Tumgik
copihueart · 5 minutes
Text
POESIE IN PROGRESS
Sei nel silenzio delle ore nel tacere intenso del cuore nei litorali deserti dei mattini in quella melanconia che bussa ai vetri e gli occhi sono sparvieri d’argento le mani feroci rapaci il corpo la tua nuvola di nebbia Sei l’incanto di una stimmata quel volto che a nessuno rivelo ad indossare le tue ombre nel lascito del vento il tuo respiro Amica mia rifiorisce il tuo canto che sei fatta per essere aquilone per volare nell’immenso cielo rivivere come alito caldo che dentro ti porti il vento la misura del tuo amor viandante a rubar la chiave della tua anima per morir d’amore.
0 notes
copihueart · 23 hours
Text
Tumblr media
foto dell'autore
0 notes
copihueart · 1 day
Text
Tumblr media
foto dell'autore
0 notes
copihueart · 5 days
Text
POESIE IN PROGRESS
Ci siamo mancati per moltissimo tempo tra una spiaggia priva di conchiglie e l’infinito dietro l’orizzonte Ci siamo persi nei cumuli di nuvole dentro questa scatola di città nei percorsi delle fiere e dei mercati che è tutto un durante da far paura Ci siamo riconosciuti tra i molti a rispecchiare la solitudine dei nostri lasciti nel tracciato di una bicicletta in corsa che si deve sempre andare mentre tutto accade Ci siamo amati in un angolo di cielo quasi a voler giocare a nasconderci con un tempo per tutte le voci da ascoltare nel disincanto delle nostre speranze con quella voglia di dare un ritmo alla vita a perdersi nei misteri degli oceani per annusare l’odore della bellezza Mi è rimasta la linea sottile delle tue labbra l’incavo perlato del tuo ventre selvaggio il fragore del tuo cuore che mi dona il respiro perché come me non hai dimenticato a mescolarci nello spazio dove un giorno bruceremo.
0 notes
copihueart · 5 days
Text
POESIE IN PROGRESS
Passo dentro un respiro mentre il vento mi accarezza nel pulviscolo del giorno Passa una vena d’azzurro a colorare gli occhi nel tedio d’un profumo di mare e fiorisce una rosa in ogni orma mancata di strada Nella melanconia di una mano tutti quei deserti che sembrano dipinti e la gentilezza degli alberi ci chiama a gran voce L’assenza si nasconde nella pelle benignamente tra le cose di consumo per una farfalla che vaga disordinando l’aria a leggere parole non scritte in questo cielo che tace Ho un nome dentro al taschino un amore che non può lacrimare nella luce che abbaglia i dolori dell’anima che m’illumina il passo mentre scolora pigro il tramonto.
0 notes
copihueart · 5 days
Text
Tumblr media
foto dell'autore
0 notes
copihueart · 5 days
Text
Tumblr media
foto dell'autore
0 notes
copihueart · 17 days
Text
Tumblr media
l'ultimo arrivato in libreria
0 notes
copihueart · 17 days
Text
POESIE IN PROGRESS
Scrivimi
che le nuvole corrono
i treni lasciano una scia
i tuoi capelli al vento
che sia il mio vento
mentre chiudo gli occhi
sulle nostre congiunzioni
tu resisti nel mio fiato
che seguo i miei sensi
mi ricongiungo al tuo corpo
e il cielo cambia colore
nei passi tra le foglie smarrite
con l’odore della tua pelle
nella mie mani al tocco
solo per un tempo
nella notte delle onde
Che sia stata la luna
a bruciarti le labbra
nel pensarci addosso
ombrelli sotto la pioggia
oggetti lasciati all’incuria
animali feriti
che non so tacere
ed è il cuore a parlare
per scambiarci il calore.
0 notes
copihueart · 19 days
Text
POESIE IN PROGRESS
Fabbricante di sorrisi
che cancelli i venti
che dipingi di rosso la luna
ripiegarsi le spighe nei tuoi occhi
e non sono deserti ma campi arati
dentro queste fotografie imperturbabili
che restano così come sono
a vendere parole nei mercati
respirando adagio
Anima perfetta
che ti raggiungo senza sforzo
sussurrandoti all’orecchio
il dolce rumore della risacca
che mi piego nel tuo cuore
con il mio pensiero distante
che brucia lento alle luci dell’alba
ad occupare un luogo preciso
tra i velieri che prendono il largo
perché sicuramente c’è sempre un domani.
0 notes
copihueart · 19 days
Text
Tumblr media
foto dell'autore
1 note · View note
copihueart · 22 days
Text
Tumblr media
foto dell'autore
0 notes
copihueart · 1 month
Text
IL MARE
Il mare scorre dentro la sua panna bianca di spuma, a cavallo dell’onda, con la sua opera miracolosa, a tracciare un angusto sentiero e si apre subito lucente negli occhi la visione dell’oceano. Dopo tanto vagare, lambisce rive sconosciute, donne d’esiguo ruscello, fiumi irreali che lo confondono e porta nel corpo innumerevoli cicatrici, impetuosi venti, prede e rigurgiti di vita, segni della lontana esistenza degli uomini. Il mare nel suo brodo primordiale conserva storie di navigatori e di vascelli fantasma, imprese legendarie ed enormi disastri, i suoi marosi si alzano verso il cielo a vigilare sulle città morte, nel fascino che incute terrore, nel freddo veleno artico o tra le palme padrone delle sabbie dorate, o contro le scogliere incoccate da colonie d’uccelli marini. Le sue isole sono piaghe d’una scoperta ferita, esse non guariscono, seminano rugiada sulle acque di ogni squarcio, per qualsiasi impronta sconosciuta sul terreno e quando la luna vi si specchia, l’argenteo riflesso assume aspetti fiabeschi, a nascondere le larghe piastre di pietra del fondale, i cespugli rosa, le alghe sinuose, i relitti morenti con le loro incrostazioni-
Il mare ha una suo voce, quella dell’abile cacciatore, del forte guerriero, del perfetto esploratore, a diffondere il suo grido da sciacallo e il suo richiamo da sirena. Ha il riso sghignazzante che si conficca nei terreni costieri, che erode le barriere, che scavalca i frangiflutti e allaga accampamenti. Sobrio e opaco, in allegro disordine, vivo e scattante in ogni respiro, trasparente osservatore delle profondità, si diffonde con la sua cornice, con i cassetti pieni di vecchie cianfrusaglie, andando a tastoni nel suo tappeto profondo, con una grande quantità d’animali di stoffa, con le sue luci e le sue oscurità ad emergere al netto di una vecchia fotografia, ricchissima di particolari, appartata e segreta, con i suoi ganci e nastri colorati, luccicanti e cangianti, incipriati e punteggiati di nei, ricoperto dalla sua sopracoperta originaria, con le sue crepe nei fondali, come un bozzolo spigoloso che si perde in una lunga e ripida galleria dove si annidano innumerevoli abitanti.
Quando diventa più pesante, con la sua artistica architettura, lambisce le salite e le discese, passa indisturbato con i suoi rumori e si percepiscono a stento i suoi scrosci d’acqua, le catene del suo starnutire, quell’intonaco che si sgretola e si scolla quando si abbatte contro le vesti costiere, a sbucciare la rada, i camminamenti dei porti da sembrare un colabrodo di intenzioni smarrite. E quando invece un po’ svogliato e sciocco, rimasto orfano delle sue muse, si arrampica con amari e disperati salti e abbozza un fiacco sorriso andando a sbattere contro le fiancate delle navi di passaggio, smette di legarsi e quindi si sottrae al perverso gioco delle maree e con la sua profonda voce d’ammonimento si presenta e si gonfia come una valanga in discesa per aggiungersi al suo cumulo di fallimenti.
Il mare nel suo affettuoso ritratto ricorda con nostalgia il tempo della caccia alle balene, le nobili famiglie di delfini, l’intrecciarsi delle spade dei pirati, lo straziato e dolente passaggio dei sottomarini, i corpi galleggianti dei naufraghi dei numerosi affondamenti, le labili tracce lasciare dai migranti, le plastiche e le chiazze di petrolio imbastite dagli uomini, le reti infinite dei pescatori. Il mare raccoglie in sé , straziato e dolente, sferzato e furibondo, tutte queste iniquità, con la sua testa occhialuta racchiusa in uno scialle nero, con le pestilenze lasciate alla deriva, con i detriti e i pomeriggi trascorsi a navigare, mette a lucido la sua copertina d’azzurro, si ammanta di conchiglie e racchiude tutto ciò che acquista nella sua aria di mistero e con rosso dispetto ci ricorda che siamo ormai inutili raccomandazioni senza altro futuro, perché dal mare siamo venuti e le difficoltà e le fatiche della vita al mare ritorneranno.
Il mare s’indovina dal profumo, dagli occhi spalancati e dal cuore che batte forte, con le sue nudità che rivestono i colori del cielo, con quei boccoli d’oro che gli scendono sulle spalle, con quella sua graziosa composizione che diventa a tratti pericolosa e richiama agguati e svolazzi, tempeste e trame tascabili che non offrono perdono. Il mare ha i piedi lunghi e ti bacia le mani, ma non farti ingannare, ha imparato a farsi rispettare e non t’ingannino i suoi luccichii, le sue scatolette con le lucciole dentro, il suo pescato e il suo senso di profonda protezione. Potrebbe addirittura tentare la fuga, ribellarsi, rabberciare il tempo. Il mare è lì che ti guarda, con il suo diletto profondo, che t’insegna incredulo ad essere libero, a disseminare e rosicchiare i confini del mondo , a lasciarti andare alla deriva. Le sue acque e il suo ventre culleranno la tua anima con la sua onda di piacere e ti renderanno immortale.
1 note · View note
copihueart · 1 month
Text
GLI OCCHI
Dillo piano e lentamente che gli occhi ti guardano con la loro profonda bellezza e sono a contagiarti con la loro polvere magica e sembra che il mondo lì dentro sia svanito, legato al filo d’argento di un vecchio aquilone portato dal vento che lo segue senza far domande.
Gli occhi che virano in tondo quando il vento gli è amico e ti chiamano con i loro sensi di colpa o con la loro tenerezza fino a sembrare la forma più umana per volare ,con quel dolce distacco emotivo a voler cancellare quel senso di agonia, quella verità nascosta, quelle emozioni spinte che sanno rispondere solo al silenzio. Per un attimo sembra che ci sia la stessa intensità, il racconto di innumerevoli storie, il distacco e il fuoco. Si ritraggono e si proteggono e rimangono in attesa con il loro sorriso amaro a zittire le voci per poi lasciarsi travolgere da una rottura improvvisa, da un particolare, dal desiderio di immergersi dentro una felicità nuova. Gli occhi arrivano guardinghi, penetrando nei tessuti, levigando le forme, si appostano per non farsi notare o ti guidano da lontano cercando quell’addio che non arriva,
quella mancanza che ha ucciso la lentezza. Sono pronti a chiudere e a farsi chiudere come la colla e l’acqua calda, a divagare e a scrivere nel cielo, a seguire il volo della rondine e ad intrufolarsi nei colori. A lasciarsi andare in modo assolutamente involontario, senza nascondersi, aderendo alle superfici con la loro semplice presenza, con quella tristezza di anima complicata che traspare al di là dei vetri dentro i simboli del sole,
Gli occhi fanno prove d’incastro, si abituano alla luce e vagano nel buio e uccidono il respiro con la loro comunicazione non verbale quando entrano in contatto con qualcuno. Sono anche la stupida paura e i rimpianti, il dolce alito dell’amore, la vendetta e l’odio.
Occhi pieni di precipizi per cascarci dentro, che ti portano a dormire insieme, che ti avrebbero voluto dire e invece sanno tacere, che vogliono raggiungerti, arrivare a te, più forti delle parole. Occhi fuori dalla tua vita, rimasti a stazionare nell’anima. Occhi come fortezze irraggiungibili, che non si vergognano, ma che hanno pianto tanto, che si mettono in discussione e che cercano il rispetto, che sono stati male per amore e che hanno dipinto sorrisi tra le mura domestiche. Occhi che non vogliono essere per tutti, ma che corrono il rischio , che si abbandonano alle voglie , che gustano l’intensità di un momento, che sanno confondersi con le albe e i tramonti . Rincorrere le onde dei mari, i lontani paesaggi, le transumanze di animali e di uomini, gli orrori e le guerre. Che sanno confondersi nella pietà, con tutto quello che non può essere evitato, che cercano disperatamente una seconda possibilità, che implorano il perdono. Che sembrano calmi ma hanno l’inferno dentro .
E il tempo non cura le loro ferite, le cicatrizza soltanto, allora sono a raccontarsi bugie con se stessi e cercano di non vedere perché c’è di più, c’è il denaro e la maldicenza, l’incuria e l’ignominia, con il tormento che li perseguita fino a ritrovarsi nel pensiero di una limpida giornata, della pioggia fitta che cancella ogni impronta e riporta il sereno. Occhi che scendono
e salgono, che vanno in alto e poi in basso a destra o sinistra come fanno i pittori, che guardano la propria immagine negli specchi d’acqua e rischiano l’incontro con se stessi , che non si espongono mai al mondo o che invece si lasciano abitare e si abituano a costruire nidi per la gente di passaggio.
Occhi come i tuoi fedeli, pieni di vita interiore, che mettono a nudo il tuo inconscio personale,
che sanno accarezzarti e farti volare in cielo, che sono inferno e paradiso, che proiettano tutto quello che c’è di positivo , che non sanno svanire perché sono importanti , che hanno i loro tempi e che vogliono vivere, che sanno che il passato non ci appartiene più e non vogliono attenuare i sorrisi più cari, che sanno di meraviglioso e sono l’unico miracolo possibile, che sanno percepire e fremere. Lottare quando disorientati e delusi vanno verso la notte e in quel vuoto che si apre ritrovare le forze per passare oltre, nell’assenza di segni e significati ad aprire le mani e tornare bambini. Che sanno sognare e stabilire completezza, con questa loro forma di semplicità e di amore ti accarezzano il volto e sono gioielli che lasciano le loro perle sulla tua pelle a rimuovere quel silenzio inopportuno, perché in due si può lottare come giganti.
0 notes
copihueart · 1 month
Text
Tumblr media
foto dell'autore
0 notes
copihueart · 1 month
Text
Tumblr media
foto dell'autore
0 notes
copihueart · 1 month
Text
NUVOLE
Hai mai sentito il grido di una nuvola ? Stupita, stolta, stonata, stupenda, che si diffonde nel cielo e ciclicamente inganna il tempo e l’usura del corpo è poca cosa rispetto all’usura dell’anima, perché la nuvola si contorce su sé stessa, si contagia con altre simili e ricopre di grigio e passa la vita a guardare negli occhi la gente. Nessuna riesce mai a dare l’esatta misura di ciò che pensa, di ciò che soffre in apparenza, di ciò che la incalza , quando carica di pioggia come un pentolino di latta ti rovescia addosso tutta la sua impotenza e così viaggia attraverso gli oceani del tempo e gli spazi infiniti , quasi ad appartenere a generazioni diverse, in altri luoghi e tempi, come a stabilire un legame tra di noi.
Niente sembra aver cura della sua fragilità, del suo stupore e di quel sentimento dimenticato, che sembra conservare un po’ di fanciullezza, per continuare a stupirsi della vita, mentre spettinata le piace andare contro vento, perché tutto quello che conta è l’inaspettato, perché le nuvole non hanno ragioni o perimetri, non abitano la terra, la loro vera dimora sono i flussi continui delle correnti, gli spazi siderali, i cambiamenti di temperatura.
La gente le guarderà sempre dal lato più brutto, aspettandosi temporali e lampi, in quel periodo strano in cui i ricordi tornano a vivere appena si chiudono gli occhi, perché le nuvole scelgono di non guarire, di non smettere di soffrire, tra le nebbie leggere che si vestono di luce al primo raggio di sole. Seguiranno le migrazioni d’uccelli, dei pensieri che volano via, i colori malinconici e suggestivi di novembre, ad abbattere muri per vedere cosa c’è dietro e così diventa pian piano parola, pensiero, fili d’anime nel vento, stella dentro le ciglia, meteora incandescente, come se rotolando giù nel pendio volesse attaccarsi ad un ramo per non scivolare e nel moto che segue alla stasi, si aprirà uno squarcio di sereno.
LO spiraglio dell’alba respira dalla loro bocca, in fondo alle vie vuote e alle colline scure che copriranno con il loro manto, con quel fiato leggero che sommerge le case, che rende plumbeo il cielo, che cigola nella brezza e veste la notte, poi diventeranno insidiose, appuntite, scure e disorganiche, ignare, deboli e incomplete, nella vastità dei cumulonembi, come una semplice creatura nel suo sacrificio, inconsapevole figura umana, quasi una ferrovia monotona e stancante che corre su binari paralleli verso una meta ignota.
Così impareremo ad annusarle, a goderle con gli occhi, a rinfocolare il desiderio di appartenenza, vuote e cave come un tronco secco, un buco nero pieno di aritmie incontrollate, finché non si rompe dentro qualcosa e le nuvole precipitano in una cascata incontrollata, provocando un rumore fragoroso, lento come l’erica nelle paludi, come l’ombra lunga sul ghiaccio notturno, quasi a voler accoglierle mentre stanno passando, tra i ricci caduti del castagno e il fuoco viola delle foglie sparse, che si trasformano in rogo, che si trasformano in piuma, perché da troppo tempo cariche di pesi, che hanno bisogno di volare.
Le nuvole che ci hanno lasciato, quelle spazzate via dai venti, sono diventate invisibili, come frutti che cadono che nessuno raccoglie, come le foglie pestate e le lacrime d’autunno, come un saluto mancato e un grido stroncato sul nascere, come un passaggio obbligato verso un giorno nuovo. Per conservare i colori sfrontati, le piogge insistenti, a scrivere pagine di vita, a cercare nuovi sentieri da percorrere, galoppando nei flussi dei meridiani, nell’intercapedine degli arcobaleni, a respirare sul lago come un sogno sospeso, come i mille battiti di ciglia delle stelle, nel cuore tondo della luna che andranno ad offuscare. Poi il vento le scava nel suo centro a liberare tanta bellezza, sospese tra la luce che sorride e l’abbandono del fragore del tuono. Così le nuvole ho raccolto, le ho messe in tasca, le ho nascoste vicino al cuore, ne ho fatto un tappeto dove camminare scalzi, un bacio che sprigiona la mia mente, degli occhi rubati da portar via, il soffio di un respiro, il rinfrescarsi del libeccio, lo scirocco che accascia e il gelido vento di tramontana che scalfisce e leviga le pietre. Ne ho fatto una treccia, il crine giallo su di un campo di grano, il respiro della ragione, il suono che risuona nel mare lontano, l’albeggio nell’anima nuda, la delicatezza e la devozione delle mie dita che tentano di afferrarle , quasi a voler sostenere la solitudine che le accompagna, per abbassare il cielo verso di noi, a ripetere le loro cicatrici non del tutto chiuse, sedute come un trono sulla terra, spogliate delle loro isole e di ogni appiglio, nella loro densità profonda, quasi a voler calcolare il percorso di ogni loro molecola.
0 notes