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#vito mancuso
unacosatuttamia · 7 months
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“La vita è un viaggio, un esperimento, può fallire o può riuscire, da cosa capiamo se riesce o no? Non tanto dalla meta, ma dalla gioia interiore con cui navighiamo”
Vito Mancuso
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canesenzafissadimora · 3 months
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Una trappola è tale perché non possiamo fare a meno di ciò che ci intrappola.
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giuliavaldi · 1 year
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[1548 | 17 febbraio 1600]
«Giordano Bruno rappresenta la libertà di coscienza che al giorno d’oggi anche la Chiesa cattolica difende come un diritto inalienabile. Quando un Papa con un gesto simbolico percorrerà a piedi la strada che separa il Vaticano da Campo dei Fiori per deporre una rosa ai piedi della statua del filosofo bruciato vivo? Sarebbe un gesto che non significherebbe accettare completamente le idee e la filosofia di Bruno, ma un tributo dovuto a tutti i martiri del libero pensiero che la Chiesa nel suo passato ha perseguitato».
Vito Mancuso
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aitan · 1 year
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Articolo del teologo Vito Mancuso pubblicato oggi su La Stampa e dedicato alla memoria di Berlusconi nel giorno dei suoi funerali privati e di Stato.
"La parabola dell'ateo devoto che credeva solo nel suo Io"
Insegna l'antico proverbio: "De mortuis nihil nisi bonum", vale a dire: "Di chi è appena morto, o si tace o si parla bene". Di Silvio Berlusconi io non avrei scritto nulla, non avendo per parte mia molto di buono da riconoscergli, laddove "buono" lo intendo nel senso radicale del termine che rimanda al Bene in quanto sommo valore che coincide con la Giustizia e la Verità (concetti che scrivo al maiuscolo per indicare la loro superiorità rispetto al mero interesse privato). Se però, ciononostante, ne scrivo, è per cercare di mettere a fuoco la frase del cantautore Gian Piero Alloisio, talora attribuita a Giorgio Gaber (cito a memoria): «Non temo Berlusconi in sé, ma il Berlusconi che è in me». Non parlerò quindi di Berlusconi in sé, bensì del Berlusconi in noi, convinto come sono che quanto dichiarato da Benigni valga per milioni di italiani, forse per tutti noi, che portiamo al nostro interno, qualcuno con gioia, qualcun altro con fastidio o addirittura con vergogna, quella infezione che è, a mio avviso, il "berlusconismo".
Cosa infetta precisamente il berlusconismo? Risponderò presto, prima però voglio ricordare questa frase di Hegel: «La filosofia è il proprio tempo colto nei pensieri». Io penso che quello che vale per la filosofia, valga, a maggior ragione, per l'economia e la politica: il loro successo dipende strettamente dalla capacità di saper cogliere e soddisfare il desiderio del proprio tempo. Berlusconi è stato molto abile in questo. Con le sue antenne personali (al lavoro ben prima che installasse a Cologno Monzese le antenne delle sue tv) egli seppe cogliere il desiderio profondo del nostro tempo, ne riconobbe l'anima leggera e se ne mise alla caccia esercitando tutte le arti della sua sorridente e persistente seduzione. Si trasformò in questo modo in una specie di sommo sacerdote della nuova religione che ormai da tempo aveva preso il posto dell'antica, essendo la religione del nostro tempo non più liturgia di Dio ma culto ossessivo e ossessionante dell'Io. Il berlusconismo rappresenta nel modo più splendido e seducente lo spodestamento dell'antica religione di Dio e la sua sostituzione con la religione dell'Io. E il nostro tempo se ne sentì interpretato in sommo grado, assegnando al fondatore i più grandi onori e costituendolo tra gli uomini più ricchi e più potenti non solo d'Italia.
Ho parlato del berlusconismo come di un'infezione, ma cosa infetta precisamente? Non è difficile rispondere: la coscienza morale. Il berlusconismo rappresenta la fine plateale del primato dell'etica e il trionfo del primato del successo. Successo attestato mediante la certificazione dell'applauso e del conseguente inarrestabile guadagno.
Vedete, Dio, prima, lo si poteva intendere in vari modi: nel senso classico del cattolicesimo e delle altre religioni, nel senso socialista e comunista della società futura senza classi e finalmente giusta, nel senso liberale e repubblicano di uno stato etico quale per esempio lo stato prussiano celebrato da Hegel, nel senso della retta e incorruttibile coscienza individuale della filosofia morale di Kant, e in altri modi ancora, tutti comunque accomunati dalla convinzione che esistesse qualcosa di più importante dell'Io, di fronte a cui l'Io si dovesse fermare e mettere al servizio. Fin dai primordi dell'umanità il concetto di Dio rappresentò esattamente l'emozione vitale secondo cui esiste qualcosa di più importante del mio Io, del mio potere, del mio piacere (a prescindere se questo "qualcosa" sia il Dio unico, o gli Dei, o l'Urbe, la Polis, lo Stato, la Scienza, l'Arte o altro ancora).
Ecco, il trionfo del berlusconismo rappresenta la sconfitta di questa tensione spirituale e morale. In quanto religione dell'Io, esso proclama esattamente il contrario: non c'è nulla di più importante di Me. Non è certo un caso che il partito-azienda del berlusconismo non ha mai avuto un successore, e ora, morto il fondatore, è probabile che non faccia una bella fine.
Naturalmente questa religione dell'Io suppone quale condizione imprescindibile ciò che consente all'Io di affermare il suo primato di fronte al mondo, vale a dire il denaro. Il denaro era per il berlusconismo ciò che la Bibbia è per il cristianesimo, il Corano per l'islam, la Torah per l'ebraismo: il vero e proprio libro sacro, l'unico Verbo su cui giurare e in cui credere. Il berlusconismo è stato una religione neopagana secondo cui tutto si compra, perché tutto è in vendita: aziende, ville, politici, magistrati, uomini, donne, calciatori, cardinali, corpi, parole, anime.
Tutti hanno un prezzo, e bastano fiuto e denaro per pagare e ottenere i migliori per sé. Chi (secondo la dottrina del berlusconismo) non desidera essere comprato?
Il berlusconismo ha rappresentato un tale abbassamento del livello di indignazione etica della nostra nazione da coincidere con la morte stessa dell'etica nelle coscienze degli italiani. La quale infatti ai nostri giorni è in coma, soprattutto nei palazzi del potere politico. Ma cosa significa la morte dell'etica? Significa lo spadroneggiare della volgarità, termine da intendersi non tanto come uso di linguaggio sconveniente, quanto nel senso etimologico che rimanda a volgo, plebe, plebaglia, ovvero al populismo in quanto procedimento che misura tutto in base agli applausi, in quanto applausometro permanente che trasforma i cittadini da esseri pensanti in spettatori che battono le mani. Ovvero: non è giusto ciò che è giusto, ma quanto riceve più applausi. Ecco la morte dell'etica, ecco il trionfo di ciò che politicamente si chiama populismo e che rappresenta la degenerazione della democrazia in oclocrazia (in greco antico "demos" significa popolo, "oclos" significa plebaglia).
Tutto questo ha avuto e continuerà ad avere delle conseguenze devastanti. In primo luogo penso all'immagine dell'Italia all'estero, che neppure dieci Mario Draghi avrebbero potuto ripulire dal fango e dalla sporcizia del cosiddetto Bunga-Bunga. Ma ancora più grave è lo stato della coscienza morale dei nostri concittadini: eravamo già un paese corrotto e di evasori, ora siamo ai vertici europei; eravamo già tra gli ultimi come indice di lettura, ora siamo in fondo alla classifica.
Ricordo che una volta mi trovavo con un imprenditore all'autodromo di Monza per una convention aziendale e, forse per la vicinanza di Arcore, forse chissà per quale altro motivo, egli prese a parlarmi di Berlusconi. Mi disse che molti anni prima gli aveva indicato una massa di gente lì accanto e poi gli si era rivolto così: «Secondo lei, quanti sono gli intelligenti là dentro? Il 10 percento? Ecco, io mi occupo del restante 90 percento». Questa è stata la politica editoriale delle sue tv che hanno portato alla ribalta personaggi fatui ed equivoci e hanno fatto strazio della vera cultura.
Il berlusconismo ha di fatto affossato nella mente della gran parte degli italiani il valore della cultura, riducendo tutto a spettacolo, a divertimento, a simpatia falsa e spudoratamente superficiale, a seduzione. Seduzione da intendere nel senso etimologico di sé-duzione, cioè riconduzione a sé di ogni cosa, secondo quella religione dell'Io che è stato il vero credo di Silvio Berlusconi e da cui non sarà facile liberare e purificare la nostra "povera patria" (come la designava, proprio pensando al berlusconismo, Franco Battiato).
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monicadeola · 1 year
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Per Bonhoeffer la stupidità è «un nemico più pericoloso della malvagità» perché, mentre contro il male è possibile protestare e opporsi con la forza, contro di essa non si hanno difese, le motivazioni non servono a niente, dato che lo stupido è tale esattamente perché si rifiuta a priori di prendere in considerazione argomenti che contraddicono le sue convinzioni. Lo stupido, a differenza del malvagio, è soddisfatto di sé. Tentare di persuaderlo con argomentazioni è insensato, può essere anche pericoloso. Da qui un’acquisizione essenziale: la stupidità riguarda «non l’intelletto, ma l’umanità di una persona». Ci sono uomini molto dotati intellettualmente che sono stupidi e altri intellettualmente inferiori che non lo sono affatto. [...] Come si chiama quella dimensione rispetto a cui l’intelligenza è al servizio e che è la nostra più preziosa ricchezza? Gli antichi greci la chiamavano Sophía, i latini Sapientia, gli ebrei Hokmà, altre civiltà in altri modi. Per attingerla e coltivarla dentro di sé non servono macchine ma silenzio, voglia di studiare, amore del vero. Servono le quattro virtù cardinali elencate per primo da Platone: saggezza, giustizia, forza, temperanza. 
– Vito Mancuso
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susieporta · 2 years
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COME SI INNAMORA LA MENTE
Nell’innamoramento la mente subisce la presenza di una realtà per lei dotata di supremo fascino che l’attrae e la conduce a sé: a volte con forza, perché la mente recalcitra sentendo che sta entrando in territori sconosciuti; a volte senza freni, perché essa obbedisce volentieri avvertendo che sta giungendo a casa; in ogni modo, si tratta sempre e comunque di un’esperienza di passività. Come scrive Platone: «Questa sapienza, che, ora, così all’improvviso, mi è caduta addosso, non so da dove». A ben vedere, tutte le cose decisive della vita avvengono al passivo. Questo nome, passivo, rimanda a passione, da cui il principio passione, formula che racchiude la mia visione complessiva del mondo. Sia con il corpo sia con la mente tutti siamo alla presenza di forze maggiori delle nostre, delle quali abbiamo bisogno; e ne abbiamo bisogno, ecco il mistero, proprio per essere noi stessi e rimanere umani. Quando infatti siamo privati della connessione con tali forze, come per esempio in quei contesti dove tutto è programmato dalla macchinosa logica umana e quasi non esiste più il contatto con la natura, il senso di umanità non solo non aumenta ma corre il rischio di estinguersi. 
Vito Mancuso
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anticattocomunismo · 3 days
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Papa Francesco e la lobby gay nel clero
Le parole sull’omosessualità nei seminari pronunciate da Papa Francesco sono state al centro dei commenti di tutti i media. Le parole sono sembrate sorprendenti non solo per il linguaggio come minimo popolaresco, usato dal Pontefice, ma anche per il fatto che la sua battuta è sembrata segnare un’inversione di linea rispetto al “chi sono io per giudicare” dell’inizio del suo pontificato. Continue…
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simonarinaldi · 5 months
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Laboratorio di Etica - Super Ego
Laboratorio di Etica – Super Ego – 2024 Torna al MAST.Auditorium il LABORATORIO DI ETICAdi e conVITO MANCUSO sesta edizioneIL SUPER-EGO Un ciclo di quattro lezioni con ospitidal 5 febbraio 2024 Aperte le vendite dei biglietti da venerdì 22 dicembre 2023 Il Laboratorio di Etica di Vito Mancuso nasce dal bisogno, oggi più che mai attuale, di comprendere la realtà nella quale viviamo. Dopo Le…
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gregor-samsung · 11 months
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“ Sebbene, oggi, il numero delle prove a sostegno del ruolo fondamentale della cooperazione nell’evoluzione delle specie viventi si sia enormemente arricchito, l’idea continua a essere percepita come del tutto marginale rispetto alla solidità della controparte competitiva. Perché? Sono convinto che la causa principale dello scarso interesse per lo studio della cooperazione come forza evolutiva sia legata al fatto che la maggior parte – quasi la totalità – delle evidenze a sostegno di questa teoria proviene dal mondo delle piante che, come tali, non sono considerate rilevanti. L’antropocentrismo o, a voler essere magnanimi, l’animalocentrismo che affligge il mondo della scienza è un problema serio. La nostra visione del mondo come un luogo in cui i conflitti e le privazioni sono forze basilari che dominano l’evoluzione sono un classico esempio di questa distorsione animale. Modelli matematici molto conosciuti come, ad esempio, quello della competizione interspecifica, diventato poi noto come il modello predatore-preda, sviluppato da Vito Volterra e Alfred Lotka nel 1926, sebbene oggi siano intesi come validi universalmente, sono stati eleborati per descrivere una relazione di tipo animale. Poco dopo la fine della prima guerra mondiale, Umberto D’Ancona, uno dei più importanti zoologi italiani del Novecento, studiando le popolazioni di pesci nel mare Adriatico, aveva notato che le percentuali delle diverse specie pescate mostravano un andamento tipicamente fluttuante. Cercando di capirne di più, ne parlò con Vito Volterra, grande matematico che in seguito sarebbe diventato anche suo suocero, e quest’ultimo sviluppò appunto il modello matematico che spiegava il fenomeno. Al di là della bellezza e del valore indiscutibile del modello predatore-preda, resta il fatto che questo modello, che ha così profondamente influito sullo studio della dinamica delle popolazioni naturali e più in generale, direi, sulla nostra idea di relazioni fra specie, è un modello ideato, sviluppato e sperimentato per rispondere ad esigenze tipicamente animali. Che ha a che fare il modello predatore-preda con il mondo delle piante? Non è l’unico caso, molti altri modelli che hanno avuto un grande peso sulla nostra consapevolezza del funzionamento delle comunità, meno noti al grande pubblico, ma molto influenti fra gli addetti ai lavori, hanno valore quasi unicamente in ambito animale e non possono assolutamente essere considerati di valore generale.
Vorrei fosse chiara l’assurdità della faccenda: scoperte ottenute nel mondo vegetale non vengono ritenute meritevoli di alcuna attenzione fin quando non sono replicate in ambito animale; al contrario, modelli ovviamente validi nel solo mondo animale sono, ipso facto, considerati di natura universale. Pensate all’irrazionalità di questa posizione: le scoperte effettuate nell’85% degli esseri viventi (le piante) richiedono, per essere ritenute universalmente valide, di essere confermate nello 0,3% del mondo animale! Non il contrario. E così viviamo con l’idea ridicola e pericolosa che quel che vale per lo 0,3% nobile della vita (gli animali) sia ciò che caratterizza la vita intera e che è meritevole di essere conosciuto, il resto è del tutto marginale. Non so se l’irragionevolezza di questa situazione vi colpisca come colpisce me. Che l’85% del mondo vegetale sia, da solo, la rappresentanza unica e indiscutibile della vita del pianeta non interessa a nessuno. È come se una legge proposta dall’85% dei rappresentanti del nostro Parlamento, per essere definitivamente promulgata, dovesse passare al vaglio di uno 0,3% della stessa rappresentanza parlamentare che, a sua discrezione, può approvarla o respingerla. “
Stefano Mancuso, La pianta del mondo, Laterza (collana i Robinson / Letture), 2022⁷; pp. 81-82.
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blueeyescleo · 5 months
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The purity of a feeling ... comes from the darkness of the erotic impulse.
~Vito Mancuso
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occhietti · 4 months
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È questa la bellezza peculiare che compete all’essere umano: la bellezza che scaturisce dall’anima, dalla coscienza, dal cuore, ovvero dall’uso dell’intelligenza e della libertà.
Del corpo di cui siamo stati dotati alla nascita nessuno ha merito o demerito, se non per ciò che concerne la cura che ne abbiamo mediante l’igiene, l’alimentazione e gli esercizi fisici.
L’effettivo merito o demerito di un essere umano, il suo valore reale, dipende piuttosto dall’uso della libertà a livello etico e spirituale: è qui che si manifesta l’autentica essenza di ognuno di noi e quindi la nostra vera bellezza.
Un essere umano è compiutamente bello quando è buono, giusto, intelligente, generoso, coraggioso, leale. La bontà, la giustizia, l’intelligenza, la generosità, il coraggio, la lealtà conferiscono luce al volto di chi li ospita rendendolo bello, il che vale anche per i volti che belli fisicamente non sono.
La pratica di tali virtù dona quella bellezza speciale, tipicamente umana, che oltrepassa la superficie e raggiunge il cuore, l’essenza più vera di ognuno di noi, quella che la tradizione definisce anima.
A che serve infatti essere belli nel corpo se non si è belli nel cuore?
- Vito Mancuso - da "La via della bellezza"
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raffaeleitlodeo · 7 months
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«Agli inizi degli anni Settanta John Lennon cantava “Imagine”, e quanto invitava a immaginare con la sua splendida canzone era che non vi fossero più paesi (“Imagine there’s no countries”) e che tutti gli esseri umani condividessero l’intero mondo (“Imagine all the people sharing all the world”). L’abbattimento di ogni confine, quindi. Oggi le cose vanno decisamente nella direzione opposta, e c’è un confine che in questi giorni è più di ogni altro il simbolo della maledizione e della benedizione rappresentata dalle frontiere, per il destino di vita e morte di chissà quante persone che esso rappresenta: il valico di Rafah. Da un lato la morte, dall’altro la vita; oggi chiuso, domani aperto, dopodomani chissà; chi con un passaporto lo valica, chi con un altro no; chi da un lato si salva, chi dall’altro si arrangia, perfetta applicazione di quella logica spietata denominata da Primo Levi “i sommersi e i salvati” e crudelmente imperante su molte altre vicende umane».
Vito Mancuso, filosofo teologo
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brogliaccio · 1 year
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"Un essere umano cambia quando cambiano i suoi desideri la cui somma si chiama speranza, i quali, invece di tendere verso i bisogni, salgono e divengono aspirazioni, così che, invece di sentire il desiderio irresistibile dell’ennesimo paio di scarpe o di una borsa o di una camicia, o di una carica o di un riconoscimento o di un applauso, inizia a sentire il desiderio di meno scarpe, meno borse, meno camicie, meno cariche, meno riconoscimenti, meno applausi, meno tutto, solo cose vere, per favore, solo cose e persone vere, per favore: musiche vere, pagine vere, amici veri, relazioni vere. Vita autentica.”
Vito Mancuso, Il Coraggio e la Paura
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abr · 1 year
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Perdonate il ritardo ma la questione posta da Michela Murgia nel suo articolo sulla Stampa a proposito del Natale – solo i cattolici credono in un Dio bambino perché incapaci di complessità – merita una precisazione, e cioè che non solo nel cristianesimo ma, anzi, perfino prima di Cristo c’è Krsna, il Dio infante d’Oriente, la cui risata genera il creato. E poi ancora, per restare in Occidente, è un conturbante ragazzino, Dioniso, figlio del padre degli Dei, a trascinare a sé la turba dei devoti al sacrificio supremo, sia essa l’orgia o il farsi strame nell’ebbrezza. Si sono comunque mossi dalla Persia zoroastriana i Magi per seguire la stella e la complessità propria del sacro patto tra il Divino e la semplicissima creatura cui è destinato l’Eterno, ossia l’uomo o uom* che dir si voglia. Detto ciò, La Stampa – dopo l’immane castroneria a firma Murgia – ha cercato di metterci una pezza facendo scrivere il teologo progressista Vito Mancuso. Dio ce ne scampi. È stato come la famosa pezza peggiore del buco e la saggezza popolare, allora, a questo punto, non può che essere chiamata a suggello semplicissimo e definitivo: “A pucchiacchia ‘nmano ‘e criature”.
Pierangelo Buttafuoco stronca i dilettanti allo sbaraglio della Busiarda: ontologicamente autoinculanti, non hanno scampo,
su https://www.quotidianodelsud.it/laltravoce-dellitalia/la-card-di-buttafuoco/attualita/2022/12/27/la-card-di-buttafuoco-tra-murgia-e-mancuso-la-pezza-e-peggiore-del-buco
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"Un essere umano cambia quando cambiano i suoi desideri la cui somma si chiama speranza, i quali, invece di tendere verso i bisogni, salgono e divengono aspirazioni, così che, invece di sentire il desiderio irresistibile dell’ennesimo paio di scarpe o di una borsa o di una camicia, o di una carica o di un riconoscimento o di un applauso, inizia a sentire il desiderio di meno scarpe, meno borse, meno camicie, meno cariche, meno riconoscimenti, meno applausi, meno tutto, solo cose vere, per favore, solo cose e persone vere, per favore: musiche vere, pagine vere, amici veri, relazioni vere. Vita autentica.”
Vito Mancuso, Il Coraggio e la Paura
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susieporta · 7 months
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SULLA PROPRIA MORTE
«Trattandosi di un tema così personale e così controverso, penso che ognuno debba fare esistenzialmente i conti con la prospettiva della propria morte. Vi voglio perciò proporre alcune righe di una lettera inviatami da una lettrice:
«In questa mia stagione – peraltro meravigliosa – mi è accaduto di fare esperienza della mia mortalità, venendo cioè a sapere, senza alcun motivo particolare, un giorno qualunque, in mezzo al traffico lento di un rientro, che un giorno io morirò. Si è trattato di un’esperienza sconvolgente, che ha creato in me un prima e un dopo e ha reso impellenti, non rinviabili, esigenze di chiarificazione e comprensione, o quanto meno di ricerca. È anche un’esperienza solitaria, non condivisibile perché naturalmente tutti sanno che moriranno, ma quello che intendo io è una consapevolezza precisa di un fatto certo, indiscutibile, ineluttabile: io morirò. Per molti si tratta solo di un pensiero triste ed inutile, per me è un pensiero fondamentale, che illumina tutta la mia vita, imponendomi di trovarne, in ogni istante, bellezza e significato».
Io penso che se ognuno di noi giungesse a ospitare un pensiero così, arriverebbe nella migliore condizione per onorare al meglio la vita. Entrerebbe in quella condizione spirituale che gli farebbe sentire come proprie queste antiche parole di Platone: «Un’anima che si è preparata in tal modo se ne andrà verso ciò che le assomiglia, verso ciò che è invisibile, divino, immortale, intelligente, dove, una volta giunta, le toccherà di essere veramente felice, libera dagli erramenti, dalle stoltezze, dalle paure, dai selvaggi amori e dagli altri mali umani». E sperimenterà dentro di sé la verità di quanto dichiarato da Wittgenstein: «La risoluzione dell’enigma della vita nello spazio e nel tempo è fuori dello spazio e del tempo».
Vito Mancuso
#VitoMancuso #Eticapergiornidifficili #Garzanti
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