Tumgik
#nel mulino che ci vorrebbe
perpassareiltempo · 4 days
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Molti di noi cercano di dare un senso alla propria vita, ma la nostra vita ha un senso solo se siamo capaci di raggiungere questi tre traguardi: amare, essere amati e saper perdonare. Il resto è soltanto tempo perso.
Joel Dicker - Il libro dei Baltimore
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giancarlonicoli · 11 months
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11 lug 2023 08:54
CI LAMENTIAMO DELLA RAI MA LA BBC E' UNA FOGNA: NUOVO SCANDALO ALLA TV PUBBLICA BRITANNICA – UN “FAMOSO GIORNALISTA” DELL’EMITTENTE È ACCUSATO DI AVER PAGATO UN MINORENNE IN CAMBIO DI FOTO HOT. I SOLDI, CIRCA 35 MILA STERLINE SBORSATI IN TRE ANNI, SERVIVANO AL RAGAZZO PER COMPARSI CRACK E COCAINA - LA "BBC" SAPEVA DEL GIORNALISTA PORCELLINO (NEL FRATTEMPO SOSPESO DALLA CONDUZIONE): LA MAMMA DEL RAGAZZO ERA ANDATA A RACCONTARE TUTTO ALLA BBC MA È STATA IGNORATA - IL CASO LINEKER E LE DIMISSIONI DI SHARP -
Estratto dell’articolo di Cristiana Mangani per www.ilmessaggero.it
La Polizia inglese incontrerà domani i vertici dell'emittente televisiva Bbc nell'ambito dell'inchiesta che ha coinvolto un importante “mezzobusto” in uno scandalo a sfondo sessuale che vede coinvolto un minorenne. Il presentatore è stato sospeso perché accusato di aver pagato un adolescente per ottenere in cambio immagini sessualmente esplicite.
La notizia è esplosa come una bomba e ora la Bbc sta lottando per contenere le ripercussioni e gli effetti sul lavoro di tutta la rete. Dalle indagini sarebbe emerso che il noto anchorman avrebbe pagato 35.000 sterline in tre anni a un giovane che avrebbe utilizzato i soldi per pagare la propria dipendenza da cocaina e da crack.
La polizia ha confermato l'apertura di una indagine e i contatti con la Bbc, anche se per poter procedere, sarebbe necessaria un'accusa formale: «Avremo bisogno di ulteriori informazioni prima di determinare quali ulteriori azioni intraprendere», hanno spiegato.
I media non hanno nominato il presentatore, con fonti del Sun che citano le leggi sulla privacy sempre più severe nel Regno Unito come motivo per non rendere riconoscibili gli interessati. L'anno scorso la Corte suprema ha ribadito che le persone coinvolte nelle inchieste debbano rimanere riservate finché non verrà accertata fino in fondo la loro colpevolezza e. E questo per non danneggiarle ingiustamente.
Il giovane, che avrebbe avuto 17 anni quando ha cominciato a incontrare il presentatore, gli avrebbe inviato immagini esplicite e si sarebbe esibito in videochiamate. Sebbene l'età del consenso in Inghilterra e nel Galles sia di 16 anni, l'età minima alla quale le persone possono inviare fotografie esplicite è 18 anni.
La madre del giovane si è rivolta alla Bbc a metà maggio per contestare il comportamento del dipendente, ma in quell'occasione nulla di evidente è stato fatto, perché l'uomo è rimasto in onda fino a quando lei non ha raccontato la storia al Sun la scorsa settimana. […]
«FOTO PORNO DA UN MINORENNE» UN NUOVO SCANDALO SCUOTE LA BBC
Estratto dell’articolo di Luigi Ippolito per il “Corriere della Sera”
[…] Sono però mesi che l’emittente britannica è nella bufera. A marzo era scoppiato il caso Lineker, dopo che il conduttore era stato sospeso per aver violato le regole sull’imparzialità (aveva paragonato ai nazisti la politica del governo sull’immigrazione): dopo una levata di scudi, Lineker era stato reintegrato e le linee guida riviste. Ad aprile però il presidente Richard Sharp era stato costretto a dimettersi per conflitto di interessi, quando era emerso che era stato nominato dal governo dopo aver facilitato l’ottenimento di un ingente prestito da parte dell’allora primo ministro Boris Johnson. Tutta acqua al mulino di chi, soprattutto da destra, vorrebbe abolire il canone e tarpare le ali a una emittente percepita come troppo progressista.
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corallorosso · 4 years
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Caro Conte, faccia una bella cosa: chiuda l’Italia e butti via la chiave. Verranno tempi migliori di Serena Verrecchia L’assalto al dpcm è il tormentone delle ultime, terribili giornate. Un tormentone che attraversa il dibattito politico del Paese lasciandosi dietro un cumulo di sporcizia. Sporcizia che poi si addensa e va ad ingrossare le cataste di detriti e macerie che la pandemia ci sta lasciando in eredità. È tutta la porcheria dialettica che si è ammucchiata negli ultimi mesi. La tragedia della pandemia non è solo nei numeri dei contagi, nei dati sanitari o negli strascichi economici e sociali. La tragedia della pandemia sta anche nella putrefazione delle idee, lasciate lì a mendicare le briciole, esposte alla prima folata di vento. Da nove mesi sembra di assistere alla grande asta dei pensieri: se ne mette uno sul tavolo e lo si lascia al migliore offerente finché non invecchia, marcisce. E l’opera di decomposizione è molto veloce, permette un ricambio costante. Così chi oggi dice che il lockdown sarebbe la misura più legittima, domani va in piazza a strillare che bisogna riaprire tutto. Funziona così: l’ipocrisia è la grande ruota che manda avanti il Paese. In natura, nulla si crea e nulla si distrugge: tutto si trasforma. Anche le posizioni politiche, le ideologie più granitiche. Va bene tutto purché, nella perenne campagna elettorale della vita, si porti acqua al proprio mulino. Non importa quale sia il contenuto del dpcm, basta contraddirlo. Perché, nel bel mezzo di una crisi mondiale, qualche elemento di criticità è facile ravvisarlo. Allora bisogna stare tutti lì, avvinghiati alle decisioni di quei pochi, giuste o sbagliate che siano, per trascinarli nel fango e ricoprirli di polvere. E non per prendere il loro posto, non ora – perché nessuno vorrebbe dover mettere la propria firma sotto un dpcm, addossandosene la responsabilità. Semplicemente per indebolirli, fiaccarli, imbrattarli con un po’ della poltiglia ripugnante che avanza dai pallottolieri e lasciarli esposti al ludibrio della gente. Quello che si è visto negli ultimi nove mesi non si è mai visto per i vent’anni in cui alla guida del Paese, a fasi alterne, c’è stato un soggetto che sborsava soldi per Cosa nostra. L’indignazione che prolifera nel Paese oggi – e non parlo di quella, sacrosanta, di gente disperata che sta perdendo tutto, ma di quella più subdola di tutta la pletora di farisei, di quel nugolo di sciacalli sempre pronti a mordere la disperazione, di quel chiacchiericcio ipocrita che scava a man bassa nella protesta, negli intestini incazzati – non s’è mai vista per i mille scandali con cui questo Paese si è alimentato per decenni. Mai vista per le verità negate, per i depistaggi di Stato, per l’isolamento di quelle frange di giusti che combattono in trincea contro i nemici di tutti. Va bene la mafia, va bene la corruzione, vanno bene il clientelismo che abbiamo contribuito ad alimentare per anni, le politiche scellerate che hanno caratterizzato gli ultimi decenni della storia d’Italia; vanno bene i ladri in Parlamento, i pregiudicati nei ministeri, le collusioni tra mafia e politica, l’inquinamento, gli ultras per le strade, un sistema di informazione semplicemente raccapricciante. Va bene tutto, ma questo governo no. Questo governo non s’ha da tenere. Né domani, né mai. E allora, Presidente, faccia una bella cosa: chiuda l’Italia e butti via la chiave. Verranno, prima o poi, tempi migliori.
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veronica-nardi · 5 years
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The Untamed, La Campagna dell'Eclissi (episodi 21, 22, 23)
Mentre continuo con il rewatch, mi chiedo come faccia questa serie a continuare a commuovermi. A cinque minuti del ventunesimo episodio, stavo già singhiozzando. Ammetto di essere sempre stata una persona dalla lacrima facile, ma qui ormai le lacrime cadono di default quando i fratelli di Yunmeng sono in scena. Non so quale potere abbia, ma Shijie riesce sempre a colpirmi a livello emotivo. I fratelli Jiang e i rapporti che li legano sono uno dei motivi per cui amo questa serie così tanto. Non è sempre tutto rose e fiori tra di loro, c'è affetto ma anche discordia, c'è dolcezza ma anche tanta tristezza, e il fatto che non siano una famiglia alla Mulino Bianco li rende molto realistici e apprezzabili.
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"Sempre insieme."
Wuxian torna dal regno dei morti dopo mesi di assenza, questo suscita sollievo, ma anche una certa preoccupazione. Se ne accorge ben presto Shijie, che dopo averlo quasi trascinato in camera per poter parlare con calma in privato, le bastano poche occhiate per capire che il suo A-Xian è deperito nel fisico e che durante la sua lontananza deve essere successo qualcosa. Non è stato un periodo difficile solo per Wuxian, che nota come quei mesi di guerra e di attesa abbiano lasciato il segno anche sulla sorella. Quando lei gli domanda con le lacrime agli occhi dove sia stato per tutto quel tempo, Wuxian distoglie lo sguardo per un attimo, non ce la fa a rispondere e l'abbraccia: "Shijie, non importa quanto lontano io sia andato. Non me ne andrò mai più. Ti ho promesso che tu, io e Jiang Cheng saremo insieme per sempre." Shijie lo abbraccia di rimando, e gli raccomanda di non sparire più in quel modo, mentre Jiang Cheng li guarda commosso, contento che la sua famiglia sia di nuovo al completo. Ora la tavola non sarà più vuota.
Arriva di corsa Nie Huaisang, che appena saputa la notizia del ritorno di Wuxian si precipita a salutarlo. Quando fa per dargli una pacca sulla spalla, in modo assolutamente innocente, Wuxian fa uno scatto e si scosta, come se volesse evitare un attacco da parte dell'altro. Tutti rimangono sorpresi da tale reazione, e quando Wuxian si rende conto di aver male interpretato il gesto dell'amico, stempera la situazione con un sorriso. Ora che non ha più il Nucleo, il corpo di Wuxian risulta più povero di energia spirituale, non è più forte e abile come una volta, quindi se dovesse subire un attacco probabilmente non sarebbe in grado di difendersi, per questo reagisce in quel modo con Nie Huaisang. L'amico accoglie il suo ritorno in modo caloroso, e lo invita al banchetto che terranno quella sera in suo onore. Shijie lo lascia da solo consigliandogli di riposarsi e di non riprendere a fare le cose di fretta. Rivedere le persone a lui famigliari fa sorridere Wuxian, che a poco a poco deve riabituarsi a vivere in quella realtà con i suoi nuovi poteri da gestire.
Mentre Wuxian rimane da solo in stanza, Lan Zhan passa davanti a essa (di certo non per caso) e lo vede all'interno con il suo flauto. Lo guarda per qualche istante, tuttavia non bussa per andare a parlargli e continua il suo cammino. L'ultima volta che i due sono stati insieme era stato durante l'avventura nella grotta, dove avevano combattuto fianco a fianco sfidando la morte. Dopo mesi passati separati, non vedevo l'ora di vedere il loro incontro, che infine si è rivelato disastroso, con un Wuxian totalmente cambiato e tra le mani un potere pericoloso, e un Lan Zhan più che mai confuso e preoccupato. Dopo che Wuxian lo ha invitato ad andarsene per eseguire la sua vendetta sul Wen, i due non si sono ancora rivolti la parola.
Solitudine e rimproveri.
Quella sera, al banchetto, tutti brindano il ritorno di Wuxian. Alzano i calici in suo onore, ma il ragazzo ha lo sguardo fisso sulla sedia vuota di Lan Zhan, con l'aria assente da ciò che sta succedendo intorno a lui. I suoi occhi sono tristi vedendo che l'amico non è presente al banchetto, e non è perché Lan Zhan non lo sta festeggiando come tutti gli altri, ma perché sente di aver scosso la fiducia dell'amico nei suoi confronti. Il loro rapporto non è più quello di prima, e Wuxian ne risente.
Durante la cena, a Wuxian viene chiesto perché non ha portato la spada con sé. Quando risponde semplicemente che non è dell'umore per portarla, Nie Mingjue rimane stranito e rimane in silenzio, mentre un altro cultore critica il comportamento del ragazzo affermando che è un onore e un dovere di ogni cultore portare sempre la propria spada con sé, ed è impertinente da parte sua rifiutarsi di farlo. Jin Zixun aggiunge che avrebbe voluto scontrarsi con Wuxian avendo sentito delle sue abili capacità nel combattimento, ma ora il ragazzo non potrà fargli quell'onore. Posso chiaramente leggere i pensieri sullo sguardo tsundere di Jiang Cheng in questo momento: "Ma guarda questo, appena tornato e già mi fa fare figure di mer..a" Tengo presente che ora Jiang Cheng è Capo Clan e Wuxian un suo sottoposto, e tutto quello che Wuxian fa si ripercuote sul fratello e sulla reputazione del Clan. Intanto i cultori bisbigliano tra loro facendo commenti su certe voci che circolano su Wuxian, su come abbia ucciso in modo atroce Wen Chao tanto da renderne irriconoscibile il corpo, e sui vari trucchetti malefici che ha imparato a padroneggiare. Wuxian si limita a sorridere ascoltando certi bisbiglii, e non vi dà peso.
Ad un certo punto, nel bel mezzo di un brindisi, si alza e se ne va, lasciando i presenti sconcertati. Fuori, vede l'ombra di Lan Zhan suonare la sua arpa in una stanza vicina. Wuxian esita, ma nemmeno lui si fa avanti. Fa per proseguire, ma poi si appoggia a una ringhiera e rimane ad ascoltare la melodia mentre si scola una giara di vino. Ripensa alle parole di avvertimento di Lan Zhan: l'uso della magia risentita avrà un prezzo da pagare prima o poi, ed è una coltivazione che danneggia il corpo e la mente. Ma ripensando a quei rimproveri Wuxian accenna un sorriso e manda giù tutta l'amarezza col vino. Vorrebbe riconquistare il rapporto che aveva con l'amico, vuole che Lan Zhan creda ancora in lui e si fidi come una volta si fidavano l'uno dell'altro. Sa bene come è fatto Lan Zhan e quali sono i suoi valori e le sue regole, sa che non la smetterà mai di rimproverarlo per l'uso della magia nera, ma deve fargli capire che crede ancora in quello che credeva prima, e che ha sempre le stesse buone intenzioni. Lan Zhan dal canto suo è molto preoccupato e pensieroso, mentre stringe la sua spada tra le dita ripensa a quando Wuxian proponeva al maestro di usare la magia risentita per combattere gli spiriti. All'epoca sembrava solo un'idea campata per aria, non si sarebbe mai aspettato che un giorno Wuxian avrebbe effettivamente fatto uso di quel potere. Non sa cosa pensare, perché sa che Wuxian è un bravo ragazzo, quindi si sente smarrito e confuso, e non sa come prendere tutto ciò.
Intanto Jiang Cheng raggiunge il fratello, preoccupato dal suo comportamento insolito, prima socievole e sorridente, ora così estraniato da tutti e dall'aria più tetra. Wuxian gli dice che è solo annoiato, e ripete di non essere dell'umore giusto per portare la spada quando il fratello gli chiede di nuovo perché non l'abbia con sé. Jiang Cheng gli raccomanda di ricordarsi di portarla ai prossimi eventi pubblici, altrimenti darà un esempio di scortesia. Wuxian gli risponde che più gli verrà chiesta di fare una cosa, più lui non la vorrà fare. A che cosa importa ai Cultori se lui porta o meno la spada? E poi non ha intenzione di mettersi a discutere con degli estranei, probabilmente perché ha già intuito che gli altri hanno già deciso di giudicarlo in un certo modo, e non vuole perdere tempo con loro. Jiang Cheng è stupito che il fratello non voglia più sfoggiare le sue abilità del combattimento come era solito fare una volta, e Wuxian risponde che allora era solo un bambino.
Poi si ritira nella sua stanza, dove si mette a meditare a gambe incrociate e a occhi chiusi. Qui vediamo che la stessa cosa la faceva ai Monti della Sepoltura, dove allenava la mente a padroneggiare le emozioni del risentimento e ad usarle tramite la magia. È una tecnica di coltivazione che richiede un grande sforzo e una profonda concentrazione mentali. Forse perché la padroneggia da poco, Wuxian ha ancora bisogno di fare pratica di concentrazione e gestione delle emozioni. Quella meditazione, e il ricordo del luogo dove l'ha imparata, gli rendono i nervi tesi, e quando Shijie entra nella stanza senza preavviso, Wuxian afferra il flauto in un gesto fulmineo e lo porta davanti a sé come per difendersi, ma poi vede che è solo sua sorella. Quando la ragazza nota quel flauto mai visto prima, incuriosita si avvicina per toccarlo, ma la magia oscura la respinge, segno che riconosce Wuxian come suo unico padrone. Shijie allora suggerisce al fratello di dare un nome alla sua arma spirituale, poi si siedono per mangiare qualcosa.
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La zuppa di Yunmeng di Shijie sembra avere un sapore nuovo, e guardandolo la sorella scuote appena la testa e gli dice di essere cambiato. Wuxian abbassa gli occhi. Anche sua sorella ha notato un cambiamento, eppure ci sono cose che Wuxian non riesce a dire nemmeno a lei. Glielo chiede di nuovo: dove sei stato in questi mesi?, ma Wuxian elude la domanda. Shijie è buona e dolce ma non è stupida, il suo A-Xian l'ha visto crescere, sa quando c'è qualcosa che non va. Gentilmente gli dice che la cosa più importante è che lui sia tornato sano e salvo, e potrà parlarle di quello che è successo quando si sentirà pronto. Con un caldo sorriso Wuxian elogia la bontà della zuppa, e in quel momento Shijie rivede il vivace A-Xian del Pontile del Loto: "È bello che tu sia di nuovo qui" gli dice, proprio come gli ha detto Jiang Cheng quando lo ha rivisto. Anche se sta riprendendo a sorridere, a volte i suoi sono ancora sorrisi un po' incerti e malinconici, e fa piacere anche a lui essere tornato, ma ci sono alcune cose che gravano sul suo cuore e che deve mettere a posto.
Nel frattempo il Capo Wen non fa altro che passare le sue giornate nel suo palazzo infernale a farsi pippe mentali sui suoi poteri dall'alto del trono di spade versione gigante, con l'aggiunta che ora è molto più irascibile per via della morte di suo figlio, e per la guerra incombente. Per affrontare i nemici, crea delle creature che mi ricordano gli orchi del Signore degli anelli. Sono dei burattini d'ombra "speciali", perché sono praticamente imbattibili e trasformano tutti quelli che vengono in contatto con loro. Ma davvero, questo è il villain meno carismatico della storia, non ha un sottotesto, non ha una complessità caratteriale, non ha una storia interessante, e sinceramente non fa nemmeno paura. Non mi risulta nemmeno antipatico. Almeno la smorfiosa era antipatica e stronza, e più "apprezzabile" come villain.
Il giorno dopo i vari capi Clan vengono raggiunti da Lan Xichen, e allora si riuniscono di fretta per discutere dei piani di guerra. Jiang Cheng cerca dappertutto suo fratello, ma non lo trova. Se non si presenta faranno una brutta figura davanti agli altri. Shijie cerca di tranquillizzarlo, gli chiede di andarci piano con Wuxian, che è appena tornato e deve abituarsi. "Lo stai viziando di nuovo" si lamenta Jiang Cheng. A casa possono passare oltre la negligenza del fratello, ma in una situazione del genere la sua assenza è imbarazzante. Ammetto che capisco perfettamente la posizione scomoda di Jiang Cheng, che giovane com'è deve imparare in fretta a essere un Capo Clan, vuole stare al passo con gli altri e non vuole sfigurare. Contando la sua giovane età e il suo carattere competitivo, per lui l'apparenza è ancora più importante. E non può nemmeno contare sull'appoggio di suo fratello, che non solo non gli sta facendo da braccio destro come gli aveva promesso, ma addirittura gli causa problemi. Shijie dal canto suo non sia mai che si arrabbi con Wuxian, questi potrebbe anche far cascare il mondo e lei non se la prenderebbe. Per ora tranquillizza il fratello dicendogli di raggiungere gli altri alla riunione, mentre lei andrà a cercare Wuxian.
In questa situazione non riesco a prendere le parti di qualcuno, perché non credo che ci sia una ragione e un torto. Capisco Jiang Cheng e le sue motivazioni, e anche se infastidito so che anche lui è molto preoccupato per il fratello, e dall'altra parte capisco Wuxian. So che non sta mettendo in imbarazzo il fratello di proposito, sono consapevole che deve fare i conti con lo stress post traumatico e la depressione, ed è per questo che mi rendo conto che ha bisogno di aiuto. La situazione è tutt'altro che semplice, perché se da una parte so che la magia usata da Wuxian lo rende inquieto e stressato, dall'altra so che quello è l'unico modo che ha per coltivare magia e per non diventare una completa nullità ora che non ha più il Nucleo. Il problema è che quella è una magia mal vista da tutti, e sentendosi continuamente giudicato dagli altri, Wuxian tende a isolarsi. Ma a parte il discorso magia, Wuxian presenta proprio un problema di comunicazione: non si sfoga, non parla, non racconta ciò che è successo. Si tiene tutto dentro, mascherando il dolore dietro qualche sorriso e scolandosi litri di vino. Se questa serie fosse ambientata in tempi moderni, prenderei Wuxian e lo manderei dritto in terapia.
Wuxian ha passato la notte a meditare, e sembra che i suoi poteri consumino molta energia: siccome è un potere che si basa sulle emozioni, gestirlo non è facile. Quella mattina esce per fare quattro passi, da solo, estraniandosi dal resto del mondo. Mentre cammina, lungo il sentiero sotto di lui passa un gruppo di prigionieri Wen catturati dagli Alleati (chiamiamoli così i quattro Clan), con delle guardie al seguito che li incitano a camminare con la frusta, maltrattandoli. Wuxian rimane scosso vedendo la scena, comincia a tremare di rabbia, porta il flauto alle labbra e inizia a suonare. La melodia alza il vento intorno a lui, richiama gli spiriti e scuote i massi della montagna, ma Wuxian riesce a fermarsi prima di poter fare una strage, ma è evidente che ha qualche problema nel controllare le sue emozioni. YanLi lo raggiunge, lo informa che lo stanno tutti aspettando, gli chiede cos'è successo ma Wuxian risponde in modo vago. Shijie non sa ancora nulla della magia risentita usata da A-Xian e della sua pericolosità, ma ai suoi occhi è palese che c'è qualcosa che non va, ed è preoccupata.
Tra quel gruppo di prigionieri, che stanno portando in un campo di prigionia, c'è anche Wen Qing, che a quanto pare è stata catturata e ora è in cammino con sua nonna. Per ora non ha notizie di Wen Ning, da cui è stata separata e che hanno portato via prima di lei, e spera con tutto il cuore che stia bene e possa riabbracciarlo.
Intanto al concilio di guerra Jiang Cheng si scusa per l'assenza del fratello, inventando una giustificazione. Jin Zixun (un altro personaggio che vorresti prendere a schiaffi a solo guardarlo), dall'alto della sua antipatia decide di prendere parola e criticare la situazione: Wuxian è un sottoposto di Jiang Cheng e dovrebbe ascoltare le sue direttive, e invece continua ad agire alle sue spalle e a fare uso di quei suoi nuovi trucchetti magici. Jiang Cheng non si fa mettere i piedi in testa e gli risponde a tono che quelli sono affari del Clan Jiang (mi parte l'applauso), zittendo Jin Zixun. Nie Mingjue pone fine alla discussione, preoccupandosi invece del Metallo Yin ancora nelle mani del Capo Wen. Le porte si spalancano e una raffica di vento entra nella stanza, Wuxian fa il suo ingresso e porge i suoi saluti. Dall'alto della sua genialità, afferma con sicurezza che il Metallo Yin non è un problema perché esiste una contromisura a esso, e che presto lo vedranno. Tale affermazione lascia i presenti sconcertati, Lan Xichen e Nie Mingjue si scambiano un'occhiata perplessa alla WTF più totale.
"Gli esseri umani non sono bianco o nero."
Lan Xichen espone i suoi dubbi al fratello, mentre si ritirano dopo la riunione. Secondo lui Wuxian è troppo sicuro di se stesso (PAROLE SANTE). Chiede poi al fratello se per caso Wuxian ha fatto uso del Metallo Yin per uccidere gli uomini Wen lungo la strada giorni prima, ma Lan Zhan risponde sicuro che non lo farebbe mai. Ora parte il momento di riflessione tra le Due Giade di Gusu, un momento che apprezzo molto. "Esistono regole prestabilite per ogni cosa nel mondo?" chiede Lan Zhan. Qui Lan Xichen, nella sua eleganza e gentilezza, assume l'aria di un maestro saggio e riflessivo che impartisce lezioni di vita al suo discepolo (amo quest'uomo). Nonostante tutti i libri che si possono leggere nella vita, l'animo umano è qualcosa di talmente complesso che rimarrà sempre un puzzle incompleto da capire. Non ci sono regole per tutto. Non esiste una linea che divide in modo preciso il giusto e sbagliato. Ma se non si possono giudicare gli altri in questo modo, come si può valutare una persona? Quello che ci rende umani e ciò che giace dentro di noi, è inutile giudicare se qualcuno è bianco o nero, siamo più complessi di così. Per valutare una persona dobbiamo guardare a ciò che crede nel suo cuore, alle sue intenzioni.
Mi piace molto questa scena, questo scambio di riflessioni tra i due fratelli Lan. In Lan Zhan c'è confusione per via delle nuove scelte di Wuxian. Se dovesse semplicemente giudicarlo tra giusto o sbagliato, tra bianco o nero, allora Wuxian sarebbe condannato. Ma l'uso della magia risentita non fa di lui una cattiva persona, non importa se usa la spada o altri incantesimi, tutto dipende dai valori in cui crede nel suo cuore. Lan Zhan sa in cosa crede Wuxian, ma per una persona così fermamente attaccata alle regole da tutta la vita, è difficile accettare il percorso che Wuxian ha deciso di intraprendere.
I due continuano a ignorarsi. Quando Wuxian e Jiang Cheng passano accanto ai fratelli Lan, si limitano a salutarsi in modo formale senza scambiarsi nemmeno una parola. Anche Jiang Cheng è sorpreso di vedere una tale freddezza, sapendo che fino a qualche tempo prima erano così amici. Lan Zhan dal canto suo nega col fratello Captain Shipper di provare una qualsivoglia preoccupazione per Wei Ying.
MA CHI TI CREDE!!!!!!!
Infatti, nella scena successiva, Lan Zhan si reca davanti la porta della camera di Wuxian, ma una volta lì non ha il coraggio di bussare. Mentre se ne sta andando, Shijie lo ferma e gli rivolge la parola. Mentre i due stanno parlando, Wuxian arriva da dietro e sente Lan Zhan riferire a sua sorella che la magia da lui praticata danneggia sia il cuore che la mente. Shijie rimane chiaramente allarmata. Wuxian si fa avanti e con aria molto seria squadra Lan Zhan, ricordandogli di avergli già detto che quelli sono affari del Clan Jiang. Shijie prova a calmarlo, è stata lei a fare domande perché è preoccupata per lui.
Personalmente apprezzo molto questa mossa di YanLi. Compreso che qualcosa non va, siccome A-Xian non si apre con nessuno, decide di provare a chiedere a Lan Zhan per capire il problema. Il passo successivo sarebbe fare qualcosa per cercare di risolverlo, il problema. Conoscendo il personaggio di Shijie, già immagino che non si metterà mai a rimproverare Wuxian per quello che sta facendo, ma una bella chiacchierata col fratello non farebbe male. Non dico che deve prenderlo a sberle, ma mi farebbe piacere vederla affrontare l'argomento in modo serio, invece delle solite coccole. Forse YanLi si rende conto che isolato e mal visto com'è, Wuxian ha bisogno di vedere qualcuno che sta dalla sua parte nonostante tutto.
"Lascia che ti aiuti."
Lan Zhan si allontana, ma Wuxian gli corre dietro per cercare di parlargli. Con un movimento fulmineo, Lan Zhan si gira di scatto e lo attacca per mettere alla prova le sue abilità di combattimento. Abilità che ovviamente si sono fatte più scarse, infatti dopo due secondi Wuxian si ritrova con la punta della spada di Lan Zhan alla gola, essendo troppo lento e incapace di difendersi. Quando l'amico gli chiede dov'è la sua spada (che a quanto pare in una puntata è diventata la domanda più gettonata di Untamed), Wuxian scuote la testa e accenna un sorriso, evitando di rispondere.
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Nonostante la freddezza iniziale nel riprendere i rapporti, i due la smettono di comportarsi come due sposini che mettono il broncio evitando di parlarsi per giorni, e appollaiandosi sui tetti (ormai luogo d'appuntamento) ricordano i bei tempi andati. Ricordano i Meandri delle Nuvole, il loro primo incontro e il combattimento sui tetti di qualche anno prima. Finalmente Wuxian sembra più rilassato e a suo agio con Lan Zhan, e quando sorride sembra tornare quello di una volta, sembra per un attimo che il tempo non sia mai trascorso. Ma come dice giustamente Lan Zhan, è cambiato tutto da allora, ora tutto è diverso. Nell'arco di venti episodi sono successe tante cose, che pesano sui personaggi in modo diverso, ognuno sta reagendo e sta crescendo in maniera differente, e ammetto che mi piace vedere la crescita di questi personaggi, accompagnarli lungo il percorso.
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Lan Zhan non perde occasione e lo ribadisce: quella magia lo danneggia ed è pericolosa. Wuxian gli spiega che i suoi poteri si basano sull'astuzia della mente, è ciò che ha imparato a fare durante quei mesi ai Monti della Sepoltura. Apprezzo che non continui a raccontare storie dalla dubbia credibilità e che ammetta di essere rimasto intrappolato nei Tumuli, e non mi stupisce che la persona con cui ne parli sia Lan Zhan, che continua a essere preoccupato per lui: basandosi sulle emozioni e sulla mente, se dovesse perdere il controllo potrebbe finire a praticare la magia demoniaca e le conseguenze sarebbero disastrose. Wuxian capisce la sua preoccupazione, e gli promette che mai userà la Coltivazione Demoniaca. "Mi credi?" Lan Zhan sembra esitare, ma poi fa un cenno con la testa come per annuire, e Wuxian sorride più sollevato. Gli altri cultori possono pensare quello che vogliono e parlare alle sue spalle quanto vogliono, questo Wuxian lo può sopportare e riesce a non dargli peso, ma che Lan Zhan gli creda è importante. A lui Wuxian non può voltare le spalle, sono troppo legati, per questo gli spiega come stanno le cose e gli assicura che non userà mai i suoi poteri per fare del male. E per lui è importantissimo che Lan Zhan gli creda.
"Lascia che ti aiuti."
Wuxian rimane sorpreso dall'offerta di aiuto di Lan Zhan, come se non se lo aspettasse. Prima serio, sembra ponderare la cosa, ma poi accetta e infine, allontanandosi, sorride.
La guerra.
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Arriva il giorno di partire con le truppe per marciare verso la Città Senza Notte e distruggere gli Wen. Bene. Nie Mingjue è inferocito, carico, non vede l'ora di fare il culo a quei bastardi. Come ogni comandante che si rispetti, si lancia in un discorso motivazionale per spronare l'esercito. Siccome stanno scendendo in guerra, mi aspetto di vedere MIGLIAIA di uomini pronti a marciare, ma quando l'esercito degli Alleati viene inquadrato vedo che è formato... da una cinquantina di uomini. È questa la grande armata? È questo l'esercito che deve sconfiggere gli Wen e i loro burattini? Giuro che quando l'ho visto sono scoppiata a ridere. Erano per caso a corto di budget per reclutare comparse? In ogni caso, questo ""esercito"" si mette in marcia bello carico. Shijie procede in carrozza, Jiang Cheng vola sulla spada con Jin Zixuan e l'avanguardia e invita il fratello a fare lo stesso, ma Wuxian ovviamente non può farlo, quindi si limita a partire a cavallo con Lan Zhan, affermando con aria indifferente di non volersi unire al pavone fiorito.
Lungo la strada verso Qishan, gli scontri sono inevitabili, e dovendo gli Alleati combattere contro dei burattini praticamente indistruttibili, quelli che ne escono fuori sono dei veri e propri massacri, e i nostri eroi sono costretti a battere in ritirata e a pensare a una nuova strategia. Jin Zixuan e Jiang Cheng ne parlano con Nie Mingjue, che per evitare ulteriori morti nelle fila dei suoi uomini decide di mettere in atto il piano strategico più suicida di questo mondo: infiltrarsi nel palazzo infernale degli Wen e uccidere il Capo. Ora, COME DIAMINE PENSA DI PENETRARE NEL PALAZZO NEMICO E ARRIVARE FINO ALLA SALA DEL TRONO PER FAR FUORI IL CAPO SENZA CHE NESSUNO SE NE ACCORGA??? Ha intenzione di materializzarsi? Intende trasformarsi in un topo per passare inosservato? E poi il Capo Wen non è esattamente l'ultimo degli stronzi, sai, ha qualcosa come tre pezzi di Metallo Yin tra le mani, ucciderlo non deve essere proprio la cosa più facile del mondo. Giunge sul posto Lan Xichen, portando con sé una riproduzione delle mappe del territorio nemico. Si tratta di riproduzioni piuttosto fedeli e dettagliate, quindi la persona che gliele ha fornite deve essere qualcuno che conosce bene il posto e il palazzo Wen. Lan Xichen è già stato aiutato in passato, quando i Meandri delle Nuvole erano stati bruciati e lui doveva scappare, ma al momento si rifiuta di rivelare l'identità della persona che sta segretamente passando informazioni. Essendo Lan Xichen un uomo saggio, responsabile e onesto, Nie Mingjue si fida di lui.
L'esercito continua a procedere verso Qishan, e gli scontri proseguono. Qui ha luogo un piccolo incidente. Siccome Jin Zixuan e Shijie non sono capaci di comportarsi come due innamorati normali, tra loro ci deve sempre essere qualcosa che non va. Shijie segue l'esercito per assistere i feriti e preparare da mangiare. Un giorno ha luogo un malinteso tra lei e Jin Zixuan, che fraintende le intenzioni della ragazza e la tratta freddamente, rimproverandola. Avendolo visto imbarazzato ma anche gentile in passato in presenza di YanLi, e sapendo che sta dando il suo contributo nella guerra dimostrando di avere coraggio e senso di giustizia, a questo punto mi viene da dire che Jin Zixuan è un bravo ragazzo ma ha qualche problema nell'esprimere i suoi sentimenti verso di lei, finendo col ferirla. Quando Wuxian viene avvertito che è successo qualcosa a Shijie, si precipita nella tenda e trova sua sorella in lacrime. Inutile dire che subito gli monta la rabbia. Mian Mian gli spiega l'accaduto, e Wuxian va su tutte le furie, non accetta un simile trattamento alla sua Shijie. Colpisce Jin Zixuan al petto, poi suona il flauto e in due secondi mette al tappeto i discepoli pronti a intervenire. Dopo aver tirato un altro cazzotto a Jin Zixuan, alza il braccio per colpirlo di nuovo, ma Mian Mian si mette tra i due per proteggere il suo maestro, e Shijie cerca di trattenerlo per non peggiorare ulteriormente le cose. Lan Zhan si precipita dentro, raggiunge Wei Ying e gli mette una mano intorno al braccio, sollecitandolo a concentrarsi e calmarsi. Wuxian riesce a trattenersi e a non sfogare oltre la sua rabbia, ma questo è un chiaro esempio di cosa può succedere nel momento in cui si lascia sopraffare dalle emozioni. Cosa sarebbe successo se non ci fossero stati Shijie e Lan Zhan a trattenerlo? Sarebbe riuscito a calmarsi, o avrebbe continuato ad attaccare Jin Zixuan? È evidente che Wuxian ha qualche problema nel tenere sotto controllo le sue emozioni, e questo non farà altro che aumentare le preoccupazioni di Lan Zhan.
Un grande ritorno.
Nie Mingjue riesce, NON SO COME, a penetrare nel palazzo nemico, e quando lo vediamo in scena si trova direttamente nella sala del trono davanti al Capo Wen, che è affiancato da una figura di cui inizialmente non vediamo il volto. Costui sembra essere un fidato consigliere del Wen, perché si avvicina a lui fino accanto al trono, si muove con famigliarità all'interno della sala, e il modo in cui i due si parlano fa capire che si conoscono ormai da tempo. Questo sconosciuto si avvicina a Nie Mingjue e lo saluta come se salutasse un vecchio amico, "Da quanto tempo non ci vediamo". Signore e signori, ecco un grande ritorno in scena di un personaggio che avevo quasi dimenticato. Mai mi sarei aspettata di vedere LUI in questa situazione:
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Grave errore dimenticarsi di QUESTO personaggio. Guarda che sorriso da serpe che esibisce, che sguardo da genio del male. Il sangue ribolle in corpo a Nie Mingjue, che si imbestialisce a vedere il suo ex attendente al servizio degli Wen. Furioso, parte uno scontro, Meng Yao finisce a terra in pochi istanti ma il Capo Wen impedisce che venga ucciso. Nie Mingjue lancia una sferzata con Baxia e mette KO tutte le guardie attorno a lui, poi si scaglia contro il Wen per ucciderlo, ma all'altro basta dare un colpetto al Metallo Yin per rispedirlo a terra sanguinante.
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Nel frattempo al di fuori si sta combattendo la grande battaglia tra gli Alleati e i burattini d'ombra del Capo Wen. Wuxian ha qualche problema con i combattimenti, non è veloce e non sa difendersi come prima, ma può contare su Lan Zhan che lo protegge come una guardia del corpo in ogni momento. Le creature controllate dal Capo Wen per mezzo del Metallo Yin sono indistruttibili, e ne arrivano sempre di più, i nostri eroi sono praticamente spacciati. C'è un solo modo per uscire vivi da lì e vincere la battaglia: Wuxian tira fuori il flauto e comincia a suonare, chiamando a raccolta tutta l'energia risentita possibile per poi usarla per padroneggiare gli orchi e fare in modo che uccidano gli altri burattini d'ombra presenti sul campo di battaglia. A quel punto agli altri non rimane altro da fare che mettersi da parte e lasciare che i nemici si distruggano a vicenda, mentre lanciano a Wuxian sguardi seri e preoccupati, chiedendosi come sia possibile che abbia acquisito un potere così enorme, addirittura capace di sopraffare il potere del Metallo Yin.
Resosi conto di non riuscire più a controllare i suoi burattini, il Capo Wen si precipita fuori e vede che la causa di ciò è Wuxian, che mostra a tutti di riuscire a contrastare il Metallo Yin per mezzo di una sua invenzione: il Sigillo della Tigre, che esibisce davanti agli occhi del Capo Wen diviso in due pezzi. (DUE PEZZI OK? DUE. Me lo tengo a mente.) Ad ogni modo, il Capo Wen ipotizza che Wuxian si sia servito del pezzo di Metallo di Xue Yang per creare il suo nuovo Sigillo, cosa che crederanno molte altre persone e che contribuirà a peggiorare la reputazione di Wuxian.
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Vedendo il massacro dei suoi burattini sul campo di battaglia, il Capo Wen attira Wuxian verso di sé e lo afferra per il collo come se volesse strangolarlo. Lan Zhan si precipita verso di loro, ma prima che possa succedere qualcosa il Capo Wen viene colpito alle spalle da Meng Yao. QUELLO CHE SEMBRAVA ESSERE IL VILLAIN DEI VILLAIN VIENE UCCISO IN DUE SECONDI COME L'ULTIMO DEGLI STRONZI. E se il Wen è stato un po' una delusione, ora mi aspetto l'entrata in scena di un altro villain molto più interessante e anche incredibilmente più astuto.
Anche se non si può ancora dire con sicurezza, a questo punto ai miei occhi Meng Yao non è più un elemento affidabile. È stato una spia abilissima, ha fatto il doppiogioco, si è infiltrato nei Wen ed è diventato il consigliere del capo, intanto ha passato informazioni a Lan Xichen e infine ha pugnalato il capo alle spalle. A che gioco sta giocando? Da che parte sta veramente? Quali sono i suoi scopi?
Nie Mingjue non si fida più di lui. È sconvolto e furioso, e tutto quello che vuole è tagliargli di netto la testa dal collo. Lan Xichen prende le difese di Meng Yao, mentre questi assume un'aria tutta innocente e da povero bambino indifeso. Afferma di non avere avuto scelta quando, poco prima, ha ucciso alcuni discepoli Nie, non poteva esitare, doveva dimostrare al Capo Wen di essere completamente dalla sua parte per conquistare la sua fiducia. Nie Mingjue non tollera certi tradimenti, alza la sciabola ma Lan Xichen alza la sua spada per fermarlo, affermando che Meng Yao ha rischiato molto in tutti quei mesi a passare informazioni, e che in realtà è sempre stato dalla loro parte. Non è la prima volta che la virtù di Meng Yao viene messa in discussione: prima ha ucciso il capo delle guardie di Nie Mingjue, e ora questo atteggiamento doppiogiochista. La cosa bella è che riesce sempre a trovare una scusa, un qualcosa che lo ha costretto ad agire in un certo modo. Ma è davvero così? Davvero non ha avuto scelta? Lan Xichen gli crede, totalmente e ciecamente. È interessante il rapporto che lega i due: Lan Xichen tratta Meng Yao con gentilezza e con rispetto, non lascia che si inchini di fronte a lui, lo tratta come un suo pari, mentre Meng Yao non ha conosciuto altro che offese e maltrattamenti da parte degli altri. Lan Xichen crede in lui, vuole dargli fiducia, perché lo vede così diligente, così bravo, umile e servizievole. Come può non essere una persona virtuosa? Non sarà perfetto, avrà le sue colpe, ma Lan Xichen crede fermamente nella sua buona fede. Lan Xichen, io ti adoro, ma non sarai un po' troppo buono e credulone? Appena Nie Mingjue ha visto Meng Yao commettere un tradimento, ha cominciato subito a sospettare di lui e a non avere più fiducia, ma suppongo che per Lan Xichen sia più difficile vedere con razionalità la natura pericolosa di Meng Yao, non solo per la sua bontà di cuore, ma anche per come Meng Yao si è sempre posto ai suoi occhi. Lo ha anche aiutato a fuggire dai Meandri delle Nuvole quando erano stati bruciati, lo ha aiutato a mettersi in salvo e con lui non è stato altro che gentile e disponile. È naturale che Lan Xichen veda solo una faccia di Meng Yao. Alla fine, intercedendo per lui, riesce a risparmiargli la vita.
Finita la guerra, Nie Mingjue, Lan Xichen e Meng Yao prestano giuramento e diventano Fratelli Giurati, promettendo di vivere per i loro Clan, per la gente comune e di essere leali.
Meng Yao ottiene anche il riconoscimento di suo padre per l'onore che ha portato al suo Clan durante la guerra, arrivando addirittura a uccidere il Capo degli Wen. D'ora in avanti sarà chiamato Jin Guangyao. A quanto pare c'era bisogno che Meng Yao facesse tutto questo per ottenere finalmente il riconoscimento del padre, che per tutta la vita non l'ha mai degnato di uno sguardo, e che ora si degna di ricordarsi della sua esistenza solo perché ha fatto qualcosa che ha dato lustro al Clan Jin.
Devo riconoscere che Meng Yao ne sta facendo di strada. È partito senza niente, era solo il figlio mal visto di una prostituta, non aveva un titolo o qualche potere o privilegio, eppure dal livello più basso della scala sociale si sta lentamente elevando. Devo fargli i miei complimenti, sta giocando molto bene.
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E parlando di suo padre, Jin Guangshan, finalmente ci degna della sua presenza. Ora che la guerra è finita, compare dal nulla e insieme a Lan Xichen e Nie Mingjue, si discute di cosa fare dei sopravvissuti del Clan Wen (al prossimo giro di episodi ci sarà da ridere). Per ora la cosa rimane sul vago: i tre pezzi di Metallo Yin degli Wen sono stati distrutti, ma ce n'è ancora uno in circolazione (quello di Xue Yang) e il Capo Jin è preoccupato che possa finire nelle mani degli Wen sopravvissuti e che possano poi vendicarsi, oppure che possa finire nelle mani di persone ambiziose (anche se rimane sul vago, questo è chiaramente un riferimento a Wuxian). Lan Xichen fa notare che si tratta solo di donne, anziani e persone innocue, non c'è ragione di fare loro del male, e Nie Mingjue, anche se prova un odio profondo per gli Wen, si trova d'accordo con lui. Arriva Jin Guangyao, tutto servile e sorridente, portando con sé i prigionieri Wen. Riferisce di averli interrogati e nessuno di loro sembra essere collegato al Metallo Yin, inoltre sono persone prive di un rilevante potere spirituale. Consiglia quindi di portarli in un posto sicuro per tenerli almeno per ora sotto controllo. Prima di andarsene Nie Mingjue lo squadra con aria dura, e Lan Xichen lo invita a non prendersela, il Capo Nie è un uomo ferreo e severo, e teme che lui possa aver preso la strada sbagliata. Meng Yao ha di nuovo l'aria di un bambino innocente che tanto cerca di farsi amare ma che poi è odiato da tutti, e Lan Xichen prova molta simpatia e considerazione per lui.
Ed è quando Lan Xichen si allontana che esce fuori il VERO VOLTO di Meng Yao: fa portare dentro i prigionieri... e li massacra. Quello che esce da quella sala è un lago di sangue. ORA POSSO DIRE CON CERTEZZA CHE MENG YAO NON È UN TIPO AFFIDABILE.
"Se non ti fidi di me, come puoi aiutarmi?"
Wuxian collassa privo di forze dopo aver usato tutta quella energia per padroneggiare i burattini d'ombra, con Lan Zhan che subito lo prende protettivamente tra le sue braccia. Passa alcuni giorni in uno stato di incoscienza, e quando finalmente si sveglia Shijie è accanto a lui, sollevata che il fratello abbia ripreso i sensi, e subito gli raccomanda di stare attento nell'usare il Sigillo della Tigre, visto che gli consuma così tanta energia. Jiang Cheng e Lan Zhan sono stati molto preoccupati per lui, e Lan Zhan è venuto mattina e sera ogni giorno a suonare per lui delle melodie adatte a rilassargli lo spirito e farlo risvegliare al più presto. Si presenta anche adesso, e quando entra nella stanza lui e Wuxian sembrano quasi imbarazzati, tanto che Wuxian non riesce a guardarlo negli occhi e abbassa lo sguardo. Lan Zhan suona per lui, e piano piano l'atmosfera si scioglie e i due si rilassano. Non solo quello, anche lo spirito e il corpo di Wuxian traggono giovamento da quella tecnica, poco dopo riesce ad alzarsi in piedi e a muovere fluidamente i suoi muscoli.
Lan Zhan lo esorta a ripetere la tecnica della musica rilassante per alcuni altri giorni, per eliminare il male e calmare il cuore. "Non ho bisogno di eliminare il male, sono solo molto stanco. [...] Lan Zhan, pensi anche tu che il Sigillo della Tigre sia malvagio? E che possa influenzare e cambiare lo stato mentale di una persona, da rettitudine a malvagità, da bianco a nero?"
Sul momento Lan Zhan non risponde nulla, ma quando poco riprendono l'argomento finiscono per litigare di nuovo. Lan Zhan vorrebbe praticare per lui la melodia "Purificazione", ma Wuxian pensa che lo voglia fare perché non si fida di lui. Lan Zhan comincia a porgli delle domande su come ha forgiato il Sigillo, e Wuxian gli dice di aver trovato una spada di Metallo Yin nel corpo della tartaruga quando hanno combattuto la bestia. Lan Zhan vuole sapere da quanto tempo l'ha forgiato e perché ha continuato a farne uso sapendo di cosa si trattava. Wuxian perde la pazienza e manca poco che lo mandi a cagare.
"Hai acconsentito che ti aiutassi."
"Se non ti fidi di me, come puoi aiutarmi?"
Lan Zhan non molla: il Sigillo della Tigre non è una pratica ortodossa, e quando la mente di Wuxian diventa instabile, potrebbe non dominarlo.
"Tu temi che io possa cadere nel dominio del Sigillo della tigre, e diventare come Wen Ruohan. Ma il Sigillo della tigre non è il Metallo Yin, e io non sono Wen Ruohan."
Vengono interrotti da delle urla provenienti dal bosco. Subito accorrono, e scoprono che Jin Zixun si sta letteralmente divertendo a tirare con l'arco contro i sopravvissuti Wen in fuga. I due lo fermano, e Wuxian lo guarda male: quelli sono solo donne, bambini e anziani, sono malvagi anche loro? Jin Zixun praticamente gli ride in faccia, per poi allontanarsi come se nulla fosse, con Lan Zhan che trattiene Wuxian per impedirgli di fare qualcosa di avventato. Wuxian intuisce che in quella zona deve esserci molto risentimento ed energie negative a causa della guerra e di tutte quelle morti, ed è meglio suonare qualcosa per rilassare l'atmosfera. I due suonano insieme, uno col guqin l'altro col flauto, e calmano gli spiriti risentiti del luogo.
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La questione tra i due per ora rimane in sospeso. Wuxian si sente isolato e additato dal resto del mondo per i suoi nuovi metodi che risultano poco ortodossi agli occhi degli altri. Lo guardano male, parlano alle sue spalle, girano brutte voci su di lui, la sua reputazione è tutt'altro che buona, ma di tutto ciò non gli importa poi molto. Può sopportarlo. La cosa importante è che Lan Zhan gli creda e si fidi ancora di lui, ma Wuxian sente che la fiducia sta venendo meno. Il Sigillo della tigre per Lan Zhan rappresenta qualcosa di negativo, ma Wuxian non ha nessuna intenzione di usarlo per fare del male, e Lan Zhan dovrebbe fidarsi delle sue parole e credere in lui. Sono convinta che Lan Zhan crede nella sua buona fede, e vorrei dire a Wuxian che a volte le buone intenzioni non bastano. Il suo cuore è buono e non potrebbe essere più diverso da Wen Ruohan, ma come può garantire con assoluta sicurezza che non perderà mai il controllo dei suoi poteri e che andrà sempre tutto bene? Perché è questo che preoccupa Lan Zhan, ed è questo che io condanno a Wuxian. La mente umana è troppo vulnerabile per fare affidamento su di essa riguardo un potere così grande. Alla fine l'arroganza, il suo più grande difetto, lo mette sempre su un piedistallo su cui è convinto di poter padroneggiare qualsiasi cosa perché lui può, perché lui è un grande prodigio e ha tutto sotto controllo. Lui non può fallire.
Un bel bagno di umiltà non gli farebbe male eh.
Sarebbe tutto più facile se Lan Zhan sapesse del sacrificio del Nucleo. Capirebbe meglio Wuxian. Capirebbe perché non porta la spada, perché ha creato il Sigillo e perché fa uso di un metodo poco ortodosso. Sarebbe meno severo con lui e comprenderebbe le sue ragioni. Ma Wuxian non può dirlo a nessuno, Jiang Cheng non deve assolutamente venirlo a sapere, ma questa situazione crea solo malintesi e tensione.
E mentre Lan Zhan, nonostante le sue preoccupazioni, può comunque fidarsi del buon cuore di Wuxian, per il resto del mondo non funziona allo stesso modo. In questo momento Wuxian/Sigillo della tigre e gli Wen, sono entrambe cose cattive.
Wen = cattivo.
Sigillo della tigre = cattivo.
Uso della magia risentita = cattivo.
Se ti chiami Wen, allora sei solo un cane che può essere usato come bersaglio al tiro con l'arco. Se usi la magia risentita, sei una persona malvagia. O giusto, o sbagliato. O bianco, o nero. È così che ragionano i Cultori, mentre Wuxian vuole rompere gli schemi mostrando come fare uso di un certo tipo di magia non deve per forza fare di lui una persona malvagia, tutto dipende da come usa quella magia.
Arroganza di Wuxian a parte, non è che questi cultori si stanno rivelando un po' chiusi di mente e anche un po'... falsi? Voglio dire, si danno tante arie nel decantare il loro onorevole virtuosismo, e poi rincorrono delle madri con in braccio i loro bambini per giocare a tirare le frecce? E tutto solo perché si chiamano Wen? Quindi il tuo cognome ti rende un bersaglio umano, a prescindere da cosa hai fatto? C'è una parola per descrivere tutto questo: ipocrisia. Ma ne parlerò al prossimo giro, e ci sarà davvero da ridere.
(PS. Mentre facevo i collage di immagini ho notato quanto sia bello Lan Zhan in queste puntate. Lo volevo dire.)
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Ok, è ora di mettere nero su bianco e fare chiarezza. Partiamo da delle considerazioni.
A Roma non mi sento di essere nel posto giusto. Non sento di appartenere alla comunità. Mi sento un outsider. Non appartengo alla mentalità, al vibe della città. Non mi piace.
Nessuna strada mi sembra quella giusta. Come se ogni scelta comportasse delle grosse rinunce. Ho paura di fare un altro passo sbagliato. Mi sento bloccata e ho paura de cambiamento. Odio i periodi di transizione.
Per me i soldi sono importanti, come lo è la flessibilità. Sono stanca di vivere di imposizioni e sacrifici economici, vorrei poter respirare. Vorrei anche poter avere la libertà di scegliere dove vivere. Solo nel Mulino che vorrei a quanto pare.
Ho capito che lui vorrebbe starmi vicino ma non ci riesce. Non sa rassicurarmi. Mi sembra di avere la responsabilità intera della nostra storia sulle spalle. Pensa per se stesso, non è programmato per due, a differenza mia.
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demonicfloweret · 6 years
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Nel mulino palazzo mentale che vorrebbe i sentimenti sono polaroid sbiadite e stropicciate che spuntano fuori dal cassetto sotto una valanga di oggetti molto più utili, molto più sensati. Ritratti così opachi e consumati dal tempo che potrebbero appena farle intuire per chi e perché li avesse provati. Sono buoni solo come sottobicchieri di creanza da mettere sul tavolino da caffè in presenza di un ospite e per non turbarlo all’udirla altrimenti pronunciare “Mi dispiace”, “Perdonami”, ”Sono qui per te” fredda e meccanica come un Dissennatore. Pallidi oggettini di decoro pronti a subire un Convercoloris d’urgenza se la situazione richiede di fingere di più, o a screpitare sotto la fiamma d’un Flamora se l’obiettivo ha catturato una luce troppo accesa o tonalità che emergono troppo rispetto alla desaturazione grigia generale. E così si convince che Faunya per lei sia niente più che una ragazzina sveglia, Eileen il rancore d'un tradimento e Evanna un'innocenza rubata. Che ad unirla a Brandy ci siano solo marachelle pozionistiche e un tragico evento, a Donnie manichini stregati e un ingegno nel complesso interessante. Gli scambi di favori con Jedediah sono divertenti convenienze, quasi come la perpetua sfida di potere con David. Oèngus, in tutto questo, rimane un piccolo inconveniente facilmente rivendicabile. Alle bambine della sua vita (Corine, Grantaire, Adelaide) concede una tenerezza pastello , fatta di sorrisi di miele e lezioni di vita non richieste. Tutti sono possibili cavie per il suo continuo esperimento sulla psiche umana.
 Una notte ha schiodato l'asse di legno più robusta e ha seppellito una dagherrotipa sotto un groviglio di rami spinati, rea di impietosi rossi e neri : mai Salvo Hexia fu castato con tale decisione Non si è accorta delle altre scivolatele dalla tasca, sotto il tappeto, di colori altrettanto vivaci.
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sangha-scaramuccia · 3 years
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Vexata Quaestio: buddhismo = religione
Mi è stato chiesto un "parere informato" su questo tema: figuratevi se non l'ho dato.
Il buddhismo è una religione?
Mi dispiace per i "sinistrati" e per i ratzingeriani, ma la risposta, antropologica, religo/comparatista(1) sarebbe...
Sì. 🙂
E lo zen?
Ancora sì, e questa risposta non ha nulla a che vedere con veti tradizionalismi, ma con fatti storici, anche attuali. 🙂
Non voglio appestarvi sul concetto di "religio"(2), ma voglio chiedervi: chi è che vorrebbe far sapere al mondo che il buddhismo o lo zen non sono religioni?
a) chi - di altra religione - invidia il buddhismo zen, che sembra una religione del futuro, mentre la sua arranca fra contraddizioni mai prima considerate ma ora accerchianti
b) chi vuole portarsi lo zen a spasso come fosse un portachiavi o un ciondolo, dato che è oramai seguace di una ideologia che sia
b1) politica, ovvero orientata verso uno degli estremismi reperibili sul mercato partitico nazionale o internazionale
b2) spiritualista, quindi orientata al dogmatismo fideistico o - di converso - all'ammosciamento new age
b3) scientifca, quindi giubilante del tradimento epistemologico innescatosi nel mondo scientifico, tradimento che sta mettendo a repentaglio la nostra stessa esistenza. 
Niente di strano, ogni secolo ci sono una o più occasioni di distruzione di massa.
c) gli esperti di marketing, in quanto una religione che non figuri come tale, ma solo come vaga "spiritualità" è molto vendibile e può essere tradotta con termini melliflui come awareness o mindfulness o trascendental e altre simili vaghezze.
Una finestra di overton è il modo nel quale, con semplici implicazioni, si introducono nei discorsi delle "ovvietà" definibili tecnicamente come "truismi" - cioè mezze verità - che alla fine ti abituano al fatto che un signore con parrucca bionda e rossetto o con una svastika al braccio, possano essere considerati "credibili", già solo perché portatori di tali simboli (che magari in altri tempi furono o saranno considerati disdicevoli).
In breve: quando la gente si abitua ad un determinato concetto di "libertà" ecco che chi la promulga può togliergli tutti i diritti, anche quelli religiosi, perché tutti subiscono una delicata, ma continua e sempre aumentata, bollitura cerebrale. Paura, dogmatismo, delazione.
Poi, è anche vero che la Meditazione Zen non può essere considerata un’azione “confessionale”; benché alcuni papi e vescovi l’abbiano vietata ai propri fedeli, abbiamo l’esempio di Padre Piras, generale dei gesuiti, che tutte le mattine la praticava appena sveglio. Ma ora stiamo parlando di MEDITAZIONE come tecnica, non più del complesso delle pratiche e degli intendimenti relativi al buddismo o allo zen, ovvero della RELIGIONE.
Da un punto di vista strumentale è evidente, che lo yoga o lo zazen possano essere praticati anche da un cattolico, da un ebreo o da un musulmano, cosa che ho visto fare - di persona - e che mi pare normale.
Invece nella "religio" può darsi comunque uno scambio, in altro modo però. Così posso essere benedetto molto rispettosamente da un amico islamico con uno dei nomi di Allah e nello stesso modo posso essere benedetto da un amico ebreo con un bellissimo cartiglio.
Un ragazzo musulmano mi chiese un consiglio spirituale ed io glielo detti, come se fossi però un ministro di culto della sua religione, e lo stesso feci per un amico induista, ovvero senza tirare l'acqua al mio mulino buddhista.
Andando ancora più su, dal punto di vista (filo)sofico, lo Zen considera ogni opinione un mero “costrutto mentale” quindi effimera, parziale e semmai utile da un punto di vista relativo: chi comprende questo fatto e si libera dalle trincee delle opinioni politiche, religiose, filosofiche o scientifiche sarà molto facilitato a capire la Meditazione, la vita, le donne, i bambini, i sogni, i gatti e i cani, ma anche le nuvole e i suoni della strada.
Però, poi, bisogna decidersi per il votare o no un partito, per delle scelte continue, e per un compagno oppure no, per una religione eccetera.
O di qua o di là, non si può ESISTERE nel mezzo, ma certamente si può VIVERE ovunque, se la nostra mente è spalancata e accetta le differenze senza farsene fagocitare.
Chi se ne facesse fagocitare potrebbe non capire cosa scrivo, mentre invece chi non vuole farsi mangiare vivo dalle opinioni che gli siano più convenienti capisce eccome, essendo cosciente delle differenze che intercorrono fra VIVERE L'ETERNITA' ed ESISTERE NEL MONDO DELLE DIVISIONI. Chi confonde malignamente questi due piani potrebbe avere grosse confusioni relative non solo alle idee ma anche a questioni come l' "equilibrio mentale", il "genere", o perfino l' "etica".
A me pare che la madre di questa confusione - ora invento una formula utile (upaya) - sia stata l'influenza del pensiero freudiano nella nostra cultura contemporanea, un fattore dapprima inevitabile, ma poi rivelatosi disastroso. L'inconscio per Freud non era per niente simile all'ottava coscienza del buddhismo (coscienza magazzino), ma ha da sempre avuto una valenza patologica, riassumibile nella feroce sintesi paradigmatica "il neonato maschio vorrebbe già uccidere il padre e stuprare la madre"; questo è il radicalismo materialista di fronte al quale ci troviamo, materialismo che scusa - dando bislacche motivazioni scientifiche - ogni repressione dei fondamentali diritti umani.
Per chi trovasse prevenuta o troppo sintetica la mia opinione su Freud, dovrebbe leggere la mia intervista allo psicopatologo Luca Valerio Fabj, uno dei pochi esseri umani che si è letto tutto Freud e tutto Jung (quindi anche nelle lingue straniere).  
NOTE
1) Non pochi storici sbullonano il buddhismo e lo zen rileggendolo in modo politico; ne ho lette di ogni, si divertirebbe anche chi fra voi propende per letture biecamente strumentali dello zen (Rinzai urlò, il monaco indugiò, Rinzai lo colpì) o zoologiche (i maestri zen sono mammiferi anche se non producono latte). Garantisco.
2) Non voglio appestarvi sul concetto di "religio", che per abitudine ripieghiamo scientif/cattolicamente solo nel significato di "culto di stato" (pax deorum/pietas), oppure di "mos maiorum", se non solo di "indigitamenta". Da tutto ciò si parte, se di "religio" si tratta, e questo sta anche alla radice di altre visioni come quella cristiana o buddhista se guardate da quello spiraglio, però bisognerebbe vedere UNITI tutti questi principii e rifarci a QUESTA origine e solo dopo alle NOSTRE, successive, credenze. Altrimenti si cambia termini e lingua e si usa il sanscrito, il pali, il latino medievale o altro. Faccio presente che con questa attitudine, paolinamente, è stato anche distrutto il senso di ciò che sono "episteme" ed "epistemologia", con danni gravissimi non certo alla grecità, ma al nostro vivere.
Come diceva Lenin: "tanto peggio per la realtà", infatti questa è la costruzione modulare ideologica oggi in uso per la quale sommando input a input (che al massimo sono "abduzioni" e giammai "prenozioni") si avrebbe una maggiorata comprensione di una supposta "verità". Sottolineo "supposta", ma stavolta in senso farmaceutico.
Leo Reiyo
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hoilcollobloggato · 3 years
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la mia vita al tempo del COVID-19 (giorno 14)
“Se musica è d’amore l’alimento, oh, seguitate!” Scrive Shakespeare nella Dodicesima Notte. La musica mi ha salvato la vita! Proprio così, a quarantasei anni suonati, quando penso all’importanza che ha avuto la musica nella mia vita, non posso far a meno di ricordare Francesca M. la mia prima vera e propria cotta. Ero solo un ragazzino. Un episodio catartico per quella che oggi, senza esitazioni, posso definire come la mia bavosa mania per la musica.
Dovete sapere che Francesca M. aveva il più grande e pesante lobo frontale delle Scuole Medie Inferiori Giuseppe Ungaretti di Carpi (MO). – Perché ha il più grande lobo frontale della scuola? Chiesi, alzando la mano un giorno durante una lezione di disegno tecnico. E non appena feci questa legittima, innocente domanda, venni immediatamente spedito dal preside. C’erano tutti i VIP delle Ungaretti: preside, vice, responsabile della segreteria, due bidelli, il primario del DN Dipartimento di Neurologia dell’Ospedale Ramazzini, un consulente della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Bologna, oltre a un impenetrabile, inespressivo e silenzioso tirapiedi dell’APRADRI Agenzia per i Progetti di Ricerca Avanzata della Difesa della Repubblica Italiana.
–Non preoccuparti Andrea, disse il preside, non verrai punito; hai posto solo una domanda alquanto delicata.
– Be’, perché Francesca M. ha il più grande e pesante lobo frontale della scuola? Domandai delicatamente, di nuovo.
– Forse posso provare a spiegarlo io…? Rispose quel saputello del primario del DN… Il cervello di Francesca sta diventando sempre più pesante perché sta sviluppando più sinapsi… Ogni settimana la sottopongo a una TAC e a un esame del tessuto celebrale e, puntualmente, rilevo notevoli dendriti… Sai cosa sono i dendriti?
– Cavolo Dottore, non credo di aver già studiato quel capitolo…?!!!
– sono rami filamentosi che raccolgono le informazioni delle sinapsi e le portano fino al corpo principale delle cellule.
Scarabocchiai velocissimo degli appunti e poi alzai lo sguardo. – Penso sia triste, dissi… perché l’ombra della sua testa oscura qualsiasi cosa stia guardando.
– Figliolo sai perché Francesca, finite le lezioni, non torna a casa, ma viene tenuta nell’aula di musica, e nutrita con porridge d’avena per tutto il tempo?
– No, feci io…
– Prima di tutto perché ci sono tantissimi inquinanti nell’atmosfera come il cloro e l’acrinolitrile e il triclorenatro; l’umanità è sempre più vulnerabile a questi veleni, il livello dell’omogeneità genetica è alle stelle, e i nostri sistemi immunitari hanno un repertorio troppo limitato per difenderci dall’inquinamento. Così, affinché la specie umana possa adattarsi e sopravvivere e prosperare, abbiamo bisogno di un aumento drammatico della varietà genetica; questo richiede radicali fertilizzazioni incrociate di esogami… Sai cosa significa esogamo?
– No, feci io.
– Un esogamo da esogamia (da eso- e gamia) è una regola matrimoniale per cui il coniuge deve essere scelto al di fuori di una cerchia matrimoniale, che può coincidere con parentela o clan, fratria, tribù ecc… Quindi l’opposto dell’endogamia. Ad esempio l'interdizione dell’incesto è una regola esogamica universalmente diffusa.
– Esattamente! Esclamarono tutti i presenti annuendo.
– Con chi altri vorrebbe accoppiarsi un alieno venuto dallo spazio, un essere di una civiltà più avanzate se non con la ragazza con il più grande e pesante lobo frontale delle Scuole Medie Inferiori G. Ungaretti? Aggiunse il primario del DN.
A quei tempi io ero un ragazzino, con due gambette da fenicottero che terminavano in due piedi baciati da sandalini in gomma blu cobalto; ero introverso e solitario e non riuscivo a parlare. Voglio dire potevo parlare ma, mai come avrei voluto, mai con le ragazze, mai con la gente. Io aprivo la bocca, ma non veniva fuori niente. E poi, un giorno, incontrai una persona con un grande e pesante lobo frontale che mi incuriosiva e mi piaceva… che forse è la cosa peggiore che potesse capitare a uno che non riusciva a parlare… Confesso che mi sentivo molto confuso, e non sapevo cosa fare con Francesca M. Più pensavo a lei e più mi rendevo conto di provare qualcosa, un sentimento grande. Notti insonni, giorni e settimane terribili. In seguito, nonostante la miriade di problemi e di complessi che minavano la mia esistenza di ragazzino - dal momento che non sono mai stato uno di quelli che grida al fuoco e poi scappa – decisi che l’unica cosa da fare era di provare a parlarle. Sentivo di avere delle responsabilità verso quello che provava il mio cuore inesperto, e verso Francesca M., anche. Così escogitai il modo di rimanere a scuola dopo l’ultima campanella, di prendere le chiavi dell’aula di musica dalla scrivania del bidello e mi recavo tutti i giorni da Francesca. Le prime volte mi limitavo ad osservarla in silenzio, poi inizia a portarle robe dolci e bigliettini con scritto: mi piaci / T.V.T.B. By Andre…
Dopo una decina tra dolciumi e bigliettini, iniziai a parlarle, ma dal momento che la sua eredità genitiva e la sua intelligenza erano fuori dal comune spesso mi sentivo ansioso e in soggezione.
– Il fatto… Il fatto è che siamo così diversi tu ed io, Francy… E non so dire cosa sento dentro. Non so fare quel che si deve fare come una scimmia come un gatto... Come un cieco come un sordo.
– Stai tranquillo Andre, non devi parlare, non c’è bisogno che tu dica niente, né che faccia niente, almenoché tu non voglia…
– Insomma… Tu sei bella e così coraggiosa, mi piacerebbe essere come te, averti addosso come una gioia nuova, come un regalo.
– Lo puoi fare.
– Mi piacerebbe dirti tante cose, come una scimmia, come un gatto...
–Lo stai facendo.
– È tutto così strano…
–Sì.
– Forse sono pazzo…? Ma ho registrato questa cassetta mista per te, possiamo ascoltarla insieme con il mio walkman, se ti va?.
– Allora puoi parlare quando vuoi?
–Sì! Posso… Averti addosso averti insieme restare insieme, volerti bene.
E vai con il meglio delle Top Romantic Song anni ’80 Stevie Wonder, George Michael, Phil Collins, Antonello Venditti, Alphaville, Talk Talk, Riccardo Cocciante, Cyndi Lauper, Industry, Bronski Beat e naturalmente, la nostra canzone, la splendida “Averti Addosso”, di Gino Paoli, uno dei più grandi poeti della musica italiana. Il seguito della storia in un movimento narrativo perfettamente simmetrico, matematico e sinuoso come una lunga stella filante soffiata da un dio bello e giusto, potete anche immaginarvelo da soli…
Proprio come il bardo shaksperiano da quel momento compresi perfettamente le connessioni tra musica, corpo e cervello. Dal padiglione auricolare, il primo punto che raggiunge la musica è l’ipotalamo, la sede delle pulsioni primarie, dalla fame, alla gioia, la tristezza, al desiderio sessuale. Dunque se vi è capitato di guardare un esemplare del sesso opposto o del vostro stesso sesso, con occhi nuovi, grazie alla musica, eccone il motivo. Gli impulsi elettrici della musica si muovono attraverso tutto il sistema nervoso, accelerandone o rallentandone le funzioni. Mettete su un pezzo Take My Breath Away dei Berlin, e avrete l’effetto di un Viagra sonoro che aumenterà la frequenza respiratoria e la pressione agevolando l’afflusso del sangue proprio verso il vostro basso ventre. Se invece optate per qualcosa di più lento, a volume più basso tipo The Wery Throught Of You di Billie Holiday, sarà più come sbronzarsi a forza di bere vino. Dall’una all’altra cosa, a seconda della vostra indole, potrà arrivare una sana e naturale spinta per la vostra libido. Provate! Se poi mettete su un pezzo, uno qualsiasi di Luciano Ligabue allora, oltremodo sarete colti da una condizione nota come VPPB Vertigine Parossistica Posizionale Benigna. L’ascolto prolungato genererà inoltre nausea, diarrea, perdita di equilibrio, nistagmo, sudorazione e/o perdita dell'udito. Mi è capitato purtroppo… Durante una mia recente ed accurata indagine ho scoperto che certe persone attribuiscono addirittura alle emozioni trasmesse dalla musica un valore più alto persino rispetto al sesso. Ma per quanto riguarda all’uso che la maggior parte della gente fa della musica nella propria vita, sono rimasto sorpreso nel notare la scarsa conoscenza e gli sforzi esigui prodotti per sfruttarne il reale potenziale sentimentale ed erotico. Sarebbe dunque saggio tenere a mente le parole di Shakespeare e… continuare a suonare.
Arrivati a questo punto (sono le 10:35 AM), vi starete domandando: ma com’è andata a finire tra Andre e Francesca M.?
Sono passati più di trent’anni da quel giorno nell’aula di musica, in cui mi furono svelate per la prima volta le interconnessioni tra musica e sentimento. Oggi Francesca M. vive in un laboratorio segreto, dell’ APRADRI segretamente costruito all’interno del Vallone dei Mulini di Sorrento – un edificio risalente al X secolo dopo Cristo che è tra i luoghi abbandonati più belli del mondo (situato in un crepaccio di origine vulcanica nel centro della città, è stato abbandonato nel XIX secolo a causa di un aumento improvviso di umidità che lo ha ricoperto di vegetazione). Attualmente non è possibile raggiungere e visitare in alcun modo conosciuto l’antico mulino, anche se rimane una delle attrazioni turistiche più fotografate subito dopo il noto prodotto ortofrutticolo IGP per cui è noto questo territorio – che è l’unica struttura in grado di ospitare il suo enorme e pesante lobo frontale, cresciuto fino a diventare veramente mastodontico. Gli ultimi tempi della nostra relazione si fecero, abbastanza, per così dire burrascosi, il comportamento di Francy verso di me era comprensibilmente bivalente (dopo tutto era stata fottuta a vita dal vincolo di mantenersi illibata, per la possibilità di potersi accoppiare con un alieno), io l’amavo sempre di più e facevo del mio meglio per registrarle nuove cassette miste contenenti buona musica. Prima della fine della terza media le proposi anche di consultare insieme uno psicologo per fare terapia di coppia, ma fu tutto inutile. Il nostro rapporto, la nostra musicale e romantica relazione giunse al termine. Un’ultima cosa, dal momento che sono totalmente sopraffatto dalla nostalgia per quei giorni… Si da li caso che conservo ancora la foto di classe; io sono quello che si intravede al suo fianco: due gambette magre e sandalini blu cobalto, peccato che il suo enorme lobo frontale impedisca di vedere la mia espressione… la stringevo a me fiero e orgoglioso. Scusate, mi sta venendo il magone adesso…
Credo che non capirò mai fino in fondo la frase che scarabocchiò sul retro della foto:
Sul braccio dell’incommensurabile mondo della musica, io e te, siamo la pelle d’oca. By Francy.
Fine giorno14
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perpassareiltempo · 10 days
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(...) Impetuoso, il tuo corpo è come un fiume in cui il mio si perde. Se ascolto, sento solo il tuo rumore. (...)
Eugénio de Andrade 
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giancarlonicoli · 3 years
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31 dic 2020 12:06
DIO È MORTO E NON INTERESSA A NESSUNO - SOLO 75 ITALIANI SU 100 CREDONO IN UN "ESSERE SUPERIORE" (PRIMA ERANO 82) - IL SOCIOLOGO FRANCO GARELLI: "NEGLI ULTIMI 25 ANNI I NON CREDENTI SONO CRESCIUTI DEL 30%, MENTRE LE ALTRE FEDI SONO PASSATE DAL 2 ALL'8%. È UN CATTOLICESIMO STANCO. PREVALE UNA RELIGIOSITÀ FAI DA TE E SI RICORRE ALLA CHIESA NEI MOMENTI CLOU DELL'ESISTENZA. INFATTI CON LA PANDEMIA IL 20% HA DICHIARATO DI PREGARE DI PIÙ"
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Stefano Lorenzetto per il "Corriere della Sera"
Nell'ultimo quarto di secolo l'Italia si è allontanata da Dio. Solo 75 cittadini su 100 credono nell' esistenza di un «Essere superiore», prima erano 82; solo 65 pensano che la religione aiuti a trovare il senso profondo della vita, prima erano 80; solo 22 non mancano mai alla messa domenicale, prima erano 30. E poi 38 sono dubbiosi, prima erano 30; 23 ritengono che la fede riguardi le persone più ingenue e sprovvedute, prima erano 5; 76 si dichiarano cattolici, prima erano 88; 30 si ritengono attivi nell' apostolato, prima erano 41.
Il sociologo Franco Garelli ha l'hobby della fotografia. Ama immortalare i volti. «Se andassi allo stadio, guarderei più i tifosi che i gol», dice. Il ritratto uscito dalla sua indagine Gente di poca fede. Il sentimento religioso nell'Italia incerta di Dio (Il Mulino) è talmente dettagliato che la Cei ha deciso di contribuirvi con 100.000 euro, un parziale rimborso ai ricercatori coinvolti.
Anche se molte immagini restano nel cassetto. Per esempio, durante la messa nella chiesa della Gran Madre di Dio, a Torino, Garelli si è accorto che uno dei presenti registrava l' omelia di don Paolo Fini, parroco di frontiera applaudito anche per gli strali lanciati contro il sindaco Chiara Appendino. «Alla fine una signora s' è avvicinata al fedele e gli ha chiesto: "Scusi, ma perché usa il magnetofono?". L'altro ha risposto: "Così poi a casa riascolto e medito". E l'anziana: "Ah, non lo fa per cambiare vita!"».
Una condizione che riguarda il Paese.
«Negli ultimi 25 anni i non credenti sono cresciuti del 30%, mentre le altre fedi sono passate dal 2 all' 8%. È un cattolicesimo stanco. Già nel 1998 il cardinale Carlo Maria Martini distingueva i cristiani in quattro gruppi: della linfa, del tronco, della corteccia, del muschio. I primi, convinti e attivi, rappresentano il 22%; i secondi, non sempre attivi, il 30%; i terzi, attaccati all' albero per tradizione e cultura, sono la maggioranza, il 44%. Infine vi è un 4% di critici che si riconoscono soltanto in alcune idee del cattolicesimo».
Comunque c'è l'avanzata degli atei.
«Ma non come in altri Paesi, dove ormai costituiscono la metà della popolazione. Da noi prevale una religiosità fai da te e si ricorre alla Chiesa nei momenti clou dell' esistenza. Fatto curioso, perché non viviamo più in un mondo di destino bensì in un mondo di scelte».
Che cos' è accaduto negli ultimi cinque lustri per giustificare questa situazione?
«È diminuita la pratica religiosa. I riti sono ritenuti facoltativi. La preghiera assidua, che un tempo coinvolgeva il 60% della popolazione, oggi riguarda il 40%».
Lei è cattolico, giusto?
«Da bambino servivo messa. Fui ricevuto in udienza a Castel Gandolfo da Giovanni Paolo II nel 1996. Trascinava i piedi con una tenacia incredibile. E quei due occhi... Folgoranti. Il sacro fragile».
Lo chiedo al cattolico: si può essere credenti senza messa e senza preghiera?
«Come nutri la fede? C'è un cammino di ricerca o non c'è nulla? Oggi il bisogno religioso è più un'intenzione che un' esperienza, questo ci dice l'indagine».
Però non mi ha risposto.
«Un cristiano va a messa e prega, certo. Ma le persone danno molta più rilevanza alla condizione soggettiva».
Per loro la messa è un rito ripetitivo.
«È il limite della religione di maggioranza. Basterebbe cercare la temperatura alta nelle parrocchie di elezione, nei luoghi di riflessione, carità, volontariato».
Avete interpellato più di 3.200 persone tra i 18 e gli 80 anni. Gli italiani in questa fascia di età sono 42 milioni. Un campione dello 0,0076% è rappresentativo?
«Dal punto di vista statistico è un valore elevatissimo. Potevamo sceglierne appena 500, come fanno altri. Con l'Ipsos ho deciso di tenere i numeri molto alti per identificare meglio i sottogruppi».
Tanto poi, come mi raccontò Antonio Golini, docente di demografia, «serve sempre "una manaccia" che combini i dati e dia loro robustezza», così sosteneva il suo maestro, Giuseppe Pompilj, che insegnava calcolo delle probabilità.
«Il compianto cardinale Anastasio Ballestrero, arcivescovo di Torino, veniva alle mie conferenze. Ero fortunato a non annoiarlo: altrove a metà relazione si metteva a sfogliare un giornale. Alla fine si complimentava con me: "Bravo! Solo che per voi sociologi è tutto facile. Quando un dato non vi piace, lo correggete". C'è chi sostiene che la Chiesa non teme le statistiche, ma fa di tutto per cambiarle».
Quanto è durata l'indagine?
«Un anno e mezzo, lavorandoci in tre».
Non desta sospetto che a finanziarla sia stata la Conferenza episcopale?
«Capisco l'obiezione, ma l' aiuto di enti o fondazioni è prassi comune. Il vescovo Nunzio Galantino, all'epoca segretario della Cei, l'ha vista come una sfida. Alla fine non era affatto meravigliato dai dati. I preti stessi mi descrivono una situazione persino peggiore di quella emersa».
Tre quarti degli italiani credono. Allora perché quel titolo, «Gente di poca fede», che riecheggia un'ammonizione di Gesù nel Vangelo di Luca?
«Non è uno stigma. Segnala semplicemente che nelle religioni oggi prevale più un'attenzione culturale che spirituale. C'è un dato significativo: il 69% ritiene che non sia anacronistico credere in Dio. Non esiste un muro a separarci dalla fede. La chiamerei accettazione della biodiversità religiosa. Difficile scorgere in giro non credenti granitici».
È ciò che mi disse 15 anni fa monsignor Gianfranco Ravasi: «Mancano gli atei autentici, per i quali non credere, alla Nietzsche, o anche seguire la via del male, alla Sartre, era pur sempre una scelta lacerante, sofferta».
«Chi crede sa che è faticoso credere. Chi non crede sa che è faticoso non credere. Un riconoscimento reciproco».
Fin dalla seconda riga del suo saggio lei pone l'accento sulla crescita dell' ateismo e dell' agnosticismo tra i giovani.
«Fra i 18 e i 34 anni si riscontra la quota più alta, dal 35 al 40%, di coloro che si dichiarano senza Dio, senza preghiera, senza culto, senza vita spirituale».
Non credono in Dio, però fra di loro le bestemmie sono diventate interiezioni.
«Un modo per far colpo, accentuare le differenze, dichiararsi al di sopra delle regole. Sono esasperazioni della generazione "senza", in larga parte anche senza lavoro e senza prospettive di futuro».
Questo, secondo lei, «getta una luce sinistra sulle sorti del cristianesimo».
«Si guardi attorno: è una Chiesa stanca, composta più da corpi lenti che da corpi freschi e tatuati, più da teste bianche o calve che da teste folte o rasate. Le liturgie del clero anziano sono in sintonia con gli adagi della vita anziché con gli allegri. Ma se i preti inventano proposte vivaci, i giovani impegnati arrivano».
I matrimoni con rito religioso a partire dal 2018 risultano meno di quelli celebrati in Comune. Sono circa il 50%, mentre negli anni Novanta erano l' 80%.
«È la crisi del matrimonio tout court, aggravata dal prurito verso qualsivoglia impegno pubblico. Si pensa che sia sufficiente suggellare il vincolo in privato».
Il 46% degli intervistati è contrario all'8 per mille alla Chiesa cattolica.
«Un dato inedito, acuito dalla crisi del welfare. Si accusa la Chiesa di essere ricca e si vorrebbe che lo Stato destinasse questo miliardo di gettito ad altri bisogni. In compenso 50 su 100 sono favorevoli all' ora di religione a scuola e 70 su 100 al crocifisso negli uffici pubblici».
E 40 su 100 sono «cattolici culturali».
«Il gruppo cresciuto di più negli ultimi 20 anni. Anziché tagliare il cordone ombelicale, si mettono in stand by. Ma se individuano una figura significativa, si attivano. Sono stato preside nella facoltà che fu di Norberto Bobbio e fra i doveri di rappresentanza vi erano i funerali, ai quali talvolta arrivavo in ritardo. Finivo così tra il popolo delle colonne, in fondo alla chiesa. E lì trovavo facce non proprio da sacrestia che all' omelia mi stupivano: "Zitto, fammi ascoltare"».
Solo il 20% degli italiani nega la liceità morale dell' aborto in qualsiasi caso.
«L' 83% lo accetta se vi sono gravi rischi per la salute della madre, il 78% se sussistono probabilità di malformazioni, il 70% se la gravidanza è conseguenza di uno stupro. Il diritto all' obiezione di coscienza del personale medico, riconosciuto dal 59% dieci anni fa, ora è ammesso solo dal 36%».
Il 63% è favorevole all' eutanasia.
«Una percentuale raddoppiata e assai vistosa, considerato che 76 su 100 si dichiarano cattolici. Un segno dei tempi. Significa che la questione interpella nell' intimo le persone, le famiglie. Prevale invece la cautela su altre frontiere della bioetica, come l' utero in affitto, accettato solo dal 20% del campione».
L' eclissi del sacro non sarà uno dei tanti malesseri provocati dal benessere?
«Senz'altro. Eppure, come 25 anni fa, 60 su 100 sentono che Dio li protegge».
La secolarizzazione deriva da 75 anni di pace? Il vescovo castrense Angelo Bartolomasi pronunciò nel 1915 una frase oggi attribuita per errore a Marcello Marchesi: «In trincea non ci sono atei».
«Siamo in guerra contro la pandemia. Ho svolto un' altra indagine a fine marzo: il 20% ha dichiarato che prega di più».
La sua fede non ha mai vacillato?
«Peter Berger avrebbe detto che è ricca di dubbi. Però mi apre vasti orizzonti».
All' Università di Torino era rispettato?
«Sono allievo di un grande laico, Luciano Gallino, che dopo la tesi di laurea su giovani e religione m' invitò a rimanere al suo fianco. Gli obiettai: ma qui si studia la lotta di classe. E lui mi rispose: "Vedrà che fra qualche anno i suoi temi diventeranno di stretta attualità"».
Dove si sente d' essere più vicino a Dio?
«In montagna, a Mandriou, sopra Champoluc. Lì il tempo è scandito da una meridiana del Settecento che reca questa scritta: "Je decline vers l' éternité"».
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novalistream · 4 years
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Caro Conte, faccia una bella cosa: chiuda l’Italia e butti via la chiave. Verranno tempi migliori di Serena Verrecchia L’assalto al dpcm è il tormentone delle ultime, terribili giornate. Un tormentone che attraversa il dibattito politico del Paese lasciandosi dietro un cumulo di sporcizia. Sporcizia che poi si addensa e va ad ingrossare le cataste di detriti e macerie che la pandemia ci sta lasciando in eredità. È tutta la porcheria dialettica che si è ammucchiata negli ultimi mesi. La tragedia della pandemia non è solo nei numeri dei contagi, nei dati sanitari o negli strascichi economici e sociali. La tragedia della pandemia sta anche nella putrefazione delle idee, lasciate lì a mendicare le briciole, esposte alla prima folata di vento. Da nove mesi sembra di assistere alla grande asta dei pensieri: se ne mette uno sul tavolo e lo si lascia al migliore offerente finché non invecchia, marcisce. E l’opera di decomposizione è molto veloce, permette un ricambio costante. Così chi oggi dice che il lockdown sarebbe la misura più legittima, domani va in piazza a strillare che bisogna riaprire tutto. Funziona così: l’ipocrisia è la grande ruota che manda avanti il Paese. In natura, nulla si crea e nulla si distrugge: tutto si trasforma. Anche le posizioni politiche, le ideologie più granitiche. Va bene tutto purché, nella perenne campagna elettorale della vita, si porti acqua al proprio mulino. Non importa quale sia il contenuto del dpcm, basta contraddirlo. Perché, nel bel mezzo di una crisi mondiale, qualche elemento di criticità è facile ravvisarlo. Allora bisogna stare tutti lì, avvinghiati alle decisioni di quei pochi, giuste o sbagliate che siano, per trascinarli nel fango e ricoprirli di polvere. E non per prendere il loro posto, non ora – perché nessuno vorrebbe dover mettere la propria firma sotto un dpcm, addossandosene la responsabilità. Semplicemente per indebolirli, fiaccarli, imbrattarli con un po’ della poltiglia ripugnante che avanza dai pallottolieri e lasciarli esposti al ludibrio della gente. Quello che si è visto negli ultimi nove mesi non si è mai visto per i vent’anni in cui alla guida del Paese, a fasi alterne, c’è stato un soggetto che sborsava soldi per Cosa nostra. L’indignazione che prolifera nel Paese oggi – e non parlo di quella, sacrosanta, di gente disperata che sta perdendo tutto, ma di quella più subdola di tutta la pletora di farisei, di quel nugolo di sciacalli sempre pronti a mordere la disperazione, di quel chiacchiericcio ipocrita che scava a man bassa nella protesta, negli intestini incazzati – non s’è mai vista per i mille scandali con cui questo Paese si è alimentato per decenni. Mai vista per le verità negate, per i depistaggi di Stato, per l’isolamento di quelle frange di giusti che combattono in trincea contro i nemici di tutti. Va bene la mafia, va bene la corruzione, vanno bene il clientelismo che abbiamo contribuito ad alimentare per anni, le politiche scellerate che hanno caratterizzato gli ultimi decenni della storia d’Italia; vanno bene i ladri in Parlamento, i pregiudicati nei ministeri, le collusioni tra mafia e politica, l’inquinamento, gli ultras per le strade, un sistema di informazione semplicemente raccapricciante. Va bene tutto, ma questo governo no. Questo governo non s’ha da tenere. Né domani, né mai. E allora, Presidente, faccia una bella cosa: chiuda l’Italia e butti via la chiave. Verranno, prima o poi, tempi migliori.
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veronica-nardi · 4 years
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Graceful Family
"Esiste qualcuno che non sia un doppiogiochista?"
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Ho iniziato questo drama assolutamente per caso, non era previsto e non era in lista. Qualche giorno fa sono andata su Viki con l'intenzione di vedermi una serie con Yeo Jin-goo (mio amore dell'anno), e ne avevo anche trovata una, ma il fato ha voluto che i miei occhi cadessero sulla locandina di Graceful Family e che, per qualche motivo, ne rimanessi attratta.
Incuriosita, ci ho cliccato sopra e ho dato una letta veloce alla trama, giusto per capire di cosa si stesse parlando. Sempre più incuriosita, mi ha convinta del tutto vedere Bae Jong Ok figurare nel cast. Ho già avuto modo di vedere quest'attrice in Designated Survivor 60 Days e Live, due drama oggettivamente buoni e che mi sono piaciuti molto, quindi sono andata sulla fiducia e ho spinto play.
Una volta entrata nel circolo vizioso che è questa serie, non sono riuscita più a fermarmi.
Gli episodi sono lunghi (il finale dura quanto un film), ma annoiarsi diventa impossibile quando la trama è intrigante e avvincente e i personaggi in scena sono dei profili psicologici oltremodo interessanti (questa famiglia è una gabbia di matti) :
Mo Seok Hee torna in Corea dopo quindici anni di assenza per scoprire la vera identità dell'assassino di sua madre. Quella morte è avvenuta in circostanze misteriose e nessuno dei famigliari sembra felice del ritorno della ragazza. A complicare le cose c'è la questione dell'erede dell'azienda: il nonno vorrebbe lasciare tutto alla nipote Seok Hee ma il resto della famiglia non è d'accordo. Partono quindi uno spietatissimo "gioco del trono" e una frustrante partita a Cluedo piena di rivelazioni scioccanti.
Completano il quadro l'avvocato Heo Yoon Do, un giovane idealista che si mette a collaborare con Seok Hee perché anche lui desidera rivelare la verità, e TOP, una squadra speciale che si occupa di gestire le situazioni critiche dell'MC Group, capitanata dalla satanica direttrice Han Je Kook.
Detta la trama (in linea di massima), parto subito col dire che questa serie mi è piaciuta un sacco. Erano almeno due mesi che non vedevo una serie che mi prendesse in questo modo (alla fine di ogni episodio dovevo subito cliccare sul successivo perché mi lasciavano sempre con un cliffhanger incredibile) e cominciavo a soffrirne.
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Questo drama mi ha dato una delle cose che adoro di più quando guardo una serie, ovvero il "gioco del trono" alla Game of thrones, qui rappresentato dalla posizione di Capo dell'MC Group. Inoltre, essendo una grande amante dei gialli, ho anche adorato la ricerca del colpevole, di cui ti svelano l'identità solamente all'ultimo episodio. Prima ti dicono chi sono i sospettati e perché, ma la verità te la concedono solo all'ultimo, motivo per cui mi sono maratonata gli episodi.
Il fatto poi che l'assassinio fosse avvenuto all'interno di una casa e che il colpevole fosse uno della famiglia (questo non è spoiler, è chiaro fin dall'inizio), mi ha sempre ricordato una partita di Cluedo.
Penso che questa partita sia stata gestita molto bene: mi è piaciuto molto l'espediente di un piccolo pezzetto di flashback all'inizio di ogni episodio, stile puzzle che si viene a formare puntata dopo puntata fino a mostrare l'immagine completa. E quando la verità è venuta tutta a galla è stato... beh, tosto.
Questa serie mi ha dato tante emozioni, qualche risata, qualche pianto, ma sopratutto mi sono sentita così frustrata, impotente e arrabbiata in tanti momenti, ovvero tutte quelle volte che venivano attuate strategie per spuntarla, per insabbiare, per calpestare, per vincere il gioco.
Su questo punto, a livello di strategie, alleanze, complotti, vendette ecc, la serie ha fatto un ottimo lavoro a mio avviso, e mi ha regalato delle perle davvero incredibili.
Per quanto riguarda i personaggi, chi più chi meno mi sono piaciuti tutti. Ho amato la protagonista e la villain è stata una vera chicca.
Avendo visto da poco The Umbrella Academy, non ho potuto fare a meno di pensare ai rapporti a volte complicati dei fratelli Hargreeves, ma posso assicurare che Five & company sono la famiglia del Mulino Bianco in confronto a questa famiglia.
Ho impiegato un po' per capire per bene l'albero genealogico, perché tra vari mogli, amanti e figli, all'inizio mi ero un po' persa. E proprio quando pensavo di aver capito tutto, ecco che verso la fine la serie decide di scioccarmi con una rivelazione alla Game of thrones Style, e non ho potuto fare a meno di pensare a questa famiglia come a dei Targaryen 2.0.
Ma devo ammettere che è stato anche divertente: le facce sconvolte dei famigliari come se fossero appena stati colpiti da un fulmine quando vengono rivelati certi dettagli, sono state oro colato che mi hanno fatto scoppiare a ridere più di una volta.
Ho pensato a delle ipotetiche evoluzioni, ma più che evoluzioni, nel corso della serie ci danno informazioni che ci fanno capire i personaggi a 360⁰. Alla fine abbiamo un quadro generale davvero completo e ben fatto.
A livello tecnico la serie è fatta davvero bene: ottima recitazione, bellissimi gli outfit (sopratutto quelli della protagonista), buona la regia, la fotografia, bella la storia intrigante e piena di tensione.
Molto bella anche la colonna sonora, anche se un po' povera e ripetitiva.
Graceful Family offre anche alcuni spunti di riflessione su temi importanti ed è anche una serie di critica e di denuncia su alcuni aspetti del sistema capitalistico.
Caldamente consigliata.
Punteggio: 8.5
DA QUI SPOILER.
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Dunque, riguardo i personaggi dei famigliari, i miei preferiti sono stati due: Seok Hee e Wan Soo.
Ma vediamoli uno per uno:
- Seok Hee è stata una protagonista che ho amato davvero tantissimo: forte, combattiva, orgogliosa, fragile, sensibile, empatica. Una ragazza il cui obiettivo più grande è la vendetta, ma che non diventa un mostro lungo la strada. Capace di non abbassare la testa e farsi rispettare, intelligente, strategica, ma anche umana nei suoi momenti di crollo e capace di provare dispiacere ed empatia per gli altri, l'ho trovato un personaggio piuttosto sfaccettato e per cui ho tifato tantissimo.
Ci sono state tante scene in cui mi sono sentita talmente frustrata da voler entrare nella storia e fare qualcosa per aiutarla, ma sono molto contenta che questo personaggio femminile sia stato abbastanza intelligente da poter gareggiare in questa partita. Sopratutto la scena in cui riesce a ingannare la direttrice Han e a registrare la conversazione con la penna, sono stata talmente orgogliosa di lei da voler piangere (anche perché la tensione era alle stelle).
Seok Hee è sicuramente una delle mie protagoniste femminili preferite dell'anno, e ora non so proprio chi la spunterà tra lei e Jang Man-wol di Hotel del Luna.
Tra l'altro, ammettetelo: QUESTE DONNE SONO SORELLE SEPARATE ALLA NASCITA.
In Seok Hee ho rivisto la stessa aria da "badass" di Jang Man-wol, e allo stesso tempo la sua sensibilità e il suo dolore nascosti dietro una corazza di rabbia. Per non parlare dello stesso stile fashion: entrambe una gioia per gli occhi in ogni singola scena con i loro bellissimi vestiti.
Ok. Chi ha copiato chi?
Battute a parte, protagonista assolutamente approvata sia come personaggio che come recitazione.
- il padre di famiglia. Ok, un padre di merda (soprattutto la battuta "non dovevi nascere" alla figlia è stata davvero terribile), ma posso dire una cosa? Quest'uomo mi ha anche fatto tenerezza. Nel vederlo tra la moglie e la figlia che si scannano a vicenda, tra un figlio transessuale e l'altro figlio che passa le giornate a bere e a elemosinare soldi per girare il suo film, tra la spietata direttrice Han (di cui a una certa inizia ad avere paura, e con ragione!), e la verità tra il suo stesso padre e Seok Hee, ci credo che quest'uomo alla fine sia crollato.
Devo dire che le sue espressioni da gattone confuso e smarrito mi hanno sempre fatto morire dalle risate XD.
EPICA LA SCENA DEL ""REGALO"" DI COMPLEANNO. Ho adorato.
- la Matrigna. Ok, ammetto che il cliché della matrigna cattiva è un po' banale, però mi è piaciuta anche lei come personaggio. Stronza, cattiva, ambiziosa, arrogante, l'idea che mi ha dato questa donna è quella di credersi superiore rispetto ad altri, come se lei facesse parte di un élite privilegiata. Mi è rimasta impressa la scena della musicista con i piedi nel ghiaccio: una vera e propria tortura.
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Ma sopratutto è stata crudelmente umana nella sua preferenza verso Wan Joon. Questa è una cosa terribile per un genitore, nessun padre o madre dovrebbe preferire un figlio rispetto a un altro, però succede, è una cosa reale. Ed ecco perché questa è una famiglia disagiata, ecco perché è finita com'è finita.
La cosa bella di questa famiglia è che è tutta apparenza, e con il procedere degli episodi le maschere cadono una dopo l'altra che è una bellezza.
La Matrigna ad esempio, anche se passa il tempo a dichiarare il suo enorme affetto per Wan Joon e a sbandierare quanto è bravo, alla fine non lo ascolta davvero e non vuole davvero il suo bene: a lei non importa quello che può volere o sognare lui, non le importa CHI è davvero suo figlio, la sola cosa che vuole è vederlo diventare nuovo AD dell'MC Group.
Lei e il marito Genitori dell'Anno subito.
- Wan Joon. Freddo e antipatico, non ho mai provato una forte simpatia per lui (ma questo vale per me), però ammetto che è un personaggio scritto bene con una buona psicologia. E forse non sarà Mister Simpatia, ma se mi metto nei suoi panni e vedo le cose dal suo punto di vista, Wan Joon diventa un personaggio abbastanza triste che posso riassumere in una parola: prigioniero.
Prigioniero delle aspettative, degli stereotipi, della paura, del giudizio, di se stesso. Sarà anche stato il favorito, ma alla fine nemmeno lui si è sentito amato e accettato dai suoi genitori dalla mentalità ristretta ed ipocrita.
- il Nonno. O dovrei dire, il padre? TARGARYEN LEVATEVI PROPRIO.
Lui mi stava simpatico all'inizio, credevo che fosse un bravo nonnino affezionato alla nipote e che volesse lasciarle tutto perché si rifiutava di lasciare il suo patrimonio a quelle altre serpi della sua famiglia, e perché vedesse nella giovane nipote una mente genuina e brillante, invece lo faceva perché era sua figlia. Hai capito il bravo nonnino XD.
- Baek Soo Jin. Un personaggio che ho rivalutato, e io adoro quando rivaluto i personaggi. Una giovane donna algida e impostata a una prima occhiata, per me lei e il marito, nel loro matrimonio più falso di una banconota falsa, erano "la coppietta antipatica". Ma Soo Jin si è rivelata più spontanea e affabile di quello che all'inizio sembrava, e quindi fuori luogo nella famiglia Mo.
Mi è piaciuta la sua voglia di libertà, il suo essere ingenua, il suo desiderio di essere amata, la sua dignità nell'andarsene di casa. E ho adorato il risvolto finale della sua storyline che le ha regalato la vittoria.
- Choi Na Ri. Pensavo fosse una pazza superficiale e approfittatrice (oddio un po' pazza lo è nella scena in cui urla come una scimmia mentre butta a terra i computer), ma alla fine ho capito che è più profonda di quello che sembra, e mi è dispiaciuto davvero quando l'hanno messa fuori dai giochi e costretta ad emigrare nel Laos.
Ma sopratutto mi è dispiaciuto tantissimo per il povero Seo Jin, l'unico davvero innocente in quella gabbia di matti.
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Nota: mi sono piaciute molto le alleanze al femminile tra la protagonista e la terza matrigna prima, e la protagonista e la cognata poi.
- Wan Soo.
Ho cercato di ritardarlo, ma è l'ultimo membro della famiglia rimasto quindi è arrivato il momento di parlare di lui.
Uno dei miei personaggi preferiti, mi ha fatta ridere con i suoi modi di fare e le sue espressioni, mi ha resa orgogliosa quando ho capito che non era uno stupido come tutti pensavamo, e mi ha spezzato il cuore nel finale.
Sì, è lui il colpevole, colui che ha colpito a morte la mamma di Seok Hee, ma il perché questo sia successo mi ha reso impossibile odiare Wan Soo.
Gli è stato detto per tutta la vita che era un fallimento, che non valeva abbastanza, che non andava bene come successore dell'azienda. Non si è sentito considerato, amato, a volte nemmeno degnato di uno sguardo. È sempre stato visto come il burlone nullafacente della famiglia, nessuno ha mai creduto in lui e nelle sue capacità (e le aveva).
Si è lasciato andare a comportamenti autodistruttivi quando tutto quello che voleva era essere amato per quello che era. La mancanza di amore lo ha portato a compiere quel gesto estremo. È stata la sua mano a colpire la mamma di Seok Hee, ma è stata la mancanza di amore che Wan Soo ha sempre sofferto ad ucciderla davvero.
Lo porterò sempre nel cuore.
Se le cose non fossero finite così, avrei amato vedere Seok Hee e Wan Soo insieme come fratello e sorella (o dovrei dire come zia e nipote?), perché il loro rapporto era davvero carino, e poi ammetto che non mi sarebbe affatto dispiaciuto vedere Wan Soo come presidente dell'MC Group. Una parte di me tifava per lui.
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Qui la faccia che fa Wan Soo mi ha fatto sputare un polmone.
Finita la famiglia, i personaggi restanti non sono molti:
- Direttrice Han Je Kook.
PER FAVORE FACCIAMO UNA STATUA A QUESTA DONNA. ADESSO. SUBITO.
Quanto l'ho amata. Per me, lei e Seok Hee sono state le Queens di questa serie, ma dopo averci pensato attentamente penso che la diabolica direttrice sia a un livello superiore.
Una villain e una antieroina allo stesso tempo, la direttrice Han è stata un Personaggione, uno dei miei preferiti dell'anno.
Questo è un tipo di villain che io reputo essere scritto e interpretato con i controca**i.
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Non sopporto i personaggi che fanno cose cattive perché sono stronzi e punto. La direttrice Han mi ha regalato un personaggio con un passato e un percorso, una donna che fa quello che ritiene deve essere fatto, una direttrice disposta a sporcarsi le mani senza rimpianti per proteggere il sistema.
Ho letteralmente adorato tutti i "faccia a faccia" tra lei e Seok Hee. Con le due Queen a confronto, i loro momenti erano ricchi di tensione e adrenalina, e morivo dalla voglia di sapere la prossima mossa.
Bella anche la discussione tra la direttrice e l'avvocato Heo, capitalista versus idealista.
Complimenti non solo alla scrittura del personaggio, ma anche alla messa in scena e alla recitazione, davvero ottima. L'aurea di cazzutaggine di questa donna ha raggiunto picchi altissimi di epicità, tanto che ci sono stati momenti in cui mi sono detta che fosse indistruttibile.
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Comunque sarà stata una stron*a senza precedenti, ma non ha avuto sempre tutti i torti: per esempio capisco il suo discorso sul dover prendere delle decisioni quando sei a capo di un'azienda come il MC Group. Quando sei in una posizione di potere, come essere un presidente o un re, fare delle scelte difficili e scendere a fastidiosi compromessi è qualcosa di inevitabile e che bisogna imparare ad affrontare.
Meraviglioso il finalissimo cliffhanger della serie: a questo punto pretendo una seconda stagione! Non so bene di cosa potrebbe parlare ma lo voglio.
Per quanto riguarda gli altri membri del TOP, i principali sono quattro, due uomini e due donne. Quello che mi è piaciuto di loro è stato il rapporto con la direttrice Han: eseguono ogni suo ordine senza esitare, hanno fiducia in lei e nelle sue capacità, e se capita che non sono d'accordo con lei non le voltano comunque le spalle. Mi è piaciuta molto la lealtà che hanno dimostrato verso la loro capa fino alla fine.
Quello che mi dispiace un po' è che questi quattro personaggi non sono stati approfonditi più di tanto. Di loro non si sa praticamente nulla. Ora, ci sono tanti altri personaggi (più importanti di loro) di cui parlare e la trama è già abbastanza intrigante di suo, però sarebbe stato carino conoscerli meglio. Sapere di più sul loro passato, perché hanno deciso di lavorare nel TOP, come hanno conosciuto la direttrice Han ecc. Sarebbe stato più completo, ecco.
E per finire, manca solo lui. L'ho tenuto alla fine perché tra tutti è il personaggio che mi ha convinta di meno:
- il protagonista maschile. L'avvocato Heo Yoon Do è un personaggio carino e con cui si empatizza anche, ma troppo semplice rispetto alle forti psicologie degli altri personaggi. Lo posso racchiudere in poche parole: un idealista un po' ingenuo che lotta per la giustizia, fine. Non è un personaggio complesso e quindi non spicca. È una cosa che ho notato fin dai primi episodi, confrontandolo con la protagonista, che a differenza sua si è presa tutta la scena con la sua personalità.
Per carità, ci sono stati alcuni momenti in cui mi è piaciuto, quando comincia a giocare, quando fa la spia in TOP mentre lavora per TOP stesso. Ma la serie mi ha fatto tenerezza quando mi instilla il sospetto se Heo Yoon Do possa "diventare un mostro mentre cattura il mostro", ma io sapevo che non lo sarebbe mai diventato (ma che tradisse Seok Hee per schierarsi dalla parte oscura era il mio sogno).
Sarà anche il protagonista maschile di questo drama, ma per quanto mi riguarda è rimasto nell'ombra rispetto agli altri. Anche i due fratelli della famiglia spiccano più di lui.
Bello però il padre e il rapporto con lui. Ho trovato il padre davvero tenero, simpatico e commovente. Mi è piaciuto. E poi che dire della scena in cui lancia l'acqua addosso alla direttrice Han? Semplicemente epica.
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Sulla storia d'amore tra i due protagonisti, io ho poco da dire: non mi ha conquistata.
È carina, ma nulla di entusiasmante. Io sono molto romantica e una ship mi può partire molto facilmente, ma questi due sinceramente non li ho mai shippati, semplicemente perché la loro storia l'ho vista come un di più, come un'aggiunta non necessaria alla trama, esattamente come la storia d'amore di Live. Questa storia non li fa evolvere in alcun modo e non è legata alla trama principale, che stessero insieme oppure no non faceva nessuna differenza.
Credo che l'abbiano messa giusto per inserire il romanticismo nella serie, ma sembra più un contentino, a me sarebbe andato bene anche se fossero rimasti due complici e amici. Non capisco perché l'amore deve essere sempre infilato a forza.
E poi le loro scene insieme, intese come scene romantiche, sono poche, quindi questa storia non è proprio riuscita a farmi innamorare. Non mi ha nemmeno fatto impazzire il bacio che lui le dà quando esce dalla polizia, sembra dato un po' a caso.
Il protagonista e la storia d'amore sono davvero gli unici "difetti" che riesco a criticare a questa serie. Per il resto mi è piaciuto tutto.
Di solito quando faccio le gif per i miei commenti cerco sempre di includere il maggior numero possibile di personaggi perché mi piace dare spazio un po' a tutti, ma ho notato che tra le gif preparate per questo commento la direttrice Han è presente nella metà di esse. Ma stica**i, questa donna è l'Onnipotente.
Concludo con questa perla:
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La nonchalance con cui se ne è andata in prigione XD.
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pangeanews · 5 years
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“Semino e innaffio per poi far marcire tutto”. “Il mulino”, un racconto di Nicolò Locatelli
Tra me ed S. tira un’aria senza ossigeno.
Hai preso tutto? – mi chiede.
Secondo te?
S. alza gli occhi al soffitto poi esce dalla stanza.
Muoviti – dice.
In realtà ero pronto da parecchio, ma non sa più vedere nulla di ciò che faccio oppure sono. Allora esito.
Ce la fai? – grida dal pianerottolo.
Arrivo.
Prendiamo l’ascensore – in realtà non c’è fretta ed S. lo sa bene.
Vieni qui – ordino. Non si muove ma le bacio comunque la guancia.
Fa caldo.
(Quanto è importante per te la provocazione? – mi avrebbe chiesto l’analista dieci mesi dopo. Ancora non potevo sapere che sarei finito qui).
È la mia presenza a farti bollire.
Non ricominciare – dice S.
Ma non dal punto di vista sessuale – proseguo.
Silenzio.
Nel senso che io sono Dio. Decido chi sei e cosa sarai.
Silenzio.
Ti amo.
S. sbuffa in risposta e mi accarezza il braccio anche se dovrei dire tocca. Restiamo così fino a uscire dall’ascensore e poi dal condominio, poi nell’attesa nel parcheggio dall’asfalto sale talmente tanto sole che le nostre fronti si trasformano in delle pozzanghere. Per un po’ mi guardo le scarpe mentre S. scorre il dito sul telefono.
Scusate il ritardo – dice loro madre.
Scusate un cazzo – grida A. – Non sei mai arrivata puntuale nella tua vita.
Allora perché non sei scesa tu intanto? – chiede S.
Mi stavo lavando i denti sciocchina.
S. ride. Quando si trovano sul punto di litigare sua sorella riesce sempre a farla ridere all’ultimo.
Pensate che per fare in fretta io nemmeno li ho lavati.
S. mi guarda schifata. – Davvero? – chiede.
S. ride.
Certo – rispondo. E il bello è che mi hai visto farlo.
Quanto sei sustoso – risponde lei nel suo dialetto.
Sei tu così S. Vuoi che non se li sia lavati? Ha un sorriso… – s’intromette sua madre. E non è vero ma sorrido per ringraziarla. Che altro posso fare.
Entriamo in macchina. Fuori è una Volkswagen ma dentro un forno poi un frigorifero con quattro sedili, cambio automatico e volante.
Quanto ci vuole per arrivare? – chiedo in tono da gita.
Un’oretta – dice A, che si è seduta davanti.
S. sta attenta ad evitare ogni contatto. Anche i più involontari.
E davvero non ci sei mai stato a XXX? – mi chiede loro madre.
No, per noi sarebbe scomodo, abbiamo già…
È troppo simile a dove abita lui perché ci vadano in vacanza. Anzi c’è meno roba a XXX – taglia corto S.
Come mi manca l’estate, non vedo l’ora di andare al mare – dice A.
Siamo nel pieno del viaggio in macchina. Dire viaggio è un’esagerazione ma non saprei come altro definirlo, poi il posto in cui vive S. ha le strade più larghe e tendenzialmente più pulite della Romagna: niente di che ma tutto qui sembra nuovo e da scoprire. Ogni cosa che vedo fa pensare ad una maggiore efficienza – come gli italiani che vivono al confine e per questo si sentono svizzeri o austriaci, cose così. Eppure ai miei occhi l’impressione è che manchi qualcosa. Non so spiegare cosa. Sento solo che è importante. E vado avanti a pensarci finché Cristina non parcheggia, quarantacinque minuti e nove semafori dopo. L’esatta distanza tra casa loro e il posto che devo chiamare XXX.
*
Una volta arrivati facciamo una passeggiata sulla riva ma tira un vento freddo e fino a questo momento insospettabile. In giro non c’è nessuno e della casa che si sono comprate Cristina ha dimenticato le chiavi. Volevano farmela vedere. Era il motivo della gita a XXX.
Dopo varie imprecazioni e qualche Si può sapere dove hai la testa? ci stringiamo attorno al tavolino di un bar a guardarla mangiare un gelato che non dovrebbe. E non dico così perché la trovo in carne. È che cinque o sei giorni fa l’hanno ricoverata per un problema cardiaco. Io stavo dormendo, mi ha svegliato il telefono: era S. ad un orario insolito – lei lavora – quindi doveva essere una questione seria. L’avevo capito subito.
Mia madre ha avuto un infarto.
Piangeva. Si capiva che era preoccupata. E ricordo di aver pensato che allora le voleva bene anche se la trattava in modi orrendi. Ma non mi va di spiegare come, di farlo vedere o altre menate da scuola di scrittura, perché S. ne uscirebbe male e non ne è mia intenzione restituirne una cattiva immagine. Potrei provarci, certo, mentire, nascondere, insabbiare i dettagli e rendere le scene che ho in mente più opinabili, ma se lo facessi finirei per perdermi a caccia di briciole in una foresta per un discorso nemmeno così importante. Non per quello che voglio dire.
Io ed S. non ci parliamo da quando siamo tornati in macchina. Stiamo tornando a casa tutti insieme appassionatamente – dico per dire. Ho provato a fare qualche battuta ma S. si è sempre difesa facendo no con il mento o con altri gesti. Tiene la testa nel telefono e scorre di pollice come partecipasse ad una gara per chi macina più chilometri dentro lo schermo.
Ci fermiamo? – chiede A.
S. alza lo sguardo verso di me, poi lo lancia fuori dal finestrino. Fingo di averlo incrociato per puro caso. Oltre il vetro c’è lo stesso mulino dell’andata. Finché non l’ho visto per la seconda volta, al ritorno, l’avevo completamente dimenticato.
Ma ci fermiamo davvero? Tuo moroso aveva fame – dice loro madre.
Aspetterà – dice S.
Puoi aspettare un attimo? – chiede A.
Certo – rispondo. Ovviamente avevo mentito. Lo scopo era quello di bruciare i tempi per ritrovarmi il prima possibile da solo con S.
Cristina parcheggia sull’erba e scendiamo.
Tra la strada statale e il fiume sorge un mulino rosso e scrostato. È lì da tanto tempo, si capisce, ed è talmente intonato a quel rigagnolo d’acqua da chiedersi chi dei due sia arrivato prima. La soluzione sembra essere il Vecchio: varcata la soglia lo troviamo dietro il banco coperto di verdure. Il banco, non il Vecchio. Lui ha uno scafandro da astronauta o palombaro anche se in realtà fa il contadino. Non so a cosa possa servirgli, ma se avesse indossato anche il casco ci saremmo spaventati.
Arrivo – dice.
Così passano cinque o sei minuti in cui guardiamo la frutta e le verdure esposte. Calamite naturali per lo sguardo. Cristina non fa che ripetere quanto sarebbero piaciute al suo ex marito, A. le osserva distratta ed S. mette in moto la fotocamera del telefono. Poi il Vecchio torna senza divisa da apicoltore e si mette a parlarci nel tono rude di chi appartiene ad altri tempi e ha lavorato con le ginocchia e la schiena piegate per tutta la vita.
Suona un telefono.
Scusate – dico.
È mio padre. Non gli rispondo da mesi. Tocco lo schermo dal lato verde e inizio a parlarci. Intanto cammino.
*
Il posto è struggente e bellissimo. Un tramonto tinge il fiume di rosa dove confina nel cielo, giallo, dietro a banchi di insetti e rami d’albero simili a frustate ferme a mezz’aria. Da un lato c’è solamente campagna, dall’altro scorre la statale battuta da automobili e camion industriali. Mi avvicino all’argine attraversando a mezz’aria la festa di compleanno del capo dei moscerini. Forse uno ce l’ho ancora in bocca. Chiudo la telefonata. Se prima mi sentivo solo adesso sono veramente depresso. Depresso da fare schifo. Torno dentro.
*
Cristina ed A. mi fanno un cenno come a chiedere – Tutto bene?, – ma credo mi si legga in faccia che non è così. Qualcosa si è rotto da tempo e a volte non riesco a fingere che sia diverso. Penso a due anni fa, alla prima volta in cui sono uscito con S. Me lo ricordo bene, aveva un nastro nero attorno al collo – una specie di collana elastica molto stretta – e dato che ormai la conosco e saprei collocarla in quella situazione immagino abbia titubato per parecchio sull’indossarla oppure no. E ora non valgo più il tempo speso per quel nastro. Fa male, certo, ma pensarci è strano perché da quando sono rientrato tutto sa di morte: le carote, le melanzane, le zucchine, le pere, le arance, ogni singola pesca o cetriolo e anche il resto di roba che non so riconoscere. È tutto marcio e invendibile.
*
È il Vecchio a parlarci della morte. Dice che ci pensa ogni giorno e che presto arriverà anche per lui, ma che la sua è stata una bella vita. E che è giusto morire lo ripete due volte, alla fine, poi cambia discorso raccontandoci lo stare nei campi: l’improvvisa soddisfazione di aver reso un terreno fertile, il cercarsi tra le spighe di domenica mattina da bambini e altre cose che erano e non sono più. E più sembrano belle più sembrano perdute. Allora il sapore di morte si moltiplica e frusta, come rami d’albero liberi di assecondare il vento. Quando sono i ricordi felici, a farti stare male, allora sei fregato. Quelli sì che sanno di morte. Come gli occhi di S. e il cuore di sua madre, e poi come A. che vorrebbe fregarsene di ogni cosa come atto di difesa e non ci è mai riuscita. Mai. Nemmeno un giorno della sua vita. E anche questo lo sappiamo tutti ma tutti le lasciano fare. E da quando siamo ripartiti ogni cosa ha lo stesso sapore. Lo stesso cazzo di sapore. Sfrecciamo veloci per sfuggirgli ma ce la portiamo dentro. Penso al cuore di Cristina pronto a esplodere mentre guida e magari, chissà, a trascinarci con lui. E senza baciarli sanno di morte anche gli zigomi di S. racchiusi in quelle sue guance magre, la sua fronte, il culo coperto dai jeans e il buco lì in mezzo – il buco del culo intendo. Di lei amo anche quello e quando ci saremo schiantati contro il guardrail e tra mille anni saremo fossili gli alieni che ci troveranno non saranno in grado di distinguerlo dalla sua bocca. Dovranno studiarci per bene per capirlo. Come noi con gli organismi unicellulari. Ci pensavo da mettermi a piangere lì sul sedile ed S. non mi aveva ancora lasciato, ma sapevo già di averla persa. Perché il Vecchio sono io. Semino e innaffio per poi far marcire tutto.
Nicolò Locatelli
*In copertina: William S. Burroughs (1914-1997)
L'articolo “Semino e innaffio per poi far marcire tutto”. “Il mulino”, un racconto di Nicolò Locatelli proviene da Pangea.
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Il caos cosmico
Le vicende politiche ultime, eccezionalmente insolite anche per una Nazione come la nostra, stanno spingendo moltissimi italiani, aventi o meno capacità critica e conoscenze specifiche, a prodursi in analisi, a dare giudizi.
Che lo facciano i sostenitori, a vario titolo, degli altri schieramenti politici ci sta.
Ognuno deve pur portare acqua al proprio mulino, e parafrasando Totò possiamo dire che: “Ognuno ll'adda fà chesta crianza; ognuno adda tené chistu penziero”.
E secondo la sponda d’approdo ecco che c’è chi si spertica le mani a sostegno del nascente Governo e c’è chi, evidentemente appartenente all’altra sponda, inorridisce al solo pensiero che questa ipotesi possa diventare realtà.  
Poi ci siamo Noi, noi che rappresentiamo, anche in questo caso, l’altra Italia.
Noi che abbiamo avversato, sul piano delle proposte politiche e programmatiche, in campagna elettorale - ma comunque da sempre- il Centrodestra, la Sinistra e quella cosa informe, indefinibile, che è il Movimento pentastellato.
L’esito delle elezioni, nei numeri, è noto a tutti.
Sappiamo come il Centrodestra unito abbia avuto la maggioranza dagli italiani, ma non quella assoluta necessaria per governare; sappiamo come al secondo posto sia arrivato il Movimento pentastellato e sappiamo pure come il PD si sia disintegrato.
A questo punto voglio fare una puntualizzazione che ci tornerà utile più avanti, nel ragionamento.
Il Centrodestra ha preso i voti in funzione anti grillini; i grillini hanno avuto i voti per mandare a casa il vecchio Sistema (così dicevano), quindi in funzione anti Centrodestra e PD; Il PD voti non ne ha preso.
Siccome il pasticcio creato da loro stessi e che pomposamente avevano chiamato “Legge Elettorale” si è rivelata quello che abbiamo fin dall’inizio denunciato, cioè: un sistema ibrido che non avrebbe garantito la governabilità ma che, invece, avrebbe portato la Nazione nel caos.
Ecco che i Leghisti, che hanno aumentato in voti, e i Pentastellati, hanno deciso di saltare il fosso e di unirsi per cercare di realizzare un Governo.
Come si dice: Franza o Spagna purché se magna.
Sono spariti di colpo tutte le contrapposizioni programmatiche, gli insulti, i veti personali, le battute provocatorie.
Di colpo Salvini e Di Maio hanno avvertito una contemporanea attrazione, tanto forte da spingere il primo ad abbondonare il Capo e il secondo a rimangiarsi tutte le invettive che sul leghista aveva usato in campagna elettorale e non.
Hanno trovato il collante nella loro comune appartenenza a quella corrente di pensiero politico che vuole l’Italia perfettamente subalterna agli interessi americani.
Andando oltre, si badi bene, oltre, non contro gli interessi dell’UE.
Hanno preparato un contratto, sì perché loro non fanno programmi o, meglio, progetti, loro stipulano contratti, che vorrebbe essere la guida per il Governo dei prossimi cinque anni.
Averlo letto ci ha fatti un po’ sorridere e molto angosciare, e in entrambi i casi il motivo era sempre lo stesso: La pochezza, la fatiscenza, l’irrealizzabilità di quanto in quel contratto era scritto.  
Intanto il tempo passa e a oggi ancora non abbiamo il Governo.
Abbiamo, questo sì, potuto assistere alle sceneggiate sulle riunioni tra Salvini e Di Maio prima; alle salite al Colle con nessuna proposta, come se andassero in gita fuori porta.
Abbiamo assistito al mantenimento del segreto sul nome del Presidente del Consiglio che doveva essere nominato; alla querelle sul nome del Ministro proposto e inviso al Capo dello Stato (quest’ultimo sta andando oltre –in ossequio agli ordini d’oltralpe- quelle che sono le sue prerogative istituzionali) a prescindere dal fatto che Paolo Savona sia favorevole o meno alla politica economica dell’UE.
Egli è, infatti, solo un filo americano, assertore della supremazia del Dollaro sull’Euro.  
Dovremmo stare attenti, anche e soprattutto dalle Nostre parti, quando facciamo commenti favorevoli a questo o a quel personaggio senza conoscere la vera natura politica del soggetto di cui si parla.
Il fatto che una persona sia osteggiata da Mattarella non necessariamente significa che è una persona che vada bene per l’incarico cui è proposto.
Quindi, volendo tirare le somme, ad oggi la situazione è di estremo caos.
Un’Italia, che avrebbe bisogno di un Governo forte, con un Programma chiaro e realizzabile, per cercare di recuperare il passo con le altre Nazioni, si trova ad avere un Presidente del Consiglio incaricato che non ha partecipato alla realizzazione del contratto che dovrebbe attuare; un Ministro nominato ma inviso alla prima carica istituzionale e con una Maggioranza (forse) che è una vera accoppiata contro natura.
A tutto questo si aggiunge l’ingerenza nei nostri affari interni di quelle centrali del potere che vedono con forte dispiacere, se non il nascente Governo, ma il fatto che un popolo, così come accadde negli Stati Uniti con Trump, possa scegliere autonomamente, rispetto alle direttive dell’UE, da chi farsi rappresentare.
Per reazione a queste inopportune ingerenze si è portati, e alcuni nel nostro ambiente lo stanno facendo, a sostenere la causa del duo Salvini-Di Maio.
Ed è anche questo un errore.
Noi siamo il MSFT. Abbiamo un progetto politico che ci differenzia da ogni altro soggetto politico.
I nostri giudizi, le nostre azioni non possono prescindere da questi riferimenti certi e ineludibili.
Non commettiamo gli stessi errori che alcuni di noi fecero con la Le Pen (Marine), o con Trump, per esempio.
Siamo cauti.
Sappiamo aspettare, non facciamoci prendere dall’orgasmo, nella certezza che il tempo –breve, tra poco si tornerà al voto- ci darà ragione.
 Mario Settineri
Segreteria politica MSFT
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