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#Conquista di Gorizia
italianiinguerra · 2 years
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230 anni fa nascevano due leggendari reggimenti di Cavalleria
230 anni fa nascevano due leggendari reggimenti di Cavalleria
Il 23 luglio 1692, il Duca Vittorio Amedeo II ordinò che lo Squadrone di Piemonte poi Reggimento di Cavaglià, nato nel 1691 per fusione di Compagnie di Genti d’arme o Compagnie delle “Corazze” quale nuova unità di cavalleria pesante (di linea), venisse ridenominato in Reggimento di cavalleria “Piemonte Reale”. Nello stesso giorno veniva fondato anche il gemello Reggimento “Savoia Cavalleria”.…
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personal-reporter · 9 months
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Elio Vittorini, tra letteratura ed editoria
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Una vita che attraversò parte del Novecento… Elio Vittorini nacque il 23 luglio 1908 a Siracusa, in Sicilia e il padre, ferroviere, si spostava  speso  per lavoro lungo la regione, portando con sé la famiglia. Elio, adolescente irrequieto, divenne desideroso di scoprire un mondo più ampio degli orizzonti provinciali, così scappava frequentemente da casa per esplorare luoghi nuovi e sconosciuti. A sedici anni, stanco della scuola di ragioneria cui era stato iscritto dalla famiglia, abbandonò per sempre la Sicilia nel 1924 e, dopo aver trovato un impiego a Gorizia,  cominciò  la sua formazione culturale, modellata sui grandi scrittori europei del tempo in reazione al provincialismo della cultura del regime. Sempre di questo periodo fu l'avvicinamento alle posizioni di Curzio Malaparte e della rivista Strapaese, che Vittorini espresse in un articolo apparso nel 1926 su La conquista dello stato. L’anno successivo, grazie all’intervento di  Malaparte, Elio divenne collaboratore della Stampa, e, dopo aver spedito a La fiera letteraria il  suo primo racconto,   Ritratto di re Gianpiero, lo vide pubblicato sulle pagine della rivista. Nel 1927 Vittorini sposò la sorella del poeta Salvatore Quasimodo, Rosa, che gli diede l’anno successivo il primo figlio, Curzio, nome scelto per il legame con Malaparte. Poco dopo, nel 1929, lo scrittore ritornò sul carattere provinciale della letteratura italiana pubblicando alcuni interventi sulle pagine della rivista fiorentina Solaria, che era la principale voce per dare un respiro europeo alla cultura italiana soffocata dal regime e dalle sua pretese autarchiche. Nel 1931 fu pubblicato, sempre dalla rivista fiorentina, Piccola borghesia, prima raccolta di racconti di Vittorini che, trasferitosi a Firenze, divenne  segretario di redazione di Solaria e correttore di bozze per il quotidiano La Nazione. All'identità di Solariano, Vittorini unì la frequentazione della Firenze intellettuale ed ermetica, riunita all’epoca nel caffè delle Giubbe Rosse, dove iniziò ad interessarsi alla cultura e la lingua anglosassone. Studiato l'inglese, Elio cominciò la carriera di traduttore, che gli permise di lavorare a stretto contatto con il mondo editoriale, sia come collaboratore che come direttore di importanti collane. Nel 1933 pubblicò a puntate sulle pagine di Solaria Il garofano rosso, suo primo romanzo  e nell’anno successivo divenne padre per la seconda volta, questa volta di Demetrio. Elio nel 1936 iniziò a lavorare su Conversazione in Sicilia, una delle sue opere principali sia sul piano contenutistico che su quello stilistico, che fu pubblicato a puntate su Letteratura, poi ripubblicato in volume prima da Parenti nel 1941 e da Bompiani nel 1942. Nel 1938 lo scrittore si trasferì  a Milano per lavorare da Bompiani, e li ci fu il riavvicinamento di Vittorini con un vecchio amore milanese, Ginetta Varisco. L’opera di censura perpetrata dal regime fascista colpì anche l’antologia Americana, una raccolta dei principali narratori statunitensi del tempo e di cui Vittorini aveva redatto le note critiche. Il secondo conflitto mondiale e la guerra di Resistenza videro lo scrittore attivamente impegnato nella stampa clandestina e coi partigiani. Questa esperienza diede vita nell'immediato dopoguerra a Uomini e no, romanzo che è il punto di maggiore vicinanza tra l'autore e il Neorealismo. Lasciata la famiglia per vivere con Ginetta Varisco a Milano, Vittorini nel 1945 divenne direttore dell’Unità  e fondò Il Politecnico, rivista che mirava a smuovere il dibattito sulla cultura e la società italiana, ma che durò solo fino al dicembre del 1947. Nel 1951 Einaudi affidò allo scrittore la collana di narrativa I gettoni, grazie alla quale debuttarono scrittori di successo, come Carlo Cassola, Beppe Fenoglio, Mario Rigoni Stern e Leonardo Sciascia. Inoltre Vittorini collaborò con Mondadori, per cui rifiutò di pubblicare Il gattopardo di Tomasi di Lampedusa, grande best-seller del 1957 per Feltrinelli. Malato da tempo, Elio Vittorini morì il 12 febbraio 1966 a Milano. Read the full article
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Enrico Toti (Rome, August 20, 1882 - Monfalcone, August 6, 1916) was an Italian patriot who fought in the ranks of the Bersaglieri, during the First World War, as an irregular soldier, since he cannot be enlisted because he has no leg, lost during his railway mechanic activity; despite the disability, he participated in various military actions, in one of which he died at the age of 33. During the sixth battle of the Isonzo (August 1916), which resulted in the conquest of Gorizia, remained in an unguarded trench near Monfalcone, he continued to fight despite being hit by Austrian bullets and died inciting his companions to attack. His gesture was immortalized in the press of the time (legendary became the cover of the Domenica del Corriere illustrated by Achille Beltrame, which showed Toti standing among his troops, in the act of hurling his crutch against the Austrian troops before dying); he became a symbol of the heroism and sense of self-denial of the Italian military.
By Wikipedia
Enrico Toti (Roma, 20 agosto 1882 - Monfalcone, 6 agosto 1916) è stato un patriota italiano che combatté nelle file dei bersaglieri, durante la prima guerra mondiale, come soldato irregolare, non potendosi arruolare perché non ha gamba, persa durante la sua attività di meccanico ferroviario; nonostante la disabilità partecipò a diverse azioni militari, in una delle quali morì all'età di 33 anni. Durante la sesta battaglia dell'Isonzo (agosto 1916), che portò alla conquista di Gorizia, rimase in una trincea incustodita nei pressi di Monfalcone , ha continuato a combattere nonostante fosse stato colpito da proiettili austriaci ed è morto incitando i suoi compagni ad attaccare. Il suo gesto fu immortalato dalla stampa dell'epoca (leggendaria divenne la copertina della Domenica del Corriere illustrata da Achille Beltrame, che ritraeva Toti in piedi tra le sue truppe, nell'atto di scagliare la sua stampella contro le truppe austriache prima di morire ) ; divenne un simbolo dell'eroismo e del senso di abnegazione dei militari italiani.
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Amadeo de Saboya, el Duque de Hierro
ESTE ARTÍCULO FUE PUBLICADO POR PRIMERA VEZ EN EL NÚMERO 45 DE LA REVISTA ARES ENYALIUS
La siempre controvertida participación italiana en la Segunda Guerra Mundial tradicionalmente ha puesto en tela de juicio a sus generales. A diferencia de Gran Bretaña, Alemania, Estados Unidos o la Unión Soviética, Italia no ha proporcionado a la memoria colectiva un Montgomery, un von Manstein, un Patton o un Zhukov; los grandes héroes italianos de la contienda suelen ser buscados entre las filas de los soldados y los oficiales. Pero si hubiese que encontrar a uno entre los generales, el más recordado hoy en Italia probablemente sería el Príncipe Amadeo de Saboya, Duque de Aosta.
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El Príncipe Amadeo de Saboya (Turín, 21 de octubre de 1898 - Nairobi, 3 de marzo de 1942) pertenecía a la segunda rama familiar de la Casa Real de Italia, la de los Duques de Aosta, de la que fue el titular durante buena parte del periodo fascista. El primer Duque de Aosta fue su abuelo Amadeo, efímero monarca español entre 1871 y 1873; su padre, Manuel Filiberto, fue durante ese breve periodo Príncipe de Asturias.
Cursó la Secundaria en el Colegio de San Andrés de Londres, y los estudios castrenses en la Nunziatella de Nápoles, la más antigua academia militar del mundo. Con dieciséis años se presentó voluntario para combatir en la Primera Guerra Mundial cuando Italia declaró la guerra al imperio de los Habsburgo. Su padre exigió que entrase en el Ejército como soldado raso, y dio instrucciones a su superior, el general Petitti di Roreto, para que no recibiese ningún privilegio. Combatió en la región del Carso, encuadrado en el Regimiento de Artillería a Caballo Voloire, y ascendió hasta el empleo de teniente al final de la contienda.
Finalizada la Gran Guerra se dedicó a explorar la Somalia Italiana en compañía de su tío Luis, Duque de los Abruzos, y el Congo Belga. También completó su formación académica, que había quedado interrumpida a causa del conflicto bélico, en Eton y Oxford, y se doctoró en Derecho por la Universidad de Palermo con una profética tesis titulada “Conceptos básicos de la relación jurídica entre los estados modernos y los pueblos indígenas de las colonias”, cuya conclusi��n era que la imposición de la soberanía de un estado sobre otro se justifica moralmente sólo por la mejora de las condiciones de vida del pueblo colonizado. Ya en Italia, se instaló en el bellísimo Castello di Miramare, a orillas del Adriático en Trieste, y tomó el mando del Regimiento de Artillería 29º, acuartelado en Gorizia. No obstante, descubrió que su verdadera pasión era el vuelo, y el 24 de julio de 1925 consiguió la especialidad de piloto militar.
Tras un breve servicio en las colonias como Inspector de los Grupos del Sahara, volvió a Italia y el 5 de noviembre de 1927 se casó con la princesa Ana de Orleans. Tres años después nació la primera hija, la princesa Margarita, y después de otros tres la segunda, la princesa María Cristina.
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El 4 de julio de 1931 se convirtió en Duque de Aosta tras el fallecimiento de su padre (antes ostentaba el título de Duque de Apulia). Un año después se enroló en la Regia Aeronautica y participó en la Guerra de Abisinia como piloto de combate. Con el tiempo llegó a ser uno de los cuatro oficiales de la Regia Aeronautica que alcanzaron el grado de Generale d’Armata Aerea, inferior únicamente a los de Maresciallo dell’Aria (sólo hubo uno, Italo Balbo) y Primo Maresciallo dell’Impero (reservado para el Jefe del Estado y el Jefe del Gobierno, es decir, Víctor Manuel III y Benito Mussolini). En la Regia Aeronautica estuvo al mando de la 1ª División Aérea “Aquila”, cuyo cuartel general se encontraba también en Gorizia.
El 21 de octubre de 1937 abandonó su residencia de Trieste para sustituir al Mariscal Rodolfo Graziani como máxima autoridad civil y militar (Virrey) en el África Oriental, conjunto de territorios bajo soberanía italiana que incluía las colonias de Somalia y Eritrea, y el recién conquistado Imperio Etíope. Amadeo presentaba un perfil menos politizado que Graziani (un fervoroso fascista) y carecía de la fama de cruel represor que su antecesor se había ganado como “pacificador” de las colonias libias de Cirenaica y Tripolitania (no en vano fue apodado “el carnicero de Fezzan”). Es en estos meses cuando desde ciertos sectores fascistas se propone al General Franco, que casi tenía a su alcance la victoria en la Guerra Civil, que el Príncipe Amadeo fuese coronado Rey de España. El principal argumento de quienes defendían la iniciativa era que, de no haber abdicado Amadeo I en 1873, el trono español lo estaría ocupando precisamente él, como nieto primogénito. No obstante, la Casa de Saboya no respaldó esta postulación por respeto a Alfonso XIII, en ese momento exiliado en Roma bajo la protección de Víctor Manuel III. Además, en España había escaso interés en la restauración de la monarquía, y menos aún de la lejana Casa de Saboya.
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El Duque de Aosta se ganó rápidamente en África el reconocimiento de los nativos, los colonos italianos y la guarnición militar. Cuando Italia declaró la guerra a Gran Bretaña y a Francia el 10 de junio de 1940, Amadeo se percató de la debilidad de las guarniciones británicas en los territorios vecinos, y lideró una ofensiva general con todas sus fuerzas disponibles sobre Sudán, Kenia y Somalia, en la que consiguió importantes avances en los dos primeros, y la conquista del tercero. Fue entonces cuando se ganó el apelativo de “el Duque de Hierro”. Contaba con unas fuerzas nada desdeñables, pero que tuvieron que combatir en varios frentes simultáneamente y completamente aisladas: unos 260.000 soldados (de los cuales casi el 70% eran tropas indígenas, incluidos los temibles askaris eritreos y dubats somalíes) organizados en dos divisiones de infantería (las mejores tropas disponibles; eran la 40ª “Cazadores de África” y la 65ª “Granaderos de Saboya”), treinta y tres brigadas coloniales, once batallones de Camisas Negras, dos compañías de tanquetas L3/35, dos de tanques medianos M11/37 y diez baterías de obuses; unos 240 aviones (los principales modelos eran bombarderos Ca.133, SM.79 y SM.81 y cazas CR.32 y CR.42); y la Flotilla del Mar Rojo, formada por siete destructores, ocho submarinos, cinco lanchas torpederas, un cañonero colonial y dos mercantes armados.
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En enero de 1941 los británicos contraatacaron e hicieron retroceder a las tropas del Duque de Aosta hasta posiciones defensivas en el África Oriental. En la Batalla de Keren perdieron el control de Eritrea, incluida Massawa, la principal base naval italiana. Totalmente incomunicado con la metrópolis, mermado de suministros y rodeado por el enemigo, Amadeo ordenó la fortificación de los puntos estratégicos de Gondar, Dessie, Gimma y, especialmente, Amba Alagi, en cuyas montañas y cavernas fijó su cuartel general. Allí resistió el asedio de 9.000 británicos al mando del general Alan Cunningham y 20.000 etíopes fieles al recién llegado Haile Selassi, entre febrero y mayo, con apenas 7.000 hombres, incluidos soldados, carabineros, aviadores, marinos y tropas indígenas. El 14 de mayo recibió desde Roma la autorización para rendir la plaza, y envió al general Giovan Battista Volpini a negociar con Cunningham, pero Volpini fue asesinado por rebeldes etíopes al intentar atravesar el cerco. El día 17, con el agua y los alimentos agotados, se acordó finalmente la rendición. El Duque de Aosta dio permiso a las tropas indígenas para que regresasen a sus hogares, pero nadie abandonó Amba Alagi. El día 19 los italianos salieron finalmente de las cavernas; el Duque salió el último mientras se arriaba la bandera tricolor. Los británicos, como reconocimiento de su tenacidad, le concedieron honores militares antes de trasladarlo a un campo de prisioneros en Dònyo Sàbouk, cerca de Nairobi.
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Por su tenaz resistencia recibió la más alta condecoración militar italiana, la Medalla de Oro al Valor, aunque no tuvo la posibilidad de que se la entregasen porque jamás volvió a su país: enfermo de tifus y malaria, a causa de las insalubres condiciones de la prisión, murió el 3 de marzo de 1942 en Nairobi. El título de Duque de Aosta pasó entonces a su hermano Aimón, que además era Duque de Spoleto y rey titular de Croacia con el nombre de Tomislav II, pues Amadeo, como dijimos, sólo había tenido dos hijas en su matrimonio. Fue enterrado en el Cementerio Militar Italiano de Nyeri junto a 676 de sus soldados que también perecieron en cautividad. Por lo que respecta a los que se habían quedado en África Oriental, siguieron resistiendo en sus fortalezas hasta que la última de ellas, Gondar, cayó el 11 de noviembre de 1941. No obstante, numerosos italianos (soldados que no habían sido capturados, camisas negras y colonos, apoyados por nativos eritreos y somalíes) mantuvieron una guerra de guerrillas contra los británicos hasta otoño de 1943, cuando se firmó el armisticio final entre Italia y los Aliados.
Inmediatamente después de su fallecimiento se instituyó una medalla como recompensa para todos aquellos militares, funcionarios civiles y de la Casa Real que sirvieron a sus órdenes. Como la mayoría de los receptores se encontraban prisioneros en África sólo pudo ser entregada tras la rendición italiana y el retorno de los cautivos a partir de 1945, pero no llegó concederse masivamente por dos motivos: las alusiones fascistas de su diseño (Mussolini había caído en julio de 1943) y el fin de la propia monarquía el 12 de junio de 1946. Así pues, muy pocas medallas realmente fueron entregadas. La pieza muestra en el anverso la efigie del Duque de Aosta, y en el reverso un extracto del decreto por el que se le concedía la Medalla de Oro al Valor. El texto completo decía lo siguiente:
Comandante Supremo de las Fuerzas Armadas en el África Oriental Italiana, durante doce meses de lucha feroz, aislado de la Madre Patria, rodeado por el enemigo abrumadoramente superior en fuerzas y medios, confirmó su capacidad ya probada de líder competente y heroico. Osado aviador, guía incansable de sus tropas, a las que condujo por cualquier lugar por tierra, mar y aire en victoriosas ofensivas y en tenaces defensas contra importantes adversarios. Asediado en Amba Alagi, al mando de su grupo de guerreros resistió más allá de los límites de las posibilidades humanas, en un titánico esfuerzo que se ganó la admiración del propio enemigo. Fiel continuador de las tradiciones militares de la Casa de Saboya e símbolo de la virtud romana de la Italia Imperial y Fascista en el África Oriental Italiana, desde el junio de 1940 hasta el 18 de mayo de 1941.
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Amadeo, Duque de Aosta, es considerado uno de los generales italianos más brillantes no sólo de la Segunda Guerra Mundial, sino también de todo el siglo XX. Su impresionante hoja de servicios registra las siguientes condecoraciones:
- Caballero de la Orden de la Anunziata
- Gran Cruz de la Orden de San Mauricio y San Lázaro
- Gran Cruz de la Orden de la Corona de Italia
- Caballero de la Orden Civil de Saboya
- Oficial de la Orden Militar de Saboya
- Medalla de Oro al Valor Militar
- Medalla de Plata al Valor Militar
- Cruz al Mérito de Guerra
- Medalla por el mando prolongado en el Ejército (10 años)
- Medalla por el mando prolongado en la Aviación (10 años)
- Medalla conmemorativa interaliada de la victoria en la Primera Guerra Mundial.
- Medalla conmemorativa de la Guerra italo-austriaca, con pasador de 4 años en el frente.
- Medalla conmemorativa por la participación en la Guerra de Etiopía.
- Medalla por el Quincuagésimo Aniversario de la Unidad de Italia.
- Medalla de Oro al Mérito por la Salud Pública.
- Cruz de Guerra de la República Francesa
- Caballero de Honor de la Orden Militar y Hospitalaria de San Juan de Jerusalén, Rodas y Malta.
Más allá del plano militar, Amadeo fue un administrador colonial benevolente y respetuoso con la población nativa, y un gran impulsor del desarrollo de las infraestructuras en el África Oriental Italiana. Como reconocimiento por el buen trato otorgado a los etíopes durante su periodo como Virrey en Addis Abeba, Haile Selassie invitó a visitar Etiopía en los años sesenta a su sobrino Amadeo, actual Duque de Aosta, en un notable gesto de reconciliación.
En 1952 fue consagrada la Iglesia Memorial de Guerra de Nyeri, mandada construir por el Estado Italiano en Kenya. Su interior alberga los restos de los 676 soldados muertos en cautiverio, y frente al altar se situó el sepulcro del Duque de Aosta. En el exterior están enterrados los soldados somalíes y eritreos musulmanes que perecieron a su servicio, siguiendo los dictados del ritual islámico. 
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Y en Gorizia puede visitarse un monumento levantado en su honor en 1962. Fue inaugurado el 4 de noviembre de ese año por Antonio Segni, Presidente de la República, lo cual es una muestra del reconocimiento que el Duque se ganó en su país, incluso 14 años después del fin de la monarquía, estando incluso vigente la ley republicana que prohibía a los varones de la Casa de Saboya regresar a Italia.
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fonteavignone · 5 years
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CARMINE D’ASCENZO - Soldato del 13° reggimento fanteria, nato a Rocca di Mezzo l'11 luglio 1894, morto il 16 agosto 1916 per ferite riportate in combattimento. Probabilmente Carmine, mitico eroe degli Ascenzo, fu ferito a morte in seguito alla VI battaglia dell'Isonzo che vide la conquista da parte degli italiani della città di Gorizia, l’8 Agosto 1916. L'eroe riposa nel Sacrario Militare di Re di Puglia in Friuli-Venezia Giulia. Nel foglio matricolare la località di morte è indicata con il nome sloveno.
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sportpeople · 5 years
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Nova Gorica, fondata nel 1948 e posta a ridosso del confine tra Italia e Slovenia, è stata la risposta Jugoslava a Gorizia, comune che dopo il secondo conflitto mondiale rimase entro i confini Italici. L’obiettivo era ridare un baricentro amministrativo, politico ed economico al di là del confine. L’area urbana si sviluppò tra gli anni cinquanta e sessanta, con la costruzione di quartieri di edilizia popolare che hanno seguito, per ovvie ragioni, le logiche architettoniche sovietiche. Fino al 1947 il territorio di Nova Gorica era inglobato nell’area goriziana, non sorprende quindi che il comune sia povero di edifici storici, con tutto ciò che ciò comporta soprattutto sul piano turistico.
Arrivati nel comune sloveno si respira immediatamente l’aria di un paese straniero, il passaggio dall’Italia alla Slovenia è immediato, senza sfumature o gradazioni: le vie, i bar e le insegne ti catapultano in una realtà culturale diversa, che ti rimanda ad un contesto geopolitico ancora diviso per blocchi. Quartieri con casermoni che ti regalano l’impressione di trovarti in un luogo freddo e anonimo.
Il calcio è sempre stato la valvola di sfogo e in questa logica si muove quindi il Nogometno Drustvo Gorica 1947 (abbreviato in ND Gorica) fondato quasi in parallelo alla città: bisognava costruire una nuova realtà urbana, che non avesse nulla in meno di Gorizia, squadra di calcio compresa. Nel 1964 venne quindi edificato l’attuale impianto sportivo Sportni Park, con una capienza di 3.006 spettatori, struttura a poche centinaia di metri dal confine che separa la Slovenia dall’Italia.
Sfogliando l’almanacco scopro che i padroni di casa vantano il record di partecipazioni nella massima categoria Slovena, campionato nato nel 1991, vincendo per 4 volte il titolo nazionale, oltre alla conquista di 3 coppe di Slovenia.  Sulla panchina del ND Gorica si è accomodato anche una vecchia gloria del calcio Italiano, Gigi Apolloni, difensore del primissimo Parma di Nevio Scala.
Il mio viaggio, per forza di cose, mi ha portato a confrontare il “modus vivendi calcistico” sloveno con quello Italiano, con tutte le eccezioni del caso e soprattutto senza avere la pretesa di svelarne la totalità delle sfumature con una sola partita o di scattare una fotografia nitida di ciò che il calcio rappresenta per la gente del posto.
Al mio arrivo colgo una certa apatia che in Italia è difficile trovare, persino per una partita di calcetto tra scapoli e ammogliati. Non ci sono file ai botteghini, tantomeno aree “presidiate” dagli ultras di casa, gli spettatori sono poco meno di 300. Indossata la casacca percorro la pista atletica per cogliere i dettagli dell’impianto sportivo sloveno e ho come l’impressione di vivere un calcio fermo agli anni novanta, dove persino l’arbitro con la sua divisa “vintage” è ancora “l’uomo nero”. Gli spettatori non indossano capi firmati, da queste parti forse non c’è la stessa cura maniacale per l’abbigliamento che invece noi italiani abbiamo: non mi sarei aspettato di trovare casual, ma anche il “dress code” sembra quello disimpegnato dei nostri anni ’90.
Le squadre fanno il loro ingresso e rilevo, almeno fino a quel momento, l’assenza di gruppi ultras, che per fortuna, in prossimità del fischio d’inizio, fanno il loro ingresso posizionandosi nella gradinata scoperta. Si raccolgono dietro lo striscione “Ultras GO” che viene attaccato anche grazie all’aiuto degli steward. Tifo poco costante, cori ripresi dalle curve italiane, ritmati dal rullio di un tamburo, ma soprattutto poco colore: assenza totale di bandiere, bandieroni, due aste o fumogeni. La partita non è avvincente e pur trattandosi di un match della massima categoria slovena, non si segnalano giocate particolari. La squadra ospite sfrutta bene gli spazi e porta a casa l’intera posta in palio, ma vista l’assenza dei propri tifosi dovrà festeggiare la vittoria da sola.
Il Gorica non è di certo la massima espressione calcistica Slovena, tantomeno dell’intera area Balcanica, ma è innegabile che dalle nostre parti il calcio è vissuto con passione in tutte le categorie, e trovarmi di fronte uno stadio semivuoto, ma soprattutto freddo mi ha convinto ancor di più – scusate la scarsa modestia – che l’Italia, almeno per quanto riguarda il tifo, non abbia nulla da imparare.
Michele D’Urso
ND Gorica-Aluminij, Slovenia: il calcio al di là del confine Nova Gorica, fondata nel 1948 e posta a ridosso del confine tra Italia e Slovenia, è stata la risposta Jugoslava a Gorizia, comune che dopo il secondo conflitto mondiale rimase entro i confini Italici.
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allnews24 · 6 years
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Treni, i macchinisti Usa parleranno italiano: ad Ermetris la fornitura delle “cornette intelligenti”
Claudio Borrello, amministratore e fondatore di Ermetris
GORIZIA. La tecnologia friulana conquista gli Stati Uniti. Ermetris, azienda di Gorizia specializzata nelle soluzioni innovative per il settore ferroviario, ha ricevuto da Amtrak, leader del trasporto ferroviario oltreoceano, una commessa per la fornitura di speciali “cornette intelligenti” con pulsantiera esterna per…
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luigidalise · 7 years
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Ci sono anche le specialità di Antonino Esposito tra le protagoniste della 14ma edizione di Gusti di Frontiera, la kermesse enogastronomica più grande del Triveneto che, fino a domenica, porta a Gorizia oltre 350 stand in rappresentanza di 42 Paesi. Un mappamondo di sapori, profumi e colori: bontà da tutto il mondo da gustare come cibo da strada o nelle osterie presenti negli angoli più suggestivi del centro storico
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Da https://it.wikipedia.org/wiki/11_settembre
"L'altro" 11 Settembre:
9 – Si conclude dopo tre giorni la battaglia della foresta di Teutoburgo, una delle più gravi sconfitte subite dai Romani, che bloccò il loro tentativo di espansione in Germania 260 – Dedica dell'altare di Augusta 831 - Conquista islamica di Palermo 1297 – Battaglia di Stirling Bridge: gli scozzesi di William Wallace sconfiggono gli inglesi 1541 – Santiago del Cile viene distrutta da tribù indigene 1565 - Fine dell'assedio di Malta 1599 – A Roma, in piazza Castel Sant'Angelo sono giustiziati Beatrice Cenci, la matrigna Lucrezia Petroni ed il fratello Giacomo per l'omicidio del padre, il conte Francesco Cenci 1609
    Viene annunciato un ordine di espulsione contro i musulmani non convertiti di Valencia; sarà l'inizio dell'espulsione di tutti i musulmani della Spagna     Henry Hudson sbarca sull'isola di Manhattan
1683 – Battaglia di Vienna: Giovanni Sobieski libera Vienna dall'assedio turco e ferma per sempre l'avanzata ottomana in Europa 1697 - Battaglia di Zenta: pose fine alla guerra austro-turca (1683–1699) dando origine alla Pace di Carlowitz 1709 – Battaglia di Malplaquet – Gran Bretagna, paesi Bassi ed Austria sconfiggono la Francia 1714 – Barcellona si arrende alle armate spagnole e francesi, nel corso della Guerra di successione spagnola 1776 – La conferenza di pace Britannico-Americana di Staten Island non riesce a fermare la nascente rivoluzione Americana 1777 – Battaglia di Brandywine. 1789 – Alexander Hamilton viene nominato primo Segretario di Stato del Tesoro degli Stati Uniti 1795 – A Crich, in Inghilterra, parte il primo prototipo di tranvia a cavalli, ad opera di Benjamin Outram 1800 – Luisa Sanfelice è giustiziata a Palermo dal re Ferdinando I delle Due Sicilie per i fatti della Repubblica Partenopea 1802 – Fine della Repubblica Subalpina, il Piemonte è annesso all'Impero francese 1814 – Battaglia di Plattsburgh. 1847 – La più nota canzone di Stephen Foster, Oh! Susanna, viene eseguita per la prima volta in un saloon di Pittsburgh (Pennsylvania) 1857 – Coloni Mormoni e Indiani Paiute massacrano 120 pionieri a Mountain Meadows, nello stato statunitense dello Utah 1858 – George Mary Searle scopre l'asteroide 55 Pandora. 1890 – "Rivoluzione" nel Canton Ticino. Presa del potere da parte dei radicali. I golpisti saranno chiamati "settembristi" 1894 – San Marino adotta l'Inno nazionale della Repubblica 1906 – Il Mahatma Gandhi durante una protesta all'Empire Theatre of Varieties di Johannesburg, adotta per la prima volta la sua metodologia della satyagraha, chiamando i suoi compagni a sfidare la nuova legge e a subire le punizioni previste, senza ricorrere alla violenza[senza fonte] 1914 – L'Australia invade la Nuova Britannia, sconfiggendo il contingente tedesco ivi presente 1919 – I marines statunitensi invadono l'Honduras 1921 – Fatty Arbuckle viene arrestato per stupro. 1922 – Inizia il Mandato britannico della Palestina 1926 – Fallito tentativo di assassinio di Benito Mussolini da parte dell'anarchico Gino Lucetti 1931 – Salvatore Maranzano viene ucciso dai sicari di Lucky Luciano 1940 – George Stibitz esegue la prima operazione da remoto su un elaboratore 1941 – Inizio degli scavi per la costruzione del Pentagono. La marina militare statunitense riceve l'ordine di attaccare i sottomarini tedeschi 1943
    Eccidio di Nola da parte delle truppe tedesche cf. Divisione Goering     Truppe tedesche occupano la Corsica e il Kosovo-Metohien, inizio della liquidazione del Ghetto a Minsk e Lida da parte dei nazisti     Inizia la battaglia di Gorizia tra truppe tedesche occupanti e brigate partigiane italiane e slovene
1944
    Il paese di Barcis, in Valcellina, provincia di Pordenone, viene dato alle fiamme dalle truppe tedesche d'occupazione per ritorsione antipartigiana     Le prime truppe dell'esercito statunitense attraversano il confine occidentale della Germania nazista
1946 - Nasce la Società Max Planck per l'Avanzamento delle Scienze 1948 – Henri Queuille diviene Primo Ministro di Francia 1951 – Florence Chadwick attraversa la Manica a nuoto dall'Inghilterra alla Francia, e diventa la prima donna ad aver compiuto la traversata in entrambe le direzioni 1960 – Si chiude a Roma la XVII Olimpiade 1961 – Fondazione del WWF 1965 – La 1st Cavalry Division arriva in Vietnam 1970 – Un tornado causa 30 vittime a Venezia 1971 - Il Bahrein e il Qatar aderiscono alla Lega araba 1972 – Si chiude a Monaco di Baviera la XX Olimpiade 1973 – Cile: il golpe militare di Augusto Pinochet rovescia il governo, il presidente Salvador Allende muore durante le ultime fasi di assalto al palazzo presidenziale 1988 – Italia: il team Ferrari ottiene una schiacciante doppietta al Gran Premio d'Italia, dopo nove anni di mancata vittoria, doppietta dedicata ad Enzo Ferrari, scomparso qualche settimana prima: primo Gherard Berger, secondo Michele Alboreto 1989 – Ungheria: in seguito al picnic paneuropeo dell'agosto precedente, la Cortina di ferro viene aperta ed inizia l'esodo di tedeschi della DDR in Occidente. 1990 – Céline Dion pubblica il suo primo album in lingua inglese, intitolato Unison 1992 – La foiba di Basovizza diventa monumento nazionale 1996 – USA: emissione dei francobolli commemorativi di Glenn Miller, Count Basie, Tommy & Jimmy Dorsey, Benny Goodman (serie Big Band Leaders) 1997 – La Scozia vota per ristabilire il proprio Parlamento, dopo 290 anni di unione con l'Inghilterra e nel 700º anniversario della Battaglia di Stirling Bridge 1998 – Il consigliere indipendente Kenneth Starr invia un rapporto al Congresso degli Stati Uniti d'America, nel quale accusa il Presidente Bill Clinton di 11 possibili reati che prevedono l'impeachment 1999 – Pubblicazione nel Regno Unito del primo volume dell'Archivio Mitrokhin 2000 – Attivisti protestano contro il meeting del Forum economico mondiale a Melbourne, Australia 2003 – Entra in vigore il protocollo di Cartagena"
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goodbearblind · 7 years
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“GORIZIA TU SEI MALEDETTA”: 20.000 MORTI E 50.000 FERITI PER CONQUISTARE POCHI METRI QUADRATI DI TERRA “La vittoriosa nostra avanzata su Gorizia”. “Manifestazioni di giubilo patriottico in tutta Italia”. Così sul Messaggero di mercoledì 9 agosto 1916 si saluta la conquista di Gorizia, una delle città simbolo dell’irredentismo italiano. Dopo cinque giorni di asperrimi combattimenti, in cui l’esercito italiano ha impiegato bene 16 divisioni, i fanti del 28º Pavia entrano per primi a Gorizia. La Sesta battaglia dell’Isonzo continuerà per un’altra settimana circa. Alla fine, in meno di quindici giorni, nei reparti italiani si conteranno 21630 morti, 52940 feriti e oltre 18.000 prigionieri. Anche sul fronte austriaco le perdite risultano importanti. Più di 4000 morti, 18.000 feriti e quasi 50.000 prigionieri (secondo altre fonti le stime sarebbero anche più alte). Tutto questo per la contesa di appena 80 kilometri quadrati di territorio, più importanti dal punto di vista ideologico che da quello militare. Una piccola carneficina dentro l’immane carneficina della Prima Guerra Mondiale. A ricordare questo terribile e tragico evento, una delle canzoni antimilitariste più cantate di sempre. Appunto “Gorizia tu sei maledetta”. Secondo la tradizione la canzone sarebbe stata raccolta da Cesare Bermani a Novara, tramandata da un testimone che affermò di averla sentita cantare dai fanti che conquistarono la città l’8 agosto. La versione più celebre del canto anarchico e pacifista è quella eseguita da Michele Straniero a Spoleto nel 1964 nel corso dell’annuale Festival dei Due Mondi. Straniero aggiunse anche questa strofa: “Traditori signori ufficiali / voi che la guerra l’avete voluta / scannatori di carne venduta / questa guerra ci insegni a punir”. La mattina del cinque d’agosto si muovevan le truppe italiane per Gorizia, le terre lontane e dolente ognun si partì Sotto l’acqua che cadeva al rovescio [1] grandinavan le palle nemiche su quei monti, colline e gran valli si moriva dicendo così: O Gorizia tu sei maledetta per ogni cuore che sente coscienza dolorosa ci fu la partenza e il ritorno per molti non fu O vigliacchi che voi ve ne state con le mogli sui letto di lana schernitori di noi carne umana questa guerra ci insegna a punir Voi chiamate il campo d’onore questa terra di là dei confini Qui si muore gridando assassini maledetti sarete un dì Cara moglie che tu non mi senti raccomando ai compagni vicini di tenermi da conto i bambini che io muoio col suo nome nel cuor Traditori signori ufficiali Che la guerra l’avete voluta Scannatori di carne venduta [2] E rovina della gioventù [3] O Gorizia tu sei maledetta per ogni cuore che sente coscienza dolorosa ci fu la partenza e il ritorno per molti non fu. [1] [variante: che cadeva a rovesci] [2] [altra versione: ‘Schernitori di carne venduta’] [3] [altra versione: ‘Questa guerra ci insegna così’] Cannibali e Re
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italianiinguerra · 4 years
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17 agosto 1916, termina la sesta battaglia dell’Isonzo Il 17 agosto 1916 si concludeva la sesta battaglia dell'Isonzo che aveva portato il Regno d'Italia alla…
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grauniverse-blog · 7 years
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A Capestrano c’è un guerriero¹. E’ alto due metri ed è forte. Resiste da secoli. Resiste “a muso duro” come quell’altro guerriero che nel 1979 scrisse il suo inno alla libertà e alla vita: “un guerriero senza patria e senza spada con un piede nel passato e lo sguardo dritto e aperto nel futuro”.
Ce n’era un po’ di questo spirito indomito tra le stanze del convento di San Giovanni durante “Naturale”, il salone dei vini artigianali, svoltosi per la prima volta a Capestrano e non a Navelli come nelle quattro edizioni precedenti.
Quinta edizione, circa 40 produttori. Alcune novità. Di un paio avremmo volentieri fatto a meno ma, come diceva il caro Dante, “per trattar del ben ch’i’ vi trovai, dirò de l’altre cose ch’i’ v’ho scorte”.
Andiamo in ordine di assaggio, saltandone un paio per le ragioni di cui sopra.
Abbazia San Giorgio, nata nel 2015, gestisce circa 3,5 ettari di vigneti frammentati in vari corpi situati a Khamma, nella parte sud-orientale dell’Isola di Pantelleria, a circa 300 mt. Slm. Zibibbo, perricone, carignano e nerello mascalese allevati ad alberello. Circa 3000 bottiglie. Lunghe macerazioni, fermentazioni spontanee, decantazioni naturali con affinamento in botti di castagno e acciaio. L’Orange è zibibbo secco di un vivace colore arancio. Naso incantevole, pulito e netto al gusto. Succoso il perricone e, a conferma del suo nome, magico il passito.
Cascina Boccaccio a Tagliolo Monferrato in provincia di Alessandria possiede circa 5 ettari di vigneto. Non convince con i bianchi, sbilanciati sulle durezze con una acidità ingestibile; bussa alle porte del piacere con il Rosé (dolcetto e barbera vinificati in bianco) e conquista con il Dolcetto di Ovada Riserva Nonno Rucchèin, vinificato in acciaio e affinato 24 in botti grandi di rovere di slavonia. Intenso, profondo, tipico.
Terpin, vecchia conoscenza, è sempre il maestro dei macerati. Siamo a San Floriano del Collio in provincia di Gorizia, a due passi dal confine con la Slovenia, dove nel 1994 nasce l’azienda di Franco Terpin e Daniela Vidoz, che comprende 10 ettari vitati a conduzione biologica certificata, su terreni di ponka, tipica roccia calcarea argillosa di derivazione dalla marna arenaria. Vincono i “bianchi” e su tutti la Ribolla: vegetale, snella, netta.
Carussin da il meglio con la Barbera. Asinoi, schietto e vivace, tira fuori il frutto espressione della sua origine; proviene da quattro vigne acquistate dai nonni di Bruna, in tempi dove si prediligeva la quantità alla qualità. Terre fresche e non molto ben esposte che producono grappoli pieni e succosi. Lia Vì è la barbera che nasce nei terreni meglio esposti dove nidifica il Muscichava Parva che in dialetto piemontese si chiama, per l’appunto, Lia Vì. Affina dai sei ai nove mesi in botti di cemento.
Casa Caterina è sempre una esperienza imprescindibile, ossidazione alla francese e lunghissime permanenze sui lieviti. Complessi, cremosi e dalla personalità dirompente. A farla da padrone è ancora il Pinot nero nelle due versioni 36 e 60 mesi di affinamento. Sorso importante e persistente.
L’Azienda agricola Occhipinti nasce nel 2004 sulle sponde nord-occidentali del lago di Bolsena, nel territorio di Gradoli a circa 450 m s.l.m. con l’obiettivo di preservare due vitigni autoctoni di questa zona: l’Aleatico e il Grechetto Rosso, attraverso la selezione massale dei cloni più adatti alla natura vulcanica dei terreni (il Lago di Bolsena è il più grande lago vulcanico di Europa). L’aleatico viene vinificato sia in bianco che in rosso. Per la vinificazione e l’affinamento si utilizzano vasche di acciaio e cemento e per il Rosso Arcaico le anfore di terracotta. L’Alea Viva 2015, aleatico 100%, è stato l’assaggio migliore: bouquet floreale di rose, viole e geranio con note di rabarbaro e china. Bocca fresca e succosa ben bilanciata con il tannino. Interessante anche Fremito, grechetto bianco in purezza macerato sulle bucce, minerale ed erbaceo con una bocca pulita e un finale nocciolato.
Restiamo in Lazio con l’Azienda agricola Milana. Siamo sui Colli Romani dove per lungo tempo il vino dei Castelli l’ha fatta da padrone. Solo nel 2009 Giancarlo Milana ha iniziato a lavorare al progetto di valorizzazione parcellare con la conversione al biologico e i primi imbottigliamenti. Quattro etichette i cui nomi di fantasia sono numeri importanti per la famiglia in quanto rappresentano le date di nascita dei vari componenti. Per tutti i vini vinificazione e affinamento solo in acciaio. 2601 è malvasia 100% mentre 2212 è malvasia e moscato. Entrambi conservano l’aromaticità dell’uva ma senza pesantezza. Anzi, si esprimono eleganti e delicati con note minerali che bilanciano i sentori di pera, mela cotogna e muschio bianco. 0911, Cesanese 100%, ha profumi intensi di prugna, ribes nero e mirtillo, leggermente speziato. In bocca vira sulle durezze. Più complesso ed equilibrato è il Cesanese 0510: il frutto rosso emerge insieme al tabacco, al chiodo di garofano e al balsamico. Conserva note oscure che lo rendono profondo e indomito al palato. Lunga persistenza gustativa.
Dalla Calabria vengono in tre ma restano in mente soltanto due.
Calabrese, già noto al nostro palato, maneggia 4 ettari da tre piccoli vigneti. Poche le bottiglie prodotte. Il rosso è Magliocco. Il 2015 è vegetale con note di foglia di pomodoro, basilico ed eucalipto. In bocca fresco e vivace. Il 2013 ha un naso più maturo che vira su note di peperone secco mentre in bocca tende a sedersi troppo presto. Il bianco, uvaggio di guarnaccia e malvasia, si esprime bene nella nuova annata. Il moscato di Saracena è piacere puro.
Nuova conoscenza l’azienda agricola Diana, produttrice di olio e che ha iniziato a imbottigliare oltre al Moscato di Saracena (buonissimo) il rosso Mileo, lacrima in purezza, dalla beva sorprendente.
Siamo tornati in Toscana per assaggiare di nuovo i vini della Azienda Agricola Casale. Il sangiovese ha una trama tenace, viva, riesce ad essere autentico senza essere grezzo. Una energia vitale e una grande apertura al gioco proprio come Antonio Giglioli. La riserva conserva tutta questa energia e la moltiplica nello sviluppo dei terziari. I bianchi di annata hanno una stoffa fitta ma non pesante, sentori primari maturi ma non stanchi. Portano la firma del Casale, cosa che li rende unici.
Il viaggio tra i vini abruzzesi è un andare per cantine note ma questa regione a volte riserva sorprese anche per chi, come noi, ci è nato. A Controguerra Fiore Podere San Biagio è agriturismo e fattoria didattica dal 2000. Qui si fanno vini semplici, artigianali, di piacevole beva; soprattutto il Pecorino e il Montepulciano.
Giuliano Pettinella continua a raccontarsi attraverso il suo Rosato Tauma. Differente dalle annate precedenti. Il colore è più trasparente, l’acidità più percepibile. Piccoli frutti rossi, melograno, danza sulle punte elegante e sottile.
Di Emidio Pepe scrivono in tanti quindi noi ci limitiamo a berlo. Il Trebbiano 2015 è lineare, sottile, neutrale nel senso di meno incisivo, almeno in questo primo assaggio. Il Cerasuolo 2015 non si concede al naso se non con alcune note imprecise e poco fini ma al palato è puro succo d’uva, vino contadino da bere all’aria aperta accompagnato da un buon panino al salame. Il Pecorino resta un mistero che non conquista. Il Montepulciano guadagna con gli anni.
Il Pecorino della azienda Ausonia di Atri è stata una delle espressioni più convincenti di questa varietà. Scevro da tecnicismi e manipolazioni ha un sorso teso e fresco con un bel ritorno di note vegetali e minerali. Piacevole anche il Montepulciano Apollo 2015.
Praesidium ha un cerasuolo dalla personalità meno forte del solito. Il Montepulciano è sempre una grande esperienza gustativa.
Una delle scoperte più interessanti di questa fiera è stata la Cantina pugliese Archetipo con vini che nascono sui suoli “rossi” della Murgia Barese da agricoltura sinergica. Il Greco e il Fiano (Minutolo) sono netti, precisi, ricchi di sfumature odorose tipiche della loro varietà. Il Primitivo e Aglianico 2011, rosso equilibrato con tannicità ben incorporata, fruttato, persistente e con buona acidità ha uno spettro olfattivo complesso: incenso, china, dattero. Ricorda i profumi dei mercati marocchini. L’Aglianico 2011 apre floreale e continua su note vegetali di pomodoro e peperone. Si concede lentamente. Persistente. Il Primitivo 2011 è etereo, sfuggente, sottile ed elegante. Un vino che invita a una lunga conversazione per conoscersi poco alla volta, senza fretta.
Ancora più a sud Marilena Barbera è l’incontrastata regina dell’isola con vini appassionati e godibili. Vini di aria e luce, di mare e vento, come lei stessa scrive per descrivere il terroir di Menfi. L’Inzolia delicata ricorda gli agrumi e le mandorle, il Catarratto verace si porta dentro il sapore del mare, l’alicante rustico conserva il respiro della terra, il Perricone vitale è vino puro senza fronzoli ma pieno di suggestioni.  A ricordare che il vino è anche un gioco c’è la Bambina, un modo differente di scoprire il Nero d’Avola. Un vino che si fa forte della sua leggerezza, quella stessa leggerezza di cui parlava Calvino quando scriveva che essa non è superficialità ma saper planare sulle cose dall’alto, non avere macigni sul cuore.
Il poeta Paul Valery scriveva che bisogna essere leggeri come una rondine e non come una piuma, ovvero vivere per consapevole sottrazione dell’insignificante, del superfluo e di ciò che nuoce all’essenza umana. La leggerezza della rondine è quella che il moderno guerriero deve possedere, in un mondo in cui volteggiano piume impazzite trascinate da un vento sempre più forte e che soffia in direzioni contrastanti. Il vino può avere le ali, può disegnare traiettorie, soprattutto può suggerire orizzonti possibili e radicarci alla terra con infinita leggerezza.
¹Il “guerriero di Capestrano” è una scultura in pietra e marmo del VI secolo a.C., del periodo dell’arte italica, rinvenuta in una necropoli dell’antica città di Aufinum, località situata a nord-ovest di Capestrano (AQ), e raffigurante un guerriero dell’antico popolo italico dei Vestini. Attualmente è conservata a Chieti nel Museo archeologico nazionale d’Abruzzo.
A Capestrano non c’è un solo guerriero A Capestrano c’è un guerriero¹. E’ alto due metri ed è forte. Resiste da secoli. Resiste “a muso duro” come quell'altro guerriero che nel 1979 scrisse il suo inno alla libertà e alla vita: “un guerriero senza patria e senza spada con un piede nel passato e lo sguardo dritto e aperto nel futuro”.
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italianiinguerra · 4 years
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23 luglio 1692, la nascita di due leggendari reggimenti di Cavalleria
23 luglio 1692, la nascita di due leggendari reggimenti di Cavalleria
Il 23 luglio 1692, il Duca Vittorio Amedeo II ordinò che lo Squadrone di Piemonte poi Reggimento di Cavaglià, nato nel 1691 per fusione di Compagnie di Genti d’arme o Compagnie delle “Corazze” quale nuova unità di cavalleria pesante (di linea), si ridenominasse in Reggimento di cavalleria “Piemonte Reale”. Nello stesso giorno veniva fondato anche il gemello Reggimento “Savoia Cavalleria”. Vediamo…
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italianiinguerra · 5 years
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«Superbo figlio d’Italia, eroico, instancabile, indomito, su tutti i cieli dell’impero stroncava la tracotanza dell’azione aerea nemica in 50 combattimenti vittoriosi durante i quali abbatteva 16 avversari e partecipava alla distruzione di 32 aerei, nell’attacco contro munitissime basi nemiche. In cielo ed in terra era lo sgomento dell’avversario, il simbolo della vittoria dell’Italia eroica protesa alla conquista del suo posto nel mondo.  Cielo dell’Eritrea e dell’Amara – Cielo del Sudan anglo-egiziano,  11 giugno 1940 – 11 febbraio 1941»
Mario Visintini detiene molti record aeronautici fra cui citati in ordine di tempo, egli  fu il primo degli assi della Regia Aeronautica, ed il pilota con in assoluto il maggior numero di abbattimenti in Africa orientale tra tutte le forze belligeranti, nonché l’asso di biplani da caccia con il maggior numero di abbattimenti della seconda guerra mondiale.
Fu anche il primo pilota italiano da caccia della seconda guerra mondiale ad ottenere notorietà come asso. Le sue imprese in Africa Orientale infatti vennero ampiamente pubblicizzate in Italia, dove gli venne dedicato il volume Il pilota solitario del libro Eroi e avventure della nostra guerra, pubblicato nel 1942. Per la sua meticolosità ed abilità venne soprannominato il “cacciatore scientifico”. Era il fratello dell’incursore della Xª Flottiglia MAS Licio Visintini.
Nacque in Istria, a Parenzo (oggi Poreč, in Croazia), il 26 aprile 1913. Il suo vero cognome era Visentin , ma fu italianizzato in Visintini. Respinto alla visita medica sostenuta per entrare all’Accademia Aeronautica, si iscrisse ad un corso per piloti civili a Taliedo, vicino Milano, ottenendo il brevetto di pilota civile sul Caproni Ca.100, che gli permise di entrare a far parte della Regia Aeronautica come allievo pilota ufficiale di complemento.
Ottenne il suo brevetto militare nel dicembre 1936, o nel settembre 1937, a Grottaglie sul Breda Ba.25 e sul Fiat C.R.20. Fu quindi assegnato, come sottotenente, alla 91ª Squadriglia, 10º Gruppo, 4º Stormo, con sede presso l’aeroporto di Gorizia. Qui si addestrò sui Fiat C.R.30 e Fiat C.R.32.
Nel novembre 1937, si offrì volontario per andare a combattere nella guerra civile spagnola. Come membro della 25ª Squadriglia del XVI Gruppo, “La Cucaracha”, partecipò a numerosi combattimenti aerei ed abbatté un aereo sovietico Polikarpov I-16 il 5 settembre 1938, su Venta de los Camposines. Per il suo servizio nel paese iberico fu decorato con la medaglia d’argento al Valore Militare e fu arruolato come effettivo nella Regia Aeronautica.
Dopo il suo ritorno si addestrò a pilotare vari velivoli fra cui il Fiat C.R. 42 “Falco”, aereo che segnerà la sua breve esistenza. Il Fiat CR.42 rappresenta la massima espressione del biplano da caccia, e tuttavia nel momento in cui entrò in servizio nel maggio del 1939 era già obsoleto. Ciò malgrado, si comporterà onestamente su tutti i fronti, europei e africani, almeno nei primi anni della Seconda guerra mondiale. In effetti fu il principale velivolo da caccia della Regia Aeronautica in Africa settentrionale e orientale, in Grecia e su Malta nel 1940-1941.
Nel gennaio del 1940, Visintin venne promosso tenente per meriti di Guerra e il 5 aprile di quell’anno, viene trasferito nell’Africa Orientale Italiana (AOI) e assegnato alla 413ª Squadriglia. Prima dello scoppio della guerra, nel giugno 1940, venne di nuovo trasferito, stavolta alla 412ª Squadriglia, che era basata in Eritrea ed equipaggiata con Fiat C.R.42. Questa unità poteva vantare un buon numero di piloti provenienti dal 4º Stormo e produsse, in soltanto un anno di operazioni, ben cinque assi.
Il 14 giugno 1940, quattro giorni dopo l’entrata dell’Italia nel secondo conflitto mondiale, Visintini ottenne la sua prima vittoria: attaccò un paio di Vicker Wellesley del 14 Squadron, decollati da Porto Sudan e diretti a bombardare Massaua, e abbatté quello (matricola K7743) pilotato dal Pilot Officer Reginald Patrick Blenner Plunkett, che restò ucciso nello schianto del suo aereo nel Mar Rosso: fu la prima delle sedici vittime del pilota istriano in Africa orientale.
Memorabile l’azione del 18 ottobre 1940, quando attaccò l’aeroporto nemico di Gadaref, mitragliando e incendiando, con i compagni, undici velivoli al suolo. Il 12 dicembre, con altri quattro piloti della 412ª Squadriglia, di scorta a un S.M.79, attaccò l’aeroporto di Gaz Regeb, base di una squadriglia (B Flight) del 237 Squadron, sul quale furono distrutti quattro Hawker Hardy (K4053, K4308, K4055 e K4307) parcheggiati ai lati dell’aeroporto.
Hawker Hart canadese, Visintini distrusse al suolo alcuni di questi aerei nemici
Durante quest’azione l’aereo del comandante della 412ª Squadriglia, capitano Antonio Raffi, venne colpito dal fuoco antiaereo della Sudan Defence Force e costretto ad un atterraggio d’emergenza dietro le linee nemiche. Visintini atterrò vicino all’aereo del proprio comandante e – liberatosi del paracadute – lo fece salire nel suo abitacolo. Poi, sedendo sulle sue ginocchia, decollò, incendiando l’aereo incidentato per non farlo cadere in mano nemica e tornando regolarmente ad Asmara. Per questa azione, il 16 gennaio 1941 venne promosso capitano per merito di guerra.
Il nove febbraio, con un altro attacco al suolo, sull’aeroporto di Agordat, vennero distrutti cinque velivoli nemici. Il giorno della sua ultima vittoria fu anche quello della sua morte. L’11 febbraio, Visintini rivendicò l’abbattimento di un Hawker Hurricane su Cheren. L’aereo abbattuto molto probabilmente faceva parte del 1 SAAF Squadron, che quel giorno inviò undici aerei di pattuglia sulla stessa area.
Due degli aerei sudafricani si scontrarono con dei Fiat C.R.42. L’Hurricane del Lieutenant S. de K. Viljoen fu costretto ad un atterraggio di fortuna in territorio britannico. Il giorno dopo tentò di decollare, ma l’aereo si incidentò. Anche due aerei italiani erano stati costretti dal cattivo tempo ad atterrare nella zona di Sabarguma. Rientrato al campo per rifornirsi, Visintini ripartì alla ricerca dei due piloti italiani finché, a causa del cattivo tempo, andò a schiantarsi contro Monte Bizén, su Nefasit, trovando la morte.
Il gesto gli valse la Medaglia d’oro al Valor Militare alla memoria con una delle motivazioni più belle che siano mai state vergate. In precedenza aveva già ottenuto la Medaglia d’argento e di bronzo al Valor Militare. I suoi più famosi avversari in Africa Orientale furono il sudafricano Ken Driver, con nove vittorie aeree, e Jack Frost, con otto, entrambi piloti di Hurricane.
Da ricordare infine prima di chiudere il post odierno che Mario Visintin era il fratello dell’incursore della Xª Flottiglia MAS, Tenente di vascello Licio Visintini, morto l’8 dicembre del 1942 durante uno dei tentativi di forzamento della munitissima base inglese di Gibilterra. Anche a lui venne conferita la medaglia d’oro al Valor Militare alle memoria.
  11 febbraio 1941, la morte del “cacciatore scientifico” «Superbo figlio d’Italia, eroico, instancabile, indomito, su tutti i cieli dell’impero stroncava la tracotanza dell’azione aerea nemica in 50 combattimenti vittoriosi durante i quali abbatteva 16 avversari e partecipava alla distruzione di 32 aerei, nell’attacco contro munitissime basi nemiche.
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italianiinguerra · 6 years
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La sesta battaglia dell'Isonzo
La sesta battaglia dell’Isonzo
Il 17 agosto 1916 si concludeva la battaglia che aveva portato il Regno d’Italia alla conquista di Gorizia, obbiettivo fin dalle prime fasi della guerra. Dopo oltre un anno di duri combattimenti, per la prima volta l’Italia poteva gioire. L’entusiasmo coinvolse la popolazione italiana ed i soldati, ma l’avanzamento del fronte di circa cinque chilometri era costato la perdita di circa 100 mila…
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