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#Morti 27 ottobre
perfettamentechic · 6 months
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27 ottobre … ricordiamo …
27 ottobre … ricordiamo … #semprevivineiricordi #nomidaricordare #personaggiimportanti #perfettamentechic
2019: Guido Lauri, è stato un danzatore, coreografo e maestro di danza italiano. Sposò Anna Maria Paganini, ballerina classica. La loro figlia è  la ballerina Tiziana Lauri. I danzatori Augusto, Alfonso, Fabrizio e Raffaele Paganini sono suoi nipoti. Lauri fu inoltre cognato di Giulio Neri, cantante lirico. (n. 1922) 2015: Betsy Drake, è stata un’attrice e scrittrice americana di origine…
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curiositasmundi · 5 months
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Da quando la sera del 27 ottobre l’esercito israeliano ha cominciato a invadere la Striscia di Gaza, in risposta all’attacco di Hamas del 7 ottobre, 116 soldati sono stati uccisi nel corso dei combattimenti in territorio palestinese. È un numero piuttosto alto, che indica che il livello di opposizione armata da parte di Hamas è tutto sommato abbastanza elevato: i soldati morti finora nell’invasione sono quasi il doppio di quelli morti durante l’ultima invasione israeliana della Striscia di Gaza, quella del 2014.
I morti palestinesi al momento sono più di 18.500, la maggior parte dei quali civili, anche se il ministero della Salute di Hamas, che fornisce i dati, non distingue tra civili e miliziani.
La maggior parte dei soldati israeliani è stata uccisa nel nord di Gaza, dove si è concentrata la prima fase dell’invasione israeliana, che solo nelle ultime settimane si è spostata anche nel sud. Dal 7 ottobre, giorno dell’inizio della guerra, i solati israeliani uccisi sono stati in tutto 444: la maggior parte è stata uccisa proprio nel giorno dell’attacco di Hamas e nei giorni immediatamente seguenti, quando l’esercito israeliano ha compiuto una serie di operazioni militari nei territori al confine con la Striscia di Gaza dove erano ancora presenti miliziani del gruppo radicale.
Dei 116 che sono morti da quando invece è iniziata l’invasione di Gaza, molti sono stati uccisi dai miliziani palestinesi, ma ce ne sono anche diversi che sono morti a causa del cosiddetto “fuoco amico”, ovvero da colpi d’arma da fuoco sparati per errore dagli stessi soldati israeliani, o a causa di non meglio specificati incidenti nell’uso di armi e macchinari militari: in sostanza un quinto dei soldati morti a Gaza non è stato ucciso da Hamas.
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Michel ai 27, "a Gaza serve un cessate il fuoco sostenibile"
BRUXELLES – “È indispensabile affrontare la situazione in Medio Oriente. Le atrocità degli attacchi del 7 ottobre e la conseguente guerra a Gaza hanno oltrepassato l’orlo della disumanità. Troppi civili sono morti. Troppe vite innocenti sono a rischio a causa della catastrofica situazione umanitaria di Gaza e della carestia che imperversa. Il diritto internazionale deve essere pienamente…
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viendiletto · 3 months
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27 gennaio, una data da non dimenticare per Fiume
Il 27 gennaio 2024 ricorre il centesimo anniversario di un avvenimento negletto dal secondo dopoguerra ad oggi, ma che all’epoca suscitò entusiasmo e manifestazioni di giubilo in tutta Italia. Veniva infatti firmato quel giorno il cosiddetto “Patto di Roma” con cui il Regno d’Italia e il Regno dei Serbi-Croati-Sloveni (che divenne poi la futura Jugoslavia) si spartivano di comune accordo il territorio del minuscolo “Libero Stato di Fiume”.
Creato a seguito del trattato di Rapallo del 12 novembre 1920 fu una creatura nata morta. Fiume, fino al 1918 Corpus separatum della corona di Santo Stefano (l’odierna Ungheria) era città prettamente italiana che si affacciava sulle rive del golfo del Quarnaro, circondata però da un entroterra a predominanza slava. Il trattato di Londra del 26 aprile 1915 con cui il regno d’Italia s’impegnava ad entrare in guerra contro le potenze centrali gli garantiva cospicui compensi territoriali ma improvvidamente il ministro degli esteri italiano Sidney Sonnino non aveva reputato di richiedere tra essi anche la città liburnica. Il 30 Ottobre 1918 il consiglio comunale in carica di Fiume, denominatosi “Consiglio Nazionale Italiano” proclamava all’unanimità (compresi i consiglieri eletti nelle liste del locale partito autonomista di Riccardo Zanella) l’unione della città alla madrepatria italiana.
La città nel novembre 1918 fu raggiunta dalle truppe del regio esercito ma contemporaneamente la Francia, che mirava ad usare la città come base navale, vi insediò un contingente di truppe coloniali annamite. Il presidente americano Woodrow Wilson si palesò subito fermamente contrario a concedere Fiume all’Italia per motivi di ritorno elettorale (puntava molto per essere rieletto sul voto degli immigrati slavi negli USA ) e anche per un certo arrogante manicheismo, decisamente ingenuo e fuori luogo nel contesto della conferenza di pace di Versailles, dove aveva visto e permesso a Francia ed Inghilterra di tutto e di più. Ben presto scoppiarono disordini tra i cittadini fiumani, spalleggiati dai Granatieri di Sardegna, e le truppe francesi: nel luglio 1919 scontri provocati dai soldati francesi portarono all’uccisione di alcuni soldati dell’esercito transalpino. I granatieri furono allontanati dalla città e sostituiti con altre truppe meno “solidali” con i fiumani.
Il 12 settembre 1919 Gabriele d’Annunzio, il poeta soldato, alla guida di un reggimento dei granatieri ed altre truppe raccolse il grido di dolore dell’infelice città e vi si insediò tenendo alta la fiaccola dell’italianità fiumana fino al “Natale di sangue” 1920 quando fu scacciato dal regio esercito in ottemperanza appunto al trattato di Rapallo. Insediatosi nel 1921 il governo zanelliano il nuovo staterello fu subito e continuamente scosso da feroci scontri tra i cittadini che volevano l’annessione all’Italia ed i sostenitori di Zanella. Nel 1922, dopo ulteriori feroci scontri con morti e feriti, Zanella abbandonava la città rifugiandosi nella vicina Sussak, sotto l’ala protettrice di Belgrado.
Vennero alfine intavolate trattative che portarono alla divisione del territorio conteso: la città a maggioranza italiana passava al Regno d’Italia, cui era unita da una stretto corridoio che andava da Volosca a Borgomarina, nei sobborghi occidentali della città; l’entroterra con il Delta (posto tra l’Eneo e la Fiumara, ad est della città, ove erano posti i magazzini maggiori del porto e il binario della ferrovia che univa Fiume all’entroterra mitteleuropeo) e porto Bàross (per gli italiani porto Nazario Sauro, foraneo al porto principale di Fiume) passavano al regno serbo-croato-sloveno.
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Il 16 marzo 1924 l’annessione veniva sancita dalla visita in città del Re Vittorio Emanuele III di Savoia: veniva così coronato, purtroppo solo temporaneamente ed in modo incompleto, il sogno dei cittadini della “città olocausta”, come la definì d’Annunzio.
Franco Pizzini Sezione di Venezia dell’Associazione Nazionale Alpini Capogruppo alpini di Fiume d’Italia 
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e-o-t-w · 3 months
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Eyes on the world #178
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Stiamo (di già?) per dire addio al primo mese del 2024.
Settimana particolarmente peperina su più fronti, dalla guerra tra Hamas e Israele alle ultime dal nostro paese, passando per USA, Germania, Vaticano e Turchia. Insomma, ce n’è per tutti i palati.
Direi di partire, che dite? 👇
🇮🇱 ISRAELE-HAMAS: GLI ATTACCHI A KHAN YUNIS, LE ULTIME TRA USA E HOUTHI, LE ACCUSE DI GENOCIDIO
(1) 7 giorni piuttosto pieni per ciò che riguarda il conflitto tra #Israele e #Hamas, a partire dallo scorso lunedì, quando un gruppo di familiari degli ostaggi israeliani detenuti nella Striscia di #Gaza ha protestato nella Knesset di Gerusalemme, interrompendo una riunione sulle questioni economiche. La protesta è stata scatenata dalle dichiarazioni del primo ministro Benjamin #Netanyahu, che aveva escluso la possibilità di un nuovo accordo con Hamas per la liberazione degli ostaggi. Netanyahu ha sottolineato la necessità di pressione militare, mentre i familiari chiedevano concessioni. Dopo l'irruzione, 15 famiglie hanno incontrato brevemente il premier, che ha affermato l'assenza di proposte concrete da parte di Hamas. La situazione riguarda oltre 130 ostaggi detenuti da Hamas dalla guerra di ottobre. Sempre lunedì, l'esercito israeliano ha attaccato due ospedali a Khan Yunis, nella Striscia di Gaza, causando morti e feriti secondo fonti palestinesi. Le ambulanze sono state ostacolate nel raggiungere i feriti a causa dell'assedio israeliano. Ci sono stati scontri anche vicino ad altri ospedali, con l'esercito israeliano che sostiene di aver trovato armi ed esplosivi nella zona. In generale, l'esercito israeliano ha riportato la perdita di 24 soldati durante i combattimenti a Khan Yunis. È il più alto numero di perdite interne dall'inizio dell'invasione di terra il 27 ottobre. Secondo un portavoce dell'esercito, granate hanno colpito un carro armato e successivamente due edifici, causando la morte di 21 soldati. Altri tre soldati sono stati uccisi in un altro attacco nella stessa zona. In totale, l'esercito israeliano riporta 217 soldati uccisi dalle operazioni di terra nella Striscia.
Nel frattempo l'#UnioneEuropea è stata sollecitata a richiedere un cessate il fuoco, mentre gli #StatiUniti hanno espresso la necessità di rispettare il diritto internazionale e proteggere i civili negli ospedali. Sempre gli Stati Uniti, in collaborazione con il Regno Unito, questa settimana hanno bombardato otto obiettivi controllati dai ribelli #Houthi nello Yemen, sciiti sostenuti dall'Iran. L'attacco, confermato dal Centcom degli USA, ha coinvolto anche Australia, Bahrein, Canada e Paesi Bassi. È l'ottavo attacco in due settimane contro gli Houthi e riflette gli sforzi per indebolire il gruppo senza espandere il conflitto nella regione. Gli Houthi continuano a motivare le loro operazioni come ritorsione ai bombardamenti israeliani nella Striscia di Gaza. Il Centcom degli Stati Uniti ha anche confermato un attacco aereo in #Iraq contro tre strutture utilizzate da milizie filoiraniane, senza però fornire dettagli sul numero di vittime. Gli attacchi sono una risposta a precedenti attacchi contro militari statunitensi in Iraq e Siria, compreso un attacco rivendicato dalla Resistenza islamica in Iraq. Gli Stati Uniti hanno al momento circa 2.500 soldati in Iraq e 900 nel nord-est della Siria, impegnati nella lotta contro l'#ISIS. Tornando a Israele, la creazione di una zona cuscinetto di circa un chilometro lungo il confine tra Israele stesso e la Striscia di Gaza, con la demolizione di edifici e strutture civili, è stata ammessa dall'esercito israeliano dopo l'uccisione dei 21 soldati nell'operazione per demolire due edifici. Questa azione è stata descritta come necessaria per la sicurezza di Israele, ma ha generato critiche internazionali per la sua impattante riduzione del territorio palestinese e il rischio di violare l'integrità territoriale di Gaza. Questa settimana, la Corte Internazionale di Giustizia ha inoltre ordinato a Israele di prendere misure per impedire atti di genocidio nella Striscia di Gaza, come richiesto dal Sudafrica. L'accusa di genocidio è stata riconosciuta come plausibile ma non è stata confermata. Israele deve rispettare la Convenzione sul genocidio e altre misure, ma la Corte ha limitate possibilità di far rispettare la sua decisione. La reazione da parte di Israele e Hamas è stata critica e favorevole rispettivamente, mentre la condanna per genocidio è una questione complessa nel diritto internazionale. Sebbene la Corte non abbia chiesto un cessate il fuoco, ha ordinato cinque "misure provvisorie", riconoscendo la plausibilità dell'accusa presentata dal Sudafrica contro Israele. La decisione è stata ampiamente discussa a livello internazionale e il governo israeliano deve ancora decidere ufficialmente come rispondere. Mentre alcuni ministri israeliani hanno respinto la decisione della Corte, altri hanno mostrato una certa apertura. La situazione solleva questioni delicate riguardo al diritto internazionale e alla natura del conflitto tra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza.
🇩🇪 GERMANIA: SI DISCUTE IL DIVIETO PER ALTERNATIVE FÜR DEUTSCHLAND. COSA DICE LA COSTITUZIONE?
(2) Diverse città tedesche sono state teatro di imponenti proteste sabato scorso, con centinaia di migliaia di persone che hanno manifestato contro il partito di estrema destra Alternative für Deutschland (#AfD), chiedendo il suo divieto nel paese. Le dimostrazioni più massicce si sono svolte ad Amburgo, Francoforte, Hannover, Kassel, Dortmund, Wuppertal, Karlsruhe e Norimberga. Queste proteste sono state innescate da un'inchiesta pubblicata all'inizio di gennaio dal sito di giornalismo investigativo Correctiv, secondo la quale a fine dicembre si sarebbe tenuto un incontro tra leader dell'AfD, finanziatori del partito e membri del movimento neonazista tedesco per discutere un piano di "remigrazione" su larga scala di richiedenti asilo, immigrati e cittadini tedeschi di origine straniera. Le dimostrazioni sono state supportate dal cancelliere tedesco Olaf #Scholz e da altri politici, oltre che da diversi allenatori e dirigenti del campionato tedesco di calcio (la Bundesliga) e vescovi. Nonostante l'AfD abbia negato l'inclusione della "remigrazione" nel suo programma, si sta discutendo la possibilità di vietare il partito in base all'articolo 21 della Costituzione tedesca, che considera incostituzionali i partiti che minacciano l'ordine democratico. Tuttavia, ci sono dubbi sulla fattibilità e l'efficacia di tale misura, poiché il bando di un partito in Germania è un processo complesso e non sempre approvato dalla Corte costituzionale, come dimostrano casi precedenti come il rifiuto nel 2017 di vietare il Partito nazionaldemocratico tedesco (NPD). Alcuni sottolineano i rischi politici di una tale azione, temendo che un tentativo di censura potrebbe aumentare la simpatia per l'AfD tra gli elettori. La situazione è particolarmente delicata in vista delle imminenti elezioni regionali in Sassonia e Turingia, dove l'AfD gode di un forte sostegno. In conclusione, sebbene le proteste abbiano evidenziato una forte opposizione all'AfD e alla sua presunta agenda anti-immigrazione, la discussione su un possibile divieto del partito continua ad essere oggetto di dibattito e incertezza politica in Germania.
🇺🇸 USA: TRUMP VINCE ANCHE IN NEW HAMPSHIRE. ANCORA SCONFITTA NIKKY HALEY. RON DESANTIS SI RITIRA
(3) Donald #Trump ha trionfato nelle primarie del Partito Repubblicano nel #NewHampshire, confermando la sua posizione di favorito per le elezioni presidenziali di novembre. Con oltre il 95% dei voti scrutinati, Trump ha ottenuto il 54,3% dei voti, superando nettamente Nikki #Haley, che si è fermata al 43,3%. Questa vittoria ha consolidato ulteriormente la sua leadership all'interno del partito, con pochi rivali capaci di minacciare seriamente la sua presa di consensi. Le primarie proseguiranno fino alla primavera, ma il risultato nel New Hampshire ha evidenziato la mancanza di rivali significativi per Trump nel Partito Repubblicano. La principale sfidante, Nikki Haley, ex governatrice della Carolina del Sud, aveva criticato apertamente Trump, ma non è riuscita a ottenere il sostegno necessario per contrastarlo efficacemente. Nonostante le sue accuse di inaffidabilità e le critiche alla sua età avanzata, Trump ha mantenuto un forte sostegno tra gli elettori Repubblicani. Tuttavia, la situazione potrebbe cambiare nei prossimi stati in cui si terranno le primarie, dove le condizioni potrebbero non essere favorevoli come nel New Hampshire. Haley ha ammesso la sconfitta, ma è incerto il suo futuro politico, poiché continuare la campagna elettorale diventa sempre più difficile senza un sostegno significativo e potrebbe danneggiare ulteriormente la sua reputazione. A complicare ulteriormente la situazione per gli avversari Repubblicani dell’ex presidente Trump c’è stato il ritiro dalle primarie del governatore della Florida Ron #DeSantis, che ha già dichiarato di voler appoggiare Trump nella corsa alla presidenza. Nel frattempo, il Partito Democratico sta anch'esso svolgendo le primarie, ma al momento il principale candidato è Joe #Biden, con pochi altri concorrenti di rilievo. La prossima consultazione ufficiale del partito si terrà in South Carolina, mentre il New Hampshire, nonostante la mancanza di altri candidati di spicco, ha organizzato comunque il voto, con una vittoria schiacciante per Biden grazie a un movimento che ha incoraggiato gli elettori a scrivere il suo nome sulla scheda. In conclusione, Trump ha consolidato la sua posizione di favorito nel Partito Repubblicano, mentre il futuro di Nikki Haley rimane incerto. Le primarie negli Stati Uniti sono un momento cruciale per i partiti politici, e le sfide interne riflettono le dinamiche complesse del panorama politico statunitense.
🇻🇦 PRIMA CONDANNA PER ABUSI EMESSA DAL VATICANO. DECISIVE LE TESTIMONIANZE RACCOLTE NEL 2016
(4) La Corte di Appello del #Vaticano ha emesso una sentenza storica condannando don Gabriele Martinelli a 2 anni e 6 mesi di reclusione per "corruzione di minore", riconoscendolo colpevole di abusi sessuali su un minore avvenuti tra il 2008 e il 2009 nel preseminario Pio X, situato all'interno del Vaticano. Questa decisione ha ribaltato la sentenza di primo grado che aveva assolto Martinelli per mancanza di prove, segnando così la prima condanna per abusi sessuali emessa nel Vaticano. Il preseminario Pio X è un istituto di orientamento vocazionale che accoglie ragazzi delle scuole medie e superiori provenienti da varie diocesi italiane e straniere. Martinelli, all'epoca degli abusi, era un allievo del preseminario e aveva acquisito un ruolo di coordinatore dei "chierichetti del papa", i giovani che assistono alle funzioni liturgiche papali. Le indagini contro Martinelli sono iniziate nel 2017 dopo che il giornalista Gianluigi Nuzzi ha pubblicato il libro "Peccato originale", che includeva testimonianze di abusi raccolte da un compagno di stanza della vittima. La vittima, assistita da Kamil Jarzembowski, polacco e compagno di stanza nel preseminario, tentò di denunciare le violenze inviando lettere a autorità ecclesiastiche, ma fu allontanato dall'istituto. Solo nel 2016, grazie all'incontro con Nuzzi, Jarzembowski riuscì a far emergere le denunce e alcune registrazioni audio. Nel 2018, dopo le inchieste giornalistiche, la vittima decise di denunciare ufficialmente alla giustizia vaticana. Nonostante gli abusi fossero avvenuti anni prima, il processo a Martinelli fu reso possibile grazie alla rimozione del vincolo di improcedibilità da parte di papa Francesco, che consentì il processo anche senza la querela presentata dalla vittima entro un anno dai fatti contestati. L'accusa ha sostenuto che Martinelli ha abusato della sua posizione di tutore all'interno del preseminario, usando violenza e minacce per costringere la vittima a compiere atti sessuali. La condanna segna un importante precedente nella giustizia vaticana riguardo agli abusi sessuali e solleva questioni sulla protezione dei minori all'interno delle istituzioni ecclesiastiche.
🇹🇷 DIETROFRONT DELLA TURCHIA SULL’INGRESSO DELLA SVEZIA NELLA NATO. MANCA SOLO L’OK DELL’UNGHERIA
(5) Il parlamento turco ha ratificato il protocollo d’ingresso della Svezia nella #NATO, con 287 voti favorevoli e 55 contrari, dopo mesi di trattative. La #Turchia si era opposta all'ingresso della Svezia, richiedendo concessioni riguardo alle organizzazioni curde e alla vendita di armi. La ratifica richiede ora la firma del presidente turco #Erdogan, considerata una formalità. Tuttavia, l'adesione effettiva della Svezia dipende ancora dall'approvazione dell'Ungheria, che insieme alla Turchia si era opposta. Il primo ministro ungherese #Orban ha suggerito trattative con il primo ministro svedese Kristersson. La richiesta di adesione della Svezia, influenzata dall'invasione russa dell'Ucraina nel 2022, è stata presentata insieme a quella della Finlandia. La Finlandia ha ottenuto l'approvazione ad aprile 2023, mentre la Turchia e l'Ungheria hanno ritardato il loro consenso fino ad ora.
🇮🇹 IL SENATO APPROVA L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA. TRA TANTE PERPLESSITÀ, LA PAROLA PASSA ALLA CAMERA
(6) Martedì, il #Senato ha approvato il disegno di legge sull’#autonomia differenziata con 110 voti favorevoli, 64 contrari e 30 astenuti, un provvedimento voluto dal ministro degli Affari regionali Roberto Calderoli. Il testo definisce le modalità con cui le regioni possono chiedere e ottenere autonomia su alcune materie attualmente gestite dallo Stato centrale. Il provvedimento passa ora alla Camera, con la possibilità di ulteriori modifiche che potrebbero richiederne il ritorno al Senato. Il Partito Democratico ha fortemente contrastato il disegno di legge, evidenziando il proprio impegno per l'unità e l'indivisibilità della Repubblica. Tuttavia, l'approvazione del disegno di legge non comporta automaticamente il trasferimento di competenze alle regioni, ma indica piuttosto un percorso negoziale con il governo e il parlamento. Questo processo è vincolato alla definizione dei Livelli essenziali delle prestazioni (LEP), che mirano a evitare disparità territoriali tra regioni e a garantire servizi minimi su scala nazionale. Restano perplessità sull'impatto economico e sulle possibili conseguenze sulla competitività del paese e sulla gestione delle risorse pubbliche.
Alla prossima (ovvero sabato 10 febbraio) 👋
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giancarlonicoli · 6 months
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27 ott 2023 15:38
“L’OCCIDENTE USA UN LAMPANTE DOPPIO STANDARD” – RANIA DI GIORDANIA RANDELLA CHI TRATTA IN MODO DIVERSO I MORTI EBREI E PALESTINESI: “IL 7 OTTOBRE IL MONDO SI È IMMEDIATAMENTE SCHIERATO AL FIANCO DI ISRAELE. MA NELLE ULTIME DUE SETTIMANE STIAMO ASSISTENDO AL SUO SILENZIO. CI STATE DICENDO CHE È SBAGLIATO UCCIDERE UN'INTERA FAMIGLIA SOTTO LA MINACCIA DI UNA PISTOLA, MA CHE VA BENE BOMBARDARLA A MORTE?” – EMMANUEL MACRON E CHARLES MICHEL PROVANO A TIRARSI FUORI DALLE ACCUSE E… -
1. RANIA “GELA” L’OCCIDENTE LA POLVERIERA GIORDANIA
Estratto dell’articolo di Greta Cristini per “il Messaggero”
C'è un «lampante doppio standard» nell'attuale catastrofe umanitaria fra palestinesi ed ebrei. È perentoria la regina di Giordania Rania che, in un'intervista alla Cnn, accusa Israele di apartheid e denuncia come «la gente di tutto il Medio Oriente, compresa la Giordania, è scioccata e delusa dalla reazione del mondo occidentale» alla guerra in corso fra Hamas e Israele. «Il 7 ottobre il mondo si è immediatamente e inequivocabilmente schierato al fianco di Israele, del suo diritto di difendersi e ha condannato l'attacco.
Ma nelle ultime due settimane stiamo assistendo al suo silenzio» accusa la regina di Giordania. «Ci state dicendo che è sbagliato uccidere un'intera famiglia sotto la minaccia di una pistola, ma che va bene bombardarla a morte? Perché non c'è la stessa condanna per quanto sta accadendo ora?».
Di discendenza palestinese, Rania insieme al marito, il re Abdullah II, governa un Paese che secondo le Nazioni Unite ospita il 40% del totale dei rifugiati palestinesi registrati in Medio Oriente, per un totale di circa 2 milioni di persone e 10 campi profughi. Ne va da sé che qualsiasi scintilla nel conflitto israelo-palestinese inneschi inevitabilmente un effetto domino nell'opinione pubblica del Paese che la sua leadership deve ascoltare, rappresentare e gestire.
[…]
Del resto, il Paese arabo non può prescindere dagli ingenti aiuti economici che Washington gli invia ogni anno: nel 2022, i due Paesi hanno firmato un accordo di aiuti annuali pari a 1,45 miliardi di dollari per una durata record di sette anni. I malumori giordani complicano però la posizione degli Stati Uniti nel Paese e aumentano il rischio che la conflittualità interna li metta spalle al muro.
Secondo il Pentagono, tra le basi militari Usa attaccate ripetutamente negli ultimi giorni da Hezbollah e Jihad islamica palestinese, movimenti armati sciiti filo-iraniani, c'è anche quella di Al Tan, al confine fra Siria e Giordania. Il tradizionale equilibrismo della Giordania, necessario a dialogare sia con l'Occidente sia col mondo arabo, è messo in crisi dalla sensibilità della pancia del Paese. Rania lo ha capito.
2. LA REGINA RANIA ACCUSA L’OCCIDENTE DI «DOPPIO STANDARD» SU GAZA. MACRON E L’UE SI TIRANO FUORI
Estratto dell’articolo di Alessandra Muglia per www.corriere.it
Si tira fuori Emmanuel Macron, che dal Cairo ha replicato che «la Francia non pratica il doppio standard, il diritto internazionale si applica a tutti e la Francia difende i valori universali dell’umanesimo» ha detto il presidente francese durante una conferenza stampa in Egitto, dove ha incontrato il presidente egiziano Abdel Fattah Al-Sisi. Per la Francia, ha aggiunto, «tutte le vite si equivalgono, tutte le vittime meritano la nostra compassione, il nostro impegno durevole per una pace giusta e durevole nel Medio Oriente».
Anche il presidente del Consiglio Ue Charles Michel poco prima dell’inizio del vertice europeo ha risposto a distanza a Rania: «L’Unione europea non ha doppi standard»nella guerra fra Hamas e Israele, ha detto.
Tuttavia dalla bozza di conclusioni del Consiglio europeo che si apre oggi a Bruxelles è sparito il riferimento al «cessate il fuoco» chiesto dal segretario generale dell’Onu Guterres rimpiazzato dall’espressione «pause umanitarie» per consentire la consegna degli aiuti. «Noi crediamo in un sistema basato sui valori e il rispetto delle regole e sia io che i miei colleghi continuiamo a spiegarlo ai nostri partner del Sud Globale».
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lamilanomagazine · 7 months
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EXTRALISHOW: una storia punk ai confini della balera
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EXTRALISHOW: una storia punk ai confini della balera. Milano, EXTRALISHOW - UNA STORIA PUNK AI CONFINI DELLA BALERA è il nuovo spettacolo teatrale, ideato da Elisabetta Sgarbi in collaborazione con Eugenio Lio, che coinvolge il cantautore e polistrumentista MIRCO MARIANI con i suoi Extraliscio, il frontman dei Tre Allegri Ragazzi Morti e noto fumettista DAVIDE TOFFOLO e l’attore e scrittore fuori dagli schemi LEO MANTOVANI. Dopo essere stato presentato in anteprima lo scorso anno a “linus – Festival del fumetto” e dopo aver registrato il tutto esaurito al debutto il 1° marzo a Ferrara nel prestigioso Teatro Comunale, arriva a grande richiesta a MILANO con 6 date al Teatro Menotti dal 26 settembre all’1 ottobre. Il 26 e il 27 settembre salirà sul palco un ospite speciale, il grande attore e regista conosciuto e acclamato in tutta Italia ANTONIO REZZA, che con Flavia Mastrella dal 1987 ha realizzato quattordici opere teatrali, cinque film lungometraggi, una serie sterminata di corto e medio metraggi. Flavia Mastrella e Antonio Rezza si occupano di comunicazione involontaria. Hanno ricevuto il Premio Alinovi per l’arte interdisciplinare, il Premio Hystrio, il Premio Ubu, il Premio Napoli, l’attestato di Unicità nella Cultura a Montecitorio, il Premio Ermete Novelli e nel 2018 viene loro assegnato dalla Biennale Teatro di Venezia Il leone d’oro alla carriera. Nel 2019 La Milanesiana li premia con la Rosa d’oro. Le loro opere sono state presentate a Parigi, Madrid, Mosca, Shanghai e New York. Collaborano da diversi anni con TSI La Fabbrica dell’Attore - Teatro Vascello di Roma. Extralishow è uno spettacolo totale, che unisce musica, parole e immagini. La musica dal vivo è ben rappresentata dalla dinamicità degli Extraliscio, guidati dalla voce dolcissima di Mirco Mariani, band che ha fatto ballare Sanremo quando nessuno poteva ancora ballare, nuovamente sul palco con Davide Toffolo e la sua voce graffiante. Uno show che vanta un repertorio musicale che va da Casadei a Gabriella Ferri, da “Marina”, a “La tatuata bella”, a “Bianca Luce Nera”, passando per la musica klezmer, il rock, il punk, il techno liscio, con Mirco Mariani che si alterna tra chitarre scordate e imprevedibili combinazioni sui tasti del pianoforte. Sormontano la scena i disegni live di Davide Toffolo, uno dei più amati disegnatori del panorama italiano e internazionale, che si alterna tra lo scrittoio e il microfono. Infine c’è Leo Mantovani, pronto a sabotare lo spettacolo con divertenti pezzi di storia della musica Folk. Da martedì 26 settembre a sabato 30 settembre lo spettacolo si terrà alle ore 20.00. Domenica 1 ottobre alle ore 16.30. Le prevendite sono disponibili al seguente link: www.vivaticket.com/it/ticket/extralishow-una-storia-punk-ai-confini-della-balera/211996 Prodotto da Betty Wrong di Elisabetta Sgarbi. In collaborazione con IMARTS. Alla Regia Betty Wrong e Luca Volpatti. Cast artistico Extralishow: Mirco Mariani (pianoforte, chitarra Noise, voce); Enrico Milli (mellotron, synth, tromba, flicorno, fisarmonica); Niccolò Scalabrin (basso); Gaetano Alfonsi (batteria). Con la partecipazione di Davide Toffolo (disegni live e voce). Con le incursioni di Leo Mantovani. Cast tecnico Extralishow: Mattia Dallara (fonico), Claudio Tappi (luci). www.extraliscio.it - www.instagram.com/extraliscio/?hl=it www.facebook.com/Extraliscio - www.youtube.com/channel/UCjr2oAvSQ15OhiVi-dyyYZQ  ... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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personal-reporter · 8 months
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Macchina di Santa Rosa 2023 a Viterbo
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A Viterbo tutto è pronto per la sera del 3 settembre quando Gloria, la macchina di Santa Rosa ideata dall'architetto Raffaele Ascenzi,  sfilerà per le strade buie della città del Lazio per l'ultima volta. La mattina del 4 settembre, dopo la messa solenne, verrà svelato il bozzetto vincitore da cui prenderà vita la nuova macchina di Santa Rosa, un evento che quest'anno coincide con i 20 anni del riconoscimento della macchina come bene immateriale dell'Unesco e, i 45 anni della fondazione del sodalizio dei facchini di Santa Rosa.  La tradizione del trasporto della Macchina di Santa Rosa nasce il 4 settembre 1258, data  in cui avvenne, per volontà di Papa Alessandro IV, la solenne traslazione del corpo intatto della santa viterbese dalla modesta sepoltura della fossa comune di Santa Maria del Poggio al Monastero delle Clarisse, che poi prese il nome di colei che i Viterbesi chiamano la santa bambina, morta a 18 anni, nel marzo 1251. La festa in realtà inizia il pomeriggio del 2 settembre con la sfilata del corteo storico e  la reliquia del cuore della santa portato in processione, mentre la sera del 3 settembre è il momento principale con il trasporto della Macchina di Santa Rosa, tra fede e spettacolo. La città di Viterbo ha una grande dedizione verso Rosa, la santa bambina, per la quale i facchini, gli uomini che hanno il compito di portare sulle spalle la struttura, si prestano ogni volta a una fatica estrema. Vestiti di bianco e rosso, con un fazzoletto alla pirata in testa, i facchini di Santa Rosa, poco prima di affrontare la Macchina, ricevono dal vescovo la benedizione in articulo mortis, poiché ogni trasporto rappresenta un vero e proprio pericolo per la loro vita ed è  una prova di forza e di fede nei confronti della patrona della città. La Macchina di Santa Rosa viene trasportata in un percorso di poco più di un chilometro con cinque soste intermedie e, dopo l’ultima sosta a Piazza Verdi,  si affronta l’ultimo strappo del percorso che termina al Santuario di Santa Rosa, poi rimane esposta per alcuni giorni successivi al 3 settembre, mentre l’urna dove è custodito il corpo della patrona è visitata da migliaia di fedeli. La Festa di Santa Rosa ha il suo culmine il 3 settembre, ma fino ai primi di ottobre Viterbo è in festa con una serie di eventi. Si possono acquistare massimo quattro biglietti a persona, ogni biglietto è nominale e per chi non ha la residenza a Viterbo l’acquisto può essere effettuato da mercoledì 23 agosto, per i residenti l’acquisto è stato aperto nei giorni precedenti. La vendita dei biglietti si tiene online oppure presso l’Ufficio Turistico del Comune di Viterbo – Pensilina piazza Martiri d’Ungheria e il negozio Audiotime di via Oslavia 27, mentre i costi dei biglietti vanno da 15 a 44 euro circa. Read the full article
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ca-la-bi-yau · 1 year
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🏳️‍⚧️Trans Day of Remembrance🏳️‍⚧️
Tw: v1olenc3, su1cid3, transphobia, gender disphoria
Il 20 novembre è il Trans Day of Remembrance, la giornata che dal 1999 ricorda le vittime trans* del bigottismo e della violenza transfobica della società. Non è e non dovrebbe essere solo una giornata di ricordo, di lutto, di veglie e di candele ma soprattutto un giorno di rabbia.
Secondo i dati riportati dalle associazioni nel 2022, fino ad ora, ci sono state 381 vittime di transfobia in tutto il mondo: in media, più di una persona trans* al giorno perde la vita per cause non naturali. Dal 2008 ad oggi sono morte almeno 5000 persone trans*, con un aumento dell'8% solo negli ultimi 3 anni. L'età media delle perosne trans* morte quest'anno è di 27 anni; la più giovane aveva solo 12 anni, la più anziana 59. Come ogni altro tipo di discriminazione anche quella transfobica è intrecciata a tutte le altre: il 95% di coloro che sono state uccise in tutto il mondo erano donne trans o persone trans* femminili. Il 65% erano nere o facente parte di un altro gruppo razzializzato. Nonostante questo dato sono in aumento i casi di suicidi di uomini trans o persone trans* maschili: 52 i casi dal 2015 al 2022.
Tutti questi dati sono OVVIAMENTE SOTTOSTIMATI, a causa del fatto che molto spesso queste notizie non arrivano sui giornali, uno dei modi principali con cui si è in grado di monitorare questi numeri ogni anno. Questi dati sono tragici se li si contestualizzano sul numero di persone trans* stimate nel mondo, cioè circa 1 milione, meno dell'1% della popolazione mondiale.
E l'Italia? L'Italia si piazza al primo posto in Europa per vittime di transfobia. Con il barbaro omidicio avvenuto a Roma, nel quartiere Prati, solo tre giorni fa, siamo arrivate a 11 morti nel 2022, fino a questo momento.
Non voglio parlare delle storie di vita di queste persone ma penso sia importante ricordarne i nomi, la loro età, come hanno perso questa loro vita.
Un anno fa (ma la notizia è stata condivisa solo ad ottobre 2022) ELIOS, 15 anni, si è buttato dal quarto piano di un palazzo.
MAUDIT, 29 anni, si è suicidatx il 30 marzo scorso.
CAMILLA, 43 anni, è stata ritrovata in un fiume, picchiata e fucilata.
CLOE, 58 anni, è morta suicida nel proprio camper carbonizzato, il 10 giugno. Della sua storia si è parlato molto, soprattutto perchè complice delle varie umiliazioni che ha subito, e che l'hanno portata a isolarsi per mesi e a togliersi la vita, c'era l'assessora all'istruzione leghista della regione Veneto.
SASHA, 15 anni, l'11 giugno si è lanciato dal sesto piano di casa sua.
NAOMI, 47 anni, è stata ritrovata morta in una camera d'hotel, strangolata a mani nude.
CHIARA, 19 anni, si è tolta la vita in casa un mese fa.
MORGANA, donna trans senza fissa dimora, è morta di freddo in mezzo alla strada.
Di altre due donne trans sono senza nome: una è stata investita da una macchina in tamgenziale, la seconda è precipitata da un palazzo e non è chiaro se si tratti di un suicidio o di transicidio.
3 giorni fa, il 17 novembre, è morta MARTA, 65 anni, uccisa con un'arma da taglio.
Le istituzioni italiane e i partiti politici di questo paese sono fautrici e complici della discriminazione e della follia transfobica che ha ucciso queste persone. E non parlo solo del vergognoso applauso in Parlamento per l'affossamento del discusso DDL Zan ma anche dei continui tradimenti, passi indietro e di lato, che le persone trans* e le associazioni hanno visto e subito da parte di quel blocco granitico e democristiano che il DDL Zan lo ha portato avanti. Quel blocco che ancora occupa abusivamente il nome di Sinistra, e che, non avendo più alcuna altra differenza nè motivo di conflitto con la destra post fascista che ci governa, prende come bandierina quella dei diritti civili. Troppo spesso, però, la questione dei diritti della comunità LGBTQIA+, finisce per essere inglobata totalmente in quella cis gay mentre tutto il resto della comunità, specialmente T, viene lasciato indietro, con l'identità di genere che diventa oggetto di scambio e di vergognoso compromesso politico.
Questi sono i dati che riguardano le persone uccise dalla transfobia. Non toccano però la violenza sistemica e quotidiana che le persone trans* subiscono OGNI GIORNO, in praticamente ogni ambito della loro vita: deadnaming e  misgendering, la non rappresentanza, la difficoltà di trovare un posto di lavoro o una casa in affitto, le terapie riparative, l'infinito, umiliante e costosissimo percorso giuridico e burocratico per la transizione, la discriminazione continua nel sistema sanitario nazionale, l'umiliazione di unə psichiatra cis che deve decidere per te se sei trans* o meno, il bullismo nelle scuole (dove aumentano i casi di umiliazione e violenze perpetrate da3 professor3) e nelle università, l'abbandono da parte delle famiglie, gli sfratti, i licenziamenti, gli insulti per strada, i pestaggi. E infine, la morte.
E dobbiamo continuare a parlarne perché anche quello che può sembrare meno grave e meno rilevante, ad esempio le cosiddette "stronzate dei pronomi o della ə", ha un suo impatto, molto forte, sulla salute mentale e le condizioni di vita delle persone trans*, specialmente per chi soffre anche violentemente di disforia.
Nonostante la disforia di genere sia stata declassata a incongruenza di genere, passando da disturbo mentale a disturbo della sessualità, siamo ancora lì, siamo ancora delle persone malate, disturbate, patologizzate. Dobbiamo ancora subire l'umiliazione di non poter affermare noi stess3 ma di dover aspettare e pagare affinchè unə psichiatra cis ci dica chi siamo o affinchè unə giudice cis ci dica che possiamo cambiare i nostri documenti. Dobbiamo ancora aspettare anni e anni per tutto questo, per avere accesso alla cura ormonale nonostante questi farmaci siano ormai considerati SALVAVITA.
Dobbiamo spostarci lontano da casa, cambiare regione come minimo perché in molte non esistono centri per persone trans e le associazioni sono ridotte all"osso; dobbiamo aspettare anni per una qualsiasi operazione con il SSN o dobbiamo andare in qualche altro paese, sborsando decine di migliaia di euro per provare a essere quello che siamo, perché qui in pratica non esistono cliniche specializzate. Né studi, né ricerche, né corsi di aggiornamento, né preparazione medico-sanitaria di base per aiutare le persone trans* senza infliggere altra violenza. Violenza sistemica e quotidana che spinge le persone trans* all'isolamento, a non fidarsi del personale sanitario, a non andare negli ospedali, con tutte le tragiche conseguenze.
Ci vediamo porte chiuse in faccia ogni giorno. Vediamo la violenza verbale del discorso politico, la violenza noncurante nel linguaggio giornalistico e mainstream, la non rappresentanza in ogni ambito, dal politico al mediatico.
Sentiamo, leggiamo, siamo obbligat3 a dire e a comunicare i nostri deadname in ogni ambito, a vederli scritti ovunque persino il giorno dopo il nostro suicidio, fregandosene del nostro volere e del nostro dolore. Sentiamo venire declassati i problemi sul linguaggio, sui pronomi e sul neutro, come problemi di serie B per poi sentir parlare per settimane di una fascista che si proclama donna e vuole essere chiamata IL presidente.
Ci sentiamo troppo spesso tradite da quelle persone e quella comunità che dovrebbero in primis accoglierci e difenderci. Dalla discriminazione interna nelle famiglie e nelle scuole a quella intenra alla comunità LGBTQIA+, troppo spesso spaccata sulla questione identità di genere, appiattita sulle questioni esclusivamente e squisitamente cis gay.
Le stesse persone che difendono la polizia, che credono nei concetti di decoro e rispettabilità, che credono nel capitalismo e condannano l'uso della violenza da parte delle minoranze, salvo poi tirare fuori due volte l'anno i nomi di Marsha P. Johnson, di Sylvia Rivera, dell3 rivoltos3 di Stonewall.
Ci sentiamo troppo spesso tradite da quella frangia di FART, delle cosiddette femministe radicali allineate sue posizioni dei peggior fascisti, tollerate e inserite perfettamente nella comunità e negli ambienti femministi. Persone che organizzano ronde nei bagni pubblici per controllare i genitali delle persone, soggetti che ci considerano malate, che additano le donne trans come pericolosi stupratori, gli uomini trans come donne disturbate, antifemministe e misogine, le persone non binarie come creature mitologiche da evitare, l3 sportiv3 come subdole cheaters approfittatrici. Le stesse persone che ci cacciano e ci escludono dai loro spazi in nome del femminismo, le persone che credono negli slogan del "il corpo è mio e decido io", finché ovviamente sei cis.
In quanto persone trans*, fragili, rifiutate e marginalizzate subiamo ancora di più sulla nostra pelle tutte le contraddizioni, le violenze e le follie del sistema patriarcale, abilista e razzista, interconnesse con quelle del sistema economico capitalista in cui viviamo. Subiamo lo sfruttamento, la discriminazione e la povertà che ci relega nell'antico ruolo di sex workers, di senza dimora, di senza nome. Subiamo la cieca violenza razzista e delle politiche antimigratorie, quella maschilista di chi ci feticizza, ci stupr4 e ci uccide, di chi ci considera oggetti o trappole. Subiamo la violenza economica del non trovare un lavoro, di essere sfrattate, di non avere i soldi per per le visite mediche e psicologiche, per le operazioni, per le lotte burocratiche e giudiziarie. Tutte cose che peggiorano di continuo la nostra salute fisica e mentale, costringendoci a vivere una vita odiosa e odiata, soprattutto per chi soffre la disforia di genere, per chi si sente ingabbiat3 in un corpo che non è il suo, per chi lo rifiuta e vorrebbe scarnificarsi la pelle.
Le persone trans*, come il resto della comunità LGBTQIA+, hanno statisticamente più possibilità di sviluppare disturbi di ansia e depressione, autolesionismo, disturbi alimentari e dismorfia, disturbi della personalità, dissociazione e scarso senso di sè.
A tutto questo si deve il vergognosamente alto numero di suicidi di persone trans*, semplicemente un numero, di cui la società, la politica, le istituzioni non si prendono la piena e totale responsabilità. Per le persone lasciate sole, marginalizzate, razzializzate, ignorate, invisibilizzate, zittite, malmenate, uccise.
Una giornata di rabbia, quindi. Una giornata di rabbia per una società che ci ignora e continua a ignorarci.
Vogliamo poter vivere le nostre vite in libertà. Vogliamo poter decidere noi della nostra vita e del nostro corpo, senza l'intervento di persone cis che decidano per noi, senza il bisogno dell'assenso di famiglia e società. Vogliamo poter affrontare il nostro personale percorso di transizione, che non sia patologizzante e oprrimente. Vogliamo poter accedere liberamente alle terapie ormonali salvavita e agli interventi per chiunque ne senta la necessità, con un semplice consenso informato. E vogliamo dignità e rispetto per qualunque persona trans* e non binary che non vive la disforia e che non vuole ormoni o interventi, che ne vuole solo alcuni, che vorrebbe solo microdosi e semplicemente un aspetto più androgino, senza per questo venite escluse dalla comunità T, senza per questo non venire considerate valide. Vogliamo una legge che condanni la transfobia, che tuteli protegga le persone trans* dalla violenza quotidana.
Vogliamo un'educazione sessuale inclusiva nelle scuole libere dalle mani dei preti e del Vatic-Ano, vogliamo un'educazione sentimentale e alle differenze e quindi transfemminista che insegni alle nuove generazioni a rispettare ogni essere su questo pianeta e a rispettare ogni possibile variante dell'essere umano. Vogliamo corsi di formazione obbligatoria per insegnanti, per dipendenti pubblici, per il personale sanitario affinchè sappiano come approcciarsi alle persone trans*, perché possano cercare di comprendere, accettare ed aiutare nel miglior modo possibile, senza infliggere ancora inutile violenza psicologica a soggetti già portati alla fragilità emotiva. Vogliamo l'applicazione di un linguaggio inclusivo, di una rappresentazione inclusiva, politica prima che mediatica e comunque che sia scollegata dalle becere logiche di mercato del "politically correct", del rainbow washing di aziende e piattaforme che una volta l'anno si dipingono di arcobaleno per poi finanziare quotidianamente associazioni, partiti e governi che ci negano diritti civili e sociali.
Vogliamo un sistema sanitario nazionale che sia completamente pubblico e gratuito per tutt3, che venga incontro alle nostre esigenze e che non debba comportare alcun tipo di spesa per operazioni SALVAVITA. Vogliamo la fine delle politiche antimigratorie, razziste e assassine, non in nome di aziende predatrici e imprenditori avvoltoi che cercano manodopera a basso costo da sfruttare fino alla morte ma in nome della libera circolazione dei corpi e dell'abolizione dei confini. Vogliamo la messa al bando di ogni tipo di "terapia riparatrice", di ogni medic3, psicolog3 o psichiatr3 che a causa del proprio bigottismo o di una più che profana morale cattolica si accaniscono sulle persone trans* e della comunità causando sofferenze e violenze indicibili a livello psicologico e fisico. Vogliamo lə psicologə di base, in maniera completamente gratuita, vogliamo più psicologh3, psichiatr3, assistenti sociali nelle strutture sanitarie, nelle scuole, nelle università, sui luoghi di lavoro.
Vogliamo finanziamenti veri e sostanziali per le associazioni, per i centri antiviolenza e antidiscriminazione.
Vogliamo l'aborto libero e gratuito per tutte le persone con un utero, vogliamo la fine della violenza ostetrica, la fine dei tabú, dei costi esorbitanti e delle discriminazioni legate al mondo del parto, dell'aborto, del ciclo mestruale. Vogliamo le associazioni cosiddette "pro-vita" fuori dagli ospedali pubblici, con una legge che vada oltre la 194, che garantisca tutto questo e che abolisca l'obiezione di coscienza. Vogliamo una riforma della codice della famiglia che comprenda ogni tipo di famiglia sul criterio dell'amore e del legame, slegati dall'eteronormatività e dall'esclusività monogamica e dalla dinamica di coppia. Vogliamo lo stralcio delle unioni civili in favore di un matrimonio egualitario, vogliamo una legge e una riforma seria in tema di adozioni per porre fine tutte quelle follie giudiziarie e legali a cui sono costrette le famiglie omogenitoriali.
Vogliamo la fine di un sistema abilista e "meritocratico" che premia e incensa persone privilegiate lasciando indietro l3 ultim3. Vogliamo la fine di ogni tabù riguardante la salute mentale e il suicidio. Vogliamo delle città e un mondo che siano a misura di essere umano e non di automobile, vogliamo la fine della ghettizzazione delle persone migranti e delle persone nomadi nei "campi rom" e soprattutto un mondo accessibile per le persone disabili, dalle barriere architettoniche alle cure sanitarie passando per i servizi pubblici. Vogliamo che le persone disabili non debbano essere costrette a vivere recluse in casa con tutte le nefaste conseguenze del caso, vogliamo la fine di un mondo ancora incentrato su un modello di umano basato sul maschio bianco cis etero e abile.
Vogliamo il salario minimo, vogliamo le imprese costrette a pagare l3 lavorator3 in base alle ore lavorate, vogliamo un salario che sia legato ai costi dell'inflazione. Vogliamo un reddito di base UNIVERSALE che permetta a ogni essere umano di poter accedere ai suoi bisogni primari, con la fine dello sfruttamento e del ricatto del lavoro. Vogliamo che il cibo, la casa, i prodotti di prima necessità, le cure mediche e quanto elencato fino ad ora siano considerati a tutti gli effetti delle necessità esistenziali e che in quanto tali siano garantite dalle istituzioni statali e non esclusivo privilegio di poche, sempre più poche persone ma sempre più ricche. Vogliamo una vera politica ambientalista statale e non il greenwashing delle aziende, che non sia fatta di soli incentivi che vanno ad ingrassare i portafogli delle multinazionali. Vogliamo una politica antispecista e rispettosa dell'ambiente del pianeta in cui viviamo.
Una politica che ponga fine allo sfruttamento animale e ambientale che il modello economico capitalista ha portato avanti negli ultimi duecento anni, inquinando, uccidendo e distruggendo il pianeta in nome di una crescita infinita e incontrollata e per un consumismo sfrenato e amorale. Una politica che ARRESTI i diretti responsabili del disastro climatico che come umanità stiamo vivendo a partite dai CEO delle aziende, che riconverta le suddette aziende in fabbriche e luoghi di lavoro sostenibili, a partire dalla partecipata statale di ENI, una delle venticinque aziende più inquinanti al mondo e che da decenni continua a distruggere e a sfruttare i territori africani. Vogliamo una politica ambientalista internazionale, di pressione sugli altri paesi, di interruzione di intrecci economici miliardari che devastano il Sud del Mondo, di presa di responsabilità del fenomeno migratorio legato ai cambiamenti climatici di cui noi, come Occidente, siamo i primi responsabili.
Vogliamo la fine del sistema economico capitalista neoliberista vigente che ci opprime. Vogliamo una politica internazionale di pace che invochi al disarmo mondiale e alla fine dell'impero NATO, prima organizzazione al mondo per numero di guerre causate e finanziate, a scapito di altri paesi, burattini e amici finchè il vento gira nella direzio e giusta. Vogliamo la fine dell'Italia come polveriera del Mediterraneo, con i tristi primati di vendite di armi di ogni tipo a regimi dittatoriali e fascisti.
Vogliamo questo e molto altro.
Vogliamo una VERA prevenzione al suicidio, che non passi per i vari "bonus psicologo" e che non gravi solamente sulle spalle di quelle poche associazioni senza fondi, senza personale e incapaci loro malgrado di sopperire alle richieste di aiuto.
Una vera prevenzione al suicidio che passa per tutti gli elementi elencati fino ad ora e ancora di più, per tutto quello che mi son scordata di scrivere, per tutte le necessità esistenziali degli esseri umani.
Vogliamo un mondo diverso e l'unico modo per ottenerlo è la lotta. Una lotta che sia intersezionale e quindi TRANSFEMMINISTA, ECOLOGISTA E ANTISPECISTA, ANTIRAZZISTA, ANTICAPITALISTA.
Quindi oggi incazzatevi, oggi celebrate il TDOR ovunque siate, marciate, parlate e urlate per chi non ha più voce, per chi non è più qui per marciare con voi, per chi ancora vive chiusə nei propri armadi, per chi, come me oggi, vorrebbe così tanto uscire di casa, andare alla manifestazione, abbracciare l3 mi3 compagn3 trans* e ally ma è talmente provata mentalmente da non riuscirci.
Marciate per Elios, per Maudit, per Naomi, per Camilla, per Sasha, per Cloe, per tutte le persone senza un nome. Marciate anche per chi ha tanta rabbia ma non ha più forza, marciate anche per me.
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siciliatv · 2 years
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Covid in Sicilia, bollettino del 27 ottobre: 1.331 nuovi casi, e 2 morti
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Covid in Sicilia, bollettino del 27 ottobre: 1.331 nuovi casi, e 2 morti Nelle ultime 24 ore in Sicilia registrati 1.331 nuovi casi di Covid19 a fronte di 14.581... #SiciliaTV #SiciliaTvNotiziario Read the full article
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telodogratis · 2 years
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Covid oggi Toscana, 2.213 contagi e 8 morti: bollettino 19 ottobre
Covid oggi Toscana, 2.213 contagi e 8 morti: bollettino 19 ottobre
Read More(Adnkronos) – I dati della Regione: 493 (+27) sono ricoverati in ospedale, 13 si trovano in terapia intensivacronaca(Adnkronos) – I dati della Regione: 493 (+27) sono ricoverati in ospedale, 13 si trovano in terapia intensivaAdnkronos – ultimora
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perfettamentechic · 3 years
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27 ottobre … ricordiamo …
27 ottobre … ricordiamo … #semprevivineiricordi #nomidaricordare #personaggiimportanti #perfettamentechic #felicementechic #lynda
2019: Guido Lauri, è stato un danzatore, coreografo e maestro di danza italiano. Entrato all’età di 6 anni alla scuola di ballo del Reale Teatro dell’Opera di Roma e nel 1939 ottiene il diploma con il punteggio massimo ed è assunto nel corpo di ballo con la qualifica di primo ballerino étoile. Oltre che come applaudito protagonista di capolavori storici Lauri primeggia nei balletti. In qualità di…
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Iran all'Onu: "Abbiamo il diritto di rispondere a Israele" | Tel Aviv: "La guerra andrà avanti per molti mesi" 
27 dicembre 2023 00:07 TEMPO REALE Iran all’Onu: “Abbiamo il diritto di rispondere a Israele”. Tel Aviv: “La guerra andrà avanti per molti mesi”. Netanyahu: “Eliminare Hamas, emissario dell’Iran” 27 dic 12:58 Hamas smentisce l’Iran: “Il 7/10 è risposta a occupazione” 27 dic 12:56 Hamas: “Bilancio vittime a Gaza sale a 21.110 morti” 27 dic 12:41 Iran: l’attacco del 7 ottobre una…
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corallorosso · 3 years
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Yemen, quei bambini non contano nulla? Che Paese è quello in cui 1 bambino su 5 rischia ogni giorno violenza e vita! Quel Paese esiste anche se è dimenticato dal mondo. Il suo nome è Yemen. Inferno in terra Più del 60% dei bambini intervistati in Yemen non è tornato in classe l'anno scorso dopo che sono state attaccate le scuole frequentate, secondo un nuovo rapporto di Save the Children, l’Organizzazione che da oltre 100 anni lotta per salvare le bambine e i bambini a rischio e garantire loro un futuro. Un bambino su cinque intervistato ha anche riferito di aver affrontato problemi mentre si recava a scuola che hanno messo a rischio la sua vita e la sua istruzione. Questi includono rapimenti o tentativi di rapimento, violenze crescenti e molestie da parte di estranei. I dati sono resi noti nel nuovo rapporto di Save the Children ‘Will I see my children again? pubblicato durante la 4a Conferenza Internazionale sulla Dichiarazione delle Scuole Sicure, che si terrà da oggi al 27 ottobre per proteggere l'istruzione durante i conflitti armati. “Quando siamo a scuola, sentiamo delle esplosioni. Corriamo dentro la scuola e quando finiscono, usciamo di nuovo a giocare. Uno dei miei amici è rimasto ferito in una delle esplosioni", ha detto Omar*, 8 anni. Negli ultimi cinque anni, più di 460 scuole sono state attaccate, comprese quelle colpite da fuoco incrociato. Più di 2.500 istituti sono stati danneggiati, utilizzati come rifugi collettivi per le famiglie sfollate o occupate da gruppi armati, causando l'abbandono scolastico di 400.000 bambini Circa il 45% dei minori ha riferito di aver osservato una qualche forma di presenza militare durante il tragitto da o verso la scuola, cosa particolarmente preoccupante in quanto quasi il 90% degli intervistati ha affermato di andare a scuola a piedi ogni giorno. “La situazione qui è allarmante. I gruppi armati si muovono in sicurezza 24 ore su 24, 7 giorni su 7, e gli studenti li vedono ogni giorno. In qualsiasi momento, ci aspettiamo che sparino, e spesso accade intorno al cancello in quanto gli uomini armati hanno reso questa scuola un bersaglio militare. Questo mette bambini e ragazzi in grave pericolo. Hanno persino rubato materiali da costruzione, stanno studiando nella paura” ha detto Lamia, 30 anni, un'insegnante a Taiz, dove l'escalation di violenza ha provocato a marzo diversi attacchi alle scuole. “I bambini con cui abbiamo parlato dipingono un quadro molto desolante. Le scuole dovrebbero essere rifugi sicuri e non zone di guerra. Tetti colpiti dall'artiglieria, muri semidistrutti e classi ridotte in macerie è ciò che la scuola significa per molti studenti dello Yemen. Spesso le lezioni si svolgono sotto il rumore degli aerei da guerra o sotto il sole cocente in una tenda improvvisata da qualche parte in un campo profughi. Per alcuni bambini, la scuola è il luogo in cui hanno perso i loro amici o si sono feriti, quindi molti non si sentono al sicuro andando in classe o continuando a studiare. La guerra ha invertito decenni di guadagni in campo educativo per i minori yemeniti. Non possiamo permetterci che l'istruzione sia ulteriormente compromessa. I bambini sono il futuro di questo Paese e dobbiamo assicurarci che la loro istruzione sia protetta” ha dichiarato Xavier Joubert, direttore di Save the Children in Yemen. (...) "Non sarai in grado di trovare una sola persona che viva qui che non sia stata danneggiata", ha detto Salem, 50 anni, consulente di orientamento in una scuola che è stata attaccata a Sa'ada. "Viviamo in uno stato costante di paura e ansia». (...) 10.000 bambini sono stati uccisi o mutilati dall'inizio dei combattimenti nel marzo 2015, vale a dire quattro bambini ogni giorno. Questi sono naturalmente solo i casi che l'Onu ha potuto verificare. Molti altri bambini morti e feriti non vengono registrati". (...) Con i bimbi yemeniti muore l’umanità. Globalist
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paoloxl · 3 years
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Morti in carcere: almeno tre decessi alla settimana - Osservatorio Repressione
Nelle statistiche pubblicate online dal ministero della Giustizia i dati ufficiali (e parziali) dell’ecatombe dietro le sbarre: 154 vittime nel 2020, contando solo suicidi e decessi per presunte cause naturali
Decessi per Covid e altre malattie, in cella, in infermeria e nei reparti detentivi ospedalieri. Suicidi. Overdosi da stupefacenti e psicofarmaci, inalazione del gas delle bombolette da campeggio usate per cucinare. Infortuni accidentali. Mancata liberazione di persone malate con pochi giorni da vivere. La fine per vecchiaia, dietro le sbarre. Un delitto, probabilmente.
Casi non chiari o non chiariti. Per il 2020, l’anno della pandemia fuori controllo e della strage post rivolte, il ministero della Giustizia conta e dichiara 154 decessi di persone sotto la custodia dello Stato: 61 detenuti si sono tolti la vita (stando alle apparenze iniziali) e altri 93 sono stati stroncati da «cause naturali» (voce che include i decessi per abuso di droghe).
Ragazzi e uomini, nella quasi totalità dei casi. Una media di tre morti la settimana, almeno. L’avverbio è d’obbligo. Dal prospetto degli «eventi critici» sul portale di via Arenula mancano gli omicidi, i decessiaccidentali e quelli per cause da accertare, pochi o tanti che siano.
Morti in carcere 2021: suicidi e casi da chiarire
Di carcere, in carcere, si continua a morire. Anche quest’anno le storie tragiche si contano già a decine. Per esempio. Yassine Missri stava alla Dozza, il penitenziario alla periferia di Bologna. Aveva 28 anni, faceva il barbiere. È stato trovato senza vita il 27 gennaio 2021.
Ambra Berti era della stessa età. Veniva da esperienze personali pesanti, soffriva la lontananza dai due figli piccoli e dagli altri affetti. È spirata nella casa circondariale Spini di Gardolo, a Trento, il 14 marzo 2021.
Alberto Pastore, rinchiuso a Novara, non è arrivato a 25 anni. Ha scelto di congedarsi dalla vita il 14 maggio 2021 con un gesto irreparabile, annunciato da tempo.
A  Genova-Marassi sembrava che Emanuele Polizzi, il 28 maggio 2021, si fosse suicidato. Poi due compagni di detenzione del 41enne sono stati indagati per omicidio volontario.
Detenuti morti: nomi e dati nel dossier 2021 di Ristretti Orizzonti
Per il 2021 il ministero di Giustizia per ora in rete non fornisce informazioni né sui singoli decessi né sulla conta parziale, lasciando fuori omicidi e eventi accidentali o da approfondire. Pubblicherà statistiche aggregate l’anno prossimo.
Numeri ufficiosi e provvisori e notizie arrivano dal prezioso dossier “Morire di carcere“. A curarlo sono i volontari di Ristretti orizzonti, il giornale fondato nella casa di reclusione Due Palazzi di Padova. Da gennaio a fine luglio di quest’anno, scandagliando pagine e siti di cronaca e vagliando denunce e segnalazioni, i redattori della rivista e del rapporto hanno individuato e censito 78 vittime, restituendo loro la dignità del nome (dove possibile). Per svariate vittime le cause di morte sono da ricostruire, per 28 è stato suicidio.
Situazione carceri italiane: sui decessi manca trasparenza
Di molti carcerati morti si conoscono i dati anagrafici minimi, di alcuni nemmeno quelli. Via Arenula, il dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, i provveditorati regionali, i singoli istituti, le procure e le regioni (con la competenza sulla medicina penitenziaria e sulla medicina d’urgenza) non rendono noti i singoli decessi in tempo reale (se non in casi eccezionali), né informazioni di base sulle vite perse e sulle circostanze.
A far filtrare all’esterno le notizie delle morti in cella in genere sono fonti sindacali, avvocati e associazioni, familiari, operatori. Il dovere di informazione dello Stato, dicono dall’ufficio stampa di via Arenula, è ritenuto assolto con la pubblicazione dei riepiloghi annuali degli «eventi critici segnalati alla sala situazioni del Dap», cioè notificati dai singoli istituti ai referenti romani.
Suidici nelle carceri italiane e morti per cause naturali
Nel  2019 i suicidi “ufficiali” sono stati 53 e i decessi per cause naturali 90, con un solo omicidio dichiarato ad integrazione delle tabelle online. Per il  2018  i funzionari  ministeriali censiscono 61 suicidi, 100 morti naturali, nessun omicidio,
Dal 1992 al 2020 il totale dei decessi in carcere per cause note (o presunte tali) supera abbondantemente quota 4.000 e senza contare poliziotti penitenziari e altri operatori : 1.514 i ristretti suicidi e 2.623 i reclusi stroncati da malanni e problemi di salute, più un numero imprecisato di vittime di uccisioni o omissioni.
Morti in carcere Modena: Antigone, la strage del Sant’Anna e altri casi
Antigone sta seguendo una serie di storie al vaglio alla magistratura e la strage del Sant’Anna di Modena (cinque vittime nella struttura emiliana e quattro durante e dopo i trasferimenti in altri penitenziari).
Per quest’ultimo procedimento, archiviato dal giudice, l’associazione ha presentato reclamo contro l’estromissione dal ruolo di persona offesa. E sta studiando possibili contromosse.
Omicidio colposo, ma c’è rischio prescrizione
Alfredo Liotta morì il 26 luglio 2012 in una cella del carcere di Siracusa. Aveva 41 anni e l’ergastolo da scontare. Una vicenda di «abbandono terapeutico», a detta di Antigone.
«ll personale medico e infermieristico non ha saputo individuare e comprendere i sintomi né il decorso clinico dell’uomo e le carenze conoscitive hanno portato al decesso Gli operatori succedutisi nella cella di Liotta, negli ultimi 20 giorni di vita, sono rimasti completamente passivi davanti alle sue patologie. Alfredo soffriva di epilessia, anoressia e depressione. Aveva smesso di bere e di mangiare».
In primo grado, il 13 ottobre 2020, cinque dei nove camici bianchi alla sbarra sono stati condannati per omicidio colposo. La sentenza è stata impugnata in appello. Sulla vicenda però incombe la prescrizione del reato, l’esito di svariate inchieste simili.
Morti sospette in carcere: mancano diagnosi e cure
Stefano Borriello, 29 anni, il 7 agosto 2015 venne stroncato da una infezione polmonare durante il tardivo trasporto dal carcere di Pordenone all’ospedale. Secondo la madre, stava male da giorni ma non era stato curato. Antigone, opponendosi alle richiesta di archiviazione, è riuscita a far portare in aula la vicenda. A giudizio è stato mandato il medico curante del carcere.
«Gli viene contestato  di non aver diagnosticato l’infezione polmonare letale. Non fece alcun rilevamento dei parametri vitali, non dispose un esame clinico-toracico». La mancata diagnosi portò a non «somministrare  antibiotici, quelli  che avrebbe evitato il peggiorare delle condizioni di salute e portato alla guarigione». Il processo è in corso, prossima udienza a settembre 2021.
Il ragazzo che non doveva essere in prigione
Valerio Guerrieri aveva 21  anni e problemi conclamati. Il 24 febbraio 2017 si tolse la vita a Regina Coeli. Non avrebbe dovuto essere in carcere. Un giudice, 10 giorni prima, aveva revocato la custodia cautelare in cella e disposto il ricovero in Rems, una delle strutture che hanno sostituito gli ospedali psichiatrici giudiziari.
Dopo un doppio giro di richieste di archiviazione, e di opposizione, è stata disposta l’imputazione coatta per l’allora direttrice del penitenziario romano e un’altra dipendente ministeriale. Si ipotizzano i reati di rifiuto di atti di ufficio, indebita limitazione della libertà personale e morte o lesioni come conseguenza di un altro reato.
Jhonny il rapper, impiccato nel carcere di Salerno
Il 26 luglio 2020, a 23 anni, il giovane rapper Jhonny Cirillo si è tolto la vita impiccandosi con un lenzuolo alla finestra del bagno di una cella della casa circondariale di Salerno. Avrebbe dovuto esser sottoposto ad un livello di sorveglianza elevatissimo, perché si era fatto dei tagli a un braccio.
Non solo. Era in condizioni mentali preoccupanti, manifestava scoramento, minacciava lo sciopero della fame e della sete, aveva chiesto il trasferimento in una struttura esterna specializzata. Il 22 aprile 2021 Antigone ha depositato un esposto-denuncia, chiedendo verità e giustizia anche per lui.
Torture, percosse, abusi e altri decessi da chiarire
Video, esposti e denunce di torture e pestaggi hanno riportato l’attenzione investigativa, e ministeriale, su altri casi che interrogano e inquietano: un detenuto morto nel carcere della mattanza di Santa Maria Capua Vetere (Lamine Hakimi di 27 anni, inizialmente considerato un sucida ) e i tre trovati senza vita a Rieti, dopo la sommossa di marzo 2020 (Marco Boattini di 40 anni, Carlo Samir Perez Alvarez di 28 e Ante Culic di 41, per cui si ipotizzò l’overdose).
«Ad oggi – asserisce l’ufficio stampa di via Arenula – non risultano episodi di decessi di detenuti all’interno degli istituti riconducibili a personale penitenziario».
Lorenza Pleuteri
da Osservatorio Diritti
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Allarme malnutrizione nel Corno d'Africa
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 «Tutto intorno a me mi ricorda della carestia e della fame. È per colpa loro che io non ho più né un marito né dei figli. Sogno il momento in cui avrò anche solo un pasto certo al giorno». È la drammatica testimonianza di Nawoi raccolta da Fondazione CESVI nel villaggio di Nasuroi, in Kenya nel Corno d'Africa, dove l’organizzazione, per supportare la popolazione, ha attivato progetti di sviluppo agricolo e pastorale e per la salute materna e infantile. CORNO D'AFRICA, LA SITUAZIONE L'insicurezza alimentare ha raggiunto livelli drammatici in tutto il Corno d’Africa (Etiopia, Kenya e Somalia): 20 milioni di persone potrebbero trovarsi ad affrontare alti livelli di insicurezza alimentare acuta entro settembre a causa di una siccità eccezionalmente persistente. La siccità ha avuto un impatto sui mezzi di sussistenza di agricoltori e pastori, che ha portato a una riduzione della produzione alimentare e alla morte di milioni di capi di bestiame. Oltre a Somalia ed Etiopia, allarmante anche la situazione in Kenya dove si stima siano 4,1 milioni le persone in condizione di grave insicurezza alimentare: il 27% della popolazione soffre fame e sete e oltre 1,5 milioni di capi di bestiame sono morti. In una situazione già molto critica – determinata da conflitti armati tra clan, conseguenze sanitarie ed economiche della pandemia ed effetti del cambiamento climatico – si inserisce anche l’impatto della guerra in Ucraina che aggrava le previsioni stimate. PROBLEMI ED ANCORA PROBLEMI Il Paese, infatti, come il resto del Corno d’Africa, sta sperimentando una delle peggiori siccità degli ultimi decenni dopo quattro stagioni consecutive di piogge mancate, che potrebbero non verificarsi neanche a ottobre-dicembre. La siccità ha decimato i raccolti e provocato una forte moria di capi di bestiame, principale fonte di sostentamento delle famiglie, inasprendo anche conflitti tra villaggi. «Dallo scorso anno, abbiamo avuto pochissime piogge. Gli uomini e il bestiame non sono ancora tornati, non c’è niente per noi in questo momento» racconta Josephine Muli accolta al centro nutrizionale di Ngaremara, gestito da CESVI, dove il suo ultimo figlio, gravemente malnutrito, riceve le cure dei medici. Josephine, mamma di 9 bambini, è riuscita ad accorgersi subito che suo figlio era «troppo piccolo per la sua età» e a rivolgersi a personale esperto che potesse prendersi cura di lui. PANDEMIA E CORNO D'AFRICA A peggiorare la situazione, già aggravata anche dalla perdita di mezzi di sussistenza delle famiglie a causa della pandemia di COVID-19, si aggiunge la guerra in Ucraina: l’interruzione delle importazioni causata dal conflitto sta creando carenze di cibo per i prezzi elevati delle materie prime essenziali, tra cui grano (terzo prodotto alimentare più consumato e importato per l’86% del consumo totale), mais, utile per l’alimentazione animale (importato al 100%), oli alimentari e carburante. Il conflitto sta producendo un aumento dei prezzi in tutto il Corno d’Africa: il costo del paniere alimentare è già aumentato del 66% in Etiopia e del 36% in Somalia, lasciando le famiglie impossibilitate a soddisfare i bisogni primari e costringendole a vendere le loro proprietà ed averi duramente guadagnati in cambio di cibo e altri beni salvavita.  In Etiopia 4,4 milioni di persone vivono in situazioni di insicurezza alimentare e 4,7 bambini sotto ai 5 anni sono a rischio di malnutrizione grave. Molto critica la situazione anche in Somalia, dove si stanno venendo a creare i presupposti per una vera e propria carestia: 7,1 milionidi persone sono in condizione di grave insicurezza alimentare e oltre 805mila sono sfollate dall'ottobre 2021 a causa della siccità. LE PAROLE DI CESVI «L’unica soluzione possibile per far fronte all’emergenza in Corno d’Africa è quella di tornare a un’agricoltura locale, riappropriarsi di metodi autoctoni che si adattano meglio ai cambiamenti climatici.» – commenta Valeria Emmi, Advocacy and Networking Senior Specialist di CESVI. E aggiunge – «La dipendenza verso uno/due Paesi produttori di cibo, così fondamentale per la catena alimentare, deve essere interrotta, e i Paesi in difficoltà aiutati a mettere in atto sistemi di coltivazione. Anche se la guerra in Ucraina finisse, non potrà risolvere la drammatica escalation iniziata nel 2020.» L’INTERVENTO DI CESVI CONTRO GLI EFFETTI DEL CAMBIAMENTO CLIMATICO CESVI è attiva nel Corno d’Africa dal 2006, con numerosi progetti che mirano a promuovere la sicurezza alimentare, soprattutto di donne e gruppi vulnerabili traverso programmi di sviluppo rurale, l’igiene e l’accesso all’acqua potabile e ai programmi per la salute materna e infantile.  «Siamo di fronte ad una crisi umanitaria enorme: un vero e proprio disastro. Qui si muore di fame e di sete», spiega Isabella Garino, Head of Mission Cesvi in Corno d’Africa. «Stiamo distribuendo acqua e beni di prima necessità, offrendo cure mediche e programmi di nutrizione, lavorando con le comunità di allevatori e pastori più duramente colpite da questa emergenza climatica e accogliendo gli sfollati interni», aggiunge. In particolare, in Somalia, CESVI ha attivato un intervento multisettoriale in risposta alla crisi umanitaria e alle emergenze ambientali per contribuire al miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni nelle regioni di Lower Shabelle, Mudug, Galgadug e Hiraan e migliorare l’accesso ai servizi sanitari e nutrizionali essenziali, favorire la conoscenza di pratiche igieniche per diminuire la mortalità e morbilità e favorire la sicurezza alimentare delle popolazioni colpite dalla crisi. In Etiopia sta distribuendo foraggio e medicine veterinarie per 300 pastori delle comunita' di Sodda e Madacho, nella zona di Borena; inoltre, sta sostenendo la comunità pastorizie anche nella produzione di foraggio resistente ai cambiamenti climatici ed in particolare ha acquistato semi di foraggio che richiedono meno acqua. CESVI IN KENYA In Kenya CESVI collabora anche con le comunità agropastorali e le autorità governative promuovendo progetti legati allo sviluppo agricolo e fornendo strumenti e modelli per la gestione delle risorse naturali. In particolare, sostiene le piccole allevatrici di bestiame e pollame, come Nawoi, in modo che possano avere uova e carne per sfamarsi. All’interno del villaggio di Nasuroi è stato, inoltre, costruito un pozzo che permette alla popolazione di avere acqua pulita per dissetarsi, utile anche per la sopravvivenza degli animali, «Il pozzo tiene in vita molti e molte di noi» dice la donna. Read the full article
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