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#Antonio Moresco
dare-g · 5 days
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Books 11-20 of the year 📖
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bagnabraghe · 1 year
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Moresco si è sempre allontanato dal postmoderno
Antonio Moresco ha sempre mostrato un radicale rifiuto per i modi di nominazione convenzionali <1 come si evince da un brano tratto dall’inedito “Romanzo di fuga”:“Poco dopo, passando di fronte alla cassetta delle lettere, lui gettò uno sguardo nella fessura, dove gli era parso di aver notato qualcosa. Si accostò per vedere meglio: era solo un riflesso sul vetro dello sportellino, provocato da…
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acquavergine · 5 days
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biblioklept · 2 months
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An interview with Max Lawton about translating Vladimir Sorokin's masterpiece Blue Lard (and lots, lots more)
Max Lawton is the translator of many, many works, including a number of books by the Russian writer Vladimir Sorokin. The recent publication of two of those translations, Blue Lard and Red Pyramid was the occasion for my email-based interview with Max. We began in earnest late last fall and finished up on Leap Day, 2024. While Blue Lard was our starting place, we meandered, discussing future…
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sandboy · 6 months
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saugo.
«Tutto si trasforma in nostalgia. Ogni cosa. Ogni ogni minima cosa anche andata storta, scarsa, sbolsa, rifilata già scaduta, taroccata, smorta. Tutto si trasforma in nostalgia. In paradiso perduto. In paradiso esistito. È esistito un paradiso, sempre, ogni momento. Ogni momento riceveva la benedizione. È esistito un paradiso sempre, ogni momento. È stato tutto un paradiso, sempre. Dietro le…
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adrianomaini · 1 year
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Moresco si è sempre allontanato dal postmoderno
Antonio Moresco ha sempre mostrato un radicale rifiuto per i modi di nominazione convenzionali <1 come si evince da un brano tratto dall’inedito “Romanzo di fuga”:“Poco dopo, passando di fronte alla cassetta delle lettere, lui gettò uno sguardo nella fessura, dove gli era parso di aver notato qualcosa. Si accostò per vedere meglio: era solo un riflesso sul vetro dello sportellino, provocato da…
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solosepensi · 6 months
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Perciò ognuno, come singola persona, è responsabile nei confronti delle proprie azioni, della propria vita e dei propri sogni.
Se una cosa ti va bene, ci stai, altrimenti no.
Se in un posto ti trovi bene ci stai, se non ti trovi più bene non chiedi agli altri di andarsene, te ne vai tu.
Se una cosa ti fa andare avanti, vai avanti con quella, se no vai per un’altra strada senza rompere i coglioni a nessuno.
Se rimani da solo, pazienza. Non è una cosa di cui vergognarsi.
Se trovi degli altri con cui condividere i tuoi sogni e le tue aspirazioni, vai avanti con quelli e ti inventi qualcosa.
Non vedo altro modo libero e pulito di andare.
Antonio Moresco
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poesiablog60 · 1 year
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Io ho nostalgia di qualcosa che non c’è, non del passato.
Il passato non lo rimpiango.
Se si può dire che esiste una “nostalgia dell’impossibile”
io ho nostalgia dell’impossibile. 
*
Antonio Moresco
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aki1975 · 4 months
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John Everett Millais - Londra - Tate Gallery - Ophelia - 1852
Le opere di Shakespeare, in un tempo di consolidamento della dinastia Tudor iniziato dopo la guerra delle Due Rose fra i due rami, Lancaster e York, della casa dei Plantageneti con Enrico VII e proseguito con Enrico VIII ed Elisabetta, interprete dello spirito riformista rinascimentale, e di nuove incertezze per l’umanità con la rivoluzione copernicana, sono celebri per i personaggi che affrontano i drammi dell’uomo. E’ con una messinscena teatrale che Amleto disvela l’assassinio del padre: il teatro è ricerca della verità come nel teatro classico e al contempo “Tutto il mondo è un palcoscenico” (Come vi piace). Fra i personaggi principali vi sono:
- il tiranno Riccardo III di York che conquista il potere (“Ormai l'inverno del nostro scontento s'è fatto estate radiosa ai raggi di questo sole di York e tutte le nuvole che incombevano minacciose sulla nostra casa sono sepolte nel petto profondo dell’Oceano”) per essere poi sconfitto a Bosworth Field da Enrico VII Tudor (“Il mio regno per un cavallo”);
- l’intrigante Cassio, l’incerto Bruto che antepone la libertà alle necessità della storia, l’opportunista Antonio (“E tuttavia Bruto è un uomo d’onore”), il fantasma di Cesare (“Mi rivedrai a Filippi”) in una tragedia, il Giulio Cesare, che affrontò il problema del potere in un momento in cui la regina Elisabetta poteva morire senza eredi;
- l’ebreo Shylock;
- sobillata dalla tre streghe, l’ambiziosa coppia, nella conquista del trono di Scozia, rappresentata da Lady Macbeth (“Vieni, densa notte, e ammantati del più perso fumo d’inferno, perché il mio affilato pugnale non veda la ferita che fa, e il cielo non possa affacciarsi di sotto la coltre delle tenebre per gridare “Ferma!”) e dal marito (“La vita non è che un'ombra che cammina; un povero commediante che si pavoneggia e si agita sulla scena del mondo, per la sua ora, e poi non se ne parla più; una favola raccontata da un idiota, piena di rumore e furore, che non significa nulla");
- il dubbioso Amleto, principe di Danimarca, che non sa se credere al fantasma del padre (“Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante tu ne possa sognare nella tua filosofia”) per vendicarsi dello zio che ha sposato la madre (“Fragilità, il tuo nome è donna) in un dramma poetico (“il mattino dalla sciarpa scarlatta si bagna alla rugiada dell’alta collina ad oriente”) ed esistenziale che prelude al Barocco (“Essere, o non essere, questo è il dilemma: se sia più nobile nella mente soffrire colpi di fionda e dardi d'oltraggiosa fortuna
o prender armi contro un mare d'affanni e, opponendosi, por loro fine?);
- la sfortunata Ofelia, innamorata di Amleto, figlia di Polonio e sorella di Laerte;
- il dispettoso folletto Puck che instilla l’amore (“Se l’ombre nostre offeso v’hanno pensate, per rimediare al danno, che qui vi abbia colto il sonno
durante la visione del racconto e questa vana e sciocca trama non sia nulla più di un sogno Signori, non ci rimproverate, rimedieremo, se ci perdonate. E, come è vero che son sincero, se solo avremo la fortuna di sfuggire ai vostri insulti, a fare ammenda riusciremo. O chiamatemi bugiardo se vi va! Quindi buonanotte a tutti voi regalatemi un applauso, amici miei E Puck a tutti i danni rimedierà”);
- gli innamorati Romeo (“Silenzio! Quale luce irrompe da quella finestra lassù? È l'oriente, e Giulietta è il sole. Sorgi, vivido sole, e uccidi l'invidiosa luna”) e Giulietta (“O Romeo, Romeo! Perché sei tu Romeo? Rinnega tuo padre e rifiuta il tuo nome o, se non vuoi, legati solo in giuramento all'amor mio, ed io non sarò più una Capuleti” e “ Che cos’è un nome? Ciò che noi chiamiamo con il nome di rosa, anche se lo chiamassimo con un altro nome, serberebbe pur sempre lo stesso dolce profumo”).
- il condottiero moresco, veneziano e geloso Otello che si fa convincere dalle insinuazioni del suo alfiere Iago in merito all’adulterio di Desdemona con Cassio;
- Re Lear che diede il proprio regno a delle figlie ingrate;
- Prospero ne La Tempesta (“Siamo fatti anche noi della materia di cui son fatti i sogni e nello spazio e nel tempo d’un sogno è racchiusa la nostra breve vita”).
Le opere di Shakespeare furono rappresentate al Globe Theatre di Londra e vanno inquadrati nella ripresa del teatro dopo le rappresentazioni sacre e i buffoni di corti medioevali: fino alla chiusura dei teatri da parte dei Puritani nel 1642, si trattò in Inghilterra di un fenomeno di massa.
L’italiano Giovanni Florio, la commedia dell’arte, i drammi dell’Ariosto e del Boiardo, la conoscenza inglese di Venezia sono fra le fonti italiane che entrano nel teatro elisabettiano e, soprattutto negli Anni Perduti (1585 - 1592), in Shakespeare.
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lo ho nostalgia di qualcosa che non c'è,
non del passato.
Il passato non lo rimpiango.
Se si può dire che esiste una "nostalgia dell'impossibile", io ho nostalgia dell'impossibile.
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(Antonio Moresco)
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dleones · 2 years
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"A literatura afeta, pode afetar a polpa dos viventes e do mundo. Ela também pode ser sem mediação, frontal. Ela pode trazer dor, e essa dor pode se voltar até mesmo contra o escritor. Mas esse não é seu único horizonte e seu limite. Algumas das coisas escritas preto no branco em Lettere a nessuno são pesadas e sérias, eu sei, mas penso nelas com sinceridade e profundidade, e assim as expressei com clareza e sem me esconder, sabendo pelo que estava passando. Eu sei, devemos ser menos apaixonados e não nos envolver tanto, ser mais prudentes, mais equilibrados. Mas veja que, por força do equilíbrio, você acaba se tornando um equilibrista; por ser prudente, você acaba fazendo concessões. Eu, pelo menos, só posso viver assim, como homem e como escritor, mesmo sabendo que não é o caminho mais fácil, mesmo sabendo que provavelmente não há esperança, que as verdadeiras batalhas são quase sempre perdidas, que, por me comportar assim, não irei para o paraíso, eles não me deixarão entrar no paraíso. Eu sabia, escrevendo esse livro antes de me lançar na conclusão de Canti del caos, que isso não deve ser feito, que não é conveniente, que o mundo em que vivemos não funciona assim, que o mundo da cultura não funciona assim, que até mesmo os escritores — e até agora — acham que têm algo a perder. (...) Às vezes, a vida sangra. A literatura também não é sem sangue."
Antonio Moresco, AQUI.
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La vita di Santa Rita da Cascia raccontata da Antonio Moresco
La vita di Santa Rita da Cascia, la religiosa umbra tanto venerata, raccontata dallo scrittore e drammaturgo mantovano Antonio Moresco, una delle voci più estreme e visionarie della letteratura italiana contemporanea.     per la prima volta impegnato anche come regista, nello spettacolo Il buio, in prima assoluta al Teatro delle Moline di Bologna dal 5 al 17 marzo prossimi.     Una fiabesca e…
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liberolibro · 3 months
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lucianopagano · 5 months
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Appunti di lettura per
«Il rifiuto»
(Musicaos, Balbec, 1)
di Davide Morgagni.
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Dieci anni fa, nel 2014, venne pubblicato «I pornomadi» di Davide Morgagni, nella collana «Smartlit» di Musicaos Editore. Il primo manoscritto del primo romanzo di quello che oggi è «Il rifiuto» si intitolava «Canti di un pornomade». Nei vari ragionamenti attorno alla pubblicazione mi ricordo che quella parola, «Canti», oltre a essere molto evocativa (Leopardi, Lautréamont, Dante, etc.), poteva essere associata a un’altra opera, i «Canti dei caos» (2001, 2003, 2009²) di Antonio Moresco e così, per evitare cortocircuiti allusivi, trattandosi di un esordio, suggerii l’opportunità di togliere il libro dal repentaglio di intitolarsi «Canti di…» essendo il terzo titolo di un editore che aveva -caos come suffisso del suo nome, per sfuggire ogni tipo di ammiccamento. Cercammo così un riparo a distanza cautelativa dal capolavoro di Moresco, che a sua volta negli anni seguenti sarebbe divenuto parte di un lavoro ancora più grande. Una cautela che a posteriori, come spesso capita con le cautele letterarie di persone troppo devote alla letteratura, incorse nell’esagerazione di presupporre l’esistenza di lettori più che ideali, sublimi, invece che delle cimici di Majakovskij. 
Dal punto di vista linguistico-narrativo ciò che avviene ne «I pornomadi» è la genesi di un mondo e allo stesso tempo del «modo di esprimerlo». In una città infuocata un autore si scaracolla in balìa di mete imprecisate, tra un’estate e un inverno, con l’unico movente di esistere. L’idea di proporre un romanzo che contenesse un mondo senza somigliare a un romanzo-mondo era connaturata anche alla modalità in cui il volume si presentava nella sua prima edizione, con le opere d’arte fotografica di Lorenzo Papadia a costituire una narrazione visiva, e un’impaginazione “estesa”, che supportava l’idea di voler porre il lettore dinanzi a qualcosa di inedito, sotto più aspetti possibili. Questa realizzazione era alternativa alle aspettative e faceva parte dello stesso esordio, si trattava di un «io esiste».
Ricapitolando, una scrittura endogenetica, per un mondo che si costruisce dalla propria stessa lingua, raccogliendo testo, immagine, suono, urlo. Strumenti per narrare presi in prestito, oggettivamente, dalla poesia. Per usare un geniale e formidabile «metro» Eggersiano, in una scala dal 0 a 10 dove 0 è Poesia e 10 è Narrativa, «I pornomadi» si situa, oscillando, tra un 5 e un 7. Si tratta di una riflessione che troverà compimento nei romanzi successivi confluiti ne «Il rifiuto». Che impressione poteva fare sui suoi primi lettori «Il tropico del Cancro» di Henry Miller, pubblicato a Parigi nel 1934? Solo una ventina di anni prima la letteratura tradizionale (Gide che nel 1912 «rifiuta» “Dalla parte di Swann”) faceva i conti con l’«incomprensione» della prima parte della Recherche di Proust. Non c’è adito di paragone se non nel sottolineare che sempre, in tempi, luoghi e circoli differenti, la letteratura per emergere si pone complicemente come rottura con ciò che la precede nell’immediato, salvo poi essere ripresa – se riuscita – come continuità con lo stesso.
«I pornomadi», col suo stile «delirio» assume una modalità narrativa di derivazione céliniana, un «tenere bordone» costantemente «in levare» che dà movimento col suo stesso porsi, una scrittura che proviene da Miller, Deleuze, Guattari, Joyce, Beckett, Bataille, Céline, Bukowski; mi è sempre sembrato un «ponte» tra la concretezza sperimentativa e i suoi «misteri pedagogici», uno studio che devia dalla lezione originaria per creare qualcosa di originale e totalmente appartenente alla nostra lingua. Un romanzo “Il rifiuto” sul fatto che si possa scrivere un romanzo, fare scrittura, essere scrittura, tenuto conto di ciò che è stato prodotto in filosofia, teatro, poesia, negli ultimi cinquanta anni, tanti all’incirca ne sono trascorsi dalla pubblicazione dell’Anti-Edipo, dalla letteratura di avanguardia degli anni Settanta, dagli sperimentalismi più oltraggiosi, sia quelli riusciti che quelli mancati, quelli che hanno conservato una certa forza e quelli dileguati.
Perdere tutto per affermare l’esistenza di sé stessi, questo sembra urlare il protagonista de «I pornomadi».
«Strade negre» pone altre due urgenze sotto la lente focale della scrittura. Il «delirio» religioso – la prima metà si svolge a Roma, con il protagonista che segue un corso per diventare conservatore/divulgatore dei beni religiosi della Città Eterna – e il «delirio» da anti-potenza del «genere» del milieu culturale occidentale al suo tramonto.
«La nebbia del secolo», uscito nel 2019 con Leucotea Edizioni, è il terzo romanzo, riveduto, de «Il rifiuto». Romanzo più breve e altrettanto folgorante, è ambientato a Parigi nel periodo storico recente, dove il fantasma del terrorismo ha costituito la paranoia globale per eccellenza, concretizzandosi in attentati ancora oggi temibili, prima dello scoppio della pandemia e al margine di ogni guerra.
Dopo aver delirato i continenti, le religioni, i popoli, parlando di virus, guerre, conflitti, giunge la Pandemia. Il romanzo, fino a oggi inedito, «Finché c’è rabbia», racconta gli ultimi anni vissuti, quelli del Covid, nel racconto del protagonista. Le sue vicende non sono centrali di una storia che è più grande, che ci ha investito. Uno dei protagonisti è il Capitalismo, cui viene sferrata una critica viscerale, programmatica, che sottende tutta la narrazione.
«Il rifiuto» così si compone di quattro romanzi, quattro romanzi differenti per stile nei quali si produce un movimento stilistico dal caos iniziale, in cui la lingua poetica fa accadere il mondo, gettando sul piatto quelli che saranno i temi caratterizzanti del Romanzo: con il contrasto particolare (Capitalismo, Espressione, Spersonalizzazione), la Religione Universale e le religioni particolari, la religione dell’Arte, la religione del Maestro, la religione della Devozione Domestica, la religione della Famiglia, la religione allo Stato, la religione dello Studio, eccetera; e ancora lo Spettro della Storia Universale, attraversato a sua volta dagli spettri del terrorismo e della paranoia internazionale, con tutto ciò che compone il Secolo.
«Il rifiuto» è in tal senso rifiuto post-moderno, costruito sulle macerie del post-modernismo. Il post-moderno sanciva la fine della pretesa delle “Grandi Narrazioni”, dagli anni Settanta a oggi sembrava che si dovessero avverare tutte le promesse non solo stilistiche e narrative, ma anche di vita, di uno sviluppo consapevole, rispettoso delle coscienze e del sentire ecologico planetario. Una molecolarizzazione delle esperienze che si sarebbe accompagnata a un grado di umanità più apprezzabile. Tutto ciò ovviamente non ebbe luogo, se non teorico. Solo l’ipotesi di vivere su un pianeta insieme a cinque miliardi di persone, un giorno, poteva atterrire. Mentre scrivo siamo ottomiliardi settantasettemilioni quattrocentosessantasettemila e novecentonovantanove. Impossibile a credersi oggi, per chi vive in un’epoca che è somma di tante epoche che possono coesistere. Dagli anni Settanta a oggi è trascorso mezzo secolo, immaginare di riportare alcuni riferimenti culturali all’oggi senza storicizzarli sarebbe paradossale come interpretare il 1950 con le categorie del 1900. 
Per prescindere dall’empasse cui potrebbe condurci la storia ci si attiene alla creazione poietica, ai testi, alle influenze, in tal senso Gilgamesh è nostro contemporaneo. Nel miscuglio babelico dei linguaggi si è aperta con la Rete una Babele ancora più grande, districabile per chi ha in amore la complessità, la Società del Controllo è divenuta realtà, e oggi che ognuno di noi è misurato, controllato, enumerato, accountizzato, di quale bisogno si scopre desiderante la comunità dei clienti (lettori, ascoltatori, videoutenti) dell’infotainment? Narrazioni. Grandi. Innumerevoli. Ovunque. Grandi narrazioni. Chiusura del cerchio (canto del cigno o requiem) del post-modernismo, “Il cerchio si chiude”, come termina Stephen King il suo capolavoro virologico “L’ombra dello scorpione”.
«Il rifiuto» affronta questi temi con la densità leggera di un volo, pagina dopo pagina, mettendo a nudo i meccanismi psicologici, sociali, antropologici, mentali, narrativi, che ci vengono presentati dai metadiscorsi che viviamo. C’è un elemento comico che ritorna, come ce ne sono tanti, ilari, più o meno forti e incisivi, ma questo di cui parlo è – se vogliamo – metacomico: il protagonista, che si trova a dialogare con i suoi amici, conoscenti, spesso si sente rivolte frasi di questo tenore «sai, penso che quello che sto vivendo è importante, penso che lo racconterò in un libro», oppure «penso che scriverò un libro». In un mondo creato da un protagonista ossessionato dalla descrizione di un mondo traducibile e decifrabile per lui soltanto, gli altri, che subiscono il mondo senza comprenderlo, si sentono più atti di lui a raccontare la realtà. 
La scrittura filosofica è un genere poco letto, non mi riferisco ovviamente alla scrittura di romanzi a metà tra saggio e narrativa, o romanzi scritti da filosofi. Tutto ciò che c’è di politico e filosofico ne «Il rifiuto» traduce permanentemente un’urgenza stilistica, permettendo a questa scrittura la distanza tra autore, da una parte, e artista dall’altra. Se gli strumenti che Davide Morgagni utilizza attingono a un bagaglio simile, gli ambiti sono totalmente differenti. «Il rifiuto» intende porsi in un dialogo con le persone, i critici, i lettori, in generale, pensanti, a questi, da controcanto (di un pornomade) indico ad esempio la lettura dei romanzi di Aldo G. Gargani.
«Il rifiuto» è un romanzo lontano da Dio, fuori dalla sua grazia, se il protagonista può sembrare un asceta, questa sua ascesi si compie tra le mura, in un appartamento leccese, o romano, o parigino, senza wc, dove non c’è grazia del signore; c’è vicinanza a tutte le creature, compresi gli innumerevoli animali del creato, a dimostrazione di un anelito ecologista/ambientale di fondo  (pulci api foche mucche blatte vermi formiche microbi granchi lombrichi gatti pidocchi tonni pesci-spada galline polli sirene ragni topi cavalli gechi ramarri cani passeriformi molluschi bruchi testuggini merluzzi cicale grilli farfalle iene rondini fringuelli mosche tacchini ricci platesse polpi zanzare tigri cinghiali rondini piccioni scimmie pinguini giraffe bufali conigli rane mosconi manzi gazze capre agnelli struzzi tartarughe pipistrelli civette lucertole salmoni lumache porcospini moscerini calamari gamberoni ostriche colombe vipere ippopotami scorfani anguille orche foche seppie totani pappagalli cigni scoiattoli bisce avvoltoi scimmie anatre pecore pulcini millepiedi vitelli delfini pipistrelli pescecani gorilla babbuini rospi sanguisughe pesci palla leoni lupi asini ghepardi balene fagiani).
Molte creature ma, all’orizzonte, nessun Dio. Eppure non si tratta di un pensiero laico, quello che viene sfrondato da queste pagine, perché quella del protagonista non è un’ascesi raggiunta in mezzo alle persone buone e cordiali, al contrario, è una segregazione spesso ricercata per salvarsi e per difendersi dai barbari. Per non parlare delle volte in cui il protagonista, semplicemente, parla la lingua della verità in mezzo ai sordi, recando letteralmente la saggezza al mercato, come lo Zarathustra di Nietzsche, che compie l’oltraggio peggiore, quello di «bruciare» la news della sua scoperta «oltreuomo» con la condivisione.
Ciò che succede nei vari piani che situa il romanzo fa anzitutto in modo che ciò che risulta in esso romanzato (l’amore, le relazioni, le amicizie, i quartieri, le città, le metropolitane) trascorre in secondo piano rispetto alla società, ai conflitti generali di interesse economico, all’attrito tra classi sociali. «Il rifiuto» diviene così un dispositivo artistico rivolto all’esterno. Ricapitolando, una storia che abbraccia le vicende del protagonista nell’arco di quindici anni, con luci a più punti focali mirate a illuminare l’agire dell’individuo come reagente in una società paranoica-ossessiva-delirante. Il protagonista/Narratore, pure con diverse «facies», è sempre lo stesso, così i comprimari.
C’è un termine che si affaccia ed è: profezia. Quando la scrittura letteraria, poetica o narrativa, compone un quadro realistico di tutte le tensioni in gioco nel momento descritto, spostandosi in avanti fino a prevedere possibilità, la scrittura diviene profetica; un termine religioso – come ascesi – che ritorna in un ambito dal quale l’orizzonte di un qualsivoglia Dio è compromesso.
«Il rifiuto» è preludio a una narrativa dell’avvenire (non inteso come futuro, “ciò che avverrà”), di ciò che avviene nel suo farsi, che si compone passo dopo passo, della creazione di un contesto e dell’internamento di un protagonista nell’agire stesso che è stato contestualizzato a parole. La ricezione di una scrittura simile, è assimilabile a quella di una scrittura poetica, per quanto riguarda il suo abbrivio, che evolve in un percorso narrativo che porta al lettore stralci dal sapore joyciano, milleriano, beckettiano.
I luoghi in cui accade questo «avvenimento» (sempre da “avvenire”) narrativo sono tre, in tempi differenti e che si rincorrono, principalmente Lecce, Roma, Parigi. Il protagonista occupa sempre un altrove in ognuno di essi, ciò che percepisce il lettore è una velocità estrema, istantanea, centrifuga. Del centro, pur essendone affascinato, il Narratore coglie tutte le contraddizioni, la mancanza di umanità nei rapporti, la spersonalizzazione, l’egoismo. Non c’è un obiettivo, c’è una vita di margine vissuta al limite, nell’«underground». Torna qui, anche nel rapportarsi ai luoghi, la dimensione ascetica di una purezza etica, né santa né laica.
L’aggettivo «negro», come gli altri, è un simbolo. La negrezza/negritudine cui fa riferimento il Narratore è la risposta etica al disfacimento dell’Occidente. In particolare nell’ultimo romanzo, l’inedito «Finché c’è rabbia», dove lo sfondo delle vicende è lo Spettro Pandemico, si pone come fatto compiuto uno scollamento senza ritorno di tutti gli attori sociali. Non hanno più niente di esotico gli uomini del sud che ciondolano fuori dai bar per arrivare alla fine di un’altra giornata. Sono zombie, batterie senza carica positiva, salvati dal pasto quotidiano della Caritas e da un giaciglio di fortuna. Il racconto dell’umanità vissuta a contatto stretto, questo è il sud, un certo meridionalismo narrato da Davide Morgagni ne «Il rifiuto». Viene raccontata la povertà, l’indigenza, la vita degli ultimi. È uno dei temi che vengono messi di più in risalto nel quarto romanzo che compone «Il rifiuto», «Finché c’è rabbia».
Non potevano che volerci dieci anni per misurare un certo tipo di ampiezze. Termino con una breve considerazione sulla forma finale in cui è presentato «Il rifiuto». Perché quattro romanzi, al di là dell’Opera, in un volume? L’idea dell’autore, nel presentare «Finché c’è rabbia», era che questo romanzo chiudesse un ciclo di storie, tutte vissute e raccontate dallo stesso Narratore, e che questa conclusione avesse un titolo ideale che racchiudesse queste storie, per l’appunto, «Il rifiuto». Abbiamo creduto, di comune accordo con l’autore, che valesse la pena presentare questi quattro romanzi insieme, perché erano trascorsi dall’inizio de «I pornomadi» dieci anni, durante i quali avevamo il presentimento che fossero accadute molte cose.
A ciò si aggiunge il fatto, oggettivo, che sarebbe stato difficoltoso e magari affaticante, per il lettore odierno, ricomporre un puzzle narrativo i cui frammenti, seppure facilmente reperibili, andavano rinvenuti richiedendo quattro atti di volontà separati. Ciò per evitare, parafrasando l’Amleto/CB, quelle “spiegazioni che ci ammazzano”, nell’avere a che fare con un romanzo che richiamava inevitabilmente la prosecuzione all’inverso degli altri tre. Lo stesso senso è anche quello di questo intervento, che cerca di sollevare alcuni temi presenti nei quattro romanzi che fanno «Il rifiuto», che oltre a essere un romanzo da leggere, sia ad alta voce che interiormente, è un romanzo politico, nel senso più schietto e originario che si può dare oggi a questo termina.
E adesso dimentichiamoci di tutto per leggere «Il rifiuto».
Buona lettura.
«Il peggio passa e se ne fa una sintassi», «Io scrivo per le pulci di periferia», «Vedi ragazzo – quando perdi cerca di perdere tutto – e quando muori assicurati di essere morto», «Il demonio ha in serbo grandi fichi sbucciati per le nostre bocche ragazzo e quando ogni cosa va in frantumi è perché e eterna», «La Storia è un riciclaggio di antichità e remote invarianti ed è per sempre immondizia puzzolente di morte e morti e gambe e occhi paralizzati», «Poi ha compreso che soffrire non serve, ma ciò non serve a smettere di soffrire», «Nella disperazione non si vede nulla, ma la disperazione vede tutto».
«Il rifiuto» di Davide Morgagni è la prima uscita della collana «Balbec», di Musicaos Editore, nella quale sono in programmazione le uscite dei nuovi libri di Giuseppe Goisis, Raffaele Gorgoni, Francesco Lanzo.
Luciano Pagano
«IL RIFIUTO» (Musicaos, Balbec, 1) - Davide Morgagni
in distribuzione dal gennaio 2024
ANTEPRIMA a LECCE - VENERDÌ 22 DICEMBRE alle ORE 19
presso ASTRAGALI TEATRO (Via G. Candido, 23)
interveranno:
Fabio Tolledi [direttore artistico e regista di Astràgali Teatro]
Simone Giorgino [Docente di Letteratura Italiana Contemporanea / UniSalento]
Luciano Pagano [Editore]
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rideretremando · 7 months
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Dalla bolla FB di Ivano Porpora
"Mi piacerebbe avere una piccola sezione dei 20, 25 libri più rappresentativi dei migliori autori in Italia; e credo che interessi anche i miei allievi, e chi mi segue.
Qui sotto la lista dei libri. Parte l'elezione de L'ALTRO LIVELLO. Potete votarne solo dieci. Se ne votate undici, cancello il vostro commento, perché state portando rumore. Il libro può anche non essere quello: ripeto, per me Nove ha raggiunto l'apice con La vita oscena.
Aldo Nove - Milano non è Milano, 2010
Alessandra Carnaroli - La furia, 2023
Alessandra Sarchi - L’amore normale, 2014
Alessandro Baricco - Mr Gwyn, 2011
Alessandro Piperno - Con le peggiori intenzioni, 2005
Alessio Forgione - Napoli mon amour, 2018
Alessio Mosca - Chiromantica Medica, 2022
Alfredo Palomba, Quando le belve arriveranno, 2022
Andrea Bajani - Un bene al mondo, 2016
Andrea Canobbio -
Andrea Donaera - Io sono la bestia, 2019
Andrea Pomella - L'uomo che trema, 2018
Andrea Tarabbia - La calligrafia come arte delle guerra, 2010
Andrej Longo - L'altra madre, 2016
Antonella Cilento, Lisario o il piacere infinito delle donne, 2014
Antonella Lattanzi - Questo giorno che incombe, 2021
Antonio Manzini - 7/72007, 2016
Antonio Moresco - La lucina, 2013
Aurelio Picca - Il più grande criminale di Roma è stato amico mio, 2020
Benedetta Palmieri - Emersione, 2021
Carola Susani - Eravamo bambini abbastanza, 2012
Claudia Durastanti - La straniera, 2019
Claudia Petrucci - L'esercizio, 2020
Claudio Morandini - Neve, cane, piede, 2015
Claudio Piersanti - Quel maledetto Vronskij, 2021
Daniela Ranieri - Stradario Aggiornato di tutti i miei baci, 2021
Daniele Del Giudice - Orizzonte mobile, 2009
Daniele Mencarelli - Tutto chiede salvezza, 2022
Daniele Petruccioli - La casa delle madri, 2020
Dario Voltolini - Le scimmie sono inavvertitamente uscite dalla gabbia, 2006
Davide Orecchio - Storia aperta, 2021
Demetrio Paolin - Conforme alla gloria, 2016
Domenico Starnone - Vita mortale e immortale della bambina di Milano, 2021
Donatella Di Pietrantonio - L’arminuta, 2017
Edgardo Franzosini - Questa vita tuttavia mi pesa molto, 2015
Edoardo Albinati - La scuola cattolica, 2016
Edoardo Zambelli - Storia di due donne e di uno specchio, 2018
Elena Ferrante -
Emanuela Canepa - Insegnami la tempesta, 2020
Emanuela Cocco - Tu che eri ogni ragazza, 2018
Emanuele Tonon - La luce prima, 2011
Emanuele Trevi - Due vite, 2020
Emidio Clementi - L’amante imperfetto, 2017
Emiliano Ereddia - Le mosche, 2021
Eraldo Baldini - L’uomo nero e la bicicletta blu, 2011
Ernesto Aloia - I compagni del fuoco, 2007
Ezio Sinigaglia - Eclissi, 2016
Fabio Bacà - Nova, 2021
Fabio Bartolomei - We are family, 2013
Fabio Geda - Nel mare ci sono i coccodrilli, 2010
Fabio Genovesi - Esche vive, 2011
Fabio Stassi - L'ultimo ballo di Charlot, 2012
Fabrizio Patriarca - Tokyo transit, 2016
Federico Platania - Il Dio che fa la mia vendetta, 2013
Filippo Nicosia - Come un animale, 2010
Filippo Tuena - Ultimo parallelo, 2007
Francesca Genti - Anche la sofferenza ha la sua data di scadenza, 2018
Francesca Manfredi - L’impero della polvere, 2019
Francesca Marzia Esposito - Corpi di ballo, 2019
Francesca Mattei - Il giorno in cui diedi fuoco alla mia casa, 2019
Francesco Dimitri - Pan, 2008
Francesco Maino - Cartongesso, 2014
Francesco Pacifico - Class, 2014
Francesco Pecoraro - La vita in tempo di pace, 2014
Francesco Targhetta - Perciò veniamo bene nelle fotografie, 2012
Franco Stelzer - Il nostro primo solenne stranissimo Natale senza di lei, 2003
Fulvio Abbate - Roma vista controvento, 2015
Giacomo Sartori - Anatomia della battaglia, 2005
Gian Marco Griffi - Ferrovie del Messico, 2022
Gianluca Morozzi - Blackout, 2004
Gilda Policastro - La parte di Malvasia, 2020
Giordano Meacci - Il cinghiale che uccise Liberty Valance, 2016
Giordano Tedoldi - Tabù, 2017
Giorgia Tribuiani - Blu, 2018
Giorgio Falco - La gemella H, 2014
Giorgio Fontana - Il mago di Riga, 2022
Giorgio Vasta - Il tempo materiale, 2008
Giovanni Dozzini - Qui dovevo stare, 2021
Giulio Mozzi - Le ripetizioni, 2021
Giuseppe Genna - Dies irae, 2006
Greta Pavan - Quasi niente sbagliato, 2023
Helena Janeczek - La ragazza con la Leica, 2017
Ilaria Palomba - Vuoto, 2022
Laura Pariani -La valle delle donne lupo, 2011
Laura Pugno - Sirene, 2007
Letizia Muratori - Casa madre, 2008
Licia Giaquinto - La briganta e lo straniero, 2014
Lorenza Pieri - Il giardino dei mostri, 2019
Lorenzo Mercatanti - Il babbo avrebbe voluto dire ti amo ma lo zio ne faceva anche a meno, 2014
Luca Ricci - Gli autunnali, 2018
Luigi Romolo Carrino - Non è di maggio, 2021
Maddalena Fingerle - Lingua Madre, 2021
Marcello Fois - Nel tempo di mezzo, 2012
Marco Balzano - Resto qui, 2015
Marco Drago - Innamorato, 2023
Marco Mancassola - Last love parade, 2005
Marco Missiroli - Atti osceni in luogo privato, 2015
Marco Peano - L'invenzione della madre, 2015
María Grazia Calandrone, Dove non mi hai portata, 2023
Maria Rosa Cutrufelli - Il giudice delle donne, 2016
Marino Magliani - Peninsulario, 2022
Mario Desiati - Spatriati, 2022
Marta Cai - Enti di ragione, 2019
Massimiliano Santarossa - Pane e Ferro, 2019
Matteo Cavezzali - Nero d'inferno, 2018
Matteo Galiazzo - Cargo, ne 2013
Matteo Melchiorre -Requiem per un albero, 2004
Mauro Covacich - La sposa, 2016
Michele Mari - Leggenda privata, 2017
Michele Orti Manara - Il vizio di smettere, 2018
Michele Vaccari - Un marito, 2018
Niccolò Ammaniti - Io non ho paura, 2001
Nicola Lagioia - La città dei vivi, 2020
Orso Tosco - Aspettando i naufraghi, 2018
Paola Barbato - Zoo, 2019
Paolo Cognetti - Sofia si veste sempre di nero, 2012
Paolo Colagrande - Salvarsi a vanvera, 2022
Paolo Giordano -
Paolo Nori - Vi avverto che vivo per l’ultima volta, 2023
Paolo Zanotti - Bambini bonsai, 2010
Paolo Zardi - Il giorno che diventammo umani, 2013
Piera Ventre - Gli spettri della sera, 2023
Piersandro Pallavicini - Atomico Dandy, 2005
Raul Montanari - Il buio divora la strada, 2002
Remo Rapino - Vita, morte e miracoli di Bonfiglio Liborio, 2019
Romolo Bugaro - Non c'è stata nessuna battaglia, 2019
Rosa Matteucci - Costellazione familiare, 2016
Rosella Postorino - Le assaggiatrici, 2018
Rossana Campo - Dove troverete un altro padre come il mio, 2015
Sacha Naspini - I cariolanti, 2020
Sandro Campani - I passi nel bosco, 2020
Sandro Veronesi - Caos Calmo, 2005
Sara Gamberini - Maestoso è l’abbandono, 2018
Sebastiano Vassalli - Le due chiese, 2010
Sergio Claudio Perroni - Entro a volte nel tuo sonno, 2018
Silvia Ballestra - La Sibilla. Vita di Joyce Lussu, 2022
Silvia Bottani - Il giorno mangia la notte, 2020
Simona Baldanzi - Figlia di una vestaglia blu, 2006
Simona Baldelli - Vicolo dell'Immaginario, 2018
Simona Vinci - La prima verità, 2016
Tiziano Scarpa - Cose fondamentali, 2010
Tommaso Pincio - Panorama, 2015
Tullio Avoledo -
Ugo Cornia - Quasi amore, 2001
Valentina Durante - Enne, 2020
Valentina Maini - La mischia, 2020
Valeria Corciolani - La regina dei colori, 2023
Valeria Parrella - Lo spazio bianco, 2008
Valerio Evangelisti - Noi saremo tutto, 2004
Vanni Santoni - Gli interessi in comune, 2008
Veronica Galletta - Nina sull’argine, 2021
Veronica Tomassini - L’altro addio, 2017
Vincenzo Pardini - Il valico dei briganti, 2023
Viola Di Grado - Fame blu, 2022
Vitaliano Trevisan - Works, 2016
Walter Pozzi - Carte scoperte, 2015
Walter Siti - Troppi paradisi, 2006
Wu Ming - 54, 2002"
Poi è partita una lotta nel fango di scrittori che gridano e si tirano i capelli e dicono meglio quello meglio quell' altro e poi io, ci devo essere io. Ed i miei amici x e y..."
E lui alla fine ha tolto il post.
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sandboy · 11 months
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lisergico.
il salone del libro è troppe cose, enorme, dispersivo, eppure se metti da parte un attimo il programma e ti fai guidare e ispirare da serendipità e volere qualcosa lo trovi, è bello... #io #libri #scrittori #salto23 #leggere #sombrero
il salone del libro è troppe cose, enorme, dispersivo, eppure se metti da parte un attimo il programma e ti fai guidare e ispirare da serendipità e volere qualcosa lo trovi, è bello; ecco quindi il bosco degli scrittori – cultura salute natura – dove prima senti antonio moresco arrivato a piedi da eboli che ti parla di nomadismo come stile di vita – si cammina per non cadere – e poi ti saluta con…
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