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#gioiello
emodesti · 1 year
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Jewellery Photography Del Pia Srl
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tulsi-italy-blog · 7 months
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dimagazine2020 · 8 months
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a-state-of-bliss · 3 months
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Vogue Gioiello Nov 2009 - Anya Kazakova by Luciana Val & Franco Musso
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fabio-2102 · 1 year
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Quando arte e creatività si uniscono alla natura, nascono capolavori senza tempo
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damecuratedgoods · 2 years
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sgrdiamondblog · 2 years
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shopbfabio · 2 years
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zegalba · 5 months
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Vogue Gioiello January/February 2003 Photography: Justine Laeufer
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emodesti · 2 years
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Jewellery Photography  Filybijoux
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chalamet-chalamet · 5 months
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12/27/2023-How sweet 🍬
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tulsi-italy-blog · 10 months
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TULSI
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peak al pacino babygirl princess moment
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5ftboy · 1 year
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"But I'm good now y'know? I'm... great actually."
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viendiletto · 4 months
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[...] “Assassini!”: così tuonava allora l’Eco di Pola, giornale conservato presso la Biblioteca universitaria di Pola, subito dopo il cataclisma, perché tre ondate di sganci, eseguite nell’arco di poche, ma lunghissime ore di terrore e ansia, portarono a Pola la morte. L’attacco ebbe le sue ragioni più tassative: distruggere le installazioni portuali e le unità di marina presenti, ma, colpa dell’imprecisione della vecchia tecnologia aeronautica, il cuore della città con i suoi rioni più popolati e più storici subirono il grande martirio, da vittime collaterali. L’incapacità di superare il trauma oggi, è ben visibile e chiaro persino a chi ha la vista offuscata: era bastata soltanto questa prima incursione aerea (senza contare tutte quelle successive), per ufficializzare 77 morti (di cui 15 militari germanici e 2 italiani), per poi capire che il numero dei morti erano più 100, fino ad aggiungerne altri ancora, in seguito al ritrovamento dei corpi di cui non si riuscì a accertare l’identità e ai decessi dei giorni successivi, dal momento che il numero dei feriti soccorsi fu di almeno 175 persone, di cui soltanto 35 militari. Con chiara evidenza, pur mettendo nel mirino l’impiantistica industriale-militare, i bombardamenti alleati commisero senza dubbio di sorta, la strage dei civili, a tutti gli effetti. [...]
[...] La giornata del 9 gennaio 1944, fu l’inizio del periodo più tragico per la città, dopo l’entrata in guerra del Regno d’Italia, fu la giornata del massacro nel nome delle ragioni politico-militari, ma per tanti anni nel nome del mancato ricordo, si è continuato a commettere violazione del sentimento di pietà, dimostrare mancanza di rispetto nei confronti della storia, forse perché ancora troppo pesante e scomoda. Ci voleva il 79.esimo anniversario dallo sganciamento degli ordigni esplosivi, per smuovere il Municipio, che proprio oggi celebrerà nuovamente la commemorazione. Del cinquantesimo, del sessantesimo e degli altri “esimi” manco ci si è accorti (a parte qualche mass media). Ed è cosa deplorevole, perché non si tratta di difesa, di aver “seppellito” il trauma con la mala strategia della “rimozione” inconscia, ma semplicemente di inerzia, o sentimento di sconvenienza, di chi ha governato la città, rappresentata oggi in gran parte da abitanti, diventati cittadini di Pola, senza radici di vecchia data e come tali liberi da certi gravami, perché inconsapevoli e ignari della storia del territorio che li ha accolti.[...]
Chi ricorda è delle Baracche, uno dei rioni popolari meno risparmiati, reo di essere stato troppo vicino alla zona militare, che per salvarsi doveva precipitarsi giù dalla monumentale gradinata sotto la Chiesa della Marina, con la madre vista cadere col bambino in braccio senza nessuno che aiuti a rialzarsi. Più o meno, il grande fuggi fuggi del popolo della baracche con valigie pesanti e “gamele” di cibo alle mani, si generava passando da queste parti, poi con la distruzione della discesa in bellissima pietra bianca, la via alternativa furono i sentieri tra i cespugli. Con tutte quelle baracche dai tetti divelti e dissestati, la sopravvivenza delle famiglie venne individuata anche mediante sistemazione nell’edificio che chiamavano “mariotica”, oggi inesistente, subito a fianco delle entrate dei rifugi piene di brande militari, oggi mangiati da un incredibile boscaglia colma di rifiuti. Guaio è che verso le ore 11 di quella tragica domenica (guarda caso domenica come per lo scoppio di Vergarolla avvenuto in tempo di pace), le sirene che si fecero sentire, non provocarono esagerata apprensione tra i polesani, convinti che si trattasse di qualche solito falso allarme come quelli precedenti. Invece di precipitarsi in rifugio, moltissimi restarono nelle loro case, ma ben presto i bombardieri diedero prova di forza seminando distruzione e morte facendosi sentire con tutta una serie di spaventose esplosioni. L’incredulità e la scarsa propensione al panico di un certo signor Mario delle Baracche fece sì di fermarsi nel parco dell’Ospedale di Marina per mettersi a contare il numero degli aerei visti sfrecciare con il proprio carico di morte sopra il cielo di Pola, per poi salvarsi per miracolo, buttandosi giù e mettersi a soccorrere, a pochi metri da lui, il povero signor Gasparini colpito agli occhi dalle schegge degli ordigni esplosivi, mentre gemeva “Mario, Mario io, io non ci vedo più!!!”. I bombardamenti su Pola si ripeterono inesorabili, e, questo stesso Mario continuò, cocciuto a riparare la sua casetta di fronte alla Chiesa della Marina. “Lori distrugi e mi riparo, lori spaca tuto e mi rimeto a posto, vedemo chi se stufa prima”. Per fortuna gli Alleati.
[...] Obiettivi militari a parte, duole quello che fu fatto a Pola: colpiti il centro cittadino in largo Oberdan, il clivo Grion, le vie Benussi, Barbacani, Garibaldi, Mazzini, Abbazia, Tradonico, tutta la zona tra Monte Zaro, il Monte Cappelletta fino a Monte Paradiso, comprese le vie Muzio, Tartini, Defranceschi e trasversali; il quartiere popolare delle Baracche e Monte Cane. Qualche bomba isolata cadde pure nei pressi del Mercato e dell’Istituto Tecnico e in via Sergia. Specifica Raul Marsetič: “Gravi furono soprattutto i danni provocati al rione popolare di San Policarpo (Stoia) dove erano concentrate le abitazioni degli operai dell’Arsenale e degli altri stabilimenti cittadini, edifici comunemente chiamati Baracche. Le cronache apparse sugli organi di stampa descrivono San Policarpo come una zona nella quale erano pochissimi gli edifici scampati alle bombe. Furono gravemente colpiti anche il Famedio del Marinaio italiano (Chiesa della Marina), l’area attorno al Cimitero degli Eroi (Cimitero della Marina), nel quale diverse tombe furono distrutte, le vie Premuda, Vettor Pisani, Ottavia, Antonia, Piave e adiacenti”. Nell’elenco delle vittime c’è padre Graziano Zanin, della parrocchia di San Giuseppe in via Carlo Defranceschi, Aldo Fabbro uno dei più noti calciatori di Pola del tempo, ma non vi fu famiglia di Pola senza aver perso un parente, amico o conoscente, mentre 894 di queste risultarono più o meno gravemente sinistrate e bisognose di soccorsi. Il bombardamento, tra l’altro, non aveva risparmiato nemmeno la sede della Guardia di finanza, in via della Specola, il Carcere giudiziario e tra le abitazioni distrutte in molti scavarono disperati per ore tra le rovine in cerca dei propri cari o per recuperare qualche oggetto. Il pronto intervento delle squadre di soccorso si dimostrò molto efficace come le manifestazioni di solidarietà che seguirono. Ma la cicatrice su Pola resta. E, nemmeno oggi si può rimarginare.
Arletta Fonio Grubiša
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damecuratedgoods · 2 years
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