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#Duca Vittorio Amedeo II
italianiinguerra · 2 years
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230 anni fa nascevano due leggendari reggimenti di Cavalleria
230 anni fa nascevano due leggendari reggimenti di Cavalleria
Il 23 luglio 1692, il Duca Vittorio Amedeo II ordinò che lo Squadrone di Piemonte poi Reggimento di Cavaglià, nato nel 1691 per fusione di Compagnie di Genti d’arme o Compagnie delle “Corazze” quale nuova unità di cavalleria pesante (di linea), venisse ridenominato in Reggimento di cavalleria “Piemonte Reale”. Nello stesso giorno veniva fondato anche il gemello Reggimento “Savoia Cavalleria”.…
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roehenstart · 2 years
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Victor Amadeus II with the Battle of Turin. Unknown artist.  Sovrani di Sardegna
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crazy-so-na-sega · 8 months
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Friedrich Nietzsche in compagnia della madre Franziska (1892)
2 aprile 1888: Friedrich Nietzsche era un viaggiatore un po’ distratto. Doveva arrivare a Torino, eppure si ritrovò a Sampierdarena, non lontano da Genova; aveva sbagliato treno, ecco tutto…ma un piccolo mistero rimane ancora oggi, visto che la sua valigia lo stesso giorno s’imbarcò educatamente sul vagone per il Piemonte.
Tre giorni dopo, comunque, il professore ritentò l’impresa sulla linea Alessandria-Asti-Torino e, questa volta, giunse a destinazione: gli apparve una città ammantata di luce purissima, dai viali silenziosi e splendidamente lastricati.
Proprio dietro Palazzo Carignano, l’edicolante Davide Fino vide il forestiero, tutto contento con la valigia in mano, e cercò di vendergli una guida turistica; si ritrovò, invece, ad affittargli una stanza nella sua stessa casa, all’ultimo piano di Via Carlo Alberto n.6, dove oggi si trova la lapide che ricorda il soggiorno torinese del filosofo.
Nietzsche rimase due mesi in città; in estate partì per la Svizzera e poi, a settembre, tornò qui per un soggiorno più lungo, che si rivelò fatale.  
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La targa che ricorda il soggiorno torinese del filosofo tedesco in via Carlo Alberto 6
Dodici anni prima, poco più che trentenne, la salute malferma lo aveva costretto a congedarsi dall’università di Basilea, dove insegnava lingua e letteratura greca; fu l’inizio di un’intensa attività di scrittura e peregrinazioni sempre più sofferte, in un “Gran Tour” europeo di cui rimane solamente un taccuino insignificante, con appuntati i prezzi di frutta e verdura.
Eppure, Torino gli apparve splendida:“…è l’unica città che mi piaccia. Un qualcosa di calmo e di superstite lusinga i miei istinti. Percorro con estasi queste vie dignitose…Un paradiso per i piedi, anche per gli occhi…Non avrei mai creduto che una città, grazie alla luce, potesse diventare cosi bella”.
Diverse lettere, indirizzate alla madre, al musicista Peter Gast e al teologo Overbeck, mostrano l’entusiasmo per Torino che, persa la corona da capitale, rimaneva comunque vivacissima: cinque quotidiani, venti giornali scientifici e quattordici letterari, oltre a numerose biblioteche internazionali.
A questa effervescenza culturale, però, Nietzsche prendeva raramente parte. Preferiva passeggiate solitarie lungo i viali di Corso Casale; pensava, forse, a Richard Wagner, il celebre compositore con cui si era interrotto, misteriosamente, il sodalizio spirituale; o pensava ancora a Lou Salomé, l’affascinante russa che avrebbe anche sposato se questa non avesse ammaliato, prima il suo migliore amico, Paul Rée, poi un giovane poeta, Reiner Maria Rilke, e successivamente persino Sigmund Freud.  
Conduceva una vita riservata: di amici forse solo Carlo Clausen, editore tedesco che portò in Italia le dottrine orientali, quando erano ancora sconosciute.
Curiosamente, gli avvenimenti che lo interessavano di più erano gli stessi che entusiasmavano quella borghesia da lui tanto criticata: pare che alla fine dell’estate, trascorsa tra le montagne di Sils Maria, desiderasse tornare a Torino proprio per assistere, insieme ad oltre 70.000 persone, al matrimonio fra il duca Amedeo di Savoia e la principessa Letizia Bonaparte.
Curioso, per un personaggio ritenuto da tutti anticonformista; ma Nietzsche non era mai stato un “bohémien” ed, anzi, aveva sempre tenuto tantissimo a titoli, blasoni e frequentazioni altolocate.
Arrivò l’autunno: monotono, ma prolifico. C’era la sua scrivania, dove scrisse “Ecce Homo”, e c’era il pianoforte, che condivideva con Irene, la figlia dei suoi affittuari.
Poi, giorno dopo giorno, la sua grafia divenne sempre più nervosa e illeggibile; mentre nel suo cestino i coniugi Fino trovavano banconote stracciate, dalla vicina posta centrale, il filosofo cominciò a spedire biglietti in cui si considerava l’incarnazione di Vittorio Emanuele II, dell’architetto Antonelli o di altre celebrità dell’epoca; firmava le lettere come “il Crocifisso” o “l’Anticristo”.
Cominciò a confondere le notizie che apparivano sui giornali con quelle della sua vita quotidiana: vaneggiò che i sovrani d’Italia sarebbero andati a trovarlo nella sua stanza e poi, quando su “La Gazzetta Piemontese” apparve la notizia che uno spagnolo, accusato di omicidio, veniva condannato a morte, pensò di essere il carcerato stesso.
Il 3 gennaio 1889 avvenne la fine, forse un episodio più leggendario che veritiero.
Vedendo un vetturino che frustava a sangue un cavallo, Nietszche abbracciò e baciò l’animale, cadendo a terra e urlando di essere il nuovo Dioniso.
Lasciò Torino con la papalina di Davide Fino sulla testa, come pegno di un futuro incontro che mai avvenne. Morì il 25 agosto 1900 a Weimar, prigioniero della pazzia, presto trasformato in un mito.
I suoi scritti, rimaneggiati dalla sorella Elisabeth, conobbero un enorme successo e colpirono negli anni successivi Adolf Hitler.
Si convinse di essere l’ubermensch invocato dal filosofo per una nuova era. E, cosa ancor più folle, tanti lo seguirono. Ma non era il superuomo; era, anzi l’ultimo uomo, il peggior nichilista che avrebbe distrutto il mondo. L’ubermensch vagheggiato dal filosofo era diverso; il suo oltreuomo, avendo scoperto che Dio era morto, con la Filosofia del Martello avrebbe distrutto quei valori in cui l’Occidente faceva ancora finta di credere, libero di creare, come un fanciullo, nuovi valori.
“Ma chi sono i pazzi?”
-Fonte: Nietzsche a Torino
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L'uomo e il suo pensiero raramente coincidono...(cit)
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aki1975 · 2 days
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Valenza - Villa Pravernara (già Villa De Cardenas) - 1611
Il Seicento infatti è il secolo del “teatro del mondo” in cui convivono la fuga del mondo (Calderon de la Barca nella declinante Spagna) e il naturalismo della pittura olandese, carraccesca e caravaggesca, ma sempre con un intento drammatico.
Questo tratto teatrale del Seicento - e del Barocco che è il linguaggio delle corti - accomuna Roma a Torino che in questo secolo vede i Savoia diventare una dinastia italiana e renderla la capitale dello Stato.
Alcuni eventi degni di nota sono:
1557 - Emanuele Filiberto guida l’esercito del cugino Filippo II e sconfigge gli olandesi nella Battaglia di San Quintino
1559 - Pace di Cateau Cambresis con vantaggi territoriali per i Savoia e dominio spagnolo a Milano dopo che, nel 1525, Francesco I era stato preso prigioniero a Pavia
1563 - Emanuele Filiberto traferisce la capitale del Ducato a Torino
1571 - I Piemontesi combattono a Lepanto accanto a Venezia, Spagna e a Gianandrea Doria (“Ianuensis ergo mercator”)
1580 - Carlo Emanuele I Duca di Savoia
1598 - Morte di Filippo II, Filippo III Re di Spagna
1601 - I Savoia conquistano dai Francesi il Marchesato di Saluzzo
1619 - Simbolo dell’avvicinamento dei Savoia alla Francia, l’erede al trono Vittorio Amedeo sposa Maria Cristina Borbone, figlia di Enrico IV e Maria de’ Medici, la futura prima Madama Reale
1621 - Morte di Filippo III, Filippo IV Re di Spagna
1625 - Carlo II Re di Spagna
1630 - Vittorio Amedeo I Duca di Savoia
1634 - Gli Spagnoli, al comando di Ambrogio Spinola e sotto la leadership del Conte di Olivares, sconfiggono gli Olandesi a Breda
1637 - Morte di Vittorio Amedeo I. Reggenza della Madama Reale
1640 - Sollevazione della Catalogna e indipendenza del Portogallo
1643 - il Principe di Condè sconfigge gli Spagnoli a Rocroi
1663 - Carlo Emanuele II Duca di Savoia. Realizzazione della barocca Piazza San Carlo, sullo stile della romana Piazza del Popolo
1675 - Vittorio Amedeo II Duca di Savoia
1685 - Palazzo Carignano (Guarini)
1694 - Cupola di Guarini della Cattedrale
1700 - alla morte di Carlo II d’Asburgo re di Spagna, Luigi XIV che aveva sposato la figlia di Filippo IV Maria Teresa rivendica il trono per Filippo V di Borbone (che diventerà re, ma non unirà le corone e perderà Milano e Napoli) avversato dall’Austria e dall’Inghilterra
1704 - I Francesi sconfitti a Blenheim dal Duca di Malborough e da Eugenio di Savoia
1706 - Assedio di Torino
1713 - Trattato di Utrecht. Vittorio Amedeo II Re di Sicilia, poi di Sardegna. Il Regno si estende al Monferrato e ad Alessandria
1730 - Carlo Emanuele III Re di Sardegna
1740 - Guerra di successione austriaca: alla morte di Carlo VI d’Asburgo, l’elezione della figlia Maria Teresa a imperatrice è osteggiata da Prussia, Francia e Spagna e supportata da Gran Bretagna, Russia e Regno di Sardegna
1745 - A Bassignana i Piemontesi sono sconfitti dai Francesi mentre Valenza è difesa dal governatore De Cardenas che in città possiede un palazzo e una villa in regione Provernara
1747 - I Piemontesi respingono i Francesi alla Battaglia dell’Assietta (“bugia nën”)
1773 - Vittorio Amedeo III Re di Sardegna
1796 - Morte di Vittorio Amedeo III e inizio della fase rivoluzionaria
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personal-reporter · 10 months
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Vestiti di Valenza 2023
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Sabato 8 luglio, presso piazza XXXI Martiri a Valenza, torna Vestiti di Valenza, la manifestazione estiva organizzata dalla Pro Loco con il patrocinio del Comune. Una grande tavolata verrà riservata a tutti coloro che ceneranno vestiti di rosso e blu,  da sempre i colori della città dell’oro. Il menù completo, dal costo di 20 euro, includerà antipasti misti, agnolotti di stufato, arrosto con patate, dessert della Pasticceria Torti oltre ad acqua, vino e caffè. Durante la serata si potrà assistere alla sfilata di moda estate 2023 a cura de La nuova Ducale, dove non mancherà ovviamente l’intrattenimento musicale con Dj Dario Pelly e la partecipazione straordinaria de I Mambo. Il nome di Valenza è attestato, dal 1172, con le forme Valencia e Valentia e, sorta intorno al X secolo a.C., ad opera di tribù liguri, venne conquistata dai romani nel II secolo a.C., diventando un importante centro commerciale e il primo dei tredici presidi in cui fu divisa la penisola italiana. Nell’alto Medioevo la città fu oggetto di ripetute invasioni, prima da parte degli ostrogoti di Teodorico che la coinvolsero nella guerra gotico - bizantina, poi da parte dei burgundi e dei longobardi. Dall'VIII al X secolo fu sotto la dominazione carolingia, successivamente venne assegnata da Ottone I alla marca del Monferrato. Valenza in età comunale si liberò del dominio monferrino e entrò nella sfera dei possedimenti dei Visconti, ma la sua dipendenza dal ducato di Milano la coinvolse nella lunga serie di guerre che videro antagonisti francesi e spagnoli, ai quali, di volta in volta, si trovò a sottostare. Agli inizi del XVIII secolo venne  conquistata dalle truppe di Vittorio Amedeo II, duca di Savoia e nel 1796 divenne anch'essa parte delle conquiste napoleoniche. Rimasta sotto il dominio francese fino al 1814 Valenza subì poi gli effetti della restaurazione sabauda, che vide un considerevole rallentamento del suo sviluppo economico. Nel periodo dell'unità d'Italia, invece, l'economia  della città si indirizzò verso le attività manifatturiere, che sorsero principalmente nel settore dell'oreficeria Tra i monumenti sono da vedere i resti dell'antico perimetro murario,  il duomo, risalente al XVII secolo,  la chiesa della Santissima Annunziata, costruita nel 1699, la chiesa di San Bernardino, eretta nel Cinquecento e più volte rimaneggiata,  il teatro sociale, progettato da Pietro Clerici e inaugurato nel 1852,  palazzo Valentino e palazzo Pellizzari, oltre al vasto complesso del Valentia, costruito come sede di attività politiche. Read the full article
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steliosagapitos · 2 years
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          Queen Maria Vittoria of Spain's Diamond and Pearl Tiara.
        ~ This tiara is composed of graduated volute motifs set with cushion-cut, circular and single diamonds, framing 11 natural pear-shaped pearls, whose central pearl is supported by a pink diamond setting, all resting on a base. detachable consisting of diamond-set cluster motifs, and in addition the top of the tiara can also be worn separately as a necklace.Made for Princess Maria Vittoria dal Pozzo della Cisterna, daughter of Prince Carlo Emanuele dal Pozzo della Cisterna and Countess Louise of Merode, this jewel was purchased by Maria Vittoria shortly after her wedding in 1867 with Prince Amedeo of Savoy, I Duke of Aosta and later King Amedeo I of Spain.Unfortunately, Maria Vittoria died of tuberculosis in 1876 at the age of 29 and the tiara disappeared from circulation, so much so that there were many hypotheses about the fate of the piece, some in fact claimed that it had been inherited from the second-born son, Prince Vittorio Emanuele of Savoy-Aosta. , The Counts of Turin, others thought it had been inherited by the youngest son, Prince Luigi Amedeo of Savoy-Aosta, I Duca degli Abruzzi.What exactly happened to the tiara remains unclear, but it is known that, since Vittorio Emanuele and Luigi Amedeo died without descendants, King Umberto II of Italy bought it so that the tiara would not abandon the family collection. Later this jewel was donated to Princess Maria Gabriella of Savoy, who, however, in 2021 put it up for auction at Sotheby's, who after having estimated it between $ 1,000,000 and $ 1,500,000, selling it for approximately $ 1,600,000 to an unknown buyer. ~
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claudiodangelo59 · 2 years
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OGGI 18 APRILE, ITALIANO RICORDA… 1659 STORIA DELL’ESERCITO ITALIANO A TORINO VIENE COSTITUITO IL “REGGIMENTO DELLE GUARDIE” PROGENITORE DEI “GRANATIERI DI SARDEGNA” FESTA DELLA PIÙ ANTICA SPECIALITÀ DELLA FANTERIA ITALIANA Alla metà del sec. XVII la Dinastia dei Savoia aveva signoria nel Paese da circa sette secoli e Carlo Emanuele II era quattordicesimo nella serie dei Duchi che si erano susseguiti dopo che nel 1416 l'antica Contea era stata innalzata a Ducato. Venuto a trovarsi in un'epoca nella quale nell'intero contesto internazionale si andavano già avvertendo manovre determinate proprio dalla politica dinastica di ampliamento che tutti i principali Stati europei andavano impostando palesemente o occultamente; epoca nella quale le stesse guerre non erano più combattute dalle Chiese o dalle Nazioni come era avvenuto in passato ma dai Re. Si imponeva quindi più che mai ai sovrani d'ogni specie e, in particolare, a quelli regnanti sugli Stati più piccoli, se non volevano rassegnarsi al destino del vaso di coccio tra i vasi di ferro, quanto meno di costituire forti ed organizzate milizie: tanto più, per quanto concerne il Ducato di Savoia, che in esso si era sempre preferito avvalersi di proprie milizie e non far uso, se non per estremo bisogno, di quelle mercenarie. Il Duca Carlo Emanuele II, secondogenito dì Vittorio Amedeo I e di Cristina di Borbone, era nato a TORINO il 20 giugno 1634 ed era succeduto al fratello Francesco Giacinto il 14 ottobre 1638. Era rimasto tuttavia, durante la minore età fino al 1649, sotto la reggenza della madre, per cui al momento in cui lo coglie la nostra storia governava direttamente lo Stato esattamente da dieci anni. La fondazione dei primi Reggimenti e del “Reggimento delle Guardie” in particolare non costituirono, ad ogni modo, eventi meramente occasionali e contingenti bensì si inquadrarono nel contesto della riforma militare che Carlo Emanuele II e poi suo figlio Vittorio Amedeo II attuarono, spinti dalle necessità del Ducato determinate dal particolare assetto internazionale dell'epoca e aggravate dalla situazione nella quale il Ducato stesso era venuto a trovarsi dopo le appena trascorse gravi vicende politiche interne. La riforma organica dell'esercito sabaudo si presentò quindi al Duca Carlo Emanuele II come primo compito da assolvere. A quell'epoca vigeva il sistema dei Reggimenti di proprietà dei Comandanti, tutti di nobili origini e di consistenti disponibilità economiche. Tali Reggimenti venivano assoldati al momento delle necessità relative ai conflitti. Nel Ducato di Savoia - dove, come si è già accennato, si era sempre evitato di far ricorso a truppe straniere mercenarie assunte solo eccezionalmente come ausiliarie, e dove si era fatto divieto ai sudditi di arruolarsi a loro volta al soldo straniero - Emanuele Filiberto, che tale divieto aveva posto, aveva provveduto a instaurare l'obbligo del servizio militare, dicendosi certo che i suoi sudditi sarebbero stati fieri di non servire come mercenari "mais comme en leur cas propre pour la deffense et conservation de leur prince nature! et de leur propre patrie". La storia ha quindi inizio nell'anno 1559 con la prima grande riforma militare piemontese iniziata appunto dal Duca Emanuele Filiberto di Savoia. Il Duca, infatti, modificò “per gradi gli ordini, e per gradi intese ridare loro la perfezione cui fosse. Principiando neppur sapeva ancora con sicurezza quale dovesse essere”. Per prima cosa dispose che era “Vietato ai sudditi suoi di militare a soldo straniero” (Duboin, Raccolta…delle leggi….emanate…sino all’8 dicembre dai Sovrani della Real Casa di Savoia). Instaurò l'obbligo del servizio, e “perché fosse universalmente adempiuto, lo rese gradevole con privilegi che concesse ai descritti nei ruoli della milizia”. Costituì, quindi, non un esercito permanente, ma una milizia “solo diversa dalle antiche perché destinata anche alla guerra in campo, e a questa apparecchiata con giusto addestramento e buon ordine di comandanti”. Tale milizia viveva in guarnigioni e prestava servizio agli ordini di Capitani, Castellani o Governatori nominati dal Sovrano, che aveva affidato tutta l’organizzazione ad un certo Giovanni Antonio Levo, detto Sergente Maggiore Generale della fanteria piemontese. In periodo successivo detta milizia fu divisa in Colonnellati. Il Colonnellato era una Unità militare simile al Reggimento. Il suo ordinamento prevedeva una forza pari a quattro/sei Compagnie – di circa 400 uomini ciascuna -, divise in quattro Centurie, a loro volta suddivise in quattro Squadre. Il personale, non volontario, in tempo di pace, era radunato per Squadre per svolgere addestramento nei villaggi di residenza nei giorni festivi, e nella pienezza di organico, dai Colonnelli almeno due volte l’anno. Si ritiene che con il nome di Colonnello venisse indicato solo il capo territoriale di più Compagnie, il comandate “tattico” di un Reggimento si chiamava invece Maestro di Campo. La sostituzione del nome di Colonnello a quello di Maestro di Campo è del 1661 in Francia (Daniel, Histoire de la Milice Francoise) ed all’incirca nello stesso periodo in Piemonte, prova ne sia che il Millet de Challes, Comandante del Reggimento Savoia, fu chiamato sia “maestro de champ,” in una patente del 1 settembre 1659, sia Colonnello nel calcolo della paga per la soldatesca nell’anno 1660 (Camussi, Dizionario analitico delle circolari dell’azienda generale della guerra, sotto Savoia). L'opera del Duca Emanuele Filiberto fu continuata da suo figlio Carlo Emanuele I, il quale mantenne la milizia istituita dal padre chiamandola Milizia Generale e stabilì che non potesse essere impiegata fuori della Provincia di residenza. Contemporaneamente istituì una Milizia Reale di 18.000 uomini, tratta dalla Milizia Generale e “disponibile al Principe dovunque occorresse per far guerra”. Si ebbe così una specie di Milizia Mobile distinta dalla Milizia Territoriale. Vittorio Amedeo I, succeduto al padre Carlo Emanuele I, conservò gli ordini militari lasciatigli dal padre. Alla sua prematura morte, successe Francesco Giacinto. La reggenza di Madama Reale (madre di Vittorio), che gli succedette a causa dell'immatura morte, fu funestata dalle discordie e dalle lotte interne, e si vide “discogliersi” la Milizia, scissa tra le fazioni opposte, che si combattevano. Ma fu il Duca Carlo Emanuele II, una volta salito al trono, che ripristinò le Milizie ricostituendo la Milizia Reale e la Milizia Generale. Inizialmente furono scelti i migliori Comandanti e i migliori gregari e fu fondato il Battaglione di Piemonte, forte di 6.180 uomini, divisi in 12 Reggimenti, di otto Compagnie ciascuno. Detta milizia era chiamata alle armi soltanto per esigenze di guerra. In tempo di pace occorrendo truppe necessarie per mantenere l'ordine interno e per vigilare e presidiare le fortezze, il Duca stipendiò un certo numero di Reggimenti, della cui “levata” e del relativo “mantenimento” assunsero l’onere alcuni nobili piemontesi o ricchi stranieri, di gradimento del Sovrano. Stando al Dizionario Analitico di Eugenio Camussi, i primi Reggimenti di Fanteria o Colonnellati che esistevano all'epoca della rivista passata il 30 luglio 1659, erano: Marolles, Servantes, Livorno, Nasino, Gumittieres, Catalano, Lobella, Lullino, San Damiano, Malabaila, Bellino. La riforma iniziata nel 1659, fu ultimata soltanto nel 1664. Il Reggimento delle Guardie fu “levato” il 18 aprile del 1659. (testo del Granatiere Generale Ernesto Bonelli)
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Fotomontaggio eseguito in occasione delle nozze di Amedeo d’Aosta (1867). In piedi da sinistra: Maria Vittoria Dal Pozzo della Cisterna, Gerolamo Bonaparte, Tommaso, duca di Genova, Eugenio di Savoia- Carignano, la principessa Margherita, Luigi, re di Portogallo; seduti da sinistra: Maria Clotilde di Savoia, Umberto, principe di Piemonte, Vittorio Emanuele II, Amedeo, duca d’Aosta, Maria Elisabetta, duchessa di Genova, Maria Pia, regina di Portogallo. 
L' incredibile e tragico matrimonio di Amedeo di Savoia , figlio cadetto di Vittorio Emanuele II , con Maria Vittoria dal Pozzo Della Cisterna .
La mattina del 30 Maggio 1867 , nell' avito palazzo dei Pozzo della Cisterna , fervevano i preparativi per le principesche nozze , la vestizione della sposa e i preparativi del corteo nuziale procedevano , al' ingresso del palazzo un reparto di cavalleria in alta uniforme attendeva di scortare la sposa alla chiesa , quando si udirono delle grida disperate. Una delle dame d' onore della sposa fù trovata impiccata al lampadario nella sua stanza , facile immaginare il trambusto , alla fine , nonostante l' inevitabile ritardo , si decise di proseguire il programma stabilito , avvisando lo sposo e il suo regale padre che attendevano in chiesa . Finalmente la sposa scese lo scalone per salire in carrozza , quando il colonnello comandante il reparto di cavalleria , che attendeva , sciabola sguainata da ore davanti ai suoi uomini sotto il sole , precipitò dal cavallo fulminato da una sincope , davanti a una simile tragedia , il maggiordomo di casa , responsabile della regìa della cerimonia , sentendosi colpevole , pensò bene di spararsi una palla in testa , possiamo immaginare con che spirito il corteo della sposa sia finalmente riuscito a raggiungere la chiesa , dove finalmente il Matrimonio venne celebrato. Si doveva ora raggiungere il castello di Racconigi per il pranzo di nozze , con una certa fretta , dato il ritardo accumulato , il Conte di Castiglione (marito separato della celebre contessa) , pensò bene di salire a cavallo per mettere ordine fra le numerosissime carrozze che partecipavano al corteo , ma , trà la confusione e la fretta venne disarcionato e finì sotto una ruota della carrozza reale , morendo sul colpo. Dicono che quando finalmente il corteo raggiunse il salone d' onore nel castello di Racconigi , Vittorio Emanuele II , davanti a tutti , in modo plateale , si toccasse i reali attributi.
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italianiinguerra · 4 years
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23 luglio 1692, la nascita di due leggendari reggimenti di Cavalleria
23 luglio 1692, la nascita di due leggendari reggimenti di Cavalleria
Il 23 luglio 1692, il Duca Vittorio Amedeo II ordinò che lo Squadrone di Piemonte poi Reggimento di Cavaglià, nato nel 1691 per fusione di Compagnie di Genti d’arme o Compagnie delle “Corazze” quale nuova unità di cavalleria pesante (di linea), si ridenominasse in Reggimento di cavalleria “Piemonte Reale”. Nello stesso giorno veniva fondato anche il gemello Reggimento “Savoia Cavalleria”. Vediamo…
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pangeanews · 4 years
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Mecenate e spendacciona, audace e inflessibile: storia di Margherita di Savoia, la regina leggendaria a cui fu dedicata la pizza
C’è un giorno della vita della Regina Margherita sfuggito alla penna di Luciano Regolo, autore di Margherita di Savoia. I segreti di una regina (Ares, 2019; invito alla lettura di Amedeo di Savoia-Aosta; Maria Gabriella di Savoia e Sergio di Jugoslavia)? Penso proprio di no. Eppure, a dispetto della mole, le pagine di questa monumentale biografia scorrono veloci, perché sono scritte con rigore, ma anche con attenzione al gossip – non per nulla Regolo ha diretto Novella2000 ed Eva Tremila –, e riportano risvolti segreti della vita della prima sovrana d’Italia, quella che a lungo nell’immaginario popolare rimase ‘la Regina’ per eccellenza, con i suoi inimitabili gioielli, in primis i lunghissimi giri delle adorate perle.
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Il volume segue Margherita dalla nascita, come Duchessina di Genova, cugina del futuro marito. La famiglia in cui ella era nata non era scevra da pettegolezzi, anche pesanti: una diceria, inverosimile ma dura a morire, infatti, voleva che il suocero, Vittorio Emanuele II, fosse in realtà figlio d’un macellaio fiorentino, tale Tanaca, e che la sostituzione fosse avvenuta perché il vero principino sarebbe morto a due anni il 16 settembre 1822, nell’incendio che al Poggio Imperiale di Firenze avvampò attorno alla culla e uccise la nutrice la quale, dopo aver involontariamente appiccato il fuoco alle cortine della regal culla (cercando di bruciare le zanzare con la fiamma di una candela), aveva poi cercato di salvare il piccolo. E questo senza contare gli altri pettegolezzi, molto più sostanziosamente veritieri, che circolavano su Vittorio Emanuele II adulto, a proposito della sua irresistibile propensione per il gentil sesso, il che avrebbe fatto sì che, sparsi per l’Italia, vi fossero vari figli naturali del sovrano; e senza contare le manie di grandezza di Vittoria, figlia di Vittorio Emanuele e Rosa Vercellana contessa di Mirafiori, che tanto smaniò da sposarsi, ovviamente in pompa magna, prima dell’augusta cognata.
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Margherita era un vero genio delle pubbliche relazioni, tale che oggi avrebbe bagnato il naso alle varie Kate e Meghan, pur dotate di nutrito staff di assistenti. Per esempio, ella seppe sempre esaltare benissimo la sua bellezza: l’incarnato candido, lo sguardo languido e soprattutto il portamento della principessa ne compensavano, e anzi eclissavano, i difetti fisici, quali il naso aquilino, le gambe un po’ tozze e il sedere basso, che, quando ella, come tutte, con gli anni prenderà dei chili fatali, arriverà, secondo le parole delle dame di Corte più perfide, “ai talloni”.
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Margherita si trovò in una posizione scomoda, ovvero, come disse Lady D in una celebre intervista televisiva, anche il suo matrimonio era troppo affollato, perché “erano in tre”: dal 1863, infatti, Umberto soggiaceva al fascino della Duchessa Eugenia Litta, incontrata quando il principe aveva diciotto anni ed ella era una navigatissima venticinquenne, che aveva avuto, fra l’altro, una liaison anche con Vittorio Emanuele II e che forse darà a Umberto un figlio, Alfonso Serafino, ufficialmente riconosciuto dal di lei marito, ma la cui nascita viene beffardamente annunciata dal periodico mondano Cronaca Bizantina. Ma erano altri tempi, e, invece di pigolare con occhioni umidi di pianto davanti ai giornalisti, Margherita non cedette ai sentimenti rivalsa: sublimò le sue delusioni per la causa della dinastia. Lei e Umberto fecero gioco di squadra e in questo il sodalizio fu perfetto; a tal punto che Margherita, dopo l’assassinio di Umberto, concesse a Eugenia Litta di restare per quaranta minuti a tu per tu col cadavere del re. Il gesto a corte fu qualificato come persino “troppo nobile”, ma la dice lunga su come l’indole emotiva di Margherita fosse stata forgiata alla disciplina e a un ferreo autocontrollo: si dice che l’istitutrice Rosa Arbesser, quando Margherita era bambina, le imponesse, dopo una incomprensione con la madre Elisabetta di Sassonia, di leggere ad alta voce senza far trapelare turbamento.
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Margherita rivela la sua capacità di conquistare i cuori dei sudditi durante prima visita a Napoli, dove era molto temuta una reazione negativa da parte dei nostalgici dei Borboni; nel 1899, poi, le verrà anche dedicata la famosa pizza. Il futuro re Vittorio Emanuele nascerà proprio a Napoli: e poiché Margherita non potrà avere altri figli, si diffonderà la calunnia che ella avesse partorito una bambina, tale Giuseppina Griggi (il cui figlio intraprenderà addirittura una vana azione legale per accampare diritti), e che, in nome degli obblighi dinastici, l’avesse sostituita con un maschio, figlio del marito e d’una inesistente dama, Virginia Bolognetti, nome, però, stranamente assonante con Eugenia Bolognini Litta.
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La regina si fece anche la nomea di “angelo dei poveri”, dispensando forti cifre in sussidi ed elemosine; forse pensando alla fortuna del figlio, alla cui educazione si dedicherà con strenue attenzioni, rispetto ai coetanei in un Paese segnato dalle ristrettezze economiche, fu antesignana della ‘adozione a distanza’, mantenendo agli studi una ragazza piemontese che voleva diventare suora, la quale riceve 310 lire; 312 sono destinate a una napoletana, 350 a una milanese dell’Istituto dei ciechi: lasciti che si ripetono sino a che le beneficiarie non abbiano completato gli studi; senza contare le valanghe di biglietti di lotterie benefiche acquistati dalla regina, particolarmente sensibile alle sorti dei bimbi poveri.
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E il principino? Vittorio Emanuele è gracile, ma il suocero e nonno re omaggia la neo-mamma come dono per la nascita dell’erede con una fantastica collana di zaffiri e diamanti, uno dei tanti gioielli strepitosi di Margherita. Il volume di Regolo sviscera anche la sua passione per abiti sontuosi e gioielli: il vestito di nozze, cucito dalla modista francese con atelier a Milano, Josephine Lebrun, costerà 14785 lire, l’equivalente di 49mila euro, e altre 6082 lire costerà il guardaroba per il viaggio all’estero. Per tutta la vita Margherita andrà a caccia delle migliori sarte, con un accanimento da far invidia alle fashion victim più inveterate. Addirittura, pare che un anno, avendo Umberto chiesto a un segretario della regina che cosa donarle per Natale, il gentiluomo osò suggerire che Margherita aveva molte fatture da saldare. Il Re disse subito che gli si portassero i conti, li pagò, e al pranzo festivo mise le ricevute sotto il piatto di Margherita. Non c’era alcun altro regalo; ma pare che la regina abbia accettato lo scherzo, diventando meno spendacciona – benché alla nuora Elena, molti anni dopo, dirà convinta che “nulla di davvero bello è costoso per una regina”.
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E pensare che Margherita non era la ‘prima scelta’ come moglie di Umberto: il matrimonio con Matilde d’Asburgo, figlia del duca di Baviera, andò, il 6 giugno 1867, letteralmente in fumo perché nel castello di Hetzendorf, la duchessina, avvolta in un vaporosissimo abito di tulle per andare a teatro, si era accesa una sigaretta di nascosto: piacere proibitole dal padre, che la poveretta cercò di nascondere mettendo la mano che reggeva la sigaretta fatale dietro la schiena: ma il vestito prese fuoco e la povera Matilde perì la sera stessa per le ustioni riportate. Questo spianò la strada al matrimonio di Margherita con Umberto. Ma, se così non fosse stato… vi immaginate voi oggi di ordinare ‘una pizza Matilde’?
Silvia Stucchi
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purpleavenuecupcake · 6 years
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Ma dove sono sepolti quelli di Casa Savoia?
Di casa Savoia solo tre sono i sepolti al Pantheon a Roma: si tratta di Vittorio Emanuele II detto "il re galantuomo"; del re Umberto I assassinato a Monza nel 1900 e della Regina Margherita sua consorte, che mori' nel 1926. Il resto  dei 20 Savoia sono sepolti nella Basilica  di Superga, che sorge sull'omonimo colle a nord-est di Torino e fu fatta costruire dal re Vittorio Amedeo II come ringraziamento alla Vergine Maria, dopo aver sconfitto i francesi che assediavano Torino nel 1706. Qui nel 1732 fu sepolto lo stesso Vittorio Amedeo II, nel 1773 Re Carlo Emanuele III, nel 1793 re Vittorio Amedeo III, nel 1824 Re Vittorio Emanuele I, nel 1849 Re Carlo Alberto, promulgatore dello Statuto Albertino. Successivamente vi trovarono sepoltura principesse, duchi e conti. Al Santuario di Vicoforte, nei pressi di Mondovì, dove verrà traslata la salma del re Vittorio Emanuele III, che riposerà accanto alle spoglie della moglie Elena di Savoia, arrivate due giorni fa dal cimitero di Montpellier, finora si trovava solo il corpo di Carlo Emanuele che avrebbe voluto che Vicoforte fosse il santuario di casa Savoia. Il duca mori' nel 1630 mentre i lavori a Vicoforte erano in alto mare. Gli eventi portarono poi i Savoia a fare della Basilica di Superga il loro mausoleo. Nella Sacra di San Michele della Chiusa in Piemonte, sono sepolti Tommaso I (1233) e altri 28 principi sabaudi tra i quali il Cardinal Maurizio (1657). Altri Savoia sono sepolti in varie località d'Italia e all'estero: dal Sacrario Militare di Redipuglia; alla Chiesa di S. Andrea al Quirinale; dal Tempio Ossario di Bassano del Grappa fino in Somalia e nella Cappella del Castello di Kronberg dove dal 1944 riposa Mafalda di Savoia Langravia d'Assia, morta nel lager di Buchenwald. In Kenya riposa dal 1942 Amedeo III, Duca d'Aosta, Vicerè d'Etiopia, sepolto vicino a Nairobi. Il capostipite della dinastia, Umberto I, è stato seppellito nel 1048 nella Cattedrale di San Giovanni di Moriana Francia. Nella Cattedrale di Torino trovano posto 4 Savoia: Oddone (1451), Amedeo VIII, Emanuele Filiberto, Carlo Emanuele II. Nell' l'abbazia di Altacomba, nella Savoia francese, sono sepolti conti e duchi di Savoia, l'ultimo re d'Italia Umberto II morto nel 1983, e Maria Josè sua consorte.   Read the full article
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aki1975 · 7 years
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Genova - Monumento a Giovanni Battista Perasso detto il Balilla
Nel 1706 Vittorio Amedeo II di Savoia sconfisse i francesi di Luigi XIV che avevano assediato Torino e di questo episodio rimase nota l'iniziativa di Pietro Micca: grazie a questa vittoria nel 1713 con la pace di Utrecht il Duca di Savoia divenne anche re di Sicilia: le cose però mutarono e ai Savoia venne commutata nel 1720 la proprietà della Sicilia con il titolo direi di Re di Sardegna.
Il cambiamento non soddisfece Vittorio Amedeo II che abdicò a favore del figlio Carlo Emanuele III dopo la morte del primogenito: Carlo Emanuele III partecipò alla guerra di successione austriaca contro Luigi XV sorta dopo la Prammatica Sanzione per rendere possibile l'ascesa al trono di Maria Teresa nel 1740.
Nel 1746 Genova insorse contro l'occupazione austriaca e ne rimase noto l'episodio di Giovanni battista Perasso detto il Balilla che fu il primo a scagliare una pietra contro l'esercito di occupazione della guerra di successione austriaca.
Il Piemonte uscì dalla guerra con maggiori possedimenti in Piemonte e fino al Ticino.
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personal-reporter · 1 year
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Le fortezze del Piemonte
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Il Piemonte è una regione italiana ricca di storia e cultura, e questo si riflette anche nelle sue numerose fortezze, che sono testimonianza della lunga e complessa storia della regione. Molte di queste fortezze sono ancora oggi in ottimo stato di conservazione e rappresentano delle importanti attrazioni turistiche per la regione. Una delle più famose fortezze del Piemonte è senza dubbio la Fortezza di Fenestrelle, situata nella Val Chisone. Questa grande fortezza, che si estende su una superficie di oltre 14 ettari, è composta da trenta bastioni e sei cortine murarie, e rappresenta una delle maggiori opere di ingegneria militare del XVIII secolo in Europa. La sua costruzione, che iniziò nel 1728 e durò più di un secolo, fu voluta dal duca Vittorio Amedeo II di Savoia per proteggere il Piemonte dalle invasioni francesi. Oggi la fortezza è aperta al pubblico e offre visite guidate. Un'altra famosa fortezza del Piemonte è il Castello di Grinzane Cavour, situato a pochi chilometri da Alba. Questo castello, costruito nel XIII secolo, fu poi ampliato e restaurato nel XVII secolo dalla famiglia Cavour. Nel 1961 il castello fu trasformato in un museo del vino, e oggi è possibile visitare le sue cantine e degustare alcuni dei migliori vini del Piemonte. La Fortezza di Bard, situata nella Valle d'Aosta, è un'altra importante fortezza del Piemonte. Questa grande struttura, che si estende per circa un chilometro, fu costruita nel XIX secolo per difendere il passaggio del Gran San Bernardo e fu poi trasformata in una fortezza-museo nel 2006. Oggi la Fortezza di Bard ospita numerose mostre e eventi culturali e rappresenta una delle maggiori attrazioni turistiche della Valle d'Aosta. Il Castello di Rivoli, situato a pochi chilometri da Torino, è un'altra importante fortezza del Piemonte. Questo castello, che risale al XII secolo, fu poi ampliato e restaurato nel XVII secolo dalla famiglia Savoia e fu utilizzato come residenza estiva dai sovrani. Oggi il castello è un museo d'arte contemporanea, e ospita numerose mostre e eventi culturali. La Fortezza di Exilles, situata nella Val di Susa, è un'altra importante fortezza del Piemonte. Questa fortezza, costruita nel XIII secolo, fu ampliata e restaurata nel XVII secolo e fu utilizzata come prigione fino alla fine del XIX secolo. Oggi la fortezza è aperta al pubblico e offre visite guidate. Questi sono solo alcuni esempi delle numerose fortezze del Piemonte. Ogni fortezza rappresenta una testimonianza della storia della regione e offre ai visitatori l'opportunità di immergersi nel passato e scoprire le tradizioni e la cultura della regione. FONTI - "Le fortezze del Piemonte" di Paolo Marocco, ed. Idea Libri (2013) - "Le fortezze di Bard e di Fenestrelle" su italia.it: https://www.italia.it/it/idee-di-viaggio/patrimonio-unesco/le-fortezze-di-bard-e-di-fenestrelle.html - "Castello di Grinzane Cavour" su langhe.net: https://www.langhe.net/castello-di-grinzane-cavour/ - "Castello di Rivoli" su piemonteitalia.eu: https://www.piemonteitalia.eu/it/turismo/piemonte-castelli/castello-di-rivoli.html - "Fortezza di Exilles" su italia.it: https://www.italia.it/it/idee-di-viaggio/patrimonio-unesco/fortezza-di-exilles.html Read the full article
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italianiinguerra · 5 years
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24 agosto 1942, “il Savoia ha caricato, il Savoia ha vinto” Il 24 agosto del 1942, cadeva il 250° compleanno del Reggimento “Savoia” cavalleria, la cui gloriosa storia era iniziata nel lontano 1692, quando Vittorio Amedeo II, duca di Savoia, aveva creato due reggimenti, diventati poi cinque, di soldati a cavallo.
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italianiinguerra · 5 years
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13 gennaio 1869, nasce il "Duca invitto"
13 gennaio 1869, nasce il “Duca invitto”
Il 13 gennaio  del 1869 nasceva a Genova, Emanuele Filiberto di Savoia-Aosta figlio di Amedeo di Savoia terzo figlio del re Vittorio Emanuele II e di Maria Vittoria dal Pozzo della Cisterna. Futuro comandante della III armata del Regio esercito nella “gande guerrra” passaerà alla storia come il “Duca invitto” per non aver mai subito sconfitte.
Quando aveva un anno, il padre Amedeo salì sul trono…
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aki1975 · 7 years
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Torino - Monumento a Pietro Micca - 1863
Pietro Micca fu il simbolo della resistenza dei torinesi all’assedio con cui i francesi cinsero la città nel 1706 dopo che il duca Vittorio Amedeo II di Savoia decise di sostenere gli imperiali guidati dal cugino Eugenio nella guerra di successione spagnola.
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