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#la lingua di Adamo
marcogiovenale · 9 months
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adamo parlava svedese? / paolo albani. 2020
Una dotta dissertazione sugli aspetti linguistici nel Paradiso terrestre. Paolo Albani, (scrittore, poeta visivo e sonoro, performer e membro dell’OpLePo) inserisce una breve ma intensa conferenza nel progetto Il Paradiso e le sue rappresentazioni (a cura dello Studio Campo Boario) per la Rome Art Week 2020.
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valentina-lauricella · 2 months
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Maria Valtorta, Quaderni, 31 ottobre 1943.
La grande morte è quella che uccide ciò che è immortale: lo spirito vostro.
Dice Gesù:
«Due sono i generi di morte. Già l’ho spiegato. Vi è la piccola morte, quella che vi leva dalla Terra e libera il vostro spirito dalla carne. E vi è la grande morte, quella che uccide ciò che è immortale: lo spirito vostro. Dalla prima risorgete. Dalla seconda non risorgerete in eterno. Sarete per sempre separati dalla Vita: ossia da Dio, Vita vostra. Più stolti degli animali, che ubbidendo all’ordine dell’istinto sanno regolarsi nel cibo, nei connubi, nello scegliersi le dimore, voi, con le vostre continue disubbidienze all’ordine naturale e soprannaturale, molte volte vi date la morte prima e seconda da voi stessi. Intemperanze, abusi, imprudenze, mode stolte, piaceri, vizi uccidono la vostra carne come tante armi maneggiate da voi in delirio. Vizi e peccati uccidono poi la vostra anima. Perciò Io dico: “Non andate a cercare la morte cogli errori della vostra vita e la perdizione con le opere delle vostre mani”.
Ve l’ho detto: Dio, che tutto ha creato, non ha creato la morte. Opera sua il sole che splende da secoli di millenni; opera sua il mare contenuto nei suoi limiti su un globo che rotea negli spazi; opera sua le infinite stelle per cui il firmamento è come uno spazio su cui siano sparsi i gioielli caduti da un aperto forziere smisurato; opera sua animali e piante: dai colossali, come elefanti e baobab, ai più esili, come la esile piuma del musco e l’effimero moscerino del fragoleto; opera sua voi uomini, dal cuore più duro del diaspro e dalla lingua più tagliente del diamante creati e sepolti dall’Eterno nelle viscere del suolo, dal pensiero più oscuro del carbone creatosi negli strati terrestri con decomposizione di millenni, dall’intelligenza potente come aquila negli spazi ma dalla volontà cocciuta e ribelle come quella di una scimmia. Ma la morte non l’ha creata. Quella è stata generata dal vostro sposalizio con Satana. Il vostro padre, nell’ordine del tempo terrestre, Adamo, l’ha generata prima di generare suo figlio. L’ha generata quel giorno che, debole davanti alla debolezza della donna, cedette alla volontà sedotta di lei e peccò dove non s’era mai peccato, peccò sotto al sibilo del Serpente e le lacrime e i rossori degli Angeli. Ma la piccola morte non è un gran male quando con essa cade solo, come foglia che ha fatto il suo ciclo, la carne. È anzi un bene, perché vi porta là donde veniste e dove un Padre vi attende.
Come non ha fatto la morte della carne, Dio non ha fatto la morte dello spirito. Ha anzi mandato il Risuscitatore eterno, il suo Figlio, a darvi Vita quando già eravate morti. Il miracolo di Lazzaro, del giovane di Naim e della figlia di Giairo non sono gran che. Erano degli addormentati: Io li ho destati. Grande è invece il miracolo quando di una Maddalena, di uno Zaccheo, di un Disma, di un Longino, morti nello spirito, ho fatto dei “vivi nel Signore”.
Esser vivi nel Signore! Non vi è cosa più grande in bellezza, in gioia, in durata, in splendore di questa. Credetelo, o figli, e cercate di esser “vivi”. Vivi in Dio Uno e Trino, vivi nel Padre, vivi per l’eternità. Voi che chiamate inferno la Terra, e per quanto infernale l’abbiate resa coi vostri sistemi feroci è un paradiso rispetto alla dimora di Satana, non date per ultima mèta l’inferno al vostro spirito. Dategli Dio che è Paradiso allo spirito vostro e lasciate l’inferno agli inferi, ai dannati, ai maledetti che hanno rigettato la Vita, cibo ripugnante al loro cuore di pervertiti, e accolto la morte di cui erano ben degni. Se tutto finisse sulla Terra, sarebbe ancor poco male apparire malvagi per poco tempo. Gli uomini presto lo dimenticherebbero, perché il ricordo è come nuvola di fumo che presto dilegua. Ma la Terra non è tutto. Il tutto è altrove. E in quel “tutto” troverete ad aspettarvi ciò che avete compiuto sulla Terra.
Nulla sarà senza giudizio. Pensatelo. E come dementi non dilapidate le sostanze che Dio vi ha dato, ma fatele fruttare per la vostra immortalità. Non muoiono coloro che vissero nel Signore. Quanto quaggiù fu dolore, avvilimento, prova, si muterà per essi nell’aldilà in premio, in trionfo, in gioia.
Né pensate che Dio è ingiusto nel distribuire i beni della Terra e la durata della vita. Questo è quello che pensano coloro che già sono fuori di Dio. I viventi nel Signore, delle privazioni, delle pene, delle malattie, della precoce morte se ne fanno una gioia, poiché in tutte le cose vedono la mano del Padre che li ama e che non può dare loro che cose utili e buone; quelle cose, del resto, che ha dato a Me, suo Figlio.
Essi, già proiettati fuori da questo mondo, pensano e desiderano unicamente la gloria di Dio, e Dio li rivestirà di gloria per l’eternità. Saranno dimenticati o ricordati con orrore i malvagi; ma ai santi, ai giusti, ai figli di Dio verrà dato culto duraturo e santo, perché dei suoi diletti ha cura il Signore e non solo si cura di dar loro la gioia nel Cielo, ossia Sé stesso, ma fa dare loro onore vero dagli uomini, facendo brillare come nuova stella lo spirito di un santo agli occhi e alla mente degli uomini.»
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lamilanomagazine · 4 months
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Cagliari,"Fischia la fine", iniziativa di sensibilizzazione al contrasto alla violenza di genere.
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Cagliari,"Fischia la fine", iniziativa di sensibilizzazione al contrasto alla violenza di genere. Un messaggio e un tono dirompente quello che è stato scelto per la campagna di comunicazione "Fischia la fine", iniziativa di sensibilizzazione al contrasto alla violenza di genere, ideata dall'Assessorato Pari Opportunità, in collaborazione con la C.C.P. Pari Opportunità e fortemente sostenuta dall'Amministrazione tutta. Il fischietto rosso, scelto come protagonista del video spot, delle affissioni e dei post social, si lega al concetto condiviso "la violenza fa rumore", e il rumore è ciò che deve scuotere le nostre coscienze per poter reagire ed opporsi. Il messaggio verrà veicolato in maniera semplice ed efficace, per allertare sui fenomeni di violenza, con particolare riguardo alla violenza di genere, e per promuovere l'immagine del Comune di Cagliari e dell'Assessorato come soggetti attivi nella lotta agli abusi, nella sua vicinanza alle vittime nella denuncia e proattivi nella rieducazione culturale e scolastica. "E' un video certamente d'impatto – ha affermato il Sindaco Paolo Truzzu - che probabilmente farà discutere, e se ciò accadrà noi ne saremo contenti. Il compito della comunicazione è quello di far confrontare le persone. Oggi, anche alla luce dei recenti e purtroppo continui fatti di cronaca, il messaggio è chiaro, così come è chiara la volontà dell'amministrazione di creare maggior consapevolezza, non solo affinché questi episodi non si ripetano, ma anche per dare concretamente strumenti a chi è vittima o è testimone di casi di violenza, perché non si resti in silenzio. Credo che il lavoro che dobbiamo fare tutti sia principalmente culturale: ciò che va compreso è che nessuno di noi possiede le altre persone, ognuno è libero e la libertà e l'amore non possono fare paura, anzi, devono dare coraggio". "Sono estremamente lieta di poter presentare il video spot e la relativa campagna di comunicazione che abbiamo battezzato "Fischia la fine" - ha aggiunto l'Assessore alla Pubblica Istruzione, Politiche Giovanili e Pari Opportunità, Marina Adamo - che ci ha visti impegnati in questi ultimi mesi. Tutto è partito dal ricordo di un fischietto rosso che portavo in tasca da ragazza come strumento concreto ed efficace in caso di pericolo. Da qui l'idea di adottare il fischietto rosso come simbolo della prima campagna di comunicazione contro la violenza sulle donne promossa e realizzata dal Comune di Cagliari - Assessorato alle pari opportunità in collaborazione con la Commissione Consiliare competente, che oltre alla già istituzionalizzata rassegna di eventi denominata "Feminas – Cagliari contro la violenza", ha deciso di fare di più, mandando un messaggio forte e chiaro, come un fischio che rompe il silenzio. Il suono di un fischietto, attira inequivocabilmente l'attenzione, mentre un filo di voce in caso di emergenza non è sufficiente. Il suono di un fischietto è forte così come lo è volutamente l'impatto del video, ma è stato necessario declinarlo in questo modo, anche visto il momento storico in cui stiamo vivendo. Tutta la campagna di comunicazione avrà la durata di un mese e vedrà anche il coinvolgimento delle scuole cittadine, perché l'educazione al rispetto e alla non violenza inizia proprio da piccoli, a scuola." Il video, che ha una durata di 50 secondi, è stato elaborato per la trasmissione con audio e senza audio per assicurare la massima diffusione del suo contenuto, si avvarrà di importanti collaborazioni come con Rai3 regionale, che manderà il video tradotto in lingua sarda nella programmazione dedicata e CTM, che ospiterà la campagna video sui bus abilitati oltre che con affissioni sulle pensiline. "Come commissione - ha affermato Stefania Loi, Presidente della C.C.P. Pari Opportunità - abbiamo sempre pensato ad una campagna di comunicazione video che veicolasse il messaggio del nostro impegno al contrasto alla violenza e della presa di responsabilità che deve necessariamente coinvolgere tutte le persone, affinché lo sguardo non si distolga. Il confronto e il grande lavoro di sinergia con l'assessorato, gli uffici e la società che ha realizzato il video, ha portato ad un risultato che ha colto tutte le nostre istanze. Fischia la fine, vuole segnare la fine di un vissuto doloroso, e al contempo un nuovo inizio. L'inizio di un nuovo percorso di vita." "L'idea nasce da una riflessione sul percorso che la vittima di violenza deve compiere successivamente all'evento subito – ha concluso Alex Deplano, responsabile dell'agenzia Humans Hub che ha elaborato il video e la campagna di promozione - Come si ricostruisce uno strappo così traumatico? Come si rimargina una ferita? Abbiamo così deciso di far sviluppare il messaggio che si articola in due sensi: rimediare alla violenza, ma soprattutto evitare che si manifesti. Anche il silenzio, in questa logica è una violenza: non sapere o far finta di non vedere è una colpa e una responsabilità. Con la tecnica del richiamo impattante della grafica che elenca le varie tipologie di violenza (secondo una classificazione del Dipartimento delle pari opportunità presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri), accentuato dall'uso invadente degli effetti sonori e della musica, abbiamo pensato a uno spot video fruibile da qualsiasi dispositivo, con o senza audio. Declinabile facilmente su ogni canale". E l'Amministrazione è al lavoro per concludere nuove collaborazioni con Enti, organizzazioni e società con lo scopo di raggiungere un pubblico sempre più vasto. Con preghiera di diffusione... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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carmenvicinanza · 5 months
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Valeria Della Valle
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Ci sosterrà la speranza che fra qualche anno, una donna che abbia deciso di professare l’architettura, l’avvocatura o la medicina, o che veda nel suo futuro la direzione di un’orchestra, o infine che intenda arruolarsi nell’esercito, dopo aver sfogliato le pagine di questo dizionario, scelga di chiamare se stessa architetta, avvocata, medica, direttrice, soldata anche perché “lo dice il Dizionario Treccani”.
Valeria Della Valle, importante linguista, è la prima donna che ha diretto un dizionario della lingua italiana, per Treccani, dove è entrata, negli anni Settanta da giovane redattrice e oggi è nel consiglio scientifico dell’Enciclopedia Italiana.
Nell’edizione del 2022, co-diretta con Giuseppe Patota, ha messo in atto una rivoluzione. Sfidando regole e convenzioni, per la prima volta, il testo registra aggettivi e sostantivi, prima al femminile e poi al maschile, in successione alfabetica: “Non c’era nessuna motivazione scientifica perché questo non accadesse, solo il prevalere storico della cultura maschile“.
Nata a Roma nel 1944 è cresciuta nell’ambiente artistico e culturale di via Margutta. Sua madre dipingeva e restaurava quadri antichi, suo padre lavorava nell’editoria. Da bambina ha assistito alle dissertazioni di adulti come Renato Guttuso, Alfonso Gatto, Sibilla Aleramo, Giorgio De Chirico, Alberto Burri, Carlo Mazzacurati, Enrico Galassi.
Si è laureata alla Sapienza con Arrigo Castellani, che le ha aperto la strada a una spiegazione razionale al processo di cambiamento della lingua.
Ha pubblicato saggi su antichi testi toscani, sulla storia della lessicografia, sulla terminologia dell’arte, sulla lingua della narrativa contemporanea e sui neologismi.
È stata professoressa associata di Linguistica italiana alla Sapienza Università di Roma fino al 2014.
Ha diretto la terza edizione del Vocabolario Treccani dell’Istituto della Enciclopedia Italiana in cinque volumi (1986-1994) e contribuito ad apportare un cambiamento nella definizione della voce “donna”, nel passato sempre definita come “femmina dell’uomo” e in quell’edizione diventata “Nella specie umana, individuo di sesso femminile, soprattutto dal momento in cui abbia raggiunto la maturità anatomica e quindi l’età adulta”.
È autrice di Dizionari italiani: storia, tipi, struttura (2005) e, con Giovanni Adamo, di Le parole del lessico italiano (2008). Insieme a Giuseppe Patota ha pubblicato tredici manuali di divulgazione dedicati alla lingua italiana.
È protagonista di rubriche giornalistiche, radiofoniche e televisive riguardanti dubbi e curiosità sulla nostra lingua, e consulente scientifica di Rai Educational per la realizzazione di programmi dedicati all’insegnamento della lingua italiana.
È socia corrispondente dell’Accademia della Crusca e socia ordinaria dell’Accademia dell’Arcadia. Fa parte del consiglio di amministrazione e del comitato scientifico della Fondazione Bellonci e del comitato direttivo del Premio Strega, del comitato scientifico del Bollettino di italianistica e del consiglio scientifico del PLIDA (Progetto Lingua Italiana Dante Alighieri) della Società Dante Alighieri.
Presso l’Istituto per il lessico intellettuale europeo e storia delle idee del CNR ha coordinato con Giovanni Adamo, fino al 2019, il progetto di ricerca Osservatorio neologico della lingua italiana (Onli).
Ha scritto soggetto e testo del documentario Me ne frego! Il Fascismo e la lingua italiana, prodotto dall’Istituto Luce Cinecittà, diretto da Vanni Gandolfo e presentato alla Mostra del Cinema di Venezia 2014. Nel 2016 ha realizzato il documentario L’arma più forte. L’uomo che inventò Cinecittà, presentato in anteprima alla Festa del cinema di Roma nel 2016, che ha vinto il premio al miglior documentario di cinema Diari di Cineclub 2017.
Dall’ottobre 2020 ha condotto la trasmissione di Raitre Le parole per dirlo.
Nel 2022 ha pubblicato la sua prima opera di narrativa, La strada sognata, una raccolta di racconti ambientati nella comunità artistica che nella prima metà del ‘900 animava Via Margutta a Roma, che le è valso il Premio Settembrini.
C’è una sproporzione tra gli epiteti offensivi presenti accanto a “donna” e quelli che possono essere riferiti a un uomo. I primi hanno a che fare soprattutto con offese scagliate contro la donna  riferite  alla sua  vita sessuale, di donna che vende il proprio corpo dietro pagamento. Ma è la nostra storia, non solo quella italiana, a mancare di parole a proposito dell’uomo, corrispondenti a quelle usate per indicare un costume al quale è stata obbligata per secoli solo la donna. Anche per l’uomo abbiamo insulti che alludono alle sue abitudini sessuali e certamente in misura non paragonabile, ma qui entriamo in questioni che non hanno a che fare con la rappresentazione linguistica, bensì con la copertura eufemistica di tabù millenari. Sono convinta che non sarà invocando un falò (non solo simbolico) per bruciare le parole che ci offendono che riusciremo a difendere  la nostra immagine e il nostro ruolo. Anzi, vorrei che le espressioni più detestabili e superate continuassero ad avere spazio nei dizionari, naturalmente precedute dal doveroso avvertimento che segnala al lettore quando le espressioni o le frasi proverbiali citate corrispondono a un pregiudizio o a un luogo comune tramandato dal passato ma non più condivisibile. Secondo qualcuno i dizionari sono “cimiteri di parole”: credo, al contrario, che il nostro sforzo comune debba essere quello di fare in modo che la lingua del disprezzo esaurisca il suo corso, rimanendo come testimonianza sociale, storica, letteraria, del passato. Con la speranza, questo è il mio augurio, non solo da lessicografa, che la realtà (e poi la lingua) cambi, perché le parole non siano più solo femmine, i fatti non più solo maschi.
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amicidomenicani · 1 year
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Quesito Rev. padre, da tempo mi tormenta il dubbio sulla vera entità della Vergine Maria, madre terrena di Gesù Cristo. Nei 4 vangeli ufficiali non ho trovato un solo passo nel quale Gesù la chiama Madre o Mamma ma, soltanto, Donna, come quando era in croce od appellativi poco rispettosi come nelle nozze di Cana, nelle fughe al Tempio, ecc… Come va interpretato tutto ciò, visto che la Madonna ci viene ormai detto che è l'ultima speranza per i peccatori davanti al giudizio ed all'ira divina? Grazie per l’eventuale risposta, molto importante per il sottoscritto e, forse, non solo per me! Risposta del sacerdote Carissimo, 1. per noi chiamare la propria mamma con l’appellativo donna è come porre delle distanze. È una parola che non evoca alcun affetto. 2. Ma non era così per gli antichi. Scrive il biblista Giuseppe Ricciotti: “Gesù dice: che c'è tra me e te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora” (Gv 2,4). Gesù pronunciò queste parole in aramaico e secondo questa lingua vanno interpretate. In primo luogo, donna era un appellativo di rispetto, circa come l'appellativo (ma)donna del trecento italiano. Un figlio chiamava ordinariamente madre la donna che l'aveva generato, ma in circostanze particolari poteva chiamarla per maggior riverenza donna. E donna chiamerà nuovamente Gesù sua madre dall'alto della croce (Gv 19,26); ma anche prima, secondo un aneddoto rabbinico, un mendicante giudeo aveva chiamato donna la moglie del grande Hillel, come Augusto aveva chiamato donna Cleopatra" (Cassio Dione, LI,12), e così in altri casi” (G. Ricciotti, Vita di Gesù Cristo, § 283). 3. Secondo alcuni teologi questo modo particolare di Gesù di chiamare sua madre rimanda a colei che per prima è stata chiamata donna, vale a dire Eva. Eva infatti significa donna, come Adamo significa uomo. 4. Alle nozze di Cana Gesù aveva detto: “Non è ancora giunta la mia ora” (Gv 2,4). Ebbene, proprio queste parole ci indicano l'orizzonte da tenere presente per comprendere il motivo per cui Gesù chiami donna sua madre. In quel momento Gesù è il nuovo Adamo e Maria è la nuova Eva. Scrive Pier Carlo Landucci: “L’appellativo di eccezione (invece dell’ordinario: madre) con cui Gesù le risponde: "donna" che risuonerà un'altra volta dall'alto della croce nel momento supremo richiama appunto tali grandi orizzonti. Come l'antica Eva sospinse Adamo nel cammino della perdizione, così la nuova Eva sospinge in certo modo il nuovo Adamo nel cammino della redenzione. Nei tre supremi momenti, l'incarnazione, l'inizio della vita pubblica, la croce, è sempre Maria, la nuova Eva, che sta accanto a Gesù, novello Adamo, a lui congiunta nella salvifica azione” (Pier Carlo Landucci, Maria Santissima nel Vangelo, p. 234). 5. In questa linea si è espresso anche Giovanni Paolo II: “Con l'espressione: «Che ho da fare con te, o donna?», Gesù intende porre la cooperazione di Maria sul piano della salvezza che, impegnando la sua fede e la sua speranza, chiede il superamento del suo ruolo naturale di madre” (catechesi 26 febbraio 1997).  Che l'augurio che la Madonna spinga Gesù ad esserti sempre propizio, ti benedico e ti ricordo nella preghiera. Padre Angelo
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schizografia · 2 years
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Benché siano entrambe le cose, cioè spirito e uomo, non sono tuttavia né l’una cosa né l’altra. Non possono essere uomini, perché si muovono come spiriti; non possono essere spiriti, perché mangiano, bevono e hanno carne e sangue (…). Sono quindi creature particolari, diverse dalle prime due e formate da una sorta di mistione della loro doppia natura, come un composto di dolce e di aspro o come due colori in un’unica figura. Si deve ribadire, però, che, pur essendo in un certo modo tanto spiriti che uomini, non sono né l’uno né l’altro. L’uomo ha un’anima, lo spirito ne è privo. Queste creature sono entrambe le cose e tuttavia non hanno anima; ma nemmeno sono, per questo, spiriti. Lo spirito, infatti, non muore; la creatura muore. Nemmeno è come l’uomo, perché non ha anima. È dunque un animale, e, tuttavia, più che animale. Muore come gli animali, ma il corpo animale non ha, come lui, una mente. È dunque un animale che parla e ride come gli uomini (…). Cristo è nato e morto per coloro che hanno un��anima e sono stati generati da Adamo. Non per queste creature, che non provengono da Adamo: pur essendo in qualche modo uomini, mancano di un’anima.
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[…] Sono un popolo di umani, che muoiono, però, con le bestie, camminano con gli spiriti, mangiano e bevono con gli uomini. Muoiono come animali, senza che nulla rimanga di essi. La loro riproduzione è simile a quella umana… e tuttavia non muoiono come gli uomini, ma come il bestiame. Come ogni carne, anche la loro carne si corrompe (…). Nei costumi, nei gesti, nella lingua, nella saggezza sono perfettamente umani; come gli uomini, virtuosi o viziosi, migliori o peggiori (…). Vivono con gli uomini sotto una legge, mangiano l’opera delle loro mani, tessono per sé vesti che indossano come gli uomini, usando della ragione e governando le loro comunità con giustizia e saggezza. Benché siano animali, hanno l’umana ragione - solo sono privi dell’anima. Per questo non possono servire Dio né camminare nelle vie del Signore.
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[…] non soltanto appaiono agli uomini, ma hanno commercio sessuale (copulatae coiverint) con essi e generano dei figli. […] Ciò può essere provato con molti argomenti, in quanto, pur non essendo eterne, si uniscono con gli uomini e lo diventano - cioè acquistano, come gli uomini, un’anima. Dio le ha infatti create così simili e conformi agli uomini, che nulla si potrebbe pensare di più somigliante. Ma vi aggiunse il miracolo di privarle dell’anima. Ma unendosi agli uomini in stabile unione, allora questa unione conferisce loro un’anima (…). È chiaro, dunque, che senza gli uomini sarebbero animali, come gli uomini senza il patto con Dio sarebbero nulla (…). Per questa ragione le ninfe ricercano gli uomini e spesso si accoppiano in segreto con essi. […] E come abbiamo detto che l’uomo è un’immagine di Dio, plasmata secondo la sua immagine, così si può dire che queste creature sono le immagini dell’uomo, formate secondo la sua immagine. E come l’uomo non è Dio, anche se fatto a sua immagine, così queste creature, pur essendo create a immagine dell’uomo, rimangono quali sono state plasmate, come l’uomo rimane tale quale Dio lo ha creato.
Paracelso
La storia dell’ambigua relazione fra gli uomini e le ninfe è la storia della difficile relazione fra l’uomo e le sue immagini.
Giorgio Agamben
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kon-igi · 4 years
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CARA AMICA TI SCRIVO COSÌ TI DISTRAGGO UN PO’
In realtà le amiche sono due e sono così diverse tra loro che un autostoppista galattico proveniente da Betelgeuse si chiederebbe la razza di quale delle due abbia conquistato e colonizzato per prima il pianeta Terra.
Queste due persone, però, non hanno in comune quello che sta accomunando la maggior parte delle Figlie di Eva e dei Figli di Adamo su questa bella terra - la paura di morire a causa del Covid-baciamilculo-19 - bensì un differente e più lungimirante timore, che una certa qual ragione d’essere ce l’ha...
La paura di non riuscire più a vivere quando tutto questo sarà finito.
Ora, non è che io voglia far venire le paranoie a chi sta avendo la pazienza di leggere i miei deliranti sproloqui ma appena vi si toglierà di dosso il freezing che il vostro cervello animale v’ha messo addosso dopo la galoppata del cavallo verde di Pestilenza, vi sarà abbastanza chiaro che quando arriverà il Dopo-Covid nessun aperitivo, nessuna corsa al parco, nessuna gita fuori porta, nessun rave party e nessuna trombata in pubblico sarà più la stessa cosa per tutti quelli che avranno più di diciassette anni.
Queste due persone, infatti, mi hanno detto, ognuna, due cose molto importanti:
Io non uscirò mai più fuori
Io non tornerò mai più a lavorare
Hanno entrambe ragione, perché noi siamo fatti al 99% di consuetudini e all’1% di fastidio esistenziale verso chiunque e qualsiasi cosa si metta tra noi e la nostra routine.
E badate bene che questo vale non solo per chi si sente al sicuro nel rifugio del proprio bunker ma anche e soprattutto per chi è un tossico da sovraccarico sensoriale e si sente vivo e felice solo se si satura il naso, si riempe le orecchie, si sparaflasha gli occhi, si intorpidisce la lingua e si obera la pelle.
Due facce della stesso gettone buttato a raffica nella slot machine della vita.
Persino io - che me ne strasbatto il cazzo di questo virus come un Luke Skywalker qualsiasi su un pianeta Crait a caso - riesco a capire che l’impatto patologico e l’impatto economico di questa pandemia non sono nulla rispetto alle ferite che lascerà l’impatto sociale: siamo stati traditi da un qualcuno che pensavamo di conoscere - la vita - e a cui ci eravamo affidati credendo ci fosse un implicito patto di non-belligeranza, perciò da domani si andrà avanti con una differente visione e con un senso delle proporzioni ricalibrato sulla base di quanto questa pandemia ci ha tolto.
A queste due amiche vorrei dire qualcosa di più che non offenderle con una manfrina sulle occasioni da cogliere nelle avversità ma purtroppo condivido parte dei loro panorami (non sarebbero mie amiche sennò) e so che se certe camminate possono essere fatte in compagnia, il primo passo deve essere mosso nella solitudine della propria presa di coscienza.
Cosa posso augurare loro?
Di sicuro a una di essere sempre un'idea immortale e fascinosa, il pensiero dell'altrove... magia, avventura, libertà, utopia e rock and roll.
All’altra... DU BEKÂR!
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Come sono nati Adamo ed Eva? L’ipotesi del genetista Jérôme Lejeune
Come sono nati i primi uomini? Come si può spiegare lo scarto qualitativo tra le scimmie e gli uomini? Lo scopritore dell'origine genetica della sindrome di Down, il cattolico Jérôme Lejeune, nel 1968 ha pubblicato «l’ipotesi di Adamo», che tiene assieme scienza e fede.
di Giulia Tanel (04-01-2019)
Come sono nati i primi uomini? Com’è stato possibile che un uomo e una donna siano entrati nel mondo nello stesso momento e abbiano potuto dare inizio all’umanità? E, soprattutto, è possibile che ipotesi e teorie elaborate per rispondere a questi quesiti possano mostrarsi compatibili con la dottrina cristiana?
Il medico cattolico francese Jérôme Lejeune, noto per aver scoperto l’origine genetica della sindrome di Down, propose un’ipotesi in tal senso, pubblicata sulla Nouvelle Revue Théologique dell’Università di Lovanio nel febbraio 1968, e che, posta a giudizio di altri esperti in materia, fu valutata come «tecnicamente infattibile».
A parlare di questo aspetto poco conosciuto delle ricerche di Lejeune è il giornalista José Javier Esparza, in un libro di recente uscita, Jérôme Lejeune: Luchar, amar, curar (Libros Libres), ancora non disponibile in lingua italiana.
L’IPOTESI ADAMICA
Dunque, come si è passati dalle scimmie agli uomini? Com’è possibile colmare questo scarto che non è quantitativo, bensì qualitativo?
«Jérôme Lejeune», scrive Esparza in un capitolo del suo libro riportato integralmente da Religion en Libertad, «ha un’idea: perché non un’improvvisa apparizione dell’uomo? Perché non un salto qualitativo nei cromosomi delle grandi scimmie? Niente in paleontologia lo contraddice. Nulla nella genetica lo nega. E d’altra parte, l’ipotesi è compatibile con la spiegazione religiosa dell’origine della Creazione come dettagliata in Genesi. Occhio: Lejeune sa che non sta formulando una teoria scientifica, ma una semplice ipotesi. Ma sa anche che si tratta di un’ipotesi ragionevole».
Lejeune si trova così a definire quella che poi chiama «l’ipotesi di Adamo», che prende le mosse da alcuni studi realizzati dal genetista su anomalie cromosomiche a livello della sessualità che hanno colpito tanto gli uomini, quanto altre specie animali. «A quel tempo», prosegue Esparza, «Lejeune studiò un caso estremamente raro ma incontestabile, che era quello dei gemelli monozigoti, entrambi nati dalla fecondazione dello stesso ovulo dallo stesso sperma, ma che, a seguito di un incidente precoce, arrivarono a formare una straordinaria coppia di gemelli vero-falso, un ragazzo e una ragazza. La spiegazione scientifica del fenomeno era relativamente semplice. Non è così eccezionale, infatti, che un cromosoma, nella prima divisione cellulare dopo la fecondazione, venga perso. Tale era il caso di quei gemelli. Uno dei due ha continuato la sua normale evoluzione, ma l’altro, amputato il suo cromosoma Y, è stato ridotto solo alla X della femminilità, ma isolato, senza il suo corrispondente partner X. Improvvisamente, non era più l’uomo che avrebbe dovuto essere, né la donna che poteva essere. Nonostante un aspetto femminile, la maggior parte dei casi studiati non presentava un sistema sessuale femminile. Era una forte anomalia per la quale non c’era rimedio». Nei topi, però, questo handicap in alcuni casi era stato superato: e se fosse successo così anche negli uomini, si domanda Lejeune?
A questo punto sorge tuttavia un altro interrogativo: come dare un partner all’individuo nato da questa alterazione genetica, posto che incrociare specie anche molto simili (come l’asino e il cavallo) genera esseri sterili? «Esiste», si legge ancora nel libro, «davvero un solo modo: l’apparizione di una di quelle famose coppie di falsi gemelli, in cui la femmina, contro ogni aspettativa, ma non contro ogni possibilità […], sarebbe stata fecondata. Da lì, la probabilità che si riproducano, diano alla luce bambini vitali, fertili tra loro, portatori di un nuovo patrimonio genetico sì, ma normale, e che quindi può essere trasmesso alla generazione successiva. Questo sarebbe il “monogenismo”: il principio della coppia primordiale, noto a tutte le mitologie e a tutte le religioni del mondo. Nella sfera giudaico-cristiana, la storia di Adamo ed Eva».
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Montalbano sono!!
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Con te, si spegne una pagina di sicilianità pura.
Tu ci hai raccontati e riscattati da un'immagine cinematografica fatta di donne sotto scialli di lana e uomini con la lupara sotto braccio.
Hai creato nuove parole, nuovi volti, nuovi tempi e nuovi spazi.
Con te, il nostro dialetto è diventato una lingua nazionale. Si è trasformato da scarna pietra a capitello barocco.
Barocco come barocco è il cuore pulsante dei tuoi personaggi e come barocca è la natura dei luoghi che hanno ospitato le tue narrazioni.
Tu con la tua Sicilia ci hai fatto l'amore come un uomo fa l'amore con la sua sposa.
Ce l'hai consegnata pura ed elegante come solo i più grandi hanno saputo fare.
Non l'hai mai trattata come una prostituta che, per pochi spicci, si vendeva al tuo genio. No.
Tu hai disegnato una terra, bella e testarda; intrigante e colorata; tagliente e sinuosa; scoscesa e sorniona; sensuale e timida; cattiva e onesta; accorata e vera.
Una Sicilia che era una femmina speciale, alla quale portare rispetto e da trattare con devozione immacolata.
Con una penna, hai ricreato un universo diverso fatto di sole che non brucia, fichi d'india che non pungono e mare che non annega.
Hai colorato arancini e zagare; hai intrecciato reti di pescatori e trame; hai ucciso personaggi e preconcetti.
Tu, andando fuori dalla nostra isola, ne hai potuto fotografare i contorni più nitidi e puliti.
Hai potuto guardarla con l'autorevolezza e il rigore di un padre che ama la sua creatura.
Sei stato irremovibile ma non caino.
Duro ma mai feroce.
E ci hai regalato dignità diversa, nuove tonalità di caldo estivo e nuove piogge all'odore di salsedine.
Tu sei andato via da Girgenti ma sei sempre rimasto un siciliano, ancorato alla sua terra.
L'hai esplorata da lontano, affidandola al cuore di un figlio che avevi plasmato con l'inchiostro e con la cellulosa.
C'eri tu dietro gli occhi severi e limpidi del tuo amato Montalbano. C'eri tu dietro le sue gambe forti e scattanti.
C'eri tu dietro i suoi modi duri e la sua pelata cotta al sole.
Ci sei sempre stato tu su quella terrazza a guardare le onde, solo che lo hai fatto con gli occhi di Salvo, più lucidi dei tuoi, e ci sei sempre stato tu anche dentro un piatto di sarde a beccafico e un vassoio di cannoli.
Non lo so cosa pensa il commissario ora che tu non puoi suggerirgli più le parole ma, di sicuro, se esiste un universo parallelo che accoglie i personaggi che rimangono senza il loro creatore, so che lui è lì: a sentire, per te, "u scrusciu d'u mari" e ad ascoltare silenzi pieni di gratitudine e viscerale, immenso amore da destinarti, Andrea.
Senza di te, se ne va un pezzo del suo amore più grande: se ne va un pezzo della sua Tipo; un pezzo di Punta Secca; un pezzo delle sue scarpe logorate dalla polvere.
Si perdono i confini del suo volto, delle sue azioni, delle sue voglie.
Se ne va Adelina, un faro sulla sabbia, una trattoria sul mare, Livia e tutte le vite che si sono intrecciate alla sua, fino a ora.
Io lo immagino Montalbano in questo limbo senza Dio.
È sulla battigia.
Guarda l'andirivieni delle onde.
È un Adamo senza un padre al quale somigliare; un uomo creato da una penna che non può più aggrapparsi ai capoversi; un insieme di righe e spazi bianchi senza una pagina su cui distendersi.
Accanto al tuo primogenito, ci sono tutti gli altri.
C'è Mimì Augello, ad esempio.
In qualche modo, sei stato anche lui.
Ti sei innestato nella sua passione sconfinata per la bellezza; nelle sue risposte pungenti, nella sua vanità sarcastica e nella sua eleganza semplice e senza tempo.
E poi, ti sei fatto piccolo piccolo e ti sei rannicchiato nell' arguzia di Fazio, nel suo prevedere le domande, nella sua sapiente e quasi fastidiosa preparazione che però, mai sconfinava in saccenza.
Eri anche in Catarella.
Eri dentro la lingua strampalata del tuo personaggio più buffo.
C'eri tu dentro le porte chiuse male, le telefonate improbabili e quei simpatici fraintendimenti che tante risate ci hanno lasciato.
Loro erano te e tu eri loro e, tramite loro, ti sei regalato un'eterna Genesi dentro il tempo.
Grazie Camilleri.
Per essere stato il cantore di una Sicilia nuova e per averci regalato un nuovo orgoglio e una nuova consapevolezza su tutto il bello di cui siamo capaci, come siciliani.
Grazie mille per aver fatto un lavoro di scrittura che ci riscattati da anni di fiction ignobili e inutili volte a deturpare persino la nobile lingua che parliamo, fino a farla diventare una macchietta.
Grazie per aver ridato il giusto colore ai limoni e alle arance, alle ginestre e alle spine, al male e al bene.
Grazie per aver protetto le nostre radici e le nostre contraddizioni, senza giustificarle ma, semplicemente, raccontandole nella verità delle loro origini.
Grazie maestro e custode della nostra verace gioia, per averci voluto così bene.
Noi siciliani, parlando di te, avremo sempre un rispetto raro perché oggi la Sicilia perde un cantore della sua essenza, un poeta della sua semplicità e due occhi saggi e fieri che, anche al buio, hanno saputo vedere più lontano e più in profondità di tanti altri.
Perdonaci se qualcuno qui ti ha rotto i cabbasisi; salutaci il dottor Pasquano che tanto hai amato e, adesso, con nuove pupille, goditi il meritato cielo.
So che saprai raccontarlo con parole, originali e bellissime, anche agli angeli che già lo conoscono e, magari, tra una storia su una nuvola e un aneddoto sul sole, troverai un momento per parlare ai cherubini di un certo Salvo che, adesso, lavora, col cuore spezzato, in un commissariato di Vigata.
Gli parlerai di quanto ti somigli e di quanto coraggio hai avuto a lasciarlo andare perché ti sopravvivesse.
A riprova che gli scrittori non muoiono mai, veramente e i Re di Girgenti, come te, segnano profondamente la storia camminando su passi lievi e pensieri leggeri come la brezza marina.
Sofia Muscato
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art-now-italy · 4 years
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Home of the brave, Yana Kapina
..sto vedendo cosa Adamo ha visto il mattino della sua creazione: il miracolo, momento per momento, della nuda esistenza”. Aldous Huxley Avete mai provato a sopprimere la vostra voce interiore e silenziarla almeno per un minuto? La lingua, intesa come virus incurabile, non ci permette di staccarci da essa nemmeno quando siamo da soli e non abbiamo bisogno di parlare. Ma il danno più grave è che ci aliena dalla realtà, in quanto qualsiasi fenomeno che sfugge a una catalogazione linguistica sembrerebbe non avere vita.
https://www.saatchiart.com/art/Painting-Home-of-the-brave/974607/4106004/view
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allmadamevrath-blog · 6 years
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Dizionario dell'esoterismo. Storia, simbologia, allegoria. Magia
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Dizionario dell'esoterismo. Storia, simbologia, allegoria
Magia
La magia è la potenza del Verbo. Pronunciando i loro nomi, il mago  evoca gli spiriti, per farli partecipare alla realizzazione dei suoi progetti. Possedere il Verbo è saper risvegliare le forze dell'universo. Dio ha chiesto ad Adamo di dare un nome agli esseri  e la creazione stesa è nata da un Verbo all'imperativo. I Verbo è la ragione del mondo, e gli dà la vita. Ora, il Verbo è il Figlio, Hokhma nella cabala, al quale <<è stato dato tutto il potere sul Cielo e sulla Terra>>. Il Verbo è scienza e potere. Dall'orientamento di tale potere, egocentrico o disinteressato, dipende la natura della magia: nera o bianca. Nel primo caso l'acquisizione dei poteri è rapida, ma va a detrimento dell'autonomia del soggetto che tiene al suo servizio solo per breve tempo i demoni di cui sarà la futura vittima. E' il senso del vendere l'anima al diavolo, per cui niente potrà salvare Faust, se non l'amore, il sacrificio di Margherita. La magia biana prende il sopravvento sulla magia nera, in rpimo luogo da un punto di vista anto-teologico: la creazione voluta da Dio è chiamata a 'santificare' il nome del Signore. Attraverso la preghiera, l'Amore, e la conoscenza dei nomi delle entità, il mago trionfa sulle fore ostili e partecipa all'operato positivo di Dio. Il processo è lento ma duraturo: esso presuppone una preparazione e una rinascita, è oggetto di un'iniziazione. La magia è quindi la pratica stessa esoterica, e non per principio, un obbligo meccanico, nè 'la ricerca dichiarata dei poteri'. Se, <<la magia è autoritaria, sua sorella, la religione, è umile>>, ciò è nel senso  in cui Gesù ha parlato dell'autorità, quella conferita da Dio al Verbo, la stessa che permette al Figlio di esorcizzare Satana. La magia ha due dimensioni: è <<personale o cerimoniale>>. E' personale, quando la si opera senza ricorrere a un rito estereiore; cerimoniale è invece l'alta magia. L'una e l'altra possono essere esercitate nel microcosmo o nel macrocosmo. Nell'alta magia, l'obiettivo è principalmente qello di una partecipazione cosmica ai piani di Dio. La pratica del maestro, che mira all'evoluzione degli esseri e dei mondi, coniuga l'antagonismo delle forze occulte. L'alta magia si ssitua oltre l'opposizione illusoria e ancora etica delle due magie, la bianca e la nera. Gesù è venuto a seminare la discordia e lo scandalo, anche se non vuole essere occasione di scandalo per nessuno. Il Venerabile Vegliardo dell'Apocalisse ha una spada a doppio taglio al posto della lingua. Il Verbo, per compiere l'opera, di due forze della natura antagoniste. Le principali operazioni di alta magia possono essere ricondotte a quattro tipii fondamentali. Con la consacrazione, si sacralizzano degli dèi o degli oggetti, allo scopo di conferire lo ro un potere. L'esecrzione è la caratteristica di tutti gli esorcismi, con cui si espellono i demoni da un soggetto; è l'atto che obbliga le forze malefiche, attaccate agli oggetti come agli esseri, a ritrarsi. L'invocazione realizza attraverso i conti rituali e le formule in contatto, attraverso cui si rivolge una richiesta a uno spirito superiore, un genio benefico. L'evocazione infine è l'invito, o addirttura l'ordine, rivolto a delle entità affinché si manifestino o manifestino la loro presenza. In tutti i casi elencati l'operazione magica va preparata nei minimi particolari bisogna fare attenzione ai luoghi prescelti, soprattutto al cerchio magico tracciato al suolo, agli accessori. L'alta magia è rituale: la cerimonia diventa operativ solo attraverso l'unione attuata al rito tra alto e basso. La saccralizzazione, la consacrazione regolare, la benedizione, come le destituzioni, le scomniche, le maledizioni trasformano gli oggetti e gli esseri in simbolo sacro, gli uni degni di partecipare all'operazione, gli altri di allontanare a seconda della loro carica fluidica. L'oggetto magico deve essere accordato, manetizzato in determinati momenti, regolati dall'astrologia magica. Il 'magista' colui che pratica la magia cerimoniale, prepara personalmente le proprie vesti, spesso una tecnica di lino bianco. Porta dei pentacoli, i cui segni sono dei catalizzatori di energia. Sta a testa nuda, a mani nude, a piedi nudi. La scelta del momento propizio all'operazione dipende non solo delle condizioni determinate dall'astrologia generale, ma anche da quelle determinate dall'astrologia cabalistica, che associa alle ore del giorno e ai mesi i rispettivi arcangeli, angeli, spiriti e geni planetari. Munito di sapda, il magista può allora penetrare nel cerchio, che ha la funzione di proteggerlo dagli spiriti negativi mediante i segni che contiene, e di attirare le entità corrispondenti ai suoi sigilli e ai suoi segni. Ogni volta va preparato un cerchio diverso, tenendo conto del giorno della settimana e degli spiriti di cui si desidera l'aiuto. Il cerchio viene tracciato con la spada magica o con una miscela di carbone e di polvere di calamita. Il cerchio contiene tre cerchi concentrici nel diametro di tre metri, distanti tra loro un palmo di mano. Nel cerchio di mezzo figurano il nome dell'ora, dell'angelo, dell'ora dell'angelo e dei ministri del giorno, del tempo attuale, degli spiriti che lo presiedono, del segno reggente, della terra secondo le stagioni, della luna e del sole in quel momento. Il cerchio superiore porta ai quattro angoli della croce, che attraversa solo il cerchio inferiore, i nomi degli angeli dell'aria ddi quel giorno. Quanto all cerchio interno, su esso sono segnati i quattro nomi di Dio, separati dalla croce. All'esterno del cerchio, a ogni angolo, è disposto un penatagramma. L'alta magia presuppone la teurgia e l'astrologia cabalistica. La scrittura o la pronuncia dei nomi degli arcangeli in lingua ebraica è dovuta, per i cabalisti cristiani. al carattere sacro di qest'ultima. La pratica dei mantra in India, del dikhr islamico, o il ruolo delle formule nell'esicasmo si basano sulla regolazione armonica del suono e del divino. I riti di consacrazione in ogni confessione corrispondono allo stesso principio: fare del luogo della cerimonia un luogo sacro, una proiezione del cielo sulla terra, delimitata, materializzata, orientata, attraverso simboli appropriati. Le ventidue letere ebraiche fanno un sigillo magico di ogni nome di Dio, le lettere del sanscrito corrispondono ciascuna a un Dio, a un colore, a una virtù. L'efficacia di operazione magica dipende dal grado di precisione con cui viene costituito simbolicamente il luogo in cui si officia ma soprattutto dalla trasformazione dell'uomo in tempio vivente. La capacità magnetica, il potere di concentrazione delle energie psichiche e l'attitudine a far risplendere l'aura sono le condizioni essenziali di un Verbo creatore. La magia realizza le condizioni di un mondo vivente, di un microcosmo dotato, in ciascuno dei suoi elementi, di potere operativo, in virtù della relazione con il tutto. Per la stessa ragione le destinazioni tra magia cerimoniale e altre forme di magia non danno l'idea della magia in se stessa, ma tutt'al più del livello a cui si esprimono la volontà e la competenza del maago, e dell'orientamento che egli, in conseguenza conferisce alla propria azione. La magia è il sistema di analogie simboliche e operative del mondo attraverso cui comunicano piante, metalli, fiori, profumi, virtù, pianeti e spiriti. Le tecniche di assoggettamento, la fabbricazione di filtri o di miscele secondo ricette imprevedibili dati dai grimoires in caso di successo implicano terapia, suggestione, infestazione, un mutamento dell'obiettivo delle forze occulte responsabili del successo. Ciò richiede ce non facciano mai difetto né la perseveranza del candidato, né il suo senso dell'humour.   La magia è partecipazione alla creazione costantemente rinnovata di Dio. Contravvenire alla finaliità dell'ordine del mondo è agire contro se stessi, poiché la propria struttura è quella stessa dedl mondo. Per la stessa ragione è a vita dell'uomo ad apparire come il campo di una magia completa e operativa, tuttavia quasi sempre trascurata e ignorata. Il cerchio è la sua aura, la bacchetta magica la sua volontà e la sua colonna vertebrale, il gesto è l'epressione del Verbo allo stesso titolo della voce. La 'creatura nuova' officerà in un 'corpo di gloria'. Magia e religione non sono mai separate, come ha sottolineato l'esoterismo dei rispettivi testi sacri, dalla Tavoletta di Smeraldo al Pater. Magico è l'atto di una onversione analogica e di una trasmutazione, dall'alto in basso e inversamente dalla terra al cielo. E' questo il solo aautentico obiettivo dell apotenza creatrice del Verbo e della sua magia.
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berna282 · 3 years
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Dominus - Mars Las
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VITA NEL PARADISO RIPRISTINATO 
GESU’ SI ESPRESSE CON CONVINZIONE QUANDO PARLO’ DELLA POSSIBILITÀ’ DI VIVERE DI NUOVO;DISSE AI SUOI DISCEPOLI CHE ERA UNA CERTEZZA . ‘’NELLA RICREAZIONE’’, DICHIARO’,’EREDITERETE LA VITA ETERNA’.COSA INTENDEVA GESU’ CON L’ ESPRESSIONE ‘’NELLA RICREAZIONE’’? 
SECONDO IL BRANO PARALLELO DELL’ EVANGELISTA LUCA,GESU’ DISSE CHE ‘’NEL SISTEMA DI COSE AVVENIRE’’ I SUOI DISCEPOLI AVREBBERO RICEVUTO ‘’LA VITA ETERNA’’ (LUCA 18:28-30). PERCHE’ LA BIBBIA IDENTIFICA IL ‘’SISTEMA DI COSE AVVENIRE’’ CON LA RICREAZIONE’’? 
EVIDENTEMENTE INTENDE SOTTOLINEARE CHE GEOVA DIO FARA’  IN MODO CHE IL SUO PROPOSITO ORIGINALE PER LUMANITÀ’  VENGA REALIZZATO   ,E L’UOMO  VIVA PER SEMPRE SU UNA TERRA PARADISIACA.GLI ESSERI UMANI TORNERANNO  AD ESSERE PERFETTI ,COME LO ERANO ADAMO  ED EVA PRIMA DI PECCARE.IN QUESTO MODO ‘’NEL SISTEMA DI COSE AVVENIRE’’ AVRA’ LUOGO  LA ‘’RICREAZIONE DELLE CONDIZIONI PARADISIACHE ESISTENTI NEL GIARDINO DI EDEN. 
IN CHE MODO IL PARADISO VERRA’ RIPRISTINATO 
QUANDO ERA SULLA TERRA,GESU’ INSEGNO’ AI SUOI SEGUACI A PREGARE PER LO STRUMENTO CHE DIO IMPIEGHERÀ’ ALLO SCOPO DI RIPRISTINARE CONDIZIONI GIUSTE IN TUTTA LA TERRA.GESU’ DISE CHE DOVREMMO  PREGARE:’’VENGA IL TUO REGNO. SI COMPIA LA TUA VOLONTÀ’,COME IN CIELO, ANCHE SULLA TERRA’’. ( MATTEO 6:10) DIO HA NOMINATO SUO FIGLIO GOVERNANTE DI QUESTO REGNO,CHE REALIZZERÀ’ IL  SUO PROPOSITO FACENDO IN MODO CHE TUTTA LA TERRA CI SIANO CONDIZIONI  PARADISIACHE .
LA BIBBIA DISSE DI COLUI CHE DIO HA NOMINATO GOVERNANTE:’’CI E’ NATO UN FANCIULLO ,CI E’ STATO DATO UN FIGLIO;E IL DOMINIO PRINCIPESCO SARA’ SULLE SUE  SPALLE.E SARA’ CHIAMATO COL NOME DI ....PRINCIPE DELLA PACE. DELL’ ABBONDANZA DEL DOMINIO PRINCIPESCO E DELLA PACE NON CI SARA’ FINE’’ . (ISAIA 9:6,7).  IN CHE MODO QUESTO  GOVERNO SOTTO TALE ‘’DOMINIO PRINCIPESCO’’ REALIZZERÀ’ IL  VOLERE DI DIO? 
LA BIBBIA RISPONDE:’’AI  GIORNI DI QUEI RE L’IDDIO DEL CIELO STABILIRÀ’ UN REGNO [IL DOMINIO PRINCIPESCO] CHE NON SARA’ MAI RIDOTTO IN ROVINA.E IL REGNO STESSO NIONB PASSERA’ AD ALCUN ALTRO POPOLO.ESSO STRITOLARE’ TUTTI QUESTI REGNI E PORRA’ LORO FINE,ED ESSO STESSO SUSSISTERÀ’ A TEMPI INDEFINITI’’. 
VEDIAMO LE   CONDIZIONI CHE CI SARANNO SULLA TERRA QUANDO VERRA’ RIPRISTINATO  IL PARADISO, ‘’NELLA RICREAZIONE’’, QUANDO IL FIGLIO DI DIO ESERCITERÀ’ IL SUO POTERE COME PRINCIPE DEL REGNO DEL PADRE SUO. 
ECCO COME SARA’ LA VITA NEL PARADISO 
RISURREZIONE DEI MORTI 
LL’’ORA VIENE IN CUI TUTTI QUELLI CHE SONO NELLE TOMBE COMMEMORATIVE UDRANNO LA SUA VOCE E NE VERRANO FUOIRI’’.-GIOVANNI 5:28,29.
‘’CI SARA’ UNA RESURREZIONE SIA DEI GIUSTI CHE DEGLI INGIUSTI’0.- ATTI 24:15. 
NIENTE MALATTIE,VECCHIAIA O  MORTE 
‘’IN QUEL TEMPO GLI OCCHI DEI CIECHI SARANNO APERTI,E I MEDESIMI  ORECCHI DEI SORDI SARANNO STURATI.IN QUEL TEMPO  LO ZOPPO SALTERÀ’ PROPRIO COME FA IL CERVO,E LA LINGUA DEL MUTO GRIDERÀ’ DI GIOIA’’. -ISAIA 35:5,6. 
‘’DIO STESSO SARA’ CON LORO.ED EGLI ASCIUGHERÀ’ OGNI LACRIMA DAI LORO OCCHI,E LA MORTE NON CI SARA’ PIU’, NE CI SARA’ PIU’  CORDOGLIO  NE’ GRIDO NE DOLORE.LE COSE PRECEDENTI SONO PASSATE’’.-RIVELAZIONE 21:3,4. 
ABBONDANZA DI COSE BUONE DA MANGIARE 
‘’LA TERRA STESSA DARA’ CERTAMENTE IL SUO  PRODOTTO;DIO ,IL NOSTRO DIO,CI BENEDIRÀ’.-SALMO 67:7. 
‘’CI SARA’ ABBONDANZA DI GRANO SULLA TERRA;IN CIMA AI  MONTI CI  SARA’ SOVRABBONDANZA’’- SALMO 72:16. 
UNA CASA CONFORTEVOLE E UN LAVORO  SODDISFACENTE PER TUTTI 
‘’CERTAMENTE EDIFICHERANNO CASE  E LE  OCCUPERANNO; E CERTAMENTE PIANTERANNO VIGNE E NE MANGERANNO IL FRUTTO.E  NON EDIFICHERANNO E  QUALCUN ALTRO OCCUPEA’; NON PIANTERANNO E QUALCUNO ALTRO MANGERA’ -ISAIA 65:21,22. 
NIENTE CRIMINALITÀ’,VIOLENZA  O GUERRE 
‘’RIGUARDO  AI MALVAGI,SARANNO STRONCATI DALLA MEDESIMA TERRA’’. -PROVERBI 2:22.
‘’DOVRANNO FARE DELLE LORO SPADE VOMERI E DELLE LORO LANCE CESOIE PER POTARE.  NAZIONE NON ALZERA’ LA SPADA CONTRO NAZIONE,’NE IMPERERANNO PIU’ LA GUERRA’’.-ISAIA 2:4. 
NIENTE PIU TIMORE,PACE OVUNQUE 
‘’REALMENTE DIMORERANNO AL SICURO,SENZA CHE ALCUNO LE FACCIA TREMARE’’. -EZECHIELE 34:28.
‘’NON FARANNO DANNO NE’ CAUSERANNO ROVINA IN TUTTO IL MIO MONTE SANTO; PERCHE LA TERRA SARA’ CERTAMENTE PIENA DELLA CONOSCENZA DI GEOVA COME LE ACQUE COPRONO IL MEDESIMO MARE’’ .-ISAIA 11:9.
COME  SARA’ BELLO VIVERE QUANDO TUTTA LA TERA SARA’ IN NTALI CONDIZIONI, QUANDO TUTTI AMERANNO DIO E MOSTRERANNO AMORE AL PROSSIMO! ( MATTEO 22:37-39).  POSSIAMO ESSERE  CERTI CHE A QUEL TEMPOO TUTTE LE PROMESSE DI DIO SI ADEMPIRANNO.’’SI ,L’HO PROFERITO’’, DICE DIO, ‘’ANCHE LO FARO’’.-ISAIA 46:11. 
CI SONO ANCORA MOLTE COSE CHE POTRESTE SCOPRIRE RIGUARDO A GEOVA DIO E AL NUOVO MONDO CHE HA PROMESSO.PER ESEMPIO  ,CHE PROVE ESISTONO CHE QUESTO NUOVO MONDO E ORMAI VICINO? IN CHE MODO IL REGNO DI DIO SOSTITUIRÀ’ TUTTI I GOVERNI DELLA TERRA?E QUALI EVENTI PORTERANNO A QUESTO? I TESTIMONI  DI GEOVA VI AIUTERANNO CON PIACERE A TROVARE LA RISPOSTA A QUESTE DOMANDE. PER ULTERIORI INFORMAZIONI,VEDI PAGINA 32 DI QUESTA  RIVISTA. 
DA MOLTI ANNI L’UOMO DESIDERA’ UN NUOVO MONDO DI GIUSTIZIA,E L’ ATTESA STA PER TERMINARE.PER LA STRAGRANDE MAGGIORANZA  DEGLI ESSERI UMANI CHE HANNO PERSO LA VITA,LA MORTE NON E’ LA FINE DI TUTTO. DI  NUOVO E’  UNA SEMPLICE POSSIBILITÀ’,E’ LA VOLONTÀ’ DI DIO. PER CHI MUORE C’E’ DAVVERO  UNA SPERANZA:’’LA VERA VITA’’,  LA VITA ‘’AVVENIRE’’.-1TIMOTEO  4:8;6:19. www.jw.org. 
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camminidiliberta · 3 years
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Teologia e neuroscienze: rileggere l’imago Dei
Il problema teologico radicale della concezione che riduce il fondamento dell’essere umano a imago in spiritu, consiste nel dare vita ad un pensiero antropologico che ignora la figura di Cristo; che prende in esame il testo di Genesi, tralasciando l’idea paolina del nuovo Adamo (1 Cor 15); che lascia fuori il tema di rivestire Cristo, la realtà di fede fatta da persone incarnate che conoscono un Dio incarnato.
L’impasse della concezione dualistica può venire superata fondando l’antropologia in termini cristocentrici, e l’esperienza della relazione con Dio come esperienza della figura di Cristo, un divino incarnato nella storia umana. L’imago Dei diventa l’immagine del crocifisso. In effetti, l’importanza dell’imitatio è ben presente nella letteratura paolina, dove l’apostolo è imitatore di Cristo, intendendo l’imitazione non in senso legalistico, come una prassi, un compiere delle opere; piuttosto l’apostolo riflette l’esempio di Cristo nella sua stessa vita, diventando a propria volta esemplare.
Moltmann, invece, nota come, pur essendo l’idea di imago Dei fondamentale per l’antropologia cristiana, tuttavia le tradizioni bibliche non giustifichino la centralità del concetto, che è rappresentato solo nello scritto sacerdotale (Moltmann, Dio nella Creazione, Brescia: Queriniana, 2007, p 253). Partendo da tale osservazione, il teologo sviluppa l’imago Dei come destinazione originaria dell’essere umano, culmine della creazione (ivi, pp 254-5). In Genesi la somiglianza a Dio è vista in termini regali, l’essere umano come simbolo della sovranità divina, ed in maniera affine è concepita anche nel Salmo 8. Si badi, non però nei termini unilaterali dell’esercizio del dominio, piuttosto come riflesso della gloria divina sulla terra (ivi, p 257). In definitiva, la visione sacerdotale dell’antropologia tiene conto di aspetti cultuali e si pone in opposizioni a tendenze idolatriche: solo l’essere umano è immagine di Dio, quindi non andranno venerati né animali, forze della natura o figure angeliche, in quanto non sono riflessi della gloria divina (ivi, p 259). Moltmann prosegue ragionando come, dal momento che l’originaria immagine della creazione è stata deturpata dalla caduta nel peccato, nella letteratura paolina emerga la nozione di imago Christi, tanto come gloria di Dio, quanto come modello per l’umanità (ivi, pp 263-4). Grazie alla ri-creazione, o rigenerazione, operata attraverso Cristo, l’immagine umana si proietta in senso escatologico, assumendo i contorni della gloria Dei (ivi, p 267). In fine, il teologo nota che la teologia cristiana si è servita di due analogie per illustrare l’imago Dei come presenza di Dio nell’essere umano: la teologia latina ha preferito un’analogia psicologica, dell’anima che domina il corpo, mentre la teologia di lingua greca ha optato per l’analogia sociale, della comunione tra persone, tra donna e uomo, tra genitori e figli (ivi, p 273). Di fatto sia Agostino che Tommaso riducono l’imago Dei all’anima umana, razionale e dotata di volontà, che domina il corpo. Questa analogia esclude il corpo dall’immagine divina, eliminando anche la differenza sessuale, assieme a qualsiasi manifestazione legata alla corporeità. Questa visione affonda le radici nella filosofia platonica, e risuona con l’elemento del dominio, del controllo della parte celeste, o dell’anima, sulle cose terrestri, sul corpo. Invece, sembra distante dalle concezioni antropologiche veterotestamentarie, estranee alla distinzione tra anima e corpo: l’essere umano è una carne vivente, anima e corpo sono qualità umane, non componenti (ivi, 297). La concezione latina risulta debole quando si affronta il tema del Verbo che si è fatto carne (Gv 1,14), e del corpo come tempio dello Spirito Santo (1 Cor 6,19). Al contrario, la concezione orientale vede l’essere umano nella sua interezza come imago Dei, intendendo la comunione tra persone quale fondamento dell’immagine (ivi, p 280), che si manifesta allora nella socialità insopprimibile, nella relazionalità tra persone, tra generi, tra generazioni, e tra umano e divino.
In sintesi, il cuore del tema è riassumibile nelle parole di Vantini: “Il Sé è a immagine e somiglianza di Dio perché desidera relazioni.” (Vantini, Il Sé esposto tra desiderio e memoria, Padova: Facoltà Teologica del Triveneto, Tesi di Dottorato in Teologia, 2017, p 317). Questo homo capax Dei, che prende forma nelle relazioni, è studiabile contemporaneamente tanto da discipline che partono dal dato umano, corporeo, culturale, quanto da quelle che partono da un dato divino, celeste, rivelato.
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hoilcollobloggato · 3 years
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la mia vita al tempo del COVID-19 (giorno 10)
Una delle norme anti Covid-19 che potremmo definire “sottintesa”, comune a tutte le zone di classificazione delle regioni, prevede il divieto di baciarsi. Nell’accurato vademecum dal titolo: LE RACCOMANDAZIONI DELLA SOCIETA’ ITALIANA DI ANDROLOGIA - Consigli su come vivere la sessualità e suggerimenti per evitare di contagiarsi e di diffondere l’infezione da COVID-19 -inviato dalla SIA al dicastero del Ministero della Salute, già dalle premesse è tutto decisamente molto dettagliato e chiaro:
– COVID-19 è stato trovato nella saliva e nel muco rinofaringeo, nelle feci e nelle urine delle persone infette. – È possibile contagiarsi da COVID-19 da una persona che lo possiede. – Il virus può diffondersi a persone che si trovano a circa 1,5/2 mt da una persona con COVID-19 quando quella persona tossisce o starnutisce. – Il virus può diffondersi attraverso il contatto diretto con la loro saliva o muco e quindi non solo con il bacio ma anche nei rapporti orali. – Passare la bocca sull'ano potrebbe diffondere COVID-19. Il virus che si trova nelle feci può riconoscere una porta di entrata dalla bocca.
"Porta di entrata" a parte, è innegabile, fin dall’infanzia, ogni bacio evoca piacere e legami affettivi; secondo una recente ricerca AECM Albert Einstein College of Medicine di New York, le nostre rappresentazioni cerebrali delle labbra e della lingua sono assai sviluppate. Mentre succhiamo, sentiamo e non dimentichiamo più. Persino nelle culture, in Afghanista ad esempio, in cui baciarsi con la lingua è oggetto di disapprovazione, l’umano bisogno di affetto e sicurezza dà luogo all’eros che scaturisce dal contatto guancia a guancia, dai morsetti e dall’inspirare l’odore del viso della persona amata. Da ragazzino quando sentivo odore (l’olfatto è senz’altro il più potente dei nostri sensi), di cipria o di rossetto ero vittima di un'attivazione generale dei miei ricettori nervosi, corrispondente a un enorme impennata dei livelli di ossitocina – circa 5 volte superiore a quelli usuali . Con la loro travolgente intimità, i baci siglano un patto, un legame profondo: SIAMO TU E IO CONTRO IL MONDO! Un motivo ricorrente nella letteratura occidentale è che, laddove all’individuo è negata la possibilità di scegliere il proprio compagno o di esprimere liberamente la propria sessualità, il baci simboleggiano il caos sociale. Per Romeo e Giulietta, ad esempio, baciarsi era pericolosamente compromissorio perché univa la coppia sbagliata.
Devi sapere che quando siamo morti, sottoterra, ed iniziamo a marcire, a consumarci – siamo destinati alla putrefazione, che horreur! – per prima cosa: i batteri bisocosis populi attaccano le pareti intestinali. Pare che da vivi, ci scambiamo qualcosa come 130.000 bisocosis populi ad ogni contatto con la lingua umana. In un bacio molto intimo salgono a 230.000. I primi entrarono in contatto all'alba della creazione, quando Adamo baciò Eva; questo rende improbabile che fosse stata Eva a baciare Adamo, perché in quel caso i primi 100.000 li avrebbe sprecati mordendo la mela. Questo giusto per dar sfogo al mio istinto primordiale di approfondire gli argomenti, non potevo esimermi dall’informarti delle peculiarità igienico/religiose del bacio... Ma torniamo a noi, così distanti da quell’Eden della prima coppia umana. La pertinente raccomandazione di evitare di baciarsi, di non baciare nessuno in questo momento di grande diffusione del virus, ma soprattutto evitare di baciare chiunque non faccia parte della tua cerchia di contatti stretti, è (giustamente) riconducibile al problema del distanziamento fisico. Oggi sappiamo che, anche la distanza di sicurezza tra le persone fissata internazionalmente a un metro, potrebbe non essere più sufficiente. I CDC Centri statunitensi per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie, stanno rilevando che il Covid-19 può diffondersi attraverso piccole particelle nell’aria lungo una distanza più estesa e per ore. Già poco prima di abbandonarci al bacio vero e proprio, infatti, le nostre labbra stanno ad un’unità Ångström – che corrispondente a 0,1 nm o 1×10⁻¹⁰ m un diecimiliardesimo di metro – da quelle del partner, pertanto le distanze minime per evitare la trasmissione del virus vengono meno ancor prima del bacio vero e proprio. Il NYC Health nel report dal titolo: “sesso più sicuro e Covid-19”, ammette che dobbiamo ancora imparare molto su Covid-19 e sesso, e aggiunge “Il virus si diffonde tramite le particelle nella saliva, nel muco o nel respiro delle persone, non sappiamo se il COVID-19 si può diffondere tramite il sesso vaginale o anale. Questo significa che il sesso probabilmente non è un modo comune per la diffusione del COVID-19, se hai rapporti sessuali con altre persone al di fuori del nucleo familiare, cerca di avere il minor numero di partner possibile e scegli partner di cui ti fidi”. Ebbene sì, anche i nostri amici di New York City hanno un Comitato Scentifico. È evidente che il mondo tutto, ha messo in campo le sue menti migliori per sconfiggere questa terribile pandemia. Comunque, peccato per ’sta storia dei baci. Il bacio può essere pulito e sporco, volto al futuro come al passato, universale, particolare…, e da meno di un anno a questa parte il bacio può facilmente passare COVID-19. Comunque, non preoccuparti puoi sempre tenerti in allenamento e fare pratica di baci strapazzando il cuscino o un poster. Oppure, come suggerisce il dottor J Simons, noto luminare di medicina degli sport olimpici, puoi sempre fare pratica con un amato o un’amata di fantasia. Dopotutto non dimenticare che baciare, è una capacità motoria che prevede un’intensa pratica mentale.
PROVIAMO: Ok… Tieni stretto il tuo cuscino, avvinghiati ad esso se preferisci?! Chiudi gli occhi e rilassati. Pensa a tua moglie, a tuo marito, o a qualcuno che ti piacerebbe baciare. Fatto? Cerca di sentirlo, ora… Lo senti? Concentrati: il tuo esercizio sarà tanto migliore quanti più sensi riuscirai a coinvolgere... Il tuo subconscio non è in grado di distinguere tra realtà e fantasia, e se lo farai seriamente, ti sembrerà di baciare sul serio l’oggetto dei tuoi desideri. Attenzione!!! Senti di aver bisogno di feedback? I tuoi baci sono troppo irruenti, poca lingua, troppa lingua, troppa saliva? Secondo te sono meravigliosi, ma il tuo partner reale sarebbe d’accordo? Insidie come queste, che nascono da aspettative realistiche, sono molto comuni tra quelli che si dedicano alla pratica del “bacio immaginario”, ma tu: FREGATENE! È quando le aspettative sono ridotte a zero che si apprezza veramente ciò che si ha.
Sarebbe un peccato se fantasticare una vita da fiaba facesse diventare la realtà una delusione. Dunque goditi i tuoi baci immaginari e non innamorarti delle tue fantasie. E ricordati di asciugare il cuscino prima di metterti a dormire!
Fine giorno10
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Commento Matteo 11,25-30
In quel tempo Gesù disse: 25«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. 26Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. 27Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo.
28Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. 29Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. 30Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».
* I bambini spesso con i loro perché mettono in difficoltà i grandi. Un filosofo famoso (Heidegger) diceva ai suoi allievi: "se volete progredire, in filosofia come in religione, fatevi interrogare da un bambino... non vi sarà possibile dare sempre una risposta, ma vi farà avvicinare alla verità". Dio rivela la verità ai piccoli...
Le domande dei bambini sono allo stesso tempo semplici e profonde, in realtà sono le stesse domande che gli adulti hanno smesso di farsi, forse perché pensano sia inutile cercare una risposta, e così i grandi si distraggono con tante altre questioni che ritengono più serie...
Al bambino forse gli capita una volta di vedere un documentario in cui un leone sbrana un cerbiatto e se ne esce: "papà, perché si deve morire?" Il genitore dopo aver cercato di abbozzare una qualche risposta, torna con i suoi pensieri ai problemi che magari ha con il capufficio...
* Dai vangeli noi sappiamo che Gesù era un uomo di preghiera, che tante volte passava la notte in disparte a pregare, che ha insegnato ai suoi discepoli il Padre Nostro... però, ad eccezione del vangelo di Giovanni, gli altri tre vangeli (Mt, Mc, Lc) poco o nulla ci tramandano sul come Gesù pregava il Padre, e sul che cosa Gesù diceva nei momenti di preghiera. Una di queste rare volte è quella del Getsemani, in cui Gesù prega il Padre di allontanare il calice della sofferenza e della croce che gli sta davanti... L'unica altra volta è quella che abbiamo appena ascoltato dal vangelo di oggi: Ti lodo, ti benedico, ti ringrazio (tutti questi sensi ha la parola greca originale), o Padre, Signore del cielo e della terra, che hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate, le hai svelate ai piccoli, ai bambini, ai semplici, ai poveri.
* Queste poche ma essenziali parole che escono dalla bocca di Gesù rivelano qual era la sua spiritualità, soprattutto ci svelano il suo rapporto confidenziale, familiare, di figlio verso Dio Padre; la sua preghiera consiste in fondo nel "fare i complimenti a Dio", consiste nell'esprimere contentezza, lode, gioia: Gesù stesso si dimostra come un bambino che è pieno di sorpresa nello scoprire come Dio la pensa sugli uomini e sul mondo; inoltre ci fanno vedere come Gesù "fa teologia", cioè come egli pensa le cose di Dio e prega a partire dalla realtà che gli sta di fronte, a partire dall'esperienza che fa. Questa esperienza era quella di costatare come i piccoli, i bambini, i poveri e i peccatori accoglievano con gioia la buona notizia del regno di Dio, mentre i sapienti e i dotti del tempo, cioè gli scribi e i farisei, dall'alto del loro sapere e della loro ricchezza, si ostinavano a rifiutare il vangelo
* I sapienti e gli intelligenti, come i ricchi e i potenti di ogni tempo respingono la novità del regno perché presumono di sapere già chi è Dio, e il loro benessere sociale ed economico li fa illudere di bastare a se stessi, di non aver bisogno di cambiare vita, di non aver bisogno della grazia e del perdono...
Anche la preghiera di Maria, contenuta nel Magnificat è in perfetta sintonia con quella di Gesù: Il mio spirito esulta in Dio, perché ha guardato agli umili, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore, ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili, ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote...
* "Che cos'è l'umiltà?", potrebbe essere una di quelle domande difficili che solo i bambini sanno fare. La parola italiana viene dal latino "humus", cioè quel terreno ricco di sostanze vegetali in decomposizione che è particolarmente adatto ad accogliere e a far germogliare il seme... Essere umili, non significa disprezzarsi, annullarsi o scomparire... ma riconoscere come si è veramente: ricordarsi che si è humus, cioè che "si è polvere e polvere si ritornerà" - come dice la Bibbia (Gen 3,19) - e che però questo humus è il materiale ideale per ricevere l'alito di Dio, il suo Spirito che infonde la vita (cf. Adamo), è quel terreno adatto per ricevere e far fruttificare il seme della Parola di Dio. I nostri fallimenti, i nostri sbagli, perfino i nostri peccati - se riconosciuti: ecco l'umiltà - possono diventare quel terreno particolarmente fertile e accogliente per ricevere il dono di Dio, per fare l'incontro più decisivo di tutta la vita, quello cioè con la misericordia di Dio. Incontro con la sua "misericordia", cioè con il suo "cuore per i miseri", il suo amore preferenziale per i piccoli, i poveri, i peccatori...
* C'è un episodio nella vita di un santo austriaco dell''800, San Clemente, che rappresenta bene l'immagine viva di che cosa è umiltà: una volta andava a fare la questua per i suoi orfani e, passando a chiedere in una locanda, uno dei clienti gli sputò in faccia; "questo era per me ed era giusto" gli disse San Clemente, "ora però, ti prego, dammi qualcosa per i miei orfani..." I biografi raccontano che quest'uomo fu talmente colpito dall'umiltà del santo che cambiò vita e divenne un benefattore.
* L'umiltà è il fondamento di tutte le virtù cristiane, avendole tutte, senza l'umiltà non si è graditi a Dio, avendo invece l'umiltà, anche senza avere ancora tutte le altre virtù, si è a Lui graditi. È da Gesù che si impara l'umiltà, ci lo dice sempre il vangelo di oggi: imparate da me che sono mite e umile di cuore.
I piccoli, i poveri, come i bambini - e Gesù ne è il modello - sanno penetrare i misteri del Regno, la loro umiltà attira la misericordia e l'amore preferenziale di Dio. Impariamo da loro a lasciarci amare e condurre nella vita, e - come ci promette il vangelo di oggi - troveremo ristoro per le nostre anime.
Commento a cura di don Pino Pulcinelli
* Per commentare il vangelo di questa domenica vorrei raccontarvi qualcosa della mia esperienza. Da alcuni mesi mi trovo a vivere e lavorare pastoralmente in Mozambico (Africa australe), e mi sembra di aver già imparato alcune cose che mi aiutano a comprendere (e a vivere) di più il Vangelo. Ho fatto più volte l'esperienza di leggere il vangelo della domenica insieme a piccoli gruppi di persone, ricevendo più di quello che pensavo di dare. Come quella volta...
* In una costruzione (chiesetta) vecchia e un po' diroccata, che fino a pochi anni fa serviva come scuola nei giorni feriali e cappella alla domenica, mi ritrovo con un gruppo di circa venti persone. Da un lato le donne, sedute per terra su delle stuoie, molte di loro con un bambino in braccio; dall'altro lato gli uomini, seduti su sedie improvvisate (un pezzo di tronco, alcuni mattoni..). Si canta un inno di apertura (Ritu dra Xikuembu hi utomi: la Parola di Dio è vita), poi si legge il vangelo, nella lingua locale e poi nella lingua ufficiale del paese, il portoghese. Dopo alcuni istanti di silenzio spontaneamente le persone prendono la parola per ringraziare, lodare e commentare il testo che hanno ascoltato (io devo ancora chiedere l'aiuto di un interprete, perché capisco solo poche parole).
* Anch'io faccio il mio intervento, ma sento che la riflessione preparata in casa non va più bene, non posso fare a meno di esprimere cosa quella parola dice a me, al cuore più che alla testa. Loro mi ascoltano con attenzione, ma io mi sento un po' in difficoltà. Nelle loro parole risuona il ringraziamento, la fiducia nella protezione di Dio, la speranza per un raccolto generoso, per la guarigione dei loro malati... Io penso a me e alle mie "sicurezze" di vita; anch'io esprimo la mia fede nella Parola di Dio, ma mi sembra di essere molto al di qua della loro, perché al tempo stesso posso contare con molte altre sicurezze che loro non hanno (una casa stabile, un cibo sicuro e sostanzioso, medici e medicine in caso di malattia...).
Devo sforzarmi per frenare le lacrime, e sento spontaneamente nascere in me le parole di lode e ringraziamento che Gesù rivolge al Padre nel vangelo di oggi: "ti benedico, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascosto queste cose agli intelligenti e le hai rivelate ai semplici...". La maggioranza delle persone che mi sta di fronte non sa leggere e scrivere, qualcuno ha frequentato qualche anno di scuola, non contano nulla per i grandi della terra; eppure quando queste persone ascoltano e fanno risuonare il vangelo io mi sento pertanto più vicino alla Parola, che per loro è come spontaneamente vicina la loro vita; sento che le loro parole riflettono una spontanea sintonia con Gesù. In quel momento mi rendo conto che tutti gli anni spesi a studiare la filosofia, la teologia e la Bibbia dovevano portarmi qui, a stupirmi sempre di nuovo di fronte al vangelo accolto dai semplici.
* Non racconto questa esperienza come se fosse l'unica cosa che conta nell'evangelizzazione; anzi, l'esperienza insegna a riconoscere che anche per queste persone semplici è difficile mettere in pratica il Vangelo superando i propri egoismi e facendo di Gesù il vero maestro della propria vita. Tuttavia quanto avviene leggendo il vangelo con le persone semplici dei villaggi della nostra missione mi sembra il miglior commento al grido di giubilo di Gesù al Padre: ancora oggi Dio tiene nascosto il mistero del Figlio a chi si sente intelligente e lo fa conoscere a chi è umile e "ignorante", cioè non fa di ciò che sa e che ha la sua salvezza, ma si apre alla salvezza che viene da Dio attraverso Gesù.
Anche oggi Gesù, attraverso i suoi testimoni, incontra persone semplici che accolgono con fede la sua parola; anche oggi, attraverso i suoi testimoni, Gesù innalza a Dio il suo grido di lode: grazie, papà, perché mentre coloro che decidono le sorti del mondo si servono del tuo nome per affermare i loro interessi, le persone semplici che non contano nulla gioiscono nel sentire l'annuncio del vangelo. Ancora oggi Gesù rimprovera le città che non accolgono la sua parola, nonostante i segni in esse compiute, come ha fatto quel giorno con Betsaida, Corazim, Cafarnao.
* Possiamo ascoltare Gesù mentre parla con il Padre (non sono molte le occasioni in cui il vangelo ci trasmette la memoria di questi lunghi e frequenti dialoghi!). Poi Gesù, quasi continuando la lode iniziata, si rivolge a noi: il Padre mi ha concesso tutto, mi ha affidato il compito di far conoscere all'umanità tutto il suo cuore, tutta la sua volontà di alleanza, mi ha mandato come il cammino unico per arrivare a Lui.
Senza accorgerci, mentre ascoltiamo Gesù, entriamo anche noi a far parte della schiera dei semplici che possono entrare nel mistero di Dio. E per aiutarci a deciderci Gesù trasforma la sua lode in forte invito: venite a me! Chiama coloro che sono stanchi e oppressi: al tempo di Gesù l'oppressione poteva venire dal controllo politico dei romani, o, in campo religioso, dal peso dei molti precetti derivati dalla legge. Oggi, nonostante le molte libertà ottenute in svariati campi, abbiamo ancora bisogno di qualcuno che ci chiami a sé e ci dia sollievo.
* Gesù sa che la vita non è solo serenità ma anche fatica, è anche un "giogo", come quello che si applicava agli animali per lavorare ma anche agli uomini per trasportare pesi... La proposta di Gesù è di sostituire i nostri gioghi con il suo, che è leggero. Il "giogo" della croce che Gesù ha caricato sulle sue spalle non è stato piccolo, e tuttavia lui lo ha accettato come un giogo "leggero", e lo propone a noi come giogo dolce (domenica scorsa Gesù chiedeva di prendere la propria croce e seguirlo per poter essere degni di Lui!).
Come è riuscito Gesù ad accogliere il giogo più pesante (il sacrificio della vita) come "leggero"?
Perché si riconosce mite e umile di cuore. Il mite è la persona che è in pace con se stessa, che non ha bisogno di far guerra agli altri per affermare il suo valore nascondendo le sue debolezze. A questa persona nella Bibbia Dio promette l'eredità, la terra, la vita. L'umile di cuore è colui che riconosce il suo giusto posto in rapporto a Dio, colui che si accetta come creatura che non può sostituirsi al creatore. Sono queste alcune delle qualità che Gesù presenta per essere imitato: chi impara da lui troverà riposo per la sua vita. Mite e umile è anche il ritratto del re ideale che Zaccaria descrive nella prima lettura e che la tradizione riconosce come la promessa del Messia futuro.
* Il cristiano, il discepolo che decide di seguire il maestro, è già passato sacramentalmente attraverso il "giogo della croce" quando ha ricevuto il battesimo; vive già sotto il "giogo soave" della risurrezione. Ma ha il compito di realizzare, cioè di rendere vero e reale per sé, nella sua vita concreta, questo dono che Cristo ha guadagnato per tutti.
Le persone miti e umili che ho incontrato in quel villaggio sanno bene che la loro vita è un peso, ma sanno anche che è un peso dolce se portato in compagnia di Gesù, che pur essendo Dio si è fatto molto vicino a loro, li ha raggiunti nella loro estrema piccolezza e povertà. E io?
Commento a cura di padre Gianmarco Paris
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pangeanews · 5 years
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90 anni fa nasceva Paolo Poli. Florilegio di cattiverie di un grande uomo e di un artista immenso (Pasolini? “Mi riteneva uno str*nzo. Lui voleva i ninettidavoli, i brufoli, gli piaceva il sesso bestiale, non era bello ma lo faceva venir duro, specie alle donne”)
Se alla vita togli lo sfizio del peccato, muori di sbadigli, me l’ha insegnato Paolo Poli, un uomo grande, uno che dire artista è dire niente, uno che correvi a vederlo a teatro, e nel mio caso era già ultra 80enne e ammirarlo era un privilegio, ne uscivi leggera, e in debito di risate, di cultura che due ore prima neppure pensavi esistesse. E se Poli come uomo di teatro ci lascia tesori, è fuori dalle scene, come persona, che era impagabile: per la sua sottile, raffinata perfidia. Poli non sapeva resistere al piacere di dire la sua verità, sempre, senza filtri, su ogni argomento e persona. Per farlo ci vuole carattere, e un fuoco dentro indomabile, alimentato a rabbia, e a una certa dose di frivolezza. Per Poli nulla era più importante della sua individualità, e vivere per gustare ciò che più gli garbava. Poli era omosessuale e non l’ha mai nascosto, neppure negli anni ’50, quando dirsi tale non era uno scherzo, e non sopportava il concetto di famiglia, “mi dà noia il matrimonio tra etero, figuriamoci il resto”, e un marito non l’ha mai voluto, convinto che fosse meglio “affidarsi all’istinto, e alla perversione, come spiegano Balzac e Tolstoj. Chi ha cervello sta bene da solo. Madame Bovary comincia col matrimonio e finisce con l’arsenico: bellissimo, non come I Promessi Sposi, dove Lucia fa tante storie e non si fa copulare!”. Paolo Poli aveva qualcosa da ridire pure su quella Sacra, di famiglia (“la madre rimane incinta da vergine, il padre è putativo: esempio più disastrato non ce n’è!”), e io lo ammiro per aver coltivato un’aristocratica solitudine fino alla fine, senza chiedere né spartire nulla con nessuno se non sesso veloce, furtivo, all’occorrenza a pagamento, “che poi i gigolò son tanto carini. Extracomunitari? Meglio!”. Sicché niente doveri, se non di fronte a te stesso, e al tuo pubblico quando sei in scena.
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Paolo Poli era fiero cinismo, ha dedicato la vita “al teatro, con cui ho un rapporto di concubinaggio, di tipo sodomitico, ovvio!”, e ha avuto questa fortuna, quella di aver conosciuto i più grandi del ’900, attori, scrittori, letterati. E li faceva a pezzi ogni volta che gliene chiedevi lumi. Non salvava nessuno. Una strage di talenti, di divi parodiati, umanizzati. Qualche esempio? Marlon Brando: “Ti fissava languido, poi apriva bocca e parlava come Paperino!”. Laura Betti: “Nel ’54 eravamo tra le prime ossigenate, insieme a Corrado Pani. Sempre ubriache, ma brillanti. Laura ingrassando è diventata un bolide”. Milva: “Col mio preparato per la tintura esagerò. Uscì in scena a Bologna con la testa verde. Le dissi: ‘Oh, cretina, rimani così, non t’andar a ricuocere di rosso!’”. Paolo Poli è stato compagno di scuola di Vittorio Sermonti: “Ci siamo rivisti e ci siamo fatti entrambi due cogl*oni così. Però che cultura!”, e per un periodo amico di Sandro Penna: “Quando si toglieva le scarpe emanava puri raggi di luce. Un modo poetico per dire che gli puzzavano i piedi. Lo so perché eravamo intimi, ma l’amore non s’è mai fatto: a lui garbavano i fanciulli”. Niente nemmeno con Pasolini: “Non gli piacevo, mi riteneva uno str*nzo. Lui voleva i ninettidavoli, i brufoli e l’accento romanesco. A Pasolini piaceva il sesso bestiale, aveva un senso di colpa che io non ho mai conosciuto. Non era bello ma lo faceva venir duro, specie alle donne, che si innamoravano di lui col cervello, che dura di più”.
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Paolo Poli ha fatto pochissimo cinema, ma ha conosciuto Fellini (“una persona luminosa, una volta mi ha fatto la piadina. Si è messo il grembiule: son cose che non si dimenticano”), e Giulietta Masina: “Diceva che in famiglia erano tutti laureati, ostentava le sue medaglie: intorno aveva tr*ie dalle quali doveva difendersi”. E poi Roberto Benigni: “Era innamorato di mia sorella che non gliel’ha mai data. Ora è diventato correttino, una mestrina: colpa della moglie, i Braschi hanno un Papa in famiglia!”. Ce n’è per Alberto Sordi: “Persona odiosa e omofoba. Mi dava la mano molle e si girava dall’altra parte!”, peggio per Raimondo Vianello: “Un reazionario spaventoso”, e per Carmelo Bene: “All’ultimo non stava più ritto in scena per la malattia, ma pure perché prima di ogni spettacolo beveva una bottiglia intera di whisky!”.
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A Paolo Poli che vuoi che importasse dei social, sosteneva che il giudizio morale non esiste, che siamo tutti buoni e cattivi, casti e perversi, e ha fatto in tempo a demolire i selfie (“tutti oggi si fanno la fotografia, ma nel 1840 il flash fu uno shock!”). Da ateo e da anticlericale (“il mio rapporto con Dio? Buono, ho fatto tante comunioni e ho sempre digerito”), ha passato la vita in scena a prendere in giro i preti e a travestirsi da suora, ma dava un po’ di fiducia alla Madonna e a Maria Maddalena le quali, per motivi diversi, “erano due ragazze chiacchierate”, e poi le donne più interessanti “sono le suore e le put*ane: fanno un servizio pubblico!”. Poli aveva una cultura sconfinata, era laureato in letteratura francese (“lingua imparata leggendo Hugo e scop*ndo Pierre Cardin: è veneto, lo so, ma non importa”), e riconosceva in Franca Valeri, sua coetanea, “il mio unico maestro”. Poli si è spogliato per Playboy posando in braccio a sua madre, e lodava le ‘colleghe’ Moana Pozzi e Ilona Staller: “Cicciolina col serpente! Nei teatri di provincia si esibivano prima di me. Carine. Meglio loro di tanti spettacoli noiosissimi!”.
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Prima di lasciarci, Poli ha registrato audiolibri dell’Artusi e del Kamasutra, ed è tornato in tv: “Ho una pensione avarissima, e le marchette [la tv ndr] le facciamo tutti, bisogna sopravvivere. Ma la RAI è orrenda: un posto dove uno lavora e dieci scaldano le seggiole col c*lo. Se uno c’ha un figlio imbecille, lo sistema lì. Ho visto Albertazzi a Ballando con le stelle. M’ha fatto pena. Giorgio è bravo attore, ma non è mai stato un uomo troppo intelligente. La mente era Anna Proclemer, che è stata sposata con Brancati”.
Diceva Paolo Poli: “Senza i cattivi non succede nulla, lo sapeva anche il Padre Eterno: quando si accorse che Adamo si annoiava gli creò la moglie, una rompicogl*ona, che però ha fatto andare avanti la storia”. Gli ha chiesto una volta Pino Strabioli: “Paolo, sei felice?”, “Felice no. Io sono serenella!”.
Barbara Costa
L'articolo 90 anni fa nasceva Paolo Poli. Florilegio di cattiverie di un grande uomo e di un artista immenso (Pasolini? “Mi riteneva uno str*nzo. Lui voleva i ninettidavoli, i brufoli, gli piaceva il sesso bestiale, non era bello ma lo faceva venir duro, specie alle donne”) proviene da Pangea.
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