Tumgik
wggacademy · 3 years
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La pallacanestro per me é puro divertimento.
La pallacanestro é accessibile a tutti, bassi ed alti, basse o alte, disabili e non. 
La pallacanestro non è monotonia, ogni azione é diversa o meglio in ogni azione può succedere sempre qualcosa di diverso. 
La pallacanestro può lasciarti molte cose, solo se sei un appassionato di questo sport puoi capire quanto possa insegnare, una volta che questo sport entra nella tua vita non uscirà più, ormai é parte di te.
Basta una palla ed un canestro per renderti felice. 
La pallacanestro é un posto sicuro, in cui puoi trasformare ogni emozione in qualcosa di  bello. 
Da appassionata di sport in generale, credo che questo mi abbia messo alla prova più degli altri, forse é il motivo per cui è diventato il mio preferito. 
É per questo motivo che ringrazio una mia cara amica che sette anni fa mi chiese di andare a provare a giocare a “basket”. 
Non mento se dico che, inizialmente, avrei voluto lasciare perdere, mi sentivo fuori posto, non riuscivo a far nulla. poi con un po’ di pazienza ( quella che mi manca da sempre) ho continuato, ed oggi se mi chiedete: “ cosa ti fa sentire a posto ovunque?” io risponderei sicuramente : “ una palla ed un canestro” 
La pallacanestro l’ho incontrata per caso ed ora  nemmeno per sbaglio me la farei scappare. 
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wggacademy · 3 years
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Pallacanestro, amore e odio.
Che dire della pallacanestro? Più che averla scelta è lei che ha scelto me, o meglio era già parte del mio patrimonio genetico. 
Ho iniziato a giocare tardi a pallacanestro perché prima mi dilettavo a fare la majorettes alle feste di paese...quando ci ripenso mi viene un brivido 😂. 
Ho cominciato a giocare con i maschi ma più che basket sotto quel canestro sembrava una partita di ping pong. 
Ho poi proseguito con le femmine ed è lì che ho intravisto la possibilità di fare del basket la mia vita ma è a questo punto che la vita ha deciso che questo non sarebbe stato il mio destino.
Gli infortuni e un carattere probabilmente inadatto hanno fatto sì che mi allontanassi come giocatrice, ma mai come tifosa o istruttrice, da questo sport. 
Otto anni dopo mi sono ritrovata ad infilare nuovamente le scarpette e ad oggi sono 7 anni che ho ripreso e se penso agli anni persi mi viene un po' la lacrimuccia. 
Morale della favola tutti gli amori fanno soffrire e anche la pallacanestro in quanto tale ha causato tante sofferenze ma fortunatamente anche tante gioie e spero ne possa regalare tante altre....
Marta
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wggacademy · 3 years
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Non sono mai stato uno normale…tutti seguivano Jordan e i suoi Chicago Bulls o si divertivano a guardare i talenti di Iverson e Kobe (certo, anche io adoravo tutto questo), ma due cose mi hanno fatto innamorare di questo sport che ho sempre praticato (o almeno ci provo):
un giocatore in particolare e una squadra con un gioco bellissimo da vedere, che risponde al nome di San Antonio Spurs, guidati da coach Pop (e condotti magistralmente in campo da Ducan, Parker e Ginobili).
Oggi non voglio parlare di quella squadra e del suo sistema di gioco, che porta il basket ad un livello superiore.
La mia attenzione oggi va a lui, al mio giocatore preferito. Quello che in assoluto mi ha fatto divertire più di tutti e mi ha fatto innamorare di quella palla a spicchi.
Dopo tutte queste parole vi starete chiedendo di chi sto parlando…ecco, vi parlo del mio personalissimo numero uno…per davvero…lui è…Tracy McGrady!!!
Raga per me non c’è mai stato un giocatore come lui…come disse anche una volta Kobe “Si, io sono forte, ma il giocatore più forte che io conosca 1vs1 è T-Mac!” (E se lo dice il Mamba…).
Come vi dicevo, non sono un tipo normale, a me piace vedere un giocatore al di là dei risultati sportivi (infatti T-Mac non ha mai vinto una mazza) ma guardo altro…
Ad esempio, secondo voi, a chi poteva venire in mente durante un All Star game di arrivare in palleggio, lanciare la palla tra 2 avversari facendola battere sul tabellone e riprenderla in volo per schiacciare da solo?
Oppure, per citarne un’altra delle tante, a chi sarebbe mai venuto in mente di fare 13 punti in 35 secondi, vincendo la partita di 1 punto e guarda caso contro i San Antonio Spurs, famosi oltre che per il bel gioco anche per una difesa non proprio facile e morbida?
Ora basta annoiarvi con queste parole, ma vi invito ad andare a vedere i video su youtube su di lui per capire di chi sto parlando.
Grazie per l’attenzione e preparatevi che la prossima volta vi parleró di uno dei giocatori con più talento al mondo, ma che purtroppo il cervello non lo ha mai aiutato…JaVale McGee
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wggacademy · 3 years
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Ciao 🙋🏻‍♀️ 
Mi chiamo Cristina Astero, ho 27 anni e scrivo da Cagliari. 
Gioco a basket dall’età di 3 anni, era più grande la palla di me, ma è stato amore a prima vista. 
Il mio sogno era chiaramente diventare una professionista, ma così non è stato. 
Nonostante questo non ho mai smesso di giocare se non l’anno della maturità. Purtroppo anche quest’anno il COVID ha deciso di interrompere lo sport più bello del mondo, ma speriamo che la prossima stagione ci riporti definitivamente alla normalità!🤞
Che dire?! Credo che la pallacanestro porti emozioni di ogni tipo: dall’ansia di prestazione al pianto di una vittoria, dalla delusione di una sconfitta alla stanchezza delle trasferte, dalla gioia dei sacrifici alle soddisfazioni di crescita personale.
Insomma... Vi auguro un percorso come il mio, dove incontri persone di ogni genere (belle e meno belle) nuove amicizie, amori e persone fantastiche che ti porterai sempre nel cuore. 
…O in poche parole di giocare a pallacanestro e di inseguire i vostri sogni 🏀 
#11  un abbraccio.  
Cristina
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wggacademy · 3 years
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l basket per me è il sangue che scorre nelle vene...
Nella mia famiglia è stato più contagioso di sto cazzo di covid. Mio padre giocatore e poi allenatore, i miei zii giocatori, io e mio fratello giocatori e MALATI del gioco...poi ne ho fatto il mio lavoro cercando di tramettere il mio amore ai miei giocatori/allievi. I miei nipoti fanno minibasket, insomma, non c'è via di scampo🙂.
Ci sono tante frasi che lo hanno descritto benissimo, ho tanti ricordi di vittorie, sconfitte, momenti indimenticabili ma l'immagine che più mi fa accaponare la pelle è  quella che mi sto immaginando ora...we'll come back...absolutely...and stronger!!
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wggacademy · 3 years
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Son seduto davanti al mio foglio virtuale da più o meno un’ora, riassumere in una lettera cosa sia stata, e cosa sia tutt’ora, la pallacanestro per me, mi fa tornare alla mente il vuoto cosmico che avevo in testa durante la terza prova all’esame di maturitá, preparato dal sottoscritto da manuale (spoiler pesante della mia vita in arrivo), con pomeriggi passati in palestra ad allenarmi o al campetto a tirare, per sfide di 1vs1 ai 100 e tirare ancora, al posto di provare a passare anche solo una mezz’ora buona coi libri in mano. Pensiero che non rientra (tra l’altro) propriamente nella top 5 dei ricordi migliori che ho a parte, l’unica spiegazione che mi do per questa difficoltá nel buttare giù due righe sulla palla a spicchi è che penso abbia rappresentato praticamente qualsiasi cosa per me.Scontato dirlo, un po’ meno scriverlo.
Da bambino è stata la prima cotta, esatto, quella che ti faceva venire le farfalle nello stomaco, che vi emozionava, che vi lasciava senza fiato con uno sguardo, era gioia pura insomma...mi piaceva, io forse a lei un po’ meno, perdevamo praticamente sempre, chi mi conosce un po’ sa che (oggi come ieri) ho qualche problema a metabolizzare una sconfitta, ma ci davo dentro sempre, la corteggiavo a modo mio senza un domani, allenamento dopo allenamento, finchè finalmente non si è decisa, dopo non mi ricordo quante sconfitte arriva il momento che sogni da giorni, la tua prima vittoria, ce l’hai fatta, ero riuscito a prenderle la mano!
Da li in poi, ad oggi, è stata una corsa durata praticamente 26 anni.
Da adolescente ha assunto più forme di quante potessi immaginare. Siamo passati da prima cotta, a convivenza totale (e spesso quasi letale) nel giro di pochi anni. Da convivenza è diventata una vera e propria scuola di vita, con tanto di insegnamenti pratici, che tu fossi pronto o meno. È stata delusione, poi gioia infinita, di nuovo delusione e così via, una montagna russa, un sali-scendi di emozioni clamoroso durato quasi 10 anni. È stata odio per diverso tempo, perchè ad un tratto ho odiato la palla a spicchi. Non capivo al tempo perchè non ricambiasse tutte le attenzioni che le davo io, sembrava respingermi, tenermi lontano. Fortuna mia, in quel periodo, entro per caso nel mondo dello streetball, del 3vs3, della musica rap mentre si gioca, insomma...avevo appena conosciuto quell’amico che fa solo cose fighe, che ti crea situazioni interessanti, che ti lascia libero di esprimere te stesso senza giudicarti. Posso dire senza problemi che senza il basket estivo al campetto, tra un torneo e l’altro, probabilmente la mia vita cestistica avrebbe avuto vita molto breve.
Nel giro di un’estate di punto in bianco la pallacanestro subisce l’ennesima mutazione, da montagna russa, da odio, da amico, da amante, all’improvviso diventa una compagna di viaggio clamorosa. E non mi lascia mai, mi accompagna per mezza Italia, ci rincorriamo stagione dopo stagione, annata dopo annata.
Nel frattempo passano 10 anni, che mentre scrivo sembrano molti meno per la velocitá con cui sono trascorsi. In tutto questo crescendo e maturando (ma non troppo) col tempo ho poi potuto comprenderne e conoscerne meglio altre mille sfaccettature. È stata stata una famiglia, che mi ha accolto in ogni momento, mi ha dato un posto dove stare, mi ha dato altri fratelli che diversamente non avrei mai avuto , è stata un strada da seguire che mi ha permesso di fare tra le 7 e le 8 miliardi di esperienze, negative e positive, mi ha fatto conoscere persone, stringere legami che tutt’ora sono fortissimi e vivi con persone di qualsiasi zona dell’Italia e non.
Ha avuto la pazienza di farmi da vice mamma e vice papá, che per quanto insostituibili potranno mai essere, spesso e volentieri a 1000km di distanza, facevano fatica a gestirmi.
Ragazzi, è stata una tour operator clamorosa, mi ha fatto conoscere posti che mi porto nel cuore ancora oggi per la bellezza pazzesca e mi ha imposto di approfondire la conoscenza con luoghi che a prima occhiata non mi sarebbero andati a genio, facendomene scoprire invece tutti i lati positivi.
Mi ha permesso, da buona agenzia matrimoniale, di rendermi conto che il basket che corteggiavo io non fosse l’unico, ma ne esistevano altri mille in giro, che soprattutto sembravano tollerarmi vagamente meglio rispetto a quello!
È stata un’università clamorosa. Ha professato pazienza, ha spiegato i rapporti umani, ha tenuto lezioni su cosa non fare mai in uno spogliatoio (ci vorrebbe una lettera a parte), corsi di gestione delle emozioni, ai quali spesso ero però assente, lo ammetto, e dottorati sul non arrendersi di fronte a imprevisti e problemi perchè c’è sempre qualcosa di positivo, dopo.
È stato dolore, molto, un ginocchio, una serie incalcolabile di infortuni, punti, lesioni ecc...ma che si è trasformava in gioia, infinita, ogni volta che dopo ogni stop rimettevo il culo al suo posto, sul parquet.
Sei stata insegnamento, quello giusto, quello sano, hai indotto in me principi come il rispetto, la condivisione, la trasparenza, la fiducia e l’onestà
È stata un turbinio di esperienze, una montagna russa emozionale, una corsa su una Ferrari lanciata ai 300km orari su un rettilineo costituito dalle tappe della mia vita...
Inoltre la cosa assurda è che non so bene cosa potrebbe diventare in un futuro prossimo, tra qualche anno, ma mi incuriosisce da matti pensarci, fermarmi anche solo qualche secondo ogni tanto e chiedermi in cosa potrebbe ancora evolvere il nostro rapporto così lungo e così mutaforma giá fin’ora.
Ma ritorniamo alla domanda iniziale, che si è divagato un po’ troppo mi sa...
Cara palla a spicchi, cosa sei quindi per me ora?
Sono convinto che tu, per me, sia tutto quell’insieme di emozioni, insegnamenti ed esperienze che buttate nell’enorme calderone che porta il mio nome, mi abbiano portato ad essere la persona che sono ora, componendo la parte migliore di me.
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wggacademy · 3 years
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...La pallacanestro è stata una, forse l'unica, costante della mia vita. Sempre lei ma in due forme assolutamente diverse tra loro.
La prima da “giocatrice”: mio nonno aveva una società di pallacanestro qui in paese, ed era uno di quei presidenti con la P maiuscola. Era quasi sempre presente, ed io con lui; dai 4 anni in poi il mio "dopo scuola" era la palestra. ed è forse più per amore suo che per ispirazione che ho iniziato a giocare con la palla a spicchi.
Ho amato tutto di questo sport: le trasferte infinite per i campionati, i primi week-end fuori per qualche torneo, i tornei internazionali, i camp estivi...e tutto con un gruppo alle spalle. “La Squadra” è un’altra parte fondamentale per me: riuscire a trovare delle persone affini con cui condividere tutte le gioie e i dolori di partite, allenamenti e ritrovi ai campetti è per me un qualcosa di indispensabile.
Non sempre semplice, perché non dimentichiamoci che stiamo parlando di gruppi femminili che, soprattutto in adolescenza, si possono rivelare più letali di una Swat addestrata ad uccidere.
Agli allenatori che sono sopravvissuti ai nostri spogliatoi, al di là del risultato cestistico, avrebbe dovuto dare la medaglia al valore.
La seconda è stata, e lo è ancora oggi "lavoro": sono riuscita a trasformare la mia passione in lavoro. tramite un vecchio amico, quasi per gioco sono tornata in palestra come istruttrice mini-minibasket...e da li è stato un crescendo tra squadre e corsi scolastici.
E sono stati i palloni taglia 5 che mi hanno nuovamente fatto innamorare del basket. 
Passare ore e ore in palestra vedendo dei piccoli nani correre e imparare a coordinare braccia, gambe e palla; milioni di scarpe da allacciare, le trasferte ad allarme vomito, le ginocchia sbucciate, le lacrime (mai per un canestro non fatto ma perchè il compagno non aveva condiviso un panino o perchè l'altro non gli aveva passato la palla), le trasferte a 40km di domenica mattina con inizio gara alle 9:00, le battaglie con le borracce, una delle due scarpe persa, le felpe dimenticate sugli spalti, la divisa in polyestere stirata da mamma, gli occhiali appannati...ma allo stesso tempo tutta la loro energia, l'esultare come avessero vinto una finale NBA quando vincono un tempo su 6, i sorrisi quando li convochi, le manine che salutano mamma e papà sugli spalti durante un terzo tempo, l'enorme quantità di cibo quando c'è un compleanno, le contese paragonabili solo a un incontro professionale di lotta libera, gli abbracci quando segnano... 
...ma la cosa che più di tutte è sempre stata una sfida sono le marcature! Si, proprio quelle, che nel basket ci sembrano la cosa più ovvia del mondo: il coach ti dice che marchi il "7", dai uno sguardo in giro, lo trovi e non lo molli (almeno ci provi). nel minibasket invece no, non funziona cosi: tu istruttore dici a "Paolo" che marca il 7; lui tutto contento entra in campo consapevole di dover cercare il numero 7. Lo trova. Ci chiacchera 2 minuti. Corre verso di te tutto agitato e sconvolto (in contemporanea l'istruttore della squadra avversaria vive la stessa scena con il suo 7) e arrivato ti dice: "ho parlato con il 7, HAI SBAGLIATO marcature, lui mi ha detto che marca "Giovanni, chi marco io?". E questo, a rotazione succede a tutte le partite, e generalmente mai a gioco fermo.
Ma il minibasket è un mondo fantastico, più amore dai alla palla a spicchi, più i bambini ne assorbono, più te ne torna indietro. È la mia forma preferita di questo sport...unica, infinita e incredibile.
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wggacademy · 3 years
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Quando si scrive qualcosa di cosi importante, per alcuni di noi, credo che la tecnologia non sia di supporto, note del cellulare, pc, tablet, credo che carta e penna, senza sofismi, metafore, paroloni, siano gli strumenti migliori. Credo che si debba usare l’istinto e come si dice in gergo” flusso di coscienza” tra il passato e emozioni.
Potrei dirvi che quando hai 8 anni e l’anno è il 1992, se scopri grazie a una videocassetta un tizio con una canotta rossa e il numero 23, inevitabilmente credi di volare.
Bill Russel disse “Il basket è l'unico sport che tende al cielo. Per questo è una rivoluzione per chi è abituato a guardare sempre a terra.”
Poteri dirvi che nel mio piccolo paese il basket in quei anni era lo sport principe, tutti noi ragazzetti giocavamo, dal più basso, (cioè io) al più alto, dal magro al grassoccio, dal più brillante a scuola al meno brillante.
Potrei dirvi quanto ero felice quando sotto le feste di Natale, in un negozio in via Sacchi a Torino, mio padre mi comprò le air Jordan 8.
Minchia ragazzi! adesso si che si vola.
Potrei dirvi che a scuola, durante gli intervalli passavamo il tempo a scambiarci le figurine Upper Deck (molto più fiche, essendo in cartoncino, delle figurine panini dei calciofili), a sfogliare la rivista Superbasket e conoscere le città degli Stati Uniti solo per la squadra di appartenenza.
Potrei dirvi di mio fratello Luca, maggiore di 3 anni, che con lui nel cortile dei miei genitori costruimmo il nostro campetto, tracciando le line del campo a mano libera, con una tinta indelebile sul cemento. Ma soprattutto potrei dirvi dello sguardo di mio padre geometra tornato da lavoro alla vista di quell’obbrobrio. Aspettandoci una cazziata colossale ci disse: adesso vi tenete sta schifezza tutta storta! Se aveste chiesto a me lo avrei tracciato come quello nelle palestre. In quel campetto passavo tutto il giorno, a tirare sognando di essere un grande giocatore e inevitabilmente a farmi battere da mio fratello maggiore. Ps: ad oggi non c’è storia!
Potrei dirvi della mia canotta verde con il numero 11 nella squadra di Pino Torinese, il tifo dei compagni di classe con le bottiglie d’acqua vuote piene di sassolini che battevano sopra la balaustra che divideva spalti e campo, i primi schemi di gioco che dovevo conosce meglio degli altri per il mio ruolo Playmaker, che inevitabilmente dimenticavo.
Poteri dirvi del derby Pino–Chieri, sentito da noi piccoli tanto quanto i grandi, maledetto derby! Siamo pari, sono in doppia cifra a fine del secondo quarto, andiamo negli spogliatoi, il coach ci carica e rientriamo in campo. Era usanza durante l’intervallo di metà partita, che gli amici sugli spalti entrassero in campo per tirare, in quel frangente dopo due ottimi tempi mi scontrai contro un mio compagno di classe… Clavicola rotta! (fanculo Vincenzo). Non immaginate, o forse si, la frustrazione di non finire quella partita ed il campionato.
Poteri dirvi che dopo quel episodio a 14 anni il mio mondo del basket cambiò e si evolse in: campetto, campetto e campetto. Chieri San Silvesto.
Al campetto ho conosciuto una socialità che non ho mai riscontrato in nessun frangente. Anche qua dal più basso, (oggi non sono sempre il più basso) al più alto, dal magro al grassoccio, dal più brillante a lavoro al meno brillante, dal ricco al meno ricco, dal chiaro allo scuro. Ricordate la storia della Livella di Totò, andate a leggerla e associatela al basket nei Playgroud. 
Potrei dirvi che a 16 anni ero al secondo appuntamento con una ragazza che mi interessava molto, domenica pomeriggio, andiamo nel parco dove c’è anche il campo da basket, da me frequentato abitualmente. Ci sediamo su una panchina e tra varie effusioni arrivano i miei amici, vestiti in tenuta da basket, io in jeans e scarpe non adatte. Lei capisce che la mia priorità e fare un tiro, mi alzo e mi metto a tirare, faccio due tiri, nella mia testa da adolescente scemo “cosi vede come sono figo” dopo due tiri ne faccio tre, poi una partita, poi un'altra. Dopo due ore di gioco tutto tronfio vado da Sara per trovare approvazione mi guarda e mi dice: “Ti sei divertito?” Non si è mai più fatta sentire! 
Il primo amore non si scorda mai… il pallone a spicchi.
Potrei dirvi che la mia continuità con il gioco non è stata costante, ma l’amore non è mai sceso, che tra tornei e vari campetti in città diverse ho avuto la mia involuzione ma è la Mia quindi va bene.
Potrei dirvi che per motivi di lavoro ho conosciuto un membro fondatore di WGG, parlando mi invitata a giocare il giovedì sera in uno spazio riservato in palestra. Conoscendo tutto lo staff ne entro a far parte, la mia passione per la pallacanestro si rinvigorisce. Tornei, progetti, divertimento, amicizia, insomma Basket a 360 gradi.
Oggi Vi dico che a 36 anni quando compro delle Jordan trono bambino e quando le indosso volo come allora, che la Livella è importante, che quando guardo le figurine ripenso ai compagni delle elementari, che il campetto a casa dei miei genitori non c’è più, ma prima poi con mio fratello e mio padre lo rifaremo con tutti i crismi, che la mia canotta 11 è ancora nel mio armadio, che quando gioco a volte la spalla della clavicola rotta mi fa male, che in estate di domenica sono spesso al campo di San Silvesto e che il progetto WGG è in costante evoluzione.
Vi dico che quando gioco a basket il tempo si dilata e la mente si svuota.
Vi dico, che per me, l’amore per il basket non morirà mai.
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wggacademy · 3 years
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Paragonando la pallacanestro ad una persona, per me si tratta di un amore adolescenziale intenso, nato appunto intorno ai 14 anni, ma praticamente mai corrisposto, proprio per questo motivo forse non l'ho mai inseguito con la giusta convinzione, ne come giocatore, ne come narratore e ne come organizzatore. 
L'orgoglio che non ti permette di spenderti fino in fondo per chi non ti apprezza o puro istinto di sopravvivenza nel non consumare troppe energie in attività comunque non essenziali? Probabilmente entrambe le cose, con prevalenza della prima, tuttavia non ci siamo mai allontanati definitivamente, magari delle pause anche lunghe, ma oggi sono qui, alla soglia dei 50 anni, a passare ogni mia giornata in cui questa passione tossica, almeno per qualche minuto torna a tormentarmi, sarà masochismo? 
C'è da dire che fortunatamente questa "bastarda" non ha mai nuociuto alla mia salute, si, qualche lieve infortunio, qualche ora di troppo rubata agli affetti, al sonno e anche al lavoro, ma tutto sommato mi ha reso resistente alla fatica mentale e fisica, e soprattutto regalato gioie e ricordi indelebili, decisamente sporadici, episodi di goduria che durano magari 5 minuti o qualche ora, ma che in realtà sono puro ossigeno, e danno piu senso alla mia vita, quindi aspetto il prossimo, speriamo a breve.
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wggacademy · 3 years
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Io e te? Una relazione difficile la definirei… io sempre a rincorrerti, tu sempre a fuggire…
La storia comincia con la più classica iconografia… un bambino piccolo che a malapena arriva alla finestra che ti fissa con il naso stampato sui vetri. Eh già, perché dove sono nato si gioca all’aperto, non ci sono palestre o palazzetti, ma un campo all’aperto piastrellato. Un campo dove qualche eroe incomincia a fare corsi di minibasket e ad allenare bambini indisciplinati… non durerà molto, o almeno non abbastanza da permettermi di avvicinarmi a te nel modo più canonico. 
Poi si cresce, nel frattempo ho provato qualsiasi sport salvo il calcio, a cui gioco già con scarsi risultati ogni giorno…. La porta è il mio regno, quello dei più scarsi nelle interminabili partite da ragazzini, diciamocelo, soprattutto perché i piedi li ho quadrati ma con le mani me la cavo. 
E poi tuo fratello, partito troppo presto via da casa, che quando torna sembra il tuo Dio personale. Lo adori e ti manca e lui gioca a basket e tifa Milano (ok ho detto “credevo” fosse un Dio), quella Milano delle otto finali consecutive, quella di D’Antoni e MacAdoo quella di Meneghin e Premier, Pittis e Gallinari, quella allenata da quel signore piccolino in mezzo a quei giganti con l’accento strano. E quella voce la risenti anche quando guardi le partite, sempre con il fratellone, che si giocano in America, quelle sfide tra Lakers e Celtics, tra Magic e Bird ( questa volta il fratello sceglie bene e opta per Los Angeles!). ed in quelle sfide la cosa che, bambino, ti colpisce di più è proprio la voce di quel signore che urla “gancio ciiiielo”…. Perché diciamocelo, Magic è Magic, Bird una macchina, ma quel signore là che fa quel movimento elegante è proprio il top.. Kareeeeeeem. 
E poi via veloce, carrellata stile cinema…. Il primo gommone della Mikasa, il primo pallone serio e tutti i pomeriggi ore in quel campetto all’aperto a provare ganci su ganci, insieme a pochissimi altri che provano ad alzare gli occhi al cielo anziché tenerli su una palla rotolante a terra. 
Ma il mio amore diventa maturo quando incontra il basket femminile. Eh già, proprio così! In quel campo piastrellato si allena una squadra femminile, l’unica del mio paese di 3000 anime, che gioca ogni partita in casa la domenica mattina o il sabato pomeriggio. Comincio a diventare supporter ( più delle ragazze che del basket, diciamocelo, l’adolescenza avanza!) e non mi perdo una partita, ma neanche un allenamento. Tento di capire come si fa quel movimento, memorizzo gli esercizi da riprovare il pomeriggio dopo, fino a che l’allenatore ci propone di giocare contro le ragazze. Inutile dire che ho capito lì e non su un playground malfamato di New York il vero senso del gioco “fisico”: sono tutte molto carine ed anche brave, ma menano come dei fabbri. 
Dopo qualche mese approdo ad una squadra… incredibile: divisa, borsa, tuta ah no… la borsa te la porti da casa, la divisa la lavi e la riporti l’allenamento dopo, la tuta costa come un weekend alle barbados… la mia carriera come tesserato dura poco, anzi pochissimo. Dopo mezza stagione mi sfascio le ginocchia, carriera (auhauahuahuahuah) finita. Poi c’è la maturità, devi studiare… poi il trasferimento all’università, Torino. E qui il campetto sotto casa non c’è più… poi la storia continua come per tanti altri, il campetto, gli amici, campionati dilettantistici e tutti i playground possibili immaginabili, fino ad oggi, alla soglia dei cinquanta, dove ancora mi faccio schiacciare in testa, ma questa volta ho l’alibi dell’età, delle ginocchia e del fisico non proprio scultoreo. 
Eh sì, ti ho rincorso sempre, non ti ho raggiunto mai. 
Se ti incontrassi, ti immagino come una di quelle donne non perfette, ma affascinante e stordente e in un fumoso bar d’altri tempi, guardandoti negli occhi e con un dito sotto il mento, con un gesto a metà tra Humphrey Bogart e Coliandro, ti direi: “Ehi bambina, mi devi delle articolazioni”
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wggacademy · 3 years
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Taurjian J. Fontenette a.k.a. “Air Up There”.
Classe 1983, 188cm per 84kg.
Nato a Hitchcock in Texas, Taurian è praticamente l’uomo che sapeva volare.
Diventa famoso inizialmente per le sue giocate schiacciate, gioca più spesso oltre il ferro che coi piedi per terra. La fama vera e propria la ottiene quando su SportsCenter, in onda su  ESPN mandano il videoclip di una sua schiacciata in . Ovvero un avvitamento dopo il salto per andare a schiacciare. Pensate alle difficoltà di coordinazione ed elevazione che rendono la schiacciata a  gradi una delle più difficili da eseguire, Taurian la effettuava in 720...
Il  è sempre stata roba da poco per lui, che si è dilettato per parecchio tempo inserendo un cambio di mano sotto le gambe per la sua rivisitatissima versione personale.
1 metro e 88 di dinamite nelle gambe. Mulinelli, schiacciate dopo aver afferrato un alley oop scagliato ad altezze impensabili per molti giocatori o anche solo semplicemente salti in cui sembrava fosse roba semplice arrivare con la fronte ad altezza ferro, riassumono perfettamente l’alto contenuto di spettacolo che questo giocatore permetteva di ammirare durante le sue partite.
Mr.720 è considerato ancora oggi uno degli schiacciatori migliori di sempre, e noi non fatichiamo molto a crederlo!!
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wggacademy · 3 years
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Aaron Owen a.k.a. “AO”.
Classe 1974, 190cm per 85kg.
Nasce  Philadelphia, in Pennsylvenia, playmaker elettrico dopo un’ottima carriera collegiale ha debuttato nel Mixtape Tour dalla sua origine fino al 2007.
Gestione del pallone da manuale e una sensibilità di mano che gli permetteva di far finire la sfera dove voleva lui, inventandosi passaggi spettacolari che finivano quasi sempre con un’inchiodata.
AO nei suoi anni di Mixtape ha sempre avuto un vizio particolare, con cui faceva impazzire il difensore. Durante il palleggio mentre era marcato in modo spesso anche asfissiante, riusciva a prendere la canotta dalle spalle e infilarla sopra la testa del povero avversario di turno, che veniva disorientato e mandato letteralmente al bar. Il tutto a una velocità d’esecuzione impressionante.
Alley oop, assist, finger roll e tunnel che arrivavano sempre più frequenti quando Aaron era in campo, hanno portato il suo livello di spettacolo a vette altissime, che unite alla capacità di disorientare il difensore lo portavano ad essere un giocatore letale.
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wggacademy · 3 years
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Larry William a.k.a “The Bone Collector”.
Classe 1980. 183cm per 91kg.
Nasce a Tyler, in Texas, e si, The Bone Collector significa “il collezionista di ossa”, solitamente quelle delle caviglie del suo difensore, che spezza matematicamente con degli ankle breaker pazzeschi.
Questa sua caratteristica gli ha portato il riconoscimento di streetballer più pericoloso al mondo dalla rivista Slam. Nel suo curriculum ci sono sfide 1vs1 con gente del calibro di Allen Iverson e Kobe Bryant.
Diventa un giocatore d’élite al Rucker Park, il playground più famoso del mondo, ottenendo col tempo la nomea di collezionista d’ossa. I suoi crossover e le sue finte di corpo portano il difensore a sbilanciarsi sempre di più, facendolo cadere; da qui prende il nome questo movimento, l’ankle braker, ovvero “lo spezza caviglie”.
E quale miglior modo per festeggiare ogni tacca aggiunta al suo pallottoliere fatto di cadute e sbilanciamenti, se non con un soprannome del genere?
The Bone Collector inizia a farsi un nome dopo aver vinto il trofeo di MVP al torneo del  Rucker  Park per ben 5 anni di fila. Nel suo palmares c’è la nomina all’interno dei migliori 25 giocatori di streetball da parte della rivista Complex e nei 50 migliori di sempre da parte della STREET BASKETBALL ASSOCIATION.
Ad oggi Larry è personal trainer di diversi giocatori NBA e collegiali in diverse cliniche oltre che aiuto allenatore dell’Università di San Gabriel, in California.
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wggacademy · 3 years
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Grayson Scott Boucher a.k.a. “The Professor”.
Classe 1984, 177cm per 73kg.
Nasce a Kaizer, in Oregon. Grayson è il massimo esponente in materia di ball handling e freestyle, non per niente il soprannome, The Professor, ovvero il professore, non ha bisogno di spiegazioni.
Iniziò tutto a Portland nel 2003, quando durante uno degli showcase del Mixtape Tour scoprì che si stavano tenendo dei provini a cui decise subito di partecipare. Fu amore a prima vista. Immediatamente inserito nel roster del Mixtape Tour, si ritaglia uno spazio sempre più importante all’interno del progetto, fin a diventarne praticamente l’uomo immagine.
Non esiste un vero e proprio marchio di fabbrica, The Professor col pallone in mano incanta facendo qualsiasi tipo di movimento, finta, tiro o passaggio. La sua corporatura smilza unita al controllo di palla perfetto che possiede l’ha reso immarcabile praticamente per chiunque.
Ora Boucher insegna tramite video su Youtube a tutti gli appassionati come migliorare sempre più la gestione del pallone, oltre ai vari movimenti che l’hanno reso il freestyler più famoso del mondo.
Ha recitato in diversi film, ottenendo il ruolo di protagonista nella pellicola di “Ball Don’t Lie”. Inoltre è famoso sul Web per i suoi travestimenti da Spiderman o Deadpool con cui si presenta nei vari campetti sfidando chiunque si presti (e solitamente “umiliando” tutti in partitelle veloci):
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Troy Jackson a.k.a. “Escalade”.
Classe 1973, 208cm per 227kg.
Nasce a New York, più precisamente nel Queen questa montagna umana, che su un campo da basket sapeva però intrattenere come pochi, unendo alla mole che possedeva movimenti fluidi e un freestyler da vero professionista.
Marchio di fabbrica di questo vero e proprio gigante era la visione di gioco che unita al trattamento di palla si trasformava in assist visionari per i compagni che nel 99% delle volte ringraziavano con voli ben sopra i 3.05m per delle schiacciate da urlo.
Il soprannome “Escalade” deriva dal nome di un SUV della Cadillac, che evidentemente ricordava molto il nostro Big man per stazza e potenza.
Troy viene inserito subito nel roster del primo Mixtape Tour del 2002, con cui partecipa a praticamente tutte le partite dal primo anno di creazione. Segnaliamo un’apparizione sulla copertina di Sport Illustrated per lui, oltre ad essere stato definito come leggenda dello streetball dalla rivista americana “Jet”.
Da segnalare nella sua carriera alcune partite per Louisville, squadra di college da cui aveva ottenuto un’offerta per una borsa di studio, (a patto che perdesse peso), ma in cui ha sempre avuto un ruolo piuttosto marginale.
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wggacademy · 3 years
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Philip Champion a.k.a. “Hot Sauce”.
Classe 1976, 185cm per 73kg.
Nasce a Jacksonville, in Florida, questo giocatore elettrizzante, dotato di un ball handling spaventoso che allena già dall’infanzia in modo quasi ossessivo.
Marchio di fabbrica il suo crossover letale, con cui riesce in modo sistematico a battere il difensore che si trova davanti, a cui accosta la sorprendente capacità di far rimbalzare la palla sulla fronte dell’avversario nel bel mezzo di movimenti e finte, per poi riprenderla, lasciandolo disorientato per qualche secondo.
Porta a livelli altissimi il trattamento di palla, affinanando sempre di più il suo freestyle, che, applicato su un campo di pallacanestro durante uno dei tanti showcase a cui partecipa, lo rendono altamente spettacolare da vedere.
Prende parte al MixTape Tour, serie di partite organizzate sia all’interno che all’esterno dei confini americani della nota marca di abbigliamento cestistico, la And1, fin dalle sue origini nel 2002.
Nel 2006 viene ingaggiato a recitare nel film “Crossover”.
Le sue doti fisiche unite ad una non entusiasmante rapidità gli precludono da subito qualsiasi possibilità tra i pro, ma le sue doti balistiche lo rendono uno dei freestyler più famosi di sempre.
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