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#ma con i giovani è difficile succeda
omarfor-orchestra · 2 months
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Chissà se si è sentitə così chi ha visto Baby dopo BraccialettiRossi
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decadence-brain · 2 years
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Indubbiamente quando si entra nella così detta età matura (che sinceramente non riesco a quantificare, pensavo come oggi a 15 anni), in cui per fortuna o per sfortuna, si diventa più realisti, più intransigenti e anche meno propensi ad idealizzare le conoscenze e le storie, che siano d’amore o di amicizia. La personalità di un uomo o di una donna è definita e ben delineata: ognuno di noi è unico, ha una sua storia e si conosce così bene da essere in grado di ammettere i propri pregi e difetti.
Si comincia a fare i conti con il vissuto, con le delusioni, le evoluzioni e i cambiamenti che la vita ci ha presentato. Le sconfitte, le storie passate e le delusioni che ci portiamo dietro, consapevoli degli errori che non vogliamo più commettere.
Ci sono momenti nelle vita in cui ci si chiude all'amore ed è comprensibile che questo succeda. Quando si è innamorati si diventa più vulnerabili. Le delusioni di un amore che credevamo unico pesano nella memoria. Siamo innatamente programmati per ricordare in modo più vivido le esperienze negative, in modo da proteggerci dai pericoli e da delusioni future in questo caso. E ciò ci rende riluttanti ad innamorarci di nuovo.
Ma poi succede.... noi avevamo già “archiviato la pratica” dopo la fine dell'ultima storia... convinti che la cosa migliore fosse quella di vivere da soli il resto della nostra vita (trovandoci legittimamente dei lati positivi) e, invece, ci sorprendiamo innamorati come non mai,  ci si sorprende a desiderare di nuovo, anche se avevamo deciso di passare un po’ di tempo distanti da nuove relazioni. E non c'è età che tenga, molti pensano infatti che solo i giovani possano essere travolti dal sentimento e dalla passione e vivere storie d’amore in modo forte e spensierato. Ma l'amore non ha età, non ha tempo. Molte persone dopo una storia conclusa tendono a non considerare più la possibilità di amare ed essere amate, cadendo quindi nella disillusione totale, nello sconforto e rassegnazione, chiudendo così ogni possibilità alla vita e all’amore. Si comincia a pensare di non aver più nulla da dare nei diversi contesti e questo per molti ha effetti negativi sull’immagine di sé, sulla consapevolezza delle proprie abilità, possibilità e anche bisogni. Si arriva a pensare che il nostro cuore vada in ibernazione, in verità dopo le delusioni ci si può innamorare con la stessa naturalezza e normalità, ciò che cambia è il modo di approcciarsi all’altro e di guardare l’altro e la vita insieme. Cambia il modo in cui ci si accoglie reciprocamente e il modo in cui ognuno è ancora disposto a mettersi in gioco. Non si è mai troppo giovani o troppo vecchi per i sentimenti e per il desiderio di condividere il tempo con qualcuno, a maggior ragione se poi ci scappano coccole e abbracci. Con le esperienze negative si impara (o si dovrebbe imparare) a far trionfare l’amore per le piccole cose. Si impara ad avere maggiore volontà di venirsi incontro e i lati del carattere più spigolosi dovremo imparare a smussarli, rendendoci più predisposti all’ascolto e alla comprensione. Bisognerebbe imparare a strutturare la propria individualità cercando qualcun* con cui proseguire insieme, non di un partner che ci definisca. E per ottenere questo bisogna avere più chiaro chi si è, e cosa si cerca. Se si è single da un po', inoltre, la propria individualità rende più difficile condividere, per cui avremo bisogno di una persona che sia un valore aggiunto e non un compromesso a cui piegarsi.
Ovviamente ci sono anche tante persone afflitte dalla solitudine e dalla paura che farebbero di tutto pur di trovare un partner. Ma sono le stesse persone che non hanno imparato a capire chi sono e cosa meritano, e che continuano a non comprenderlo perché non affrontano il problema. In questi casi il passare del tempo non crea consapevolezza, ma aumenta il disagio. Portando a comportamenti ansiosi, in cui la ricerca del partner appare come l’unica via di scampo.
Non bisogna mai accontentarsi della propria vita e questo vale a 15 come a 80 anni! E vivere significa essere padrone della propria vita. Diventa fondamentale non solo alzare di livello le proprie aspirazioni e ambizioni, ma anche avere uno stile di vita che vada concretamente nella direzione di “puntare alto”, per tutto quel che riguarda la propria esistenza diventando più esigenti.
Non c’è nessuna regola che ti impedisca di prendere in mano il tuo destino e svoltare completamente, per realizzare un sogno nel cassetto o semplicemente per abbandonare sentieri che non ti rendono più felice e realizzat*.
Invece di focalizzarti sull’irreversibilità o all’impossibilità delle scelte che vorresti fare, pensa che è proprio questo il momento adatto per compierle, perché sono frutto delle tue esperienze e del percorso che hai fatto, senza il quale forse non saresti mai giunt* alla consapevolezza che hai ora.
La consapevolezza che è il momento di cambiare qualcosa di importante nella tua vita. E se in questo momento tu stai valutando di cambiare qualcosa di fondamentale nella tua vita, e per farlo hai bisogno di investire su te stess*, l’unica persona da ascoltare sei tu.
Probabilmente le persone che ami ti diranno che alcuni cambiamenti sono superflui, che non ti si addicono, che rovinerebbero la tua routine così comoda e tutto sommato felice… Sono spinti certamente dalle intenzioni migliori, ma non sono te.
Non provano l’insoddisfazione che tu stai vivendo e forse, per proteggerti, stanno proiettando le loro paure su di te. Sicuramente non sentono con il tuo cuore, non vedono con i tuoi occhi e non pensano con il tuo cervello. Per quanto bene ti conoscano, non possono sapere che cosa significhi davvero per te una determinata scelta.
La chiave per sapere in che direzione portare la tua vita quando vuoi svoltare a qualsiasi età, è ascoltarti con attenzione: dovrai rivalutare le scelte passate da un nuovo punto di vista, recuperare lucidità rispetto ai tuoi errori, definire la tua motivazione profonda nell’intraprendere una strada ed infine perseguire il tuo scopo fino in fondo. Partendo da queste possiamo fare la differenza e ripristinare l'equilibrio perduto: rivendicare il proprio valore di persona completa, amabile e degna di stima, ascoltare i propri bisogni e soprattutto, a farli rispettare.
Perché sì, si nasce due volte: la prima è lasciata al caso ed è quando vieni al mondo, la seconda si sceglie, ed è quando impari a volerti bene.
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tarditardi · 4 years
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L'unica cosa che questo governo (il peggiore che l'Italia abbia avuto dopo quelli guidati da Mussolini) è stato capace di fare nei lunghi mesi di pandemia è criminalizzare notte e giovani. 
Soldi a pioggia a caso e pochissimi (chi scrive, che lavora meglio lavorava nell’intrattenimento, ha ricevuto gli stessi ‘contributi’ dei notai), chiacchiere, emergenza, protagonismi che generano ansia che durerà per sempre nelle persone più fragili, che non sono poche (...)
Peggio del governo, forse, solo il duo lombardo Fontana & Gallera, che infatti tira fuori dal cilindro un inutile coprifuoco. Il primo è anche sotto inchiesta per ipotesi di reato che danno la dimensione morale, umana e culturale della persona.
Di notte vive e lavora una stragrande minoranza di persone, persone deboli, che i più, i buoni, i vecchi, gli adulti, quelli che non si divertono da decenni in fondo, diciamolo, spesso ODIA. Più spesso, non odia, ma NON capisce. Non si ricorda. Notte e giovani sono il nemico perfetto.
Questi maledetti giovani. Questi maledetti che si assembrano. Certo, solo loro. Questi maledetti che di notte hanno l'energia di incontrarsi, è sicuro, bevono troppo e si drogano e come si sa, droga ed eccessi sono vicini al Covid-19.
Quando non si sa che pesci pigliare, quando il politico italiota, notoriamente incapace, COLPISCE duro i deboli: giovani e notte.
Come è già successo il 16 agosto per le discoteche, TUTTE chiuse (quando era logico chiudere solo quelle, pochissime, che non rispettavano la legge); come aveva già fatto Conte chiudendo tutti i locali a mezzanotte, tutti e non chiudendo PER SEMPRE chi se lo merita.
Il coprifuoco è facile da mantenere e controllare. Il coprifuoco è proprio dell'incapacità e della dittatura.
A mio parere quello lombardo è figlio di due totali incapacità politiche (Conte, Fontana, Gallera), ma il risultato è lo stesso della dittatura.
Ognuno ragioni con la sua testa. Io lo sto facendo. Il mio non è un invito politico, è un invito a ragionare.
Se e quando sarà possibile votare (io per me e solo per me) escluderò per sempre chiunque faccia parte delle formazioni politiche di questi tre geni (Conte ovvero 5 Stelle e PD; Lega e tutta la destra per Fontana Gallera).
PER SEMPRE.
Ovviamente, visto che questo Covid-19 viene gestito in modo così efficiente, continuerà a fare altri danni, ma alla fine passerà, più che altro da solo, perché non è la peste. Le persone stanno facendo ciò che serve (distanza, mascherine, lavaggio mani), il settore sanitario e soprattutto medici e infermieri sono ormai MOLTO capaci nella gestione dei pochi positivi che si ammalano.
E quindi torneremo a far tardi con gli amici, prima o poi. Ma tra molto tempo.
E dobbiamo ricordare la rabbia di oggi.
La terrò per sempre con me, quando voterò e quando mi si chiede un giudizio sulla (vecchia, decrepita, colpevole) società italiana.
Quando tutto finirà, e speriamo succeda presto, non dobbiamo scordarci di chi ha ingigantito il problema. Non dobbiamo. Sarebbe folle farlo. La situazione è difficile ma è diventata TRAGICA grazie ai decisori politici. 
(photo di Nick Bondarev, Pexels)
Lorenzo Tiezzi x AllaDiscoteca
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entheosedizioni · 4 years
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Ma quanto ci piacciono gli aforismi!
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Quanti hanno una frase che li rappresenti? Una frase che parla di noi o che teniamo nel cuore perché è quella che ci dà coraggio. Quanto ci piacciono gli aforismi e le belle frasi? La risposta non serve darla. Frasi e aforismi vengono ricercati e condivisi sui Social. Frasi per incoraggiare qualcuno, frasi per augurare qualcosa, frasi d’amore, d’amicizia, frasi per San Valentino, per la Pasqua, per il Natale e chi più ne ha più ne metta! Perché abbiamo bisogno di aforismi e frasi belle? Abbiamo bisogno di leggere frasi belle scritte da autori classici, come Dostoevskij, come Tolstoj, Proust, Zola, Maupassant, e via discorrendo, perché abbiamo bisogno della saggezza del passato. Sapere che i nostri autori preferiti hanno scritto qualcosa che ci rispecchia dopo secoli, ci fa sentire una comunione di intenti. “Colui che mente a se stesso e dà ascolto alla propria menzogna arriva al punto di non saper distinguere la verità né dentro se stesso, né intorno a sé e, quindi, perde il rispetto per se stesso e per gli altri.”   Da I fratelli Karamazov di Fëdor Michajlovič Dostoevskij. Altri aforismi di questo scrittore immenso le trovate su questo sito. In passato, in era pre Internet, leggevamo frasi e aforismi dai libri che sottolineavamo e ricopiavamo su un taccuino. Non dico che tutti copiassero le frasi amate: personalmente facevo così. Ho ancora taccuini con aforismi tratti dai miei libri preferiti. In generale molti sottolineavano o ricopiavano frasi: oppure le imparavano a memoria e le ripetevano al momento opportuno. Io non ho quella dote, ma persone sagge riuscivano a tirare fuori perle dal cappello a cilindro con estrema naturalezza e al momento giusto. Ricordo ancora una volta in cui con alcuni giovani colleghi discutevamo animatamente senza riuscire ad arrivare alla soluzione di un problema. Una ragazza esordì con questo bellissimo aforisma che è ormai dentro me e che cito anch’io al momento del bisogno: “Parla solo quando le tue parole sono meglio del tuo silenzio” Questa è una riflessione buddhista che portò tutti noi a un silenzio immediato. Per quel giorno arrivammo alla soluzione senza più discutere. Certo non funziona sempre così: non sempre è facile smettere di discutere solo perché qualcuno espone una bellissima frase. Ma è vero che un aforisma ha il potere di scuoterci, darci coraggio, farci stare meglio. Aforismi formativi Una frase cambierà la nostra vita. No, questo è difficile che succeda: perché siamo esseri umani. Nemmeno le catastrofi riescono a cambiarci a lungo termine, figuriamoci una frase. Ma tenere a mente un aforisma che ci possa guidare e far star meglio può anche aiutare verso il cambiamento. Non per nulla moltissime persone che per lavoro fanno formazione usano frasi e aforismi esemplificativi per riassumere concetti difficili e importanti.
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Concludendo Gli aforismi ci piacciono: chi tra voi non ha aperto un Bacio Perugina con la grande curiosità di leggere la frase all’interno? Io amo farlo, confesso! A me le frasi e gli aforismi conquistano sempre. Mi danno linfa ed energia… Salvo poi dimenticare di seguirli! Nella pagina Facebook di Entheos ogni giorno potete trovare un nuovo aforisma pieno di saggezza e bellezza. Per finire, vi lascio con una famosa e spiritosa frase di Einstein: “Due cose sono infinite: l'universo e la stupidità umana, ma riguardo l'universo ho ancora dei dubbi.” Roberta Jannetti   Scopri sul blog i nostri Aforismi. Read the full article
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giancarlonicoli · 5 years
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13 gen 2019 18:28
VELASCO-PHILOSOPHY- “GIOCARE DI SQUADRA NON E’ UN IMPERATIVO ETICO, E’ UNA NECESSITA’: FA RENDERE DI PIU’. PLATINI SI TENEVA STRETTO BONINI CHE CORREVA PER LUI" – IL COACH DELL’ITALVOLLEY DEI FENOMENI PARLA DEL RITORNO A MODENA, DELLA SUA NAZIONALE MIX DI "TALENTO, AUTOSTIMA, UMILTA’", DELL'ARGENTINA DEI MILITARI, DEL FRATELLO TORTURATO E DEGLI AMICI UCCISI - "LA DEMOCRAZIA? STIAMO PERDENDO IL VALORE DEL CONVIVERE CON CHI LA PENSA DIVERSAMENTE"
Walter Veltroni per la Gazzetta dello Sport
Julio Velasco, cosa ha l' Italia che ti attira? Per te è un po' come il ritorno di Ulisse, ogni tanto torni nella tua seconda patria.
«Ho vissuto più in Italia che in Argentina. Un argentino qui si sente a casa. Non pensa mai di essere estraneo. A volte chi è nato nel primo mondo, l' Europa, non si rende conto di quale privilegio sia. Si può essere più o meno bravi, nella vita, ma la fortuna dipende anche da dove si nasce. La bellezza dell' Italia è la sua "integrale diversità" , tutto è nello stesso Paese. La montagna, il mare, i borghi . E' un Paese in cui la bellezza è sovrana, ovunque. E sono felice di essere tornato a Modena Volley. Quando mi chiamarono la prima volta pensavo scherzassero. Io non mi sarei chiamato. Ero giovane e non formato. Ma qui mi trovo bene.Per questo sono tornato».
La tua doppia identità, argentina e italiana, il tuo fascino per paesi e culture sconosciute come l' Iran dove hai allenato e vinto. E' possibile coniugare identità e apertura? Cioè essere insieme radici e mondo?
«Per me sì. Uso una metafora che riguarda il nostro ambiente. Noi abbiamo sempre bisogno di avere autostima forte. Se hai troppi dubbi, i giocatori se ne accorgono. Anche i grandi campioni devono avere autostima, devono sopportare le pressioni. Ma la differenza decisiva sta tra l' avere una grande autostima ed essere egocentrici. Uno può avere una grande autostima e capire però che ci sono anche altri bravi, forse più bravi di lui. Si deve essere consapevoli che nessuno, mai, è il centro del mondo.
Siamo solo uno dei tanti. Io credo che questo succeda anche con le culture e con i popoli. Si può avere una grande autostima, quindi una grande identità, senza pensare che tutto si concluda con noi. Ci sono anche gli altri. Trovo a volte un po' curioso dimenticare che molte delle cose del vivere quotidiano, che oggi consideriamo nostre, ieri non lo erano. Il caffè, per dirne uno. Cosa di più italiano? Ma in Italia non ci sono piante di caffè, è arrivato da terre lontane. Qualcuno lo ha fatto entrare e l' Italia lo ha fatto suo, lo ha integrato. E non parliamo della musica: dal tango alla salsa al jazz».
Ti pare che la globalizzazione abbia appiattito però le differenze, omologato tutto?
«Sì, e questo determina una reazione alla globalizzazione. Uno viaggia e trova gli aeroporti, centri commerciali, pubblicità uguali in tutto il mondo. Questo crea anche la reazione, il dire "no, questo è nostro, sono radici, non vogliamo che diventi tutto uguale". E così, purtroppo, quella che prima è nata come una legittima reazione culturale - il dire "Io voglio essere io nel mondo grande"- ora sta diventando anche ideologia, un pensiero politico e lì le cose si complicano. Io sono molto preoccupato, non per me, ma per i miei nipoti, per il loro futuro».
Ti sembra che questo sia un tempo che ha perduto le speranze? Che coltivi solo passioni tristi? Rabbia, rancore?
«No. Nella storia c' è sempre stata rabbia, c' è sempre stata ingiustizia. E sono stati grandi motori della storia e del progresso. Il problema è quando quella rabbia prende strade sbagliate, sbaglia nemico, sbaglia i linguaggi.Adesso non voglio troppo entrare in cose politiche. La sinistra sta lasciando la rabbia sociale alla destra. Come è già successo in Europa. E' come quando si dice dei giovani, "I giovani di adesso." Queste generalizzazioni non le condivido. Anche noi non eravamo tutti partecipi degli ideali, della rivoluzione, dei sogni. Eravamo una minoranza grande ,ma minoranza, negli Anni 60.
Anche adesso ci sono giovani che prendono, partono, vanno negli altri paesi, lavorano, studiano, rischiano, sognano. Altri no, altri si accomodano nel consumismo più assoluto. Io credo che oggi ci sia anche molta energia, nella società. Si dice che gli Anni 60 erano meravigliosi. Ma se gli Anni 60 erano meravigliosi come mai gli Anni 70 sono stati gli anni della ribellione, dei gruppi armati? Come mai se era tutto fantastico? Perché è nata la contestazione, il maggio francese, tutto quello che è venuto? Non è vero: è che noi eravamo giovani.
Questo era fantastico. La nostalgia non aiuta la storia».
Che ruolo hanno i social?
«Io non li ho, non li uso. Non li leggo nemmeno. Sono come tutti gli strumenti. Possono essere usati in tutti i modi. I mezzi di informazione in un regime totalitario possono essere strumento di libertà di opinione. I social network lo stesso.Ma con gli stessi mezzi un regime può controllare l' opinione pubblica. E' inevitabile che il progresso abbia due facce. Io non sono né favorevole né contrario. Non li uso perché faccio come il computer, che se ha troppe cose dentro poi diventa lento. Molte cose le elimino per essere più veloce per le cose che mi interessano.
Quello a cui non partecipo è il giudizio negativo dell' epoca in cui viviamo. Perché l' umanità ha fatto passi incredibili, e le opportunità che ne sono discese sono infinite ed eccezionali. Mi sembra che viviamo un momento di cambiamento epocale. Credo che tra cinquant' anni si scriverà di questo periodo come di una rivoluzione costante. Per noi è più difficile pensare che il mondo sia così perché ne abbiamo conosciuto un altro e forse siamo noi che facciamo fatica a capire. Così ci sembra negativo quello che non comprendiamo. Come in tutte le cose saranno gli uomini, saranno le persone a decidere. La storia deciderà».
Ti sembra che ci sia un po', non dico la morte, ma l' autunno delle competenze?
«Mi ricordo quando si diceva "Sono morte le ideologie". Invece sono più vive che mai. Solo che hanno preso altre forme.Ideologia oggi significa che se uno la pensa come me io sono in diritto di assegnargli un incarico o un ruolo, anche se non ha competenze. Perché la sola cosa che conta è che la pensi come me. Ma a livello del lavoro, delle aziende, dello sport, le competenze sono, al contrario, molto importanti. In Italia dopo la guerra, dopo il fascismo, c' è stato un momento storico assolutamente straordinario.
C' era da ricostruire un Paese dopo vent' anni di fascismo che, non bisogna mai dimenticarlo, aveva il consenso popolare. Oggi tutti dicono che i politici di quell' epoca erano più preparati. Ed è vero. Ma prenda gli imprenditori, i manager, i medici... Oggi c' è più competitività. Una volta bastava fare le cose bene, oggi bisogna farle meglio degli altri. Una caratteristica tipica dello sport, questa. Nel nostro mondo ad esempio, è impressionante il livello di specializzazione che si è raggiunto. Una volta il medico di una squadra di calcio era quello della famiglia del presidente».
Che cosa è il concetto di squadra in una società in cui l' io, rispetto al noi, è sovrastante?
«Prenda la cultura americana dello sport. Se c' è una cultura individualista è quella americana. Però loro lavorano molto in squadra, in tutti gli ambiti.Nello sport si mettono insieme allenatori di primo livello e lavorano insieme per un' Olimpiade. Io credo che il lavoro di squadra sia un metodo e non un imperativo etico. Non è che giochiamo di squadra perché siamo poco egoisti, perché siamo buoni, perché ci piace stare con gli altri. Giochiamo di squadra perché è più efficiente, perché si rende di più. Anche perché siamo meno soli nei momenti difficili. Però quella è una conseguenza, non voluta».
Fammi un esempio...
«Quando organizziamo una partita di calcio di bambini, mettiamo a tutti le maglie e i pantaloncini giusti. Ma non è una partita di calcio, perché ognuno prende il pallone e non lo molla finché non lo prende un altro che, a sua volta, non lo mollerà. Così i bimbi vanno avanti e si divertono da matti.
Ma non è una partita. Se è una partita bisogna insegnare a passare la palla, definire i ruoli: uno gioca davanti, uno dietro, non vanno tutti dietro la palla.
E lì comincia a essere una squadra. Una squadra lo sport lo fa in modo naturale. In altri ambiti è giusto parlare di valori. Nello sport è una scelta pragmatica. I ruoli si rispettano altrimenti la cosa non funziona. Nel mondo del lavoro delle volte non si rispettano i ruoli e si usa la famosa frase: "Ci perdo più tempo a spiegarlo che a farlo io". Nello sport questo non esiste. Il tempo giusto, mai sprecato, è quello della spiegazione.E' quello che definisce, che costituisce, una vera squadra».
Non facile in un tempo in cui i campioni sono star mediatiche...
«Quando mi chiedono del gioco di squadra dico: bisogna convincere gli egoisti a fare il gioco di squadra. Come? Dobbiamo dimostrargli che conviene. Sembra cinico, altrimenti non funziona. Non possiamo fare una squadra di bravi ragazzi. Noi cerchiamo i migliori giocatori e i migliori spesso sono egoisti, ma certo sono più individualisti, perché sanno di essere forti.
Dobbiamo convincere loro. E come li convinciamo? Ci sono molti esempi nel calcio: tutti i grandi giocatori, da Maradona a Platini, hanno sempre avuto almeno un compagno di squadra che faceva quello che non facevano loro. E se lo tenevano stretto...».
Il Bonini?
«Certo, Bonini correva e se uno menava Platini lui interveniva dicendo: "Attento o meno io te". Questa è l' essenza, la diversità propria del gioco di squadra, la complementarietà nei ruoli. E' un metodo, il gioco di squadra, e bisogna conoscere il suo funzionamento».
Come si gestisce una vittoria e come una sconfitta in un collettivo?
«Quando uno vince deve capire che ha vinto quella volta, con quell'avversario, quel giorno e che domani tutto può cambiare. Bisogna insegnare la precarietà della vittoria. E soprattutto guardare le cose che ancora dobbiamo migliorare. Quando si vince è un buon momento per farlo. A condizione che ci sia l' umiltà di non credere che, siccome abbiamo vinto, siamo imbattibili. Quando si perde invece è il momento di dare fiducia, di alimentare l' autostima, di dire "va bene sono stati più bravi loro, ma abbiamo avuto una brutta giornata, e passerà". Non abbiamo potuto, ancora. Non ci siamo riusciti, ancora. Se non c' è quell' ancora tutto diventa più difficile».
C' è un giorno della tua vita che non vorresti rivivere?
«Il periodo della giunta militare in Argentina. E quando è scomparso mio fratello. Quello è stato un giorno che sicuramente non avrei voluto vivere».
Ricordi quel momento?
«Era un periodo in cui ero andato via dalla mia città e campavo insegnando qualunque cosa.
Stavo spiegando a una ragazza ortografia in casa sua. Suona il campanello, ed è un mio amico de La Plata, un professore di filosofia. Lo vedo lì e mi dice: "Hanno preso tuo fratello". Io sono andato via da lì, siamo andati a prendere un caffè ed era surreale, perché sono quelle situazioni in cui ti senti sospeso in aria. Non potevamo fare niente. Mi piacerebbe essere scrittore per poter raccontare quel momento, perché è come se si perdesse contatto con la realtà. Non mi è successo di fronte alla morte, perché la morte era consumata.
Quando è morta mia mamma ero a un corso in Sud Corea. Mi hanno svegliato alle tre del mattino in albergo.Era definitivo: "E' morta tua mamma". Non mi sentivo fuori dalla realtà. Quando sparì mio fratello fu una cosa tremenda. Il vuoto, l'attesa, la ricerca. Il rammarico è di non essere stato di più con mia mamma, in quei giorni».
Tuo fratello quanto è stato nelle carceri?
«Quaranta giorni».
E' stato torturato?
«Sì».
Dove?
«Nel commissariato. A La Plata».
Quanti amici hai perduto in questa tragedia?
«Io ho perso il mio miglior amico delle superiori. Erano tre fratelli. Tutti e tre uccisi. Erano artisti. Ho perso anche il mio miglior amico dell' università. E poi due compagni di pallavolo, della mia squadra».
L' indifferenza è l' anticamera della violenza?
«L' essere umano può essere meraviglioso, ma può essere terribile. E' la storia di Caino e Abele. Lo dobbiamo tenere presente, perché in un attimo diventiamo feroci. Non si può linciare una persona perché ruba un cellulare. Siamo fatti così, si vede anche nello sport: genitori che finiscono con il menarsi per discussioni nelle partitelle dei figli. È parte dell' essere umano, non siamo naturalmente buoni. Bisogna lavorarci. Dobbiamo vivere insieme, c' è poco da fare. Quello che mi mette molta paura è che si sta perdendo uno dei principi fondamentali della democrazia: devo convivere con quelli che la pensano diversamente da me. Non è vero che se io sono maggioranza posso fare quello che mi pare. No, devo convivere, devo cercare l' accordo su un sacco di cose.
Posso pensare di aver ragione, ma mi devo mettere d' accordo con un altro che secondo me non ha ragione».
C' è il rischio che la democrazia appaia all' opinione pubblica, abituata alla velocità, un ferro vecchio?
«Sì, purtroppo questo rischio c' è. Molta gente vuole la soluzione subito e non importa il prezzo che deve pagare, compresa la libertà degli altri, compresi i diritti degli altri. Sempre di più si sta diffondendo questa idea. Idea che c' è stata già in Europa, nel mondo. E questo è un rischio enorme, anche per oggi. La democrazia, intesa come un sistema di governo politico, ma anche la democrazia in ambiti più piccoli, come può essere una squadra o una società sportiva, deve essere efficiente, non deve insistere solo sui valori. Se la democrazia è efficiente deve dare risposte concrete alla gente.
Altrimenti viene qualcuno che risponde a questo bisogno...».
La differenza tra leader e capo?
«Il capo comanda. Il leader guida, indica la strada. Un grande leader indica la strada e fa crescere quelli che la devono percorrere perché poi la sappiano fare da soli. Poi c' è bisogno di capi. A livello militare per esempio, sono più capi che leader perché, questo me lo spiegava un professore alla scuola militare in Argentina, in guerra bisogna insegnare a non ragionare. Se ti dicono andiamo a prendere quella collina, non bisogna rispondere "no, non abbiamo la mitragliatrice". Andiamo a prendere la collina, punto. Ti dicono di tagliare la gola a un uomo?
Se ragioni non lo fai. Proprio per questo i militari non possono guidare un Paese, perché sono educati alla guerra, che ha le sue caratteristiche.
Quando mi chiedono cosa caratterizza un leader io rispondo che prima di tutto deve sapere dove andare. Lo deve sapere. E saper spiegare».
Tu hai allenato la Nazionale italiana che è stata la squadra di pallavolo più forte del secolo. Ed è stata più forte anche perché l'hai allenata tu. Come definire quel miracolo?
«Si sono combinate diverse cose che non sempre si presentano contemporaneamente. Il talento, la grande disponibilità al lavoro, l' umiltà, ma con grande personalità e autostima. E condizioni di lavoro buone, non ci mancava niente. Il tutto ha prodotto quel fenomeno. A volte c'è il talento, ma la disponibilità è limitata, soprattutto dopo che si vince cala e invece in quella squadra non è mai calata. Talvolta c'è l' autostima però manca l'umiltà. Invece in quella nazionale c' era tutto. La squadra si rinnovava, entravano nuovi giocatori e con i nuovi io praticamente non ho dovuto fare niente, perché entravano in un meccanismo che gli altri già seguivano.
Guardavano gli altri e andavano avanti quasi da soli. E' stato un gruppo eccezionale, un momento eccezionale».
Nella poesia "I giusti" Borges dice che i giusti sono il tipografo che compone i caratteri con i quali la poesia è scritta, chi gioca a scacchi, chi accarezza un cane. Il giusto non è il capo, ma il comportamento di ciascuno, corrispondere al proprio dovere. Chi sono per te i "giusti"?
«Mi viene da dire che sono d'accordo con Borges. Mi viene da pensare che un giusto è uno che cerca di non essere ingiusto... Si può essere duri, qualche volta anche odiati, perché per portare al massimo un gruppo a volte uno non fa sempre delle cose carine. Però non ci si può permettere di essere ingiusti. Faccio l' esempio del professore. C'era l' insegnante che ti riempiva di compiti, ti interrogava duramente.
Non parlavi bene di lui. Ma non lo facevi con livore o con odio, dicevi solo: "Questo è un rompicoglioni". Del professore ingiusto parlavi invece con disprezzo. Quello che, ai leccaculo, metteva un buon voto. E allora penso che nella vita bisogna cercare di non essere ingiusti. E non bisogna nemmeno sembrarlo. Devi pensare come ti vede l'altro, quando prendi le tue decisioni. Che possono essere dure, ma mai ingiuste».
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den-thoughts · 7 years
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Barcellona 2016 “piccole dosi”
Ore 10:23
Mercoledì 28 Dicembre
Flixbus NiceToBarcellona
Prima di cominciare a scrivere qualsiasi cosa voglio spiegare per quale motivo io sia a Nizza con mio padre. A farla molto breve a Settembre Mimmo mi aveva proposto il capodanno a Barcellona ma avevo clamorosamente rifiutato solo perchè nel gruppo c'erano Pesque, Chatter, Kobe e Mattia Guerrina. Non che io avessi qualcosa contro di loro ma non fanno parte del gruppo e mischiare gente a caso mi sembrava una stronzata. Così dissi di no. Ovviamente ad una settimana dal capodanno ero incazzato nero per non aver ancora programmato nulla. Al che decisi di informarmi sulla vacanza di Mimmo e con grande felicità scoprii che il gruppo si era ridotto a Memme,Fero,Kobe e Marco Sabiu. Decisi di cogliere la palla al balzo e cercai in qualche modo di infilarmi nella loro vacanza. A farla breve l'unico modo per passare il capodanno con i miei amici sarebbe stato quello di andare abusivo in stanza con loro perchè non c'erano più posti (una stanza da 4) e prenotare in concomitanza un ostello solo per me con l'idea di tenerlo come stanza di sicurezza in caso in albergo mi avessero beccato. A questo si aggiunge il fatto che sul pullman in partenza da Genova, pullman che hanno poi preso loro, non c'erano più posti disponibili, così insieme all'ostello avrei dovuto prenotato un pullman da Nizza sul quale sarei dovuto stare da solo per 13 ore. Chiusa la parentesi posso iniziare. Ovviamente ho prenotato sia ostello che pullman.
Per la prima volta forse in tutta la mia vita ho avuto una dimostrazione d'affetto da mio padre. Lui è il padre migliore del mondo mi ha sempre dato tutto, insegnato e trasmesso tutto ciò che lo riguarda e soprattutto non si è mai arreso e mi ha sempre guidato in qualsiasi ambito. Abbiamo anche fatto tantissime cose insieme nel corso della vita, ma non mi aveva mai guardato come sta mattina. Mi ha guardato dritto negli occhi e mi ha abbracciato dandomi un bacio sulla guancia. È stato strano, lui è un tipo molto riservato e non è solito a queste cose. La mamma invece mi avrà baciato una cosa come 100 volte prima della mia partenza. Sono proprio opposti questi due. Ma gesti d'affetto o meno so quanto entrambi mi amino, ogni giorno me lo dimostrano in ogni modo e io spero solo di fare tanti soldi per poterli ripagare durante la loro vecchiaia con qualsiasi cosa. Sarò sempre presente, questa è una promessa che faccio a me stesso. Qualsiasi cosa succeda se mio padre o mia madre dovessero aver bisogno di me io correrei all'istante, proprio come fanno loro ogni giorno. Sono fortunato ad avere un rapporto simile con loro. Ormai mio padre è più un amico che un genitore. Salgo sul pullman dopo quest'anticipazione.
Sorry seems to be the hardest world – Blue
Mi sono seduto su questo scomodo sedile circa due ore fa e non ho fatto altro che guardare un inutile film intitolato “Sausage Party – La vita segreta di una salsiccia” che si è rivelato veramente commovente. Sono seduto nel posto con il tavolino, a parer mio il migliore. È situato in prossimità dell'uscita e del bagno quindi sono anche abbastanza comodo. Non pensavo che mi sarei ritrovato davanti una situazione di questo tipo: pochissimi giovani su questo pullman, parliamo giusto di un paio di ragazze della mia età; è presente una varietà di sfumature pazzesche, si va dal rosa pallido che colora il mio viso, al più scuro dei neri che colora i vari africani seduti dietro di me. Ho appena finito di scattare il caratteristico selfie con tizio che dorme. In questo preciso istante sto pensando a Memme, Fero, Kobe e Marco che si staranno sdraiando dalle risate sul loro flixbus. Cazzi miei dovevo prenotare prima.
Non ho interrogativi riguardo ai pullman, so tutto quello che devo sapere. Stiamo viaggiando a 96km/h e il panorama scorre lento fuori dal finestrino. Provo una sensazione piuttosto strana ma di sicuro non sono felice in questo momento. Preferirei avere Mimmo o Fero al mio fianco a dire stronzate. La ragazza alla mia sinistra è difficile da interpretare. Indossa un paio di superstar accompagnate da un paio di pantaloni neri e una semplicissima felpa antracite. Porta gli occhiali. Non è bella, ne tanto meno formosa. Sembra anche un po' untacchiosa. Non so cosa, non so perchè ma qualcosa di lei mi intriga. Penso sia su questo pullman diretto a Barcellona per motivi didattici. Si è portata dietro un sacco di quaderni e fogli che sfoglia da quando siamo partiti. Non ho molto da dire sul resto dei passeggeri se non che mi ricordano vagamente il mio ex compagno di scuola Geneesh Puthussery (indiani di merda). Non ho un termometro e non posso quindi verificare l'effettiva temperatura interna del pullman ma non fa per niente caldo. Ho i piedi gelati.
Mi sta piacendo questo viaggio, amo guardare fuori dal finestrino con le beats che suonano. Ma come cavolo ha fatto la Rowling ad inventarsi tutta quella storia fantastica solo guardando fuori dal finestrino del treno? Che donna. Mi è appena caduto l'occhio sul martelletto che serve per frangere il vetro in caso di emergenza e mi sono immediatamente ricordato Siciliano che lo sbatte sul banco come se non ci fosse un domani solo per risultare il più rumoroso in classe. Pochi istanti fa dopo aver atteso che il conducente pagasse il pedaggio ho intravisto un cartello con su scritto “Barcellona”. Fortunatamente non ho letto a quanto dista. Preferisco rimanere ignorante a questo proposito.
Questo gigante dell'asfalto prosegue la sua corsa a fianco a quella che penso sia una centrale nucleare per la produzione di energia elettrica. Ho dato una veloce rispolverata a quelle che sono le mie conoscenze in materia. Chissà se era una centrale a fusione o a fissione. La tipa di prima si è appena girata una sigaretta. Forse pensa di scendere. Povera illusa. Se penso che devo stare qui seduto ancora 7 ore provo una forte tentazione di bestemmiare ma mi trattengo. Ma la cosa che più mi affligge è la fame. In questo momento vorrei qui davanti a me una bella tazza di latte caldo con circa 2 o 3kg di nesquik e un pacco di galletti. Che stupido sono stato, non mi sono portato del cibo. Giulia Boero, amica di schifezze, fai apparire qualcosa nel mio zaino ti prego.
È veramente il massimo viaggiare con il Mac. Raging di Kygo rende il viaggio talmente piacevole che sto quasi sorridendo. Un tizio insulso ha appena scattato una foto al panorama con un'ignoranza tale da renderla indescrivibile. Come cazzo pensi di prendere una compatta in modalità automatica, tenerla tutta storta e pretendere una foto decente? È incredibile quanto le persone siano superficiali nei confronti di quella che è la vita di tutti i giorni. Come cazzo fate a collegarvi ad una rete wifi senza chiedervi il funzionamento, come fate a scattare 150 selfie al giorno senza sapere che cosa sia una fotografia digitale, come fate ad accendere la macchina senza sapere per qual motivo essa parta.. ma come fate?? Sarò strano io a questo punto.....
Siamo a Marsiglia..minchia che città di merda. Sto pensando a Noemi. Questa volta però è diverso, so di amarla, la vedo in mille cose ogni giorno ma non la vorrei qui. Dopo di me è andata dal primo che è capitato, e non sono depresso per questo. Sono solo deluso insomma non credevo che fosse così vuota e incapace. Sono contento invece che entrambi non abbiate coraggio di affrontarmi. Da una parte un falso che prima che ci lasciassimo mi veniva ad abbracciare manco fossi suo fratello e che ora dopo essersi preso la mia baby quando mi vede cambia strada e dall'altra parte una ragazzina che non sa cosa vuole dalla vita e non ha voluto farsi insegnare cosa voglia dire amare una persona. Come se chi ha ricevuto un regalo si accontentasse del pacchetto per paura di rimanere deluso. Svegliatevi la vita è una bisogna prendere delle facciate, fare esperienze e godersela non nascondersi dietro a noi stessi solo per paura di rimanerci male. Se penso a Lallo penso da una parte ad un vincitore perchè alla fine mi ha fottuto la donna, ma dall'altra parte vedo il capo dei falliti, un vigliacco, un perdente, un inetto e un'incapace. Vederlo cambiare strada dinanzi alla mia presenza mi riempie di gioia. Io so che c'è di più e non mi accontento.
Questo pullman è fermo. La tipa si è fumata la sigaretta precedentemente girata e quindi niente aveva ragione lei. Sono scesi tutti. Io rimango qua col cazzo che scendo. Se poi rimango a Marsiglia è un bel casino. Pensavo fosse diretto invece a quanto pare fa delle fermate. Un ispanico/rumeno è appena uscito dalla porta dal wc che ho di fronte e comincio a pensare ai miei bisogni impellenti. Nel frattempo entra Motumbo il negher della selva oscura. Attendo il mio turno come un bravo ragazzo. Vado in bagno circa 17 volte ma sono impossibilitato nel fare i miei bisogni quindi lascio perdere e mi siedo con le gambe incrociate. Nel frattempo guardo un paio di film per nulla piacevoli.
Ci siamo fermati. La gioia che provo in questo momento è immensa. Scappo dal pullman e corro in una pizzeria d'asporto che mi concede il privilegio di urinare all'interno dei loro locali. In questo istante sono felicissimo e decido di tornare sul pullman di corsa per evitare di rimanere chissà dove in Francia. In realtà so dove siamo, siamo a Montpellier ma se dovessi rimanere qua da solo senza pullman sarebbe un problema. Finalmente tranquillo riprendo il mio infinito viaggio ma questa volta sono sereno e me lo godo appieno con tanto di musica, film e panorami. Ovviamente scendendo ho perso il mio posto d'onore con tavolino e sono costretto a mettermi ad effetto ringo in mezzo a 2 ragazze asiatiche piuttosto mal messe e a 2 africani.
Ore 17:04
See you again – Wiz Khalifa
Il tramonto rende magico questo momento. Ho appena finito di guardare Iron man, uno dei miei film preferiti, e mi sto informando tramite il wifi del bus sul come comportarmi una volta sceso. L'idea è quella di recarmi subitissimo al mio ostello. Ma prima necessito di una cena che copra spuntino/pranzo/merenda che ho saltato. Chissà cosa fanno gli altri, non li ho praticamente sentiti. Quando sono in queste situazioni amo la solitudine. Dunque dicevamo, una volta raggiunto l'ostello mi sistemo... magari mi faccio una bella doccia...sempre che il mio ostello ne sia provvisto..... Sorvoliamo. È importantissimo l'affitto di un mezzo di trasporto perchè voglio cominciare a girare per barcellona per cercare l'albergo degli altri e qualche social. Che bellezza, la batteria del mac è bella carica come quella del P9 Lite. Certo che questo pullman è davvero formidabile, l'idea di dotarlo di un inverter per distribuire i 220V ai passeggeri è geniale. Beh su viaggi così lunghi sarebbe un affronto non metterlo effettivamente. Sta di fatto che sul pullman per la Croazia non mi ricordo di aver visto prese di corrente. Ci siamo appena fermati in un'area di servizio ma mi accorgo subito che non è una sosta di piacere. Scorgo fuori dal finestrino un cartello il quale mi fa pensare ad una sosta utile allo svuotamento del serbatoio del WC. Infatti il pullman rimane acceso. Scaricato il cesso avverto la misera accelerazione di questo bestione e do un'occhiata alla plancia dei comandi. Rimango un po' di stucco quando vedo che come navigatore usano un Samsung Galaxy S4, insomma di solito mezzi del genere montano dei navigatori con i controcazzi. Mi guardo intorno per dare un'occhiata ai viaggiatori come me: alla mia sinistra una coppia ben bilanciata direi entrambi sui 27 anni; dietro di loro vi è l'unica bella ragazza del pullman. Nulla di eccezionale ma fa piacere e per di più ha una chiappa niente male. Ci siamo appena scambiati un'occhiata ma sembra incazzata poverina. Finalmente sento un profumo da donna e anche se non riesco a capire da dove arrivi questa fragranza do una bella sniffata. Le donne con gli occhiali, un buon profumo e dei bei capelli lunghi sono già al 50% del lavoro. Questo viaggio è piuttosto interminabile.
Sono le 19. Sono appena sceso dal Flixbus e le mie ginocchia sono rigide come due tavole di legno. Compro subito una brioche al terminal dei bus e poi imposto su HERE la via dell'ostello e rimango sorpreso dalla vicinanza di esso da dove mi trovo. Dice che ci vorranno circa 10 minuti ma io mi avvio un po' incerto. Arrivo nella piazza dell'arco di Trionfo e rimango un po' deluso, lo immaginavo più imponente. La mia mente l'ha involontariamente associato al suo cugino parigino ma non ha proprio nulla a che vedere. Noto però la differenza costruttiva. Purtroppo le mie conoscenze in fatto di storia dell'arte sono inesistenti e non so descrivere lo stile con il quale è stato costruito. Barcellona da questi 30 metri che ho percorso non mi piace. Vedo un mini market indiano ma non mi fermo ancora nonostante la fame e corro alla ricerca del 360 Hostel Barcelona.
Sembra uno scherzo. È a fianco dell'nh hotel, un albergo piùttosto lussuoso. Giungo sulla soglia dell'ingresso dell'ostello e fino qua tutto bene. L'insegna non cade a pezzi e la struttura sembra modesta. La porta è chiusa e come un mongoloide cerco di capire come fare quando alla mia destra c'è un bellissimo citofono che si prende gioco di me. Suono e la porta si apre automaticamente. L'atmosfera è strana, le poche persone che vedo sembrano a casa, in tuta e pantofole che girano per la sala comune. Mi siedo alla scrivania della hole e mi accoglie una ragazza sui 23 anni un po' bruttina. Balbetto qualcosa in inglese e sul suo viso si mostra un'espressione interrogativa. Sono un po' a disagio e allora tiro fuori dei fogli a caso. Poi all'improvviso una manna dal cielo. “Sei Italiano?” ed io subito rispondo SI sperando che parli la mia lingua. Aspettative rispettate, parla correttamente Italiano. Cominciamo la procedura per il check in e mi chiede 5€ per la cauzione della chiave che le do subito. Mi viene assegnata la stanza 6/letto 1. Mi chiede come desidero pagare ma la informo che in realtà ho già pagato. In questo preciso istante mi rendo conto della scarsa organizzazione. Con riluttanza mi faccio accompagnare alla stanza. Per raggiungerla saliamo una rampa di scale che ci porta al secondo piano composto da quasi tutte le camere e una zona PC. Leggo stanza 6 e comincio a preoccuparmi. Varcata la soglia va tutto bene. I letti sembrano quelli dell'ospedale, il pavimento ha l'aria di essere congelato ma a me non frega nulla insomma sono di Mioglia, i miei antenati dormivano nelle stalle. In stanza non sono solo a quanto pare. Ci sono 3 letti a castello che formano ovviamente un totale di 6 posti letto. Io sono sul letto di sopra e sotto di me c'è una ragazza che legge un libro con il titolo in Inglese. Niente male, insomma è carina... ci presentiamo e mi metto sul mio letto a controllare le notifiche. Purtroppo non ho capito il nome della ragazza quindi le assegnerò automaticamente il nome Catia. Catia indossa una maglietta bianca da stare in casa e dei pantaloncini blu. All'improvviso entra un tizio sui 30 anni, scheletrico e un po' storto che accenna un saluto in Inglese. Sono molto spiazzato, non so cosa fare è una situazione veramente losca. L'illuminazione della stanza è pari a zero quindi decido di scendere dal letto e di sedermi sull'unico mobile basso che c'è in camera. Mi siedo e controllo ancora il telefono per qualche minuto sperando di programmare qualcosa per le prossime 4 ore in solitaria. Metto lo zaino con il Mac e tutti gli oggetti di valore nell'armadietto con la chiave, lascio la valigia in mezzo alle palle ed esco. Avvio il navigatore e comincio a girarmi per bene la city. La mia meta per il momento è la Rambla. Per raggiungere la Rambla da dove sono io ci vuole un po' a piedi quindi malgrado la stanchezza mi armo di pazienza e comincio a camminare. È totalmente diversa da Parigi e per adesso non mi piace per niente. È tutto scuro, le luci soffuse danno alla notte un aspetto del tutto ghetto yo yo madafaka. Dopo 15-20 minuti arrivo sulla Rambla da una piccola traversa e non rimango per niente colpito. Il ricordo degli Champs-Elysees è troppo fresco. La percorro tutta fino ad arrivare in fondo direzione sud per poi ripercorrerla tutta in direzione nord. Rimango del mio parere e la città proprio non mi piace anche se ho visto ben poco. Ricorda Genova a tratti, molto incasinata, piena di visi bislacchi e situazioni da periferia pur essendo in centro. Cammino ancora e percorro alcune delle piazze principali e vie parallele alla Rambla. Deluso compro un pacchetto di Pringles e corro in Hostel.
Sono molto deluso dalla città, sono molto deluso dalla situazione e vorrei tornare a casa perchè mi sono reso conto di quanto sia distante questo ostello dall'albergo degli altri e in caso dovessero beccarmi a fare il rom in camera con loro vederci, far combaciare gli orari e tutto quanto diventerebbe un vero problema. Mi sono portato il libro di Alessandro D'Avenia ma non penso che avrò tempo per leggerlo. Afflitto dalla mia situazione deprimente, chiuso in questa camera angusta con questa gente sconosciuta decido di affogare i miei dispiaceri nella doccia. Mi preparo e vado nella stanza dei bagni/docce ovviamente condivisi. Le docce si presentano malissimo: ogni doccia è come se fosse un bagno pubblico quindi c'è una porta con la serratura e davanti la doccia vera e propria; è minuscola, con le porte rotte, con le giunzioni di silicone tutte marce e dalla doccetta è andata via tutta la cromatura. Anche il pavimento è logoro.
L'acqua con sorpresa è calda e risulta comunque una doccia piacevole. Uscito dalla doccia indosso l'accappatoio e prendo in mano il telefono. Mando qualche foto a Chiara,Bino e Lisa su un vecchio gruppo che Bino aveva rispolverato pochi minuti prima della doccia. Tutti quanti mi danno del pazzo per aver fatto una cosa simile, a quanto pare nessuno di loro sarebbe mai partito da solo. Io l'ho fatto un po' perchè lo sentivo e un po' perchè sentendo i racconti di mio padre loro erano molto più alla brutto dio di noi e quindi io volevo provare quest'ebrezza. Mi asciugo un po' “come viene” e in mancanza del phone strofino quei pochi capelli che ho in testa nell'accappatoio e mi asciugo abbastanza velocemente.
Ore 23:45
Mi appropinquo ad uscire. Finalmente sono arrivati anche gli altri con il loro pullman e non vedo l'ora di vederli dopo tutta questa solitudine spagnola. Mi reco di corsa alla stazione dei bus e attendo pochi minuti prima del loro arrivo. Ho appena preso una bibita alla frutta da una macchinetta automatica ed è veramente buona, molto meglio dei nostri succhetti. Sono stati quasi gli ultimi ad uscire dal pullman e come mi hanno visto mi hanno abbracciato tutti e finalmente mi sento felice. L'amicizia alla fine è meglio di qualsiasi altro rapporto. Con Memme e Fero ho stretto un legame della madonna ultimamente. Mi trovo benissimo con loro due. Dopo pochi istanti mi sono reso conto che il loro unico desiderio è quello di andare nel coffee all'istante e niente è anche il mio. Quindi loro con ancora tutti i bagagli decidono di correre all'Arabica, un social club che avevano già visitato qualche anno prima in gita scolastica. Arriviamo all'arabica dopo poco e facciamo subito la registrazione dal costo di 20€. Finita la registrazione spalanco la porta ed entro. Non so spiegare che tipo di emozione io stia provando ma è incredibile. Sono felicissimo. Rimango a bocca aperta dalla situazione che c'è in questo posto. La cappa è devastante, solo stando qua dentro si può capire. Saliamo al piano superiore a prendere la prima erba naturale spagnola. Scegliamo dal menù e prendiamo la Lemon haze e altri 4 tipi di erba. È incredibile la quantità di erba che possiedono qua dentro. Alla ragazza del bar sono caduti alcuni cimotti per terra e dopo averla avvisata mi sono sentito dire “non ti preoccupare tanto non manca”. Dopo questa affermazione mi ha proprio fatto capire di essere estraneo a questo mondo verde. Fantastico.
Faccio il primo tiro di Lemon e rimango a bocca aperta. Non ho mai provato niente di simile, si sente che è solo erba, senza sostanze strane. Ovviamente non aggiungiamo nemmeno un po' di tabacco, vogliamo sentire solamente il gusto naturale. Ne facciamo una dopo l'altra fino a non capire più nulla. Ci voleva, adesso mi sento finalmente bene, in compagnia al caldo e con i bubbi. Fero si sta rivelando sempre più personaggio. Facciamo l'ultimo bubbo prima della chiusura del coffee che è prevista all'una circa e poi usciamo. Abbiamo ancora circa 3 grammi per passare la notte. Qua è incredibilmente diverso, fumare prende tutto un altro senso.
Martedi 10 Gennaio 2017 ore 10:30
Aula 318
Purtroppo è stato per me impossibile scrivere durante la vacanza, non abbiamo praticamente avuto attimi di riposo e poi me la sono voluta godere al 100%. Indi per cui oggi, una terribile giornata in cui Noemi occupa gran parte dei miei pensieri come tutti i giorni da 5 mesi a questa parte, proverò a distrarmi scrivendo quello che mi ricordo della splendida vacanza di cui stavamo parlando prima. Flashback non in ordine cronologico.
Biciclette a Parc Guel
Mimmo si è alzato. Cristo io non ce la faccio. Ho ancora gli occhi annebbiati quando decido di alzare la testa dalla giacca. In 2 minuti quel finocchio è pronto e quindi mi tocca darmi una mossa. Mi vesto mettendomi gli abiti della sera prima tanto per andare in bici non devo essere chissà quanto elegante. Con nostra sorpresa anche Marco si alza e si veste. Siamo quindi in tre pronti ad uscire mentre Fero e Kobe sono rimasti a letto. Immediatamente mi ricordo che non abbiamo bubbi e allora ne giro subito uno per la visita al parco, lo inserisco nel portabubbi e lo metto in tasca del cappotto. Usciamo dall'albergo e ci dirigiamo verso il negozio di bici che avevo visto con Mimmo il giorno prima. Scopriamo che oltre agli 11 euro per l'effettivo uso della bici dobbiamo rilasciare una cauzione di 50 euro e quindi alleggeriamo il portafogli. La ragazza del negozio ci da due indicazioni riguardo orari di chiusura e funzionamento delle bici. Come se ne avessi bisogno. Finalmente smette di parlare e io sono già in sella quando improvvisamente la signora mi ordina di scendere per spiegarci come funziona il sistema di antifurto delle bici che comprende un lucchetto a U e un blocco sul freno posteriore. Capisco subito anche se vedo che gli altri due sono un po' titubanti. Finalmente si leva dalle palle e mi fa salire sul biciclo in pace. Faccio un rapido check delle superfici: telaio in acciaio, gomme a sezione stretta, freni V-Brake sia all'anteriore che al posteriore, 7 rapporti secondari, 3 primari e una sella morbida come il burro. Con mia sorpresa tutto funziona bene e il cambio è accettabile, non perfettamente registrato ma cambia. Il freno posteriore funziona quindi posso impennare. Anzi lo faccio subito. Si alza che è una meraviglia e mi faccio qualche via in monoruota. Mi sono distratto e fatto prendere dal divertimento che non sto seguendo le indicazioni di Mimmo e sto andando a caso. Prendo subito in mano il Huawei e apro Here, imposto parc guel e alimento i quadricipiti: ci sono da fare pochi km ma sono in salita. Gli altri due mi stanno dietro e allora incremento l'andatura. Sto andando bene, riesco a tenere il passo anche in salita e la bici risponde bene. Tempo 10-15 minuti ci siamo, vedo il primo cartello con su scritto “Parc Guel” così spengo il navigatore e vado “a naso”. Facciamo l'ultima salita e arriviamo davanti a questa sorta di parco che ha l'aria di essere un vero e proprio parco divertimenti. La Mara aveva ragione, sto Gaudì fumava della roba più forte di quella che stiamo fumando in questi giorni. Ma prima di pensare al parco dobbiamo trovare un parcheggio per ste carriole. Pochi metri dopo ne scorgo uno e la lego subito. Sono il primo a finire di fissare le varie sicurezze, a seguire Mimmo e per ultimo Marco che prova evidentemente una forte difficoltà nel chiudere il lucchetto ad U. Siamo finalmente pronti ad entrare nel parco.
Mimmo estrae il clipper dorato dalla tasca e la appizziamo in tempo zero. C'è una vista spettacolare su Barcellona da quassù, e questa panchina è sicuramente in un'ottima posizione. Ci sono a dozzine di Indiani tipo Gibba e Marco e Mimmo sono preoccupati che siano della sicurezza del parco così questo bubbo diventa una lotta contro il tempo ma io me lo godo lo stesso. Mi fa piacere vedere finalmente un po' di natura dopo tutte quelle costruzioni dell'uomo. Percorriamo la strada principale del parco e saliamo fino in cima. Durante il tragitto vengo colpito dal cinguettio degli indiani. Hanno dei fischietti a forma di uccello che fanno un suono veramente fastidioso. Decido impetuosamente di acquistarne due. Io e Mimmo cominciamo a cinguettare come se non ci fosse un domani. Tutti gli indiani ci guardano con aria di sfida ma noi non molliamo. Siamo in due e siamo più forti. Fra un cinguettio e l'altro ci godiamo anche lo splendido panorama sulla città che dall'altro ha un fascino totalmente diverso. Dall'alto sembra quasi una favelas brasiliana e il tizio con il violino davanti a noi suona una melodia perfetta per il momento.
Smetto di fare il coglione davanti alla scena che mi si presenta davanti: un signore seduto su una panchina suona uno strumento strano, una chitarra con una sorta di tappo sulla cassa armonica e il suono è veramente piacevole. Un indiano sulla destra cinguetta. Ma la cosa che merita più di tutte è il punto panoramico colmo di gente dinanzi a noi. Decidiamo di dare uno sguardo e quindi saliamo una scalinata infernale che ci porta su questa terrazza rialzata a forma di cilindro. Toglie il fiato. Facciamo ancora a gara con qualche bangladesh a suon di cinguettii e poi ce ne andiamo con aria di sfida, dopo aver rubato il posto di lavoro ad uno di questi. La sfida si è diffusa ormai in tutto il parco e tutti gli indiani puntano me e Mimmo come nemici.
Slego con rapidità la bici e attendo gli altri due. Sono contento di aver passato queste due orette in santa pace, mi sono rilassato e mi sono goduto sia le incredibili costruzioni del parco, in stile gaudì tutte storte, sia la vista mozzafiato. Finalmente anche Marco riesce a slegare la bici e andiamo in discesa come dei forsennati alla ricerca di un posticino per mangiare. Avremmo fatto già almeno 5 o 6km ma non mi pesa per niente, anzi non vorrei più fermarmi. Ad un tratto giungiamo in una piazza per niente conosciuta e anche un po' fuori mano dove possiamo rilassarci un attimo. In questa piazza ci sono un paio di bar con il deor, un tabacchino e qualche altro esercizio commerciale standard. Uno dei due bar ci intriga e decidiamo di mangiare li. C'è una sorta di menù fisso a 15€ e anche se l'idea non mi attira per niente, riescono a convincermi. Mangiamo una sorta di antipasto schifosissimo con un po' di carne scaduta e una salsa che non oso descrivere. Loro poi prendono la paella che a me non piace, quindi ordino una pizza che si rivelerà poi essere buona.
Incontro con Kashi (per Fero Kashisha)
E' una giornata qualsiasi e siamo tutti insieme sulla rambla; come ogni volta veniamo assaliti da migliaia di “pr” se così posso definirli che ti rincorrono chiedendoti se vuoi della zanza(droga a me sconosciuta), della cocaina, dei coffee shop o delle discoteche. Io e Kobe dopo Parigi abbiamo imparato ad evitare certi soggetti, ma il meno istruito Mattia Feroldi si lascia attirare quasi da tutti. Uno in particolare riesce però a catturarlo in maniera incredibile. Mentre tutti cerchiamo di scappare da questo soggetto poco raccomandabile Mattia rimane indietro a chiacchierare con lui, che a quanto pare sa essere molto convincente. Per non rischiare di perdere il nostro amico ci fermiamo e questo soggetto cerca di fottere tutto il gruppo. È alto circa un metro e 75, ha una barba bruttissima con dei baffi altrettanto brutti, è di colore(probabilmente viene dal bangladesh) e però è stranamente ben vestito. Ci propone diverse alternative che comprendono discoteche, coffee shop e quella che più che ci ha colpito, il night club: “Allora, se tu vuoi puoi toccare gratis, stript gratis, show gratis e se tu vuoi scopare contratti con ragazza”. Questa sarà la citazione più importante della vacanza che ancora tutt'oggi Domenica 29 Gennaio è il primo ricordo che riaffiora se sento la parola “Barcellona”. Fatto sta che questo soggetto, in quell'istante aveva appena preso le redini della nostra vacanza e durante tutto il periodo ci fotterà almeno 3 / 4 volte.
In realtà non ho più molta voglia di scrivere. Questa vacanza è stata ignorantissima e tanto divertente e proprio per questo andrebbe raccontata tutta. In questo preciso istante ho deciso di volermi tenere per me tutto il resto del racconto. Il fatto è che amo scrivere, ma siccome sono avvenimenti realmente accaduti a distanza di mesi non è più lo stesso. Grazie ragazzi.
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