghain · 3 years
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festa epica finita male
Come siamo vestiti? Ma non siamo vestiti! Avverso al pudore, Ciaran oggi presenta un paio di boxer in pendant con i calzini: entrambi dal tessuto rosso vivo, a volare su di esso vi sono vari boccini animati del loro classico colore dorato che seguono percorsi casuali. « TRISTRAN TI DEVI SPOGLIAAAAAREEEEEEEEEEE ».
« Bombarda! Chi non si fa sentire fino ai sotterranei, non è un vero Grifondoro! » tuona lei, sorridendo a Gringo ma pure agli altri « Teniamoli svegli sti Gramo di Serpeverde! »
Reclina la testa all`indietro per una risata d`apprezzamento che fa eco alle parole di Merrow « Sentito? SVEGLIAAAA » e, come se i suddetti Serpeverde fossero in grado di sentirlo, lancia uno sguardo al pavimento intanto che vi batte rumorosamente i piedi sopra.
In tutto ciò, la cosa più memorabile che avrebbe potuto immortalare - il leone di Ciaran - non l’ha immortalata: ha preferito guardarla coi propri occhi, con la fotocamera abbassata e un’aria incantata da bimba, piuttosto che attraverso l’obiettivo. E poi, quel leone sarebbe mai uscito su carta termica? « UNA FOTO PER IL PROFESSOR MARSHALL!!! ».
Foto di squadra? No, lei non ne fa parte, ma vuole sfoggiare la sua bellissima opera d`arte che ha sul viso. Scende dalla poltronona e gattona fino a riunirsi agli altri e se mai Emma dovesse fare click lei direbbe « ROAAAAR » con tanto di braccia alzate e mani a similuare un`artigliata.
Si guarda intorno, finalmente fermo nei paraggi del divano, facendo ora cenno a Tory di avvicinarsi così da mostrarle ciò che sta nascondendo al di sotto del mantello « Oi » ne allarga una falda, mostrando alla compagna una scatola di Favolosi Fuochi d`Artificio Freddi del dottor Filibuster con Innesco ad Acqua, bottino dell`ultimo compleanno non ancora sfruttato. Quale migliore occasione di stasera? « Facciamo tremare `sto castello, mh? » mentre un lento sogghigno cospiratorio gli incurva la bocca.
« Ohhhhh bombardissima! » e tanto è l’entusiasmo che, dal divano, si aggrapperebbe alle spalle di lui per scendere giù in un attimo come una scimmietta « Questi li spariamo giù nelle scale!! » propone subito, memore dell’effetto scenico di un certo fiammifero incantato.
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« ABBIAMO VINTOOOOO », agitando la bottiglia di succo per spruzzare un po’ chi capita le capita a tiro almeno finché non sente Stran « NO » urlacchia, arrampicandosi su una poltrona « PRENDETE LE SCOPE! » ma « TUFFO DI GRUPPO AL LAGO NERO! » no.
« Allora. Quanti punti vogliamo farci togliere minimo, stasera? »
Rubinia innesca un effetto a catena di ammutinamento vero e proprio nei confronti del Capitano: anche se quest’ultimo tenta la manovra finale, è purtroppo in ritardo rispetto alla maggior parte della combriccola. Ciaran è il primo a fuggire dietro la testolina bionda, non riuscendo a convincere Alyce neanche con la carta del sentimentalismo. Pressocchè a parimerito al secondo posto troviamo Tristran e Tory che, nonostante il ritardo dovuto al recupero di passeggeri d’onore quali rispettivamente Heejin e Liusaidh, riescono a scappare dal tentativo di illusione in giusto in tempo. (…) ma in più ci si mette anche Merrow. In terza posizione, con Dominic dietro, la quintina spende qualche attimo di più per castare niente meno che un Confùndus su Daemon che, tra una cosa e l’altra, non riesce a portare a termine il suo incantesimo.
« Tutti i rubini della fottuta clessidra »
Tutte le scope cadono così nel buio della notte, sotto il cielo stellato e nuvoloso, benché privo di pioggia. Lo spicchio di luna fa del suo meglio per riflettersi sullo specchio d’acqua che è l’immobile Lago Nero, mentre densa e strisciante come fumo dalla pipa è la nebbia che circonda gli alberi del paesaggio limitrofo e della Foresta Proibita stessa.
« Mangiamortina, toglici almeno sessanta punti che altrimenti sembriamo dei coglioni tassorosso »
I fuochi d’artificio di Tory e Tristran vengono innescati senza troppi problemi, lanciati in aria in un’esplosione d’acqua repentina, zampilli che esplodono con energia, bagnando tanto loro quanto i più vicini. Questo solo per alcuni istanti, visto come sfrecciano via verso il lago insieme al restante gruppo su scopa. I Grifondoro in esplorazione avranno almeno una decina di minuti ancora per godersi questo assaggio di libertà prima che un Marshall selvatico faccia il suo arrivo con il guardiano del castello al seguito.
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merrowloghain · 3 years
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End of Year 5
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merrowloghain · 3 years
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« Quindi, ora me lo dici chi è che vuole la Nephilia, e per cosa? » domanda al Grifondoro, indicando all`indietro col pollice destro Wes e Meg « E perchè la vogliono anche loro, soprattutto ».
« Ehh, non lo so se si può dire, cioè » si stringe nelle spalle, sfoderando un sorriso da buffone mentre non fa altro che lasciare la ragazza ulteriormente sulle spine « Che dici, ci possiamo fidare? » chiede consiglio a Wesley, sollevando le sopracciglia e facendola molto più losca di quanto sia in realtà.
« Mhh ci devo pensare un altro po` »
« Eeeh… io non so mica se posso aiutarvi allora… » strascina le parole in maniera canzonatoria, scoccando uno sguardo anche verso Wes come a capire cos`abbia da dire lui sul potersi fidare di lei « Beh, considerato che abbiamo il Capitano Anti Molliccio, direi che non mi serve sapere altro » in una perculata palese ma non cattiva.
« Te stacci vicino, mi raccomando » avvertimento che suona piuttosto serioso per i suoi standard « Che sennò saltano fuori gli Gnomi e ti mangiano i piedi » salvo poi stemperare il tono con un pizzico di macabra ironia.
Un sorriso tutto per il Grifondoro quando la avverte di starle vicino (anche per sempre, coff), che però va un po’ a perdersi quando cita gli gnomi. Si guarda i piedi, per un attimo, manco glieli avessero già mangiati e « Ma che schifo ». Storce un po’ il nasino però, quando arriva il momento delle istruzioni e « Io che faccio? ».
« Non farti ammazzare »
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Si guarda pure i piedi, per un attimo, che sia mai che davvero arrivino gli gnomi a mangiarseli e « Che tipo di animali abitano la Foresta? ».
Con una ironica tempistica, la domanda di Maegan riceve una limpida risposta: d’improvviso, quando la corvonero ha la testa abbassata a cercare l’orma di poco prima, qualcosa arriva a tutta velocità contro la sua fronte. Il colpo è doloroso per un attimo, per via dell’impatto, che tuttavia risulta più di taglio che un secco frontale. Nondimeno, le procura un piccolo taglio proprio all’angolo della fronte, verso la tempia. Che sarà stato?
L`incantesimo gli riesce e lui va subito a recuperare il suo ramo, solo che un fruscio lo distrae facendogli sgranare gli occhi. « L`AVETE SENTITO? » ecco che inizia già a impanicarsi ricercando subito, in primis, lo sguardo di Tris e poi lanciando un`occhiata preoccupata verso Meg.
« Oh stai bene? » subito preoccupato le mette le mani sulle spalle abbassandosi un attimo. « Mi sa che non ti ci dovevo portare » ora si sente in colpa, mannaggia.
Il tutto, naturalmente, è condito da un’accompagnamento di fiabesca ed infantile risata. Cosa dicevamo sul tornare al castello prima che l’albero torni a muoversi?
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merrowloghain · 3 years
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Horns
Hey! In her heart there's a hole
There's a black mark on her soul
In her hands is my heart
And she won't let go 'till it's scarred
Ha! Tried to breathe but I can't
'Cause the air she feeds me is damned
Got a touch like a thorn
'Cause the girl she's hiding horns
She got blood cold as ice
And a heart made of stone
But she keeps me alive
She's the beast in my bones
She gets everything she wants
When she gets me alone
Like it's nothing
She got two little horns
And they get me a little bit
She's the fire in the sin
And I burn breathing her in
Now it's love suicide
And I sell my soul for the high
Truth be told I don't mind
'Cause her hand's my paradise
She can crush every hope
Got her heels stomping down my throat
She got blood cold as ice
And a heart made of stone
But she keeps me alive
She's the beast in my bones
She gets everything she wants
When she gets me alone
Like it's nothing
She got two little horns
And they get me a little bit
She got horns like a devil
Pointed at me and there's nowhere to run
From the fire she breathes
She got horns like a devil
Pointed at me and there's nowhere to run
From the fire she breathes
She got horns like a devil
Pointed at me and there's nowhere to run
From the fire she breathes
She got two little horns
And they get me a little bit
She got two little horns
And they get me a little bit
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merrowloghain · 3 years
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09.03.77 Sotterranei - Hogwarts
«Parliamo entrambi.» pronuncia sicura, tornando a guardarlo solo ora, in un fronteggiarsi che non ha nulla della sfida, ma che vede le iridi grigio-verdi non fissarsi più in quelle cristalline di lui. Niente di testardo e palpabile come quando aveva smesso di guardarlo al terzo anno. Niente di rapito ed immobile, come quando lo guardava tutto il resto del tempo. Sembra essere solo... lei. Senza cercare da Xavier nient`altro di particolare «Perchè volevi che diventassimo amici?» è una domanda, ma è posta con un tono così adamantino da sembrare per un attimo illogico, quasi un`affermazione. Aspetta una risposta, è chiaro, la destra che ancora regge il catalizzatore e la sinistra che si posa a palmo aperto sulla porta dietro di sè, in un appoggiarsi leggero.
D'impatto è un « Perché no? » che fuoriesce piuttosto naturale affinché gli zigomi si riempiano per un rapido sorriso beffardo di chi sembra essersi appena divertito a rispondere in questo modo. Un sorriso che vola via in pochissimo tempo, in realtà, perché torna subito serio alzando un po’ il capo e sbuffando prima di parlare. « Ci deve essere una spiegazione del perché volevo diventassimo amici? » e non sembra voler davvero una risposta a quella domanda e lo denota il fatto che quella pausa fatta è solo una ragione per buttare fuori un altro sospiro. « Te ne stai pentendo? » a parlare così, al presente. Che suona tanto come un ‘non siamo più amici?’.
Domanda, a cui replica arriva un`altra domanda. Se l`aspettava, a giudicare dallo sbuffo d`aria un po` sprezzante, che viene rilasciato dalle piccole narici bianche: non dice nulla però, non all`inizio, lasciando che lui riprenda con il resto delle parole che sono solo ed esclusivamente, altre domande «Hai mai davvero voluto essere mio amico?» è quello il punto? «O magari non potevi permetterti d`allontanarmi come al solito perchè eri rimasto solo?» glielo chiede, perchè benchè non abbia mai citato quella persona che se n`è andata, sembra essere sicuramente parte dei loro problemi «Cosa t`importa se ce l`ho con te?» incalza, in un modo che pare quasi slegata alla prima questione «E perchè spingermi via proprio ora? Cos`è cambiato?» perchè qualcosa è cambiato, vero Xavier? La determinazione nel suo sguardo è completamente dedicata a lui, nonostante lei rimanga slanciata e lievemente algida nell`aspetto, a contrasto così netto con le sue iridi, sempre agitate in emozioni che s`affacciano in un mulinello caotico e di difficile comprensione. Ne ricerca gli occhi adesso, rimanendo in essi qualche secondo in più. Sospeso.
C’è un’alzata di occhi che viene rivolta al soffitto di quello sgabuzzino nell’istante in cui giunge quella domanda. Non è ben intuibile se si tratti di un fastidio o un qualcosa che si aspettava, ma è comunque abbastanza breve il tempo che sprecato per questo prima di riportare le iridi chiare sul volto di lei, arrivando così a risponderle. O è quel che farebbe, in realtà, ma aspettando quella domanda successiva per farlo sbuffare dalle narici e spianare le labbra in un sorriso di traverso, di quelli che riempiono solo uno zigomo e portano le labbra di lato, dove solo l’angolo sinistro finisce per sollevarsi. Prima che il tutto venga allentato con uno schiocco della lingua contro il palato e un passetto che senza alcuna spiegazione vuole palesemente essere intimidatorio per il modo lento in cui viene fatto e in avanti verso di lei. « Tu credi davvero che mi importi ritrovarmi da solo? » flettendo le sopracciglia quasi sorpreso da quell’uscita di lei; sorpreso da come stia rinnegando la sua solitudine. « Se volevo allontanarti lo avrei fatto. » come ha già fatto più volte. Come ha fatto tutt’ora, probabilmente. « Ma non ti ho chiesto di essere amici perché Octavia è una hija de p- » apavero. E non è tornata a scuola. Dovrebbe terminare la frase, ma si blocca a quel modo scurrile e spagnolo di rappresentare la sua bff di un tempo. « Oltre al fatto che » una piccola pausa inumidendosi le labbra « come ben sai, non sono mai stato realmente solo. » ha sempre avuto qualcuno con cui passare del tempo. Luci su Tristan, tra tre, due, uno. « Non mi importa. » se ce l’hai con me. « Stavo solo chiedendo. » facendo persino spallucce nel mentre. Limitandosi così a quell’interrogatorio al quale, al momento, non sembra volersi opporre. « Che non riusciamo ad essere amici, Merrow. » pronunciando il suo nome soffermandosi proprio cambiando la tonalità, rendendola appena più sospesa. Ecco cos’è cambiato. Un sospiro che riempie i polmoni e ingrandisce ancor di più quel petto, prima di slegare le braccia dalla stretta iniziale lasciandole ciondolare lungo ai fianchi. « Bando alle ciance » con un tono fermo, di chi sembra voler capire di star perdendo tempo a rispondere ad un interrogatorio. « se vuoi arrivare al dunque, arriviamoci » una piccola pausa facendo un altro passo in avanti, seppur questo leggermente di lato a far intendere poi con un cenno del capo che « oppure quella porta può essere aperta. » in caso sarebbe pronto ad uscire perché la conversazione per lui potrebbe terminare – forse – lì.
Rimane inamovibile, stoica e composta, appoggiata alla porta che gli impedisce d`andarsene via da quella conversazione, via da lei. Cominciano altre domande, in risposta a ciò che lei chiede e che non riceve mai un chiarimento diretto. O almeno così sembra «No. Non credo t`importi, credo ti spaventi di più quello che è successo con lei.» perchè l`unico vero cambiamento che lei ha riscontrato in Xavier, è stato quando Octavia se n`è andata, quando lei lo osservava per i corridoi con quella sensazione d`impotenza a farsi largo sopra ogni altro tipo di sentimento, persino sopra qualcosa che sarebbe dovuto esser più forte, che però ha messo da parte, in funzione d`un suo ipotetico benessere. Solleva appena il mento e lo guarda, senza fare una piega a quello che forse percepisce come un`insulto alla sua ex-amica, ma che dopotutto non sa veramente tradurre «Tristan è arrivato dopo, nella tua vita. Non prendiamoci in giro.» non è stupida, lei se lo ricorda di quando lui era solo, di quella conversazione fatta al Ponte Sospeso, e forse starebbe anche per andare avanti, per spingere un po` di più, ma quando lui pronuncia il suo nome a quella maniera, è lei a richiudere le labbra schiuse, fermandosi un solo istante. Vuole uscire? Nossignore. «Arriviamoci» concorda, annuendo piano, muovendo il catalizzatore della destra come a fargli intendere che non è ancora arrivato il momento di dileguarsi 
«E perchè non riusciamo ad essere amici, Xavier?» volevi il fulcro? Un punto fermo nell`universo che subisce costantemente cambiamenti? Il perno di qualcosa che non si comprende ma che si sa, nel profondo? Il suo nome che invece le esce dalle labbra come qualcosa di diverso, come se possedesse un senso proprio ma diverso dalla semplice persona del Serpeverde. E` qualcosa di suo, adesso, qualcosa d`indefinito ma che non appartiene più soltanto a lui. Lo guarda soltanto, senza voler chiedere davvero nient`altro.
Corruga le sopracciglia al dire di lei, prima di scuotere il capo e mostrare del menefreghismo nelle labbra arricciate che poi viene spiegato persino a parole. «Spaventare, a me? » che è tutto un dire. « Vuoi che ti dica che ero arrabbiato?» perché anche se non sta seguendo realmente il filo logico della conversazione, sembra arrivare ad altro. A qualcosa che non ha mai detto e men che meno spiegato. « Certo?! Chiunque lo sarebbe stato al mio posto. » Arrabbiato, ingramato nero. « Ma non avevo né paura di rimanere solo tanto da dover venire da te » marcando piuttosto bene quel ‘te’ come a volerle far capire bene il concetto « o spaventato da chissà quale tuo pensiero infondato. » inumidendosi le labbra al termine di queste parole che sono state letteralmente sfiatate. Ignorando il commento su Tristan, per passare a quell’ultimatum che fa smuovere il catalizzatore da parte di lei e riproporre la domanda di ciò che dapprima lui stesso aveva affermato. Sposta per qualche istante lo sguardo altrove ispezionando il luogo in cui si ritrova degnano lei, quindi, per qualche istante il suo profilo sino a quando non abbandona uno dei millesimi sospiri e ritorni in direzione del suo volto, dove le iridi chiare finirebbero a cercare il suo sguardo ferme e piuttosto immobili. Così come torna ad essere immobile quell’espressione che non sembra voler mutare in chissà quale emozione del momento, rimanendo piuttosto neutra. « Vedo che tu te lo sei chiesta. » constatando tramite quel ‘arriviamoci’, probabilmente. « E suppongo anche che hai tratto le sue conclusioni. Sicché saranno delle gran bolidate, risparmiamele. » pronto ora ad allungare la mano per cercare di infilarsi dietro la schiena di lei e dunque cercare di raggiungere la maniglia, qualora non venisse bloccato in partenza. In quell’avvicinarsi però continua a parlare « Vuoi essermi amica, Merrow? In quel caso sappi che quello che mi avevi chiesto non è possibile. » confermando ciò che già le aveva detto. « Non sono la persona adatta. » e sembra voler riprendere proprio un discorso fatto a metà ottobre. « Non vuoi essermi amica? Ottimo, mi avrai come nemico. » come agli inizi, insomma. «Altro? » ha fatto e detto tutto lui insomma, pronto quindi ad andarsene.
E` la cosa che sa fare meglio: provocare. Difficile smuovere le acque d`un lago placido, ma crea qualche increspatura sulla superficie, e forse le profondità di quei flutti saranno più chiare. Quel "te" marcato a quella maniera le strappa un mezzo alzarsi d`angolo destro della bocca, ma nulla più. E tace, tace completamente lasciandolo guardarsi attorno, prima di tornare alla Loghain con lo sguardo, che semplicemente stava là, ad attendere: lui, quelle parole che continuano e che non commenta, lasciandole scorrere su di sè come acqua su un abito imperviato, tornando completamente neutra nell`espressione, almeno finchè non se lo ritrova ad un passo di distanza, con la mano che s`allunga per prendere la maniglia e lei che reagisce prontamente in uno spostarsi laterale che la vede coprire con il suo corpo intero quella via di scampo. Vuole essergli amica? Non è la persona adatta «Non vuoi esserlo.» ed è un dolore sottile che passa attraverso la voce bassa e calda, una stilettata che taglia e cauterizza al contempo, con quel fantasma del tornare ad un prima che forse era precario e traballante tanto quell`amicizia così difficile da mantenere. Altro? «Si» mormora piano, in un sussurro leggermente roco: la destra si solleva per la prima volta in anni, puntandosi al busto altrui e compiendo una rotazione di polso di 180°, con un fendente a concludere il moto 
«Petrìficus Totàlus» 
detto piano, come se fosse un qualcosa d`intimo da condividere solo con lui. E se fosse riuscita, sarebbe la presa sul catalizzatore a tremare un poco, un attimo appena, prima di compiere lei quel passo che li separa, per portargli le braccia sotto le sue, tra il costato ed i bicipiti, se vi trovasse spazio, per stringersi così senza ulteriori barriere «Scusami» mormorerebbe al suo orecchio, cercando d`appoggiare il capo con la tempia sinistra contro la sua destra, socchiudendo gli occhi in un sospiro pesante e leggermente spezzato. Lo abbraccerebbe in un aggrapparsi di dita al tessuto del gilet coperto dalla mantella, respirando il suo profumo mentre il cuore cerca di mantenere invano un battito piuttosto regolare «Volevo impedirti d`allontanarmi. Almeno una volta.» sembra l`inizio d`un discorso, ma è un contatto guancia a guancia che cercherebbe, fissando appena il vuoto dietro la schiena del Serpeverde.
La mano che non trova la maniglia e per questa ragione si ritrova a stendere il braccio e poggiare l’intero palmo contro la superficie linea della montatura in legno della porta. Busto leggermente in avanti e corpo inclinato su un lato, mentre sente il dolore fuoriuscire in una voce bassa da parte di lei. La conferma di quelle parole che non arriva nemmeno, lasciando che le sue conclusioni tratte prendano vita. Pronto a questo punto ad andarsene, riprovandoci quantomeno a riafferrare la maniglia. Volutamente impreparato a quel catalizzatore che aveva dato per scontato non utilizzasse e, anche se c’era un briciolo di probabilità negativa, non sembrava necessario di mettersi allerta. Tant’è che il proprio catalizzatore non viene nemmeno impugnato quando sente la punta della bacchetta altrui colpirlo in pieno busto, ritrovandosi solamente a spostarsi all’indietro lì dove un Petrìficul Totàlus sarà in grado di pietrificarlo sul posto in una posiziona eretta, in braccia leggermente allargate, una più alta dell’altra e la gamba sinistra leggermente sollevata. Gli occhi fermi dinnanzi a sé ad osservare solo la scena, mentre una rabbia interna vorrebbe bruciare quell’incantesimo, una secchiata di acqua gelida colpirla prima che possa mettere le mani sul proprio corpo pietrificato. Ma quel che è tenuto a fare, è rimanere immobile. Non ha nemmeno bisogno di trattenere il respiro. Anche se in tutto ciò vorrebbe chiudere gli occhi. Immobile, bloccato senza il suo volere, impedendogli di seguire le proprie volontà per una volta tanto e stare alle ‘condizioni’ di lei. In un modo brutale, ma l’unico per poterci concedere un qualcosa. Gli occhi che finiscono ad osservare quelle ciocche di capelli che sfiorano il naso in quel contatto a guancia a guancia che arriva e che non può realmente sentire appieno. Così come non può percepire il contatto fisico, quel calore del corpo altrui, quanto più solamente sentire il proprio internamente e ribollire.
E` una sicurezza che tutto sommato gli ha regalato nel corso degli anni: una certezza centellinata mattoncino sopra mattoncino, che l`ha vista subire e basta, con il catalizzatore di Xavier a farla spesso da padrone tra loro. Ecco perchè lo solleva, ecco perchè lo pietrifica. Non lo fa per difendersi, nè per attaccare: semplicemente lo fa per arrendersi. Lei. In una bandiera bianca che sventola con quel contatto che ricerca, che la vede stringersi, scusarsi, spiegargli almeno in parte «Hai tradito la mia fiducia così tante volte, Xavier, che spero mi perdonerai, un giorno, per questo.» perchè lo capisce, e l`addolora esser dovuta scendere a tanto «Non mi hai lasciato scelta.» mai, non è mai stata padrona di nulla, con lui. Le mani hanno un ultimo piccolo spasmo prima di sciogliere la loro presa, con lei che scivola via col viso contro la sua guancia, in una carezza pelle su pelle, semi-involontaria, ritrovandosi a cercare i suoi occhi che non può chiudere, vittima del proprio incantesimo, in cui incastona i suoi per un istante appena «Non sono la persona adatta» ripete le sue parole «non sono mai stata una buona amica con te.» perchè ha mentito, a se stessa, a lui, a chiunque «Volevo..» prende un piccolo respiro «volevo solo stare con te.» spallucce, prima d`indietreggiare appena, in un moto che per lei risulta quasi innaturale ora che era così vicina, e cercare con la mancina la maniglia della porta per farla scattare «Ora che so che non riusciamo ad essere niente» abbassa un secondo lo sguardo «non resta più nulla.» nè amici, nè nemici, nè qualunque altra cosa nel mezzo. Lo guarda brevemente un`ultima volta, con una strana sensazione a stringerle le viscere ed a renderle pesanti come il piombo «Mi hai fatto troppo male a tenermi così distante, Xavier. E questa era l`unica cosa che ti avevo chiesto...questa era l`unica cosa che dovevi evitare con me: la distanza.» schiude l`uscio e l`osserva, con le iridi grigio-verdi a comunicare suo malgrado una tristezza profonda «Ci siamo detti addio molte più volte di quante abbiamo provato a non farlo. Questa volta, magari, sarà diverso.» in che modo, però, non lo specifica, preferendo aprire la porta di quel tanto che basta per sgusciare fuori, richiudendola dietro di sè, muovendosi velocemente, in una camminata che diventa una corsa, con quel profumo nelle narici che non sembra volersene andare, e gli arti in generale, che paiono accusare una pesantezza d`animo che, per l`ennesima volta, probabilmente coglierà solo lei.
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merrowloghain · 3 years
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20.02.77 Corridoio - Hogwarts
Sono passi silenziosi quelli che compiono, ed un lungo istante che intercorre tra il proprio primo dire, ed il successivo «Come...stai?» seriamente? Una domanda normale, eppure sembra costarle un po` a giudicare dalla pronuncia non così atona, e dal correre a lui con lo sguardo. Un timido tentativo di tastare forse la temperatura dell`acqua, del lago freddissimo che sta tra loro, e che denota la tipica incertezza d`una confidenza che prima aveva e che ora non è più sicura di possedere. Di meritarsi forse, o che sia addirittura mai esistita.
Che rende scomoda anche una domanda semplice come quella che, alla fine, lei gli porge. E la guarda, nuovamente, con attenzione, un’ombra di stupore che gli segna il volto per una manciata d’istanti, prima che torni ad avere una parvenza di controllo di se stesso. « il solito, bene. » Apparentemente senza problemi, apparentemente privo di preoccupazioni. Apparenza, sempre. « Ares mi ha regalato una lucertola morta questa mattina, non capisco se voglia provarmi la sua capacità di sfamarmi o mi stia minacciando. Ho sempre più voglia di lasciare una volta per tutte Aritmanzia. E se Moore continua a metterci così tanto tempo in bagno, la mattina, lo mando definitivamente a fare compagnia alla Piovra. » Ecco. « Il solito. » Come se nulla fosse cambiato, come se non avesse fatto una scelta la settimana prima. « E tu? »
Ecco il perchè di quella domanda, ecco il perchè incontrarlo con le iridi, il respiro forzato in un ritmo che il cuore non segue, ma che l`accomuna al Serpeverde in quel senso d`apparenza che si sforza di mantenere, per quanto le è possibile. E lui risponde, mentre lei rimpalla l`attenzione da un occhio all`altro di lui, ancora in esplorazione, ascoltando poi il dire successivo di lui che prima le fa abbassare lo sguardo verso il suo petto a causa d`un sorriso storto che le nasce in automatico sul volto, e che mano a mano che Tristan prosegue, finisce per mutare in un ridacchiare che da cupo si trasmuta in divertito, con tanto di risata vera ma brevissima, cristallina e leggera «Magari Ares lavora per me, che ne sai.» la famosa testa di lucertola a monito nel letto. Si ritrova però ad interrompersi, a quell`ennesimo "il solito". Si rabbuia, lentamente, come se a quelle parole si ricollegasse qualcosa che le fa male, che la coglie impreparata e che si riflette per un istante appena, sul viso che poi ritorna neutro, giusto in tempo per la domanda rivolta a lei. Bivio. Non dinnanzi a sè ma dentro di sè, con le conseguenze che un dire rispetto all`altro, potrebbero manifestarsi tra loro. Si volta verso sinistra, verso di lui, ed è con un solo incrocio di sguardo che cerca delicatamente in un sentimento strano e che lui non deve averle mai visto sul viso 
«Mi manchi, Tris.» 
la voce che s`abbassa e si fa più dolce, sporcata da un`amarezza che non vuole celare, nonostante il sorriso che accompagni tale dire, prima di distogliere da lui l`attenzione «Sto cercando d`abituarmi ad un`assenza che non pensavo potessi creare.» a dimostrazione che forse, anche per lei, è tutto nuovo, tutto strano, tutto diverso dopo quel San Valentino, e ciò che comporta l`aver scelto, di tutti e tre. Non sembra aspettarsi nulla in risposta, non davvero, ecco forse perchè si concentra in un sospiro che porta alzando il volto al soffitto, socchiudendo brevemente le palpebre, mentre prende un paio di passi alla cieca, sicura che da lì a poco non ci siano ostacoli importanti.
Sbuffa un principio di risata divertita a quelle parole su Ares, o per quella risata che sente nascere dalla sua labbra, ma che lo portano a scuotere comunque un po’ il capo, lo sguardo che la cerca senza che si volti completamente verso di lei. « Spiacente. So per certo che lavora per il suo predecessore divino. » Lo stesso Ares, dio della guerra, dello spargimento di sangue e della violenza. Ed ha diverse sottili cicatrici sulle mani e sulle braccia a riprova proprio di questa discendenza indiretta. Non può non notare quel suo rabbuiarsi, non quando la sta guardando, eppure sembra confuso da quel repentino cambio del comportamento altrui, le sopracciglia ora lievemente aggrottate ed il sorriso che sfuma dalle labbra piene, di fronte a quel volto che torna ad una neutralità che impiega qualche istante a riacquistare a sua volta. Ma lo fa, ed è con questa rinnovata mancanza di espressioni, che sente quelle sue parole, quell`ammissione dolce che nonostante il ‘ti voglio bene’ della settimana prima lo coglie un po’ alla sprovvista, lo sguardo bluastro che non riesce a celare un lampo di stupita sorpresa che non potrà celare a lei, ora ferma davanti a lui. «Non dev’essere così. » Piano, forse quasi dolce per gli standard a cui l’ha abituata, le parole che sembrano come sempre ragionate e mai pronunciate senza attenzione. E poi, dopo aver umettato le labbra, conclude. « Ma non mi dev’essere chiesto di scegliere. » Forse l’ha già detto a qualcun altro, forse ha trovato una via verdeargento per rendersi più facile la vita e, non è detto, che questa nonostante i colori che l’altra indossa, non sia la soluzione migliore.
Il sollevare di sopracciglia, divertita reazione nel sentire del mandatario di Ares, quel mezzo-kneazle che lei continua ad adorare ed a fissare di tanto in tanto con occhi rapiti, dura giusto il tempo della risposta di lui in un annuire che quasi fa rimbalzare il capo, prima che l`umore di quella breve conversazione, richiami ad una serietà che forse, era inevitabile. Perchè gli manca, sceglie di dirglielo, nonostante l`incapacità altrui di cooperare con i sentimenti propri o quelli altrui, cosa che oramai, pare aver capito in tutti quegli anni in cui hanno condiviso perlomeno una quotidianità costante, lì al castello. Si prende il suo stupore, ricambiando il suo sguardo con qualcosa di più delicato, a richiamare una complicità più intima, che è stata completamente assente nell`ultima settimana. Non dev`essere così, e lei che finisce per abbassare appena gli occhi, un istante appena, prima di tornare al blu delle sue iridi, ascoltando anche il successivo dire che sembra quasi un compromesso possibile, un ramoscello d`ulivo, o una lucertolina morta ai piedi del letto, in un gesto che a lei sa di cura. Ci mette qualche secondo, prima di fermare appena il passo, in un letargico rallentare che s`arresta, mentre la mancina esce dalla tasca a sfiorare con i polpastrelli la manica del maglione di Tristan «Tu non sai quanto vorrei che fosse diversamente.». Sincera, con quel tono delicato che prosegue ed un`incertezza manifesta dal labbro inferiore che torna ad essere torturato «Ma Domenica nessuno dei due ti ha chiesto di scegliere, Tris.» lo guarda adesso, in volto con un dispiacere inequivocabile a sporcarne il visetto così candido «Eppure tutti e tre sappiamo cos`è accaduto. A chi va la tua lealtà.» inutile girarci intorno, perchè oramai non si può più negare nulla dinnanzi all`evidenza «C`è una parte di me che non vorrebbe più nemmeno sentirti nominare. Che non ti sopporta... che..» ma non continua, perchè ora che lo sguardo è precipitato a terra, lei fa fatica a spiegarsi senza interruzione, ma testarda prosegue, forse per l`importanza che ha ciò che cerca di fargli comprendere «Vorrei tagliarti fuori.» anche qui, senza nascondergli nulla, con le parole che, basse, vengono accompagnate da un leggero arricciarsi di naso «Ma ho capito che no... che in realtà sono solo ferita, e che ti rispetto troppo per sbagliare di nuovo con te, nella stessa maniera di una volta: la scelta è tua.» inspira lentamente, espirando in un socchiudersi di palpebre «Non voglio farlo io per te, non voglio un giorno rendermi conto che sono stata io a lasciarti andare.» le mani nelle tasche che si muovono un secondo, in un tormento nervoso che non viene palesato «Mi dispiace d`aver lasciato intendere che lui potesse trattarti com`è successo a me... sono stata...» il termine non le viene, ma s`adatta velocemente «stupida. Tu non sei come me, per lui.» ora, solo ora rialza gli occhi ai suoi «E non è mia intenzione giudicare il vostro rapporto o paragonarlo ad altri...» di nuovo quell`arricciarsi di naso, e l`attenzione che adesso si sposta sul corridoio «E` solo che» sbuffa piano «mi ha fatto così tanto male che non volevo succedesse anche a te.»
Era inevitabile, sì, che presto o tardi sarebbero finiti a parlare di quanto successo. Se lo aspettava, e forse è con consapevolezza che ha scelto di andarle incontro oggi piuttosto che un qualsiasi giorno della settimana appena passata. Eppure non riesce ancora ad abituarsi del tutto alla facilità con cui lei dimostra e da voce ai suoi sentimenti, impensabile per lui che sembra scegliere la logicità dei fatti a l`illogicità delle emozioni. Ed è per questo che, a quel tocco non sfugge, no, seguendolo anche con lo sguardo, ma non fa una mossa per ricambiarlo, né sembra voler affrontare quel discorso con l’emotività di lei. Rimane più freddo, meno coinvolto in qualche modo in quanto va a dire, quasi cercasse coscientemente di rimanere il più lontano possibile da quella situazione, quasi cercasse di analizzarla dall’esterno . « Dovresti saperlo ormai, Merrow. » E’ il primo dire fra tutti, per qualche motivo, pratico e quasi risolutivo. « La mia lealtà, va in primis a me stesso. » Ma infondo non dovrebbe essere una novità per l’altra, a differenza di quanto viene proferito poco dopo, ora con un tono più conciliante, paternalistico quasi, ma che in qualche modo si collega a quanto detto. « L’avete fatto entrambi. Tu chiedendomi di venire con te, quando mi hai visto con lui. Sapendo che avrei dovuto lasciarlo indietro per farlo. Sceglierti. » Ed è questo il punto. « E lui … » lui di cui non pronuncia il nome, ma è chiaro a chi si riferisca, « che ha fatto la stessa identica cosa. » Di chi è quindi la colpa, alla fine dei conti? Sembra volerglielo chiedere con quel silenzio che si concede, inarcando un sopracciglio, fissandola con quell’intensità che risulterebbe scortese in un contesto normale, le mani spinte nella profondità delle tasche del cardigan. E poi, dopo essersi umettato le labbra, riprende a parlare, le iridi che dopo un momento d’incertezza cercano le sue prima d’iniziare. « E io ho fatto la mia scelta. Oggi, qui. » Scegliendo di andarle incontro, di accompagnarla o più semplicemente di parlarle come se nulla fosse successo prima. « Vuoi tagliarmi fuori? Puoi farlo. Puoi scegliere di farlo. » Perché tutto si riduce a quello, a quella parola che continua a tornare in qualche modo. « Ma non puoi chiedermi di scegliere. » Fra loro. « Come io non lo farò a te. » Mette in paro le loro situazioni, ma solo un quel momento, perché poi si ritrova a deglutire, a distogliere lo sguardo per un lungo momento. « Noi » lui e Xaviér. « Siamo diversi. » Ed è così riduttivo ed incompleto descriverlo così, che non può che sospirare alla sua stessa ammissione, lo sguardo ora nuovamente a cercare il suo. « Anche solo perché possiamo farci male a vicenda. Perché in qualche modo siamo più equilibrati di quanto non lo foste voi. » Loro con quel rapporto al quasi limite del malsano, per come gli è stato mostrato quel pomeriggio alla Stamberga. « Ma se può rassicurarti. Non permetterò che mi faccia male. » O almeno ci proverà.
La sinistra sta ancora là, mezza a sfiorargli il maglione, mentre la destra rimane contratta e nascosta, quando lo sguardo di lui viene meno, e lei si ritrova ad inseguirlo con un chinare del capo, ed un passo in avanti quasi automatico, fatto in sua direzione, pietrificandosi poi di nuovo, non appena le iridi blu tornano a cercare le proprie. E` sull`ultima battuta che lei espira lentamente, trasformando il tocco sul maglione in una sorta di leggera presa, che scorrerebbe dall`avambraccio al suo bicipite, mentre il resto di sè gli si avvicina discretamente, concedendogli tutto il tempo per sottrarsi, fuggire, o semplicemente stopparla. Eppure se ciò non accadesse, quello che la Loghain cercherebbe di fare, è soltanto tornare a stringersi a lui come se fossero di nuovo in quell`aula e stessero provando i passi per il Ballo dell`Agrifoglio: braccia al collo e tempia destra contro la sua guancia sinistra, in un chinare di capo che la vedrebbe osservare il vuoto dietro le spalle del Serpeverde «Io volevo solo passare del tempo con te, ecco perchè ti avevo chiesto di venire con me alla Stamberga.» a richiamare l`invito che non è andato a buon fine, con un sussurro morbido e caldo, in una dolcezza così sentita, da risultare strana a chi la conosce più superficialmente «Io non voglio fargli del male, non gliene ho mai voluto. Questo non significa che io non abbia potuto, ma che semplicemente ho scelto di non farlo.» ci tiene a precisarlo, perchè la cura che lei ha messo nel rapporto con Xavier non è debolezza, ma una presa di posizione consapevole, che purtroppo non ha portato un cieco a riacquisire la vista «E non c`entra con l`equilibrio: è solo che lui non ha scelto me come io ho scelto lui. Come si fa in ogni tipo di rapporto, di qualunque natura.» ci si sceglie, oppure no. Si prende qualche secondo di pausa, ed infine conclude solo con un «Grazie.» a quelle parole che si, la rassicurano, a tal punto da farla brevemente scostare per cercare con le labbra la sua guancia, proprio come ha fatto altre volte nel corso del tempo, solo con un contatto più leggero e sentito, tenero nella sua natura «Io ci sarò per tutto il tempo in cui tu lo vorrai.» e così sembra strano, se non fosse che aggiungerebbe delicatamente «Per me ne vali la pena.» e solo adesso si allontanerebbe di qualche passo, lasciandolo andare oppure no, ma comunque con tutta l`impressione di voler proseguire quel percorso verso la Torre Ovest. Senza lasciarlo indietro, ma aspettandolo al suo fianco.
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