«Io non ho bisogno di denaro.
Ho bisogno di sentimenti.
Di parole, di parole scelte sapientemente,
di fiori detti pensieri,
di rose dette presenze,
di sogni che abitino gli alberi,
di canzoni che facciano danzare le statue,
di stelle che mormorino all'orecchio degli amanti.
Ho bisogno di poesia,
questa magia che brucia la pesantezza delle parole,
che risveglia le emozioni e dà colori nuovi.»
(Alda Merini).
La delicata mano di Alice spostò il pesante tendaggio che celava la finestra. La luce artificiale dei palazzi irradiò la sua esile figura avvolta da un dolcevita nero e dei fuseaux del medesimo colore, brillando sui sottili capelli raccolti con uno chignon. Gli occhi della donna sovrastavano la città, percorrevano le strade notturne i cui bagliori lampeggiavano riflessi nel nevischio, fino a fermarsi sulla ruota panoramica che regalava agli avventori una vista incantevole dei viali alberati brulicanti di gente.
Sorseggiava un bicchiere di vino rosso che ne ammorbidiva e ovattava i pensieri. Lo sguardo non aveva indugiato a caso sul luna park. Raggiunta l’attrazione principale, si era ancorato come un’asse di legno intrappolata da un morsetto da falegname e non si era più schiodato.
Tre anni prima, dopo un giro su quella giostra iniziò il calvario dal quale ancora non si era ripresa. Scese dalla pedana e senza alcuna avvisaglia svenne, nell’incredulità generale. Gli accertamenti che ne seguirono evidenziarono il contagio di un batterio molto aggressivo che ne fiaccò il fisico e la voglia di sorridere. Passò dall'essere una ballerina in tour nei migliori teatri del paese, al fare solo tappe negli ospedali debitamente bardata di mascherina.
Fu in quel contesto, in una sala d’aspetto, che incontrò Buck, un uomo che aveva perso la vista in seguito a un grave incidente.
«Capriccio n. 5 di Paganini. È raro sentirla come suoneria, dev’essere un’intenditrice» disse l’uomo dopo aver udito Alice terminare una telefonata.
Lei sorrise.
«Già, così come è raro che qualcuno la usi per attaccare bottone. Piacere, Alice. Lei?»
«Buck. Mi perdoni se le sono sembrato indiscreto» ribatté imbarazzato.
«Niente affatto. Sa, la musica mi estrania dal mondo, fa sbiadire i problemi e colora con tinte vivide solo ciò che ho di bello nella vita. Chopin, Paganini, Vivaldi mi fanno sognare. È bello poterne parlare a un altro amante del genere».
Buck annuiva coinvolto: «Sono d’accordissimo con i suoi pensieri! La musica è quel balsamo che lenisce i malumori e li sostituisce con candore e serenità».
Dopo quel primo scambio di battute, i due intavolarono un discorso condito di ricordi e melodie. Scoprirono che Alice aveva danzato in un teatro in cui Buck si era esibito e questo piccolo particolare costituì un punto di svolta. Prima dell’incidente, Buck aveva potuto ammirare quella donna e ne aveva ancora l’immagine impressa negli occhi. La grazia e la passione che emanava con le sue movenze l’avevano incantato. Lui però si sentiva solo un violinista qualunque di un’orchestra qualunque, mentre lei era un astro in ascesa, così non ebbe il coraggio di presentarsi.
C’era molto di cui discorrere, così a quell’incontro fugace ne seguirono altri e contribuirono a creare armonia. Buck rispolverò il violino per allietare la sua musa e le promise che le avrebbe composto un pezzo per renderla immortale. Doveva essere una sinfonia su cui poteva sognarla danzare con l’abito viola, con cui la ricordava.
Inizialmente Alice si comportò da mamma chioccia, prodiga di protezione per il suo pulcino, ma Buck le fece comprendere di aver bisogno solo che lei si sciogliesse come avrebbe fatto con chiunque altro. Questo permise loro di gustare ogni secondo insieme e la donna tirò fuori quella forza che giaceva sopita in lei.
I fiocchi di neve cominciavano a cadere più numerosi. Alice guadagnò il divano continuando a sorseggiare vino. Ciondolava la testa a ritmo del 𝑪𝒂𝒑𝒓𝒊𝒄𝒄𝒊𝒐 𝒑𝒆𝒓 𝒄𝒖𝒐𝒓𝒊 𝒗𝒊𝒐𝒍𝒂; l’ascoltava in loop. Buck ci era riuscito. Si percepiva l'amore per la musica, delizia per l’immaginaria danza di un’ex ballerina; il romanticismo dei dettagli evidente dal titolo, unione dei particolari dei loro primi due incontri; la malinconia di un uomo che stava morendo.
Buck se n’era andato da un paio di mesi. In realtà gli ospedali li frequentava per una patologia che adagio adagio lo consumò. L’animo di Alice accusò il colpo e, come le sue gambe, non fu più in grado di sostenere il peso delle sofferenze. La donna finì per galleggiare sospesa, trafitta e allo stesso tempo cullata dalle note del violino. Annebbiata, posò il vino e si addormentò sul sofà affondando tra le lacrime e i rimpianti di ciò di cui, ancora una volta, la vita l’aveva privata.
questo tempo che mi ruba l'anima,
questa ansia che centesima ogni mio passo,
queste paure che mi bloccano la voce.
io viaggio con la mente e nel frattempo,
sento il silenzio che si accende tra le strade.
gli occhi si opaccizzano guardando il vuoto
e le orecchie sentono soltanto la musica che scorre nelle orecchie.
tutto è pace… ogni mio attimo è evasione.
È un gioco sottile di giuste distanze, ma il corpo grida aderenze che gestisco a fatica.
Più facile è dichiarare sentimento.
Per questo bastano le parole. A qualsiasi distanza. Un tasto di “invio”, il coraggio di frasi a metà, quella battuta che potrebbe avere un doppio senso, ma facciamo finta che così non sia...
Il Desiderio, invece... beh... mi rende goffa nei gesti, in un gioco che sembra una danza per non essere mai troppo vicini... senza essere lontani.
Ho curiosità di profumi, sapori, abbandoni, mani che si sfiorano, pelle nuda di vestiti e ostacoli e... Vorrei chiederti - assurdità in parole - che sapore hai, cosa ti piace in una donna, se provi attrazione per me... Tutte domande sospese che mi attraversano i pensieri per poi sciogliersi in silenzi.
Il Desiderio che provo per te non si racconta con la parola “sesso”... Ha a che fare con l’appartenenza, con il desiderio di conoscerti, con l’intimità che spinge per essere vissuta, con l’esigenza di abbandono totale che sono stanca di controllo e distanza e di ciò che è giusto e di andarmene quando vorrei restare.
Non so davvero più dove nascondere il desiderio di Te. Permettimi di viverlo!
Voglio tremare con Te.
(Letizia Cherubino, anteprima tratta da Se non t’incontro nei sogni, ti vengo a cercare)
C’è un lungo silenzio. Ma i silenzi non sono più quelli di prima. Prima, ciò che le parole evitavano o si dimenticavano di dire lo dicevano i silenzi con la sfacciataggine dei bambini o dei pappagalli, ma ora non più, ora i silenzi sono privi di vita e non hanno nulla da aggiungere a quanto è stato detto. Sono così ottusi e spessi, i silenzi, che nemmeno i luoghi comuni, le frasi fatte, riescono ad attraversarli.