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#noi decidiamo per la nostra vita
kseenefrega · 2 months
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Si vive solamente una volta:
Quindi fallo bene,fai in modo di bere moderato ma di ottima scelta.
Mangia tutto quello che vuoi,ma sempre con moderazione.
Fai sesso,si sesso... Se poi incontri una persona amata allora fai l'amore!
Ma credetemi vale la pena vivere nel miglior modo possibile.
Piangersi addosso non ne vale la pena.
Ogni vostra scelta è stata presa perché il vostro inconscio vi ha detto che quella era la più giusta possibile.
Parlo per la mia esperienza...
Siamo noi a decidere tutto!
-kseenefrega-
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PS. Ridi e piangi e ridi ancora!
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susieporta · 4 months
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⚜️ACCETTARE IL FANGO CHE C’E’ NELLA NOSTRA VITA⚜️
di Brenda Shoshanna
Molti credono che la loro vita sia stata rovinata da rapporti sbagliati e da situazioni che non sono riusciti a cambiare o a controllare.
Quando ci troviamo in una situazione che non ci piace, o in un rapporto che ci ferisce o non va come vorremmo, cerchiamo tutte le spiegazioni possibili. Pensiamo che questa situazione spiacevole getti un’ombra su di noi, e che dobbiamo cercare di cambiarla per recuperare la nostra dignità.
Decidiamo che qualcosa ci minaccia e ci diamo da fare per rafforzare le nostre difese. Ci sembra di essere ogni volta rifiutati e di non potere amare mai più. Tutte queste idee e interpretazioni che aggiungiamo alle situazioni, sono proprio ciò che ci tiene imprigionati nel fango della nostra vita. Sono proprio ciò che ci impedisce di continuare. Ci fanno sentire sporchi e impantanati. Ci fanno sentire feriti e maltrattati. Ci sussurrano che dobbiamo vendicarci. E ci ripetiamo questo pensiero tante e tante volte.
Se crediamo a queste voci e le mettiamo in pratica, non siamo più in contatto con la realtà di ciò che sta accadendo, e quindi di ciò che è realmente a nostra disposizione. Ma, soprattutto, perdiamo di vista il fatto che il fango… è semplicemente fango.
Dogen Zenji, un grande maestro Zen, sapeva affrontare qualunque situazione senza lasciarsi toccare, perché non vi aggiungeva niente. Era esattamente lì dove stava, e sperimentava direttamente ogni cosa. Il fango non era cattivo né inquinante. Era semplicemente fango.
Ci camminava dentro continuando per la sua strada, e prima o poi si ritrovava di nuovo a camminare sull’erba. Ma quando raggiungeva di nuovo l’erba, non era il Paradiso: era semplicemente erba. Quando arrivava l’Inverno e l’erba seccava, non stava subendo una punizione, non era maltrattata dalla cattiveria dell’Inverno. Semplicemente, era venuto il momento per l’erba di seccarsi. Dopo l’Inverno sarebbe arrivato qualcos’altro.
La maggior parte di noi non sa attraversare in questo modo i fatti e gli eventi della vita. Cerchiamo di trasformare il fango in acqua pura. Quando troviamo un prato erboso vogliamo che rimanga verde, anche nel gelo invernale. Abbiamo paura di quello che la vita ha in serbo per noi, invece di procedere semplicemente nella sua direzione. Ci comportiamo così anche nei rapporti. Restiamo attaccati a una situazione passata, ruminando sui torti che abbiamo subito e rifiutandoci di lasciarli andare. Siamo arrabbiati per non essere riusciti a tenere la situazione sotto controllo, e come risultato ci sentiamo impotenti.
Ma cos’è che possiamo controllare davvero? Non poter controllare questo insondabile mondo, significa davvero che siamo impotenti? Non ci sarà un altro modo per vivere tanto la bellezza che il dolore?
Impegnandoci sinceramente nella pratica Zen, diventiamo sempre più capaci di capire che il fango è semplicemente fango. Non è stato messo lì apposta per avvilirci, svalutarci o impedirci di procedere. Accettiamo di incontrarlo nel nostro viaggio, lo attraversiamo e semplicemente andiamo avanti.
Articolo di Brenda Shoshanna
Fonte: http://www.laviadelcuore.eu/mente-e-spirito/593-accettare-il-fango-che-c-%C3%A8-nella-nostra-vita.html
letto su: http://www.conoscenzealconfine.it/accettare-il-fango-che-ce-nella-nostra-vita/
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morganadiavalon · 1 year
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Siamo sempre giovani fino a quando non lo siamo più.
"Vivendo come fossimo immortali noi modifichiamo la vita stessa, il significato e il profilo del suo corso, trasformando per la prima volta nella storia dell’umanità la curva dell’esistenza – com’è stata chiamata sempre – in una lunghissima linea retta che non siamo mai stati abituati a risalire: e che crolla di colpo quando cede l’inganno dell’eterna fittizia gioventù, precipitando nella vecchiaia improvvisa.
Non è un autoinganno, perché tutto quel che ci siamo creati per dominare la vita ci autorizza a pretendere l’immortalità. La medicina naturalmente, la genetica e la biologia con i loro progressi al servizio dell’uomo. Ma anche il maquillage sociale e culturale al servizio delle mode, dei trattamenti, degli stili di vita, con la promessa di ingannare la realtà, camuffandone l’estetica. Se la tecnica, con la sua autorità che la rende signora dell’epoca, dice che si può fare, allora si deve: e infatti padri e madri lo fanno, mimando i consumi e la cultura dei figli, cercando di uniformarsi dentro l’età dominante, dunque senza più fine.
Così non viviamo la nostra vita, o almeno non nel suo naturale percorso, che è ciò che la rende appunto “vita” con un suo inizio, un culmine e una fine, e non soltanto esperienza di una fase illusoriamente fissata per sempre.
Al suo posto viviamo un’esperienza mimetica, spostata abusivamente nel territorio dell’età altrui, alterando il senso dell’una e dell’altra. Ciò che si indebolisce è il fluire del tempo, il passaggio delle fasi e il loro trascorrere, la fine di una stagione e la sua mutazione nell’inizio di un’altra, con i diversi colori, i toni e i modi propri di ogni epoca. Quel che si disimpara è la preparazione alla vecchiaia, il modo di accoglierla dai primi segnali fino alle prove evidenti e la sua accettazione. Scegliamo di rimanere uguali a quel che ci immaginiamo di essere. Pur di non declinare, decidiamo di non evolvere, imprigionandoci nell’oggi"
"Senza adulti" di Gustavo Zagrebelsky
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elperegrinodedios · 1 year
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Quello che conta nella vita è la nostra tendenza al positivo, è l'atteggiamento del nostro io, è la predisposizione del nostro cuore. Siamo noi, a decidere tutte le cose e già, siamo noi a fare del nostro cammino, una raccolta di belle emozioni od un deserto piatto di sopravvivenza. Si, siamo sempre noi a far bella o brutta la vita con i nostri atteggiamenti e i nostri approcci, con le nostre scelte le nostre decisioni e le nostre aspettative. Noi decidiamo cosa fare, e come e quando fare ogni cosa. Siamo ancora noi, la causa e l'effetto del nostro successo, o dei nostri vari fallimenti. Dovremmo ringraziare Dio ogni giorno, solo per il dono del libero arbitrio. Siamo i beneficiari di ogni vittoria, ma siamo anche, i destinatari di ogni sconfitta. Ecco, ci siamo, sta cominciando il nuovo anno. Che anno sarà. Magnifico dico io, perchè ho sempre e fin da sempre pensato, che il meglio debba ancora venire. Nonostante tutto. Come faccio a saperlo? Facile, lo decido! Esatto. Funziona proprio come la felicità, che non è una forte emozione che provi, ma una decisione che prendi e non permetti più a niente nè a nessuno di inficiartela. Naturalmente, questa decisione è un impegno che prendi per primo con te stesso, e che ti impone dei comportamenti rispettosi e coerenti con la decisione stessa, sapendo che il segreto della magnificenza e della beatitudine è il cuore della felicità che sta tutto nell'amicizia e nell'amore. Tu sai bene tutto questo e dunque tu diventi il primo seminatore ed elargitore di gioia e di benessere. Coraggio rendiamo straordinario questo nuovo anno, io sono tuo amico e vengo a te con amore, sorridi a me che ti sto sorridendo.
lan ✍️
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klimt7 · 4 months
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La vita "distratta"
La realtà "fuori fuoco"
Tutti a raccontare con le immagini la vita di quando siamo noi a dettare le regole, di quando decidiamo noi, l'angolo della foto che vogliamo creare, o quella, che ci pare più giusta per quel momento. E di qui, l'abitudine agli scatti in ascensore o contro gli armadi o allo specchio della parete dei bagni. Modalità di ripresa, che impazzano di questi tempi.
Ma che ne è di noi, quando invece facciamo altro, quando siamo impegnati in qualcosa, e veniamo immortalati in uno scatto, a nostra insaputa senza essere noi, i controllori di quello scatto?
Perchè questo mi pare: esiste una fotografia "attiva", che decidiamo noi in ogni parametro di luce, angolazione o inquadratura.
E poi esiste una fotografia "passiva", dove "veniamo come veniamo", dove non siamo noi che stabiliamo noi le regole, nè ci mettiamo in posa nè possiamo impostare proprio nulla.
Allora ci pare d'essere fuori centro, fuori fuoco e di apparire su sfondi improbabili, quando lasciamo che siano altri a decidere ciò che di noi verrà conservato.
Ma la domanda è: c'è più verità nelle foto che facciamo sulla base di una nostra volontà ben precisa ed esplicita oppure è più vero uno scatto improvvisato che ci sorprende distratti, impreparati o occupati a fare altro ?
Me lo chiedo. E siamo certi che le persone ricerchino la "verità" in una fotografia?
Non è, che invece molti, mirano più alla "rappresentazione", piuttosto che alla ricerca di una verità intrinseca e spontanea?
E abolendo completamente il controllo da parte nostra, sottraiamo verità allo scattoo o gliene conferiamo una maggiore ?
Perchè non c'e dubbio che abolita la volontà e il nostro controllo, noi stessi, possiamo diventare pura presenza, un dettaglio fra i tanti, come un tavolo, una sedia, un divano. Parte di un "paesaggio naturale". Come fossimo anche noi un oggetto qualsiasi.
Ma allora, prendiamo posto nella realtà, più nel primo o nel secondo modo?
In questa seconda situazione, (quando cioè non c'è alcun controllo da parte nostra) qualche volta accadrà, che finiremo per essere catturati dal "fuoco amico", tramite lo scatto di chi ci stava intorno in quel certo momento.
Credo che questa domanda non sia soltanto una disquisizione sulla Fotografia, ma faccia parte del grande dibattito sul "significato" e " il significante" d'una fotografia e sul grado di manipolazione dell'immaginario comune.
Ho provato allora a cercare questi scatti "distratti", queste scatti "fuori fuoco" o s-centrate o"sbagliate", secondo i canoni della Fotografia classica. Immagini senza un progetto e una costruzione volontaria che finiscono per congelare in uno scatto, i nostri momenti di "distrazione"
Immagini che catturano una verità autonoma e indipendente da noi. Completamente fuori dal nostro controllo e dai parametri impostati dalla nostra volontà.
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ragazzanuvolasblog · 1 year
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Quando si è piccoli l'amore viene spiegato come un qualcosa di immenso, di gigante e infinito. Ci viene detto e insegnato che dobbiamo amare e dare tanto amore a questo mondo e alle persone che arriveranno nella nostra vita, ci fanno crescere con il detto "se dai bene ricevi del bene" e io nella mia vita ho dato tanto bene ma non sempre ho ricevuto lo stesso in cambio. Ma quando si inizia a crescere capiamo che tutto quello in cui ci hanno fatto credere era solo una grande bugia, perché non è vero che se diamo del bene riceviamo lo stesso in cambio. E allora ci dicono che è l'amore e il bene a fare del male e noi ci crediamo, ci chiudiamo in noi stessi, innalziamo dei muri per proteggerci, attiviamo delle barriere per non stare male, evitiamo qualsiasi forma d'amore anche, perché abbiamo paura di soffrire.. e poi succede che la gente ci guarda come se fossimo degli estranei.. quelle persone che defiscono strane, asociali.. e noi persone dal cuore fragile rafforziamo queste barriere che ci proteggono ancora di più, perché ci sentiamo incompresi da persone che non vogliono comprenderci. Passiamo le notti a pensare.. a pensare e ancora pensare fino all'alba.. ci poniamo mille domande sul perché sia tutto così difficile, sul perché sia difficile comprenderci.. perché alla fine noi persone dal cuore fragile non abbiamo mai chiesto nulla di così grande o grosso, ma semplicemente abbiamo sempre chiesto lo stesso bene e amore che noi diamo. Quindi care persone dal cuore fragile se date 100 dovete pretendere altrettanto questo 100 senza timore, perché non è l'amore o il bene a fare male ma le persone a cui noi decidiamo di dare il nostro bene o amore. Perché l'amore fa bene ma solo se viene dato ad un'altra persona che vuole donarci lo stesso amore, quindi state attenti alle persone, solo alle persone.
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seaunknown · 9 months
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Sarebbe bastato poco sai?
Una foto di cosa ti sei cucinato o di cosa hai mangiato, come facevo sempre io. L’outfit del giorno, oppure se hai comprato qualcosa, qualsiasi cosa, anche un pacco di pasta.
Un messaggio non programmato e spontaneo
Un post mandato su Instagram che quando lo guardo penso “gli sono venuta in mente”. Vediamo passarci da sotto gli occhi una marea di cose carine o divertenti ogni giorno, io te le mandavo sempre, poi ho smesso di farlo perché mi sentivo stupida.
Un pensiero dolce o una parola possono cambiare la giornata di una persona, possono fare la differenza, possono dare sicurezza e stabilità e possono arricchire questa vita che rischia di diventare assai dura. La vicinanza si dimostra quasi più così che con i chilometri di distanza, la presenza non è solo fisica ma è soprattutto psicologica. È la completa e certa consapevolezza dell’affetto e dell’amore dell’altra persona, incondizionati e indistruttibili.
E io ho bisogno di riavere questo. Di avere il ragazzo di cui mi sono innamorata e con il quale passavo le ore a parlare perdendomi nei suoi occhi verdi. Lo stesso che non smetteva mai di darmi i bacini e dirmi che mi amava. Tu hai questa sbagliata convinzione che se uno lo dice spesso poi perda di valore ma secondo me non è così. Io la relazione la vedo un po’ come un bellissimo fiore, una rosa con le spine perché alle volte l’amore fa male anche quando è bello e se non sai come prenderlo ti punge e ti fa del male.
La terra va nutrita con l’aiutarsi a vicenda nei momenti difficili, ma un bel fiore va innaffiato anche di amore, di attenzioni, di tenerezze e parole dolci. Se si da per scontato che la rosa crescerà bella e rigogliosa solo perché la terra è nutrita, resteremo poi sorpresi nel vederla appassire su se stessa. E ci domanderemo il perché, e dove abbiamo sbagliato se abbiamo sempre nutrito la terra che vi stava attorno. E magari ci accorgeremo che questo non bastava e che forse la rosa aveva provato a mandarci degli avvertimenti, magari facendo cascare qualche petalo, ma noi non ce ne eravamo accorti.
Sai cosa penso? Penso che innamorarsi capita, di amare lo si sceglie.
Perché decidiamo consapevolmente di investire quanto più possiamo su una persona, scegliamo consciamente di fare dei sacrifici di rivedere la scala delle nostre priorità e soprattutto scegliamo di cambiare la nostra vita.
Già, perché quando la si divide con qualcuno siamo consapevoli che essa non sarà mai come prima. Sappiamo che non ci potremo permettere di vivere come se fossimo da soli, proprio perché soli non lo siamo.
Una persona che entra nella tua vita, te la stravolge nel bene e nel male ma tutti sanno che dall’altro lato della medaglia, un amore ti regala gioia, comprensione, senso di appartenenza e questo è un punto fondamentale nella naturale ricerca umana dell’appagamento.
Fiducia, sicurezza e stabilità.
Ma tutto ciò viene se dal lato opposto c’è impegno, attenzione, intelligenza nel capire e gestire le situazioni, compromesso (e su questo devo lavorarci tanto anche io).
È un gioco difficile e delicato, mi rendo conto che non tutti abbiano voglia di giocarci e gettino la spugna al primo problema (e lo sottolinea la percentuale di divorzi), ma io sono disposta a giocare con te, perché sei tu e non un altro. Perché non me ne frega niente di avere tutte le cose appaganti di una relazione se non sei tu a darmele, e perché so che possiamo avere la nostra serenità se io mi affido alla tua determinazione e tu ti affidi alla mia maturità data dall’esperienza e quel paio di anni che ho in più di te e cerchi di ascoltarmi quando ti parlo di queste cose e quando ti parlo di te perché tanto sai che ti conosco meglio di chiunque altro.
The story of a breakup
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lanavetro · 2 years
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Io le vorrei trovare un paio di parole. Da quando sono qui, il mio equilibrio si sposta sempre di più verso il suo centro di riferimento e mi sento come un albero che viene scosso dal vento.
Eppure, adesso che siete tutti così e che vi ho lasciato andare, sembra quasi che non ci siete mai stati.
Lìa, che ormai ha fatto pace col fatto che sbaglio l’accento quando le scrivo, mi ha invitato per la Polonia e senza neanche pensarci un attimo ho detto sì. Il giovedì non dormo per una serie di consegne che devo fare entro il venerdì. Nottata ed occhiaie e la giornata, che non è mai veramente finita, inizia con una presentazione in presenza. La tutor apprezza, si complimenta e io non vedo l’ora di andare a casa.
Mi reinvento un attimo e sotto consiglio di mia madre scopro i segreti dietro la frittata di maccheroni che non è mai venuta così bene in vita mia: per forza, è la prima.
Da qui, si fa una certa ora e i treni ci aspettano, mentre alla stazione mi limo le unghie aspettando che si presenta. Eccola, “mira tu gran belleza”. Non glielo dico, ma poi a tutti i complimenti che le farò solo per gentilezza mi verrà risposto:”que chamuyero!”, che è poco più del farenello napoletano e sì, mi calza bene, ma a volte è la manifestazione della mia sincerità e della volontà di far star bene una persona con solo qualche parola.
Il mio corpo resiste ai viaggi, la stanchezza non si sente, l’ostello che sembra il posto più bello del mondo e più quieto ci accoglie con un sacco di bambini e bambine. Le piante rampicanti ci accompagnano e scatto due Polaroid, una per me e una per Lìa, sulle scale che portano al piano superiore.
Breslavia è viva ed è giovane, ha dei colori stupendi come quasi tutte le città dell’est e mi colpisce la quantità di fiorai che si trovano nella piazza della città e divento strano quando mi bagno inutilmente con l’acqua della fontana.
Camminiamo per tutta notte fino alle 4 dove ci fermiamo sulle scale dell’ostello: ci diciamo qualsiasi cosa sulle nostre insicurezze, probabilmente proprio perché ci sentiamo al sicuro.
Da lì a poco incontriamo gente che ci dice di andare all’inferno, ma che in realtà ci adora, l’alba arriva e dopo qualche bacio che ci siamo rubati decidiamo di andare a riposare.
La mattinata passa con una guida che viene cazziata tantissimo per aver detto che l’America è stata scoperta e chiaramente la cazziata a fine tour viene assicurata:”L’America non è stata scoperta, smettetela di dirlo”.
Quanto mi piace il coraggio.
Lasciamo Breslavia e rimaniamo un po’ soli durante il tragitto in bus a scrivere di noi stessi probabilmente e la nostra sensazione.
Anche Cracovia si presenta colorata con un centro storico circondato dal parco e dal verde. La piazza immensa ci saluta e l’ostello festaiolo ci sorprende e Lìa si merita un altro applauso per aver scelto perfettamente dove dormire.
Veniamo accolti da alcol e da gente rumoreggiante che gioca a beer pong e a biliardino, noi ci facciamo trascinare da qualsiasi evento e dopo una doccia, senza neanche cenare finiamo per ubriacarci un po’ e sfiorarci senza baciarci.
D’un tratto che Lìa allontana, una donna inglese aumenta la mia vanità complimentandosi per gli orecchini e il mio aspetto tanto che alla fine finiamo anche per scattarci una foto assieme.
Sembra tutto molto gentile.
Finiamo per locali vari dove ci annoiamo dopo non molto, torniamo fuori l’ostello e mi emoziono per una birra Peroni.
Dopodiché ci fermiamo ad un muretto, ci guardiamo e parliamo. Questa volta delle nostre famiglie. L’emozione la prende e forse qualche lacrima le sta per scendere.
La abbraccio e poi mi chiede:”Can I sleep with you?”, ma alla fine quando ritorno dal bagno la trovo già a dormire e non ho il cuore di disturbarla.
L’indomani si riparte per Auschwitz e la suggestione ci stringe lo stomaco e non vogliamo più mangiare. Spostandoci a Birkenau, il paesaggio e la distesa immensa di quel luogo della memoria ci sorprende e capisco quanto sia povero non vedere le cose con i propri occhi.
Il parallelismo psicologico ci colpisce e un violento temporale si schianta contro il sole e ci lascia in balia di una tempesta e di un freddo sconcertante che peggiorerà il mio raffreddore.
Ci coccoliamo con la scusa di riscaldarci.
Ritornati a Cracovia ci perdiamo, ma poi ritroviamo la via, un pochino di sole ci colpisce, rubiamo vino e mangiamo un po’ per assumere delle apparenze umane.
Camminiamo tanto perché le città di notte assumono un altro aspetto, torniamo al posto festaiolo, balliamo un po’ e finiamo per amarci nei bagni in comune dell’ostello che è attività carnale, ma intima come parlarsi.
Non ce lo diciamo, dormiamo direttamente insieme.
E sì, vorrei trovare due parole per spiegarvi come sia stato sorprendente girarsi, trovare il suo volto e pensare che sia la cosa più perfetta sulla faccia della terra.
Lìa, forse il viaggio con te, per me, finisce qua. Ma il tuo è ancora tutto da scoprire. Non so come e non so perché, ma il mio petto sarà sempre casa tua.
Puoi contare su di me, ma non sempre.
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thesimplewolfman · 2 years
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Perché è così difficile mantenere una relazione oggi?
Perché siamo coinvolti così spesso in fallimenti amorosi, nonostante i nostri migliori sforzi?
Perché le persone diventano improvvisamente incapaci di mantenere una buona relazione?
Abbiamo dimenticato di amare?
O peggio....
Abbiamo dimenticato cos'è l'amore?....
Non siamo pronti a fare sacrifici, a scendere a compromessi, ad amare incondizionatamente.
Non siamo pronti a investire tutto ciò che è necessario per far funzionare una relazione.
Vogliamo che tutto sia facile e ci arrendiamo troppo in fretta.
Al primo ostacolo tutto crolla.
Non permettiamo al nostro amore di crescere, partiamo prima di darli il tempo.
Non è l'amore che cerchiamo, è solo passione ed emozione.
Vogliamo qualcuno che ci tenga compagnia, ma non qualcuno che ci capisca profondamente.
Passiamo del tempo insieme, ma non costruiamo ricordi.
Non vogliamo un partner per la vita, ma semplicemente qualcuno che ci permetta di sentirci vivi nel presente, in quel momento.
Quando la passione scompare, scopriamo di non essere assolutamente pronti per nessuna realtà.
Non vediamo la bellezza del prevedibile, ... siamo accecati dal brivido dell'avventura.
Siamo immersi in tutto ciò che è insignificante, nella vita frenetica che non lascia spazio all'amore.
Non abbiamo tempo per l'amore.
Non vediamo l'ora di avere una relazione.
Ci impegniamo a realizzare le nostre ambizioni dalle quali l'amore è escluso.
Le relazioni non sono altro che trampolini di lancio.
Cerchiamo una soddisfazione immediata in tutto ciò che facciamo, nelle nostre pubblicazioni online, nelle nostre scelte professionali e nelle persone di cui ci innamoriamo.
Da una relazione rivendichiamo la maturità che arriva con il tempo, connessioni emotive che richiedono anni per essere create e un senso di appartenenza, ma ci conosciamo a malapena.
Sembra che nulla valga il nostro tempo e la nostra pazienza, nemmeno l'amore.
Ci piace avere una scelta, perché siamo esseri sociali.
Preferiamo incontrare le persone piuttosto che conoscerle.
Siamo avidi, vogliamo tutto.
Ci accoppiamo al minimo segno di attrazione e ci separiamo non appena troviamo qualcuno più attraente.
Non vogliamo vedere cos'altro c'è in quella persona, vogliamo solo che sia perfetto.
Usciamo con molte persone, ma non diamo mai loro una vera possibilità.
Siamo tutti così delusi che non riusciamo a respirare.
La presenza fisica è stata sostituita da messaggi di testo, messaggi vocali, istantanee e videochiamate, quindi non dobbiamo passare del tempo insieme ora.
Ci siamo allontanati troppo l'uno dall'altro e non avremo più niente da dire.
Non possiamo stare troppo a lungo in un posto, la nostra routine ci soffoca.
Non possiamo immaginare tutta la nostra vita con una sola persona, e disprezziamo la permanenza e l'appartenenza, come se fossero i mali del secolo.
Ci piace pensare a noi stessi come "diversi" dagli altri, ci piace pensare di non rispettare le norme sociali.
Distinguiamo tra sesso e amore, o almeno pensiamo di farlo.
Il sesso è facile, la lealtà è meno facile e la lealtà non esiste più.
Non si arriva al letto perché amiamo quella persona, ma perché vogliamo stare bene.
Abbiamo bisogno di quella pienezza temporanea e il sesso al di fuori della coppia non è più un tabù.
Funziona solo con la logica.
Non sappiamo più fare le piccole cose.
L'amore a distanza in questo senso ha vita breve, richiede immaginazione, speranza, sorprese, poche cose pazze per vedersi una o più volte.
L'idea di avere un serio impegno emotivo è terrificante, è terrificante essere feriti, è terrificante avere il cuore spezzato.
Non ci apriamo a nessuno, e non decidiamo di amare incondizionatamente, quindi ci nascondiamo dietro le alte mura che abbiamo costruito.
Cerchiamo l'amore, ma fuggiamo appena arriva, perché non sappiamo più come affrontarlo.
Non vogliamo essere vulnerabili.
Non vogliamo rivelare la nostra anima a nessuno, siamo sempre in guardia.
Lasciamo fuori dalla nostra vita persone meravigliose senza cercare di fermarle.
Non conosciamo più la sacralità dell'Amore.
Non c'è niente che non siamo riusciti a fare su questa terra, ma falliamo sempre nell'amore ....
"IN UNO DEGLI ISTINTI PIÙ ELEMENTARI DELL'UOMO" ..
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nonbiblicnephilim · 18 days
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Solo cose belle
- Irina Potinga
La nostra mente adora le idee fisse, odia i cambiamenti, nostri e degli altri. Abbiamo certe opinioni sulle cose e sulle persone, e ci aspettiamo che restino sempre invariate. Il fatto è che le persone non sono fotografie. Mutano da un giorno all’altro, figuriamoci nel corso degli anni. Come non puoi immergerti nello stesso fiume due volte, così non puoi incontrare la stessa persona due volte. Pretendere da noi e dagli altri di restare uguali è come chiedere di morire mentre si è ancora in vita. Si vive per scoprire, imparare, migliorare e cambiare idea. Se questo disturba qualcuno, è un suo problema da gestire.
L’approvazione degli altri ci fa sentire bene, aggiunge qualcosa alla nostra identità, nutre il nostro ego. È una bella sensazione quella di piacere agli altri, ma ha un costo, perché in questo modo non siamo del tutto liberi di essere noi stessi e di seguire la nostra strada.
Quando ho smesso di giudicare gli altri, ho smesso di giudicare anche me stessa, e ho ritrovato una leggerezza incredibile. Ho capito che io non so la verità, che io non so tutto e non devo per forza avere un’opinione su tutto. Se mi succede di avere un pensiero giudicante verso qualcuno, mi fermo, lo riconosco e lo lascio andare. Se necessario, ci rifletto. Un giudizio, il più delle volte rivela qualcosa su di noi, qualcosa che vorremmo, qualcosa che non permettiamo a noi stessi. La prossima volta che ti ritrovi ad avere un pensiero giudicante verso qualcuno, oppure a fare una conversazione con qualcuno giudicando qualcun altro, ricorda che stai solo facendo male a te stesso.
Come viviamo questo giorno, come viviamo questo momento, è come viviamo la nostra vita.
Quando non usiamo qualcosa perché abbiamo deciso che è speciale, decidiamo anche che noi non siamo abbastanza speciali e che questo momento non è abbastanza speciale.
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bergamorisvegliata · 1 month
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...DAL WEB...
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✴️Sii consapevole di ciò che chiedi, perché lo otterrai.
Ogni evento che noi viviamo ha la possibilità di essere vissuto in modi diversi: in modo gioioso, angosciante, con entusiasmo per il futuro, con nostalgia per il passato, con paura.
Tutto dipende dal punto in cui ci poniamo, dal nostro atteggiamento verso le esperienze che facciamo, da quello che pensiamo possano insegnare le situazioni che viviamo. Tutto dipende dal come decidiamo di affrontare ciò che ci viene incontro. In genere vediamo il lato positivo e di insegnamento delle difficoltà solo quando ripensiamo ad esse dopo un lasso di tempo più o meno lungo. La vera sfida è trovare cosa ci stanno insegnando nel momento in cui le viviamo.
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Più riusciamo ad accorciare il tempo che trascorre tra l’esperienza e la consapevolezza dell’insegnamento più viviamo felici. Felicità non creata dall'inconsapevolezza, dalla superficialità o dall'ignoranza, ma all'opposto, dalla coscienza. C'è sempre un altro modo per vivere le cose, il mondo dà sempre proprio quello che chiediamo anche se non lo abbiamo chiesto consapevolmente.
Per poter trovare il lato gioioso delle cose innanzitutto possiamo chiederci quali siano stati i pensieri che più spesso riempiono la nostra mente. Può essere che abbiamo desiderato di tagliare con una certa situazione o relazione, o di vivere liberamente le nostre passioni, o trovare un modo per cominciare a lavorare su un progetto che da tempo abbiamo voglia di cominciare a realizzare o ancora il pensiero può essere quello di volere rapporti solidi e di condivisione. Ecco che la vita ci dà proprio modo di sperimentare quello che abbiamo chiesto: relazioni in cui è necessario condividere per far funzionare le cose, tempo libero per realizzare gli obiettivi o vivere passioni… Si tratta di scoprirlo e per farlo possono bastare pochi minuti o un tempo più lungo, l'importante è ascoltare quali siano i nostri pensieri ricorrenti, quali sono i modi di dire che utilizziamo più spesso, di cosa parliamo con maggiore frequenza con chi ci è vicino, di che ci lamentiamo. Le tecniche sono molte e tutte valide. Ciascuno può trovare la propria via: meditazione, scrittura,
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chiacchiere con un amico o il sostegno di persone al di fuori della propria cerchia. La certezza è che trovare la gioia delle situazioni che viviamo porta sempre più alla presa di coscienza che siamo noi a determinare la nostra vita, a vivere felici e possiamo sempre scegliere quale lato della medaglia guardare.
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(Dal web)
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giancarlonicoli · 3 months
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18 feb 2024 19:43
UNA VITA A CACCIA DI PERICOLI (TULLIO) – RICORDI DI UN ARTISTA DALLO STILE PERTURBANTE E INIMITABILE: CALVINO, SCALFARI, BOCCA, ECO, CALASSO – “SONO FUGGITO DAL MONDO DELL’ARTE PER UNA FRASE CHE MI DISSE UN GIORNO IL GALLERISTA GIO’ MARCONI: “RICORDATI TULLIO CHE VALI SE LO DECIDIAMO IN TRE: IO, UN CRITICO D’ARTE E UN DIRETTORE DI MUSEO”. QUESTO MI FECE SCAPPARE. MI DISSI: “ANDRÒ A FARE IL PITTORE SUI GIORNALI”. E PER ANNI HO TROVATO LÌ UNO SFOGO ALLA MIA MANO, RESTANDO ESTRANEO A LUNGO AL MONDO DEL MERCATO” -
Zita Dazzi per Repubblica.it
Tullio Pericoli guarda la città dalle vetrate del suo studio pieno di luce, di colori e di tele in lavorazione. Sulla libreria ci sono le foto con gli amici di sempre, i libri con le loro dediche; sui tavoli, davanti ai cavalletti, centinaia di pennelli e di matite, gli attrezzi da lavoro di un artista che nella sua lunga vita ha saputo ritrarre uomini e paesaggi in uno stile inimitabile.
Alla mostra su Calvino alle Scuderie del Quirinale ci sono i libri con dedica che lui le inviava. Sulla pagina delle Cosmicomiche si legge “il più pericoliano dei miei libri”. Come vi eravate conosciuti?
«Nel 1979, il Corriere mi chiese un disegno per l’anticipazione di Se una notte d’inverno un viaggiatore. E così entrammo in contatto. Poi nel 1980, preparando una mostra alla Galleria del Milione a Milano di una ricerca che avevo fatto su Klee, pensai, per il catalogo, a una conversazione con Calvino sul “rubare” ad altri, pittori e scrittori. Gli scrissi, la cosa l’interessò, ci incontrammo e pubblicai la conversazione con il titolo “Furti ad arte”. Raccontavamo le nostre esperienze di “ladri”, lui citava Tolstoj, Stevenson, Borges, io appunto Klee e pochi altri».
Allora lavorava già per i quotidiani e i settimanali?
«Avevo cominciato al Giorno , poi Barbiellini Amidei mi offrì di andare al Corriere e venne con me il mio amico Pirella. Così nacque la coppia e “Tutti da Fulvia sabato sera”. Dimessosi Piero Ottone, ci dimettemmo anche noi e subito Scalfari ci chiamò a Repubblica ».
Che rapporto c’era con Eugenio Scalfari?
«Sapeva farti sentire parte di un gruppo, quasi una famiglia. Non posso dire che la nostra fosse esattamente un’amicizia, era comunque il mio direttore. Sapevo però che per qualunque questione, potevo fare riferimento a lui, sia per l’ Espresso , cominciato molto prima, che per Repubblica . Ci vedevamo sempre a cena da amici, quando veniva a Milano. Quando decisi di smettere di collaborare all’ Espresso , andai da Scalfari a spiegargli che volevo lasciare perché mi ero stufato sia di occuparmi di politica che di leggere i giornali. Fece un salto sulla sedia e chiese se ero impazzito. Non smisi: sulle pagine culturali di Repubblica rinacque Fulvia».
Intanto però cominciava l’era dei ritratti. Quanti volti di scrittori, artisti, intellettuali sono emersi dalle sue linee, come scolpiti nella carta.
«Iniziai con una rivista di libri, L’ Indice e, allenatomi su quel mensile, ho poi finito a farli anche per Repubblica e molti altri giornali non italiani, tra cui il New Yorker e la New York Review of Books ».
Indimenticabili i ritratti di Giorgio Bocca, uno dei suoi più cari amici.
«Sì, lui è stato uno di quelli che ho sentito più vicino, sempre. Era molto rude, sincero, schietto, diretto. Un animo trasparente. Mi ha schiuso la porta verso nuove direzioni, strade che hanno aperto la mia mente. A casa sua ho conosciuto Calasso, Garzanti, Gae Aulenti. La nostra è stata un’amicizia lunga, profonda, vera. E un paio di settimane prima di morire mi chiamò Silvia Giacomoni, sua moglie, dicendomi che il Bocca voleva vedermi. Pranzammo insieme il giorno dopo, e fu un momento commovente e doloroso».
E Umberto Eco che amico era?
«Eco aveva addosso una corazza di cultura, di aneddoti, e di barzellette che impediva di andare oltre. La nostra è stata una amicizia personale e famigliare, anche se con alcuni limiti per via della sua ritrosia a parlare di sé».
Come mai ha frequentato più i giornalisti che gli artisti?
«In effetti sono stato più amico di editori e scrittori che di artisti, fatta eccezione per Emilio Tadini, un fratello, che mi mise in contatto con lo Studio Marconi, dove sono rimasto per dieci anni. Forse sono fuggito dal mondo dell’arte per una frase un po’ spavalda che mi disse un giorno Giorgio Marconi: “Ricordati Tullio che vali se lo decidiamo in tre: io, un critico d’arte e un direttore di museo”. Questo mi fece scappare. Mi dissi: “Andrò a fare il pittore sui giornali”. E per anni ho trovato lì uno sfogo alla mia mano, al mio voler disegnare, restando estraneo a lungo al mondo del mercato, anche se l’arte e la pittura sono il luogo mentale e materiale dove mi sento più a mio agio».
Bocca, Tadini, Eco, Calasso, Gregotti, Inge Feltrinelli. Tanti dei suoi più cari amici se ne sono andati.
«Sento molto la loro mancanza. A questa età più che vivere, si assiste alla propria vita. Come se mi sedessi su una sedia qui accanto e mi guardassi. Riguardi e giudichi quello che è, e quello che è stato. Sì, certe volte, c’è un po’ di malinconia. Allora frequentando gli amici frequentavo anche Milano. Oggi vedo mutare la città guardandola dalle mie finestre, come in un acquario. Anche perché mi trovo spesso smarrito nel mondo di oggi. Alcuni fatti — a parte le guerre — mi sconvolgono. Come è possibile che una nazione come l’America, esportatrice di modelli e mode culturali, condanni a morte e uccida in modo così crudele un essere umano, come ha fatto un mese fa?».
Dipinge tutti i giorni?
«Mi piace lavorare. È la mia fortuna. La pittura è un’attività mentale che richiede anche la partecipazione del corpo, una cosa straordinaria e bellissima. Sia nel disegno che nella pittura muovi il braccio, la spalla, senti che trasferisci qualcosa di te di molto profondo e fisico, questo mi dà un senso di benessere. Poi c’è il piacere della scoperta, perché usando materiali come colore, matita, pennello ti accorgi che in tutte queste cose c’è una vita, hai a che fare con qualcosa di vero che contiene un po’ di mistero. Ogni quadro — come succede agli scrittori con i romanzi — comincia in un modo e finisce in un altro, i personaggi ti prendono la mano. Non ho bisogno di guardare i paesaggi dal vero per dipingerli, sono ormai dentro la mia testa».
Il mondo dell’arte contemporanea le piace?
«Una volta era dominato soprattutto dal mercato, ma adesso è anche la “narrazione” (parola ormai impronunciabile) a decidere quali sono gli artisti che contano. Come ha ben scritto Dario Pappalardo su questo giornale a proposito della nuova edizione della Biennale, il direttore ha scelto artisti dal sud del mondo, in base all’appartenenza etnica, all’orientamento sessuale, artisti queer o disobbedienti.
Non c’è una parola che riguardi il valore in sé di un’opera. Una distorsione enorme. Michelangelo non fu scelto per il suo orientamento sessuale, ma perché era un grande pittore. Per chi fa il mio mestiere, questo è disorientante. Io in quanto artista, sono una piccola persona, un provinciale venuto da Ascoli Piceno. Non ho niente da raccontare. Non ho disobbedito e non ho fatto rivoluzioni. Però mi piace dipingere».
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susieporta · 1 year
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Molti credono che la loro vita sia stata rovinata da rapporti sbagliati e da situazioni che non sono riusciti a cambiare o a controllare.
Quando ci veniamo a trovare in una situazione che non ci piace, o in un rapporto che ci ferisce o non va come vorremmo, cerchiamo tutte le spiegazioni possibili.
Pensiamo che questa situazione spiacevole getti un’ombra su di noi, e che dobbiamo cercare di cambiare per recuperare la nostra dignità.
Decidiamo che qualcosa ci minaccia e ci diamo da fare per rafforzare le nostre difese.
Ci sembra di venire ogni volta rifiutati e di non potere amare mai più.
Tutte queste idee e interpretazioni che aggiungiamo alle situazioni sono proprio ciò che ci tiene imprigionati nel fango della nostra vita, sono proprio ciò che ci impedisce di continuare.
Ci fanno sentire sporchi e impantanati.
Ci fanno sentire feriti e maltrattati.
Ci sussurrano che dobbiamo vendicarci.
E ci ripetiamo questo pensiero tante e tante volte.
Se crediamo a queste voci e le mettiamo in pratica, non siamo più in contatto con la realtà di ciò che sta accadendo, e quindi di ciò che è realmente a nostra disposizione.
Ma, soprattutto, perdiamo di vista il fatto che il fango è semplicemente fango.
Dogen Zenji, un grande maestro zen giapponese,sapeva affrontare qualunque situazione senza lasciarsi toccare, perché non vi aggiungeva niente.
Era esattamente lì dove stava, e sperimentava direttamente ogni cosa.
Il fango non era cattivo né inquinante.
Era semplicemente fango.
Ci camminava dentro continuando per la sua strada, e prima o poi si ritrovava di nuovo a camminare sull’erba.
Ma quando raggiungeva di nuovo l’erba, non era il paradiso:
era semplicemente erba.
Quando arrivava l’inverno e l’erba seccava, non stava subendo una punizione, non era maltrattata dalla cattiveria dell’inverno.
Semplicemente, era venuto il tempo per l’erba di seccarsi.
Dopo l’inverno sarebbe arrivato qualcos’altro.
di Brenda Shoshanna
(psicoterapeuta statunitense)
da: “Lo zen e l’arte di innamorarsi”
🌿🌿🌿
it was simply grass.
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disegnoparole · 3 months
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mi è sempre piaciuto pensare il mondo come un posto libero, dove ognuno potesse amare, sguazzare, correre, divertirsi, viaggiare, studiare e chissà quante altre cose, in modo libero. e sostanzialmente, se esiste un dio, credo che anch'egli se lo immaginava un po' così.
mi è sempre piaciuto vedere il mondo come un posto un po' per tutti, un po' per chiunque nonostante la storia non credo ci abbia realmente insegnato questo. e nemmeno la vita d'oggi giorno sembra aver imparato nulla dalla storia.
la fottuta verità è che nessun'essere vivente è libero finché dipende dal proprio ciclo, ed il mondo è un insieme di cicli e regole, scritte, inventate ed automatizzate "per il nostro bene".
ma il problema principale è che "sul nostro bene", "sulla nostra libertà", non siamo noi scegliere, e non lo saremo mai. perché com'è vero che non decidiamo di nascere, purtroppo non siamo nemmeno liberi di voler dormire per sempre.
è libertà costringere una persona a soffrire per il resto dei propri giorni?
è libertà discriminare qualcuno solo per il colore della sua pelle?
è libertà odiare qualcuno che ama ed è felice chi gli pare?
è libertà non poter manifestare il proprio pensiero?
mai libera la libertà, se deve essere data, regalata, come se qualcuno ci stesse anche facendo un regalo.
mai libera la libertà, se è tracciata da un confine che non si può superare, da un mare che ti fa affogare, da un aereo che ti spara addosso.
un uomo, non sarebbe libero nemmeno se fosse da solo nel deserto, isolato nel nulla.
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dansideglobe · 6 months
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Un paio di brevi pensieri su quanto sta succedendo in questi giorni in Italia.
Se in un primo momento non ci sono state grandi riflessioni sulle origini effettive di questa violenza adesso mi pare che qualche riflessione sul ruolo maschile in una società patriarcale e maschilista come la nostra si stia facendo. Ed era anche ora. Quello che però mi ha profondamente infastidito è la totale mancanza di una cultura giuridica condivisa a livello popolare. Questa ignoranza, perché di questo si tratta, si mostra in due modalità: la prima è la nascita del processo mediatico quindi il popolo dei social si erge ad investigatore, giudice, giuria e boia. Sulla base di una ipotetica superiorità morale, sulla necessità di escludere "il mostro" dai noi "gente per bene" così da autoassolverci e caricare "il mostro" con la nostra paura di essere come lui. Quindi il primo punto è il linciaggio mediatico, noi in base a quello che i giornali ci raccontano decidiamo chi è colpevole e chi no. Senza ricordare che lo scopo dei giornali è guadagnare, quindi le nostre informazioni sono impacchettare e raccolte con il fine di vendere. E quale metodo più veloce di vendere se non quello di suscitare qualche emozione? Meglio se negativa. In secondo luogo l'assenza di una forte cultura giuridica ci porta a chiedere pene sempre più aspre per il reato di turno. C'è questa errata convinzione che con un diritto penale più rigido, più draconiano allora non ci saranno più reati. Ma non è così, altrimenti qualcuno mi deve spiegare perché dove l'omicidio è punito con la pena capitale ci sono ancora omicidi. Allora, la questione non è più la deterrenza ma è l'essenza stessa della nostra giustizia. La nostra costituzione vuole una pena rieducativa, ove possibile. Mentre i nostri social vogliono una giustizia retribuitiva perché il crimine commesso sarebbe un debito contratto con la società. Ma dove sta l'umanità in questa concezione di giustizia? Dove le pene dovrebbero essere brutali per ogni crimine commesso (senza principio di proporzionalità) e dove un criminale non è altro che uno scarto della società e che quindi deve pagare il suo danno. Che giustizia è questa? Forse prima di invocare pena di morte, ergastolo a vita, castrazione chimica o peggio bisognerebbe iniziare a riflettere se noi vogliamo una giustizia che esclude o una giustizia che include, se vogliamo una società tribale e tirannica o una democrazia libera. Perché il livello di progresso e civiltà di una nazione è indicato da come i più poveri e i più deboli vengono trattati, e i carcerati sono sempre tra i più deboli.
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benigrec · 7 months
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