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#destra de noantri
toscanoirriverente · 2 years
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Piccola radiografia del pacifismo italico
… I cattolici
In questi mesi hanno oscillato parecchio, in sintonia con Papa Francesco. Il quale, per tutta la prima fase della guerra, ha fatto appello a Putin e a Zelensky come se fossero due belligeranti di pari grado e pari intenzioni bellicose, per di più il primo provocato dall’”abbaiare della Nato ai confini russi”. L’appoggio totale del Patriarca Kirill all’invasione russa, giustificata come missione sacra, l’accanimento barbaro contro la popolazione civile, l’appello di Putin a unirsi in crociata contro “l’Occidente satanico” hanno visibilmente spostato la posizione di Papa Francesco, come documentato dal drammatico discorso dell’Angelus del 2 ottobre: “la martoriata Ucraina” sta ora al centro di ogni sua presa di posizione.
D’altronde la Dottrina della Chiesa, sintetizzata nel Catechismo della Chiesa Cattolica, dedica alla “legittima difesa” i paragrafi dal 2263 al 2267.
Il n. 2265 afferma: “La legittima difesa, oltre che un diritto, può essere anche un grave dovere, per chi è responsabile della vita di altri. La difesa del bene comune esige che si ponga l'ingiusto aggressore in stato di non nuocere. A questo titolo, i legittimi detentori dell'autorità hanno il diritto di usare anche le armi per respingere gli aggressori della comunità civile affidata alla loro responsabilità”. Dunque, diritto/dovere di resistenza, così da porre “l'ingiusto aggressore in stato di non nuocere".  
Al punto 2309 sono indicate le condizioni, alle quali è legittima una difesa militare: “Si devono considerare con rigore le strette condizioni che giustificano una legittima difesa con la forza militare. Tale decisione, per la sua gravità, è sottomessa a rigorose condizioni di legittimità morale. Occorre contemporaneamente:
che il danno causato dall'aggressore alla nazione o alla comunità delle nazioni sia durevole, grave e certo;
che tutti gli altri mezzi per porvi fine si siano rivelati impraticabili o inefficaci;
che ci siano fondate condizioni di successo;
che il ricorso alle armi non provochi mali e disordini più gravi del male da eliminare. Nella valutazione di questa condizione ha un grandissimo peso la potenza dei moderni mezzi di distruzione.
Questi sono gli elementi tradizionali elencati nella dottrina detta della ‘guerra giusta’.
La valutazione di tali condizioni di legittimità morale spetta al giudizio prudente di coloro che hanno la responsabilità del bene comune”.
Fin qui il Catechismo.
Allora, perché molti firmatari cattolici di molti Appelli si pongono invece nel mezzo tra Putin e Zelensky, negando però l’invio di armi agli Ucraini, di fatto esponendoli alla violenza bruta di un invasore?
La prima ragione è di tipo teo-ideologico: hanno semplicemente dimenticato “il peccato originale”, cioè lo sguardo realistico sull’uomo e sulla storia degli uomini, che è tipico della grande teologia patristica. Sant’Agostino scrive di “natura sauciata”, “ferita” dal peccato originale. Nell’antropologia cristiana è prevista la compresenza attiva del Bene e del Male nel cuore dell’uomo, anche se ottimisticamente il Male non vincerà, alla fine della Storia. Nelle religioni sumero-babilonesi e in Zoroastro, invece, si dà una contrapposizione metafisica eterna tra il Bene e il Male. A quanto pare, per il cristianesimo rousseauiano dei pacifisti l’Uomo è buono, la società è cattiva, soprattutto se fondata sul mercato capitalistico, di cui il commercio delle armi è solo una conseguenza. Se elimini il commercio delle armi, fiorirà la pace. Se poi elimini il capitalismo, allora sì, “Pacem in terris”! Peccato che il commercio delle armi nasca dalla guerra, non viceversa: la guerra che attraversa il cuore dell’uomo. Aboliamo la guerra? Certo. Straordinaria utopia, la cui realizzazione implica semplicemente un salto quantico morale nell’evoluzione della specie. Possibile? Sì, a condizione che l’utopia non diventi un alibi per chiudere gli occhi sull’aggressore di oggi.
Secondo alcuni, la colpa è, più radicalmente, del capitalismo, che ha sviluppato gli animal instintcs dell’uomo.  Detto in inglese, non per caso!
Tocchiamo la seconda ragione, più politico-ideologica: l’antimericanismo. Ha radici profonde nel mondo cattolico. Fin dal Sillabo del 1864 il liberalismo di origine anglo-sassone è una delle eresie condannabili insieme al socialismo e al comunismo. Il mondo anglosassone viene fatto coincidere con il protestantesimo, nemico della Chiesa cattolica. Così, ancora tra gli anni ’20 e ‘30, il Vaticano appoggia e si mischia con i regimi clerico-fascisti europei e latino-americani e diffida delle democrazie liberali. L’antiamericanismo si condensa politicamente nel 1949, in occasione della discussione in Parlamento sull’adesione dell’Italia alla Nato. Dall’11 al 20 marzo, in una seduta lunga ben 51 ore, caratterizzata da risse mai viste, l’adesione fu approvata, ma Dossetti, Gronchi, Gui erano fermamente contrari, così come lo stesso Mons. Montini, tutti su una posizione neutralista. Fu Pio XII a tagliare la testa al toro, in nome della difesa militare contro il comunismo ateo. Difficile indicare esattamente attraverso quali linee di discendenza personale questa posizione sia arrivata fino ai giorni nostri. Si allude genericamente al filone catto-comunista. In ogni caso, è questo filone l’erede oggettivo del neutralismo del secondo dopo-guerra.
I pacifisti di sinistra…
Se molti pacifisti cattolici conservano uno storico pre-giudizio negativo contro gli Americani, molti pacifisti di sinistra ne hanno uno positivo verso l’Unione sovietica/Russia. Che non significa esprimere una valutazione positiva dell’esperienza del “socialismo reale”. Continuano, però, a ritenere che la rivoluzione bolscevica abbia spezzato, una volta per sempre, l’ordine imperialistico e colonialistico mondiale, rappresentato nel ’17 dagli Inglesi, dai Tedeschi, dai Francesi e nel secondo dopoguerra dagli Americani. Un semplice esercizio mentale di contro-storia potrebbe far immaginare uno scenario in cui in Russia avesse vinto il socialdemocratico Kerenskij, l’Assemblea costituente già votata non fosse stata sciolta da Lenin… Come reazione ad una Russia democratica sarebbero insorti il fascismo e il nazismo? In ogni caso, alla Russia di Putin si continua ad attribuire la funzione weltgeschichtlich di Lenin. Alle spalle sta un giudizio inappellabile sugli Americani come “imperialisti”. Se non si può certificare che il pregiudizio filo-sovietico, coltivato anche da chi all’interno del PCI era antileninista e riformista, si sia trasformato, per inerzia storica, in pregiudizio filo-Putin, si deve certo constatare la continuità dell’antimericanismo storico della sinistra socialista e comunista del ’48. Dunque: magari non più filo-sovietici e, tampoco, filo-russi, ma certamente e indefettibilmente anti-americani. E poiché questi sono anche gli alfieri del modello di sviluppo capitalistico mondiale, che sta mettendo il pianeta a mal partito e che è stato adottato anche dal resto del mondo, Cina compresa, al pacifismo antiamericano si è aggiunto quello di origine ecologista. Se poi sopra vi si sparge lo zucchero a velo della rivolta ideologica woke contro l’Occidente imperialistico, colonialista, razzista, la torta é perfetta: il nemico siamo noi!
Il pacifismo bianco-rosso-bruno
In questi giorni, tanto le posizioni dei cattolici quanto quelle di sinistra quanto quelle “brune” alla Veneziani si sono fuse in un Manifesto, intitolato “Un negoziato credibile per fermare la guerra”, firmato da Antonio Baldassarre, Pietrangelo Buttafuoco, Massimo Cacciari, Franco Cardini, Agostino Carrino, Francesca Izzo, Mauro Magatti, Eugenio Mazzarella, Giuseppe Vacca, Marcello Veneziani, Stefano Zamagni.
I punti: 1) neutralità di un’Ucraina che entri nell’Ue, ma non nella Nato, secondo l’impegno riconosciuto, anche se solo verbale, degli Usa alla Russia di Gorbaciov dopo la caduta del Muro e lo scioglimento unilaterale del Patto di Varsavia; 2) concordato riconoscimento dello status de facto della Crimea, tradizionalmente russa e illegalmente “donata” da Krusciov alla Repubblica Sovietica Ucraina; 3) autonomia delle regioni russofone di Lugansk e Donetsk entro l’Ucraina secondo i Trattati di Minsk, con reali garanzie europee o in alternativa referendum popolari sotto la supervisione Onu; 4) definizione dello status amministrativo degli altri territori contesi del Donbass per gestire il melting pot russo-ucraino che nella storia di quelle regioni si è dato ed eventualmente con la creazione di un ente paritario russo-ucraino che gestisca le ricchezze minerarie di quelle zone nel loro reciproco interesse; 5) simmetrica de-escalation delle sanzioni europee e internazionali e dell’impegno militare russo nella regione; 6) piano internazionale di ricostruzione dell’Ucraina.
Si tratta di un manifesto senza verità storica e perciò anche senza giustizia.
Che la Russia abbia aggredito l’Ucraina, viene riconosciuto, ma non spiegato alla luce del disegno geopolitico che parte da lontano e che Putin non ha mai nascosto.  Quanto alla Crimea, la Storia ci avverte che il 1º dicembre 1991 si svolse il referendum sull’indipendenza dell’Ucraina, richiesto dal Parlamento ucraino per confermare “l'Atto di Indipendenza”, adottato dal Parlamento stesso il 24 agosto 1991.
Al referendum votarono 31.891.742 (l'84.18% dei residenti); 28.804.071 (il 90.32%) votarono "Sì". Nella maggioranza degli Oblast le percentuali andarono oltre il 90%, anche in quelle a melting pot a prevalenza russofono; in due o tre “soltanto” sopra il 75/80%. In Crimea – “regalata” da Krusciov alla Repubblica socialista sovietica ucraina il 17 giugno 1954 - la percentuale si fermò al 54,19%. Ma a Sebastopoli salì al 57% e a Odessa salì all’85%. Perché questa differenza della Crimea? Il 18 maggio del 1944 Stalin fece deportare l’intera popolazione tatara, che è la risultante dell’intreccio di molte etnie – circa 200 mila persone – verso l’Uzbekistan, il Kazakistan e altre località. Anche la comunità italiana fu deportata. L’accusa e la punizione: per collaborazionismo con i Tedeschi. Politica che Stalin ha praticato con ferocia anche nelle Repubbliche baltiche. I deportati morirono dal 30% al 46%, a seconda delle fonti statistiche. I sopravvissuti poterono tornare solo dopo il 1989, grazie a Gorbaciov. Intanto, Stalin ripopolò la Crimea di etnia russa. Ecco spiegato il mistero.
Il testo del Manifesto sostiene che la Crimea fu regalata illegalmente all’Ucraina. In base a quale criterio si definisce illegale la donazione, dentro un sistema dove non c’era nessuna legalità nei rapporti tra le Repubbliche? Se le linee di confine tra gli Stati sono definite da quelle etniche, la Crimea non è mai stata russa. Se sono definite dai Trattati e dai riconoscimenti internazionali – cioè dal Diritto internazionale – allora la Crimea è stata russa solo dal 1921 fino al 1991, quando se n’è andata insieme all’Ucraina. Le uniche linee di confine che contano tra gli Stati sono quelle stabilite dai Trattati. Così il 5 dicembre del 1994 venne firmato – non solo detto a voce, come sostiene per ignoranza o malafede il Manifesto succitato - il Memorandum di Budapest, in cui la Russia, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna – successivamente vi si aggiunsero anche Cina e Francia – garantivano sicurezza, indipendenza e integrità territoriale dell’Ucraina, in cambio della sua rinuncia alle armi nucleari: ne aveva 1800! Nel 1997, a Parigi, la Russia e la Nato firmano l’Atto fondativo, in cui Mosca accetta l’espansione della Nato a Est, in cambio di una rinuncia della Nato a dispiegare “forze da combattimento significative” e a schierare armi nucleari nell’Europa orientale.
Il testo del Manifesto dimentica poi di dire che Putin ha annesso illegalmente, lui sì!, la Crimea nel 2015 ed ha scatenato la guerriglia civile nel Donbass.
Quanto al pericolo nucleare, la cui minaccia è agitata da Putin per piegare gli Ucraini e chiunque li aiuti, il Manifesto dimentica che dal 1949 in avanti la pace atomica nel mondo è stata garantita dalla MAD (Mutual Assured Destruction), che continua a funzionare come garanzia reciproca. Piacerebbe tanto poter fondare la convivenza dei popoli su fondamenta mento terribili, ma queste esistono e non consentono a nessuno di ricattare ogni altro. Eccetto, si intende, i nostri ricattabilissimi intellettuali.
… i pacifisti di destra
A destra si collocano gli eredi ideologici – consapevoli? - di Terza posizione, fondata nel 1978, che si dichiarava equidistante sia dal comunismo sia dal capitalismo imperialista.
I loro attuali eredi sostengono posizioni suprematiste, xenofobe, ultranazionaliste, teocratiche. La vicinanza con l’ideologia di Putin e del Patriarca Kirill è evidente.
Chi sono gli eredi? Intanto i gruppuscoli della galassia estrema, che ha come riferimento Fratelli d’Italia, anche se, nel caso specifico, non si riconoscono nell’atlantismo di Giorgia Meloni.
E poi Salvini. Che è filo-putiniano per comune ostilità putiniana alla democrazia liberale e per interessi “commerciali” più immediati. Si deve solo ricordare che, in occasione dell’annessione della Crimea, il Consiglio regionale della Lombardia e quello del Veneto hanno votato mozioni a favore dell’annessione. Esiste una base socio-culturale profonda del pacifismo neutralista leghista: il sovranismo. Che consiste nello starsene alla larga dalla storia del mondo, qualsiasi cosa accada dentro il quadro geopolitico-mondiale. Rispecchia una mentalità italiana, cresciuta negli anni, fatta di disinteresse, di egoismo provinciale, che non ritiene che ciò che succede nelle capitali estere possa/debba toccarci.
Quanto a Berlusconi è filo-putiniano per interessi commerciali e per nostalgia senile. Come dimenticare il suo ruolo giocato il 28 maggio 2002, quando nella base dell’aeronautica militare italiana di Pratica di Mare, vicino a Roma, furono firmati degli accordi fra la Russia e la NATO, quando Berlusconi  “costrinse” Bush jr. e Putin a darsi la mano? Certo lui non dimentica. Si vanta di “aver posto fine  a 50 anni di guerra fredda”. Che, ad onor del vero, aveva incominciato a finire sulle rive del lago di Ginevra nel gennaio 1985, con la passeggiata di Reagan e Gorbaciov, che fu ratificata il 29 maggio 1988 con la firma del Trattato INF e che finì, oggettivamente, con lo scioglimento dell’URSS l’8 dicembre 1991.
Tutti questi strati di pacifismo hanno in comune una piattaforma:
fermare la guerra, negando i mezzi agli Ucraini per opporsi militarmente all’esercito invasore;
concedere a Putin la parte già occupata: Crimea e Donbass.
Si tratta delle stesse condizioni che Putin stesso pone per smettere.
Come ci si possa interporre tra due belligeranti, assumendo integralmente le pretese di una parte, si dovrebbe chiedere ai catto-pacifisti, a Conte, alla sinistra radicale e a quella parte di PD che lo seguirà in piazza, ai catto-rosso-bruni, tutti in piazza il 5 novembre prossimo per la pace.
Come si possa essere ciechi di fronte alla guerra di liberazione nazionale degli Ucraini si dovrebbe chiedere:
a tutti coloro che hanno giustamente sfilato per decenni contro la violazione della sovranità nazionale degli Stati, operata a turno dalle Potenze grandi e piccole;
a tutti coloro che agitano il vessillo sovranista.
Le condizioni possibili per la pace sono molto semplici:
i Russi se ne devono tornare oltre confine;
la sicurezza della Russia deve essere costruita nell’ambito di Trattati di sicurezza collettiva, quale quello siglato a Pratica di Mare nel Maggio 2002, regnante Berlusconi, violato da Putin con l’invasione della Georgia nel 2008, con l’intervento in Siria, con l’annessione della Crimea il 20 febbraio 2014 e del Donbass  a fine settembre 2022. Nel luglio del 1878 la Conferenza di Berlino, convocata da Bismarck, sistemò con una seri di Trattati di assicurazione e di contro-assicurazione le relazioni tra tutte le Potenze europee. La pace durò fino al 1914. Occorre riprendere Pratica di Mare.
Le questioni interne dell’Ucraina vanno lasciate agli Ucraini, con eventuali garanzie internazionali per le minoranze. L’accordo De Gasperi-Gruber del 1946 continua ad essere un modello valido ancora oggi per gestire, all’interno di uno Stato, la presenza di una minoranza etnica. Far saltare i confini di diritto internazionale per seguire i meandri delle linee etniche dentro ogni singolo Stato sovrano porta alle pulizie etniche, ai massacri balcanici dei non lontani anni ’90 del secolo scorso.
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olafoel · 4 months
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News
15/02/2020 00:14
POLITICA
Il matematico e futurologo Roberto Vacca, con il suo Il Medioevo prossimo venturo, aveva previsto le pandemie di oggi fin dal 1972
di Riccardo Ruggeri Zafferano.news
A caso prendo un giornale di metà gennaio 2020 e leggo, così alla rinfusa: 1. Monica Bellucci annulla la sua partecipazione a Sanremo. 2. Il misterioso virus cinese potrebbe trasmettersi da uomo a uomo (già 15 morti). Oms convoca una riunione di emergenza. 3. Assolto il vigile urbano di Sanremo che timbrava il cartellino in mutande.
Venti giorni dopo, sullo stesso quotidiano leggo: 1. Il Festival di Sanremo è finito con l'exploit di Achille Lauro (non è parente del celebre comandante napoletano: scambiava voti con scarpe, la sinistra prima del voto, la destra dopo i risultati).
2. L'Oscar è andato a sorpresa a un film sudcoreano (Parasite) che ha un Morandi nella colonna sonora.
3. I morti in Cina per coronavirus sono diventati circa 100 volte tanto.
Secondo gli scienziati abbiamo una sola certezza: tutto è nato nei mercati degli animali vivi (non sappiamo quali animali). Si dice perché non chiuderli? Impossibile, la struttura agricola-alimentare della Cina si basa da sempre su questo modello, e gli agricoltori sono 500 milioni (sic!), gli abitanti dell'Europa. Le strategie in Cina sono sempre state condizionate dai numeri.
Prendo il Corriere del Ticino di 100 anni fa (31 gennaio 1920) e leggo «Uscito il decreto governativo che vieta, con effetto immediato, tutte le feste danzanti come misura preventiva alla diffusione dell'influenza epidemica in essere (era appena finita la Spagnola, 25 mila morti nella piccola Svizzera)». Leggendo tutte queste notizie, per non so quale associazione di idee, mi è tornato alla mente un vecchio saggio (1971) del matematico Roberto Vacca dal titolo Il Medioevo prossimo venturo. In estrema sintesi, il professore ipotizzava una prossima regressione della civiltà, proiettata verso un mondo dominato dalla povertà e dalle malattie, quindi percorso da lotte selvagge per la sopravvivenza. Gran parte degli accademici lo liquidò come parascientifico, collocandolo nel filone post catastrofistico, una specie di saga Mad Max de noantri. A me invece piacque.
In realtà il ragionamento di Vacca si basava su rigorose analisi matematiche che confermavano come la civiltà umana si articolasse e si sviluppasse secondo fasi cicliche, che contengono pensieri, situazioni, atteggiamenti, secondo l'immortale principio «La storia ci insegna che la storia non ci insegna nulla». Quello che Vacca non aveva previsto era l'altissima velocità alla quale il processo di sviluppo, in realtà degrado secondo i suoi calcoli, stava marciando. In effetti, negli ultimi trent'anni (il periodo del Ceo capitalism) abbiamo concentrato la ripetizione di eventi in passato durati secoli. Ne cito alcuni: il desiderio di piccole patrie, il ripudio di Regni o di Imperi globalizzati, la paura delle invasioni barbariche, la crescita dell'intolleranza, il terrore dell'estremismo religioso, la distruzione della famiglia e dei suoi valori, il ripudio della cultura come modalità di crescita (pochi leggono, tanti parlano, per cui siamo governati da ignoranti che si credono competenti). E ora è arrivato, per la terza volta, il virus asiatico, con tanto di untori e di monatti, con lazzaretti fatti in pochi giorni, spacciati per ospedali.
Che fare? La vista di Xi Jinping che indossa la mascherina e si sottopone ai protocolli sanitari immagino sia stata per lui politicamente imbarazzante. I cinesi più sprovveduti credevano che un Dio fosse esente dai virus degli umani. Costretti in questi anni al nazi-programma del riconoscimento facciale, si prendono una piccola vendetta, la mascherina coprente il viso restituisce loro la dignità della riservatezza, ridicolizzando l'algoritmo.
Osservandolo, Xi mi ha ricordato l'Imperatore Hirohito terrorizzato di essere processato come criminale di guerra (lo era, eccome!) e salvato dal generale Douglas MacArthur. Quando poi il popolo cinese dovesse fare un parallelo Wuhan-Chernobyl per Xi sarebbe la fine. L'Impero sovietico, e la sua casta di politici criminali, caddero per menzogne radioattive, identiche a queste. Intanto il processo ipotizzato dal professor Vacca accentua la velocità di caduta del modello. Chi conosce la Storia sa che dopo il Medioevo 2.0 arriverà il Rinascimento 2.0. Io non lo vedrò, ma i miei nipotini sì, avranno questo privilegio. E saranno felici, lo spero di cuore
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giancarlonicoli · 9 months
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3 ago 2023 18:41
CENTRO SPERIMENTALE 'CHIAGNI E FOTTI' - INVECE DI GRIDARE ALLA "VIOLENZA" PER AVER MANDATO A CASA IL PRESIDENTE MARTA DONZELLI (MA CORSI E DOCENTI NESSUNO LI TOCCA), PERCHE' I VARI CAPOTONDI, MORETTI, LUCCHETTI E COMPAGNI NON REPLICANO AI DISASTRI DELLA GESTIONE DONZELLI, TRA L'ALTRO PRODUTTRICE DI FILM IN PROPRIO? - OGGI IL POLVERONE VIENE ALIMENTATO SUI GIORNALONI DA QUEL MONDO DI CINEASTI CHE VEDE POLVERIZZARSI L'INSOSTENIBILE CUCCAGNA DI FINANZIAMENTI STATALI DI CUI HANNO GODUTO FINORA I LORO FILMETTI (UNA MONTAGNA DI DENARO PUBBLICO CHE OSCURA IL REDDITO DI CITTADINANZA) -
DAGOREPORT
Le roventi polemiche sul Centro Sperimentale di Cinematografia, alimentate sui giornaloni da quel mondo di cineasti che vede polverizzarsi la cuccagna di finanziamenti statali di cui hanno goduto finora i loro filmetti, merita di rispolverare la poetica frase del filosofo romano Stefano Ricucci: ‘’So’ tutti bravi a fare i froci con il culo degli altri”.
Massì, finiamola di prenderci per le chiappe: la nomina del presidente della Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia è sempre stato il lavoro preferito dal Ministro della Cultura, e su quella politica (di centrosinistra) è stata improntata l’organizzazione di progetti e l’individuazione di responsabili e collaboratori. 
Del resto, quando nel 2016, governo Renzi, il ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini, nominò alla scadenza del mandato Felice Laudadio, non certo uno di destra, alla presidenza del CSC, il noto sceneggiatore Stefano Rulli mica la prese tanto bene la mancata riconferma: scrisse una lettera agli studenti in cui si dichiarava particolarmente incazzato.
L'emendamento al Decreto Legge Giubileo, firmato dai deputati della Lega non è ‘’un atto che stravolgerebbe le caratteristiche fondanti dell'istituzione’’: se qualcosa stravolge è solo il sistema del potere del cinemismo chiagne e fotti. Tanto c’è lo Stato che finanzia filmetti allegri zeppi di Crisi dei Valori, Perdita del Centro, Disagio della Civiltà, Eclissi del Sacro, Crepuscolo della Sinistra, Fine dell'Umanesimo, Agonia dell'Individuo, Deriva della Cultura, Scacco della Ragione, Fallimento della Storia, Reificazione della Vita. 
Ma in realtà tutte queste cifre concettuali sono soltanto alibi pretestuosi per mascherare incassi ridicolmente miseri e mantenere in piedi la baracca dell’amichettismo de’ noantri. E per lanciare l’accusa di lottizzazione occorre davvero non avere uno specchio in casa che rifletta la propria faccia. “Il CSC è indipendente come la Rai”, scrive giustamente oggi Il Foglio (vedi pezzo a seguire).
Se poi apre la boccuccia pure Nicola Zingaretti (“Un'altra vergogna di una maggioranza ossessionata dalle poltrone, che disprezza l'autonomia delle istituzioni pubbliche’’), cioè colui che ha riempito di milioni (della Regione Lazio) il suo amico del cuore Valerio Carocci, zar del Cinema America, allora, per dirla alla Nanni Moretti, "La messa è finita".
A proposito dell’uscente Marta Donzelli, già in partenza molti dubbi si fecero sulla nomina, sempre firmata dal duplex Franceschini-Nastasi (marzo 2021, governo Draghi). Come ha dichiarato Pupi Avati in un’intervista al Foglio: “Un tempo al CSC c’erano Roberto Rossellini, Giuseppe Rotunno, Virgilio Tosi. Io la direttrice che c’è adesso ho dovuto cercarla su Google per sapere chi fosse”.
Uno dei dubbi maggiori era il fatto che Donzelli abbia a suo tempo posto la condizione di continuare a svolgere il suo lavoro di produttrice cinematografica alla Vivo Film. Condizione che Franceschini ha accettato. Ciò, al di là di possibili evidenti conflitti di interesse, non può darle il tempo necessario da dedicare al CSC, dove si reca non più di due volte a settimana. 
Inoltre la sua decisione di accentrare tutto, facendo passare ogni minima decisione al vaglio del consiglio di amministrazione (che si riunisce in media una volta al mese e non sempre ha il tempo di affrontare tutti gli argomenti all’ordine del giorno) ha creato lentezze e incertezze che hanno ingolfato non solo la nascita di nuovi progetti ma anche l’ordinaria amministrazione.
L’aggiunta in organico di una figura inedita, quella di vice direttore generale, teoricamente necessaria per meglio congiungere le due realtà del CSC, la Scuola (la sede di Roma indice le selezioni per n. 84 posti) e la Cineteca, ha creato in effetti una poltrona e uno stipendio in più e parecchie sovrapposizioni e fibrillazioni. 
Il reclutamento è stato fatto con un bando ad hoc, modellato su una persona già individuata. In questi due anni e mezzo ci sono state inoltre notevoli turbolenze sindacali, alcune richieste di accesso agli atti e annunci di cause per demansionamento.
I due grandi progetti annunciati, l’acquisto della sala cinematografica Fiamma (per un costo, compreso il restauro, di 6,5 milioni), e la realizzazione di una piattaforma di e-learning (costo 7,5 milioni, non paghi del fallimento della franceschiniana Netflix de’ noantri, Its Art), non sono mai partiti; nel primo e nel secondo caso si attende ancora l’avvio dei lavori, nel terzo si sono alternate svariate ipotesi, rivelatesi tutte inconsistenti o non praticabili.
La rassegna di film “XX secolo”, organizzata al cinema Quattro Fontane di Roma, è uno dei fiori all’occhiello della presidenza, avendo ottenuto un numero di biglietti staccati superiori alle medie dei normali cinema di prima visione, ma il prezzo da pagare è letteralmente altissimo: la rassegna viene infatti realizzata prendendo in affitto la sala, noleggiando film quasi sempre stranieri (utilizzando quindi pochissimo i film italiani conservati dalla Cineteca) e pagando a caro prezzo dei consulenti esterni per scelte che il personale specializzato interno avrebbe potuto fare gratis e con competenza non certo inferiore.
È interessante sapere che ogni anno vengono selezionati da tutta l'Italia solo 14 allievi nel corso di recitazione, 8 in quello di sceneggiatura, 6 in quello di regia (notevole la presenza di "figli d'arte"). E sapete quanto versa il ministero della Cultura al Centro per la formazione e le varie attività ogni anno? 14 milioni e 500 mila euro. Inoltre la Direzione Generale Cinema e Audiovisivo ha approvato con decreto anche l'assegnazione di 37.200.000 di fondi straordinari PNRR. Quindi una bella somma da gestire e assegnare in questi anni.
Di qui, la decisione di accompagnare all’uscita Donzelli e i suoi cari, con un anticipo di due anni dalla data prevista, nel marzo 2025.
FASCISTI E BARACCONI
Lettera aperta da Il Foglio - Estratto
Cari ragazzi che avete occupato il Centro Sperimentale di Cinematografia, vi scriviamo una lettera aperta anche noi, come quella di Marco Tullio Giordana su Repubblica. ……..
Suvvia. Sin dalla sua benemerita fondazione fascista, le nomine del Centro Sperimentale sono sempre state espressione della politica. Quest'improvviso richiamo all'“indipendenza” lascia un po' perplessi.
Il CSC è indipendente come la Rai.
La Fondazione che lo presiede è indipendente come il Cda di Viale Mazzini. Se, per esempio, cari ragazzi andate sul sito del Centro Sperimentale dove voi studiate, sotto ogni nome del CdA vedrete che c'è scritto, giustamente, “incarico di stampo politico”. Vale anche per il comitato scientifico. Più chiaro di così. 
Veniamo alla norma incriminata e ora stracciata: “Il testo sopprime di fatto la figura del direttore generale della fondazione, aumentando i membri del Comitato scientifico da tre a sei e facendoli diventare di nomina diretta di tre ministri”. Sarebbe questo il passaggio da un CSC libero e indipendente (ma dove?) a uno “occupato della destre”? 
Avete paura che Sangiuliano vi metta a fare film tratti dai suoi libri, o una serie di spin-off tolkeniani (a saperli fare)? Indipendente nel senso che intendete voi, il Centro Sperimentale non lo è mai stato e mai lo sarà. Non si capisce insomma la differenza rispetto ad ora, se non, in caso, lo spavento per membri nominati magari da un governo di destra, come successo in Rai, appunto. Il caro Marco Tullio Giordana rimpiange addirittura Mussolini (dice che Sangiuliano sta facendo peggio). Un po' c'è da capirlo.
………….
 Vieni oggi. Guardate però che differenza con Hollywood: lì si protesta contro le insidie dell'Intelligenza Artificiale, qui contro nomine, contronomine, destra, sinistra. Siamo vecchi.
Sarebbe stato bello se da questa norma cavillosa così discussa, se da questa occupazione sicuramente sentita e partecipata, fosse nato invece un bel dibattito sul senso di certe istituzioni. 
A cosa serve oggi il Centro Sperimentale? Siamo sicuri che con questo nome dannunziano sia davvero “sul pezzo”, come dicono i giovani? (Veltroni aveva provato a cambiarlo nella Scuola Nazionale di Cinema, poi si è tornato alle radici mussoliniane). Il cinema, la tv, i media cambiano a una velocità sconcertante e travolgono tutto ciò che è vecchio. Solo le istituzioni dinamiche riescono a stare al passo. 
E' dinamica un'istituzione statale sballottata sempre dalla politica di qua o di là? Non servirebbe forse un Centro Sperimentale che prima che nominato da destra o da sinistra avesse un po' meno burocrazia, un po' meno Stato dentro?
Sarebbe anche il caso di ricordare che il Centro Sperimentale non è solo una scuola, ma il luogo dove si conserva la memoria del cinema italiano (film, archivi, documenti, tutto). Sono cose ben diverse. Un conto è formare cineasti che registrati vedersela con ChatGpt. Altro è conservare, preservare, diffondere nel modo più capillare possibile il nostro patrimonio cinematografico nel mondo. 
Invece tutto qui è ammassato nello stesso baraccone statalizzato e politicizzato, dove tutto pare dipendere dalla forma dei vertici, più che dalle idee messe in gioco. Non fatevi fregare dalla battaglia per le nomine. Non si hanno notizie di capolavori di storia del cinema diventati tali grazie alla nomina di un Cda o dal gioco delle correnti di partito.
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gaiaitaliacom · 2 years
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Le destre che son tutta una famiglia tradizionale e il Truman Show de noantri
Le destre che son tutta una famiglia tradizionale e il Truman Show de noantri
di Daniele Santi Tra i cavalli di battaglia di questa destra che si vaporizzerà come neve al sole in poche settimane, emanazione di una classe politica da canovaccio mal strutturato, che ritornerà in ginocchio da Draghi non sapendo che pesci pigliare dopo avere strillato tutto e il contrario di tutto, c’è la solfa sulfurea della famiglia tradizionale. I tre moschettieri di questa destra…
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mysbetti · 2 years
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Basterebbe aver studiato Diritto Costituzionale
Chiara Ferragni Basterebbe aver studiato o studiare – si è sempre in tempo – diritto costituzionale. Tra le ultime battaglie radical chic della Cheerleader de noantri, c’è quella secondo cui nei paesi governati dalla destra sarebbe praticamente impossibile abortire. Ora io non so sinceramente dove la Ferragni abbia preso queste informazioni, se tra un selfie, un gelato, o un vestito ultimo…
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corallorosso · 3 years
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Green pass, Salvini che fa il pacificatore è la comica finale di Antonio Padellaro Come l’apprendista stregone dei cartoni animati (ma molto meno divertente), dopo avere sparso odio e zizzania in lungo e in largo per l’Italia, adesso Matteo Salvini chiede (senza ridere) a Mario Draghi “un piano di pacificazione nazionale”. Infatti, subito, nella veste pacificatrice, il leader della Lega di governo lancia un forte segnale distensivo: “Di alcuni ministri non mi fido”. Nel mirino, neanche a dirlo, i titolari del Viminale, Luciana Lamorgese, e della Sanità, Roberto Speranza. Insomma, il solito Salvini chiagni e fotti che sentendo puzza di sconfitta nella Capitale – dove il negazionista de noantri, Enrico Michetti si è assicurato i voti della Decima Mas – mette le mani avanti pronto a scaricare “sul clima infame creato a sinistra” un altro possibile tonfo della destra (notevole anche “il problema non è il fascismo”, come se l’assalto alla Cgil se lo fosse organizzato Landini). Purtroppo, anche per le pagliacciate è troppo tardi, perché le forze primordiali dell’internazionale complottista, a lungo eccitate, stuzzicate, titillate dal sovranismo del tanto peggio tanto meglio, una volta lasciate allo stato brado non le controlli più. Un fenomeno di autocombustione sociale che sul versante dell’ordine pubblico (dopo la disastrosa impreparazione di sabato scorso) sarà faticosamente messo sotto controllo. Ma che sul piano della disobbedienza civile sembra destinato a produrre danni non facilmente calcolabili. Speriamo tanto di sbagliarci, ma alla delicatissima scadenza del 15 ottobre (estensione del Green pass nei luoghi di lavoro) il governo sta dando l’impressione di essere arrivato in ordine sparso, senza una precisa strategia, privo di un piano B, fidando nell’improvvisazione e nello stellone nazionale. Come se si trattasse di gestire l’ordinaria amministrazione e non invece le conseguenze dei comportamenti di 2,5 milioni di lavoratori non vaccinati. Per esempio, la decisione di accollare allo Stato la spesa per i tamponi in alcuni comparti sensibili poteva essere una soluzione di buon senso. Ma se viene ventilata proprio alla vigilia dell’entrata in vigore delle nuove disposizioni trasmette inevitabilmente un senso di debolezza, e proprio quando si proclama la linea della fermezza. Un tentennare subito cavalcato negli scali marittimi, da Trieste in giù, da quei camalli rivoltosi che esigono l’immediata abolizione del Pass e minacciano scioperi a catena per bloccare il Paese. Una specie di ottobre rosso, ma stavolta nero. In questo fosco quadro, gli appelli di Salvini sono soltanto la comica finale.
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paoloxl · 6 years
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Possiamo subito affermare che niente di questo ci appassiona. Conosciamo bene la quotidiana prepotenza espressa da chi gestisce il territorio usando non solo la testa e le intimidazioni, ma anche le buone relazioni con la politica e con i commissariati. Così come abbiamo imparato a conoscere il regime dei 5 stelle. Per questo non comprendiamo l’affannarsi di tanta sinistra nel proporre un argine democratico andando a votare per la candidata grillina in opposizione al voto per Fratelli d’Italia, come se ci fossero differenze. Eppure abbiamo toccato con mano come la Raggi intende procedere e tutti abbiamo visto come ha depositato il cappello sulla manifestazione/marcia per la legalità. Fino a quando a sinistra si vuole mantenere un profilo così basso, continuando a pensare che basti parlare con chi va a votare per essere ammessi al consesso delle poltrone? E con chi a larga maggioranza ha disertato le urne chi ci parla? Questo è un mondo che magari nella sua rottura definitiva con l’urna può arrivare ad apprezzare o giustificare la capocciata, nell’assenza totale di amministrazioni capaci e di forze politiche. E magari nemmeno vota per Casapound o Fratelli d’Italia. Esiste però una quotidianità vissuta sulla strada che dista anni luce dal Campidoglio e dalle sedi delle forze politiche. Uno spazio di vita dove strumentalmente si è gettata con linguaggi xenofobi, pratiche democristiane e pacchi di pasta ai poveri, la destra fascista e dove si muovono anche realtà organizzate che si spartiscono le piazze di spaccio e il sottobosco della malavita di quartiere. Un mix deciso a non farsi escludere, e per quanto riguarda Casapound anche vezzeggiato e inseguito come la novità del momento. Questi riflettori accesi sulla strada non a tutti piacciono e le conseguenze le abbiamo viste. Non vogliamo ridurre situazioni complesse dentro semplificazioni, però sentiamo la necessità di marcare le distanze da chi ha responsabilità enormi per lo scempio sociale e culturale che viviamo oggi e da chi si è fatto eleggere in nome della discontinuità con il passato e ha proseguito invece nel solco delle contestate forze politiche sconfitte. Dentro l’assenza di novità tutto procede come prima. Sfidiamo chiunque a smentirci. Questa non è la lamentela di elettori ed elettrici delusi/e, perché non abbiamo mai sostenuto che il M5S che stava salendo in Campidoglio uscendo dallo studio dell’avvocato Sammarco potesse in qualche modo scaldarci con i suoi Raggi. E non lo abbiamo fatto nemmeno al ballottaggio contro il PD. Quindi chi oggi ripropone la stessa solfa su Ostia addebitando gli Spada al centrodestra e, per la proprietà transitiva, votando contro sostenendo Grillo e la sua candidata offre ancora una volta la misura del basso profilo della sinistra de noantri. Non volendo insegnare niente a nessuno decideremo come muoverci, come abbiamo sempre fatto. Cercheremo di capire chi oggi resiste dentro quartieri e territori difficili, da Ostia alla Magliana, dal Trullo a Tor Sapienza, da Tiburtino terzo a Cinecittà. L’elenco è sicuramente più lungo. Con chi costruisce comunità solidali e meticce, consapevoli di quanto sia difficile in questo momento, proveremo a consolidare percorsi di solidarietà e lotta senza ritenere che siano le urne l’unico luogo del consenso e non ci schiereremo per la riduzione del danno o il bicchiere mezzo pieno. Abbiamo già visto cosa ha prodotto la salita al trono di Virginia e non pensiamo che sia utile rendersi complice di una replica nefasta per Ostia. Vogliamo stare con chi si è astenuto e magari combatte ogni giorno una battaglia difficile per sopravvivere dentro precarietà e disagio manifesti. Di certo non accorreremo mai sotto le bandiere della legalità e dell’esclusione sociale come propongono il M5S e la sua sindaca. Movimento per il diritto all'abitare
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toscanoirriverente · 1 year
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Fasci che si vergognano di dirlo apertamente.
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toscanoirriverente · 2 years
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Il momento in cui la Meloni dice "all'unanimità"
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toscanoirriverente · 1 year
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Un gruppo ampio di forzisti indica Marta Fascina come regista del colpo di mano, la fidanzata del Cavaliere (che ieri lui ha definito «mia moglie» in un'intervista concessa al Corriere della Sera dopo mesi di silenzio mediatico). Fascina ad Arcore ha preso sempre più potere e sarebbe anche sostenitrice della linea filorussa che Berlusconi ha espresso in alcune occasione. La deputata campana a diversi interlocutori ha raccontato dei suoi timori di uno scenario nucleare ormai vicino, tanto che avrebbe cominciato a cercare case con un rifugio antiatomico per sfuggire all'onda nucleare che potrebbe generarsi con un attacco in Inghilterra. E nella residenza del Cavaliere qualcuno dice di aver visto una lista di persone da salvare nel caso di apocalisse nucleare.
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Un partito di governo in mano ad un senile stracotto, in mano ad una minushabens con manie di potere, in mano ai peggiori complottisti, in mano alla Russia, in mano alla Cina, che mio padre al mercato compró.
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toscanoirriverente · 1 year
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toscanoirriverente · 2 years
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A me Silvio Berlusconi è sempre stato simpatico, e ora mi fa tenerezza. Mi fa tenerezza vederlo malfermo, di colpo smarrito nei riti ampollosi del voto nel catafalco, imbronciato mentre si scopre irrilevante e sconfitto e manda grillescamente a quel paese Ignazio La Russa. Mi fa un po' di rabbia vederlo scortato, al solito e fino all'ultimo, da una compagnia parassitaria - i liberali! - capace di nulla se non di raccattare gli spiccioli che ancora gli cadono dalle tasche. Siccome anche Berlusconi ha fatto qualcosa di buono, e molto più di quanto gli venga riconosciuto, per esempio ha costituzionalizzato una forza secessionista e una postfascista inducendole al federalismo e a una destra repubblicana, e la sinistra non gliel'ha riconosciuto perché faceva più comodo l'ostensione di antifascismo, mi fa un po' male vedere gli eredi, le Meloni e i Salvini, metterlo nel sacco intanto che spostano la destra un po' più in là. Mi fa male vederlo nell'illusione di una potenza ormai sfumata, e il poco rimasto lo spende molto malamente per eventuali ministre e ministri di caratura rionale. E mi fa male pensare che in fondo è giusto così, nella vita è meglio di no, ma in politica si ammazzano i padri, e tanto più se il padre da una vita basa i suoi rapporti politici sulla fedeltà, e in politica i fedeli di oggi sono gli infedeli di domani, è una regola scolpita nel marmo, e soltanto lui che non si è mai sentito un leader ma un benefattore ha potuto cascarci e ricascarci. Mi scappa però un sorriso a scoprire che in trent' anni alla vecchia sinistra non è riuscito quello che alla nuova destra è riuscito in tre minuti: abbatterlo.
Mattia Feltri
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toscanoirriverente · 1 year
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Pare che la realtà stia picchiando forte, sul governo di Giorgia Meloni. Un peccato, perché la premier ha sin qui mostrato di essersi ridestata (direi anche rinata, come i cristiani dell’omonima setta) all’eterno principio del signor Jagger e dei suoi colleghi.
Calimero, è lei?
A che punto siamo? Giorni addietro pare che la premier abbia lamentato (in sede solenne) di trovarsi a guidare la Nazione (con la maiuscola ma non è il quotidiano): “nel momento più complesso dalla fine della seconda guerra mondiale […] Appena si affronta un problema, se ne apre un altro. Non sono stata fortunata”. Prendi e porta a casa, Calimero. Ora, non so se davvero questo sia il momento più complesso dalla fine della seconda guerra mondiale. Se volgo lo sguardo a ritroso, direi che abbiamo avuto fior di casini, anche planetari, negli ultimi decenni, prima e dopo la fine Guerra Fredda.
A parte ciò, se dai destini dell’umanità scendiamo verso quelli italiani, e delle misure di politica economica che dovrebbero essere la firma di questo esecutivo e della maggioranza che lo sostiene, diremmo che siamo ampiamente entrati nella zona in cui si accende l’insegna al neon intermittente “Non si può fare”.
Prendiamo la riforma delle pensioni. Supereremo la riforma Fornero, dissero i nostri eroi, soprattutto quelli leghisti. Lo scorso anno, avendo compreso l’antifona, Mario Draghi mise un puntello con Quota 103, rinviando ai partiti la scelta. Come noto, i nostri eroi vorrebbero la leggendaria Quota 41, cioè 41 anni di contributi senza sostanziali paletti anagrafici, per poter dare il via libera ai “progetti di vita” degli aspiranti pensionati italiani.
Calciando Quota 103 più in là
Qualcuno ha fatto lo spiritoso, dicendo che “col sistema contributivo ognuno dovrebbe poter uscire quando vuole”. Uhm, no. I contributi sono una finzione che serve a tenere in equilibrio attuariale un sistema che resta a ripartizione. Chi vuole uscire prima, data la speranza di vita, deve spesso accettare un tozzo di pane e una lisca di pesce. Ma che problema ci sarà mai?, si replica, soprattutto dai dintorni dei sindacati. Togliamo l’assegno pensionistico minimo (vitale) per poter uscire, mettiamo la differenza a carico della fiscalità generale, detta anche “assistenza”, e poi chiediamone la separazione dalla previdenza. In caso, possiamo sempre invocare una patrimoniale al grido “facciamo come la Svizzera“, e vissero tutti felici e contenti.
La notizia di questi giorni è che i nostri eroi non trovano l’accordo ma soprattutto non trovano i soldi per la loro riforma delle pensioni dei sogni, quindi pare che la lattina verrà calciata in tribuna per il 2023, confermando Quota 103, con soglia minima di età, e mettendo qualche ulteriore feritoia che lasci passare solo un pugno di fortunati alla volta della terra promessa.
C’è poi l’altra riforma dei sogni, quella del fisco. In sintesi, pareva si andasse verso tre aliquote e poi, “a tendere” verso la leggendaria flat tax per tutti, come si ordinerebbe al bar dopo un giro di troppo di cicchetti. Ora iniziano a circolare le prime bozze, che per definizione ed esigenza politica sono sempre e comunque apocrife e scritte da manine che vogliono male al signor governo, e pare che le tre aliquote siano sparite. Sostituite, tu guarda, dal tromboneggiante principio della “revisione e graduale riduzione dell’Irpef, nel rispetto del principio di progressività e nella prospettiva della transizione del sistema verso l’aliquota impositiva unica”. Amen. Una aliquota is megl’ che three.
Fisco per fiaschi
Per tenere tranquille le speranzose folle, soprattutto quelle dei dipendenti, viene sventolata la carota di una flat tax incrementale anche per loro, dopo quella che quest’anno servirà agli autonomi per fare emergere un po’ di nero in tutta scioltezza e sicurezza. Poi, ricordate che ci sono le tax expenditures da sfoltire e forfettizzare ma tranquilli: non toccheremo mutui prima casa, salute e detrazioni per lavoro dipendente. Quello che ci resta, quindi, servirà a pagare un caffè o una pizza con gli amici. Ma avremo tagliato le tasse con una riforma epocale. Per ora, attendiamo la presentazione solenne, la legge delega, l’avvio dell’iter parlamentare e il tratteggio della tempistica dei decreti attuativi. Ve lo ripeto: non trattenete il respiro, schiattereste molto prima di vedere la “riforma” completata.
Che altro? Servono soldi per rinnovare i sostegni energetici, dal primo aprile. Non è uno scherzo. Nel frattempo, c’è da negoziare la riforma del patto di stabilità, coi tedeschi che puntano i piedi, e avremmo da ratificare il MES. Tutta roba spazzata sotto il tappeto, mentre berciavamo dall’opposizione sulle accise da azzerare. Eh sì, decisamente non siamo state fortunate ma credo che la situazione “senza precedenti” del mondo c’entri relativamente poco. Però possiamo rifarci con la messa a gara delle concessioni balneari, situazione e contesto che mi ricordano un po’ il meme del cane che sorseggia il caffè nella casa che brucia. O con le peculiarità degli storici immobili italiani, che non si possono assoggettare sic et simpliciter (per essere classici) a queste stravaganze di coibentazione e altre ubbie di questi barbari europei senza bidet.
Quindi sì, onorevole presidente Meloni. Lei può con fiducia ringraziare il suo Dio “per essere costretta a fare delle scelte, con la possibilità di dare a questa nazione una politica industriale, economica, un’idea per le riforme”. Comprendo anche che questo “non aiuta il consenso”, ma ora tocca a lei: si riscatti, faccia delle scelte. Come ha promesso con grande coraggio durante la presentazione del libro di Padre Antonio Spadaro sulla politica internazionale del Vaticano sotto Papa Francesco. E si sforzi di lasciarsi per sempre alle spalle quel vittimismo che è da sempre la sua cifra stilistica. Fare le vittime e scolarsi amari calici sono contraddizioni che non aiutano ad ascendere al pantheon d’aaa nazzzione. Dio, Patria, Famiglia e Realtà.
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toscanoirriverente · 2 years
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Never Forget.
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toscanoirriverente · 1 year
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Il disagio di Meloni per le dichiarazioni di Berlusconi. I suoi: «Vittima di fake news di Mosca»
https://www.corriere.it/politica/23_febbraio_13/meloni-disagio-berlusconi-ucraina-6771a974-ab14-11ed-a0ed-8f1430cfd08a.shtml
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toscanoirriverente · 2 years
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