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#ravenfirerpg
winteralease · 3 years
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               │❖ 20.𝟶𝟻.𝟸𝟶𝟸𝟷                    │❖ ɢɪᴀʀᴅɪɴᴏ Hᴀʏᴀᴡɪᴀ -- Rᴀᴠᴇɴғɪʀᴇ ,  Vɪʀɢɪɴɪᴀ                │❖ #Ravenfirerpg Era passato un mese esatto dal terremoto, e quanto accaduto in città, non era passato inosservato agli occhi della Blossom come a quelli di chiunque, in quanto aveva stravolto le vite di tutti. Un evento più unico che raro, che aveva portato diversi racconti da parte dei malcapitati che erano finiti tra le grinfie di uomini e donne dall'identità sconosciuta, ma che Leah aveva bisogno di conoscere. In quanto rappresentante del proprio popolo, doveva sapere esattamente più cose possibile, in modo da poter cercare un'offensiva, in modo da proteggerle tutte, senza che nessuna di loro potesse vivere un'esperienza tale una seconda volta. Era stata molto austera forse, nel chiedere a tutte loro di vedersi nel punto in cui la loro vita era iniziata, ma Leah aveva bisogno di sentire tutte le loro versioni, per procedere ad una linea di pensiero e di azioni. Per tutti viste come un popolo beniefico, sapevano essere una sorpresa, e in quel caso, avrebbe fatto in modo che tutte loro potessero difendersi da quello che a tutti gli effetti, poteva rappresentare un nemico. Seduta ai piedi dell'albero Hawayia, Leah lasciò che la brezza primaverile le solleticasse la pelle, mentre il sole le entrava dentro, confortandola ma allo stesso tempo infondendole tutta l'energia possibile per affrontare quella conversazione con le proprie sorelle. Perchè seppur lei apparisse troppo sicura di sè, come se nulla potesse scalfirla o indispettirla, celava un grande cuore, quel cuore che per tutta la propria razza, batteva ardentemente. Riaprì gli occhi, non essendosi nemmeno accorta di averli chiusi, quando sentì pian piano avvicinarsi le proprie sorelle in primis, e dietro a loro tutte le altre. Quella conversazione avrebbe dato un nuovo punto di svolta, o forse no? Sarebbe riuscita a tenerle tutte sotto alla propria guida, persino quelle più restie? Le accolse quindi tutte con un sorriso, facendo cenno loro di sedersi assieme a lei sull'erba, in modo da essere tutte allo stesso livello, senza sentirsi un gradino più in altro, vista la propria posizione per la razza e per il Consiglio. «  Sono estremamente felice di vedervi, tutte quante. Nessuna esclusa. » Le ultime due parole pronunciate, erano rivolte a quelle che avevano poco amore verso ciò che erano, o per assurdo, non volevano essere ciò che erano.
Belle Blossom
Il mese trascorso non era stato semplice per Leah. L'avevo vista cercare di rimanere salda in mezzo a molti interrogativi, in mezzo a molte sofferenze, in mezzo ad una città la cui natura era stata travolta - coprendo il verde con polvere e macerie, danneggiando la fauna e le persone, persino quelle più lontane dal soprannaturale. Come potevamo dormire serene se anche la Natura, attraverso il terremoto, si era rivoltata contro di noi? La preoccupazione, l'amore con cui desiderava proteggerci tutte era evidente sul volto di mia sorella. E speravo che ognuna delle fate presenti avrebbe visto quello, e creduto in lei quanto io credevo. - "Siamo qui" - dissi mettendomi seduta a terra alla sua destra, vicina, ma alla rispettosa distanza che mi era stata insegnata per il ruolo che Leah ricopriva. Tutte noi volevamo esserci le une per le altre, e gli sbalzi di potere, gli attacchi... erano cose di cui dovevamo parlare, ponendo fine alla credenza che le fate non potessero far niente per Ravenfire. La città era casa nostra. L'Albero Hayawia era casa nostra. E noi avremmo difeso tutto quello.
Nelly Grace Blossom
*Non erano stati giorni facili, per nessuna di noi, ed ero sicura che lei sentisse più di ogni altra il peso delle sofferenze che avevano colpito tutta la città. Avrei voluto aiutarla maggiormente in quegli ultimi giorni, il mio compito era consigliare, supportare e fare in modo che il peso della responsabilità fosse più sopportabile, ma non credevo di averlo fatto come avrei dovuto. I miei poteri erano andati completamente fuori controllo ed ero stata impegnata a ritrovarli, a non far danni, quasi ad imparare tutto da capo, come una bambina piccolissima. Erano stati attimi di controllo, la mia certezza più assoluta era scomparsa da un momento all'altro, sarebbe stato lo stesso se avessi smesso di respirare da un momento all'altro. All'inizio avevo pensato che fosse solamente un problema mio, ma avevo sentito da Arthur Spectra e altri sovrannaturali che non era stato così. Qualcosa di grande era successo ed ero contenta di essere lì in quel momento per poterne parlare con le Leah, Belle e le altre fate. Mi ero seduta alla sinistra di Leah, sorridendo per le sue parole, come a dire che le condividevo tutte e quindi presi la parola.* « Sono stati giorni molto difficili ed è un vero sollievo essere qui con voi... io stessa ho avuto grandi difficoltà con i poteri. Credo che condividendo quello che ci è successo, forse riusciremo a capirci qualcosa di più. »
Josie Cooper
Non era solita riunirsi con quelle che avrebbe dovuto considerare come sorelle. In verità Josie Cooper non riusciva mai a fare quello che gli altri si aspettassero da lei: ma solo esattamente il contrario. Spirito indipendente e aura oscura, la Fata d'autunno aveva accettato di prendere parte a quella riunione perché in fondo non poteva di certo negare la propria natura. Le altre fate le conosceva alcune vista e altre un poco meglio, ma solo Belle e Serena erano quelle con cui aveva avuto più a che fare. Leah, la loro caporazza, la conosceva solo tramite i racconti di Belle. Una sorella maggiore che avrebbe dovuto guidare tutte loro, ma anche un continuo confronto con se stessa se si parlava della sua amica. Josie era seduta un poco in disparte seppur attenta come un gatto. I capelli castani raccolti in una treccia e lo sguardo furbo fisso su chi avesse preso parola come una partita di tennis. Lei aveva perso i poteri e quasi la vita e, dato il suo spirito scientifico, voleva capire che diavolo fosse accaduto a tutte loro. Cosa fosse quel terremoto. Perché avessero reagito così ad esso. Alzò la mano per prendere già parola. Era fatta così. 《Credo che molte di noi si siano sentite perse che si trattasse di avere poteri fuori controllo o, come me, non averli affatto. Avete già delle teorie a riguardo?》
Gerte Heike A. Ivanova
Era trascorso un mese da quando tutta la sua vita sembrava essere stata rivoltata come un calzino. Il suo corpo portava con sé le cicatrici di quell'evento che aveva scosso così tanto nel profondo la fata da farle dubitare perfino di se stessa. Cosa che si pensava impossibile per la Ivanova che non aveva mai mostrato alcun dubbio di quei poteri che la natura le aveva donato. Eppure, a distanza di tempo, si chiese ancora che cosa fosse successo realmente al lago, e chi era quel giovane che sembrava avercela così tanto con lei e Janel? Inspirò una, due, tre volte prima di giungere al luogo ove tutto era cominciato, la sua vita, il suo percorso. Passò lo sguardo sulle fate presenti, un leggero cenno del capo per salutarle prima di stringersi nelle spalle e prendere posto, per una volta, un passo indietro rispetto alle sue sorelle. Stava ascoltando le loro parole prima di intervenire, prima di poter raccontare qualcosa di cui non era nemmeno certa. « Credo che sia qualcosa di più di questo, qualcosa che vada ben oltre i nostri poteri da fata... »
Sarah Jillian Marshall
Mentre ascoltava le Blossom parlare la giovane non poteva che pensare all'ultimo mese a ciò che era successo nella sua vita. Aveva rischiato di perdere suo fratello a causa del terremoto, Gabriel era vivo per miracolo, era vivo perché lei era riuscita a tirarlo fuori dalle macerie ma non ne era uscito incolume assolutamente. La fata per giorni era rimasta seduta al capezzale del fratello con la speranza che la prognosi riservata potesse sciogliersi ed era successo ed ora finalmente poteva dormire sogni tranquilli. Ma in quei giorni non aveva dovuto contrastare soltanto la preoccupazione nei confronti di Gabriel no, contemporaneamente al terremoto i suoi poteri erano come impazziti, si era ritrovata a vedere arbusti uscire dai palmi delle sue mani senza che lei potesse controllali, senza che la pelle delle sue mani potesse sanarsi, erano stati tre giorni orribili quelli, più si faceva prendere dal panico e dalla paura più i suoi poteri erano fuori controllo. L'unguento che Belle le aveva dato faceva miracoli seppur per poco. Certo, quei ricordi sembravano lontani ma Sarah era sicura che non avrebbe dimenticato nulla di tutto ciò. «Qualcosa ha scatenato ciò che è successo, insomma molte di noi si sono ritrovate a non avere poteri mentre altre hanno avuto un sovraccarico, io pensavo di impazzire in quei giorni. I palmi delle mie mani sanguinavano di continuo, ho odiato essere ciò che sono.» Disse sentendosi quasi in imbarazzo ma probabilmente altre sue sorelle che come lei si erano trovate nella sua stessa situazione avevano provato lo stesso sentimento.
Katherine B. Leigh
Un mese era passato dal terremoto e ancora adesso avevo dei leggeri vuoti di memoria di quel giorno e dei giorni dopo, ma ero venuta anche a conoscenza dalle sorelle fate che erano successi degli eventi che non potevano passare in osservati e che dovevamo assolutamente parlarne con la leader delle fate! Leah aveva chiesto di riunirci tutte nel posto in cui ci ha viste nascere, ai piedi dell'albero di Hawayia. Quella era una giornata primaverile, con tutti i fiori che iniziavo a sbocciare per far ammirare tutta la loro bellezza, ed io ero felice di passare un pò di tempo con le mie sorelle, mi piaceva la mia natura di fata non rinnegavo la mia natura e forse non l'avrei neanche cambiata per nulla al mondo! Ed appena arrivai accennai un sorriso verso ogni sorella, perché per quanto io sia una un pò difficile da capire ma almeno con loro potevo esprimere la mia vera natura, e capivo anche l'importanza di quella riunione « Sono felice di essere qui, e di vedere che dopo quello che è successo siamo ancora tutte qui, anche se io non ho memoria di quel giorno, non chiedetemi perché, cosa che mi sto ancora chiedendo cosa mi sia successo. Ma ora siamo qui, e di nuovo insieme » dissi prima di sedermi a terra a stretto contatto con la natura.
Rosalie Campbell
Mentre tutte le ragazze parlavano la bionda tornò indietro con i pensieri a quel fatitico giorno. Non poteva dimenticare quel giorno nonostante siano passati alcuni mesi. Se aveva avvertito quella scossa? Si. Ma fortunatamente lei non aveva avuto danni, ma non poteva dire lo stesso degli altri, dei suoi amici, delle sue stesse sorelle. Tuttavia la fata poggiò ambedue braccia sulle proprie gambe, le di lei labbra si schiusero e lei poté prendere parola. 《 Io credo che sia successo qualcosa più grande di noi. E--- 》 Si fermò dal pronunziare il restante delle parole guardando ognuna delle sue sorelle, poi il suo sguardo cadde su Leah. 《 Volevo indagare appunto su quanto è successo. Sarah ha ragione molte di noi si sono ritrovate senza poteri, altri hanno subito un sovraccarico. Intendo scoprire cosa sia accaduto davvero. 》
Evadne Leda Spyros
Le labbra strette in una smorfia. Ricordare il terremoto e la sensazione di panico che le ha stretto la gola e lo stomaco non è bello per la giovane Evadne. Una fata fredda come il ghiaccio, ma nata in una stagione calda come l'estate, un vero ossimoro se ci pensate attentamente. Mentre distrattamente rigira tra le mani uno dei suoi "bambini" un coltello con un manico intarsiato in legno d'ebano e decorato con dell'alabastro, non le viene troppo difficile ascoltare le parole delle altre. « Vi siete rese conto che in città c'è più gente del solito? » Evadne è una grande osservatrice e non passa nulla di inosservato sotto i suoi occhi. La " gatta " come in molti la chiamano, arriccia il naso e sospira. « Potrebbero essere umani o, magari, potrebbero essere altro. » Un altro che non ha identificato. Certamente ella non è una tipa da convenevoli come si può notare. Si alza infatti in piedi, il coltello tra le mani, ancora. Certo non vuole fare male alle sorelle, ma a chi le spaventa e le terrorizza sì. « Potrei fare un giro. Ascoltare e riportare a voi quanto sento. In fondo, sono brava in questo. » Alza le spalle quasi fingendo disinteresse. Chiederà comunque aiuto ai suoi amici, questo è ovvio ( almeno a lei ). « Non mi caccerò nei guai, terrò un profilo basso. » Sarà un'ombra, letale in caso ce ne fosse bisogno.
Chiara Mancini
Per Chiara essere fata non necessariamente implicava il recarsi nella loro terra nativa. Seppur la sua natura la spingeva molto spesso al contatto diretto con la flora e la fauna, Chiara si limitava a rimanere nel bosco della cittadina in cui viveva senza superare mai il limite verso il mondo delle fate. Quella volta fu diverso. Erano anni che non si recava li, ed entrarvi le procurò un brivido lungo tutto il corpo e le venne quasi spontaneo lasciarsi andare alla sua vera forma, quasi come se fosse stata spinta da una forza maggiore. Gli occhi fissi sul maestoso albero padre con foglie sorprendentemente rosse, seppur non era ancora sbocciata la calda stagione, Chiara fluttava leggera verso quelle che di fatto erano le sue sorelle. Si sedette a cerchio vicino a Josie, l'unica che all'interno della cerchia considerava come una vera sorella e con attenzione ascoltò i racconti di ognuna. Lei ricorda vagamente quello che avvenne quel giorno. Un forte boato e la terra prese a tremare per un tempo lunghissimo a detta della fata e poi il nulla. La spossatezza dei giorni a seguire e la quasi mancanza dei suoi poteri era tutto quello che riusciva a ricordare. Volse infine lo sguardo verso Katherine e prese parola. « Anche io non ho memoria. Ricordo un forte boato, la terra che inizia a tremare. Ero nel bosco, riuscivo a sentire il nervosismo degli animali attorno a me, poi ad un certo punto tutto si è spento. Non sentivo più nulla, i miei poteri erano flebili. Credevo di essere stanca, ma il giorno dopo e quello dopo ancora la situazione era la stessa. » Fece una pausa abbassando lo sguardo sui suoi piedi ricoperti di lievi tatuaggi simili a radici di un albero e riprese a parlare. « Ma so che non è stato un problema solo di noi fate, anche altri esseri hanno subito cambiamenti o perdite di potere. » Ammise sapendo esattamente di cosa stesse parlando. La sua migliore amica, era stata giorni interi malconcia e la sua guarigione solitamente accellerata, dopo il terremoto aveva cessato di esserci. « Non credo sia stato un semplice terremoto. »
Winter Alease N. Lindholm
Ritrovarsi in quel luogo in compagnia delle sue sorelle non era cosa da poco per Winter la quale non aveva mai nascosto il suo essere così tanto restia. Aveva imparato a vivere la sua vita, a non chiedere niente a nessuno, ma soprattutto a tenersi fuori dalle faccende delle fate, eppure in quel momento qualcosa l'aveva spinta ad accettare quell'invito. Osservava ognuna delle sue sorelle prendere la parola, cercare una possibile risposta a ciò che era successo, mentre Winter osservava in silenzio. Aveva fatto un passo indietro mentre ognuna s'accendeva cercando di capire che cosa fosse realmente accaduto. Una di loro addirittura si offrì per indagare sulle motivazioni che aveva portato tutte a perdere o meno i poteri, eppure lei rientrava tra quelle i cui poteri sembravano essere impazziti. Aveva immaginato di gettare radici ovunque, la situazione al Circle Eight era precipitata oltre ogni dire, e in quel momento si sentì, ancora una volta, persa. « Concordo con Chiara, non è stato un semplice terremoto. » Disse con un tono di voce fermo, forse le prime parole che riuscì ad esprimere in un contesto così tanto sovrannaturale. Si prese il suo tempo per osservare ognuna di loro, prima di posare lo sguardo su quello della guida in cui riponeva ogni fiducia. « Persone che non hanno memoria, poteri impazziti... Va bene, non sono mai stata la fan numero uno per essere una fata, ma non mi è piaciuto per nulla non sapere che cosa aspettarmi. Prima la storia di Halloween, adesso questo... Qualcosa sta cambiando a Ravenfire. »
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gerteheike · 3 years
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               │❖ 20.𝟶𝟻.𝟸𝟶𝟸𝟷                    │❖ ɢɪᴀʀᴅɪɴᴏ Hᴀʏᴀᴡɪᴀ -- Rᴀᴠᴇɴғɪʀᴇ ,  Vɪʀɢɪɴɪᴀ                │❖ #Ravenfirerpg Era passato un mese esatto dal terremoto, e quanto accaduto in città, non era passato inosservato agli occhi della Blossom come a quelli di chiunque, in quanto aveva stravolto le vite di tutti. Un evento più unico che raro, che aveva portato diversi racconti da parte dei malcapitati che erano finiti tra le grinfie di uomini e donne dall'identità sconosciuta, ma che Leah aveva bisogno di conoscere. In quanto rappresentante del proprio popolo, doveva sapere esattamente più cose possibile, in modo da poter cercare un'offensiva, in modo da proteggerle tutte, senza che nessuna di loro potesse vivere un'esperienza tale una seconda volta. Era stata molto austera forse, nel chiedere a tutte loro di vedersi nel punto in cui la loro vita era iniziata, ma Leah aveva bisogno di sentire tutte le loro versioni, per procedere ad una linea di pensiero e di azioni. Per tutti viste come un popolo beniefico, sapevano essere una sorpresa, e in quel caso, avrebbe fatto in modo che tutte loro potessero difendersi da quello che a tutti gli effetti, poteva rappresentare un nemico. Seduta ai piedi dell'albero Hawayia, Leah lasciò che la brezza primaverile le solleticasse la pelle, mentre il sole le entrava dentro, confortandola ma allo stesso tempo infondendole tutta l'energia possibile per affrontare quella conversazione con le proprie sorelle. Perchè seppur lei apparisse troppo sicura di sè, come se nulla potesse scalfirla o indispettirla, celava un grande cuore, quel cuore che per tutta la propria razza, batteva ardentemente. Riaprì gli occhi, non essendosi nemmeno accorta di averli chiusi, quando sentì pian piano avvicinarsi le proprie sorelle in primis, e dietro a loro tutte le altre. Quella conversazione avrebbe dato un nuovo punto di svolta, o forse no? Sarebbe riuscita a tenerle tutte sotto alla propria guida, persino quelle più restie? Le accolse quindi tutte con un sorriso, facendo cenno loro di sedersi assieme a lei sull'erba, in modo da essere tutte allo stesso livello, senza sentirsi un gradino più in altro, vista la propria posizione per la razza e per il Consiglio. «  Sono estremamente felice di vedervi, tutte quante. Nessuna esclusa. » Le ultime due parole pronunciate, erano rivolte a quelle che avevano poco amore verso ciò che erano, o per assurdo, non volevano essere ciò che erano.
Belle Blossom
Il mese trascorso non era stato semplice per Leah. L'avevo vista cercare di rimanere salda in mezzo a molti interrogativi, in mezzo a molte sofferenze, in mezzo ad una città la cui natura era stata travolta - coprendo il verde con polvere e macerie, danneggiando la fauna e le persone, persino quelle più lontane dal soprannaturale. Come potevamo dormire serene se anche la Natura, attraverso il terremoto, si era rivoltata contro di noi? La preoccupazione, l'amore con cui desiderava proteggerci tutte era evidente sul volto di mia sorella. E speravo che ognuna delle fate presenti avrebbe visto quello, e creduto in lei quanto io credevo. - "Siamo qui" - dissi mettendomi seduta a terra alla sua destra, vicina, ma alla rispettosa distanza che mi era stata insegnata per il ruolo che Leah ricopriva. Tutte noi volevamo esserci le une per le altre, e gli sbalzi di potere, gli attacchi... erano cose di cui dovevamo parlare, ponendo fine alla credenza che le fate non potessero far niente per Ravenfire. La città era casa nostra. L'Albero Hayawia era casa nostra. E noi avremmo difeso tutto quello.
Nelly Grace Blossom
*Non erano stati giorni facili, per nessuna di noi, ed ero sicura che lei sentisse più di ogni altra il peso delle sofferenze che avevano colpito tutta la città. Avrei voluto aiutarla maggiormente in quegli ultimi giorni, il mio compito era consigliare, supportare e fare in modo che il peso della responsabilità fosse più sopportabile, ma non credevo di averlo fatto come avrei dovuto. I miei poteri erano andati completamente fuori controllo ed ero stata impegnata a ritrovarli, a non far danni, quasi ad imparare tutto da capo, come una bambina piccolissima. Erano stati attimi di controllo, la mia certezza più assoluta era scomparsa da un momento all'altro, sarebbe stato lo stesso se avessi smesso di respirare da un momento all'altro. All'inizio avevo pensato che fosse solamente un problema mio, ma avevo sentito da Arthur Spectra e altri sovrannaturali che non era stato così. Qualcosa di grande era successo ed ero contenta di essere lì in quel momento per poterne parlare con le Leah, Belle e le altre fate. Mi ero seduta alla sinistra di Leah, sorridendo per le sue parole, come a dire che le condividevo tutte e quindi presi la parola.* « Sono stati giorni molto difficili ed è un vero sollievo essere qui con voi... io stessa ho avuto grandi difficoltà con i poteri. Credo che condividendo quello che ci è successo, forse riusciremo a capirci qualcosa di più. »
Josie Cooper
Non era solita riunirsi con quelle che avrebbe dovuto considerare come sorelle. In verità Josie Cooper non riusciva mai a fare quello che gli altri si aspettassero da lei: ma solo esattamente il contrario. Spirito indipendente e aura oscura, la Fata d'autunno aveva accettato di prendere parte a quella riunione perché in fondo non poteva di certo negare la propria natura. Le altre fate le conosceva alcune alcune vista e altre un poco meglio, ma solo Belle e Serena erano quelle con cui aveva avuto più a che fare. Leah, la loro caporazza, la conosceva solo tramite i racconti di Belle. Una sorella maggiore che avrebbe dovuto guidare tutte loro, ma anche un continuo confronto con se stessa se si parlava della sua amica. Josie era seduta un poco in disparte seppur attenta come un gatto. I capelli castani raccolti in una treccia e lo sguardo furbo fisso su chi avesse preso parola come una partita di tennis. Lei aveva perso i poteri e quasi la vita e, dato il suo spirito scientifico, voleva capire che diavolo fosse accaduto a tutte loro. Cosa fosse quel terremoto. Perché avessero reagito così ad esso. Alzò la mano per prendere già parola. Era fatta così. 《Credo che molte di noi si siano sentite perse che si trattasse di avere poteri fuori controllo o, come me, non averli affatto. Avete già delle teorie a riguardo?》
Gerte Heike A. Ivanova
Era trascorso un mese da quando tutta la sua vita sembrava essere stata rivoltata come un calzino. Il suo corpo portava con sé le cicatrici di quell'evento che aveva scosso così tanto nel profondo la fata da farle dubitare perfino di se stessa. Cosa che si pensava impossibile per la Ivanova che non aveva mai mostrato alcun dubbio di quei poteri che la natura le aveva donato. Eppure, a distanza di tempo, si chiese ancora che cosa fosse successo realmente al lago, e chi era quel giovane che sembrava avercela così tanto con lei e Janel? Inspirò una, due, tre volte prima di giungere al luogo ove tutto era cominciato, la sua vita, il suo percorso. Passò lo sguardo sulle fate presenti, un leggero cenno del capo per salutarle prima di stringersi nelle spalle e prendere posto, per una volta, un passo indietro rispetto alle sue sorelle. Stava ascoltando le loro parole prima di intervenire, prima di poter raccontare qualcosa di cui non era nemmeno certa. « Credo che sia qualcosa di più di questo, qualcosa che vada ben oltre i nostri poteri da fata... »
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greggmaximilian · 3 years
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               │❖ 28.𝟶𝟻.𝟸𝟶𝟸𝟷                    │❖ ᴀᴘᴘᴀʀᴛᴀᴍᴇɴᴛᴏ ᴅɪ Bᴇᴀᴛʀɪᴄᴇ.                │❖ #Ravenfirerpg Una donna come Beatrice, era capace di poter sorprendere con diverse sfaccettature, e quella di essere una degna padrona di casa in grado di saper cucinare, era quella tra le sfaccettature che stupiva le persone che avevano il piacere di mettere piede nella dimora della Lemmon. Poche erano quelle persone, e non per tutte lei era solita cucinare, ma in quel caso l'aveva fatto, perchè mettere a proprio agio gli altri della quale provava un sentimento di stima o di affetto, era la base di ogni legame, ed ecco perchè aveva deciso di offrirsi al posto di uno degli ottimi ristoranti della città, per intrattenersi in compagnia di Maximilian. Si era proposta di conoscerlo al di fuori dell'area lavorativa e di quello che ne comportava, perchè vi era qualcosa nell'inglese che toccava le corde dell'interesse più recondito della Lemmon, ed era intenzionata a scoprire quanto l'uomo potesse essere interessato a seguire le orme dell'oscurità latente che albergava in ogni essere umano. La cena era stata un successo su ogni fronte, dal momento che la conversazione non aveva ancora toccato davvero a fondo solamente la città di Ravenfire, ma altre argomentazioni un po'più frivole, per non rendere la conversazione stucchevole. Una volta lasciata la sala da pranzo in favore del salotto, Beatrice sfoderò una delle migliori bottiglie di vino che possedeva, a dire il vero era il suo preferito, e lo posò sul tavolino di fronte al divano, con due calici vuoti, e si sedette accanto a Gregg sul divano. « Non è mia intenzione farti ubriacare Maximilian, voglio che tu lo tenga ben a mente. Però, converrai con me, che non si può concludere una cena con qualcosa di degno. » pronunciando quella frase, stappò la bottiglia, riempiendo i due bicchieri per poi porgergliene uno. « Mi sento in vena di onestà questa sera, per cui, potrai domandarmi qualsiasi cosa, ed io ti risponderò, senza alcun gioco di parole. »
Gregg Maximilian R. Holland
Il gioco che s'era instaurato con la donna dai capelli corvini non era affare semplice, soprattutto perché il più delle volte li vedeva coinvolti in qualcosa che l'inglese non sapeva esattamente come definire. Eppure quando ricevette quell'invito, tutto di lui lo aveva spinto a scegliere la camicia migliore, il profumo più intenso che possedesse, solamente per conquistarla. Avevano trascorso buona parte della serata a parlare, mai un momento morto, mai un calo dell'attenzione da parte dell'altro e semplicemente s'erano trovati. Beatrice era l'enigma che chiunque si sarebbe arrovellato per risolvere, ma l'inglese voleva apprezzarla così com'era, con i suoi misteri e la sua sicurezza che poteva essere ingombrante per chi non fosse abituato. Aveva preso posto sul divano, sontuoso ed in pelle, mentre si voltava con una posa elegante in direzione della sua compagna. Accavallò le gambe in una posizione prettamente maschile dopo aver accettato il calice di vino appena riempito. Aveva avvertito il suo del liquido scarlatto diventare quasi un rimbombo in quella tensione che s'era venuta a creare, mentre entrambi alzavano i loro calici. « Credo che tu debba lavorare molto per farmi ubriacare, ma questa sera voglio essere lucidissimo. » Commentò con un leggero tono roco nella voce. Alzò il calice lo portò all'altezza degli occhi prima di fermarsi a parlare nuovamente. « Sai, credo altresì che potremmo cominciare con un brindisi prima di continuare con il gioco della verità. Volendo ti si potrebbe ritorcere contro, anche se, in questo preciso istante, la mia curiosità è a livelli decisamente alti... Brindiamo alle cene che non sanno ove ci porteranno, alle sensazioni che non conosciamo, e ai brividi che indirizzato in un'unica strada. »
Beatrice Diane Lemmon
Quel gioco che era partito involontariamente quella sera, non era stato vittima di un macchinamento della Lemmon, bensì era accaduto per caso, semplicemente perchè non sempre le persone erano in grado di stupire Beatrice, ma lui ci era riuscito. Era parecchio curiosa sul suo conto, sul poter scavare oltre a ciò che lui rivelava, oltre totale umanità che traspariva. Se lei avesse dovuto scoperchiare il vaso di Pandora che la riguardava, sicuramente l'avrebbero sbattuta e mandata davanti al Consiglio, o molto peggio, ma era questa la fortuna di una donna come lei : non si sarebbe mai esposta così tanto. Attese le sue parole prima di sorseggiare il vino, ma quando lo sentì parlare, Beatrice si illuminò, come se le avesse offerto qualcosa di estremamente prezioso su un piatto d'argento. La psicologa osservò il proprio ospite, lasciandosi andare ad un sorriso particolarmente tranquillo e sereno, per poi accavallare le gambe e sistemarsi meglio sul divano, voltandosi completamente nella direzione di Maximillian. « Un gioco sulla verità che potrebbe ritorcermisi contro? Addirittura? Sei più avido di verità o di curiosità, Maximillian? Però, brindiamo all'ignoto, o ai reconditi desideri. » Fece tintinnare il bicchiere contro il suo, per poi prendere una generosa sorsata di vino, tenendo però il bicchiere ancora in mano senza posarlo, e si allungò sul piccolo tavolino, quanto le bastò per arrivare al portafrutta, e prendere un grappolo d'uva. « Quanto sono alti questi livelli di curiosità? Perchè posso ammettere, di essere particolarmente curiosa anch'io. Ma forse, sono semplicemente avida di molte cose, in generale, ed in ogni contesto. » Pronunciò l'ultima parte della frase, portandosi il grappolo d'uva che teneva in mano, alle labbra, staccando un acino con i denti, mentre il proprio sguardo era totalmente concentrato su Maximillian.
Gregg Maximilian R. Holland
Una sensazione di eccitazione sembrava permeare quella stanza che ospitava i due psicologi intenti a chiaccherare. Ma non si trattava di una semplice chiaccherata tra amici o vecchi conoscenti, assolutamente no, era qualcosa di ben più intenso a cui l'uomo di certo non era preparato. Aveva sempre giocato con la seduzione, quante erano state le donne che erano cadute ai suoi piedi grazie al suo fascino, ma quello con Beatrice era qualcosa di molto più articolato. Era nato per caso, nulla di studiato, e quella sera poteva finire in un unico solo modo e loro entrambi lo sapevano. Seduto accanto alla Lemmon, Gregg aveva fatto tintinnare il proprio bicchiere contro quello della donna prima di portarlo alle labbra per berne un lungo sorso. Era voltato completamente nella di lei direzione, con le gambe appena accavallate e il braccio che costeggiava lo schienale del divano. La osservava, la studiava, era femminilità allo stato puro, e quando s'avvicinò per prendere un grappolo d'uva, l'inglese si ritrovò a deglutire prima di mostrare un sorriso sornione. « Tanto avido da non aver pace fino a quando non ho avuto ciò che voglio. E' sufficiente come risposta? » Commentò con un timbro di voce più basso rispetto al solito. Allungò poi una mano al grappolo d'uva per staccarne un acino e portarlo alle labbra della donna. Erano occhi negli occhi e quel gioco si stava ritorcendo contro ognuno di loro. « Dimostramelo allora quando sei avida. Mostrami se i tuoi livelli sono come i miei, e in quel caso dovremo porvi rimedio... »
Beatrice Diane Lemmon
Era da sempre lei, quella che prendeva il sopravvento ed il comando nelle situazioni, ma in quel caso, non aveva bisogno di ottenere la supremazia estrema, si stava comportando come meglio credeva senza forzare nulla. Quello che si era creato accidentalmente tra di loro, era qualcosa che difficilmente si poteva contenere o prevedere, e Beatrice era pronta per sferrare il proprio attacco, nemmeno fosse una predatrice di fronte alla propria preda impaurita, anche se a dirla tutta Maximilian non era di certo una preda per lei. Si lasciò divertire dalle sue parole, incuriosendosi particolarmene, ma già aveva una vaga, anzi, limpidissima idea di come sarebbe proseguita la serata. « Parole forti, devo dire. Ma sentiamo -- cosa vuoi Maximilian? » Avrebbe potuto prendere l'iniziativa, certo, ma in quell'occasione cacciare non era necessario, aveva bisogno di comportarsi in modo tranquillo e limpido, senza cercare di prevaricare nessuno. Non ci impiegò poi molto ad assecondare il suo volere, addentando l'acino d'uva che le veniva offerto con le labbra, per poi morderlo piano, in modo che il succo dell'uva le colasse sulle labbra lentamente. Prese la mano con la quale lui le aveva offerto l'acino, ed usò il suo pollice per pulire dalle proprie labbra le tracce del succo dell'acino, per poi prendere il pollice tra le labbra, e levare ogni traccia anche da esso. Infine, con uno sguardo che poteva valere una sola risposta, Beatrice sorrise.
Gregg Maximilian R. Holland
Le dita dell'uomo non fecero altro che assecondare i movimenti di Berenice, la quale prese tra le sue labbra l'acino che lui stesso le stava porgendo. Stavano entrambi correndo sul filo del rasoio, vagliando ipotesi che mai prima d'ora avrebbero preso in considerazione, eppure andava bene così. Eccome se andava bene. Gregg entrò in contatto con le labbra attraverso quel semplice movimento che mise in atto la donna, la lasciò fare mentre usava le di lui dita per pulire le proprie labbra ma fu quando osservò il proprio pollice tra le sue labbra che l'Holland gemette. Si sentì perso, vittima e carnefice al tempo stesso. Deglutì vistosamente in quel momento, osservò il sorriso formarsi in modo del tutto naturale sul volto della donna, e voce roca confermò il suo pensiero. « Voglio tutto... Uhm, fallo ancora. » Era una richiesta travestita da ordine ma entrambi sapevano che nessuno dei due avrebbe ceduto il potere così facilmente. Con un leggero movimento, egli s'avvicinò maggiormente, lasciò andare il proprio pollice dalle labbra di Beatrice con uno schiocco prima di girarle il volto nella propria direzione. Accarezzò la di lei guancia, intrecciò le dita a piccole ciocche di capelli prima di baciarla in modo determinato, in un bacio che non lasciava alcuna via di scampo.
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ginnyoceane · 3 years
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          🧬🧬    —     New Role         Nevil & Ginny       13.05.2021 ; Studio fotografico —  #ravenfirerpg               « Ciao modella, ti lascio subito il set! »
Esclama Nevil recuperando la felpa da una delle sedie presenti nello studio, voltandosi verso Ginny che - appena arrivata - ha già catturato l’attenzione dei presenti. Grazie alle passioni comuni, i due, hanno stretto una forte e duratura amicizia che non è stata affatto minata dai repentini cambiamenti di umore del Dekker che fatica sempre di più nel reprime quel suo lato malvagio che, ogni giorno, diventa sempre più forte.
« Oggi sono molto pretenziosi e moooolto nervoso, ti consiglio di assecondare ogni loro richiesta oppure — beh, scappa finché sei in tempo! »
Esclama ridacchiando ma utilizzando un tono di voce abbastanza basso da non farsi sentire dai fotografi presenti in studio.
Ginny R. Océane Lagarce
Era dura tornare alla vita di tutti i giorni, soprattutto quando i ricordi erano ancora piuttosto confusi riguardo a quegli avvenimenti che l'avevano vista finire in ospedale ancora una volta. Non vi era stato nulla di rotto, almeno non questa volta, eppure era a livello psicologico che Ginny ne risentì maggiormente, soprattutto provando a riprendere la vita di tutti i giorni. Erano diversi incubi a tenerla sveglia la notte, ma occuparsi delle cose più semplici come trascorrere un po' di tempo allo studio fotografico aiutava a distrarsi. Ridacchiò la giovane mentre ascoltava le parole dell'amico che, ancora una volta, cercava di farle nascere un sorriso ovviamente con successo. « Credimi, potrei diventare io il loro incubo... Settimane che non ti vedo e sei sempre più in forma. Mi sono persa qualcosa? »
Nevil Axel Dekker
La borsa a tracolla con all’interno alcuni vestiti di cambio per le varie fotografie viene issata senza difficoltà sulla spalla destra di Nevil ed è pronto per lasciare il campo libero a Ginny, una modella senza dubbio meglio di lui. « Sai che ho una vita frenetica e mi piace tenermi in forma per poter sgarrare qualche volta e concedermi del poco sano ma gustosissimo “ cibo spazzatura. “ » Ridacchia e si accarezza la pancia con la mano destra, compiendo dei leggeri movimenti circolari. « Se stiamo parlando di una guerra all’ultimo sangue tra incubi è meglio che io mi nasconda per bene o… beh, meglio che io scappi a gambe levate. » Ridacchia e scuote il capo, sa che le ultime vicende sono state difficili per tutti e non è facile superare anche questa ennesima stranezza che ha colpito la città. « Tu come stai? »
Ginny R. Océane Lagarce
Ascoltò con attenzione la replica dell'amico che non vedeva da qualche tempo. Sapeva dei suoi mille impegni quadi come quelli della veggente che cerca di fare occupare quasi l'intera giornata, ma sapeva anche che entrambi apprezzavano quelle piccole gioie che dava loro fare cose semplici, come mangiare un hamburger. Si ritrovò così a sorridere la Lagarce, un qualcosa che non faceva da tempo, soprattutto dopo il terremoto che aveva scosso tutti in città. « Ecco perché siamo amici... Cavolo, non farmici pensare, non mangio patatine fritte da fin troppo tempo e il sol pensiero mi fa brontolare lo stomaco. Stiamo preparando un servizio importante e ultimamente se non sono qui, sono in redazione al giornale. » Commentò come se fosse del tutto naturale avere impegni su impegni, dividersi su fronti, e chi altro avrebbe potuto capirla meglio di Nevil? Era però quella domanda ad essere insidiosa, come si sentiva davvero? « Diciamo che ho avuto momenti migliori... Tu, invece? E dico sul serio, non rifilarmi la solita versione che rifili a tutti. »
Nevil Axel Dekker
« Siamo amici perché ti ho conquista la prima volta offrendoti una porzione doppia di patatine. » Ridacchia a quel ricordo, sembra ormai passata un’eternità ed è anche un po’ triste ripensare al passato, a quando tutto era normale e nessuno strano avvenimento aveva ancora scosso l’intera città. « Io tuo stomaco dovrà aspettare ancora un po’ però, se vuoi, ho una stecca di cioccolato nel borsone. Sai, per le emergenze. » Le fa un’occhiolino e con la mano destra indica la tasca contenente la Beretta appena nominata. « Anche io sto lavorando parecchio per il giornale, sono felice di poter affacciarmi su diversi argomenti in modo da poter avere un’ampia visuale e poter decidere cosa è più affine a me. » Buffo come due ragazzi vent’enni parlino di lavoro e di svariati impegni piuttosto che discorrere di serate, di sbronze e di conquiste di una notte. « La verità? Sono stanco. Tutti questi avvenimenti mi hanno davvero distrutto. » E quanta verità nascondono quelle poche parole? Più di quanta egli vorrebbe ammettere.
Ginny R. Océane Lagarce
Non era un caso che i due fossero amici, avevano più in comune di chiunque altro, ma la verità stava nel fatto che in qualche modo avevano sempre fatto un passo indietro. Non appena toccavano determinati argomenti, i due amici si sentivano in dovere di ritrovare il loro equilibrio. Ricordò quando si conobbero tanto tempo prima, molto prima di diventare colleghi allo studio fotografico e al giornale, eppure qualcosa nel ragazzo l'aveva sempre attirata a lui. « Oh lo ricordo bene, sai? Anzi, uno di questi giorni dovremmo replicare... E poi abbiamo ancora un sacco di cose in sospeso! » Ammiccò in modo divertito la veggente prima di scrollare distrattamente le spalle. Ripensò poi al suo blog a come lentamente stava diventando qualcosa di più serio, mentre quelle parole colpirono decisamente la Lagarce. « La stanchezza penso sia ormai all'ordine del giorno.... E non si tratta di stanchezza fisica, piuttosto di quella mentale che ha messo a dura prova tutti noi. Dio, nell'ultimo anno sono finita in ospedale più volte che in tutta la mia vita, e la cosa è estenuante... A volte vorrei solamente un po' più di spensieratezza. »
Nevil Axel Dekker
La loro amicizia è qualcosa di strano, si, ma di davvero unico. Tra loro c’è quel magnifico equilibrio che mai nessuno dei due ha minato, permettendo entrambi di poter coltivare quel legame nel tempo, facendolo diventare sempre più forte. Ed è per questo che Nevil, spesso, si sente in colpa nel non averle mai raccontato ciò che gli successo in quegli ultimi anni, di non averle mai detto la verità su ciò che è diventato e nel non averle mai confessato che, quella estenuante stanchezza, è dovuta sopratutto agli incubi che tutte le notti lo tengono sveglio per ore. « Quando vuoi Miss Lagarce, Nevil Dekker sempre pronto per sfamare le sue voglie di patatine fritte. » Ridacchia, scaccia via quei pensieri che gli occupano la mente e cerca di allontanare il più possibile i sensi di colpa che lo divorano. « Hai ragione, ci servirebbe davvero una bella vacanza. Lontani da tutti i nostri impegni e da questa città. »
Ginny R. Océane Lagarce
Un sorriso comparve sulle labbra della veggente che in quel momento ripensava alla loro amicizia come ad un qualcosa che mai si sarebbe potuto rompere. Fin da quando s'erano conosciuti avevano trovato il loro equilibrio, il loro confidarsi tutto li aveva portati a creare un legame di fiducia, eppure vi era un qualcosa che Ginny non aveva mai confessato all'amico, il suo essere una veggente. « Sai che potrei prenderti in parola? » Disse la Lagarce prima di rabbuiarsi per un momento. Aveva sempre pensato a Ravenfire come la sua casa, il suo punto di riferimento, e per quanto desiderasse visitare luoghi lontani, aveva sempre accettato la sua condizione di buon grado. « Mi limito alla mia piscina privata, anzi se vuoi venire a farmi compagnia sei sempre il benvenuto! »
Nevil Axel Dekker
« E quando mai non mi hai preso in parola, scusa? » Domanda con un tono di voce ironico ma divertito accompagnato da una fintissima espressione delusa. « …. E sopratutto quando mai non sono stato di parola? » Aggiunge subito dopo scuotendo il capo e fingendo ancora di essere molto offeso con l’amica. È divertente punzecchiarla e, per certi versi, è anche divertente allontanare le mille preoccupazioni e pensieri con giochini stupidi ed infantili come quelli. « Che ne dici se una sera ti porto una super pozione di patatine e ci godiamo la tua bella piscina privata? È tanto che non chiacchieriamo come si deve e questi sporadici minuti dove ci incrociamo per caso non valgono. »
Ginny R. Océane Lagarce
Lo scherzo che intercorreva tra il Dekker e la veggente metteva sempre di buon umore quest'ultima che ormai aveva ritrovato nel ragazzo un punto di riferimento. Si mostrò divertita a quel battibeccare mentre ripensava a come quel luogo che era la sua casa, non era solamente la sua dimora, ma anche il luogo in cui poteva essere se stessa. « Credo che avresti dovuto chiedermelo molto tempo fa. » Replicò con lo stesso tono canzonatorio che aveva Nevil. Gli strizzò così l'occhiolino, allontanando definitivamente quei pensieri che ormai angosciavano la Lagarce anche in piena veglia. « Abbiamo tante cose da raccontarci, e soprattutto credo che non tutti possano comprenderle. E ricordati che ogni promessa è debito! » Ammiccò tradendo quelle parole così veritiere con uno sguardo che cozzava ma che era certa che Nevil comprendesse. Inspirando sonoramente, Ginny si accinse poi a salutare l'amico lasciandolo così allo studio fotografico.
❪ 𝑭𝒊𝒏𝒆 𝑹𝒐𝒍𝒆. ❫
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jasminepersephone · 3 years
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      🌙🦋    —     𝐍𝐄𝐖 𝐎𝐔𝐓𝐅𝐈𝐓       𝒑𝒓𝒊𝒅𝒆  𝒂𝒏𝒅 𝒑𝒓𝒆𝒋𝒖𝒅𝒊𝒄𝒆  𝒆𝒗𝒆𝒏𝒕          ❪  ••• 𝐎𝐔𝐓𝐅𝐈𝐓𝐒 📷  ❫
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daphneadamantine · 3 years
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          ✨💥    —     𝐍𝐄𝐖 𝐏𝐎𝐒𝐓       ᴅᴀᴘʜɴᴇ ᴀᴅᴀᴍᴀɴᴛɪɴᴇ + ʜᴇʀ ғᴀᴛʜᴇʀ        12.04.2021 —  #ravenfirerpg             ....  ↝ ᴍᴏᴍᴇɴᴛ                         ᴅᴀᴅ  « Allora ho ancora un'altra figlia che vive qui. » ᴅᴀᴘʜɴᴇ  « Papà? che ci fai a casa così presto? » ᴅᴀᴅ  « Potrei dire la stessa cosa di te, visto che sono giorni che non ti fai vedere. Stavo perfino pensando che mi stessi evitando. » ᴅᴀᴘʜɴᴇ  « Non dire sciocchezze. » ᴅᴀᴅ  « Dunque, il fatto che ti chiudi in camera ogni volta che cerco di salutarti, o quando scappi non appena finiamo di mangiare è una cosa normale... » ᴅᴀᴘʜɴᴇ  « Ho... Ho avuto semplicemente da fare. » ᴅᴀᴅ  « Daphne, sai quanto io ti possa comprendere più di chiunque altro, magari non ho poteri sovrannaturali come tua madre, ma sei pur sempre mia figlia. » ᴅᴀᴘʜɴᴇ  « Papà... » ᴅᴀᴅ  « Continuare ad evitarmi, non porterà a nulla di buono. Sei sempre stata una combattente, e questa versione di te non mi piace. Che cosa succede? » ᴅᴀᴘʜɴᴇ  « E' tutto okay, e comunque non ne voglio parlare. » ᴅᴀᴅ  « Se è tutto okay, perché non ne vuoi parlare? » ᴅᴀᴘʜɴᴇ  « Papà... » ᴅᴀᴅ  « Va bene... Per questa volta, okay ma non puoi continuare a scappare. Non ti ho educato così, e voglio che tu diventi qualcuno che non sei. »
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veronicaartemisia · 3 years
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     🦋🔥      —       𝐍𝐄𝐖 𝐏𝐎𝐒𝐓      @𝒃𝒆𝒂𝒖𝒕𝒊𝒇𝒖𝒍𝒅𝒊𝒔𝒂𝒔𝒕𝒆𝒓 posted a photo on          ❪  ••• 𝐈𝐍𝐒𝐓𝐀𝐆𝐑𝐀𝐌 📷  ❫       ❛ More activities... 😉✌🏼 #me      #ravenfire     #whatsup ❜
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     👑☠️     —      𝐍𝐄𝐖 𝐏𝐎𝐒𝐓      @𝒕𝒉𝒆𝒌𝒊𝒏𝒈 posted a photo on         ❪  ••• 𝐈𝐍𝐒𝐓𝐀𝐆𝐑𝐀𝐌 📷  ❫       ❛ My kind of saturday... 🏀 #theking     #ravenfire #me #life #sportforever ❜
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          🥀📸    —     𝐍𝐄𝐖 𝐏𝐎𝐒𝐓          ʟᴀᴜʀᴇʟ ᴛᴇᴍᴘᴇsᴛ ᴀ. sᴇᴇʀᴇᴅ         27.12.2020 —  #ravenfirerpg           ....  ↝ ᴄᴜʀʀᴇɴᴛ ᴍᴏᴏᴅ                               ❛❛ Cos’è disegnare? Come ci si arriva? È l’atto di aprirsi un passaggio attraverso un muro di ferro invisibile che sembra trovarsi tra ciò che si sente e che si può. ❜❜
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eleanordahlia · 3 years
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     👑     —    𝐍𝐄𝐖 𝐑𝐎𝐋𝐄      𝐞𝐥𝐞𝐚𝐧𝐨𝐫 𝐝𝐚𝐡𝐥𝐢𝐚     &    𝐞𝐜𝐭𝐨𝐫      ❪    ↷↷     mini role ❫      beyond    the      lake      31.10.2020  —  #ravenfirerpg      #ravenfireevent  #spookyravenfire
Decorazioni spaventose facevano da padrone in quell'ambiente che doveva essere uno dei più raffinati in città, e non lo si poteva negare quando vi erano di mezzo i Maffei. Ma era quella oscurità insita dei dettagli ad affascinare la newyorchese che di feste di Halloween ne aveva visto a bizzeffe durante la sua prima vita. Già, perché considerava il suo trasferimento a Ravenfire come un nuovo inizio e tutto sommato non poteva dire il contrario visto quanto accaduto. Mancavano ormai pochi minuti a mezzanotte e un gran numero di persone sembrava agitarsi mente la giovane beveva un Bloody Mary che aveva decisamente visto giorni migliori. Era però l'uomo accanto a sé a guardarla con occhi stralunati. Probabilmente il tutto era dovuto ai loro abiti che non potevano essere più diversi, rappresentando due epoche beh completamente differenti: l'uno vestito da vichingo e la donna in pieno di stile fumettistico, da Joker.
« Sembrano tutti agitati... E non guardarmi così, è ottimo questo Bloody Mary. Tu probabilmente avresti necessità di un boccale, sarebbe più in tema... Però ehi, ti dona l'aria da guerriero sanguinario. »
Ector Kelley
La notte di Halloween era ormai diventata una scusa per ubriacarsi, un modo come un altro per rimorchiare, accontentare l’io bambino spaventando le persone con idee alquanto stupide e riempiendosi la bocca ( e la pancia ) di cioccolato e caramelle, vederci della droga anche in quelle. Ector si sentiva troppo cresciuto per partecipare a quel genere di evento, sapeva che Samhain voleva dire ben altro e che le tradizioni stavano man mano svanendo. Tuttavia si era travestito da vichingo – idea proposta da Simon – ed era andato al Resort, come aveva deciso di fare ogni dipendente del suo Garage, pur avendo un broncio impassibile sul volto e sentendosi poco partecipe al pensiero comune.   “Sei davvero sicura che quello sia un Bloody Mary?” disgustato dal drink di Eleanor che sembrava tutto fuorché il medesimo Bloody M. Ector deviò il ‘complimento’ di lei con un’esaustiva rotata d’occhi e rivolse l’attenzione al suo bicchiere di bourbon che arrivò al bancone. “Come te la passi, pagliaccio?”
Eleanor Dahlia H. Janssen
Ritmi assordarti continuavano a battere il tempo in quella pista da ballo che sembrava uscita da qualche video musicale. Ricordava perfino un video in particolare, dei Backstreet Boy, che in qualche modo rappresentavano perfettamente l'ambiente e il tema della serata. Sangue ed effetti speciali erano all'ordine del giorno, ma era il volto arcigno dell'uomo a solleticare l'ilarità dell'esperimento. Ridacchiò la giovane newyorchese che, diede una veloce occhiata al suo bicchiere, prima di replicare.
« Sei curioso di assaggiarlo, uomo del nord? »
Commentò offrendogli il bicchiere ma non prima di averne assaggiato ancora un sorso. Sentiva il sapore della vodka svicolare veloce e soprattutto darle quella carica che in fondo cercava quando aveva deciso di presenziare all'evento. Era ciò che lei chiamava comunemente coraggio liquido.
« E' ottimo, e dovresti davvero provarlo... Credimi che ti si addice il ruolo dell'uomo di Neanderthal, ti sei immedesimato alla perfezione. Hai lo sguardo di chi decapiterebbe chiunque ti rispondesse a tono. Rilassati, sei una festa e poi che cosa dovrebbe succedere? »
Ector Kelley
Fu inevitabile assumere un’espressione disgustata di fronte a quel suo invito. Ma dovette ammettere che farsi chiamare _uomo del nord_ era alquanto piacevole, da quel momento in poi avrebbe chiesto a chiunque di usare un epiteto tanto simile. “No, passo.” Lo disse con un’aria quasi confusa e interrogativa. Quel _passo_, era così che si diceva nel gergo giovanile, no? Si sentiva tremendamente vecchio a causa di ciò, tuttavia.. se qualcuno glielo avesse chiesto, no, non avrebbe preferito essere un bamboccio di vent’anni. La sua adolescenza era stata tutt’altro, di gran lunga preferibile a quella di Eleanor, e dei drink che ancora lei ostentava a chiamare tali quando all’apparenza erano nauseabondi – un insulto ai veri drink ch’erano passati nello stomaco del dooddrear. “Ti hanno mai detto che non bisogna dire quelle paroline magiche? ‘Cosa dovrebbe succedere’, la saga di ghostface insegna che può succedere di tutto. Spero che tu sia ancora vergine, perché se non lo fossi potresti anche morire stanotte.” Disse, bevendo dal / suo /, di bicchiere. Bourbon. Ottimo. “È stata un’idea di un mio dipendente, comunque. Per niente geniale. Il tuo invece?”
Eleanor Dahlia H. Janssen
Il ghigno che s'era dipinto sulle labbra della giovane newyorchese non si scalfì nemmeno di fronte a quell'espressione di puro disgusto, almeno apparente, che aleggiava sul di lui viso. Era impossibile, infatti, per Eleanor non rimanere colpita da quanto Ravenfire potesse avere i giusti assi nella manica per rendere quella semplice festa commerciale come un party all'ultimo grido. Quei piccoli particolari le ricordavano la sua infanzia, perfino la sua adolescenza tra il lusso e lo sfarzo di una vita che ormai non più le apparteneva ma anche in qualche modo era ancora lì. Un angolo si alzò in risposta a quelle parole, nonostante non potesse non dare ragione all'uomo. « Perché nel caso in cui lo fossi, ti staresti proponendo per violare la mia illibatezza? Ne sarei quasi onorata, uomo del nord... » Domandò con un sopracciglio alzato prima di scoppiare inevitabilmente a ridere. Tante cose si potevano dire infatti della Janssen, ma una cosa era certa le piacevano eccome i ragazzi e la sua verginità, beh era ormai affare lontano. « Ma abbassa lei ali, o forse dovrei dire abbassa l'elmo e la lancia per rimanere in tema... Non lo sono da tempo. Ad ogni modo, perché non avrei dovuto presenziare? Per quanto voglia tenere un profilo basso e credimi so di doverlo fare, non voglio limitarmi nelle mie scelte. »
Ector Kelley
Una vera fortuna, per Eleanor, che Ector non avesse la bocca piena di bourbon in quel momento. Di fronte a una battuta così pessima quel liquido dal colore ambrato gli sarebbe andato di traverso, di questo il dooddrear ne era certo, causando non solo una fastidiosa tosse, ma un vero e proprio maremoto – che avrebbe rovinato il bel costume da Joker di Eleanor. Ma ciò non accadde ed Ector si limitò semplicemente a inarcare un sopracciglio, guardando l’altra in modo confuso, come se di fronte a sé avesse un essere strano, quasi alieno, e desiderasse essere altrove. “Potresti essere mia figlia.” Commentò, portandosi nuovamente il bicchiere ( pieno, ma non per molto ancora ) alle labbra, bagnandole appena e ascoltando distrattamente la doodd coi suoi discorsi senza senso. “Non ho detto che non saresti dovuta venire,” scostò il bicchiere portandolo sotto al naso di lei, non per lasciarlo nelle sue mani, bensì per interrompere qualsiasi altro fiume di parole pronto a venir fuori dalle sue labbra pittate di rosso fuoco prima che lui potesse portare a termine il proprio discorso. “Quello che in realtà vorrei farti capire – è che dovresti stare più attenta, dovresti ormai sapere che in un posto come questo tutto è dato per scontato, soprattutto le cose brutte. Non è un male avere il mio sguardo.” - Quello che “decapiterebbe chiunque rispondesse a tono.” Ector era pronto a tutto, ormai. “Ad ogni modo, non potrei mai vietare a nessuno di divertirsi nel mentre. Ma cambia drink, perché il tuo fa cagare.”
❪ 𝑭𝒊𝒏𝒆 𝑹𝒐𝒍𝒆. ❫
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isabelamethyst · 3 years
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      👑👠      —       𝐍𝐄𝐖 𝐎𝐔𝐓𝐅𝐈𝐓       𝒕𝒉𝒆  𝒔𝒑𝒐𝒐𝒌𝒚 𝒉𝒂𝒍𝒍𝒐𝒘𝒆𝒆𝒏  𝒕𝒐𝒘𝒏           ❪  ••• 𝐎𝐔𝐓𝐅𝐈𝐓𝐒 📷  ❫
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winteralease · 3 years
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[Beyond the Lake Resort] #SpookyRavenfire #RavenfireRpg #Minirole
Quella sera, visto che Elton era uno degli ultimi arrivati, si era messo a disposizione per restare si servizio durante la notte. Non aveva particolare interesse di partecipare alle tradizionali feste, in oltre voleva imparare il più possibile del mestiere che iniziava davvero ad appassionarlo.
Data la concentrazione di persone all'interno del Resort, avevano avuto disposizioni severe, un 'autopompa era pronta nel piazzale per ogni evenienza e appena arrivi la chiamata dato il disordine all'interno e i presunti feriti, a sirene spiegate erano accorsi.
Ovviamente non avevano incendi da estinguere, ma persone intrappolate in mezzo a una sala piena di fumo. Inizialmente, come al solito, avevano lasciato Elton fuori, in modo che comunicasse con la stazione, ma non era il tipo che si tirava indietro, quindi di testa sua, avanzò fino all'entrata.
- Tu ci credi all'uomo nero?-
Si voltò per rispondere alla domanda, in realtà in quel momento non sapeva cosa risponderle.
- Chiunque potrebbe essere l'uomo nero di qualcuno. Hai visto cosa stà succedendo la dentro? -
Winter Alease N. Lindholm
Fin dal suo arrivo al resort, Winter avvertiva una sensazione che non sapeva esattamente definire. Si sentiva spaesata, confusa per alcuni aspetti ma tutto sembrava essere dovuto al volume altissimo della musica che pompava dalle casse posizionate nei punti strategici di tutto il resort. Gli effetti speciali incutevano un certo timore, lo doveva ammettere, ma non aveva saputo resistere prima di provare almeno uno dei drink dai colori decisamente inquietanti. Si stava godendo la serata come qualsiasi persona presente, ma un calore insolito cominciò a farla avvampare costringendola ad andare a prendere una boccata d'aria. O meglio, questa era l'intenzione. Avanzò verso la porta d'ingresso del resort, l'aria fresca sferzava contro la fata mentre una rabbia repressa cominciò a montare sempre di più, incapace di rincondurla a qualcosa di razionale e che la costrinse a prendere uno, due respiri prima di osservare il pompiere che le si era avvicinato. Era stata una domanda nata per caso, per quel dannato fumo che sembrava avere un effetto diverso su di lei.
« E chi è il tuo uomo nero? »
Commentò con un ghigno sulle labbra che non le apparteneva e che cozzava con quell'abito da strega che avrebbe dovuto essere divertente. Scosse il capo più e più volte Winter cercando di concentrarsi per rispondere al giovane.
« I-io... C'è qualcosa che non va. »
Elton Julian Hendricks
Più il pompiere si guardava intorno, più sembrava vedere i presenti piuttosto agitati, qualcuno correva fuori dal Resort, altri gridavano e la musica non copriva del tutto quelle grida che se in parte sarebbero potute essere un trucco, dall'altro erano agghiaccianti. Corrugò la fronte quando sentì rispondere la ragazza, sembrava in forte stato confusionale e anche se avrebbe voluto controllarle i riflessi, decise che forse sarebbe stato più importante farla sedere. - L'uomo nero è tutto ciò che tenta di fare del male agli altri, io voglio sconfiggerlo per salvare le persone.. - Tentò di sorreggerla , indicandole poi una panchina poco lontana. - Dovresti sederti, credo sia.. il fumo che hai respirato.-
Winter Alease N. Lindholm
Più trascorreva il tempo, più la sensazione della fata che non tutto fosse okay cresceva dentro di lei, sotto lo sguardo attonito del pompiere. Si sentiva arrabbiata, furente addirittura, mentre il respiro continuava a divenire sempre più rapido. Udiva le urla in distanza, la confusione avvicinarsi sempre di più, eppure ogni senso sembrava ovattato da quella rabbia cieca. Si ritrovò così ad aggrottare appena la fronte la Lindholm mentre ascoltava e non ascoltava la risposta del ragazzo, il cui unico intento sembrava volerla aiutare. Con una spinta Winter lo allontanò malamente, incespicando nelle sue stesse parole. « E'-è tutto sbagliato... L-lasciami. Non puoi salvare tutti, non puoi sconfiggere l'uomo nero. »
Elton Julian Hendricks
Elton aveva visto persone sotto shock e anche reagire nei modi più disparati di fronte a situazioni di emergenza, eppure mai di era trovato in una situazione simile. Prima di tutto spalancò le palpebre e gli occhi scuri cercarono un riflesso di ragionevolezza in quelle parole, poi si convinse che probabilmente qualcosa non andava là dentro e non si trattava di fuoco, ma di qualcosa che stava facendo impazzire le persone. - Dovresti rimanere all'esterno..- Ovviamente non riuscì a muoverlo con quella spinta, il veggente era ben piazzato e con molti chili di attrezzature addosso, quindi ovviamente non fu spostato che di qualche centimetro dalla spinta. - Volevo solo... Salvarti.. - Allargò le braccia, si sentiva frustrato per non aver compreso ciò che la fata volesse dire con " uomo nero" - Si giusto! Stai qui fuori..io penso di dover andare dentro a controllare.-
Winter Alease N. Lindholm
Delirava, scalciava e la ragazza che era Winter sembrava essere un ricordo lontano in quel momento. Si sentiva diversa, aveva inalato chissà quale sostanza e anche se si trovava al limitare della parte esterna del resort e tutto continuava a dirle di rimanere lì, Winter si sentiva attratta da qualcosa che v'era all'esterno. Rabbia, fervore, agitazione, tutte sensazioni che si stavano mescolando dentro il corpo piccolo della fata, incurante delle parole e delle attenzioni che il pompiere sembrava rivolgerle. Scosse il capo un paio di volte come se dentro di sé chiedesse aiuto ma fu questione di un attimo e la giovane semplicemente mormorò non più che qualche parola. « E'-è arrivato l'uomo nero... »
❪ 𝑭𝒊𝒏𝒆 𝑹𝒐𝒍𝒆. ❫
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gerteheike · 3 years
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      🌻💫    —    𝐍𝐄𝐖 𝐎𝐔𝐓𝐅𝐈𝐓       𝒕𝒉𝒆 𝒔𝒑𝒐𝒐𝒌𝒚 𝒉𝒂𝒍𝒍𝒐𝒘𝒆𝒆𝒏 𝒕𝒐𝒘𝒏         ❪  ••• 𝐎𝐔𝐓𝐅𝐈𝐓𝐒 📷  ❫
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greggmaximilian · 3 years
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         ᴇxᴛʀᴀᴄᴛ  ⋰  📖🌙    ━━  gregg maximilian + beatrice ━━     ravenfire, virginia ↻ 06.02.2021
Stelle incastonate nell'oscurità del cielo erano spettatrici di quella serata che aveva visto il professore mostrare un lato che difficilmente avrebbe mostrato volontariamente. Aveva scelto un abito elegante, un completo scuro che faceva risaltare i di lui occhi cerulei, ma che aveva un che di strutturato lasciando la camicia parzialmente aperta e soprattutto senza cravatta. Appariva elegante, certo, ma anche con una nota alternativa che in qualche modo non stonava, anzi. Aveva da sempre preferito altri tipi di serate, non andava in discoteca da fin troppi anni, e il suo modo di divertirsi verteva su attività decisamente diverse. Era incuriosito dalle persone presenti alla festa, con i loro vestiti succinti davano libero sfogo ad istinti altrimenti repressi, e il gazebo che avevano allestito sembrava essere quello di un film cinematografico. Affascinato, Gregg osservava lo spettacolo delle spogliarelliste che avrebbero dato decisamente del filo da torcere a Demi Moore in Stripease. Movenze sempre più spinte acchiappavano gli occhi del genere maschile che sembrava aver tutto l'interesse a rimanere lì. In fondo, era quello il motivo per cui tutti si trovavano in quel luogo, no? Portò alle labbra un calice di champagne, rigorosamente freddo come il ghiaccio, mentre un profumo speziato ma estremamente femminile fece capolino accanto a sé. Permise alla donna di avvicinarsi, di dargli quel bacio così estremamente casto per lui prima di voltarsi per apprezzare la vista della donna. Una bellezza non convenzionale era quella che impreziosiva la figura di Beatrice che, nel suo abito nero, appariva come la regina della notte.
« Diane Lemmon... Che piacevole ed inaspettata sorpresa. »
Commentò portando una mano ad accompagnare il corpo della donna per salutarla. Tris, come era solta farsi chiamare, aveva sempre stuzzicato la curiosità dell'inglese, il quale, tuttavia, sentiva sempre un certo timore quando si trovava in sua compagnia. Non sapeva a che cosa fosse dovuta quella sensazione di gelo che sembrava permeare l'aria attorno a sé, ma di certo, in quel momento, non ci badò.
« Non dirmi che una bella donna come te si sta annoiando, mi sembra di capire che sei nel tuo ambiente... Eleganza e al contempo provocazione. »
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ginnyoceane · 3 years
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[ REBEKAH & GINNY ] « Andiamo a fare shopping? » #Ravenfirerpg
< Certo si. Avevo pensato di non farlo, in verità, ma già ho cambiato idea. Potrei prendere il vestito che indosserò per natale. Si, voglio un abito si, ma caldo e comodo. >
Disse a Ginny, mentre le due continuavano a camminare per le strade innevate di Ravenfire. Era bellissimo il clima natalizio e Rebekah avrebbe voluto che fosse sempre così.
< Come stai Ginny? Non ci vedevamo da una vita, ti rendi conto? >
Chiese successivamente. Ovviamente non era colpa di nessuna delle due, ma degli impegni che avevano. E a questi, a Rebekah si aggiungeva la famiglia di merda che aveva.
Ginny R. Océane Lagarce
Riprendere la vita di tutti i giorni non era semplice, soprattutto quando gli incubi sembravano essere all'ordine del giorno per Ginny. Stavano diventando meno frequenti ultimamente, ciò che era successo durante la festa di Halloween sembrava diventare sempre più un lontano ricordo, ma non sempre la sua mente correva nel modo corretto. Si svegliava in preda agli incubi, immaginandosi di andare a fuoco ma grazie a una serie di respiri cercava sempre di tornare alla realtà. Ancora non si sapeva di chi fosse la colpa, ma era certa che prima o poi sarebbe saltato fuori. Nel frattempo, la veggente e tutti gli altri potevano semplicemente recuperare un po' del tempo perduto. « Lo trascorrerai con la tua famiglia? » Domandò la veggente lanciando un'occhiata di soppiatto all'amica. Sapeva che la situazione a casa Ferguson non era delle migliori, ma sapeva anche che Rebekah aveva il giusto temperamento per affrontare ogni membro della sua famiglia. Si limitò ad un sorriso la Lagarce quando le chiese come stesse. Si sentiva spaesata, frastornata il più delle volte ma la sua determinazione a non cadere era ciò che l'aveva sempre mandata avanti. « Ho trascorso momenti migliori, lo devo ammettere... Ma siamo qui, no? Sono state settimane intense, per così dire. Tu piuttosto? Credo che tu mi debba aggiornare su moltissime cose! »
Rebekah Annie Ferguson
Avevano tutti passato dei momenti terribili. Rebekah, oltre allo shock subito, quando aveva visto quello che il sorbo stava facendo agli ospiti, doveva anche dar conto al senso di colpa che la stava logorando dentro. Non sarebbe mai passato e avrebbe davvero tanto voluto confessare la verità a tutti, ma non poteva. Il padre glielo aveva impedito. Anche se era convinta che in fondo beh, prima o poi tutto sarebbe venuto fuori. Sorrise comunque a Ginny, tentando di mostrarsi tranquilla, anche se solo l'idea di passare il natale in famiglia, non la soddisfaceva per niente. < Adesso mi sono trasferita da Ethan Johnson, non so se lo sai. Comunque, vedrò cosa fa luo e cercherò di stare lontana dalla mia famiglia. Insomma, sai cosa penso di loro. > Aggiunse successivamente. Inutile fingere che andasse tutto bene. Non con Ginny, che sapeva benissimo che la Ferguson non andava d'accordo con i suoi genitori. < Novità? Beh una è questa. Ma non ho molte novità, a dire il vero. Continuo a studiare giornalismo. Tu invece? Che mi dici? >
Ginny R. Océane Lagarce
Nell'udire la notizia di quel trasferimento, la veggente non poté non inarcare un sopracciglio, eppure non disse nulla. Non era in chissà quali rapporti con i Johnson, ma le voci correvano in fretta nella comunità sovrannaturale di Ravenfire. Si limitò così ad aggrottare appena la fronte ma comprese perfettamente quella situazione famigliare che l'aveva portata a prendere una tale decisione. Un angolo delle labbra si alzò mentre fu costretta a stringersi maggiormente nel suo cappotto firmato. L'aria gelida del nord sembrava esser arrivata a Ravenfire, e con la neve era giunto anche un freddo a dir poco polare. « Capisco perfettamente... A volte allontanarsi non è forse la scelta migliore? A volte bisogna semplicemente avere il coraggio di farlo e sembra che tu l'abbia avuto! » Commentò con una punta di ammirazione. Il rapporto che intercorreva tra Ginny e sua madre non era dei più idilliaci, lo doveva ammettere, ma scegliere di andarsene di casa era un qualcosa che non aveva mai preso in considerazione e sarebbe passato ancora del tempo prima di farlo. « Solita vita, in realtà... M divido anche io tra il corso e gli impegni al giornale. Sai, dovrei fare anche tu domanda per il tirocinio, sto imparando parecchio. »
Rebekah Annie Ferguson
< Beh si, io spero che questo allontanamento sia positivo, si. Che aiuti sia me che loro. > Rebekah sperava, ma sapeva già che non sarebbe accaduto, che la sua famiglia comprendesse che i loro metodi, stavano facendo perdere loro una figlia. E forse non solo lei. Si, perché anche le sorelle non approvavano molto le regole imposte dal padre. Ma lui era il capo famiglia e per anni, erano state costrette a rispettarle. < Penso che si, dopo natale richiederò di fare un tirocinio proprio lì. Magari saremo proprio colleghe. É bello stare lì e scrivere articoli per il giornale? > Chiese successivamente incuriosita, mentre nel frattempo rivolgeva lo sguardo ai mercatini. Doveva prendere dei regali ad un po' di persone, ma forse avrebbe optato per dei libri. Erano utili. Almeno secondo lei.
Ginny R. Océane Lagarce
Affrontare scelte difficili in ambito famigliare era un qualcosa che Ginny conosceva bene, ma sapeva che ogni situazione a sé. Il rapporto che intercorreva tra lei e sua madre non era dei migliori, potevano andare d'amore e d'accordo per un momento, e quello successivo non facevano altro che urlarsi contro. Semplicemente, i rapporti non erano sempre facili. La Lagarce si ritrovò così ad annuire debolmente mentre percorrevano le strade del centro osservando come gli stand fossero la vera attrazione di Ravenfire in quel periodo dell'anno. « Credo che tutti abbiano bisogno del loro tempo, tu come loro... Affrettare i tempi non è la scelta migliore, e a volte le cose prendono una piega strana, diversa da quella che avevamo in mente, ma non per questo deve essere un male. Sono certa che sia così. » Commentò lanciando un'occhiata all'amica. Non avevano mai intrapreso un vero e proprio confronto riguardo alla sua situazione famigliare, ma la mora sapeva che, se ne avesse voluto fare parola, la veggente ci sarebbe stata. Un sorriso, tuttavia, cominciò a comparire sul volto della bionda al pensiero di avere una nuova collega. Era sempre molto propositiva quando qualcuno di nuovo giungeva al giornale, soprattutto se questa era una persona con cui si trovava bene. « Dovresti farlo, sai? E' un'occasione, il team è bello, dinamico e soprattutto il tirocinio ti permette anche di continuare a seguire i corsi e dare gli esami per non parlare dei punti extra che vengono dati. Scrivere al giornale ti permette di dare il tuo punto di vista, di apportare una visione diversa rispetto agli altri e ti aiuta, questo senz'altro. »
Rebekah Annie Ferguson
< Si, lo farò Ginny, anche perchè voglio iniziare ad inserirmi per bene. > Il mondo del giornalismo, non era semplice come si poteva credere. Affatto. Bisognava avere molta esperienza e lei ancora non ne aveva fatta. Si, aveva partecipato a vari corsi di giornalismo, aveva anche scritto qualche articolo, ma niente che fosse mai finito in prima pagina e per lo più, si trattava di cose che non erano pienamente frutto del suo sacco, perchè aiutata. Rebekah invece voleva fare da sola. E sapeva di poterci riuscire, quindi dopo le feste avrebbe parlato con capo del giornale. < Vieni Ginny, vorrei comprare qualche maglione carino per il capodanno. Non ho molto in programma, ma credo che quest'anno sarà molto tranquillo. Il tuo invece? > Chiese successivamente, anche per cambiare discorso e per parlare di qualcosa di più leggero, perchè in fondo ne avevano bisogno. Erano giovani e dovevano decisamente essere più spensierate. Invece i problemi, le avevano rese adulte, molto.
Ginny R. Océane Lagarce
Era ammirevole la tenacia che stava dimostrando che la Ferguson nel menttersi in gioco. La Lagarce sapeva cosa voleva dire, sapeva quandi sacrifici avrebbero dovuto fare ancora per poter affermarsi in quel mondo in cui dovevano andare avanti, come si suol dire, con il coltello tra i denti, ma lo avrebbero fatto. Tante erano state le discussioni avvenute tra lei e i suoi genitori in merito al suo futuro, eppure la decisione ormai era presa, e non sarebbe tornata indietro. « Sono certa che lo farai alla grande! » Commentò entusiasta della decisione dell'amica. Avrebbe avuto un'amica in redazione e in quel periodo, non vi era altro che più importante degli amici. « Sai che non ho ancora deciso? Ogni anno è la stessa storia, ci si promette ogni anno che il prossimo sarà diverso ma mai una volta cambia... Dovremmo organizzare qualcosa insieme, che ne dici? »
Rebekah Annie Ferguson
Un tirocinio in quell'azienda, era quello che le serviva. Anche per essere più indipendente dalla famiglia, visto che man mano la Ferguson si stava inesorabilmente allontanando da loro. Se voleva essere indipendente, doveva imparare a darsi da fare da sola. Aveva buone speranze, la giovane. < Penso che se vuoi, potremo fare qualcosa insieme, si. Io sono a casa del mio amico Ethan, ma lui mi pare che passerà un pò di tempo con la famiglia e il ragazzo. Noi due quindi possiamo trovare il tempo per stare un pò insieme. Magari ci accordiamo qualche giorno prima, ok? > Disse sorridendo mentre iniziava ad osservare i maglioni natalizi che erano stati esposti in vetrina. Ogni anno voleva prenderne uno nuovo e quell'anno, non avrebbe potuto cambiare la tradizione.
❪ 𝑭𝒊𝒏𝒆 𝑹𝒐𝒍𝒆. ❫
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jasminepersephone · 3 years
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[ ADRIAN E JASMINE ] #ravenfirehunters #ravenfirerpg / 𝑷𝒓𝒊𝒅𝒆 𝒂𝒏𝒅 𝑷𝒓𝒆𝒋𝒖𝒅𝒊𝒄𝒆 𝑬𝒗𝒆𝒏𝒕 / < Ma guarda chi abbiamo quì, Miss Perfettina. Insomma, non potevi di certo mancare, no. > Disse Adrian mentre affiancava la veggente. Quando l'aveva vista, aveva deciso subito di raggiungerla. Adrian era una Hunt annoiato. Andato ad una festa solo per uno scopo e quindi doveva pur passare il tempo. Come farlo? Disturbando gli altri, soprattutto i ' nemici ' o le persone che lo odiavano.
Jasmine Persephone A. Harrison
Scegliere di partecipare ad un evento cittadino era una decisione piuttosto semplice per la veggente che spesso voleva essere in prima linea. Cercare attenzioni non era lo spirito guida della venere nera, ma in talune occasioni si divertiva vedere come le persone la guardassero. Scelto l'abito che faceva risaltare la sua pelle color ebano, Jasmine non poté non roteare gli occhi nel riconoscere la voce dell'amico, o meglio del nemico, che ora le si parava davanti. « Decisamente no, ma come vedo, anche tu non sei da meno... Dubitavi forse di non vedermi? Non dirmi che ti manco. »
Adrian Hunt
< No dolcezza, dovrei essere io a mancare a te, visto l'aiuto che ti ho dato. Sai, mi devi un pò di cose. > Disse mentre la osservava. In parte Adrian, si considerava responsabile degli avanzamenti veloci di Jasmine. Infatti la donna, se a quell'età era diventata così brava, probabilmente lo doveva anche a lui, ai suoi cristalli e ai suoi consigli. Alcune persone perchè ancora, non gli erano molto riconoscenti. Le sorrise comunque. Era un gentiluomo dopotutto. O comunque, doveva fingere di esserlo davanti a quelle persone che lo guardavano con ammirazione. < Allora Jasmine, come va la vita? > Chiese successivamente.
Jasmine Persephone A. Harrison
In quel momento un sopracciglio schizzò verso l'alto quando udì il veggente pronunciare quelle parole, le quali avrebbero potuto perfino essere veritiere per un qualche aspetto, ma che la venere nera non era disposta ad ammettere. Aveva compiuto passi da giganti con i suoi poteri, risultato di allenamenti intensi, eppure per la Harrison non erano ancora abbastanza. « Addirittura in debito? » Domandò con quella falsa sorpresa che era così brava a inscenare. Tradì quel divertimento con un sorriso che fu più simile ad un ghigno prima di rivolgersi nuovamente a colui che sapeva farla imbestialire ma che in fondo diceva in parte il vero. « Forse dovresti rielaborare il concetto di debito, o magari è la convinzione che ti sei fatto, ma tutto sommato non posso lamentarmi, e tu? Non ti facevo da eventi mondani... »
Adrian Hunt
< Beh.. l'ingratitudine è un lusso che molte persone si stanno godendo. Il punto è che alcuni possono permettersi di esserlo, altri no. Dovresti solo stare attenta. > Disse poi Adrian, con il suo solito sguardo tranquillo. Quella che poteva sembrare una minaccia, in verità era un semplice avvertimento verso la donna. Perchè in fondo lei sapeva benissimo che l'uomo aveva ragione, solo che non lo ammetteva. < Non sono un tipo da eventi mondani, hai ragione. Eppure sono un Hunt e diciamo che il mio cognome me lo impone. > Disse successivamente, mentre guardava davanti a loro. La festa era una noia mortale e lui non vedeva l'ora di andarsene. < Ti diverti tu? >
Jasmine Persephone A. Harrison
Continuare a battibeccarsi con l'Hunt era un qualcosa che veniva straordinariamente bene ai veggenti, e la replica piccata del veggente andò decisamente a segno nonostante la venere nera non volesse dargli la soddisfazione. Sapeva che per potersi migliorare avrebbe dovuto impegnarsi ancora e ancora, ma soprattutto in parte il merito era anche di Adrian, che lo volesse ammettere o meno. « Un avvertimento che ha il sapore di minaccia, Hunt. » Replicò la Harrison prima di darsi un'occhiata attorno. Gli abiti del tempo rendevano tutto il contesto elegante, la sua pelle scura spiccava con quell'abito color panna, ma non poteva dire che si stesse divertendo. « Uhm, sì e no. Mi aspettavo qualcosa in più, forse qualcosa in meno, è un contesto che non riesco esattamente ad inquadrare, ma forse è questo che serve a Ravenfire, qualcosa che non è necessariamente da comprendere. E' stato comunque un piacere incontrarti, Adrian... Direi che terrò a mente le tue parole. »
Adrian Hunt
< Spero tu lo faccia. > Disse successivamente Adrian, tornando all'argomento principale. In fondo, tutti i veggenti che stavano crescendo insieme ai loro poteri, in verità avevano bisogno di una guida. Questo era quello che aveva tentato di dirle prima, mettendola in guardia. O lui o qualcun altro, potevano essere essere la sua guida. Ma presto la mulatta, si sarebbe accorta da sola. Tempo al tempo. Adrian lasciava sempre che le persone comprendessero e assaporassero i propri sbagli da soli. < E comunque tutte queste feste sono noiosissime. > Disse prima di salutarla con un cenno del capo e allontanarsi.
❪ 𝑭𝒊𝒏𝒆 𝑹𝒐𝒍𝒆. ❫
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