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#monti pallidi
designmiss · 8 years
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A Cortina arriva la Starlight Room https://www.design-miss.com/cortina-arriva-la-starlight-room/ Una stanza di vetro sotto il cielo delle #Dolomiti
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autolesionistra · 1 year
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Cogli occhi spenti, con le guancie cave, Pallidi, in atto addolorato e grave, Sorreggendo le donne affrante e smorte, Ascendono la nave Come s’ascende il palco de la morte.
E ognun sul petto trepido si serra Tutto quel che possiede su la terra, Altri un misero involto, altri un patito Bimbo, che gli s’afferra Al collo, dalle immense acque atterrito.
Salgono in lunga fila, umili e muti, E sopra i volti appar bruni e sparuti Umido ancora il desolato affanno Degli estremi saluti Dati ai monti che più non rivedranno.
Salgono, e ognuno la pupilla mesta Sulla ricca e gentil Genova arresta, Intento in atto di stupor profondo, Come sopra una festa Fisserebbe lo sguardo un moribondo.
Ammonticchiati là come giumenti Sulla gelida prua morsa dai venti, Migrano a terre inospiti e lontane; Laceri e macilenti, Varcano i mari per cercar del pane.
Traditi da un mercante menzognero, Vanno, oggetto di scherno allo straniero, Bestie da soma, dispregiati iloti, Carne da cimitero, Vanno a campar d’angoscia in lidi ignoti.
Vanno, ignari di tutto, ove li porta La fame, in terre ove altra gente è morta; Come il pezzente cieco o vagabondo Erra di porta in porta, Essi così vanno di mondo in mondo.
Vanno coi figli come un gran tesoro Celando in petto una moneta d’oro, Frutto segreto d’infiniti stenti, E le donne con loro, Istupidite martiri piangenti.
Pur nell’angoscia di quell’ultim’ora Il suol che li rifiuta amano ancora; L’amano ancora il maledetto suolo Che i figli suoi divora, Dove sudano mille e campa un solo.
E li han nel core in quei solenni istanti I bei clivi di allegre acque sonanti, E le chiesette candide, e i pacati Laghi cinti di piante, E i villaggi tranquilli ove son nati!
E ognuno forse sprigionando un grido, Se lo potesse, tornerebbe al lido; Tornerebbe a morir sopra i nativi Monti, nel triste nido Dove piangono i suoi vecchi malvivi.
Addio, poveri vecchi! In men d’un anno Rosi dalla miseria e dall’affanno, Forse morrete là senza compianto, E i figli nol sapranno, E andrete ignudi e soli al camposanto.
Poveri vecchi, addio! Forse a quest’ora Dai muti clivi che il tramonto indora La man levate i figli a benedire.... Benediteli ancora: Tutti vanno a soffrir, molti a morire.
Ecco il naviglio maestoso e lento Salpa, Genova gira, alita il vento, Sul vago lido si distende un velo, E il drappello sgomento Solleva un grido desolato al cielo.
Chi al lido che dispar tende le braccia. Chi nell’involto suo china la faccia, Chi versando un’amara onda dagli occhi La sua compagna abbraccia, Chi supplicando Iddio piega i ginocchi.
E il naviglio s’affretta, e il giorno muore, E un suon di pianti e d’urli di dolore Vagamente confuso al suon dell’onda Viene a morir nel core De la folla che guarda da la sponda.
Addio, fratelli! Addio, turba dolente! Vi sia pietoso il cielo e il mar clemente, V’allieti il sole il misero viaggio; Addio, povera gente, Datevi pace e fatevi coraggio.
Stringete il nodo dei fraterni affetti. Riparate dal freddo i fanciulletti, Dividetevi i cenci, i soldi, il pane, Sfidate uniti e stretti L’imperversar de le sciagure umane.
E Iddio vi faccia rivarcar quei mari, E tornare ai villaggi umili e cari, E ritrovare ancor de le deserte Case sui limitari I vostri vecchi con le braccia aperte.
Edmondo De Amicis - “Gli emigranti” dal 1882 con furore
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mucillo · 1 year
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"Gli Emigranti" Edmondo De Amicis
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Cogli occhi spenti, con le guance cave,
Pallidi, in atto addolorato e grave,
Sorreggendo le donne affrante e smorte,
Ascendono la nave
Come s’ascende il palco de la morte.
E ognun sul petto trepido si serra
Tutto quel che possiede su la terra.
Altri un misero involto, altri un patito
Bimbo, che gli s’afferra
Al collo, dalle immense acque atterrito.
Salgono in lunga fila, umili e muti,
E sopra i volti appar bruni e sparuti
Umido ancora il desolato affanno
Degli estremi saluti
Dati ai monti che più non rivedranno.
Salgono, e ognuno la pupilla mesta
Sulla ricca e gentil Genova arresta,
Intento in atto di stupor profondo,
Come sopra una festa
Fisserebbe lo sguardo un moribondo.
Ammonticchiati là come giumenti
Sulla gelida prua morsa dai venti,
Migrano a terre inospiti e lontane;
Laceri e macilenti,
Varcano i mari per cercar del pane.
Traditi da un mercante menzognero,
Vanno, oggetto di scherno allo straniero,
Bestie da soma, dispregiati iloti,
Carne da cimitero,
Vanno a campar d’angoscia in lidi ignoti.
Vanno, ignari di tutto, ove li porta
La fame, in terre ove altra gente è morta;
Come il pezzente cieco o vagabondo
Erra di porta in porta,
Essi così vanno di mondo in mondo.
Vanno coi figli come un gran tesoro
Celando in petto una moneta d’oro,
Frutto segreto d’infiniti stonti,
E le donne con loro,
Istupidite martiri piangenti.
Pur nell’angoscia di quell’ultim’ora
Il suol che li rifiuta amano ancora;
L’amano ancora il maledetto suolo
Che i figli suoi divora,
Dove sudano mille e campa un solo.
E li han nel core in quei solenni istanti
I bei clivi di allegre acque sonanti,
E le chiesette candide, e i pacati
Laghi cinti di piante,
E i villaggi tranquilli ove son nati!
E ognuno forse sprigionando un grido,
Se lo potesse, tornerebbe al lido;
Tornerebbe a morir sopra i nativi
Monti, nel triste nido
Dove piangono i suoi vecchi malvivi.
Addio, poveri vecchi! In men d’un anno
Rosi dalla miseria e dall’affanno,
Forse morrete là senza compianto,
E i figli nol sapranno,
E andrete ignudi e soli al camposanto.
Poveri vecchi, addio! Forse a quest’ora
Dai muti clivi che il tramonto indora
La man levate i figli a benedire….
Benediteli ancora:
Tutti vanno a soffrir, molti a morire.
Ecco il naviglio maestoso e lento
Salpa, Genova gira, alita il vento.
Sul vago lido si distende un velo,
E il drappello sgomento
Solleva un grido desolato al cielo.
Chi al lido che dispar tende le braccia.
Chi nell’involto suo china la faccia,
Chi versando un’amara onda dagli occhi
La sua compagna abbraccia,
Chi supplicando Iddio piega i ginocchi.
E il naviglio s’affretta, e il giorno muore,
E un suon di pianti e d’urli di dolore
Vagamente confuso al suon dell’onda
Viene a morir nel core
De la folla che guarda da la sponda.
Addio, fratelli! Addio, turba dolente!
Vi sia pietoso il cielo e il mar clemente,
V’allieti il sole il misero viaggio;
Addio, povera gente,
Datevi pace e fatevi coraggio.
Stringete il nodo dei fraterni affetti.
Riparate dal freddo i fanciulletti ,
Dividetevi i cenci, i soldi, il pane,
Sfidate uniti e stretti
L’imperversar de le sciagure umane.
E Iddio vi faccia rivarcar quei mari,
E tornare ai villaggi umili e cari,
E ritrovare ancor de le deserte
Case sui limitari
I vostri vecchi con le braccia aperte.
Scritta nel 1882
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cdprocaccini · 1 year
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Progetto A.A.
(agenti atmosferici)
VITA sulle ALPI ( 11 giugno 2016)
Cari lettori, se non vi ho ancora tediato,
parlerò dell’ ambiente alpin che non ho ancora trattato.
Per lo più descriverò i boschi delle Dolomiti
dove ho lasciato ricordi e miti
di quei luoghi fatati e festosi:
dai Troll alle marmotte ,dalle streghe agli ascosi
altri personaggi che sui Pallidi Monti
vivono lieti nei tradizionali antichi racconti.
Ciuffi di felce, coraggiose pioniere ,
vi sono onnipresenti fin da remote Ere ,
le genziane invece ,color cobalto,
dimorano solo ove il pascolo si fa più alto.
Esse sono le prime efflorescenze che tornan alla memoria
non certo in maniera aleatoria,
anzi, con loro, le selvatiche orchidee
solo al pensier mi profumano le idee!
All’alba sulle rupi è costumanza osservare il cardo: un fiore
che visto così appar vizzo, tristo , minore
ma ce lo rende simpatico ed attraente
il fatto che segnali il tempo e che consente
di preveder se chiuso o aperto sarà il cielo ,
dato il suo sbocciar sul piccol stelo.
Del giglio martagone il paradisiaco aroma
rende leggera ,anche solo all’idea, ogni soma…
della corolla variopinta e carnicina
il sentor fa questa pianta amica e più vicina .
Prosperi e rigogliosi poi sono i cespugli di saporose bacche:
fragole, lamponi ,mirtilli e more a sacche…
con l’arnica miracolosa color dell’oro
rendono l’escursione un gustoso capolavoro!
Le umili, irsute e rare stelle alpine in altre passeggiate
come i rododendri rosseggianti e fieri ci sono donate.
Celeberrimo è il gran pregio di questo vivo paesaggio
di preziosi abeti per il violin del saggio
genio di Stradivari ,che giungono al ghiacciaio
rendendo a chi gode della loro frescura ,gaio
il sentimento. Anche gli immancabili crochi a distese
hanno reso celebre il nostro Paese
per i pistilli dei fiori alteri e saporiti:
in quantità inusitate color lillà, che, ritti
sui loro brevi fusti,
par che attendano che l’uom li gusti!
Altri esseri esistenti che ci danno alimento,
spesso ricordati per lo sviluppo lor per nulla lento,
sono i corpi fruttiferi che dalle spore nascono: i funghi.
Con i propri filamenti ,detti miceli , lunghi,
si espandono ,operosi ,sotto terra
e ,a volte, alle radici delle “piante ospitanti” danno guerra.
Questo fecondo tessuto si accresce davvero d’ogni parte ,
e dona al frutto boschivo di maturazion munifica l’arte.
Così del boletus edulis (porcino) carnoso e sodo
possiamo gustar le carni in quanto ottimo in ogni modo.
Il gallinaccio o finferlo color giallo – arancione
potrem trovare quasi in ogni stagione.
Di primavera ed autunno ,difatti ,ed in ogni dove
è presente ,come dice la leggenda, in particolar se piove.
La vescia : principessa dei pascoli alpini,
a forma di pera e biancastra ,sa ben colonizzar i verdi crini .
Spesso durante le gite l’ho notata
ma , per un qual pudore, mai l’ho assaggiata!
Infine l’ammanita phalloides con altri suoi compagni,
tra foreste di noccioli e castagni
e sotto la quercia specialmente
ormai di raccogliere nessuno se la sente.
Infatti questo fungo è da sempre famoso
per esser indigesto e mortalmente velenoso
Nella valle verdeggiante : pennacchi a praterie
di steli morbidi, selvaggi ed superbi ci segnano le vie
della serenità : nei pascoli succosi degli armenti
ci si riposa dopo lunghe gite, sebbene a passi lenti.
Papà mi educò ad amare i boschi davvero con il cuore
e di questi fruire del magico buon umore.
Dell’erba che al vento ed al sol si inchina
come gli anemoni sulla barriera corallina
egli mi rivelò il curioso ed eloquente nome: “tremolina”.
Delicatissima , della vegetazion alpina
carezzevole verzura ornamentale,
a fasci e fasci ne facevamo incetta, e quale
regina delle pianure ,arse dal sole impietoso,
sebben adusta ,di moltiplicarsi mai si dà riposo.
A casa nostra mai mancava ed in gran quantità
in un vaso antico di nonna ,la cui beltà
stava per adornare per un intero anno:
diletto ricordo ,come ben poche cose esser sanno!
Purtroppo però le foreste spontanee,sono sempre più rare
ed a volte i fusti più anziani occorre diradare
per dare spazio alle più giovani piante
che, adir il vero, son ugualmente alquante!
Tra questi tronchi secolari vivono cervi scattanti ,mai indolenti
che delle merende dei vacanzieri si nutrono a quattro palmenti!
Si possono incontrare tra i muretti a secco, sotto le conifere,
loro abitazione ,velenose,le infide vipere.
In un’occasione ,sempre memento,
di aver costatato l’astuzia di una volpe che con l’intento
di sfuggire al pericolo che io rappresentavo in quel momento,
si finse morta,ed ancora non mi pento
di averla accarezzata lungamente con tenerezza
tutta umana ,a cui sicur, non era avvezza!
Chi invece si nutre sia di marmotte che di volpi
che soccombono spesso sotto i suoi rapaci colpi,
è l’aquila . Con le sue penne remiganti ben distese
e dispiegate al vento serale , mi sorprese
mentre , in ampi volteggi , di cibo era alla ricerca.
Salivamo la strada di tornanti impervia
verso l’ardua cima della Marmolada ,
ogni anno lasciata, ogni anno ritrovata,.
Famosa per la sua erta verticalità,
e per il ghiacciaio che a ognuno meraviglia dà,
è stata ascesa nel 1860 da un Inglese
che fu il primo rocciatore di ogni Paese
ad affrontare l’inaccessibile cima
mai fronteggiata con tal coraggio prima.
In quella grande impresa certo avrà osservato
lo stambecco sui ghiaioni danzar incontrastato!
Non mancavano attorno a noi anche uccelli canori.
Vi parlerò di due: entrambi migratori,
di cui il primo , insettivoro , dal breve beccuccio ,
nidifica in insediamenti umani al di là di ogni cruccio
per noi mammiferi compagni di percorso.
Dal corpo nero lucente e bianchi la gola ed il dorso,
il balestruccio, questo il suo nome comune,
con la sua coda biforcuta pur sulle rocce montane ha costume
vivere: 13 cm di lieta esistenza
in spensieratezza e di ogni timor senza!
Lo scricciolo che tra i cespugli ed il sottobosco
si nutre di insetti ed a volte bacche .Di color fosco,
ha lungo becco, occhi grandi ,sopracciglio chiaro
e con quella coda all’insù , non è certo di simpatia avaro!
Con i suoi 9 cm di vita fragile ma preziosa
sa render una giornata nera completamente rosa!
Grazie a questi piccoli volatili infatti
riusciamo a distendere i “muscoli contratti”
spesso rattrappiti della nostra mente,
e l’anima felice e candida si sente!
Nei gonfi e vivaci ruscelli ,contro corrente,
vive in acqua purissima di montagna ed è presente
solo in corsi limpidi e freschi, la trota ed il salmerino.
Lepri ed anatre fanno loro compagnia e spesso anche vicino,
si lasciano ancora osservare ,certo stupite dell’umano andare…
Molti sono gli insetti indaffarati nell’impollinare
i fiori alpestri che ho già nominato
ed altri animali più quotidiani ho incontrato
in questi luoghi che ho sempre nel mio petto:
pecore, mucche al pascolo , cavalli ed il capretto.
In nessun tempo
dimenticherò quei sentieri
che non relegherò nei miei pensieri
più nascosti ,ma con affetto e gioia
mai di ricordar mi verràn a noia.
Ovunque tu vada ,renditi testimone ed alfiere
di dignità che l’uomo condivide con le fiere
e le creature tutte ,che nel mondo intero
colman il percorso di tua vita d’Amor Vero!!!
Valentina
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durchquer22u23 · 2 years
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Dolomiten (Alpen)
Corona bedingt habe ich die Dolomiten verpasst. Die Alpendurchquerung will ich dazu nutzen die Gliederung der Alpen besser zu verstehen. Das ist kein einfaches Unterfangen. Jeder Author hat eine eigene Unterteilung und selbst die große Unterteilung in Nord-, Zentral- und Südalpen wird diskutiert. Sie hilft mir auf meiner Tour allerdings nicht viel weiter.
Wikipedia hat eine schöne Karte der Dolomiten.
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Charakteristisch für die Dolomiten ist der abrupte Wechsel zwischen sanft gewellten Almen und den darauf sitzenden steilen Riffen aus Kalkstein und Dolomit. Die Riffe ragen zum Teil bis in eine Höhe von etwa 3000 bis 3200 m.
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Langkofel
Der Name der Dolomiten wie auch des Dolomitgesteins leitet sich von dem französischen Geologen Déodat de Dolomieu (1750–1801) ab. Bevor dieser das Dolomitgestein beschrieben hat, war die Bezeichnung Monti pallidi (‚bleiche Berge‘) verbreitet.
Der größte Wirtschaftsfaktor der Region ist der ganzjährige Tourismus. Es existieren insgesamt zehn Dolomiten-Höhenwege (ital. Alte Vie delle Dolomiti), auf denen man die Dolomiten in ein bis drei Wochen durchqueren kann.
Die Almwirtschaft (hauptsächlich Viehzucht), die durch die einheimische Bevölkerung betrieben wird, ist mit ihren Traditionen zu einem bedeutenden Bestandteil des Fremdenverkehrs geworden, wiewohl ihre ursprüngliche Funktion als reiner Nahrungsmittellieferant inzwischen an Bedeutung eingebüßt hat.
(Textmontage aus Wikipedia)
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minor-solemnity · 3 years
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Hi, you’re writing is so beautiful, thank you for sharing it :)
Can I request a Tom x Reader where they take a mini vacation somewhere really secluded and they’re so happy to be finally spending time with eachother and they’re both just being super domestic and sweet.
Thank you! 🤍
Thank you my love! This prompt is giving me life istg, sweet and domestic Tom is my jam <3 I hope you like it (also am I basically writing what my dream holiday is? it's definitely possible)
Tag List : @mainlynonsense @cakesarecute @jinxqsu��  @naps-and-lemons​  @riddles-wifey​ (send me a message if you'd want to be added to the tag list!)
We are Mosaics
Tom turns to look at you and you recognise the determined glint in his eye and the set line of his lips which lets you know that a plan is forming and he won’t be dissuaded easily. “The Malfoy’s have a cottage in the Dolomites. I’ll talk to Abraxas.” He says it with such finality that you’re almost surprised before you remember that this is Tom. Tom who’s had his Slytherin cohort eating out of the palm of his hand for years, Tom who had marriage offers from a few of the lesser-known pureblood families, Tom who puts the fear of God into the hearts of most men. Of course, Abraxas would give him his family cottage.
You’re sitting on your sofa in the small flat you’ve rented above Flourish and Blotts glaring at the letter that sits innocently on the coffee table in front of you when Tom apparates through your wards. Your mood, which has been growing increasingly dark with the setting sun lifts somewhat when you see him. His jacket folded neatly over his arm and his white shirt slightly rumpled from the day, his hair, which he styles with care every morning is falling in soft waves across his forehead. In short, he looks like every one of your daydreams and you’re filled with a contented sort of triumph that it’s you who he comes home to most evenings. Your flat is small and certainly not big enough for you both to live comfortably, but he spends more time here than he does at his own, equally poky, abode.
His gaze flickers over the letter on the coffee table and you can see him putting the pieces together. “Bad news, I take it?” He asks in a slightly cautious tone that tells you he’s waiting for your imminent breakdown. You nod and sigh as you push yourself up from where you’ve been sulking for most of the afternoon. You gravitate towards him like a moth to a flame, the same way you always do, the same way you always have, and nestle yourself against him, allowing yourself to feel comforted and protected by the feeling of his arms around you.
“I just don’t understand why no one will give me a chance. I had the best marks in Arithmancy in the year,” You grumble into his chest. “Did you hear that Pearson got that Potions Mastery? He got an A in his NEWTS, Tom. Why does he get to do a Mastery and all I get is rejection letters?” You sigh because you know the answer. It’s the same reason that Tom wasn’t offered any of the prodigious jobs at the Ministry despite being the most talented wizard you’ve ever met with a resume that proves it. Wizarding society might be more progressive than the muggle world in some ways, but in the ways that matter to you and Tom, it was still stuck in the Middle Ages.
Eventually, you disentangle yourself from him and you spend the rest of the evening curled up on the sofa with him, reading and chatting idly about the stranger aspects of your respective magical theory texts. “Did you know about the coven in the Dolomites from the 1450s?” He asks, eyes trained on the page in front of him.
“Mmm, they’re the first known herders of thestrals, weren’t they?” He nods and you smile softly, “I’ve always wanted to visit there, you know? Ever since we learnt about thestrals in fourth year.”
You don’t think anything of it but Tom turns to look at you and you recognise the determined glint in his eye and the set line of his lips which lets you know that a plan is forming and he won’t be dissuaded easily. “The Malfoy’s have a cottage in the Dolomites. I’ll talk to Abraxas.” He says it with such finality that you’re almost surprised before you remember that this is Tom. Tom who’s had his Slytherin cohort eating out of the palm of his hand for years, Tom who had marriage offers from a few of the lesser-known pureblood families, Tom who puts the fear of God into the hearts of most men. Of course, Abraxas would give him his family cottage.
“The perks of having rich friends, I suppose,” You say with a small laugh and the smile he gives you in return is indulgent.
***
When Tom had first told you about Abraxas’ family cottage, you had imagined that your definition of a cottage and the Malfoy’s would be vastly different. You’d gone with Tom to one of the Malfoy Christmas parties once and had almost cried at the luxury and decadence. You’re pleasantly surprised though to find that the cottage is exactly as you’d hoped it would be: sturdy white stone, lattice windows, and a multitude of wild mountain flowers that make the place look like a fae dwelling. “This is gorgeous,” You murmur as you wander through the garden, letting the warm summer mountain air fill your lungs. “I never would have thought that the Malfoy’s would own somewhere quite so homely.” Behind you, Tom laughs softly.
“I think there’s a distant cousin who fancied herself a Marie Antoinette figure,” He says, stepping closer to you and resting his chin on the top of your head. “Are you happy?” He asks and you hum in response, bringing your arms up behind you to card through his hair. You twist around pull him closer and his hands drop to your waist as he kisses you.
You spend most of the rest of the day exploring the paths and trails close to the cottage whilst Tom sets up the wards. The worries and stresses of London seem so far away and you relish in the slight breeze against your bare arms and the feeling of long grass and wildflowers against your legs.
You think back to your childhood, to the holidays spent in English seaside resorts with your parents; when the war broke out, the holidays stopped. Your father disappeared into a trench somewhere and your mother had taken you back to her parents home and left the muggle world for good but she was never quite the same after. Hogwarts and the wizarding world, in general, offered you an escape. A home away from the sorrow of watching your family drift and sink into unspoken grief and sadness. You’d found Tom somewhere along the way, both of you finding some kind of solace and familiarity in each other. A tentative friendship had formed that had turned to a tentative romance.
You wonder sometimes, why he sticks around. Unlike the boys he surrounded himself at school with, you can’t offer him money or power or glory. You’ve had to fight for every opportunity given to you, just the same as him, and it’s still not enough. In your more anxious moments, you think about his future and your uncertainty over where you fit into it. Now, under the clear Italian skies, you think that maybe the answer is obvious: you fit together like pieces of a mosaic. Each of your broken and jagged edges finding a home next to his.
***
“You’re aware that you’re a witch, aren’t you?” Tom’s voice floats through the open doorway and you chuckle from where you’re standing on one of the kitchen workbenches. You glance over your shoulder and find him watching you with a mix of exasperation, confusion, and mild amusement. He walks over to you and stares at the pile of dough you’re kneading, his eyebrows knitting together. “I’ll get Abraxas to send one of his house-elves.”
You roll your eyes and shake your head fondly. Tom’s disdain for all things muggle has diminished since you’ve known him, or at least, he’s less likely to voice his opinions to you. “That’s not the point, making bread is meditative. Come on, here,” You gesture for him to take over and watch with poorly hidden amusement as he frowns and takes a step back. “You once made Peeves cry out of fear, Tom, you can’t honestly be intimidated by some flour and water.” You raise an eyebrow and try to smother your grin with an unimpressed expression. You’ve found that the easiest way of getting Tom to do anything is to suggest that he can’t.
As expected, he glowers and rolls his sleeves up. “I’m not intimidated, darling, I just don’t see the point in slaving away over something that could easily be accomplished with magic,” He says smoothly even as he approaches the dough and gingerly pokes it. This time, you don’t manage to hide your laughter and you cover his hands with yours and begin to guide him through the motions. A companionable silence falls upon the two of you and you relish the feeling of his chest against your back, his soft breathing in your ear, his hands moving under yours. Sunshine filters through the open window and you listen to the distant birdsong in quiet contentment.
Once the bread has baked, the two of you wander along the mountain trail that leads to a secluded lake. The water is crystal clear and the kind of icy blue that you’ve only seen in paintings. Tom leads you to a small jetty and conjures a pile of blankets and pillows that you quickly set about making a nest out of. You sit cross-legged, Tom’s head resting in your lap as he reads passages from the book he’s brought with him out loud to you. “According to legend, the Monti Pallidi used to be formed of dark looming rock face and the lakes were murky and black, but there was a princess from the moon who took refuge in the Dolomites and to ease her homesickness, the mountains remade themselves with pale stone and clear waters.”
“She must have been lonely, being so far away from home,” You murmur, carding a hand through his hair as you tilt your head to stare at the pale mountains that surround you. “You know, I sometimes think of you a bit like that, like you’re a moon and I’m a satellite in your orbit.” He hums softly, and you’re not sure if it's in agreement or contemplation. You shift slightly and reach for the food that you’ve packed: fresh fruit, cured meats, hard Italian cheese, a bottle of wine that you’d found in the cellars (no doubt worth more than Tom makes in a year), and of course, the bread you’d made earlier.
You tear off a couple of chunks of bread and pass one to Tom, who takes it and sniffs it delicately before he takes a small bit. You breathe a huff of laughter at his behaviour and he lazily reaches up to cuff the side of your head. “See, it’s good, isn’t it? This kind of thing is always better when you make it yourself,” He rolls his eyes but tears off another chunk, which you take to mean he is, in fact, enjoying it.
The afternoon fades into evening, and twilight descends upon the mountains. You rearrange yourselves so that your sat side by side, gazing up at the moon that is just becoming visible. “You know, I would do more than remake a mountain range if you asked.” Warmth settles deep in your bones despite the chill in the night air. Tom turns to watch you and you don’t bother hiding your smile. “I would remake the entire world for you.” You don’t doubt him either, Tom is a force of nature, always has been. He’s a visionary and you’re not always sure if that’s a good thing, but, years ago, he saw something in you and now he looks at you as though you are everything that he wants in the world.
You reach over and hold his hand, letting his touch ground you, “For now, this is enough.” You mean this moment, sitting here with him. You also mean the life you are slowly patching together, one mosaic tile at a time.
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lucianolucci · 3 years
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Monti pallidi e lame di luce
Luciano Lucci©
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foxpapa · 5 years
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Dolomiti, da dieci anni Patrimonio UNESCO
Ricorre il decennale dell'inserimento dei Monti Pallidi nella lista dei Beni naturali di "eccezionale valore universale
Foto L'Altro Versante
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LA CASA DISTRUTTA
Di come le paure si ereditano.
Tanto tempo fa un ragazzo viveva in una bellissima tenuta di campagna con bianchi mattoni che scoprivano piccole crepe e mattoncini rossi a vista,  immersa in una brughiera verdeggiante che declinava leggermente verso sud, seguendo il pendio dei monti attorno. Il luogo era adorabile, ma ahimè , come a volte accade, chi vive lontano dalla città sente il bisogno di ricreare nei piccoli spazi  gli stessi ritmi frenetici di questa,così se foste passati davanti a quella casa di campagna, la prima cosa che avreste notato sarebbero stati gli ordini della governante che piombavano sugli altri due sventurati abitanti della casa. La sua voce partiva da una stanza e  rimbalzava tra le pareti e rincorreva la persona a  cui era diretto l’ordine. . – Buonanotte, piccolo mostro- era il saluto che la governante gli serbava prima di coricarsi, ricordandogli i piccoli momenti di ribellione che si era concesso, forse  troppo intensi e allo stesso tempo lontani e l’alba sarebbe tornata a pizzicargli le pupille il giorno dopo.
Dieci anni fa il ritrovo per le megere era il pozzo, alle dieci di mattina , riunite in crocchio tutte le donne del quartiere. Ma quel giorno, appena arrivata, Sofia venne richiamata a casa dalla voce della sorella , gli zoccoli di legno sbattevano forte sul selciato: era successo qualcosa di grave, e significava botte. Rientrò in casa trafelata per la corsa e la paura, sudava freddo. Per conto di un’amica era riuscita ad ottenere lavoro come governante presso la casa in campagna di un importante commerciante d’armi. Le botte non c’erano e tutti erano felici perché la paga era buona. La sera festeggiarono con polenta , salsiccia e buon vino, perché altri soldi sarebbero entrati in casa, e c’era bisogno di soldi. Erano quindici anni che  lavorava lì, e al posto del pozzo c’era  solo un’immensa distesa di orzo, sulla quale danzava il profumo del tabacco da pipa aromatizzato, che il maggiordomo fumava al piano di sopra.
Il maggiordomo aveva studiato , non molto e male, aveva studiato in lingua francese e si rivendeva spesso questo latinorum con i contadini. Aveva strutturato l’educazione del ragazzo fin da principio basandosi su ciò che sapeva lui, conoscenze che con l’età si affievolivano, e soltanto molte storielle tratte dalla sua vita personale riuscivano ad occupare le lunghe ore di lezione.
Era ancora in fasce il bambino quando si svolse l’unica conversazione riguardo la sua istruzione: si decise che dopo un’infarinata iniziale, il padre avrebbe preso in mano e diretto lui stesso le redini del futuro del suo pupillo, rendendolo un erede degno del padre.
Ed arrivarono col tempo sempre più insegnanti  dalla grande città, giovani che avevano già le rughe, pallidi e ingobbiti passavano sotto la luce estiva come ombre sfuggenti, affamati e stanchi. L’erede divenne sempre più impegnato con le lezioni che venivano a fargli i professori dalla città lontana. Le lezioni si tenevano in uno studio ampio al piano terra, con le tende mezzo abbassate per nascondersi alla luce del sole. Molti  facevano fare sempre i conti con i fagioli, oppure volevo giocare con le fave in lingua straniera o conteggiare i soldi dovuti con i ceci, per mangiarsi le fave con la buccia di nascosto sotto il tavolo;tutti volevano fare sempre merenda, in città si mangiava poco e male.
Le lezioni erano sempre considerate eventi mondani per gli abitanti della casa, convinti che data l’importanza dell’evento, questi avrebbe garantito un sapere forte e duraturo al ragazzo, ma in realtà quelli erano scheletri ambulanti che vendevano parole piene di polvere, morivano in un verbo irrealizzabile e nelle vite di chi tentava ogni volta quelle idee, inabissandosi con loro. Sfuggiva a tutto questo l’estate, quando i suoi professori smettevano di venire,  lui trascorreva quelle ore  perse d ‘ inverno,  stando ore sotto querce secolari,  anche quando l’ aria afosa non avrebbe permesso ad animale di qualsivoglia specie di mettere piede fuori dall‘ ombra di casa, dove tornava la sera, trafelato, tra le strade stanche di campagna che d’ inverno ritornavano, dopo essere state spianate in primavera, storte e vorticanti .
Era una tarda mattinata alla fine di marzo, il sole albeggiava rischiarando il terreno attorno, era uscito vedendo che il gelo dell’inverno era passato, camminava aspettando l’estate ancora lontana a venire come i primi boccioli dei fiori, ma si sa che alcune piante , nate da un seme sparso dal vento con forza e tenacia sopravvivono alle stagioni favorevoli dei campi, e nate in un mese poco consono , passano tutta la vita a lottare contro il tempo, rinnovando ad ogni stagione la loro volontà di vivere. Quell’ albero era un melo e vide delle mele! Si arrampicò sull’albero per coglierle e, mentre saliva, scorse una rudere poco distante dal melo, un ‘ accozzaglia di tegole a falde bruciacchiate che si alzavano verso un ‘ asta , il tetto poi scompariva, per poi riprendere con la parte posteriore della casa piegata verso la depressione che finiva con una grondaia che scrostata per metà  dal cornicione, rimaneva lì  a penzoloni .La cosa più affascinate che avesse mai visto.
Il giorno delle compere, quando la governante doveva andare in città, solo quel giorno poteva dedicarsi a tale impresa. Il ragazzo si era armato con vecchie borracce e ramponi del padre credendo che l’ esplorazione della casa sarebbe stata difficile e pericolosa, ricca delle avventure che aveva letto e visto alla televisione. Arrivato nei pressi della casa faticò molto a tagliare le erbacce, copiose, che avevano lambito i resti dell’edificio. La casa era stata sventrata dall’esplosione di una bomba, che caduta poco distante aveva bruciato e distrutto metà dell’abitazione, finito il suo effetto, e roso ai minimi il pendio sul quale era precipitata, era rotolata nel cuore della casa stessa. Si potevano ancora ben distinguere il primo pian ed il soppalco,i mattoni sgretolati dal calore indicavano l’energia che si era sprigionata dall’esplosione, e i muschi che ricoprivano la scena tutt’intorno indicavano che l’evento era avvenuto parecchio tempo addietro. Eppure era ancora lì, la madre storta, arrugginita e bruciacchiata era là che ancora giaceva isolata al centro di tutto, circondata dalla distruzione, tanto potente da trasformare una villa in un rudere in pochi minuti, da  rendere il duro lavoro solo polvere. Il ragazzo scrutava  quel luogo mistico con paura e stupore, la stessa sensazione che si ha quando ci si trova di fronte a chi è più potente di noi .
Nel corso degli anni tornò molte volte alla casa, inventando fantastiche avventure, ricordando quel luogo con un sentimento mistico e d’avventura: la liberazione dalla vita quotidiana.
Come l’inverno scende sull’estate così il lavoro calò sulle piante ed i ruderi del giovane. L’erede fu tale di un enorme patrimonio dato che sua madre era morta di parto ed era figlio unico, l’unica persona che gli era rimasta era la governante, dato che il maggiordomo era morto due anni prima,già avanti con gli anni, non poté fare altro che licenziarla con una copiosa pensione e riprendere gli affari del padre per iniziare a lavorare. Scoprì d’essere ricco, ed essendo ricco si credeva anche potente ed esperto e per quanto si fosse messo in testa di voler fare il mercante di stoffe  gli mancava l’esperienza , il contatto con la gente , le città, per lui tutto questo era nuovo e molte volte si fece sopraffare dalla  sua nuova vita e tutte le volte che fallì miseramente  dovette attingere ad un patrimonio che si consumava ad ogni sconfitta, di più. Fortunatamente alla fine , esportando in Europa tessuti sintetici indiani alle grandi aziende produttrici di vestiti riuscì a diventare un mercante di discreto successo.
Gli affari andavano bene, così pensò d’iniziare a produrre lui stesso il prodotto, ma per riuscire doveva iniziare ad ingrandire la sua impresa e gestirla utilizzando tutti i vecchi contatti del padre;  iniziò a lavorare giorno e notte , a pensare solo e sempre al lavoro in maniera perduta e famelica. Viaggiò per molti anni più volte intorno al globo, vedendo sempre e solo le stesse stanze , gli stessi volti anonimi, lo stesso sprezzante egoismo.
C’era un’aria azzurra nella stanza, da fumo di sigaretta,spoglia, senza mobili, un sottile strato di polvere ricopriva il pavimento. Lei era seduta su una sedia , unico oggetto che occupava quella landa desolata, sembrava quasi un trono col suo legno massello e i riccioli attorcigliati sulla spalliera. Vestiva una pesante pelliccia di visone per scaldarsi, a stento. Si trattava in Russia di affari indiani: gli veniva offerto un prezzo più basso del 10% per il prodotto lavorato, con possibili ulteriori riduzioni del prezzo se era disposto ad investire nella ricerca della plastica riciclata a livello industriale. Lei rappresentava l’azienda offerente,  era una donna bellissima, aveva una voce dolce che pronunciava poche parole che definivano bene la situazione, quasi offensive, ma tanto secche da colpire l’argomento e chi ascoltava nel profondo. Aveva zigomi pronunciati e  occhi  azzurri, terribilmente limpidi . Come al solito gli affari da sbrigare erano più di quelli riferiti ad una semplice compravendita. Tra multinazionali è buona educazione coprire i propri crimini contro l’umanità a vicenda. Accettò l’offerta e scoprì che la donna dagli occhi celestiali era la segretaria nonché concubina di un poco noto industriale indiano che aveva trovato un nuovo modo per creare tessuti attraverso la plastica riciclata risparmiando di molto sulla qualità e costo del prodotto. I due dovevano mantenersi in contatto sempre più speso per motivi di lavoro, anche se lei era anche concubina del suo padrone, il che avrebbe impedito un rapporto tra i due, ma il padrone presto si accorse di quello che stava succedendo, ed iniziò a presentarsi sempre e solo con lei sottobraccio ai summit di lavoro , alle cene ai gala, persino nei bar di Nuova Dheli e Mosca dove discutevano le questioni più delicate, credendo di poter indurre il suo compratore a fare affari svantaggiosi per lui e vantaggiosi per sé. Il padrone era un uomo abbietto, volgare l’unica cosa che gl’interessava nella vita erano le donne oltre che gli affari, per cui i suoi argomenti per intrattenere l’ospite a cena erano sempre e solo a sfondo sessuale, noncurante di lei  che invece riusciva sempre a mimetizzarsi con l’ambiente circostante: era sofisticata ai balli di gala e sapeva elencare  a memoria i bar di San Pietroburgo dove si poteva bere la miglior vodka. Dopo sette anni di tortura  decise di chiedere al padrone di poterla avere, questi inizialmente rifiutò, ma ripensando alla bellezza della donna che iniziava ad appassire, acconsentì al matrimonio per poter poi andare a cercare una stagista più giovane con la quale dilettarsi. L’azienda era cresciuta di molto dalle stentate origini, erano gli inizi degli anni novanta e la trovata d’importare materiale riciclato in Europa a metà anni ottanta aveva fruttato molti soldi all’imprenditore, ma il destino vero della sua azienda si  giocò in una piacevole serata  di marzo a San Pietroburgo, alle due e mezza di notte. Era ancora sveglio e fissava il vuoto, capendo che da lì in poi la sua azienda avrebbe dovuto affrontare un inevitabile declino: non era più sulla cresta dell’onda, ora molte altre aziende avevano la possibilità di accedere ad un prodotto come il suo, non era più un esclusiva . Ma lui i soldi ne aveva fatti a palate , ora poteva guardare la sua azienda declinare e spegnersi e gestendo bene il suo patrimonio , avrebbe potuto far vivere lui, la consorte e i futuri figli di sola rendita. L’alternativa era buttarsi in un bordello che aveva immaginato solo da giovane: giocare in borsa, comprare e vendere , spostare il proprio patrimonio nei paesi che lo agevolano, essere sempre informati e sempre pronti in modo da rimanere sulla cresta dell’onda. Sorrise pensando a come vivere una vita del genere potesse diventare maniacale, eppure iniziarono a fiorirgli in mente tutte informazioni su nuove tasse, su aumenti delle spese , sulle possibili multe . Il riciclaggio stava per essere regolamentato, il controllo qualità alzato e lui avrebbe dovuto far fronte a tutte le spese, senza contare che se un incidente o un problema venivano a bussare alla sua porta lui come capofamiglia avrebbe dovuto pagare anche per conto della moglie e dei figli. Iniziò ad agitarsi, capì che il suo lavoro non era finito salvando la persona amata dalla schiavitù sessuale , adesso doveva proteggere la sua famiglia dal mondo. Iniziò un viaggio infinito che s’interrompeva di piccole pause dove faceva finta di essere padre, dove la madre rimembrava i magri incontri giovanili e malediceva la sua sorte che avrebbe voluto farla donna in carriera, il figlio ereditando la nostalgia paterna iniziò a desiderare che quell’uomo tornasse, ed ogni volta che dormiva per una settimana o meno a casa lo faceva felice, poi ripartiva aprendo una ferita che si rimarginava appena per il ritorno. Quando fu abbastanza grande per capire continuava a chiamarlo papà, pur sapendo che per lui quel nome ora non aveva più alcun senso.
La moglie era morta quindici anni dopo il matrimonio , stroncata da un infarto, ultima bevuta che aveva dovuto pagare per essere nata e cresciuta  nei bassifondi di Mosca, il figlio gliel’aveva portato via la droga conosciuta a Londra. Aveva provato a riportarlo a casa , a farlo curare , ma lui ogni volta scappava via , ed ora non sapeva più nemmeno se fosse vivo o morto. Alla fine tornò nella casa dov’era cresciuto, sperando in qualche modo di poter ricominciare e non aveva niente come allora. S’illudeva di poter ricominciare davvero di nuov, ignorando i fantasmi che si era portato dietro dalla vita trascorsa. Aveva solo sessantott’anni  e fissava il giardino.
Era un parallelepipedo di terra coltivata, strappata alla vegetazione incolta circostante, i lati di questa geometrica figura erano costituiti da una recinzione solidale a piante di rosmarino molto alte che ne sottolineavano bene il circondario. L’intento iniziale era stato quello di usare l’alloro come pianta delimitante, ma questo era stato preso di mira da piante infestanti ed ora , in corrispondenza dei vertici della figura, stavano numerosi cespugli, soffocati dalla sanguinella che aveva messo radici per gran parte del terreno disponibile, tanto da emanare un tanfo nauseabondo per tutta la casa durante il periodo di fioritura. Dove la sanguinella non era ancora arrivata facevano capolino stentati grappoli di rose giapponesi, circondate da mediocri ciuffi d’erba, che a causa del lungo rigore invernale non riuscivano a superare i trenta centimetri d’altezza; ed anche questa s’interrompeva dove pozze d’acqua stagnanti in autunno avevano scavano il terreno, permettendo alla vegetazione solo di lambirlo, ed in particolare abbracciavano questi solchi delicati ciuffi d’erba. Nel periodo estivo a fare compagnia all’erba, c’era la lavanda col suo buon profumo, a creare altre zone penose erano una decina di palme piantate in gran numero, già cresciute, da tempo giacevano come statue deformi, a resistere c’erano gli aceri nani che ogni primavera rispuntavano dal pesante manto nevoso. Le pianti infestanti che danzavano intorno ai ruderi non c’erano più, come i giorni perduti.
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iotnoitutti · 2 years
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Le Dolomiti nel mio cuore
Le Dolomiti nel mio cuore
Chi mi conosce sa che le Dolomiti sono nel mio cuore, anzi, che una parte di me e’ rimasta in Dolomiti ed ogni volta che ci vado provoca in me sensazioni forti. Ho visto molte montagne nel mondo, ho potuto apprezzare la bellezza di altri tipi di natura, anche molto differenti dalle nostre ma quello che in me suscitano i “Monti Pallidi”, che sono tutto tranne che pallidi, non e’ paragonabile a…
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anarchy-of-the-mind · 3 years
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A pochi di noi non è mai capitato di svegliarsi prima dell'alba, sia dopo una di quelle notti senza sogni che quasi ci fanno innamorare della morte, che dopo una di quelle notti di orrore e di gioia mostruosa quando nelle regioni della mente passano fantasmi più terribili della realtà stessa […]. 
A poco a poco, bianche dita si insinuano attraverso le cortine e paiono tremare. Ombre mute dalle nere forme fantastiche strisciano negli angoli della stanza e vi si acquattano. Fuori, gli uccelli si agitano tra le fronde, si sentono i rumori degli uomini che vanno al lavoro, o i sospiri e i singhiozzi del vento che scende dai monti e si aggira intorno alla casa solitaria come se temesse di svegliare chi dorme e tuttavia costretto a evocare il sonno dalla sua purpurea caverna. I soffici veli di nebbia si sollevano a uno a uno, a gradi le cose riacquistano forma e colore, e noi vediamo l'alba che restituisce al mondo l'antico aspetto. I pallidi specchi riprendono la loro vita di imitazione. I candelabri senza fiamma sono dove li abbiamo lasciati. Accanto, c'è il libro a metà intonso che stavamo studiando o il fiore, sostenuto dal filo di ferro, che portavamo al ballo, la lettera che, per timore, non abbiamo letto o che abbiamo letto troppe volte. 
Nulla ci appare cambiato. Dalle ombre della notte esce di nuovo la vita che conosciamo. Dobbiamo riprenderla dove l'abbiamo lasciata e a questo punto, pian piano, ci pervade la terribile sensazione di dover continuare a impiegare energia nello stesso monotono circolo di abitudini stereotipate, o anche il desiderio sfrenato che una mattina i nostri occhi si possano aprire su un mondo che nell'oscurità si è rinnovato per il nostro piacere, un mondo dove le cose abbiano nuove forme e colori, siano diverse o abbiano altri segreti, un mondo in cui il passato abbia poca o nessuna importanza, o comunque sopravviva in forme ignare del dovere o del rimpianto: anche il ricordo della gioia, infatti, possiede una sua amarezza e quello del piacere una sua pena.
O. Wilde
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Poeti per Ruffano
di Paolo Vincenti
Ruffano: il suo paesaggio viene cantato in poesia da vari rimatori fra Ottocento e Novecento. I suoi “colli ridenti”, la pace e la salubrità dell’aria del suo verde poggio, la collina della Madonna della Serra, attirano spiriti pensosi in cerca di silenzio e ispirazione. Fra questi, Carmelo Arnisi, a cui la Pro Loco di Ruffano nel 2003 ha dedicato un elegante volume che lumeggia la figura di questo maestro elementare vissuto fra Ottocento e Novecento . Questi i delicati versi del poeta: “O del villaggio mio colli ridenti, / sparsi d’ulivi scintillanti al sole;/ o d’aria pura libere correnti /profumate di timo e di viole;/ o boschetti dai verdi allacciamenti /dove l’augelli intessono carole;/ come son dolci i vostri allettamenti, / come son dolci le vostre parole!/ e chi potrà mai dir quali favori/ voi concedete a l’uom, quali ricchezze?/ il vino ai vecchi, a le fanciulle i fiori, / a tutti il pane che la vita allieta…/ e quanti sogni poi, quante dolcezze / serbate pel mio cuore di poeta!/” . La collina della Madonna della Serra di Ruffano attrae anche studiosi che la frequentano per i loro interessi eruditi: fra questi il grande scienziato Cosimo De Giorgi, che ammira “il suo paesaggio davvero pittoresco” e la sua “flora così ridente e rigogliosa” che “conforta l’occhio dell’artista” . Così anche Raffaele Marti, che tratta del Bosco Belvedere, enorme riserva di caccia che un tempo occupava le aree di svariati comuni del medio Salento, a partire da Ruffano e Supersano ; in tempi più recenti, Aldo de Bernart e Mario Cazzato hanno descritto le caratteristiche orografiche, storiche e artistiche del poggio ruffanese . Il fratello di Raffaele Marti, il poeta Luigi, anche se non cita Ruffano, ne canta i lieti colli in un delizioso bozzetto nella sua opera Il Salento, in cui dipinge lo spettacolo del paesaggio della Iapigia estrema con il tocco del pittore. “Salve Japigia estrema! Ah non per anche / l’improbo ferro strusse i tuoi boscheti / Piniferi! Le cime ancor non stanche / del Belvedere tuo, de’ tuoi querceti!/ Spettacol nuovo, a chi per queste franche / aure trascorre, rimirar su i lieti / colli, dal piano rampicanti e bianche, / le tue borgate uscir da gli uliveti!/ Spettacol molle i tuoi cieli orientali!/ e tra le piante, al lume delle stelle, / le tue marine tremolari innanti, / sonare i campi d’opere rurali / e di muggito d’animali, belle / fanciulle l’opre accompagnare a i canti! /” . Ma c’è anche un poeta non ruffanese che scrive delle campagne ridenti e dei sentieri odorosi di una Ruffano da cartolina, ritratta in una immagine idealizzata dal suo occhio sensibile. È Leonardo Mascello, “un poeta di passaggio da Ruffano nei primi del Novecento”, scrive Aldo de Bernart ,  che riporta anche alcuni versi del componimento di Mascello dedicato a Ruffano: “O paesetto raccolto sul poggio, / coronato di verde in giro, in giro, / sotto un cielo di perle e di zaffiro, / che, al tramonto, s’incende e divien roggio;/ o campagne ridenti, o praterie / odoranti di timo e di mortella;/ o sentieri dei monti, o pia cappella /erma e perduta ne le grige ombrie/ degli ulivi sul colle della Serra;/ o del padule pallidi acquitrini, / molli canali e torpidi pollini, / quanta tristezza ora per voi m’afferra!/  (“Nostalgia”).  Versi semplici e cantabili, nei quali si può riconoscere una chiara descrizione della collina di Ruffano. Ma chi era questo poeta di passaggio da Ruffano? In realtà, egli fu sacerdote della Parrocchia Natività Beata Vergine Maria dal 1903 al 1907, precedendo Don Francesco Fiorito, al quale è dedicata la lirica.  Una prima scarna biografia è disponibile in rete, sul sito del Comune di Castrignano dei Greci, il suo paese nativo. È riportato: «Leonardo Mascello, poeta e sacerdote, nacque a Castrignano dei Greci nel 1877 e morì ad Olinda in Brasile dove insegnò lingua e letteratura italiana.» . Interessante, ma poco. Allora consultiamo il libro di Angiolino Cotardo, Castrignano dei Greci, che riporta in aperura la lirica di Leonardo Mascello, “Paese natio” dedicata a Castrignano dei Greci, ma non dice sul poeta se non le stesse note biografiche riportate nel sito, specificando che la lirica “Paese natio…” è contenuta nel suo libro di poesie Foglie al vento pubblicato ad Olinda nel 1910 . Reperiamo il libro di Leonardo Mascello presso la Biblioteca Comunale “Piccinno” di Maglie e all’interno è scritto che esso è stato pubblicato in Belgio . Il volumetto è dedicato dall’autore a “Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Dom Luiz Raymundo Da Silva Britto Vescovo di Olinda”, al quale indirizza anche parole di gratitudine, invero gonfie di retorica, nella sua Introduzione. Scorrendo le pagine del libro, diviso in varie sezioni, ritroviamo la lirica “Paese Natio”, nella sezione Voci del tempo lontano, mentre la lirica “Nostalgia”, dedicata a Ruffano, si trova nella sezione Il poema della tristezza. Seguiamo ancora i versi del poeta. “Ora che sarò da voi sempre lontano / o paesetto, o fertile campagna, / da voi mi giunge voce che si lagna, / a cui risponde un mio rimpianto vano./”. E più avanti: “Lo so, querci ospitali e risonanti / al vento con fragore di cascate;/ lo so che i sogni miei più non cullate/ con l’ombre che da voi scendon giganti, / a vespro, sulla via che fiancheggiate;/ mentre in alto, garrendosi fra loro, / saettando lo spazio e i cieli d’oro/ le rondini s’inseguon disperate./ Addio, luoghi ridenti, addio colline, / da cui lo spirto si slanciava in alto / in un empito effreno, in un assalto, / d’ideali e di cose ardue e divine!/ Addio per sempre, o sogni di bellezza;/ addio per sempre! ora l’ombra s’aduna/ greve sul cor. Ne l’ombra, tacita, una / piange perdutamente: la tristezza!/”.  Un quadretto di genere, nello stile bozzettistico che caratterizza la sua musa. Si avverte la nostalgia di abbandonare il paese che lo aveva visto parroco, dove probabilmente egli si era trovato bene, ma i toni di accorata mestizia con i quali si rivolge al paesaggio intorno, nella consapevolezza di non più rivederlo, fra chiari echi del manzoniano “addio ai monti” dei Promessi Sposi, ci fanno intuire che i motivi dell’abbandono non furono felici. Probabilmente essi sono da ricercare nella vita privata del sacerdote, nella quale a noi non è dato di entrare. Sta di fatto che proprio da Ruffano egli partì per il Brasile, risoluto a non tornare più in Italia. E in Brasile, come già detto, insegnò lingua e letteratura italiana nelle scuole superiori. Uomo di vasta cultura, compose opere di teologia e filosofia morale, sulle quali occorrerebbe far luce per ricostruire interamente la sua bibliografia. Un poeta tardo novecentesco è Aniceto Inguscio, originario di Torrepaduli, Padre Spirituale della Confraternita B.M. Vergine del Carmine e SS. Trinità di Ruffano, di cui riferisce Ermanno Inguscio, che riporta il suo testo poetico “Alla Beata Vergine della Serra”: “Salve chiesetta, / che sul solitario colle sorgi / e della via della valle i passegger, /che frettolosamente vanno, / guardi./ Al sorgere e al tramontar / coi suoi rai ti bacia il sole, / e, di color di porpora, / le mura tue colora. / Dal piccol campanil / che man sacrilega, / dell’unico bronzo lo vedovò, / mai un dondolar d’una preghiera./ Sol dal fitto e verdeggiante bosco, / che dai tuoi piedi discende a valle, / pien d’ulivi, d’aranci e peri, / musici uccelli, tra i verdi rami / volano cantando a te/” . “La poesia è tratta dalla silloge Frammenti di vita, pubblicata a Ruffano nel 1995. E con questi versi senza pretese del prelato di campagna concludiamo la nostra rassegna.
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outside-material · 6 years
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The Dolomites are also called �Monti Pallidi� in Italian; ‘Pale Mountains,’ as their white rocks glow with golden, pink and purple hues at dawn and dusk.
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personal-reporter · 3 years
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Cesare Maestri, il ragno delle Dolomiti è salito più in alto
Cesare Maestri, il ragno delle Dolomiti è salito più in alto
Se n’è andato oggi, a 91 anni, Cesare Maestri,  il mitico Ragno delle Dolomiti, leggenda dell’alpinismo. La sua fama era principalmente legata ai “monti pallidi”, le Dolomiti orientali e quelle di Brenta, dove nel giro di pochi anni, tra il 1952 e il 1956, aveva concluso una serie incredibile di vie in discesa e in solitaria. Fu il primo a compiere la traversata delle 16 cime centrali del Brenta…
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seituttiimieisbagli · 4 years
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Fresche le mie parole ne la sera ti sien come il fruscío che fan le foglie del gelso ne la man di chi le coglie silenzioso e ancor s'attarda a l'opra lenta su l'alta scala che s'annera contro il fusto che s'inargenta con le sue rame spoglie mentre la Luna è prossima a le soglie cerule e par che innanzi a sé distenda un velo ove il nostro sogno si giace e par che la campagna già si senta da lei sommersa nel notturno gelo e da lei beva la sperata pace senza vederla. Laudata sii pel tuo viso di perla, o Sera, e pè tuoi grandi umidi occhi ove si tace l'acqua del cielo! Dolci le mie parole ne la sera ti sien come la pioggia che bruiva tepida e fuggitiva, commiato lacrimoso de la primavera, su i gelsi e su gli olmi e su le viti e su i pini dai novelli rosei diti che giocano con l'aura che si perde, e su 'l grano che non è biondo ancóra e non è verde, e su 'l fieno che già patì la falce e trascolora, e su gli olivi, su i fratelli olivi che fan di santità pallidi i clivi e sorridenti. Laudata sii per le tue vesti aulenti, o Sera, e pel cinto che ti cinge come il salce il fien che odora! Io ti dirò verso quali reami d'amor ci chiami il fiume, le cui fonti eterne e l'ombra de gli antichi rami parlano nel mistero sacro dei monti; e ti dirò per qual segreto le colline su i limpidi orizzonti s'incúrvino come labbra che un divieto chiuda, e perché la volontà di dire le faccia belle oltre ogni uman desire e nel silenzio lor sempre novelle consolatrici, sì che pare che ogni sera l'anima le possa amare d'amor più forte. Laudata sii per la tua pura morte o Sera, e per l'attesa che in te fa palpitare le prime stelle!
G. D’Annunzio, La sera fiesolana, Alcyone, 1903
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freedomtripitaly · 4 years
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Se siete appassionati di escursioni in bicicletta, l’Alto Adige è la Regione più attrezzata dove andare. Migliaia i chilometri di piste ciclabili, una fitta rete di noleggi per le biciclette, bike hotel dove soggiornare e treni su cui trasportare la propria due ruote per esplorare nuove valli e nuovi percorsi (con la BrixenCard sono gratuiti). Tra le mete consigliate c’è Bressanone, che nel 2018 è stata eletta città alpina dell’anno e che, grazie alla sua posizione centrale, si inserisce perfettamente nella rete di ciclabili altoatesine ed è considerata l’incrocio tra le piste del Sudtirolo e quella di lunga percorrenza che collega Monaco a Venezia. Una delle piste ciclabili che vale la pena esplorare è la nuova Biketour Bressanone – Val di Funes. Si parte da Albes, una deliziosa cittadina a soli 5 km da Bressanone con pittoresche stradine e un grazioso centro storico, e si attraversa la città terminando dopo quasi 20 km a Ranui, in Val di Funes, a 1.350 metri d’altitudine. Oltre a paesaggi unici, a montagne imponenti e villaggi tradizionali, i biker possono divertirsi su diversi tipi di terreni, dalle strade ai sentieri di ghiaia o forestali che conducono attraverso la valle fino ai giganti dolomitici delle Odle, i “monti pallidi”, l’immagine simbolo della Val di Funes e considerato il gruppo più bello delle Dolomiti per il suo profilo classico e frastagliato. Ai piedi della montagna, le tipiche baite ricompensano con un’atmosfera accogliente e con le prelibatezze altoatesine. La Sky Line, il percorso più antico e allo stesso tempo più lungo (6,6 km) del Bikepark di Bressanone, è uno degli altri imperdibili itinerari da percorrere in bicicletta in questa zona. Mille metri di dislivello, passaggi ripidi e puro piacere di guida. I tracciati sono raggiungibili anche con la cabinovia Plose da S. Andrea e con la seggiovia Palmschoß. In collaborazione con la scuola di ciclismo Plose Bike, d’estate viene organizzato un vasto programma di tour guidati in bicicletta, per andare alla scoperta dei dintorni accompagnati da esperti del luogo. Gli appassionati di enduro hanno la possibilità di fare un giro in bicicletta sul Sellaronda, mentre le famiglie possono cimentarsi nel Family Tour a Naz-Sciaves. La eMountainbike porta i visitatori nel Patrimonio mondiale dell’Unesco in Val di Funes, dove si può pedalare sull’Alpe di Velturno. Bressanone promuove la campagna di sensibilizzazione “Ride Fair”, un programma che mira a una coesistenza rispettosa tra ciclisti ed escursionisti. Che si partecipi a un tour in bici guidato o che ci si muova indipendentemente nel Brixen Bikepark, l’ufficio del turismo ricorda a tutti di comportarsi correttamente rispettando gli altri. I dintorni di Bressanone ©KOTTERSTEGER https://ift.tt/3eJb0wv Bressanone, la meta regina della bicicletta in Italia Se siete appassionati di escursioni in bicicletta, l’Alto Adige è la Regione più attrezzata dove andare. Migliaia i chilometri di piste ciclabili, una fitta rete di noleggi per le biciclette, bike hotel dove soggiornare e treni su cui trasportare la propria due ruote per esplorare nuove valli e nuovi percorsi (con la BrixenCard sono gratuiti). Tra le mete consigliate c’è Bressanone, che nel 2018 è stata eletta città alpina dell’anno e che, grazie alla sua posizione centrale, si inserisce perfettamente nella rete di ciclabili altoatesine ed è considerata l’incrocio tra le piste del Sudtirolo e quella di lunga percorrenza che collega Monaco a Venezia. Una delle piste ciclabili che vale la pena esplorare è la nuova Biketour Bressanone – Val di Funes. Si parte da Albes, una deliziosa cittadina a soli 5 km da Bressanone con pittoresche stradine e un grazioso centro storico, e si attraversa la città terminando dopo quasi 20 km a Ranui, in Val di Funes, a 1.350 metri d’altitudine. Oltre a paesaggi unici, a montagne imponenti e villaggi tradizionali, i biker possono divertirsi su diversi tipi di terreni, dalle strade ai sentieri di ghiaia o forestali che conducono attraverso la valle fino ai giganti dolomitici delle Odle, i “monti pallidi”, l’immagine simbolo della Val di Funes e considerato il gruppo più bello delle Dolomiti per il suo profilo classico e frastagliato. Ai piedi della montagna, le tipiche baite ricompensano con un’atmosfera accogliente e con le prelibatezze altoatesine. La Sky Line, il percorso più antico e allo stesso tempo più lungo (6,6 km) del Bikepark di Bressanone, è uno degli altri imperdibili itinerari da percorrere in bicicletta in questa zona. Mille metri di dislivello, passaggi ripidi e puro piacere di guida. I tracciati sono raggiungibili anche con la cabinovia Plose da S. Andrea e con la seggiovia Palmschoß. In collaborazione con la scuola di ciclismo Plose Bike, d’estate viene organizzato un vasto programma di tour guidati in bicicletta, per andare alla scoperta dei dintorni accompagnati da esperti del luogo. Gli appassionati di enduro hanno la possibilità di fare un giro in bicicletta sul Sellaronda, mentre le famiglie possono cimentarsi nel Family Tour a Naz-Sciaves. La eMountainbike porta i visitatori nel Patrimonio mondiale dell’Unesco in Val di Funes, dove si può pedalare sull’Alpe di Velturno. Bressanone promuove la campagna di sensibilizzazione “Ride Fair”, un programma che mira a una coesistenza rispettosa tra ciclisti ed escursionisti. Che si partecipi a un tour in bici guidato o che ci si muova indipendentemente nel Brixen Bikepark, l’ufficio del turismo ricorda a tutti di comportarsi correttamente rispettando gli altri. I dintorni di Bressanone ©KOTTERSTEGER Grazie alla sua posizione centrale, si inserisce perfettamente nella rete di piste ciclabili dell’Alto Adige.
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