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#il disprezzo
userdoesntexsist · 4 months
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Does being faded asf give me an excuse to eat? My mind is JOGGLED. Someone tell me no before I fuck this food up. Not even lax could save me. 😔
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unaragazzadadifesa · 4 months
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"Lo so quanto è difficile trovare se stessi in un mondo fatto di preconcetti ed eccessi. Occhi pieni di disprezzo guardano il tuo riflesso nello specchio. Non farti del male e non mollare, un fiore ha bisogno di tempo per sbocciare."
- Serena P. (unaragazzadadifesa)
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ecoamerica · 1 month
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Watch the 2024 American Climate Leadership Awards for High School Students now: https://youtu.be/5C-bb9PoRLc
The recording is now available on ecoAmerica's YouTube channel for viewers to be inspired by student climate leaders! Join Aishah-Nyeta Brown & Jerome Foster II and be inspired by student climate leaders as we recognize the High School Student finalists. Watch now to find out which student received the $25,000 grand prize and top recognition!
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unfilodaria · 2 years
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Il Disprezzo - Jean Luc Godard (sullo sfondo villa Malaparte - Capri)
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gregor-samsung · 1 year
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“ C'è una parte di Italia, la quasi totalità delle persone che avrebbero dovuto combatterlo sul piano politico e con una proposta alternativa di efficacia maggiore, che ha considerato Berlusconi non il capo di una coalizione opposta alla propria e poi il presidente del Consiglio di questo Paese; ma ha passato anni e anni a parlare di lui come di un essere spregevole, un pagliaccio, un corrotto, perfino un uomo basso (un nano), un puttaniere. Si è persa un'enorme quantità di tempo e di energie a creare formule sarcastiche per il nemico e quelli che aveva intorno. In fondo, la sequela di errori che sono stati commessi nei lunghi anni di dominio di Berlusconi deriva da questa doppia e insostenibile identità che gli si è attribuita: il mostro e il pagliaccio. Insieme. Erano tutti convinti che fossero due definizioni esponenziali, e nessuno ha immaginato che invece avrebbero potuto essere due pesi che si annullavano. Quindi, né l'uno né l'altro. Nessuno lo ha mai considerato un vero mostro, perché il disprezzo e la derisione ne abbassavano i connotati, neutralizzavano il senso della tragedia, lavoravano per renderlo poco credibile. E non si ha timore vero di chi si considera poco credibile. Se non si ha timore vero dell'avversario politico, non si mettono in atto delle strategie concrete, e alternative alla sua, per combatterlo.
Quando è comparso sulla scena, nel 1994, gli elementi per combattere Berlusconi c'erano già tutti: il conflitto di interessi - e soltanto su questo si sarebbe potuta concentrare tutta la discussione democratica; le idee e i programmi, che non solo erano distanti dalla sinistra, ma erano distanti dagli interessi della maggioranza degli italiani. A questo si è in seguito aggiunta la disinvoltura con cui ha fatto alleanze e ha promesso in cambio con leggerezza, per esempio, il federalismo rovinoso che chiedeva la Lega. In più si è aggiunto ancora il modo di pensare alla politica, di fare campagna elettorale e di promettere, che era facilmente contrastabile al confronto con i risultati ottenuti: la pratica del governo è stata mediocre, con leggi che se potevano essere gravi perché fatte ad personam, lo erano ancora di più (e su questo bastava concentrarsi) perché non erano vantaggiose per la comunità. Tutti questi elementi pubblici, politici, sarebbero bastati a fare un'opposizione chiara e senza nessuna collaborazione di qualsiasi tipo; e sarebbero bastati a organizzare una controproposta politica di altra qualità. Non erano questioni soltanto sufficienti; erano questioni decisive della vita democratica di un Paese; non erano concentrate su una persona, ma sulle regole della comunità. Ciò bastava a mettere in piedi una tale quantità di energia oppositiva da poter essere comparata a una rivoluzione. Le energie invece, sono state sbriciolate e spese a interessarsi di altro: atteggiamenti, gesti e modi di vestire e di parlare; e soprattutto processi, gradi di giudizio e condanne; in particolare, su alcuni eventi scandalosi della vita privata. Non ho mai creduto che si potesse lottare per tutte queste cose insieme. Ho pensato sempre che l'energia oppositiva, in un Paese, è limitata, va salvaguardata, va spesa con razionalità e precisione. La dispersione di energie oppositive in tutti quei rivoli sarcastici, pettegoli, intrusivi, ha tolto forza alla sostanza. La concentrazione su stupidaggini è stato il centro energetico del Paese che si è opposto a Berlusconi. L'unica medaglia al valore civile da sfoggiare, in questi anni, è stata quante volte avevi deriso Berlusconi, quante volte avevi riso di Berlusconi; quanti articoli avevi scritto contro di lui, quante volte avevi espresso pubblicamente il tuo odio. Berlusconi su di noi faceva l'effetto di un dittatore all'incontrario: entravi nell'elenco dei sospettati se non parlavi male di lui. Si è ridotto tutto a un esercizio retorico dell'opposizione, dell'estraneità: con ogni probabilità, questo fenomeno ha avuto luogo per combattere la paura della diversità, la paura verso il potere di quest'uomo, con una denigrazione sul piano personale che ne abbassasse il pericolo. Ma l'operazione di dissacrazione del mito ha soprattutto distratto dalla lotta politica, dal centro delle questioni. Dalla costruzione di un'alternativa più efficace che potesse piacere al Paese. “
Francesco Piccolo, Il desiderio di essere come tutti, Einaudi (collana Super ET), 2017 [1ª ed.ne 2013]; pp. 198-200.
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openyoureyesbitch · 9 months
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È da tutta la mia vita che rincorro la perfezione...e ho fallito. Ho fallito non so quante volte. E l'aver fallito così tanto, mi ha portato a dubitare di me stesso. Perfino a disprezzarmi, senza mai dirlo a nessuno.
This Is Us, S2:E1
@openyoureyesbitch
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deathshallbenomore · 2 years
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comunque il migliore di oggi in assoluto il tizio che: io sono di *****. il viaggio per venire fin qui è lungo. e si suda tanto. se sudo mi dà fastidio indossare l’orologio da polso. pertanto, ecco il motivo per cui sto indossando un orologio da taschino, d’oro.
sei così peculiare ti prego non rubarmi il posto ma intrattienimi per sempre
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ecoamerica · 2 months
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Watch the American Climate Leadership Awards 2024 now: https://youtu.be/bWiW4Rp8vF0?feature=shared
The American Climate Leadership Awards 2024 broadcast recording is now available on ecoAmerica's YouTube channel for viewers to be inspired by active climate leaders. Watch to find out which finalist received the $50,000 grand prize! Hosted by Vanessa Hauc and featuring Bill McKibben and Katharine Hayhoe!
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bipaulinadlm · 5 months
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un prof s2 so fucking silly it has me nearly in tears laughing
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susieporta · 4 months
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[Lei s’innamorò come s’ innamorano sempre le donne intelligenti:
come un’ idiota]
La zia Daniela s’innamorò come s’innamorano sempre le donne intelligenti: come un’idiota. Lo aveva visto arrivare un mattino, le spalle erette e il passo sereno, e aveva pensato: «Quest’uomo si crede Dio». Ma dopo averlo sentito raccontare storie di mondi lontani e di passioni sconosciute, si innamorò di lui e delle sue braccia come se non parlasse latino sin da bambina, non avesse studiato logica e non avesse sorpreso mezza città imitando i giochi poetici di Góngora e di suor Juana Inés de la Cruz come chi risponde ad una filastrocca durante la ricreazione. Era tanto colta che nessun uomo voleva mettersi con lei, per quanto avesse occhi di miele e labbra di rugiada, per quanto il suo corpo solleticasse l’immaginazione risvegliando il desiderio di vederlo nudo, per quanto fosse bella come la Madonna del Rosario. Gli uomini avevano paura di amarla, perché c’era qualcosa nella sua intelligenza che suggeriva sempre un disprezzo per il sesso opposto e le sue ricchezze.
Ma quell’uomo che nulla sapeva di lei e dei suoi libri le si accostò come a chiunque altra. Allora la zia Daniela lo dotò di un’intelligenza abbagliante, una virtù angelica e un talento d’artista. Il suo cervello lo guardò in tanti modi che in capo a dodici giorni credette di conoscere cento uomini.
Lo amò convinta che Dio possa aggirarsi tra i mortali, abbandonata con tutta se stessa ai desideri e alle stramberie di un uomo che non aveva mai avuto intenzione di rimanere e non aveva mai capito neppure uno di tutti i poemi che Daniela aveva voluto leggergli per spiegare il suo amore.
Un giorno così com’era venuto, se ne andò senza neppure salutare. Non ci fu allora in tutta l’intelligenza della zia Daniela una sola scintilla in grado di spiegarle ciò che era successo.
Ipnotizzata da un dolore senza nome né destino, diventò la più stupide delle stupide. Perderlo fu un dolore lungo come l’insonnia, una vecchiaia di secoli, l’inferno.
Per pochi giorni di luce, per un indizio, per gli occhi d’acciaio e di supplica che le aveva prestato una notte, la zia Daniela sotterrò la voglia di vivere e cominciò a perdere lo splendore della pelle, la forza delle gambe, l’intensità della fronte e delle viscere.
Nel giro di tre mesi divenne quasi cieca, le crebbe una gobba sulla schiena e dovette succedere qualcosa anche al suo termostato interno, perché, nonostante indossasse anche in pieno sole calze e cappotto, batteva i denti dal freddo come se vivesse al centro stesso dell’inverno. La portavano fuori a prendere aria come un canarino. Le mettevano accanto frutta e biscotti da becchettare, ma sua madre si portava via il piatto intatto mentre Daniela rimaneva muta, nonostante gli sforzi che tutti facevano per distrarla.
All’inizio la invitavano in strada, per vedere se, guardando i colombi e osservando la gente che andava e veniva, qualcosa in lei cominciasse a dare segni di attaccamento alla vita. Provarono di tutto. Sua madre se la portò in Spagna e le fece girare tutti i locali sivigliani di flamenco senza ottenere da lei nulla più di una lacrima, una sera in cui il cantante era allegro. La mattina seguente inviò un telegramma a suo marito:«Comincia a migliorare, ha pianto un secondo». Era diventata come un arbusto secco, andava dove la portavano e appena poteva si lasciava cadere sul letto come se avesse lavorato ventiquattr’ore di seguito in una piantagione di cotone. Alla fine non ebbe più forze che per gettarsi su una sedia a dire a sua madre:«Ti prego, andiamocene a casa».
Quando tornarono, la zia Daniela camminava a stento, e da allora non volle più alzarsi dal letto. Non voleva neppure lavarsi, né pettinarsi, né fare pipì. Un mattino non riuscì neppure ad aprire gli occhi.
«E’ morta!», sentì esclamare intorno a sé, e non trovò la forza di negarlo.
Qualcuno suggerì a sua madre che un tale comportamento fosse un ricatto, un modo di vendicarsi degli altri, una posa da bambina viziata che, se di colpo avesse perso la tranquillità di una casa sua e la pappa pronta, si sarebbe data da fare per guarire da un giorno all’altro. Sua madre fece lo sforzo di crederci e seguì il consiglio di abbandonarla sul portone della cattedrale. La lasciarono lì una notte con la speranza di vederla tornare, affamata e furiosa, com’era stata un tempo. La terza notte la raccolsero dal portone e la portarono in ospedale tra le lacrime di tutta la famiglia.
All’ospedale andò a farle visita la sua amica Elidé, una giovane dalla pelle luminosa che parlava senza posa e che sosteneva di saper curare il mal d’amore. Chiese che le permettessero di prendersi cura dell’anima e dello stomaco di quella naufraga. Era una creatura allegra e attiva. Ascoltarono il suo parere. Secondo lei, l’errore nella cura della sua intelligente amica consisteva nel consiglio di dimenticare. Dimenticare era una cosa impossibile. Quel che bisognava fare era imbrigliare i suoi ricordi perché non la uccidessero, perché la obbligassero a continuare a vivere.
I genitori ascoltarono la ragazza con la stessa indifferenza che ormai suscitava in loro qualsiasi tentativo di curare la figlia. Davano per scontato che non sarebbe servito a nulla, ma autorizzarono il tentativo come se non avessero ancora perso la speranza, che ormai avevano perso.
Le misero a dormire nella stessa stanza. Passando davanti a quella porta, in qualsiasi momento, si udiva l’infaticabile voce di Elidé parlare dell’argomento con la stessa ostinazione con la quale un medico veglia un moribondo. Non stava zitta un minuto. Non le dava tregua. Un giorno dopo l’altro, una settimana dopo l’altra.
«Come hai detto che erano le sue mani?», chiedeva.
Se la zia Daniela non rispondeva, Elidé l’attaccava su un altro fronte.
«Aveva gli occhi verdi? Castani? Grandi?».
«Piccoli», rispose la zia Daniela, aprendo bocca per la prima volta dopo un mese.
«Piccoli e torbidi?», domandò Elidé.
«Piccoli e fieri», rispose la zia Daniela, e ricadde nel suo mutismo per un altro mese.
«Era sicuramente del Leone. Sono così, i Leoni», diceva la sua amica tirando fuori un libro sui segni zodiacali. Le leggeva tutte le nefandezze che un Leone può commettere. «E poi sono bugiardi. Ma tu non devi lasciarti andare, sei un Toro: sono forti le donne del Toro».
«Di bugie sì che ne ha dette», le rispose Daniela una sera.
«Quali? Non te ne scordare! Perché il mondo non è tanto grande da non incontrarlo mai più, e allora gli ricorderai le sue parole: una per una, quelle che ti ha detto e quelle che ha fatto dire a te».
«Non voglio umiliarmi».
«Sarai tu a umiliare lui. Sarebbe troppo facile, seminare parole e poi filarsela».
«Le sue parole mi hanno illuminata!», lo difese la zia Daniela.
«Si vede, come ti hanno illuminata!», diceva la sua amica, arrivate a questo punto.
Dopo tre mesi ininterrotti di parole la fece mangiare come Dio comanda. Non si rese neppure conto di come fosse successo. L’aveva portata a fare una passeggiata in giardino. Teneva sottobraccio una cesta con frutta, pane, burro, formaggio e tè. Stese una tovaglia sull’erba, tirò fuori la roba e continuò a parlare mettendosi a mangiare senza offrirle nulla.
«Gli piaceva l’uva», disse l’ammalata.
«Capisco che ti manchi».
«Sì» disse la zia Daniela, portandosi alla bocca un grappolo d’uva. «Baciava divinamente. E aveva la pelle morbida, sulla schiena e sulla pancia».
«E com’era… sai di che cosa parlo», disse l’amica, come se avesse sempre saputo che cosa la torturava.
«Non te lo dico», rispose Daniela ridendo per la prima volta dopo mesi. Mangiò poi pane e burro, formaggio e tè.
«Bello?», chiese Elidé.
«Sì», rispose l’ammalata, ricominciando a essere se stessa.
Una sera scesero a cena. La zia Daniela indossava un vestito nuovo e aveva i capelli lucidi e puliti, finalmente liberi dalla treccia polverosa che non si era pettinata per tanto tempo.
Venti giorni più tardi, le due ragazze avevano ripassato tutti i ricordi da cima a fondo, fino a renderli banali. Tutto ciò che la zia Daniela aveva cercato di dimenticare, sforzandosi di non pensarci, a furia di ripeterlo divenne per lei indegno di ricordo. Castigò il suo buon senso sentendosi raccontare una dopo l’altra le centoventimila sciocchezze che l’avevano resa felice e disgraziata.
«Ormai non desidero più neppure vendicarmi», disse un mattino a Elidé. «Sono stufa marcia di questa storia».
«Come? Non mi ridiventare intelligente, adesso», disse Elidé. «Questa è sempre stata una questione di ragione offuscata: non vorrai trasformarla in qualcosa di lucido? Non sprecarla, ci manca la parte migliore: dobbiamo ancora andare a cercare quell’uomo in Europa e in Africa, in Sudamerica e in India, dobbiamo trovarlo e fare un baccano tale da giustificare i nostri viaggi. Dobbiamo ancora visitare la Galleria Pitti, vedere Firenze, innamorarci a Venezia, gettare una moneta nella Fontana di Trevi. Non vogliamo inseguire quell’uomo che ti ha fatto innamorare come un’imbecille e poi se n’è andato?».
Avevamo progettato di girare il mondo in cerca del colpevole, e questa storia che la vendetta non fosse più imprescindibile nella cura della sua amica era stata un brutto colpo per Elidé. Dovevano perdersi per l’India e il Marocco, la Bolivia e il Congo, Vienna e soprattutto l’Italia. Non aveva mai pensato di trasformarla in un essere razionale dopo averla vista paralizzata e quasi pazza quattro mesi prima.
«Dobbiamo andare a cercarlo. Non mi diventare intelligente prima del tempo», le diceva.
«E’ arrivato ieri», le rispose la zia Daniela un giorno.
«Come lo sai?»
«L’ho visto. Ha bussato al mio balcone come una volta».
«E che cosa hai provato?»
«Niente».
«E che cosa ti ha detto?»
«Tutto».
«E che cosa gli hai risposto?»
«Ho chiuso la finestra».
«E adesso?», domandò la terapista.
«Gli assenti si sbagliano sempre».
Ángeles Mastretta
[racconto tratto dal libro “Donne dagli occhi grandi”]
*traduzione di Gina Maneri
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rideretremando · 1 year
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"Scrivo a tutta la comunità per assumermi la responsabilità di una scelta, evidentemente controcorrente, in occasione della scomparsa di Silvio Berlusconi.
Di fronte a questa notizia naturalmente non si può provare alcuna gioia, anzi la tristezza che si prova di fronte ad ogni morte. Ma il giudizio, quello sì, è necessario: perché è vero che Berlusconi ha segnato la storia, ma lo ha fatto lasciando il mondo e l’Italia assai peggiori di come li aveva trovati. Dalla P2 ai rapporti con la mafia via Dell’Utri, dal disprezzo della giustizia alla mercificazione di tutto (a partire dal corpo delle donne, nelle sue tv), dal fiero sdoganamento dei fascisti al governo alla menzogna come metodo sistematico, dall’interesse personale come unico metro alla speculazione edilizia come distruzione della natura. In questo, e in moltissimo altro, Berlusconi è stato il contrario esatto di uno statista, anzi il rovesciamento grottesco del progetto della Costituzione. Nessun odio, ma nessuna santificazione ipocrita. Ricordare chi è stato, è oggi un dovere civile.
Per queste ragioni, nonostante che la Presidenza del Consiglio abbia disposto (https://www.governo.it/it/articolo/bandiere-mezzasta-sugli-edifici-pubblici-e-lutto-nazionale-la-scomparsa-del-presidente) le bandiere a mezz’asta su tutti gli edifici pubblici da oggi a mercoledì (giorno dei funerali di Stato e lutto nazionale), mi assumo personalmente la responsabilità di disporre che le bandiere di Unistrasi non scendano.
Ognuno obbedisce infine alla propria coscienza, e una università che si inchini a una storia come quella non è una università.
Col più cordiale saluto,
il Rettore
_____
Tomaso Montanari
Professore ordinario di Storia dell'arte moderna
Rettore dell'Università per Stranieri di Siena
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angela-miccioli · 4 months
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Dai un'occhiata
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Quando leggo alcuni post qui dentro pieni di rancore e disprezzo verso gli altri... mi chiedo... ma cosa vi rimarrà dentro nella vostra vita futura?Resterà lì imprigionato per sempre negli occhi, nella mente e nel cuore solo il "vostro" odio...
Struruso
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ilfascinodelvago · 6 months
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Un leccapiedi. Non esiste arma più terribile in dotazione a un Regime. Il suo intuito nel giudicare chi conta e chi non conta è infallibile. È difficile corromperlo perché sa chi può dargli di più. Non può essere adulato, perché l'adulazione è il suo terreno privilegiato. Non può essere spaventato, perché sa chi può proteggerlo. Sa chi sale e chi scende le scale delle gerarchie: una sua occhiata di disprezzo è la prova più sicura di una carriera finita.
Baol, Stefano benni
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0ssim0r0 · 11 months
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La Menzogna disse alla Verità 'Facciamo un bagno insieme, l'acqua del pozzo è molto bella'.
La Verità, ancora sospettosa, provò l'acqua e scoprì che era davvero bella.
A quel punto si spogliarono e fecero il bagno.
Ma improvvisamente la Menzogna uscì dall'acqua e fuggì, indossando i vestiti della Verità.
La Verità, furiosa, uscì dal pozzo per riprendersi i vestiti.
Ma il mondo, vedendo la Verità nuda, distolse lo sguardo, con rabbia e disprezzo.
La povera Verità tornò al pozzo e scomparve per sempre, nascondendo la sua vergogna.
Da allora, la Menzogna gira per il mondo, vestita come la Verità, soddisfacendo i bisogni della società...
Poiché il mondo non nutre alcun desiderio di incontrare la Verità nuda.
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Ossimoro
Web
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eleonorasimoncini · 5 months
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Sono la tua P
Sono una puttana perché mi piace
Sono una puttana perché ho amato senza riserve
Sono una puttana perché ho disobbedito senza riserve
Sono una puttana perché non confondo più sesso, sex work e amore
Sono una puttana perché come puttana posso ridere senza motivo e anche a sproposito
Dico sono una puttana e non faccio la puttana perché quando lo faccio lo sono anche intimamente
Sono una puttana perché il lavoro che avevo prima non sapevo più farlo
Sono una puttana per essere la figlia che i miei non avrebbero voluto mai e non vogliono adesso
Sono una puttana perché non sono il figlio maschio che i miei avrebbero voluto
Sono una puttana per capire chi mi vuole veramente bene e mi accetta anche se sono una puttana
Sono una puttana perché non sopporto i tacchi a spillo e voglio indossarli il meno possibile per camminare a piedi scalzi
Sono una puttana perché non sopporto il perbenismo
Sono una puttana perché il mio lavoro mi ha impoverito
Sono una puttana perché gli uomini che rispondono agli annunci erotici te la chiedono gratis senza dire né buongiorno né buonasera e dando per scontato che sei una puttana gratuita
Sono una puttana perché dai diamanti non nasce niente dal letame nascono i fiori
Sono una puttana perché gli uomini vogliono fare con me cose che non hanno il coraggio di chiedere alle mogli e alle fidanzate (incluso il mio compagno)
Sono una puttana perché mio marito confonde la donna per bene che ha sposato con la propria madre e qualche volta anche con sua figlia
Sono una puttana perché gli uomini per bene vogliono sposare una donna per bene ma per fare sesso preferiscono una puttana
Sono una puttana perché il sesso ognuno lo fa come vuole anche a pagamento se ritiene opportuno
Sono una puttana perché qualcuno mi ha detto ti vesti come una puttana, ti trucchi come una puttana, fai sesso come una puttana
Sono una puttana per sapere cosa provano in strada le donne sfruttate, mie sorelle
Sono una puttana perché il lavoro a 4 euro l’ora è schiavitù per uomini e donne e io voglio vivere
Sono una puttana perché ho bisogno di leggere e avere tanti libri
Sono una puttana perché il lavoro intellettuale e il lavoro artistico sono sottopagati sfruttati e offesi
Sono una puttana perché l’Italia ha rinunciato ai suoi artisti
Sono una puttana perché l’Italia ha affamato i suoi artisti
Sono una puttana per poter restare in Italia e fare arte
Sono una puttana perché i miei amici artisti sono quasi tutti andati via, attori, registi, produttori più o meno indipendenti, musicisti, ballerini, mimi, pittori, performer, artisti visivi, designer, architetti e folli innamorati della vita
Sono una puttana perché le mie amichette studentesse universitarie per pagarsi una camera tugurio in affitto a Roma devono fare le puttane (i maschi per lo stesso motivo spacciano o battono anche loro)
Sono una puttana perché amo la mia vagina e non la disprezzo
Sono una puttana perché certe volte quando ho fatto l’amore mi sono sentita stuprata
Sono una puttana perché la famiglia in questo momento storico è il luogo più violento che c’è
Sono una puttana perché sono stata una bambina assillata
Sono una puttana per tutte le donne che sono morte a causa del loro essere donne, madri, lavoratrici, figlie incomprese, mogli sole, puttane sole, amanti nascoste, fidanzate uccise perché un uomo insicuro le perseguitava
Sono una puttana perché il sesso a pagamento è un lavoro e ha dignità
Sono una puttana perché la puttana è genere sessuale diverso e un piacere diverso per tutti coloro che lo praticano
Sono una puttana perché il sesso è sacro e sacro a questo mondo vuol dire monetizzato. Ché tutti sappiano cos’é il loro senso del sacro
Sono una puttana perché ogni gesto è puro incluso il più riprovevole se lo fai con l’istinto di un animale e non di un uomo
Sono una puttana perché i miei alunni consideravano Pasolini un frocio marchettaro
Sono una puttana perché sono femmina e femminista
Sono una puttana perché per una donna fare sesso libero in molti posti è ancora un reato
Sono una puttana, una strega, una mistica, una madre, una santa perché posso contenere il mondo, tenendomi in equilibrio
Sono una puttana perché il mio pensiero potrebbe dare fastidio
Sono una puttana perché hanno uccisa Ipazia dandole della puttana
Sono una puttana perché non è solo il mestiere delle donne ma da che mondo è mondo è il lavoro degli uomini
Sono una puttana perché ho abolito il senso di colpa dei genitali
Sono una puttana perché il mio cuore è puro e non ha doppio fondo
Sono una puttana perché rigetto il potere
Sono una puttana perché voglio riprendermi il desiderio di essere donna come dico io e non come dice un uomo
Sono una puttana perché questo è un mestiere inventato da un uomo per dividere le donne in belle e brutte buone e cattive e io me lo riprendo
Sono una puttana perché voglio stabilire il prezzo che gli uomini mi hanno dato e mi hanno tolto
Sono una puttana perché questo è un lavoro nobile e antico rovinato dalla politica come dice Pia Covre
Sono una puttana perché tutte le donne per bene e per male sono sorelle
Sono una puttana perché una moglie per bene può essere più in vendita di una puttana
Sono una puttana perché non voglio la protezione di un uomo
Sono una puttana perché questa parola si usa a sproposito
Sono una puttana perché mio padre aveva paura che diventassi una puttana
Sono una puttana perché voglio che noi donne riprendiamo a vederci e a ridere delle nostre imperfezioni fisiche e della nostra vecchiaia
Sono una puttana contro una società che trasforma le nostre bambine, le nostre figlie in tutto il mondo in puttane
Sono una puttana perché di dieci uomini politici che ho conosciuto a nessuno darò mai il mio voto solo perché è mio cliente
Sono una puttana perché meglio freddare i bollenti spiriti con una puttana che fare violenza alle proprie donne
Sono una puttana perché gli uomini non sanno gestire come uomini la propria sessualità
Sono una puttana perché la civiltà di un paese si misura da come tratta le proprie donne
Sono una puttana perché amo la democrazia e odio la dittatura della maggioranza
Sono una puttana perché da un uomo di potere non ho mai accettato mai niente tranne il mio cachet e da mangiare. Da mio padre
Sono una puttana perché finalmente mi amo e mi accudisco come merito
Sono una puttana perché ho bisogno di una stanza tutta per me
Sono una puttana perché voglio capire che c’è di tanto strano in questo mestiere
Sono una puttana perché le donne devono stare tutte insieme puttane e donne per bene e mettere insieme le loro vite
Sono una puttana perché ancora oggi una donna non prende valore di per sé ma ancora come secoli addietro per il matrimonio che ha fatto al massimo per gli studi che ha fatto o i figli che ha avuto
Sono una puttana perché voglio sapere perché le donne hanno paura di essere definite puttane
Sono una puttana per sapere perché questa società ingiuria le puttane, le occulta, le biasima, le disprezza ma dietro le porte delle puttane c’è sempre la fila
Sono una puttana colta perché la gente dice che se fai la puttana è perché non hai altre possibilità
Sono una puttana perché vorrei che tutte le donne dicessero anch’io sono una puttana come te e non mi vergogno di dirlo perché anch’io…
Sono una puttana
Cit.
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kon-igi · 1 year
Note
Non riesco ad avere figli e mi sembra di aver buttato la mia vita fino ad ora e che oltre non ci sia uno scopo...
Ti racconto una cosa.
Io ho 50 anni e la nostra prima figlia è nata che avevo 25 anni... una giovane coppia per quei tempi (1997) e un'età che adesso sarebbe definita prepubere.
Non ti faccio mistero che per un certo periodo della mia vita ho provato un sentimento molto vicino al disprezzo misto rabbia per tutte quelle persone che proseguivano la loro adolescenza lunga ponendosi al centro del mondo e ignorando la lotta esistenziale che un genitore doveva portare avanti anche solo per riuscire ad andare a letto la sera senza strisciare le ginocchia sul pavimento.
Oggi dico che ognuno cresce con le esperienze che gli sono più congeniali ed essere genitori è solo uno dei tanti modi per conoscere meglio la realtà... non ti rende migliore, ti fornisce solo una buona occasione per ridiscutere la tua centralità nel mondo.
Un figlio non è uno scopo, né una benedizione né una maledizione.
Un figlio non consolida il tuo ruolo nella società né conferma la tua validità di essere umano... se proprio dobbiamo dirla tutta ti provoca un'overdose di inadeguatezza e ti svela ogni giorno una nuova sfumatura del termine 'ansia'.
La domanda che ti devi fare prima di 'Sarò una buona madre?' e un'altra...
'Saprò amare gli altri anche se non sono come me?'
In caso contrario il figlio che sarà potrebbe essere per te solo un riscatto oppure una soddisfazione personale o anche una dimostrazione. O, peggio, un modo per accontentare o legare a te qualcuno.
Un figlio, in realtà, è un atto di amore ma non verso te stessa o verso chi ti sta accanto... è un atto di amore (e di fede) verso ciò che non sei tu, verso quel mondo che, dal giorno della tua scelta, diventerà più ricco e ancora più pieno di amore.
Perchè il bambino non nasce nell'utero ma nella testa e nel cuore.
Sappi essere madre senza figli e quello che tu chiami 'scopo' diventerà una tua consapevolezza profonda con la quale potrai aprirti all'altro anche senza legami di sangue e scoprire che la famiglia non ha nulla a che vedere con la biologia o la parentela.
Io sono figlio unico ma ho mille fratelli e sorelle... e ho ben più che due figlie, credimi.
Saprai amare gli altri anche se non sono come te?
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smokingago · 2 months
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Disprezzo la mia stessa ipersensibilità
che esige tanta rassicurazione
ma nello stesso tempo
mi rende così consapevole della sensibilità altrui.
Il mio bisogno di essere amata e capita …
è certamente anormale.
Forse io trovo fiducia in me stessa
cercando di conquistare gli uomini.
O forse sto corteggiando il dolore?
Anaïs Nin
🍀
#smokingago
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mikaelarebel · 3 months
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Io non dimentico il male che ricevo, ma
non ho mai imparato cosa sia il rancore,
l'odio e il disprezzo. Non ne conosco
forma e sostanza. Quando ricevo del
male lo affronto con il distacco, con
l'intelligenza e la saggezza. Mi ritengo
una persona molto avanti su certe visioni
della vita, molto oltre e dove c'è cattiveria
io mi limito a lasciare il posto ad altri.
La mia presenza, il mio essere riesce ad
essere sereno solo vicino ai suoi simili.
@Silvia Nelli
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