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#Commenti al Vangelo
incamminoblog · 28 days
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P. Gaetano Piccolo S.J. "Non speravo più di trovarti! Siamo tutti in cerca dell’Amore"
DOMENICA DI PASQUA «RESURREZIONE DEL SIGNORE»  At 10,34a.37-43   Sal 117   Col 3,1-4   Gv 20,1-9 «Se non fosse tornata in vita la pietra,Pietro sarebbe andato perduto»,Sant’Agostino, Discorso 244, 1 Tante domande La vita ci mette davanti a tanti interrogativi: dove ci porterà il male che sembra abitare nel cuore dell’uomo? Perché l’amore in cui abbiamo creduto a un certo punto si dissolve?…
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ilfalcoperegrinus · 4 months
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DOVINQUE PASSA, EGLI CHIAMA
DOVUNQUE PASSA, EGLI CHIAMA un commento al vangelo della 2a Domenica del T.O., disponibile anche come audio-commento e con testo tradotto in lingua spagnola, entrando nella sezione "Commenti al vangelo" del menu principale
II DOMENICA DEL T.O. anno B (2024) 1Sam 3,3-10.19; 1Cor 6,13-15.17-20; Gv 1,35-42 https://predicatelosuitetti.files.wordpress.com/2024/01/ii-domenica-del-t.o.-anno-b-2024.mp3  Giovanni stava con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: «Ecco l’agnello di Dio!». E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, osservando che…
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michelemarongiu · 1 year
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Beh, di sicuro Gesù è uno che crede in noi.
Ecco l’ultimo dei sette commenti al vangelo che ho scritto per il settimanale diocesano di Como. Il primo si trova su questo link. I prossimi dovrò scriverli per maggio. Quello di oggi è un brano speciale, nel quale Gesù dice qualcosa di nuovo, di inaudito, mai udito prima, qualcosa che ci rivela l’immensa stima che lui ha verso di noi.
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spettriedemoni · 4 years
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All'ingresso del Palazzo Apostolico, Papa Francesco ha fatto mettere questo crocifisso fatto con giubbotti salvagente usati da quei migranti che sono arrivati (o affogati) via mare.
Fin qui nulla di strano, dopotutto la religione cristiana o meglio cattolica dovrebbe essere una religione che predica accoglienza, amore e misericordia. Dovrebbe.
Invece se provate ad andare sotto al post o al tweet che annuncia questa iniziativa troverete molti che la criticano, gente con le bandierine nel nome, gente che si professa cristiana e che, c'è da scommetterci, va tutte le domeniche in chiesa. Magari bestemmia ogni 3 parole pronunciate, però è gente cristiana.
Piccola premessa personale: ho fatto 3 anni di asilo e 5 di elementari presso un istituto privato gestito da suore. Nella mia città all'epoca era l'unico istituto che faceva il "tempo pieno" e i miei lavoravano anche il pomeriggio per cui serviva avere me e mia sorella tenuti da qualche parte fino a quando non finivano di lavorare.
Questo per dire che ho una certa educazione cattolica (nessuno è perfetto e pure io ho i miei scheletri nell'armadio, sto facendo outing) e dunque, pur non essendo un teologo, qualcosa del cristianesimo e nello specifico del cattolicesimo la so.
So che nel Vangelo è lo stesso fondatore del Cristianesimo a dire di essere in tutti coloro che hanno fame, che hanno bisogno di accoglienza e che soffrono. Sempre lui parla invece di "sepolcri imbiancati" quando si riferisce a quanti si definiscono seguaci della Parola di Dio e la disattendono poi nei fatti.
Sono passati oltre 30 anni eppure queste piccole cose me le ricordo benché non sia stato dopo un grande frequentatore di chiese o un accanito e attento lettore del Vangelo o della Bibbia. Questi vanno a messa la domenica, tutte le domeniche, recitano i rosari e augurano ai migranti di morire affogati in mare.
Uno dei commenti si rivolge direttamente al Papa e gli dice: "Il tuo Dio non è il mio Dio".
Ecco, credo sia la sintesi perfetta di tutto questo discorso (o pippone, se preferite). Non è lo stesso dio quello che adorate.
E mi fate schifo, voi e il vostro dio.
Se non dovessimo vederci buon Natale, sperando vi si risvegli l'umanità o almeno la coscienza.
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corallorosso · 5 years
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La bestia dell’odio al comando di Salvini contro le ragazzine di Giovanni Drogo Quando è che Salvini inizierà a comportarsi da adulto (e da ministro dell’Interno)? ... Chi è adulto (almeno anagraficamente) sa che le manifestazioni studentesche sono uno dei riti di passaggio dell’adolescenza. �� successo però che alcuni studenti abbiano esposto cartelli in cui si auguravano che Salvini finisse a Piazzale Loreto. ... i ragazzini che urlano queste cose di guerre, piazze con cadaveri appesi e fascisti fortunatamente non hanno esperienza diretta. Così come quasi tutti gli italiani. Salvini è un maestro nell’utilizzare a suo vantaggio l’odio che è capace di generare negli avversari politici. Nel capitalizzarlo. Nel convertire il fluido che naturalmente scorre in un paese libero e democratico, quello di chi si oppone pacificamente ma alzando i toni, per fidelizzare le sue truppe. Ecco quindi che tra tutte le immagini dei cortei ha scelto quelle per lui più significative, quella della studentessa che sogna Salvini a Piazzale Loreto e quello del ragazzo che da un camion parla di “ammazzare questi bastardi”. Distillato purissimo di odio adolescenziale che il ministro dell’Interno ha prontamente postato su Facebook per far vedere quanto sono cattivi gli studenti boldriniani e pacifinti. Salvini, quello che paragonava Laura Boldrini ad una bambola gonfiabile, e che ha definito “una sciocchezza” il fatto che alcuni Giovani Padani (quindi tesserati della lega, non studenti qualsiasi) avessero dato fuoco ad pupazzo con la faccia dell’allora presidente della Camera, non si è certo preoccupato per quello che hanno detto o scritto gli studenti. Sa bene che questa è la dinamica dei rapporti di forza tra chi detiene il potere e chi lo contesta. Ma Salvini sa anche che non c’è niente di meglio che gli orwelliani cinque minuti d’odio per cementare il consenso. Quei ragazzi, che nemmeno votano, non hanno alcuna importanza. L’opinione dei sovranisti salviniani invece conta, perché è quella che gli consente di rimanere al governo e vincere le elezioni. Ecco quindi che un ministro dell’Interno, ministro di tutti gli italiani non solo di chi lo ha eletto, decide scientemente e solo per aumentare il consenso (non ha certo bisogno di essere difeso da una pericolosissima terrorista sedicenne) di postare la foto della ragazzina ben sapendo cosa sarebbe accaduto. Quello che è successo dopo lo si può chiaramente immaginare: decine se non centinaia di commenti con insulti ad una ragazzina. Una ragazza che magari ha l’età di Desirèe Mariottini per la quale la folla dei patridioti si è commossa quando il Capitano si è schierato contro gli immigrati. Il copione è sempre lo stesso e ancora ci stupiamo del comportamento di Salvini. Comportamento che è deprecabile più del cartello della studentessa perché il ministro è un adulto che se la prende coi ragazzini (ottimo esempio di papà, per altro). D’altra parte però, sapendo che Salvini usa questa strategia sarebbe opportuno non dargli gratuitamente l’occasione di adoperarla. Salvini non si combatte con l’odio e con gli insulti, perché è un maestro dell’arte pre-politica (quasi infantile) dello specchio riflesso. Certo, sarebbe bello che Salvini – che ha giurato sul Vangelo davanti ai suoi elettori e che colleziona rosari – imparasse per una volta a porgere l’altra guancia e a comportarsi da adulto. nextquotidiano
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diariodibeppe · 3 years
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Guardare con il cuore
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di Don Paolo Zamengo sdb
Non basta avere il titolo, il nome di pastore. Ai tempi di Geremia non mancavano i pastori, i capi, i re, i sacerdoti, ma il loro era un titolo usurpato, avevano il ruolo, ma non avevano l'anima del pastore, il cuore del pastore.
E si meritarono il richiamo duro, durissimo di Dio: "Guai ai pastori che fanno perire e disperdono il gregge del mio pascolo". È un oracolo contro. Lo abbiamo sentito drammaticamente nella prima lettura dal profeta Geremia. "Dice il Signore contro, contro i pastori che devono pascere il mio popolo: Voi avete disperso le mie pecore, le avete scacciate e non ve ne siete preoccupati; ecco io vi punirò per la malvagità delle vostre opere”.
Ecco il tormento di Gesù: Non ci sono pastori attenti, appassionati. Gesù, dopo la traversata del lago, sbarca sulla terra ferma ed è preso da un sussulto al cuore, un sussulto di commozione: "Sbarcando, vide molta folla e si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore".
Il piccolo brano del Vangelo di Marco che oggi abbiamo ascoltato ci fa contemplare, oserei dire, con emozione, la tenerezza di Gesù, il suo sguardo che va a cogliere la stanchezza, gli smarrimenti, la fatica di vivere dei suoi discepoli!
Il pastore lo vedi da come ti guarda, la sua commozione gliela leggi negli occhi: "...si commosse per loro". ‘Si commosse’ è il verbo del padre della parabola che attende il figlio che ritorna, è il verbo del buon samaritano che era in viaggio, e passando accanto a un uomo ferito “lo vide, ne ebbe compassione, gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui”.
È questo cuore, è questa tenerezza, è questa commozione che ancora oggi noi cerchiamo nella chiesa, negli uomini di chiesa: non bastano i ruoli, non bastano i titoli, cerchiamo la commozione che troviamo negli occhi di Gesù. Il ‘come guardiamo’ viene prima di ‘cosa diciamo o facciamo’.
E forse, dico forse, va anche in questo senso l'invito di Gesù ai suoi apostoli. "Gli apostoli si riunirono intorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e insegnato". È come se si sentissero loro i protagonisti, presi dalla frenesia del fare e del dire... tanto che "non avevano più neanche il tempo di mangiare".
E può sembrare strano che Gesù non faccia commenti alla foga degli Apostoli che gli raccontano i loro successi. L'unico commento di Gesù è: "Venite in disparte, in un luogo solitario e riposatevi un po'". Aveva visto la loro stanchezza ma forse aveva anche visto il pericolo, sempre in agguato, di lasciarsi prendere dal ruolo, il pericolo di un attivismo esteriore, dove si cura quello che si dice e si dà meno importanza a quello che si fa. È il rischio di dare priorità alle parole e meno al cuore.
Penso, ma posso sbagliarmi, lo avvertiamo tutti questo pericolo: quello di un attivismo che manca di profondità e di interiorità. E Gesù ci invita a una sosta che non è una fuga dalle cose, non è un'evasione dai problemi, ma è riprendere contatto con la parte più profonda di noi stessi, con il luogo segreto e calmo, per ascoltare la voce del vero pastore, che è lui stesso, Gesù.
E in questo luogo interiore trova riposo il discepolo di Gesù. Non basta cambiare panorama per riposare, se poi i luoghi, pur diversi, vengono comunque contagiati dalla stessa ossessione delle cose esteriori. Non basta, perché il bisogno che noi sentiamo è quello di recuperare uno sguardo, uno sguardo diverso sulla realtà, uno sguardo più profondo, più vero, lo sguardo di Gesù, lo sguardo di chi prova compassione.
Compassione: mosso è il cuore, non solo la testa, non solo le mani. Non so se condividete con me questa riflessione: a volte ho come l'impressione che questo eccesso di protagonismo, questa frenesia incontenibile, questa corsa dissennata ci stia portando anche verso una sorta di freddezza, di intransigenza, quasi di cinismo.
Come è importante allora la sosta nel luogo interiore del cuore, per ritrovare lo sguardo di Gesù che si commuove. Il vero viaggio di scoperta nella vita non consiste nel cercare nuove terre ma nell’avere nuovi occhi.
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amicidijangany · 3 years
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Il sig. RAZANAKOTO RUFIN, grande capo cantiere della Missione di Jangany
Fin dal suo inizio, nel 1996, la Missione di Jangany ha avuto come capi-cantiere il sig. Léon e suo fratello minore Rufin.
Li ho conosciuti già dai primi anni del mio lavoro in Madagascar, mentre risiedevo ancora a Betroka e visitavo la Brousse del nord, dove si trovava il piccolo villaggio di Jangany, che in seguito avrei scelto come sede di un nuovo Centro Missionario.
Questi due fratelli muratori venivano da Fianarantsoa e lavoravano a Betroka per conto di un impresario musulmano detto Doudou e di suo figlio Nissat, con cui avevo fatto amicizia. Costruivano alcuni locali del lebbrosario delle Suore Nazarene di Betroka. Quando mi impegnai a costruire due aule scolastiche per l'istruzione di un centinaio di bambini analfabeti che scorribandavano per le strade di Betroka, chiesi a Nissat dei muratori ed egli mi diede i due fratelli Léon e Rufin.
Fin dalle prime settimane di lavoro, vidi che erano dei muratori ingamba. Quando spiegai loro il mio progetto, notai che erano molto interessati alla motivazione per cui mi davo da fare: aiutare i bambini più poveri di Betroka a uscire dall'analfabetismo.
Lavorammo con buona intesa. In pochi mesi, le due aule scolastiche furono pronte ed ebbero inizio i corsi di alfabetizzazione. Mi fece piacere vedere la convinzione con cui i due muratori prendevano parte all'opera del Mompera per aiutare i più poveri. Le due aule da loro costruite, gestite dalle Figlie della Carità di Betroka, lavorano ancora oggi, dopo più di 30 anni, per sostenere nello studio i bambini più poveri.
Arrivò il tempo di dare inizio al progetto che, pian piano, avevo elaborato per la brousse di Betroka-nord. Si trattava di costruire un nuovo Centro Missionario con sede nel minuscolo villaggio di Jangany, conosciuto solo per la feroce cattiveria dei suoi briganti. Lo scelsi per la sua posizione centrale nel territorio, ma anche per una specie di sfida: vediamo se la luce del Vangelo e della civilizzazione riescono a spuntarla sulla ferocia dei briganti.
Diedi ai 2 muratori la notizia che dovevo andare a vivere nella savana per far sorgere una Nuova Missione a 100 km da Betroka. Spiegai loro che il progetto prevedeva la costruzione di molte aule scolastiche per far uscire dall'analfabetismo tutti i 3.000 bambini di quel vasto territorio, ma in quella savana non c'era nessuno che conoscesse il cemento e i mattoni cotti.
Dissi che avrei avuto bisogno del loro lavoro, ma che non osavo chiedere loro di venire con me, perché la brousse in cui andavo a vivere era molto disagiata, selvaggia e senza strade.
Mi guardarono in silenzio con un senso di compassione, poi Léon disse: «Mompera, tu sei venuto da oltre-oceano (an-dafy) per aiutare noi malgasci e noi che siamo di qui non possiamo lasciarti solo». Rufin aggiunse subito: «Dobbiamo cercare di aiutarti». Non feci commenti a queste parole, ma in silenzio gustai la gioia di vedere in questi operai la vocazione missionaria. Si scambiarono alcune parole, poi mi dissero concordi: «Oggi parliamo con le nostre mogli e domani ti daremo una risposta».
L'indomani vennero a trovarmi molto presto e mi dissero: «Le nostre mogli sono d'accordo con noi: siamo contenti di venire a lavorare con te».
Non nascosi loro la mia gioia. Essendo però tanto sorpreso per aver ricevuto un dono così grande, domandai loro: «Ma avete spiegato bene alle vostre mogli le condizioni disagiate della brousse?».
Mi risposero senza esitazione: «Non ti preoccupare, Mompera, conosciamo bene la situazione della brousse». Vedendo in loro questo spirito missionario, dissi con determinazione: «Prepariamoci subito e partiamo al più presto».
Così venimmo insieme a Jangany. Ci accampammo in tre capanne già esistenti accanto alla chiesetta e iniziammo l'avventura. Era il 1996, centenario del secondo arrivo dei Missionari di san Vincenzo nel Madagascar (1896).
In quello stesso anno, tra maggio e settembre, sorsero le prime due aule scolastiche ed il 7 ottobre, festa della Madonna del Rosario, part��, come una navicella in cerca di un nuovo mondo, la scuola “Santa Maria”.
Si andò avanti senza esitazione con la costruzione delle 6 aule scolastiche delle Elementari, delle 3 aule delle Materne e delle 4 aule delle Medie. Si continuò con la costruzione della casa delle suore e della casa dei missionari. Si costruì poi il Collegio per gli scolari provenienti dai villaggi della brousse e infine la Direzione della scuola e il Dispensario.
Passarono così 20 anni. Lungo quel periodo, morì il fratello maggiore Léon e la direzione dei lavori fu portata avanti da Rufin. Il cantiere, mentre costruiva le scuole, era diventato anche un'ottima scuola di costruzioni.
Decine di giovani di Jangany impararono il mestiere del muratore e poterono andare a lavorare fino alla capitale Antananarivo.
In questi ultimi 5 anni, si affrontò anche la costruzione della nuova chiesa e delle aule del Liceo. La chiesa fu portata felicemente a termine dalla squadra di Rufin, mentre i locali del Liceo poterono essere affidati all'opera delle nuove squadre dei suoi discepoli, i quali sono ormai in grado di continuare con competenza i lavori necessari.
Sono passati ormai 25 anni da quando iniziammo l'avventura. Durante questo tempo, sono passati nelle scuole più di 2.000 ragazzi. I giovani di Jangany e della sua brousse sono usciti dall'analfabetismo.
Il lavoro del sig. Rufin e dei suoi allievi ha edificato le basi materiali che hanno reso possibile una grande opera di civilizzazione.
La scuola della Missione ha potuto dare ai ragazzi quell'educazione Cristiana di cui sono orgogliosi, perché hanno capito l'importanza dei valori del Vangelo. Nessuno di questi giovani ha seguito la strada dei briganti e la ferocia dei famosi “malaso” [briganti] di Jangany è destinata, speriamo, a restare solo tra i brutti ricordi del passato.
Rimarrà vivo tra la gente di Jangany il ricordo della convinzione e della passione con cui il sig. Rufin affrontava il lavoro e lo portava a compimento. Si sentiva parte viva della Missione ed era entusiasta nel costruire le strutture che servivano per portare il Vangelo alla gente della brousse.
La Missione di Jangany ha come Patrono san Giuseppe. Il sig. Rufin, dopo aver portato a termine la nuova chiesa, è stato chiamato dal Signore proprio nel giorno della festa di san Giuseppe, il 19 marzo 2021, nel suo 60 anno di età.
Dio saprà ricompensare in modo pieno il suo servo fedele. Siamo certi che rivolgerà a lui quelle consolanti parole:
“Vieni, servo buono e fedele: entra nella gioia del tuo Signore” (Mt.25,21).
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jangany · 3 years
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IL SIGNOR RAZANAKOTO RUFIN Grande Capo-cantiere della Missione di Jangany di padre Tonino Cogoni
 Fin dal suo inizio, nel 1996, la Missione di Jangany ha avuto come capi-cantiere il sig. Léon e suo fratello minore Rufin.
Li ho conosciuti già dai primi anni del mio lavoro in Madagascar, mentre risiedevo ancora a Betroka e visitavo la "Brousse del nord", dove si trovava il piccolo villaggio di Jangany, che in seguito avrei scelto come sede di un nuovo Centro Missionario.
Questi due fratelli muratori venivano da Fianarantsoa e lavoravano a Betroka per conto di un impresario musulmano detto "Doudou" e di suo figlio Nissat, con cui avevo fatto amicizia. Costruivano alcuni locali del lebbrosario delle Suore Nazarene di Betroka. Quando mi impegnai a costruire due aule scolastiche per l'istruzione di un centinaio di bambini analfabeti che scorribandavano per le strade di Betroka, chiesi a Nissat dei muratori ed egli mi diede i due fratelli Léon e Rufin.
Fin dalle prime settimane di lavoro, vidi che erano dei muratori ingamba. Quando spiegai loro il mio progetto, notai che erano molto interessati alla motivazione per cui mi davo da fare: aiutare i bambini più poveri di Betroka a uscire dall'analfabetismo.
Lavorammo con buona intesa. In pochi mesi, le due aule scolastiche furono pronte ed ebbero inizio i corsi di alfabetizzazione. Mi fece piacere vedere la convinzione con cui i due muratori prendevano parte all'opera del Mompera per aiutare i più poveri. Le due aule da loro costruite, gestite dalle Figlie della Carità di Betroka, lavorano ancora oggi, dopo più di 30 anni, per sostenere nello studio i bambini più poveri.
Arrivò il tempo di dare inizio al progetto che, pian piano, avevo elaborato per la brousse di Betroka-nord. Si trattava di costruire un nuovo Centro Missionario con sede nel minuscolo villaggio di Jangany, conosciuto solo per la feroce cattiveria dei suoi briganti. Lo scelsi per la sua posizione centrale nel territorio, ma anche per una specie di sfida: vediamo se la luce del Vangelo e della civilizzazione riescono a spuntarla sulla ferocia dei briganti.
Diedi ai 2 muratori la notizia che dovevo andare a vivere nella savana per far sorgere una Nuova Missione a 100 km da Betroka. Spiegai loro che il progetto prevedeva la costruzione di molte aule scolastiche per far uscire dall'analfabetismo tutti i 3.000 bambini di quel vasto territorio, ma in quella savana non c'era nessuno che conoscesse il cemento e i mattoni cotti.
Dissi che avrei avuto bisogno del loro lavoro, ma che non osavo chiedere loro di venire con me, perché la brousse in cui andavo a vivere era molto disagiata, selvaggia e senza strade.
Mi guardarono in silenzio con un senso di compassione, poi Léon disse: «Mompera, tu sei venuto da oltre-oceano (an-dafy) per aiutare noi malgasci e noi che siamo di qui non possiamo lasciarti solo». Rufin aggiunse subito: «Dobbiamo cercare di aiutarti». Non feci commenti a queste parole, ma in silenzio gustai la gioia di vedere in questi operai la vocazione missionaria. Si scambiarono alcune parole, poi mi dissero concordi: «Oggi parliamo con le nostre mogli e domani ti daremo una risposta».
L'indomani vennero a trovarmi molto presto e mi dissero: «Le nostre mogli sono d'accordo con noi: siamo contenti di venire a lavorare con te». Non nascosi loro la mia gioia. Essendo però tanto sorpreso per aver ricevuto un dono così grande, domandai loro: «Ma avete spiegato bene alle vostre mogli le condizioni disagiate della brousse?».
Mi risposero senza esitazione: «Non ti preoccupare, Mompera, conosciamo bene la situazione della brousse». Vedendo in loro questo spirito missionario, dissi con determinazione: «Prepariamoci subito e partiamo al più presto».
Così venimmo insieme a Jangany. Ci accampammo in tre capanne già esistenti accanto alla chiesetta e iniziammo l'avventura. Era il 1996, centenario del secondo arrivo dei Missionari di san Vincenzo nel Madagascar (1896). In quello stesso anno, tra maggio e settembre, sorsero le prime due aule scolastiche ed il 7 ottobre, festa della Madonna del Rosario, partì, come una navicella in cerca di un nuovo mondo, la scuola "Santa Maria".
Si andò avanti senza esitazione con la costruzione delle 6 aule scolastiche delle Elementari, delle 3 aule delle Materne e delle 4 aule delle Medie. Si continuò con la costruzione della casa delle suore e della casa dei missionari. Si costruì poi il Collegio per gli scolari provenienti dai villaggi della brousse e infine la Direzione della scuola e il Dispensario.
Passarono così 20 anni. Lungo quel periodo, morì il fratello maggiore Léon e la direzione dei lavori fu portata avanti da Rufin. Il cantiere, mentre costruiva le scuole, era diventato anche un'ottima scuola di costruzioni.
Decine di giovani di Jangany impararono il mestiere del muratore e poterono andare a lavorare fino alla capitale Antananarivo.
In questi ultimi 5 anni, si affrontò anche la costruzione della nuova chiesa e delle aule del Liceo. La chiesa fu portata felicemente a termine dalla squadra di Rufin, mentre i locali del Liceo poterono essere affidati all'opera delle nuove squadre dei suoi discepoli, i quali sono ormai in grado di continuare con competenza i lavori necessari.
Sono passati ormai 25 anni da quando iniziammo l'avventura. Durante questo tempo, sono passati nelle scuole più di 2.000 ragazzi. I giovani di Jangany e della sua brousse sono usciti dall'analfabetismo. Il lavoro del sig. Rufin e dei suoi allievi ha edificato le basi materiali che hanno reso possibile una grande opera di civilizzazione. La scuola della Missione ha potuto dare ai ragazzi quell'educazione Cristiana di cui sono orgogliosi, perché hanno capito l'importanza dei valori del Vangelo. Nessuno di questi giovani ha seguito la strada dei briganti e la ferocia dei famosi "malaso" [briganti] di Jangany è destinata, speriamo, a restare solo tra i brutti ricordi del passato.
Rimarrà vivo tra la gente di Jangany il ricordo della convinzione e della passione con cui il sig. Rufin affrontava il lavoro e lo portava a compimento. Si sentiva parte viva della Missione ed era entusiasta nel costruire le strutture che servivano per portare il Vangelo alla gente della brousse.
La Missione di Jangany ha come Patrono san Giuseppe. Il sig. Rufin, dopo aver portato a termine la nuova chiesa, è stato chiamato dal Signore proprio nel giorno della festa di san Giuseppe, il 19 marzo 2021, nel suo 60 anno di età.
Dio saprà ricompensare in modo pieno il suo servo fedele. Siamo certi che rivolgerà a lui quelle consolanti parole:
"Vieni, servo buono e fedele: entra nella gioia del tuo Signore" (Mt.25,21).
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donato33 · 3 years
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IL GRANELLINO🌱 (Lc 1,46-55) Se ti senti inutile e insignificante è perché non hai permesso al Signore di fare grandi cose nella tua vita. Oggi, come la Vergine Maria, posso dire che il Signore ha fatto meraviglie nella mia vita. Non sono nato in una famiglia ricca e benestante, in una famiglia di professionisti. Mia madre non sapeva né leggere né scrivere, ma eravamo una famiglia unita nell'amore. Il Signore mi ha chiamato alla vita, alla fede, al sacerdozio, ad essere pastore di comunità parrocchiali, a predicare il Vangelo in tutta l'Italia, a scrivere libri di spiritualità, a parlare in TV locali, ospite di Radio Maria da molti anni, a scrivere commenti dei Vangeli domenicali su alcuni giornali, a pubblicare IL GRANELLINO su WHATSAPP che si è ramificato fino ai confini della terra. Non bastava tutto questo: ora da un anno il Signore mi ha affidato la parrocchia più grande d'Europa. Ho dimenticato di dirvi che da decenni, sono il Direttore della rivista di spiritualità dei Padri Vocazionisti che si chiama SPIRITUS DOMINI. Un'altra cosa: il Signore ha permesso che io predicassi corsi di esercizi spirituali a gruppi di preti e a comunità di suore. Di tutto questo lodo e benedico il Signore. Davvero il Signore ha fatto grandi cose per me e avrebbe fatto cose ancora più grandi per me, se fossi stato più fedele all'amore del Signore. A Lui gloria, onore e potenza. Amen. Amen. Alleluia. (Padre Lorenzo Montecalvo dei Padri Vocazionisti) PS. Per NATALE regalati e regala uno dei seguenti libri di Padre Lorenzo: L'AMORE GUARISCE....LA PERLA PERDUTA....VIENI, SPIRITO SANTO!...APRITE IL CUORE A CRISTO...IL MATRIMONIO È A VITA...DOVE E CON CHI?...LE DUE VIE...SEMI D'AMORE...IL GRANDE REGISTA...IL SEMINATORE…CARO DON...(un regalo da fare ai preti). Un libro può cambiare la vita di una persona. Per ordinarli, potete telefonare o inviare la richiesta via whatsapp ai seguenti numeri: 331 3347521 - 3493165354 - 3388265226. (presso Apricena) https://www.instagram.com/p/CJGCcyGrC6I/?igshid=522x24ksa0jo
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incamminoblog · 29 days
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Parrocchia Santa Maria della Pietra OMELIA SABATO SANTO
OMELIA SABATO SANTO – ANNO B 2024 Quando muore qualcuno, soprattutto se è giovane, a volte penso ad una domanda che spesso ripetiamo: ”Il peggio è di chi rimane o di chi se ne va?”Facevo questa riflessione.Il peggio è di chi rimane se ha vissuto tutta la sua speranza in quella persona.Come già vi facevo questa riflessione nella festa della Madonna della Pietra dell’anno scorso, alla Messa del…
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ilfalcoperegrinus · 9 months
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ASIMMETRIA DEL REGNO DEI CIELI
ASIMMETRIA DEL REGNO DEI CIELI, un commento al vangelo della XVI domenica del T.O. disponibile anche come audio-commento e con testo tradotto in lingua spagnola, entrando nella sezione "Commenti al vangelo" del menu principale
XVI DOMENICA DEL T.O. anno A (2023) Sap 12,13.16-19; Rm 8,26-27; Mt 13,24-43 https://predicatelosuitetti.files.wordpress.com/2023/07/xvi-domenica-del-t.o.-anno-a-2023.mp3 Gesù espose alla folla un’altra parabola, dicendo: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e…
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michelemarongiu · 1 year
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Il vangelo inizia il suo viaggio
Rieccomi al blog dopo una lunga assenza. È stato ed è ancora un periodo molto (troppo forse) impegnativo questo. Privandomi di un po’ di sonno sono però riuscito a scrivere i commenti al vangelo che mi ha chiesto il settimanale diocesano di Como che si chiama, senza esagerati sforzi di fantasia, “Il Settimanale”. Per sei domeniche dal 22 gennaio in poi. Sono molto grato ai responsabili della…
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spettriedemoni · 6 years
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Prof G. Saraceni
Parlando di migranti.
La mia risposta collettiva ai vostri deliranti commenti.
1) “Perché non li ospiti a casa tua?”
Livello del commento: “seconda media ripetente”, ma sfrutta l’espressione “a casa tua” che, a quanto pare, manda molta gente letteralmente in visibilio, quindi ha grandissimo successo.
Risposta: perché pago da sempre fino all’ultimo centesimo di tasse e mi farebbe tanto piacere che lo Stato usasse i miei soldi per dare accoglienza ai disperati nel rispetto della Costituzione, del Vangelo che Salvini portò in campagna elettorale e del Diritto Internazionale.
Tu, invece, quando pretendi che siano rimpatriati cosa fai, prendi il gommone e li riporti a casa a gruppi di tre?
2) “E allora Malta?”
Livello del commento: terza elementare. Nasce dal più antico “e allora il piddì?” che a sua volta prende spunto dal vetusto “e i marò?” che fu generato dal vero capostipite: “e allora le foibe?”. Si tratta di un penoso tentativo di rimbalzare continuamente tutte le colpe “altrove”. Siete forza di opposizione al Gorverno, prendetevi le vostre responsabilità per una dannata volta!
La vita non è una valutazione comparativa.
Risposta: Malta ha meno abitanti di Napoli e un altissimo rapporto migranti/cittadini. Parliamo di 38,1 migranti ogni mille abitanti. In Italia il rapporto è di 5 su 1.000. Se ciò non bastasse, io lavoro in Italia, voto in Italia e pago le tasse in Italia. Scusatemi se mi preoccupo prima di tutto di quello che fanno i nostri politici.
Quando provi a farglielo notare ti rispondono che anche Lampedusa è piccola, chiarendo che per loro l’Italia finisce a Firenze.
3) Lei non può dire queste cose perché non è democratico!
Livello del commento: Salvini.
Risposta collettiva: la democrazia è quel sistema di governo che tutela, tra le altre cose, anche la libertà di espressione del pensiero. Diritto del quale tutti fanno l’uso che più ritengono opportuno - in particolare i leghisti. Quindi non mi sembra il caso di venire qui a fare la lagna se qualcuno si permette di criticare la vostra geniale politica internazionale utilizzando un linguaggio ben più signorile di quello che usate voi da sempre.
Detto questo, su una barca ci sono più di seicento persone che hanno viveri per tre giorni e aspettano di essere salvate.
Per ora abbiamo una sola priorità.
Cialtroni
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tiseguiro · 3 years
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Attenzione
di MichaelDavide Semeraro
La lettura del Vangelo secondo Luca è come se accelerasse il nostro battito cardiaco come quando un’emozione forte ci prende il cuore e l’anima. La risposta che il Signore Gesù dà ai farisei arriva direttamente nell’intimo e nella verità delle nostre attese e dei nostri desideri più profondi:
«Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione» (Lc 17,20).
Questo proprio perché esso si offre come una realtà, piccola e fragile, che ha bisogno di tutta la nostra attenzione senza che si voglia imporre assolutamente all’attenzione di nessuno. La parola del Signore Gesù ci mette in guardia da ogni appariscenza e da ogni schiacciante evidenza, per confermare ancora una volta il segno distintivo della via del Vangelo. Lo stile inconfondibile del Vangelo lo si può evincere dalla discrezione e da un modo di presenza che non ha nulla a che fare con il presenzialismo e una sorta di ricerca continua di evidenze schiaccianti cui non si dovrebbe poter resistere.
Al contrario dell’evidenza e dell’appariscenza, il Signore ci apre davanti la via di un’apertura al mistero della sua presenza fatta di delicatezza e d’amore, di intimità e della discrezione che è propria dell’amore. Per questo come discepoli siamo messi in guardia:
«non andateci, non seguiteli. Perché come la folgore, guizzando, brilla da un capo all’altro del cielo, così sarà il Figlio dell’uomo nel suo giorno» (17,24).
Un testo che ha nutrito la devozione e il combattimento spirituale di intere generazioni cristiane ricorda che: «Se gli avrai preparato, dentro di te, una degna dimora, Cristo verrà a te e ti offrirà il suo conforto. Infatti ogni lode e ogni onore, che gli si possa fare, viene dall'intimo; e qui gli piace abitare. Per chi ha spirito di interiorità è frequente la visita di Cristo; e, con essa, un dolce discorrere, una gradita consolazione, una grande pace, e una familiarità straordinariamente bella. Coraggio dunque, prepara il tuo cuore a questo sposo, cosicché si degni di venire presso di te e di prendere dimora in te» (Imitazione di Cristo, libro II, cap. 1,1-2).
Un simile atteggiamento di intimità non ha niente a che fare con forme malaticce di intimismo. La prima lettura di quest’oggi, infatti, ci dà tutta la misura della rivoluzione evangelica che, pur non rivoluzionando nulla e rispettando le strutture e le dinamiche vigenti, le trasforma radicalmente, rifondandole sui principi evangelici della libertà e dell’amore. Scrivendo al suo discepolo Filemone, l’apostolo Paolo intercede per l’altrettanto suo discepolo Onesimo, ponendosi così all’incrocio di relazioni difficili come quella di uno schiavo fuggitivo dal suo padrone, fino a trasfigurarle attraverso un amore fattivo e concreto:
«pur avendo in Cristo piena libertà di ordinarti ciò che è opportuno, in nome della carità piuttosto ti esorto» (Fm 8-9).
Paolo non richiede a Filemone se non ciò che è disposto a offrire e a vivere in prima persona: «Se dunque tu mi consideri amico, accoglilo come me stesso» (17). Solo la «folgore» (Lc 17,24) di un amore dato fino in fondo è segno del passaggio e dell’avvento del Regno di Dio in mezzo a noi perché dentro di noi: «Ma prima è necessario che egli soffra…» (17,25).
https://www.nellaparola.it
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Lectio Divina
Giovanni 3,16-21
Mercoledì, 22 Aprile, 2020
Tempo di Pasqua
1) Preghiera
O Padre, che nella Pasqua del tuo Figlio
hai ristabilito l’uomo nella dignità perduta
e gli hai dato la speranza della risurrezione,
fa’ che accogliamo e viviamo nell’amore
il mistero celebrato ogni anno nella fede.
Per il nostro Signore Gesù Cristo...
2) Lettura
Dal Vangelo secondo Giovanni 3,16-21
In quel tempo, Gesù disse a Nicodemo: “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui.
Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere. Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio”.
3) Riflessione
• Il vangelo di Giovanni è come un tessuto fatto di tre fili diversi, ma simili. I tre si combinano così bene tra di loro che, a volte, non si riesce a capire quando si passa da un filo all’altro. (a) Il primo filo sono i fatti e le parole di Gesù degli anni trenta, conservati dalle testimonianze oculari che guardavano le cose che Gesù fece ed insegnò. (b) Il secondo filo sono i fatti della vita delle comunità. Per la loro fede in Gesù e convinte della sua presenza in mezzo a loro, le comunità illuminavano il loro cammino con le parole e i gesti di Gesù. Questo ha un’incidenza sulla descrizione dei fatti. Per esempio, il conflitto delle comunità con i farisei della fine del primo secolo segna il modo di descrivere i conflitti di Gesù con i farisei. (c) Il terzo filo sono i commenti fatti dall’ evangelista. In certi passaggi, è difficile percepire quando Gesù smette di parlare e l’evangelista comincia ad intrecciare i suoi commenti. Il testo del vangelo di oggi, per esempio, è una riflessione bella e profonda dell’evangelista sull’azione di Gesù. La gente quasi non percepisce la differenza tra il parlare di Gesù e quello dell’evangelista. Comunque, sia l’una che l’altra, sono parole di Dio.
• Giovanni 3,16: Dio amò il mondo. La parola mondo è una delle parole più frequenti nel vangelo di Giovanni: 78 volte! Ha vari significati. In primo luogo mondo può significare la terra, lo spazio abitato dagli esseri umani (Gv 11,9; 21,25) o anche l’universo creato (Gv 17,5.24). Mondo può anche significare le persone che abitano questa terra, tutta l’umanità (Gv 1,9; 3,16; 4,42; 6,14; 8,12). Può significare anche un gruppo grande, un gruppo numeroso di persone, come quando parliamo di “tutto il mondo” (Gv 12,19; 14,27). Qui, nel nostro testo la parola mondo ha anche il senso di umanità, tutto l’essere umano. Dio ama l’umanità in modo tale che dona il suo figlio unico. Chi accetta che Dio giunga fino a noi in Gesù, è già passato per la morte ed ha la vita eterna.
• Giovanni 3,17-19: Il vero senso del giudizio. L’immagine di Dio che appare nei tre versi è quella di un padre pieno di tenerezza e non di un giudice severo. Dio manda il suo figlio non per giudicare e condannare il mondo, ma affinché il mondo si salvi per mezzo di lui. Chi crede in Gesù e lo accetta come rivelazione di Dio non è giudicato, perché già è accettato da Dio. E chi non crede in Gesù è già stato giudicato. Si esclude da sé. E l’evangelista ripete ciò che ha già detto nel prologo: molte persone non vogliono accettare Gesù, perché la sua luce rivela la cattiveria che esiste in loro (cf. Gv 1,5.10-11).
• Giovanni 3,20-21: Praticare la verità. In ogni essere umano, c’è un seme divino, un tratto del Creatore. Gesù, rivelazione del Padre, è una risposta a questo desiderio più profondo dell’essere umano. Chi vuole essere fedele a ciò che ha di più profondo in sé, accetta Gesù. E’ difficile incontrare una visione ecumenica più vasta di quella che il vangelo di Giovanni esprime in questi versi.
• Completando il significato della parola mondo nel Quarto Vangelo. Altre volte, la parola mondo significa quella parte dell’umanità che si oppone a Gesù ed al suo messaggio. Lì la parola mondo assume il significato di “avversari” o “oppositori” (Gv 7,4.7; 8,23.26; 9,39; 12,25). Questo mondo contrario alla pratica di libertà di Gesù è comandato dall’Avversario o Satana, chiamato anche “principe di questo mondo” (Gv 14,30; 16,11). Rappresenta l’impero romano e, nello stesso tempo, i responsabili dei giudei che stanno cacciando i seguaci di Gesù dalle sinagoghe. Questo mondo perseguita ed uccide le comunità, recando tribolazioni ai fedeli (Gv 16,33). Gesù le libererà, vincendo il principe di questo mondo (Gv 12,31). Quindi, mondo significa una situazione di ingiustizia, di oppressione, che genera odio e persecuzione contro le comunità del Discepolo Amato. I persecutori sono quelle persone che hanno il potere, i dirigenti, sia dell’impero che della sinagoga. Infine, tutti coloro che praticano l’ingiustizia usando per questo il nome stesso di Dio (Gv 16,2). La speranza che il vangelo dà alle comunità perseguitate è che Gesù è più forte del mondo. Per questo dice: “Voi avrete tribolazioni nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!” (Gv 16,33).
4) Per un confronto personale
• Dio amò tanto il mondo che dette il suo proprio figlio. Questa verità è penetrata nel profondo del mio cuore, della mia coscienza?
• La realtà più ecumenica che ci sia è la vita che Dio ci ha dato e per cui ha dato il suo proprio figlio. Come vivo l’ecumenismo nel quotidiano della mia esistenza?
5) Preghiera finale
Benedirò il Signore in ogni tempo,
sulla mia bocca sempre la sua lode.
Io mi glorio nel Signore,
ascoltino gli umili e si rallegrino. (Sal 33)
https://ocarm.org/it/content/lectio/lectio-divina-giovanni-316-21
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anticattocomunismo · 4 years
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Quando i misericordiosi sparano addosso veleno
Nella sua rubrica su Avvenire, Gianni Gennari ci accusa di fomentare odio soltanto perché richiamiamo la dottrina cattolica (oltre che il buon senso). E il vescovo di Chioggia ci insulta dalle colonne del settimanale diocesano per un articolo che non ha gradito. Qualche domandina scomoda ai vertici dell'episcopato.
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di Riccardo Cascioli (13-12-2019)
Ieri mattina di buon’ora mi telefona un collega di un’altra testata: «Hai visto Avvenire oggi? Lupus in pagina (vale a dire la rubrica di Gianni Gennari, ndr) attacca ferocemente la Bussola». No, non l’avevo ancora visto. Ma rischia di diventare un’abitudine. Il giorno prima era stato un altro amico a mandarmi per conoscenza il pdf del settimanale della diocesi di Chioggia, La Nuova Scintilla, dalle cui colonne il vescovo Adriano Tessarollo lanciava anatemi alla Bussola e alla mia persona per l’articolo sulle suore costrette ad uscire dal monastero di Porto Viro. Gennari invece se l’è presa per l’articolo di Andrea Zambrano sulla protestantizzazione della diocesi di Milano.
Si potrebbe tranquillamente soprassedere sulle invettive di questi personaggi, però vale la pena riprendere i loro interventi perché sono rivelatori dell’atteggiamento di certi uomini di Chiesa che, mentre proclamano la Misericordia universale e si considerano anche più buoni e accoglienti di Gesù, sputano veleno su chiunque osi semplicemente criticare certi processi o avvenimenti. E ovviamente gli affibbiano l’etichetta di seminatori di odio. È esattamente ciò di cui Gennari accusa la Bussola. Zambrano aveva semplicemente rilevato che due pastori protestanti (marito e moglie) sono stati incaricati dalla diocesi di Milano di commentare i vangeli del giorno dal sito della diocesi a beneficio di altri preti e dei laici (commenti che vengono trasmessi anche dalla radio diocesana). E che, soprattutto nel giorno dell’Immacolata, il commento del pastore sfiorava la bestemmia: quella di Maria è stata definita una «maternità irregolare» e Gesù «un richiedente asilo». Zambrano ha quindi fatto notare che affidare il commento al Vangelo a un pastore protestante, seppure non durante la messa, «è cosa decisamente curiosa, per non dire eretica». Ovviamente non è solo la Bussola a vedere il problema, ci sono anche qualche decina di preti che hanno protestato in Curia. Ma per Gennari quanto scritto dalla Bussola è «una scarica di odio» e arriva addirittura ad evocare la “defenestrazione di Praga” (che diede il via nel 1618 alla Guerra dei trent’anni) per invitare a «buttare l’odio dalla finestra», probabilmente insieme agli odiatori.
Dovremmo dunque dedurre che per Gennari – e per il direttore di Avvenire che ha avallato il suo sproloquio – chi semplicemente richiama la dottrina della Chiesa è per se stesso un fomentatore di odio. Tutto sommato che lo sostenga Gennari, il quale vanta una lunga militanza contro il magistero della Chiesa, sorprende fino a un certo punto. Ma che lo sostenga dalle colonne del quotidiano dei vescovi lascia quanto meno interdetti. Vorremmo chiedere ai vertici della Conferenza episcopale italiana (Cei): se il richiamo della dottrina cattolica significa fomentare odio, in base a che cosa pretendete obbedienza e sequela dal popolo cattolico? E poi, chiariteci per favore di quale Chiesa si sta parlando. Gennari afferma che quella della Bussola è «una invettiva contro la Chiesa “ambrosiana”, evidentemente parte di “questa” Chiesa detta “francescana”». Detta “francescana” da chi? A noi risulta che ci sia solo una Chiesa, cattolica, che è di Cristo e che anche i papi devono seguire. Se la Cei ha deciso altrimenti che lo dica chiaramente, non lasci la comunicazione alle righe strampalate di un signore che scrive in modo più oscuro di Nostradamus. Anche se a Gianni Gennari dobbiamo almeno un riconoscimento e gratitudine: con queste note velenose ha infatti infranto un tabù di Avvenire: ha nominato esplicitamente la Nuova Bussola Quotidiana quando da anni nel giornale dei vescovi c’è la consegna rigida di non nominare mai la nostra testata.
Chi invece non ha paura di chiamarci per nome è il vescovo di Chioggia. Avevamo raccontato le vicende di alcune suore, che hanno subito un commissariamento e dopo un lungo braccio di ferro sono state costrette a uscire con ignominia dal monastero e oggi attendono ancora, dopo due anni, che sia fatta loro giustizia. Peraltro il nome del vescovo Tessarollo era stato appena sfiorato a proposito della prima visita apostolica inviata dalla Congregazione per gli Istituti di vita consacrata, ma tutto l’articolo verteva su ben altre questioni in cui il vescovo non era neanche nominato. Eppure, chissà perché, si è sentito punto sul vivo. E ha mollato i propri freni inibitori. Così dalle colonne del giornale diocesano da cui avrebbe dovuto confutare l’articolo del sottoscritto (che comunque confermo in toto), inizia così: «Cosa fosse la “Nuova Bussola”, ne avevo un’idea sufficiente per non “frequentarla”, chi fosse poi il sig. Riccardo Cascioli me ne sono fatto ora l’idea per confermarmi nell’idea di non perdere tempo a leggerlo». Il resto dell’articolo è infarcito di altri apprezzamenti del genere, si sottolinea la mancanza di credibilità del sottoscritto, si fanno insinuazioni su obiettivi inconfessabili che avrei (ma non dice quali) e si conclude in bellezza affermando che «il senso di questo mio intervento non è di parlare superficialmente delle vicende del monastero di allora (…), ma di sottolineare l’incompetenza professionale e la meschinità di intenzioni dell’estensore di detto immorale minestrone».
Certo, per uno che afferma ripetutamente di non essere mai stato coinvolto nelle vicende della comunità monastica, non c’è male. Figurarsi se fosse stato coinvolto. Ma viene da chiedersi se sia da considerare normale per un vescovo un linguaggio diffamatorio che non sarebbe consentito ad alcun giornalista o a chiunque altro. Forse il fatto di essere vescovo dà a qualcuno la sensazione di essere al di sopra di tutto e di tutti e di poter impunemente infangare le persone. Ne prendiamo atto. Del resto sappiamo che, come accadrà per noi, anche i vescovi dovranno rispondere di quel che dicono e fanno a Qualcuno ben più importante del sottoscritto. Meglio che si preoccupino di Lui piuttosto che della Bussola.
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