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#ricordi che fanno male
a-dreamer95 · 1 month
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Quando muore una persona, ci vuole del tempo per abituarsi a quella assenza. Non entrerà più dalla porta, non sentiremo più la sua voce. Bisogna darsi il tempo di accettarlo, affinché quel buco vuoto venga riempito da altre cose. Quando muore un amore è la stessa cosa. Quei sorrisi, quei baci, quella complicità, non fanno più parte della nostra vita. È straziante. Se ti sparano a una mano, non puoi pensare di impastare il pane il giorno dopo. Ma un giorno tornerai a farlo. Perché il tempo cura tutte le ferite. Prenditi cura di te stesso. Fatti dei regali come a una persona a cui si vuole bene, cioè fai le cose che ti piacciono, che ti fanno stare bene. La gente che ci usa e ci umilia crea una destabilizzazione emotiva, è una cosa deleteria per la mente e per il corpo. Esiste poi il rimorso, i ricordi belli soppiantano quelli negativi e si manifesta una certa nostalgia, o magari si comincia a star male da soli e si cerca di recuperare al meglio qualcuno che si conosce già. Non siamo macchine, ogni nostra decisione lascia tracce nel nostro spettro emotivo, e quest'ultimo influenza il nostro modo di agire. ❤️
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greenbor · 29 days
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Poesia di https://www.tumblr.com/maripersempre-21
Bisognerebbe ogni tanto
dare aria dentro di noi...
spolverare il cuore
dai nostri ricordi,
spazzare le cose che fanno male...
lavar via le ansie
le paure,
lasciare entrare il sole,
aria nuova
per ricominciare a respirare...
M.C.©
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È l’ultima lettera d’amore che ti scrivo.
È stato un lungo cammino, da quel primo giorno che sono entrata nello studio della psicologa.
Ero arrabbiata, delusa, incazzata con il Mondo e con me stessa, ho preso un sacco di decisioni di merda e la serenità sembrava così lontana, da diventare impossibile da raggiungere.
Eppure oggi, mi ha dato un foglio, una penna e mi ha detto “ora, sei pronta a dirle addio”.
Sai, in fondo ho sempre saputo che sarebbe finita così… ed è per questo e per altri mille motivi, che non sono mai riuscita a dirti “ti amo”.
Te lo dico ora, perché ti amavo.
Ti amavo perché eri come uno di quei giorni di fine marzo, che è Estate sotto i raggi del Sole ed è ancora Inverno, quando ti ritrovi all’ombra.
Ti amavo, perché ti guardavo quando eri distratta. Quando lavoravi, guardavi il telefonino, rullavi una sigaretta o ti perdevi nella collezioni dei tuoi mostri e mi rendevo conto, che per averti accanto, qualcosa di buono nella vita, l’aveva fatta.
Ti amavo, perché sentivo il bisogno di coniugare i verbi al futuro ed i sogni al plurale.
Che di notte, mentre dormivi, alzavo le coperte per vedere se respiravi e mi rendevo conto, che da soli si diventa forti, ma in due si diventa un po’ più felici.
Avrei potuto cancellarti, mandarti a quel paese, non risponderti al telefono, voltarti le spalle, dimenticarti, non pensarti, non prendere treni in piena notte, ricordarmi i dettagli, ma non l’ho potuto fare, perché non ci capivo più niente. Ti amavo e basta.
Amavo le tue battaglie perse, l’inchiostro che usavi meglio di me, la voce che era sabbia rotta dalle onde del mare, il modo in cui ti facevano male i sogni, le cazzate che dicevi pur di non dire delle stupide verità.
Allora, ti auguro di circondarti di “persone medicina”
L’ho letto in una stupida poesia, che fa così
“ Nonna diceva che esistono persone che hanno le tisane dentro gli occhi
Camomilla nello sguardo
Che tu le vedi e ti si tranquillizza il respiro, i pensieri.
Diceva che esistono persone che non si spaventano dei tuoi dolori
Che non hanno paura di abbracciarti i traumi
Che sanno dove metterti dentro le parole giuste
Persone che hanno imparato a frequentare così bene il Sole
Che sanno addirittura accompagnarti fino al tuo tramonto “
Lascio a te la rabbia, ascoltare chi voleva solo distruggerci, i punti e le virgole che mancano nelle mie parole, il dolore che ti ha coperto gli occhi e le labbra, rendermi sostituibile, perché io non lascio più sporcare i ricordi e la memoria, a nessuno.
Neanche da me stessa.
E racconterò di noi, alla gente che incontrerò, alla persona che amerò dopo di te, ti ritroverò nei miei progetti per aiutare gli altri, nei film che ti scavano dentro, nei tramonti visti dal finestrino della macchina, nei viaggi dove scoprirò qualcosa di nuovo e negli sguardi dei bambini che non sanno chiedere aiuto.
Tu, porta rancore anche al posto mio.
E ti diranno che è tutto prestabilito, che fa parte di quel rapporto tossico che ti hanno messo in testa, che di buono non ho nulla, che io sono il lupo e tu Cappuccetto Rosso, che sono un fake, che ho rubato, mentito, ma sai, queste parole non sono per riaverti, ma per rendere libera me.
Da tutto questo.
Fatti ancor più carina, un filo di trucco, lascia i capelli sciolti, spruzza il profumo, mettiti quei jeans che ti fanno il culo da paura, sali in macchina, accendi la radio, ma che sia la tua voce la canzone più bella e vatti a prendere tutto il buono di questo Mondo.
Questa è l’ultima lettera d’amore che ti scrivo, se senti un cigolio, è la porta del mio cuore, che si chiude e ti dice addio.
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#Ale
Tuttodunfiato
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Tutti attraversiamo periodi difficili. Periodi in cui ci sentiamo completamente persi. Non abbiamo idea di cosa dobbiamo fare con la nostra vita, delle scelte che dobbiamo compiere, delle persone che dobbiamo frequentare. Ci sentiamo piccoli, vulnerabili e fragili. Ogni cosa ci schiaccia e ci pesa sul petto come fosse un macigno enorme, che ci toglie il respiro e ci fa sentire continuamente in apnea, come se da un istante all’altro stessimo per annegare e sprofondare per sempre nell’abisso.
Ma anche questi periodi finiscono, vediamo i colori in modo più nitido. Una canzone ci riporta alla mente vecchi ricordi felici...la tristezza passa: il tempo la sbiadisce, ne smussa gli angoli, finché questi non ci fanno più male.
Quindi dai tempo a te stessa. Lasciati libera di essere ed esprimi ciò che senti dentro, senza maschere, senza barriere...
Oly
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sara-saragej · 1 year
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"Io sono forte. Devo esserlo. Lo sono. Forse no. Eppure mi prendo sempre la mano e mi salvo.
Via il dolore, via la sofferenza, via i ricordi che fanno male, via tutto. Da sola.
Con molte persone intorno. Ma sola.
Perché loro non lo capiscono davvero cosa c'è nascosto dietro a un sorriso certe volte.
Mica li sanno leggere gli occhi."
- Dal web.
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yomersapiens · 1 year
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È stata la nonna!
Arrivo al laghetto dei cigni e un gruppo di cinque di loro mi aspettava già con le ali messe a mo' di pugno e se vi state domandando come sono delle ali messe a forma di pugno vi posso solo assicurare che sono grosse. Morbide all'inizio ma poi fanno male. Inutile dire che le ho prese di santa ragione e mi sono dovuto imbarcare sull'aereo indossando gli occhiali da sole per coprire i segni della sconfitta. Neanche a farlo apposta gli occhiali da sole li ho tenuti su per tutti i giorni a venire anche se di sole non se ne è visto molto ma così si notava di meno quando piangevo.
Il paese dove vivono i nonni era tappezzato di manifesti con il nome della nonna. Non sono abituato a vedere gli annunci mortuari su i muri e ancora meno di leggere il nome da nubile di mia nonna. È una strana usanza. Sembrava quasi ci sarebbe stato un suo concerto, "Prossimamente, nella chiesetta più vicina a voi, Pupetta live!". Leggere il suo nome mi ha fatto capire che era tutto vero. Non so da quanti anni non moriva qualcuno in famiglia. La malattia, quella c'è sempre, è nostra compagna, ma la morte ci ha sdegnato per quasi una ventina di anni e ora sta tornando a prendere ciò che aveva lasciato in sospeso, come una madre che dice al figlio in fila al supermercato "Aspettami qua, ho scordato una cosa" e tu rimani fisso a guardare il cassiere avvicinarsi sperando che torni il prima possibile perché non hai neanche un soldo finché non arriva e te le fa pagare tutte.
La morte fa schifo ma la malattia fa schifo ancora di più. La morte arriva e cancella i ricordi della malattia e di colpo la nonna era quella delle foto dove sorrideva e non la minuscola crisalide riposta nel letto freddo. Ci hanno provato tutti questi anni di sofferenza a farmi scordare come era una volta ma non ci sono riusciti.
In chiesa il prete ha chiesto un volontario per leggere qualcosa davanti a tutti i parenti. Ovviamente mi hanno indicato dicendo "Vai Matteo, fai tu" perché se cresci facendo lo stronzetto arrogante egocentrico se lo ricorderanno sempre. Indossavo gli occhiali da sole ovviamente, il prete neanche si è accorto delle lacrime su i fogli plastificati per i funerali. Ogni tanto erompeva un singhiozzo ma ho dato la colpa a una colazione abbondante. - Leggi questo estratto dal libro della Sapienza - Ah, bene bene, certo, e come vuole che lo legga? - In che senso? - Posso interpretarlo un po' rap, magari un po' trap, o lo faccio bello teatrale eh, che dice? - ... - Eh, che dice? - Leggi questo estratto dal libro della Sapienza. I preti sono davvero un pubblico difficile.
Mi sono seduto vicino al nonno che stava piangendo accarezzando la bara. Ho accarezzato il nonno con la stessa delicatezza e ho sentito la sua pelle ora che non è ancora legno. "Nonno, mi hanno chiesto di leggere qualcosa, che dici, leggo con una vocina un po' alta e buffa così faccio ridere la sala che qua sono tutti tristi?". Il nonno si mette a ridere mi guarda e fa "Fetente!". Vedere il nonno piangere e ridere allo stesso tempo è stata una grande novità. Poi ha aggiunto "A fessa e soreta!" salvo rendersi conto dell'imprecazione appena pronunciata e tornare su i propri passi parlandone con tutti "Sapete che mi ha fatto dire quel fetente di Matteo? A fessa e soreta! In chiesa! Al funerale della nonna! È proprio nu fetente!" e rideva perché si era stancato di piangere e un po' tutti ci siamo messi a ridere e quando sono salito per leggere quel testo difficilissimo, ho ringraziato l'avere un podcast dove mi impegno a stare calmo e controllare la voce altrimenti non ci sarei riuscito.
Quindi è questa la morte di cui tutti parlano. Un posto in meno a tavola. Una sedia abbandonata dove per rispetto non voglio poggiare nemmeno una borsa. Fotografie ovunque che ingialliscono. Momenti dove i ricordi esplodono e bisogna condividerli e piangere. Tracce di chi non c'è più all'interno del telefono in chat che non vuoi archiviare per non farle passare in secondo piano. Guardare video per sentire la sua voce. Allenare la mente e portare alla luce gli elementi più preziosi. Riorganizzare una stanza, spostare un letto, togliere i vestiti e metterli in una valigia di lato, nell'armadio. La morte arriva e fa ordine lei. Se hai lasciato abbastanza pezzi di te allora potrai andare avanti in formati diversi e penso sia per questo che facciamo figli: perché loro diventano un pezzetto di noi quando non ci saremo più. Mia nonna vive nella memoria dei nipoti e di tutti quelli che la ricordano come la persona più dolce mai esistita. Io non ho figli, non so se ne avrò. Ho un gatto ma lui non mi parla e anzi oramai è ovvio che proprio mi odia. Tutto quello che lascerò sono le mie parole e questi post o delle canzoni o puntate di un podcast e allora spero che arrivi un'intelligenza artificiale a ricostruirmi completamente basandosi su tutta la mia produzione e io tornerò in vita sotto forma di un software di mediocre qualità. Sarebbe bello mi riponesse pure in un cd o un dischetto, meglio ancora in una cartuccia come quelle del Gameboy, tanto non è che sarei un software chissà che complicato. Uno vuole parlare con me e mi chiede "Come stai" e io rispondo con qualche battuta che non fa ridere nessuno e poi inizio a lamentarmi dei dolori alla schiena (che non ho) e di come le band di oggi abbiano nomi difficilissimi da ricordare. Forse è per quello che spero che una band prenda il nome di mia nonna così almeno saprei come pronunciarlo. Sarei una cartuccia interessante, delle volte fingerei di non funzionare solo per farmi soffiare nelle zone intime.
Un'altra cosa che accade quando un evento ti fa sbatte in faccia l'ovvio, cioè che siamo qua per un limitato periodo di tempo e poi "puff" si sparisce, è che inizi a cercare segnali ultraterreni ovunque. Per dare un po' di profondità alla desolazione. Il vuoto lasciato adesso devo capire come riempirlo e io ci voglio vedere qualcosa di bello. Pioveva senza sosta da tre giorni e stavo andando verso l'aeroporto. Non conosco laghetti pieni di cigni dove fare risse nelle zone di Napoli così la mia rabbia non sapevo come disinnescarla. Sono arrivato giusto in tempo per vedere le nuvole aprirsi e un arcobaleno è comparso a salutarmi prima dell'imbarco. È nata una vocina dentro di me che adesso dice ad ogni cosa bella che accade "È la nonna!". Ovviamente io non ci credo a queste cose, lo sanno tutti che gli arcobaleni non sono nonne defunte che vengono a salutare i nipoti prima della partenza ma che sono un fenomeno metereologico finanziato dalla comunità LGBTIQ+. Ti attirano con la promessa di una pentola stracolma di monete d'oro, la trovi, ti chini per raccoglierla e taaac! Ora ti piacciono gli unicorni.
Quella vocina che ho in testa è molto simile a quella di mia madre. "Vedrai che adesso ci pensa la nonna a te" mi ha detto dopo il funerale, quando cercavo di fare su una canna lontano dai parenti. Mi spiace essere quello che preoccupa tutti perché non ha idea di cosa sta facendo su questo pianeta se non cercare di disturbare il meno possibile. Mi spiace pure dover scomodare la nonna da lassù che magari ora vorrebbe solo svagarsi e giocare a volleyball. Dall'aereo ho visto il posto esatto dove costruiranno il campetto e dove lei vincerà tutti i tornei.
Mi ero dimenticato di aver partecipato ad un concorso, di aver passato tutto l'inverno a scrivere un libro per sfuggire dalla depressione generata dalla disoccupazione e dal grigio innevato viennese. Mi arriva un messaggio. "Leggi la mail". La leggo. "Siamo felici di comunicarle che il suo romanzo ha vinto!" per fortuna avevo ancora su gli occhiali da sole così nessuno ha notato che stavo nuovamente piangendo. Non sto facendo altro che piangere da settimane accidenti. Ho vinto. Cioè ora mi devo sbattere ok, devo riscriverlo, correggerlo, seguire i consigli di un mentor ma tutto questo non importa, i mesi di lavoro che mi aspettano non mi spaventano. Ho vinto.
"È stata la nonna" ha detto mia madre al telefono. O forse era la vocina nella mia testa. Poco importa, di voci in testa ne ho sempre avute tantissime e non è male averne una gentile che si contrappone alle altre che urlano "Fai schifo! Sei brutto! Sei grasso! Sei antipatico! Fallito!". Ora che c'è questa nuova comparsa mi sento meglio e posso dirlo senza troppa paura. Sono felice.
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der-papero · 8 months
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Ciao Papero. Sono appena stata al sud in quel che era casa mia, un paese di campagna, con l'abuso edilizio di fianco alle vecchie case di tufo con il portone ad arco. I miei genitori pure sono emigrati e giù mi sono rimasti pochi parenti, al nord ho un buon lavoro e una casa. Ma non ho le montagne a circondare la vallata, non ci sono le terre con le pecore a pascolare, non c'è l'arte di arrangiarsi. Faccio l'orto e le conserve come faceva mia nonna ma non ho nessuno con cui parlarne, con cui scambiare questo sapere che si va perdendo. Sono stata definita una risorsa fondamentale nella mia azienda, mi stanno facendo proposte ma tutto quel che vorrei è tornarmene in una casa che ormai non c'è più, a vivere di ricordi, dove mi basta pochi minuti per arrivare al mare, per arrivare sotto al nostro vulcano, per arrivare forse alla serenità.
Ne stai parlando con me, cosa della quale ti ringrazio profondamente. Magari puoi considerarlo un inizio, anche infinitamente piccolo rispetto a quel vuoto che provi, e che capisco più di tante altre cose.
Tanti anni fa, una blogger che io ammiro tanto, @vesna-vulovic (la cosa diciamo "buffa" è che ho dovuto smettere di essere un imbecille per poter apprezzare quello che scriveva), quando ancora aveva il vecchio blog, scrisse una frase che non dimenticherò mai, ovvero che quello che manca della nostra casa (nel caso del suo post era l'Italia) è una idea di casa che è tutta nella nostra testa, ci manca un qualcosa che da un lato ci è stato tolto con la mancanza di scelta, e dall'altro forse non esiste più, se non in pochi pezzi di spazio e tempo, che proviamo a costruire con una vagonata di pazienza e con la forza della disperazione.
A me fa male leggerle queste parole, ma non perché non siano belle o sincere, ma perché spero sempre di essere il solo a sentirle e di non vivere con l'idea che un'altra persona possa sentirsi "straniero nella sua nuova casa", ma mi accorgo che siamo un popolo importante e silenzioso, un popolo che avrebbe potuto tranquillamente buttare merda sui luoghi da dove proviene, come fanno tanti per giustificare la loro partenza, forse anche con delle ragioni reali, ma non è di ragione che stiam parlando, e invece vive costantemente in quell'amore silenzioso, tipo quello che potresti provare per i tuoi figli, anche se sono le peggiori creature di questo pianeta, perché sono il legame più forte che hai, ma poi la vita ti mette davanti a delle scelte, e da quelle non si scappa.
A me fa male anche non poterti dare alcun consiglio o soluzione, credimi, se li avessi, egoisticamente li userei per me. Non saprei cosa consigliarti sul tuo lavoro, se accettare o meno tutto quello che l'azienda meritatamente ti offre, o mandare tutto al diavolo e tornare alla tua vera casa. Se non lo facessi non mi azzarderei minimamente a puntare il dito o a rinfacciarti qualche numero da busta paga, giusto per motivare la mia miopia.
Posso solo inviarti un abbraccio fortissimo, per il resto so già che farai ciò che è giusto per te.
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a-pathica · 4 days
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comunque qui bene o male tutti mi conoscono, sanno chi sono, conoscono la mia famiglia, chi mi conosce perché sono la figlia di mamma e chi di papà: mi fermano, persone che sostanzialmente ho visto sì e no una volta, mi abbracciano, mi lasciano due baci sulla guancia e mi parlano come se fossi quasi una loro amica, si sfogano, mi raccontano, mi fanno gli auguri per la strada intrapresa.
poi c’è chi mi conosce perché sono la nipote di Gerardina: l’ultima arrivata, quella che si è goduta meno e che ha goduto meno della nonna e allora iniziano a raccontarmi aneddoti: “tua nonna era un maresciallo, faceva filare tutti, tu la ricordi”; “Marialucia tiene in alto il nome della nonna” e così via e allora il mio ego si nutre, perché donne come mia nonna sono rare, neanche mia mamma, neanche mia zia. donna come mia nonna era mia cugina, donna come mia nonna ormai sono solo io.
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spettriedemoni · 7 months
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Qui è dove ho vissuto per anni, si può dire che in pratica sia nato qui anche perché l’ospedale dove sono effettivamente venuto al mondo è proprio dietro questo palazzo.
Li in alto al quarto piano si vedono i tre balconi del mio ex appartamento, la cucina (riconoscibile per la caldaia), la mia camera da letto e quella dei miei genitori.
Fa strano pensare che non è più casa mia, non so come sentirmi in verità a tornare nella mia vecchia via. Ci sono cancelli che anni fa non c’erano e ce ne sono altri che usavamo all’epoca come porte per il calcio o come reti da pallavolo. A pallavolo ci giocavano su più le ragazze, a onor del vero.
Mi chiedo che tipi sono quelli che vivono ora nel mio vecchio appartamento, chissà come hanno risistemato, che mobili ci sono e dove hanno messo la lavatrice. Chissà se il bagno ha le stesse mattonelle che fece mettere mia madre a suo tempo quando si decise a rifarlo. Non avevamo i tendoni avvolgibili e non li vedo neppure oggi ma mia madre aveva messo un telo abbastanza lungo che faceva da tenda l’estate e riparava dal sole che nel pomeriggio picchiava da quel lato impedendoci pure di vedere bene la TV.
Mi sembrava tanto grande quella casa e oggi anche se da fuori la vedo molto più piccola.
Ci ripasso poche volte qui ma quelle poche volte che lo faccio i ricordi mi assalgono come un’onda.
Per fortuna non sono ricordi che fanno male.
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scorcidipoesia · 2 months
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E con il tempo tutto perde spessore, esattamente come la pelle del nostro corpo diventa più fragile, sottile e vulnerabile ma al contempo dura, ruvida, abituata alle asprezze del freddo o del caldo o degli agenti esterni con cui la trattiamo( detersivi e cosmetici, sole e notti in bianco). Il nostro volto diventa una mappa di rughe esattamente come la terra tanto sfruttata, arata, calpestata.
I giorni diventano una sequela così come il nostro corpo perde profumi e odori, diventando quasi come quello di un bambino ma senza le sue secrezioni che lo rendono morbido e delicato. La vita asciuga, prosciuga, scolora, sbiadisce. Come una tela troppo a lungo guardata, come un panno steso troppo al sole e lavato, così noi ci guardiamo e non ci riconosciamo. Diventiamo alberi spogli e i nostri rami avvizziscono, temprati dal vento e curvi resistiamo. Continuiamo a gemmare ma i fiori sono cambiati, meno vivide le luci. Un tempo urlavamo e ora mormoriamo. Un tempo piangevamo e ora le lacrime sono chiuse strette tra stomaco e gola in uno spazio senza nome dove finiscono ingarbugliati i nostri malesseri. La società ha creato nomi e pillole per ogni sogno e illusione caduti : basta cercare il nome di quello che abbiamo o sentiamo per trovare una soluzione che è presto pronta per l’uso: una moda ( lo stress) o un farmaco e si va avanti. Ma nei silenzi, nei frattempo, nelle zone frastagliate di questa ombra strana, arrivano ondate di ricordi : le risate, le speranze, gli errori, le follie. I voli🎈, le cadute, le resurrezioni.
Increduli osserviamo quegli attori giovani e belli che siamo stati, certamente meno eleganti di ora, più improvvisati ma furiosamente gioiosi e belli anche quando la vita tirava i pugni dal suo ring.
Il peggior errore che abbiamo fatto è stato non seguire le aspirazioni più pericolose, credere a quello che faceva stare bene, camminare saltellando velati di speranze e traguardi, compiacere gli attori che abbiamo avuto in platea.
Si resta distanziati a guardare, la mente offre spunti razionali che fanno male, il cuore ha una lucidità ed equilibrio che ferisce perché ha imparato a vedere e sa.
Non ci sono più scuse, alibi, vagheggiamenti. Lo specchio è fermo, reale, e ogni poro che rivela nei giochi di luce delle giornate chiare , ogni ruga scoperta, ogni difetto che cerchiamo di nascondere con il pennello del fard è stato creato da giorni in cui non abbiamo sorriso e si sono formate righe pesanti tra le labbra che cadono in giù. Tra gli occhi una strada di carne sottile pesa nello sguardo.
La vita ha droghe e risposte per ogni epoca, come il sonno dei moribondi per farli resistere e la debolezza dei malati per farli desiderare di fermarsi in un letto senza più correre.
Creati da qualcosa che non conosciamo e chiamiamo come meglio ci aggrada, siamo imperfezioni pungenti che brillano e trafiggono come la felicità
Tatiana Andena 2021
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smokingago · 2 years
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Dietro a una grande donna c’è un’adolescenza di merda.
Dietro a una grande donna c’è un’ombra di passato. A mezzogiorno,
quando il sole è più alto,
scompare.
C’è l’adolescenza con tutto il repertorio di inadeguatezza,
di pieni e di vuoti.
L’adolescenza da grande te la ricordi come un luna park chiassoso,
ma quando ci passi attraverso vedi solo gli specchi deformanti: troppo grassa,
troppo corta,
troppo lunga,
troppo piatta,
troppo spessa.
C’è pure il calcinculo con quello che ti prende e ti lancia,
ti fa volare,
ma è un circolo vizioso.
E la casa degli orrori,
così simile a casa,
così familiare.
Il cibo non nutre e anche il divertimento fa paura.
Dietro a una grande donna ci sono gli ex,
ex fidanzati,
gli ex amici,
gli ex lavori. “
ex” ha quella x che è sembra una croce dove una volta c’era un tesoro.
Ma “ex” in latino vuol dire anche “da”,
come “uscire da”,
“venire da” e a pensarci bene,
gli ex sono anche radici,
da lì si viene,
da lì si riparte.
Dietro a una grande donna ci sono inverni infiniti. Gli anni si contano in primavere,
ma la maturità si misura in inverni.
E si impara dagli alberi,
che sono matti gli alberi a spogliarsi quando fa freddo,
e invece no,
abbandonano il superfluo,
si fanno oggetti e aspettano.
E si impara dai ricci che si chiudono e le spine vanno fuori,
non dentro.
Si impara che la letargia non è l’allergia all’inverno, si impara il letargo,
come pausa piena di vita e di malinconia.
Dietro a una grande donna ce n’è una uguale e più piccola,
maligna,
parla e pugnala,
là dove fa male.
Se la ignori scompare.
Dietro a una grande donna ce n’è un’altra uguale e arrabbiata che abbaia,
morde e se la fai incazzare ti piscia pure sul tappeto.
Se la accarezzi smette.
Dietro a una grande donna non c’è lato b o fattore c.
Una grande donna di solito sa dire culo senza problemi e soprattutto sa riconoscere quando l’ha avuto e quando se l’è fatto.
Dietro a una grande donna non ci sono briciole per ritrovare la strada.
La questione non è come tornare,
ma se sia il caso di tornare.
Dietro a una grande donna c’è un futuro che non fa paura e “domani è un altro giorno” non è una minaccia.
Intorno a una grande donna c’è un girotondo di persone,
di progetti e tutto si tiene alla faccia delle leggi della fisica e della ragione.
A fianco di una grande donna,
qualche volta c’è un uomo.
Lei lo guarda: “che bello averti conosciuto”,
lui sorride: “bello aver voglia di conoscerti ogni giorno un po’ di più”.
Dietro una grande donna ci sono le incomprensioni, i tradimenti,
i colpi dati,
quelli ricevuti,
quelli schivati.
Ci sono i “mai più” e i “mai dire mai”,
c’è la voglia di dare un senso all’insensato e di capire anche quando non c’è niente da capire.
Dietro a una grande donna c’è una donna che accetta di diventare grande.
Con tutto il carico di dolore,
di sofferenza e di bellezza.
Sulle spalle.
Enrica Tesio
#smokingago
🍀
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ambrenoir · 9 months
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E' il tempo di lasciare andare, anche se fa male. Il momento per trovare il coraggio di portare avanti decisioni che sono state prese da tanto tempo, anche se il cuore a volte di farsi trascinare non ha nessuna intenzione.
E' il tempo della rassegnazione, per certi versi, perché il primo passo è accettare che alcune cose non cambiano, alcune cose finiscono e basta. Possiamo guardarle da mille angolazioni, possiamo cercare di capire, possiamo lottare, sforzarci, fare tentativi. Ma dopo tutto questo bisogna mollare la presa, con un dolore inevitabile ma con la consapevolezza che non c'è più niente da poter fare e che dopo, anche se ci vorrà pazienza, andrà meglio.
E' il tempo di fare spazio, soprattutto nei pensieri ma anche nel cuore, spazio per le cose positive, per le cose che abbiamo, per le certezze che ci fanno stare bene. Rimanere con lo sguardo fisso su ciò che comunque non possiamo avere che senso ha?
E' il tempo del perdono, sempre. Il perdono per la nostra fragilità, per le sofferenze che ci potevamo evitare, per i giorni buttati via per persone o situazioni che pensavamo fossero giuste per noi. Adesso però basta, il passato è andato, ciò che è stato è stato. Piangi se è necessario, perché lasci indietro un pezzo di te, un pezzo di cuore. Perché alcune domande ti resteranno dentro, perchè i ricordi ti verranno a cercare, perché molte cose ti mancheranno.
Ma lascia andare. Chi non è accanto a te, ora, è perché non lo ha voluto.
Non è più tempo di inseguire, è tempo di liberarsi.
Tempo di volare.
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intrusivoodistruttivo · 8 months
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Sono stato educato e cresciuto in un certo modo. Mi hanno insegnato cosa sia il rispetto, il valore delle parole e dei sentimenti. Mi hanno trasmesso la capacità di ascoltare e spiegato che è un mio diritto parlare. Mi hanno insegnato cosa sia un cuore e un sentimento sincero. Che non tutto è reale e che non con tutto si può giocare. Ho portato con me questi valori, questi principi e questi insegnamenti sempre. Crescendo però ho imparato che non è sempre possibile rispettare tutto questo. Ho capito che non dovevo perdere quello che mi era stato insegnato, ma che assieme ad esso dovevo imparare a rispondere e a difendermi. Ad ignorare la stupidità. A lasciare alla sua strada l'ipocrisia e la menzogna. Ho appreso che il silenzio spesso è più sacro e tagliente di tante parole e che a volte ci sono parole che non possono e non devono esser taciute. Non m'importa del detto "Fai del bene sempre e anche dove ricevi del male porgi l'altra guancia"! Io no, io l'altra guancia la proteggo con tutto me stesso se mi pesti i piedi, se mi ferisci e mi manchi di rispetto. Non ho interesse nel dire chi sono e quanto valgo, l'unico interesse che ho è quello di vivere con queste priorità... preferisco dimostrarlo invece di dirlo. Le parole hanno breve durata, i fatti restano, li ricordi sempre e lasciano qualcosa di te, nel bene o nel male. Ho capito che le parole della "gente" spesso fanno male, hanno ferito anche me. Poi ho anche capito che dalle parole della verità alle parole di chi è solo interessato a distruggerti c'è una differenza essenziale, e che alcune parole non solo non devono toccarti, ma non devono nemmeno essere ascoltate. Ho capito che devo portare con me chi conta e chi vale, ma lasciare alla sua strada chi della mia vita non deve farne parte. E dal momento in cui non fanno più parte, tutto ciò che dicono e che fanno non ha e non avrà mai il minino valore e nemmeno la minima attenzione da parte mia.
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