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#anidride solforosa
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L' Onu vuole avvelenare il cielo
Vogliono avvelenare  il cielo perché non si possa più guardare verso l’alto in ogni senso. L’Onu, organismo ormai privo di qualsiasi senso di responsabilità e in mano a sociopatici privati, sta seriamente discutendo su come oscurare il cielo per evitare il riscaldamento del pianeta che peraltro oggi ha temperature più basse rispetto a molti altri periodi anche storici. Così  le Nazioni unite…
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3nding · 4 months
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Appare chiaro che non si vuole ammettere che non ci sia accordo di Parigi o cop28 che tenga. Salvo eruzione esagerata con anidride solforosa nell'alta atmosfera o tecnologia fantascientifica che catturi inimmaginabili quantità di anidride carbonica, il limite dei 2 gradi sarà superato presto con le tragiche conseguenze previste dalla comunità scientifica internazionale.
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falcemartello · 2 years
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Ma ma... Ma allora esistono davvero!
Oh, com'è quella storia dei complottisti che sparano cazzate..? 🤔
No regà, dopo i chip sottocutanei sdoganano anche le scie chimiche, adesso prepariamoci agli alieni.
🍿🍿🍿
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scienza-magia · 4 months
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Le industrie minerarie russe distruggono l'Artico Polare
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L’incubo ambientale dell’inquinamento industriale nell’Artico russo. L’elenco delle compagnie minerarie e petrolifere russe più sporche secondo Bellona. Fin dall’epoca sovietica, nell’Artico russo operano diverse grandi industrie che hanno un impatto distruttivo senza precedenti sull’ambiente e negli ultimi anni la zona artica della Russia (AZRF) ha vissuto un nuovo boom industriale, soprattutto con megaprogetti per l’estrazione delle risorse naturali. La Rotta del Mare del Nord (NSR) è in fase di sviluppo ed è la principale arteria di trasporto attraverso la quale questi megaprogetti opereranno ed esporteranno i loro prodotti. Il traffico merci lungo la NSR aumenterà dagli attuali 34 milioni di fino a 216,45 milioni di tonnellate all’anno nel 2030. SI tratta di petrolio, gas naturale liquefatto (GNL) e metalli non ferrosi. Entro il 2035, anche la produzione di carbone e i volumi di trasporto dovrebbero aumentare enormemente e le sanzioni internazionali contro la Russia per la guerra in Ucraina non  hanno ancora influenzato in modo significativo la portata di questa attività. In un’inchiesta pubblicata dall’’ONG ambientalista scientifica Bellona si esprimono fortissime preoccupazioni per il fatto che, «Date le attuali politiche dello stato russo nell’Artico che non sono riuscite ad affrontare i problemi ambientali per decenni, l’attuazione di nuovi progetti su vasta scala per il suo sviluppo industriale potrebbe portare all’emergere di nuovi hot spot di problemi ambientali in una delle regioni più vulnerabili del mondo».
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L’inchiesta esamina lo stato attuale dei 4 cluster industriali più problematici nell’Artico russo da un punto di vista ambientale: Norilsk è una città oltre il circolo polare artico nella regione di Krasnoyarsk, fondata dopo la scoperta del giacimento di rame-nichel di Norilsk nel 1910-20. Nel 1935, con il lavoro dei prigionieri di un Gulag sovietico, iniziò la costruzione dell’impresa che costituì la città, la Norilsk Mining and Metallurgical Combine e del suo villaggio. Nel 1953 Norilsk fu elevata allo status di città. Un potente impulso al suo sviluppo fu la scoperta nel 1960 di altri due grandi giacimenti di minerali di rame-nichel: i depositi Talnakh e Oktyabrsky. Dal 1989, la Norilsk Mining and Metallurgical Combine, come filiale polare, è entrata a far parte della società per azioni Norilsk Nickel. Ora l’impianto produce circa l’85% del nichel e del cobalto russi, circa il 70% del rame e oltre il 95% dei metalli del gruppo del platino, nonché argento, selenio, tellurio e zolfo. Da sempre è una potente fonte di impatti negativi per l’ambiente. La scorsa  primavera, l’agenzia russa di vigilanza ambientale Rosprirodnadzo ha pubblicato le statistiche sull’inquinamento atmosferico in Russia per il 2022 e Norilsk si è classificata al primo posto, con l’emissione nell’aria di 1.787.000 tonnellate di sostanze inquinanti, il 10,5% delle emissioni atmosferiche della Federazione Russa. Secondo un rapporto di Norilsk Nickel, numerosi siti industriali della Divisione Polare della compagnia  hanno prodotto 1.779.000 tonnellate di emissioni, la stragrande maggioranza delle quali erano biossido di zolfo (SO2). Secondo Rosprirodnadzor, le emissioni di SO2 a Norilsk nel 2022 sono state di 1.765.000 tonnellate. Per Greenpeace, «la Divisione Polare è la più grande fonte di inquinamento da anidride solforosa provocata dall’uomo al mondo». Delle restanti emissioni della Divisione Polare, i metalli pesanti – nichel e rame, nonché di cobalto, arsenico, ecc – hanno l’impatto più negativo sull’ambiente. Le acque reflue della metallurgia non ferrosa portano all’acidificazione dei corpi idrici. Nel 2022, questi scarichi delle imprese Norilsk Nickel erano 168 milioni di tonnellate, la maggior parte delle quali provenivano dalla Divisione Polare. Rifiuti liquidi che possono penetrare nell’ambiente in caso di fuoriuscite accidentali. La più grande fuoriuscita di questo tipo della Norilsk Nickel è avvenuta il 29 maggio 2020 sul territorio del CHPP-3 a Norilsk., quando circa 20.000 tonnellate di prodotti petroliferi finirono nel torrente Bezymianny e nei fiumi Daldykan e Ambarnaya che sfocia nel grande lago Pyasino, collegato al Mare di Kara, provocando danni ambientali che Rosprirodnadzor ha stimato in 147,8 miliardi di rubli. Quattro anni prima, nel 2016, c’era stata un’altra grave fuoriuscita a Norilsk, dove l’acqua contaminata proveniente dal bacino degli sterili dell’impianto metallurgico Nadezhda della Divisione Polare era finita nel fiume Daldykan. Norilsk Nickel ha prima negato l’incidente e poi lo ha ammesso solo una settimana dopo. Nei dintorni di  Norilsk, quelle che in Russia vengono chiamate “Terre lunari”, conseguenza delle attività industriali della Divisione lo Polare, sono diventate la normalità. Uno studio del Giardino botanico della Siberia centrale (CSBS, Novosibirsk) ha stabilito che la diversità delle comunità vegetali nella regione industriale di Norilsk è inferiore del 70-80% rispetto alle aree incontaminate della tundra forestale. Lo studio “Ecological and conceptual consequences of Arctic pollution”, pubblicato nel settembre 2020 su Ecology Letters da un team internazionale di scienziati, ha concluso che, a partire dagli anni ’60, quando si verificò un forte aumento della produzione industriale a Norilsk, circa 24.000 Km2 di foresta boreale sono stati distrutti a causa delle emissioni atmosferiche di zolfo, rame e nichel. Nell’aprile 2018, le stesso ministero delle risorse naturali della Federazione Russa ha messo la la filiale polare di Norilsk Nickel nella classe di rischio più alta dell’elenco delle imprese che causano i maggiori danni all’ambiente. Già nel 2012, uno studio del Blacksmith Institute/Pure Earth, includeva Norilsk tra i 10 luoghi Più inquinati del mondo: «In un raggio di 30 chilometri dalla città non c’è un solo filo d’erba o arbusto vivente. La contaminazione è stata rilevata a più di 60 chilometri ». Nonostante tuto questo, Norilsk Nickel annuncia regolarmente l’attuazione di programmi ambientali nei suoi impianti di produzione. Nel 2017 ha avviato un programma per ridurre le emissioni nocive in tutti i sui siti industriali, assicurando che d sarebbero diminuite del 75% entro il 2023 rispetto al livello del 2015. Nel 2018  ha annunciato l’imminente lancio di un altro programma, in base al quale le emissioni di anidride solforosa della Divisione Polare sarebbero state ridotte del 45% entro il 2023 e del 90% entro il 2025, sempre rispetto al 2015, con una spesa di circa 6 miliardi di dollari per entrambi i programmi. All’epoca, il presidente di Norilsk Nickel Vladimir Potanin disse: «Il mio sogno è che Norilsk diventi non solo un centro metallurgico, ma anche turistico. Ma Bellona denuncia che «al momento, la differenza nelle emissioni dell’intera Norilsk Nickel tra il 2022 e l’anno di inizio 2015, quando ammontavano a 2.063.500 tonnellate, è di 244.500 tonnellate, ovvero meno del 12%. Per quanto riguarda il programma di riduzione delle emissioni di anidride solforosa presso la Divisione Polare, il cosiddetto. Programma sullo zolfo: è iniziato solo di recente, il 25 ottobre 2023». Il Kola MMC nella regione di Murmansk, il secondo grande sito industriale di Norilsk Nickel, ha invece ridotto significativamente le sue emissioni: dalle 117.000 tonnellate nel 2018 alle 16.000 tonnellate nel 2022. La stragrande maggioranza di queste emissioni è costituita da SO2, ma è troppo poco per rispetto alla Divisione Polare per influire sulle statistiche complessive di Norilsk Nickel e questo non significa che Kola MMC sia innocuo per l’ambiente. La Kola MMC si estende sui due siti produttivi di “Pechenganikel”, nel nord-ovest della regione, e di “Severonikel”, a 100 km a sud di Murmansk. Gli impianti di produzione della Kola MMC di Pechenganikel sorgono lungo una striscia di 25 Km tra il villaggio di Nikel e la città di Zapolyarny e il più grande di loro è la  miniera di Severny, poi ci sono un’altra miniera, due cave e impianti di lavorazione, il più famoso dei quali fino a poco tempo fa era la fonderia nel villaggio di Nikel, che è stata chiusa nel 2020. L’impianto estrae minerali di solfuro di rame-nichel, li arricchisce ed effettua la lavorazione metallurgica in opaco, un prodotto intermedio dal quale si possono poi ottenere nichel, rame, acido solforico e cobalto. L’impresa di Monchegorsk lavora l’opaco di alta qualità importato. I prodotti principali sono concentrato di rame, anodi di nichel, polvere per forni a tubi di nichel e acido solforico. Il picco totale delle emissioni di entrambe le imprese c’è stato negli anni ’80, quando da solo Pechenganikel emetteva nell’atmosfera circa 400.000 tonnellate di anidride solforosa all’anno. Questo inquinamento provocò proteste di massa nel comune norvegese di Sør-Varanger che è a 30 Km in linea d’aria dal villaggio russodi Nikel. Con un calo generale della produzione dopo il crollo dell’Unione Sovietica negli anni ’90, anche le emissioni del Pechenganikel sono diminuite e nel 2000-2010 si sono stabilizzate entro un range di 100.000-160.000 tonnellate di inquinanti all’anno, ma ancora  da 5 a 8 volte superiori a tutte le emissioni di SO2 provenienti da tutte le fonti in Norvegia, e Pechenganickel continua a essere il più grande inquinatore dell’aria di Sør-Varanger. Altre sostanze tossiche rilasciate dal sito includono metalli pesanti come cadmio, arsenico e piombo. A  Monchegorsk dal 2018 al 2020 le emissioni dell’azienda erano diminuite da 117.000 a 83.000 tonnellate, e nel 2021, dopo la chiusura della fonderia nel villaggio di Nikel e dell’officina metallurgica a Monchegorsk, sono drasticamente diminuite a 20.000 tonnellate. Gli altri principali inquinanti emessi nell’atmosfera sono SO2, nichel e rame. Anche intorno agli impianti della Severonickel si sono formate Terre Lunari che si stanno espandendo. Le foreste nella regione di Monchegorsk sono state completamente o parzialmente bruciate fino a 40 km a sud dell’impianto lungo la pianura di Priimandrovskaya, e il terreno è avvelenato da metalli pesanti. Per le fonti idriche la situazione è simile: secondo Rosidromet, l’agenzia meteorologica russa, nonostante la chiusura della fonderia di Nikel, la MMC di Kola  è ancora uno dei due principali inquinatori del bacino del fiume Pechenga. Nel 2022, il livello di inquinamento del fiume Hauki-lampi-joki nel bacino del Pechenga è aumentato da “sporco” a “estremamente sporco” a causa dell’elevato contenuto di composti di nichel e manganese, rispettivamente a 17-28 e 7-13 volte le concentrazioni massime consentite dalla legislazione russa. Bellona fa notare che «Lo stato delle piante e degli animali può essere influenzato da concentrazioni significativamente inferiori». Inoltre, nel bacino del Pechenga si registrano concentrazioni eccessive di rame, mercurio, zinco e solfati. Il contenuto di cresil ditiofosfato (utilizzato nell’arricchimento di minerali di metalli non ferrosi) negli ultimi anni ha raggiunto fino a 3 – 6 volte i valori minimi consentiti. Dal 2017 al 2022, anche l’acqua dei fiumi Nyuduay a Monchegorsk è stata valutata da Rosidromet come “sporca”. I principali inquinanti sono: composti di nichel e rame, le cui concentrazioni medie annuali nel piano a lungo termine variavano in media tra 21 – 54 e 49 – 96 volte i valori massimi consentiti MPC, e le concentrazioni massime erano rispettivamente  di  31 – 124 e 93 – 299  volte superiori.  Si è verificato anche un superamento della concentrazione massima consentita per il contenuto di composti di ferro, mercurio, manganese e solfati. Vorkuta si trova 150 km a nord del Circolo Polare Artico e 180 km dalla costa del Mar Glaciale Artico, nel bacino carbonifero di Pechora. A vorkuta l’estrazione del carbone iniziò nel 1931 sfruttando il lavoro forzato dei prigionieri del Gulag staliniano. La città è stata fondata nel 1936 e nei dintorni vennero aperte una serie di miniere e insediamenti, il più distante dei quali è l’ormai chiuso Halmer-Yu, situato a circa 90 km lungo l’autostrada che porta alla città. Amministrativamente fanno tutti parte del distretto urbano di Vorkuta con un’area di 24,2 mila km2. Attualmente, ci sono 4 miniere di carbone, inclusa quella di Yunyaginsky, la prima miniera di carbone al mondo oltre il circolo polare artico. All’inizio degli anni ’90 erano attive 13 miniere. Tutte le miniere attive e le miniere a cielo aperto appartengono all’impresa che ha formato la città, la Vorkutaugol, la più grande impresa mineraria della Federazione Russa che da dicembre 2021 fa parte di Russian Energy Group LLC. Inoltre, Vorkutaugol comprende un impianto di lavorazione centrale per la produzione di concentrato di carbone, un impianto meccanico, un’impresa di trasporti e una serie di altri impianti di produzione. L’elenco delle imprese di classe di pericolo 1, pubblicato dal ministero delle risorse naturali e dell’ambiente della Russia nel 2018, comprendeva tutte e 5 le miniere allora attive nella regione di Vorkuta e la centrale elettrica a carbone CHPP-2. Una di queste miniere, Severnaya, è stata chiusa e allagata nel 2016 dopo due incidenti con rilascio ed esplosione di metano, che hanno causato la morte di 36 persone. Uno dei principali inquinanti atmosferici della città, la CHPP-2, è stata convertita a gas nel 2021, così come l’intero sistema energetico della città. Nonostante questo, Vorkuta nel 2022 era ancora all’ottavo posto nella lista delle città russe con l’aria più inquinata, con emissioni totali di 168mila tonnellate, la maggior parte delle quali – 151mila tonnellate – sono idrocarburi senza composti organici volatili. Bellona fa notare che «Secondo questo indicatore, Vorkuta è al quarto posto nel Paese, dietro solo a tre distretti situati nella principale regione mineraria del Paese, Kuzbass. In uno di questi, il distretto di Mezhdurechensky, si trova la più grande miniera di carbone della Russia. Queste statistiche si spiegano con il fatto che l’estrazione del carbone è caratterizzata da elevate emissioni di metano, un gas serra 25 volte più potente dell’anidride carbonica. Il bacino carbonifero di Pechora, che comprende le miniere del distretto di Vorkuta (così come il vicino distretto urbano di Inta), è caratterizzato da un elevato contenuto di metano nei giacimenti di carbone, che varia da 12 a 38 metri cubi per tonnellata . Per fare un confronto, il contenuto medio di metano dei giacimenti di carbone in Polonia, Stati Uniti e India è rispettivamente di 8 -13, 7 – 14 e 5 – 8 m3 per tonnellata». Inoltre, anche le miniere chiuse producono metano: nel 2019 negli Usa, circa 200 miniere di carbone chiuse (di cui più di 500 operative) hanno prodotto l’8% delle emissioni totali di metano statunitensi,  circa l’1% del totale di gas serra. L’estrazione sotterranea del carbone inquina anche le falde acquifere a causa del costante pompaggio dell’acqua nelle miniere, e l’inquinamento raggiunge gli strati profondi della roccia. Inoltre, mercurio, piombo, cadmio, arsenico, formaldeide, zolfo, biossido di silicio  entrano nell’atmosfera dalle miniere e dalla discariche di carbone. Durante gli incendi si aggiungono emissioni di composti organici volatili, fuliggine, ceneri, anidride carbonica e monossido di carbonio e anidride solforosa. Miniere, discariche e tagli interrompono il profilo naturale del suolo, portando a disturbi della topografia e al degrado della copertura vegetale. Inoltre, le miniere di carbone si erodono facilmente, diventando fonti di inquinamento da polveri e sono soggette a combustione spontanea. Il governo di Komi, preoccupato per il problema delle discariche di carbone attorno a Vorkuta e Inta (un’altra città situata nel nord della repubblica autonoma), che iniziarono a formarsi negli anni ’30, sta cercando di inserirle nel registro statale dei siti di danno accumulato, il che può dare speranza per la loro bonifica. Le conseguenze ambientali negative dell’estrazione del carbone nella regione di Vorkuta sono accompagnate da una grave situazione socioeconomica. L’emigrazione della popolazione è iniziato nel 1991, anno che segnò il picco della popolazione cittadina con 117.000 residenti. A 30 anni dal crollo dell’Urss, nel 2021, il numero dei residenti era sceso a 57.000. Secondo Rosstat, l’ufficio statistico russo, «Vorkuta è la città russa che muore più velocemente». Case, quartieri e villaggi abbandonati sono diventati la normalità, Solo sul territorio di Vorkuta ci sono circa 100 grandi edifici abbandonati, 80 dei quali sono condomini che rientrano senza problemi nella categoria degli oggetti di danno ambientale accumulato. Un altro aspetto di questa crisi è la mancanza di fondi per mantenere le infrastrutture urbane in condizioni adeguate: nel 2022, alla vigilia di Capodanno, gli impianti di trattamento delle acque reflue di Vorkuta sono collassatii. Erano entrati in funzione nel 1976 e da allora non erano mai stati revisionati e l’ente gestore, il Vorkuta Vodokanal era fallito nel 2016. Le fogne della città hanno scaricato per quasi tre settimane in un ruscello vicino, finendo nei fiu mi Vorkuta e Usa  e poi nel fiume Pechora, che sfocia nel Mare di Barents. Il Distretto di Usinsk si estende su 30.500 Km2 nel bacino del Pechora, nel nord della Repubblica autonoma dei Komi e un terzo del suo territorio si trova oltre il Circolo Polare Artico. Nel luglio 2020 è stato incluso nella Zona Artica della Federazione Russa. La regione di Usinsk è il centro della produzione di petrolio nella regione. Qui viene prodotto circa il 70% di tutto il petrolio della repubblica ed è per questo che è diventato famoso nel 1994, quando ha subito il più grande sversamento petrolifero sulla terraferma nella storia del mondo: almeno  200.000 tonnellate di petrolio sono fuoriuscite dall’oleodotto di emergenza. Per bonificare l’inquinamento la Russia ha dovuto prendere in prestito circa 100 milioni di dollari dalla Banca Mondiale. I lavori di raccolta del petrolio che aveva raggiunto il Mare di Barents e di bonifica dei siti di fuoriuscita sono stati completati solo nel 2010. Secondo gli ambientalisti russi ci vorranno almeno 100 anni perché il territorio si rigeneri. Ma successivamente  si sono verificate regolarmente fuoriuscite di petrolio anche se non di dimensioni paragonabili a quella del 1994. Read the full article
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gaetaniu · 5 months
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JWST scruta l'atmosfera di un soffice esopianeta
Le osservazioni con il sistema MIRI del JWST rilevano vapore acqueo, anidride solforosa e nubi di sabbia nell’atmosfera di WASP-107b. Concetto artistico dell’esopianeta WASP-107b e della sua stella madre. Anche se la stella ospite, piuttosto fredda, emette una frazione relativamente piccola di fotoni ad alta energia, questi possono arrivare in profondità nella soffice atmosfera del pianeta. Un…
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notiziariofinanziario · 6 months
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Pesto alla genovese richiamato dal Ministero
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Non si allenta mai l’attenzione del Ministero della Salute sui prodotti e alimenti presenti sugli scaffali dei supermercati italiani, con un controllo sempre rigido per cercare di garantire la miglior qualità e la massima sicurezza agli italiani in tavola. Per questo motivo dal dicastero non mancano le segnalazioni sui prodotti e richiami per quelli considerati a rischio, per un motivo o per un altro. Ed ecco che in un recente documento pubblicato sul proprio sito, il Ministero ha fatto sapere di aver richiamato l’intero lotto di un pesto molto conosciuto e presente in diversi supermercati italiani per il rischio di presenza di alcuni allergeni non dichiarati. Pesto richiamato, il lotto interessato A essere finito al centro del richiamo del Ministero della salute è il pesto di Biffi, azienda lombarda che vanta un ruolo importante nella filiera dei sughi presenti nei supermercati di tutta Italia. Ma in un lotto, nonostante i numerosi controlli dell’azienda prima di immettere nel mercato i propri prodotti, qualcosa non è andato come previsto. Come si legge nella nota diramata sul sito del Ministero della Salute, infatti, uno dei pesti “100% vegetale” di Biffi è stato ritirato dai supermercati per la presenza di allergeni non dichiarati e che, se ingeriti, potrebbero provocare numerosi problemi ai consumatori finali. Parliamo del lotto L30PL3F prodotto nello stabilimento di Via Piacenza 20 – 26865 San Rocco al Porto (LO) con scadenza 24/01/2024. Si tratta quindi del “pesto 100% vegetale” prodotto da Formec Biffi S.p.A, nello specifico quello in vaschette da 150 gr. Tutti coloro che hanno in casa il prodotto segnalato sono stati avvertiti, tramite la nota del Ministero, a riportare il pesto presso l’esercizio commerciale nel quale è stato acquistato o, in alternativa, a non consumarlo se soggetti allergici ai derivati del latte. Il problema degli allergeni Si tratta di un richiamo che spesso viene messo in atto per poter prevenire qualsiasi tipo di problema al consumatore finale, in quanto nel caso specifico mancherebbe  l’avvertenza obbligatoria per legge: “Il prodotto non deve essere consumato da soggetti allergici ai derivati al latte“. Il Regolamento UE n. 1169/2011, entrato in vigore il 13 dicembre 2014, infatti ha introdotto l’obbligo per produttori ed esercizi commerciali di segnalare, nei cibi, la presenza di sostanze che possono provocare allergie o intolleranze. Si parla di allergeni quando si fa riferimento a 14 sostanze da indicare obbligatoriamente come: - Cereali contenenti glutine; - Crostacei; - Uova; - Pesce; - Arachidi; - Soia; - Latte; - Frutta a guscio; - Sedano; - Senape; - Semi di sesamo; - Anidride solforosa e solfiti; - Lupini; - Molluschi. La sicurezza alimentare per il Ministero Come detto, la sicurezza alimentare è messa al primo posto dal Ministero della Salute che vigila come meglio può sulla qualità dei prodotti venduti nei supermercati. Nello specifico questo meccanismo è possibile grazie agli operatori del settore alimentare (OSA) che hanno l’obbligo di informare i propri clienti sulla non conformità riscontrata negli alimenti da essi posti in commercio e a ritirare un prodotto dal mercato. In aggiunta al ritiro, qualora il prodotto fosse già stato venduto al consumatore, l’OSA deve provvedere al richiamo, cioè deve informare i consumatori sui prodotti a rischio, anche mediante cartellonistica da apporre nei punti vendita, e a pubblicare il richiamo nella specifica area del portale del Ministero della Salute. Read the full article
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ermatmblr · 1 year
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Anidride solforosa
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Fermentazione alcolica
Fermentazione alcolica
La fermentazione è un processo biochimico in cui i lieviti presenti nel mosto trasformano gli zuccheri presenti nell’uva in alcol etilico e anidride carbonica. La fermentazione è un passaggio chiave nella produzione del vino, poiché è responsabile della conversione del mosto in vino.
La fermentazione avviene in genere in ambiente anaerobico, ovvero in assenza di ossigeno. La temperatura, l’ossigeno e il tipo di lievito utilizzato possono influenzare la velocità e l’efficienza della fermentazione. Durante il processo di fermentazione, il lievito converte gli zuccheri in alcol etilico e anidride carbonica, producendo anche altri composti che influenzano il sapore e l’aroma del vino.
La fermentazione può durare da alcuni giorni a diverse settimane, a seconda del tipo di vino che si sta producendo. Al termine della fermentazione, il vino viene trasferito in contenitori di stoccaggio per il processo di affinamento. La fermentazione è un processo cruciale nella produzione del vino, poiché influisce sulle caratteristiche organolettiche del vino, come il gusto, l’aroma, la texture e la struttura.
Glicosi e fermentazione
La glicolisi è il processo di trasformazione degli zuccheri (glucosio e fruttosio) sia in via aerobica che anaerobica, che avviene all’interno delle cellule dei lieviti. Durante questo processo, gli zuccheri vengono convertiti in molecole di ATP ad alto contenuto energetico, utilizzate dalle cellule come fonte di energia. Tra i sottoprodotti della glicolisi, troviamo l’acido piruvico, che a sua volta viene utilizzato come molecola di partenza per reazioni successive e intermedi di biosintesi, come la produzione di glicerolo. In condizioni anaerobiche, i lieviti convertono l’acido piruvico in anidride carbonica e alcol etilico, portando alla fermentazione alcolica.
I prodotti della fermentazione alcolica
Durante la fermentazione alcolica, i lieviti convertono gli zuccheri presenti nel mosto in alcol etilico e anidride carbonica. I lieviti, microorganismi unicellulari, utilizzano gli zuccheri per crescere e moltiplicarsi. Inizialmente, i lieviti svolgono una respirazione aerobiotica, utilizzando l’ossigeno presente nel mosto per trasformare gli zuccheri in acqua e anidride carbonica.
Quando l’ossigeno si esaurisce, inizia la fermentazione anaerobica, durante la quale i lieviti ossidano gli zuccheri e li trasformano. A seconda del lievito utilizzato, circa il 50% dello zucchero si trasforma in alcol, il 45% in anidride carbonica, il 3% in glicerolo e il 2% in altre sostanze di diversa natura che contribuiscono alle caratteristiche aromatiche e gustative del vino. Tra i sottoprodotti più importanti si possono citare l’acetaldeide, l’acido acetico (responsabile dell’acidità volatile), l’acetato d’etile, il glicerolo e altri alcoli polivalenti che contribuiscono alla morbidezza del gusto del vino.
La qualità e la quantità dei prodotti della fermentazione dipendono dalla corretta gestione del processo. È importante che il mosto non abbia subito fenomeni ossidativi prima della partenza della fermentazione, per cui è bene farla partire il prima possibile dopo le operazioni di stabilizzazione, decantazione e chiarificazione del mosto. Il mosto è altamente zuccherino e sensibile agli attacchi di batteri e alterazioni microbiche e ossidative.
La fase di fermentazione dovrebbe essere breve e il mosto può essere ulteriormente protetto aggiungendo anidride solforosa, che consente le operazioni di decantazione e chiarificazione senza rischiare l’alterazione del mosto. I lieviti selezionati vanno aggiunti al mosto prima dell’inizio della fermentazione.
Durata della fermentazione alcolica
La durata della fermentazione alcolica dipende dal tipo di mosto e dal suo trattamento, e può variare da 5 a 15 giorni. La velocità di fermentazione deve essere controllata, poiché una formazione troppo rapida di anidride carbonica potrebbe disperdere le sostanze aromatiche.
Tuttavia, una fermentazione troppo lenta potrebbe generare sostanze indesiderate, come un’eccessiva acidità volatile. Inoltre, la temperatura deve essere mantenuta all’interno dell’intervallo ottimale.
Se la temperatura è troppo bassa (<15°C), la fermentazione potrebbe non avviarsi. Tuttavia, poiché la fermentazione è un processo esotermico, genera calore, che accelera la velocità delle reazioni. Se la temperatura diventa troppo elevata, la fermentazione può sfuggire al controllo, portando alla morte dei lieviti e all’arresto del processo.
La fermentazione alcolica nella produzione dei Vini bianchi
La produzione dei vini bianchi prevede l’uso di un mosto privo delle bucce (sgrondatura) subito dopo la pigiatura delle uve. Il mosto viene preparato attraverso una fase di decantazione e chiarificazione per rimuovere le parti solide residue. L’obiettivo principale della vinificazione in bianco è la conservazione della complessità aromatica del vino prodotto, e per raggiungere questo obiettivo è necessario controllare accuratamente la temperatura, mantenendola al di sotto dei 20°C.
Le vasche di fermentazione in acciaio inox sono dotate di una camicia esterna attraverso la quale scorre acqua di raffreddamento, oppure si può far scorrere acqua fredda lungo le pareti della vasca. Una tecnica alternativa consiste nella fermentazione del mosto in piccole botti di legno (barriques) seguita dalla maturazione del vino “sur lies” per un periodo variabile. Periodicamente, viene effettuata l’operazione di “bâtonnage”, ovvero l’agitazione del vino utilizzando un bastone per rimettere in sospensione la feccia del vino precedentemente depositata sul fondo del recipiente.
Durante questa operazione, i lieviti subiscono una parziale decomposizione (autolisi), cedendo al vino delle sostanze colloidali in grado di legare i composti fenolici, in particolare i tannini più reattivi. Ciò porta ad un aumento della sensazione di corpo e rotondità del vino.
Fermentazione alcolica nella produzione dei vini rossi
Nella produzione dei vini rossi, la fermentazione alcolica avviene attraverso la macerazione delle bucce nel mosto per estrarre il colore e le sostanze polifenoliche. L’obiettivo principale di questa fermentazione è proprio l’estrazione di queste sostanze.
La temperatura durante la fermentazione gioca un ruolo importante nell’estrazione di queste sostanze, ed è generalmente vero che temperature più elevate producono vini con maggior corpo e struttura. Tuttavia, la temperatura non dovrebbe mai superare i 30°C per evitare di danneggiare la qualità del vino.
Se la temperatura scende sotto i 25°C, l’estrazione delle sostanze dalle bucce risulta difficile, soprattutto quella dei tannini, e il vino risulterebbe troppo leggero e privo di carattere. I vini rossi leggeri e destinati al consumo immediato possono essere prodotti con una fermentazione a temperature relativamente basse, mentre i vini più strutturati e destinati all’affinamento richiederanno temperature più elevate, ma non eccessive, per evitare profumi troppo erbacei. In alcuni casi, come per il Pinot Nero, temperature elevate possono essere necessarie per compensare l’assenza di sostanze coloranti naturali.
Conclusione della fermentazione Alcollica
Dopo la conclusione della fermentazione alcolica, l’obiettivo diventa quello di separare il vino dai residui dei lieviti e da altre sostanze solide che si sono depositate sul fondo durante il processo fermentativo.
Questo processo è noto come svinatura e si effettua quando la densità del mosto scende sotto il valore unitario e la fermentazione è praticamente conclusa. Per controllare la densità del mosto si utilizza un comune densimetro, noto anche come mostimetro.
È importante svinare il vino in questo momento perché la degradazione dei residui può compromettere la stabilità e la qualità del prodotto finale.
La svinatura viene effettuata in modo da consentire una decisa ossigenazione del vino, che permette all’ossidazione di composti riduttivi dall’odore sgradevole, come l’idrogeno solforato, di dissiparsi.
Inoltre, la riattivazione dei lieviti rimasti consente la fermentazione lenta degli zuccheri residui nei giorni successivi alla svinatura. È importante notare che la svinatura comporta anche la diminuzione della concentrazione di anidride solforosa aggiunta in via precauzionale dopo la pigiatura, per cui potrebbe essere necessario reintegrarla parzialmente prima dei successivi travasi per evitare il rischio di degradazione e di ossidazione.
La svinatura
La scelta del momento ideale per la svinatura dipende dal tipo di vino che si vuole produrre. I vini rossi giovani sono solitamente lasciati a macerare con le bucce per circa quattro o cinque giorni, dopodiché si procede alla svinatura prima del termine della fermentazione. I vini rossi di qualità e quelli prodotti con uve surmature, invece, vengono svinati al termine della fermentazione alcolica. Per i vini robusti e strutturati, o destinati a lungo affinamento, la svinatura avviene alcuni giorni dopo, permettendo ai vini rossi di macerare ulteriormente con le bucce e ai vini bianchi di rimanere in contatto con le fecce per conferire maggiore struttura.
Durante la svinatura, è importante esporre il vino all’aria per favorire l’ossigenazione, che ha due effetti significativi: innanzitutto, porta all’ossidazione di composti riduttivi dall’odore sgradevole, come l’idrogeno solforato, che può dare un odore di uova marce. In secondo luogo, provoca la riattivazione dei lieviti rimasti per la cosiddetta fermentazione lenta degli zuccheri residui nei giorni successivi alla svinatura.
Durante la svinatura, l’anidride solforosa aggiunta in via precauzionale dopo la pigiatura viene allontanata e la sua concentrazione diminuisce. Pertanto, prima dei successivi travasi, è consigliabile reintegrare parzialmente l’anidride solforosa per evitare il rischio di degradazione e ossidazione del vino.
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mantruffles · 1 year
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Fermentazione alcolica
Fermentazione alcolica
La fermentazione è un processo biochimico in cui i lieviti presenti nel mosto trasformano gli zuccheri presenti nell’uva in alcol etilico e anidride carbonica. La fermentazione è un passaggio chiave nella produzione del vino, poiché è responsabile della conversione del mosto in vino.
La fermentazione avviene in genere in ambiente anaerobico, ovvero in assenza di ossigeno. La temperatura, l’ossigeno e il tipo di lievito utilizzato possono influenzare la velocità e l’efficienza della fermentazione. Durante il processo di fermentazione, il lievito converte gli zuccheri in alcol etilico e anidride carbonica, producendo anche altri composti che influenzano il sapore e l’aroma del vino.
La fermentazione può durare da alcuni giorni a diverse settimane, a seconda del tipo di vino che si sta producendo. Al termine della fermentazione, il vino viene trasferito in contenitori di stoccaggio per il processo di affinamento. La fermentazione è un processo cruciale nella produzione del vino, poiché influisce sulle caratteristiche organolettiche del vino, come il gusto, l’aroma, la texture e la struttura.
Glicosi e fermentazione
La glicolisi è il processo di trasformazione degli zuccheri (glucosio e fruttosio) sia in via aerobica che anaerobica, che avviene all’interno delle cellule dei lieviti. Durante questo processo, gli zuccheri vengono convertiti in molecole di ATP ad alto contenuto energetico, utilizzate dalle cellule come fonte di energia. Tra i sottoprodotti della glicolisi, troviamo l’acido piruvico, che a sua volta viene utilizzato come molecola di partenza per reazioni successive e intermedi di biosintesi, come la produzione di glicerolo. In condizioni anaerobiche, i lieviti convertono l’acido piruvico in anidride carbonica e alcol etilico, portando alla fermentazione alcolica.
I prodotti della fermentazione alcolica
Durante la fermentazione alcolica, i lieviti convertono gli zuccheri presenti nel mosto in alcol etilico e anidride carbonica. I lieviti, microorganismi unicellulari, utilizzano gli zuccheri per crescere e moltiplicarsi. Inizialmente, i lieviti svolgono una respirazione aerobiotica, utilizzando l’ossigeno presente nel mosto per trasformare gli zuccheri in acqua e anidride carbonica.
Quando l’ossigeno si esaurisce, inizia la fermentazione anaerobica, durante la quale i lieviti ossidano gli zuccheri e li trasformano. A seconda del lievito utilizzato, circa il 50% dello zucchero si trasforma in alcol, il 45% in anidride carbonica, il 3% in glicerolo e il 2% in altre sostanze di diversa natura che contribuiscono alle caratteristiche aromatiche e gustative del vino. Tra i sottoprodotti più importanti si possono citare l’acetaldeide, l’acido acetico (responsabile dell’acidità volatile), l’acetato d’etile, il glicerolo e altri alcoli polivalenti che contribuiscono alla morbidezza del gusto del vino.
La qualità e la quantità dei prodotti della fermentazione dipendono dalla corretta gestione del processo. È importante che il mosto non abbia subito fenomeni ossidativi prima della partenza della fermentazione, per cui è bene farla partire il prima possibile dopo le operazioni di stabilizzazione, decantazione e chiarificazione del mosto. Il mosto è altamente zuccherino e sensibile agli attacchi di batteri e alterazioni microbiche e ossidative.
La fase di fermentazione dovrebbe essere breve e il mosto può essere ulteriormente protetto aggiungendo anidride solforosa, che consente le operazioni di decantazione e chiarificazione senza rischiare l’alterazione del mosto. I lieviti selezionati vanno aggiunti al mosto prima dell’inizio della fermentazione.
Durata della fermentazione alcolica
La durata della fermentazione alcolica dipende dal tipo di mosto e dal suo trattamento, e può variare da 5 a 15 giorni. La velocità di fermentazione deve essere controllata, poiché una formazione troppo rapida di anidride carbonica potrebbe disperdere le sostanze aromatiche.
Tuttavia, una fermentazione troppo lenta potrebbe generare sostanze indesiderate, come un’eccessiva acidità volatile. Inoltre, la temperatura deve essere mantenuta all’interno dell’intervallo ottimale.
Se la temperatura è troppo bassa (<15°C), la fermentazione potrebbe non avviarsi. Tuttavia, poiché la fermentazione è un processo esotermico, genera calore, che accelera la velocità delle reazioni. Se la temperatura diventa troppo elevata, la fermentazione può sfuggire al controllo, portando alla morte dei lieviti e all’arresto del processo.
La fermentazione alcolica nella produzione dei Vini bianchi
La produzione dei vini bianchi prevede l’uso di un mosto privo delle bucce (sgrondatura) subito dopo la pigiatura delle uve. Il mosto viene preparato attraverso una fase di decantazione e chiarificazione per rimuovere le parti solide residue. L’obiettivo principale della vinificazione in bianco è la conservazione della complessità aromatica del vino prodotto, e per raggiungere questo obiettivo è necessario controllare accuratamente la temperatura, mantenendola al di sotto dei 20°C.
Le vasche di fermentazione in acciaio inox sono dotate di una camicia esterna attraverso la quale scorre acqua di raffreddamento, oppure si può far scorrere acqua fredda lungo le pareti della vasca. Una tecnica alternativa consiste nella fermentazione del mosto in piccole botti di legno (barriques) seguita dalla maturazione del vino “sur lies” per un periodo variabile. Periodicamente, viene effettuata l’operazione di “bâtonnage”, ovvero l’agitazione del vino utilizzando un bastone per rimettere in sospensione la feccia del vino precedentemente depositata sul fondo del recipiente.
Durante questa operazione, i lieviti subiscono una parziale decomposizione (autolisi), cedendo al vino delle sostanze colloidali in grado di legare i composti fenolici, in particolare i tannini più reattivi. Ciò porta ad un aumento della sensazione di corpo e rotondità del vino.
Fermentazione alcolica nella produzione dei vini rossi
Nella produzione dei vini rossi, la fermentazione alcolica avviene attraverso la macerazione delle bucce nel mosto per estrarre il colore e le sostanze polifenoliche. L’obiettivo principale di questa fermentazione è proprio l’estrazione di queste sostanze.
La temperatura durante la fermentazione gioca un ruolo importante nell’estrazione di queste sostanze, ed è generalmente vero che temperature più elevate producono vini con maggior corpo e struttura. Tuttavia, la temperatura non dovrebbe mai superare i 30°C per evitare di danneggiare la qualità del vino.
Se la temperatura scende sotto i 25°C, l’estrazione delle sostanze dalle bucce risulta difficile, soprattutto quella dei tannini, e il vino risulterebbe troppo leggero e privo di carattere. I vini rossi leggeri e destinati al consumo immediato possono essere prodotti con una fermentazione a temperature relativamente basse, mentre i vini più strutturati e destinati all’affinamento richiederanno temperature più elevate, ma non eccessive, per evitare profumi troppo erbacei. In alcuni casi, come per il Pinot Nero, temperature elevate possono essere necessarie per compensare l’assenza di sostanze coloranti naturali.
Conclusione della fermentazione Alcollica
Dopo la conclusione della fermentazione alcolica, l’obiettivo diventa quello di separare il vino dai residui dei lieviti e da altre sostanze solide che si sono depositate sul fondo durante il processo fermentativo.
Questo processo è noto come svinatura e si effettua quando la densità del mosto scende sotto il valore unitario e la fermentazione è praticamente conclusa. Per controllare la densità del mosto si utilizza un comune densimetro, noto anche come mostimetro.
È importante svinare il vino in questo momento perché la degradazione dei residui può compromettere la stabilità e la qualità del prodotto finale.
La svinatura viene effettuata in modo da consentire una decisa ossigenazione del vino, che permette all’ossidazione di composti riduttivi dall’odore sgradevole, come l’idrogeno solforato, di dissiparsi.
Inoltre, la riattivazione dei lieviti rimasti consente la fermentazione lenta degli zuccheri residui nei giorni successivi alla svinatura. È importante notare che la svinatura comporta anche la diminuzione della concentrazione di anidride solforosa aggiunta in via precauzionale dopo la pigiatura, per cui potrebbe essere necessario reintegrarla parzialmente prima dei successivi travasi per evitare il rischio di degradazione e di ossidazione.
La svinatura
La scelta del momento ideale per la svinatura dipende dal tipo di vino che si vuole produrre. I vini rossi giovani sono solitamente lasciati a macerare con le bucce per circa quattro o cinque giorni, dopodiché si procede alla svinatura prima del termine della fermentazione. I vini rossi di qualità e quelli prodotti con uve surmature, invece, vengono svinati al termine della fermentazione alcolica. Per i vini robusti e strutturati, o destinati a lungo affinamento, la svinatura avviene alcuni giorni dopo, permettendo ai vini rossi di macerare ulteriormente con le bucce e ai vini bianchi di rimanere in contatto con le fecce per conferire maggiore struttura.
Durante la svinatura, è importante esporre il vino all’aria per favorire l’ossigenazione, che ha due effetti significativi: innanzitutto, porta all’ossidazione di composti riduttivi dall’odore sgradevole, come l’idrogeno solforato, che può dare un odore di uova marce. In secondo luogo, provoca la riattivazione dei lieviti rimasti per la cosiddetta fermentazione lenta degli zuccheri residui nei giorni successivi alla svinatura.
Durante la svinatura, l’anidride solforosa aggiunta in via precauzionale dopo la pigiatura viene allontanata e la sua concentrazione diminuisce. Pertanto, prima dei successivi travasi, è consigliabile reintegrare parzialmente l’anidride solforosa per evitare il rischio di degradazione e ossidazione del vino.
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blissful-moontrip · 1 year
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Fermentazione alcolica
Fermentazione alcolica
La fermentazione è un processo biochimico in cui i lieviti presenti nel mosto trasformano gli zuccheri presenti nell’uva in alcol etilico e anidride carbonica. La fermentazione è un passaggio chiave nella produzione del vino, poiché è responsabile della conversione del mosto in vino.
La fermentazione avviene in genere in ambiente anaerobico, ovvero in assenza di ossigeno. La temperatura, l’ossigeno e il tipo di lievito utilizzato possono influenzare la velocità e l’efficienza della fermentazione. Durante il processo di fermentazione, il lievito converte gli zuccheri in alcol etilico e anidride carbonica, producendo anche altri composti che influenzano il sapore e l’aroma del vino.
La fermentazione può durare da alcuni giorni a diverse settimane, a seconda del tipo di vino che si sta producendo. Al termine della fermentazione, il vino viene trasferito in contenitori di stoccaggio per il processo di affinamento. La fermentazione è un processo cruciale nella produzione del vino, poiché influisce sulle caratteristiche organolettiche del vino, come il gusto, l’aroma, la texture e la struttura.
Glicosi e fermentazione
La glicolisi è il processo di trasformazione degli zuccheri (glucosio e fruttosio) sia in via aerobica che anaerobica, che avviene all’interno delle cellule dei lieviti. Durante questo processo, gli zuccheri vengono convertiti in molecole di ATP ad alto contenuto energetico, utilizzate dalle cellule come fonte di energia. Tra i sottoprodotti della glicolisi, troviamo l’acido piruvico, che a sua volta viene utilizzato come molecola di partenza per reazioni successive e intermedi di biosintesi, come la produzione di glicerolo. In condizioni anaerobiche, i lieviti convertono l’acido piruvico in anidride carbonica e alcol etilico, portando alla fermentazione alcolica.
I prodotti della fermentazione alcolica
Durante la fermentazione alcolica, i lieviti convertono gli zuccheri presenti nel mosto in alcol etilico e anidride carbonica. I lieviti, microorganismi unicellulari, utilizzano gli zuccheri per crescere e moltiplicarsi. Inizialmente, i lieviti svolgono una respirazione aerobiotica, utilizzando l’ossigeno presente nel mosto per trasformare gli zuccheri in acqua e anidride carbonica.
Quando l’ossigeno si esaurisce, inizia la fermentazione anaerobica, durante la quale i lieviti ossidano gli zuccheri e li trasformano. A seconda del lievito utilizzato, circa il 50% dello zucchero si trasforma in alcol, il 45% in anidride carbonica, il 3% in glicerolo e il 2% in altre sostanze di diversa natura che contribuiscono alle caratteristiche aromatiche e gustative del vino. Tra i sottoprodotti più importanti si possono citare l’acetaldeide, l’acido acetico (responsabile dell’acidità volatile), l’acetato d’etile, il glicerolo e altri alcoli polivalenti che contribuiscono alla morbidezza del gusto del vino.
La qualità e la quantità dei prodotti della fermentazione dipendono dalla corretta gestione del processo. È importante che il mosto non abbia subito fenomeni ossidativi prima della partenza della fermentazione, per cui è bene farla partire il prima possibile dopo le operazioni di stabilizzazione, decantazione e chiarificazione del mosto. Il mosto è altamente zuccherino e sensibile agli attacchi di batteri e alterazioni microbiche e ossidative.
La fase di fermentazione dovrebbe essere breve e il mosto può essere ulteriormente protetto aggiungendo anidride solforosa, che consente le operazioni di decantazione e chiarificazione senza rischiare l’alterazione del mosto. I lieviti selezionati vanno aggiunti al mosto prima dell’inizio della fermentazione.
Durata della fermentazione alcolica
La durata della fermentazione alcolica dipende dal tipo di mosto e dal suo trattamento, e può variare da 5 a 15 giorni. La velocità di fermentazione deve essere controllata, poiché una formazione troppo rapida di anidride carbonica potrebbe disperdere le sostanze aromatiche.
Tuttavia, una fermentazione troppo lenta potrebbe generare sostanze indesiderate, come un’eccessiva acidità volatile. Inoltre, la temperatura deve essere mantenuta all’interno dell’intervallo ottimale.
Se la temperatura è troppo bassa (<15°C), la fermentazione potrebbe non avviarsi. Tuttavia, poiché la fermentazione è un processo esotermico, genera calore, che accelera la velocità delle reazioni. Se la temperatura diventa troppo elevata, la fermentazione può sfuggire al controllo, portando alla morte dei lieviti e all’arresto del processo.
La fermentazione alcolica nella produzione dei Vini bianchi
La produzione dei vini bianchi prevede l’uso di un mosto privo delle bucce (sgrondatura) subito dopo la pigiatura delle uve. Il mosto viene preparato attraverso una fase di decantazione e chiarificazione per rimuovere le parti solide residue. L’obiettivo principale della vinificazione in bianco è la conservazione della complessità aromatica del vino prodotto, e per raggiungere questo obiettivo è necessario controllare accuratamente la temperatura, mantenendola al di sotto dei 20°C.
Le vasche di fermentazione in acciaio inox sono dotate di una camicia esterna attraverso la quale scorre acqua di raffreddamento, oppure si può far scorrere acqua fredda lungo le pareti della vasca. Una tecnica alternativa consiste nella fermentazione del mosto in piccole botti di legno (barriques) seguita dalla maturazione del vino “sur lies” per un periodo variabile. Periodicamente, viene effettuata l’operazione di “bâtonnage”, ovvero l’agitazione del vino utilizzando un bastone per rimettere in sospensione la feccia del vino precedentemente depositata sul fondo del recipiente.
Durante questa operazione, i lieviti subiscono una parziale decomposizione (autolisi), cedendo al vino delle sostanze colloidali in grado di legare i composti fenolici, in particolare i tannini più reattivi. Ciò porta ad un aumento della sensazione di corpo e rotondità del vino.
Fermentazione alcolica nella produzione dei vini rossi
Nella produzione dei vini rossi, la fermentazione alcolica avviene attraverso la macerazione delle bucce nel mosto per estrarre il colore e le sostanze polifenoliche. L’obiettivo principale di questa fermentazione è proprio l’estrazione di queste sostanze.
La temperatura durante la fermentazione gioca un ruolo importante nell’estrazione di queste sostanze, ed è generalmente vero che temperature più elevate producono vini con maggior corpo e struttura. Tuttavia, la temperatura non dovrebbe mai superare i 30°C per evitare di danneggiare la qualità del vino.
Se la temperatura scende sotto i 25°C, l’estrazione delle sostanze dalle bucce risulta difficile, soprattutto quella dei tannini, e il vino risulterebbe troppo leggero e privo di carattere. I vini rossi leggeri e destinati al consumo immediato possono essere prodotti con una fermentazione a temperature relativamente basse, mentre i vini più strutturati e destinati all’affinamento richiederanno temperature più elevate, ma non eccessive, per evitare profumi troppo erbacei. In alcuni casi, come per il Pinot Nero, temperature elevate possono essere necessarie per compensare l’assenza di sostanze coloranti naturali.
Conclusione della fermentazione Alcollica
Dopo la conclusione della fermentazione alcolica, l’obiettivo diventa quello di separare il vino dai residui dei lieviti e da altre sostanze solide che si sono depositate sul fondo durante il processo fermentativo.
Questo processo è noto come svinatura e si effettua quando la densità del mosto scende sotto il valore unitario e la fermentazione è praticamente conclusa. Per controllare la densità del mosto si utilizza un comune densimetro, noto anche come mostimetro.
È importante svinare il vino in questo momento perché la degradazione dei residui può compromettere la stabilità e la qualità del prodotto finale.
La svinatura viene effettuata in modo da consentire una decisa ossigenazione del vino, che permette all’ossidazione di composti riduttivi dall’odore sgradevole, come l’idrogeno solforato, di dissiparsi.
Inoltre, la riattivazione dei lieviti rimasti consente la fermentazione lenta degli zuccheri residui nei giorni successivi alla svinatura. È importante notare che la svinatura comporta anche la diminuzione della concentrazione di anidride solforosa aggiunta in via precauzionale dopo la pigiatura, per cui potrebbe essere necessario reintegrarla parzialmente prima dei successivi travasi per evitare il rischio di degradazione e di ossidazione.
La svinatura
La scelta del momento ideale per la svinatura dipende dal tipo di vino che si vuole produrre. I vini rossi giovani sono solitamente lasciati a macerare con le bucce per circa quattro o cinque giorni, dopodiché si procede alla svinatura prima del termine della fermentazione. I vini rossi di qualità e quelli prodotti con uve surmature, invece, vengono svinati al termine della fermentazione alcolica. Per i vini robusti e strutturati, o destinati a lungo affinamento, la svinatura avviene alcuni giorni dopo, permettendo ai vini rossi di macerare ulteriormente con le bucce e ai vini bianchi di rimanere in contatto con le fecce per conferire maggiore struttura.
Durante la svinatura, è importante esporre il vino all’aria per favorire l’ossigenazione, che ha due effetti significativi: innanzitutto, porta all’ossidazione di composti riduttivi dall’odore sgradevole, come l’idrogeno solforato, che può dare un odore di uova marce. In secondo luogo, provoca la riattivazione dei lieviti rimasti per la cosiddetta fermentazione lenta degli zuccheri residui nei giorni successivi alla svinatura.
Durante la svinatura, l’anidride solforosa aggiunta in via precauzionale dopo la pigiatura viene allontanata e la sua concentrazione diminuisce. Pertanto, prima dei successivi travasi, è consigliabile reintegrare parzialmente l’anidride solforosa per evitare il rischio di degradazione e ossidazione del vino.
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L' Onu vuole avvelenare il cielo
Vogliono avvelenare  il cielo perché non si possa più guardare verso l’alto in ogni senso. L’Onu, organismo ormai privo di qualsiasi senso di responsabilità e in mano a sociopatici privati, sta seriamente discutendo su come oscurare il cielo per evitare il riscaldamento del pianeta che peraltro oggi ha temperature più basse rispetto a molti altri periodi anche storici. Così  le Nazioni unite…
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danni-phantom · 1 year
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Fermentazione alcolica
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La fermentazione è un processo biochimico in cui i lieviti presenti nel mosto trasformano gli zuccheri presenti nell’uva in alcol etilico e anidride carbonica. La fermentazione è un passaggio chiave nella produzione del vino, poiché è responsabile della conversione del mosto in vino. La fermentazione avviene in genere in ambiente anaerobico, ovvero in assenza di ossigeno. La temperatura, l’ossigeno e il tipo di lievito utilizzato possono influenzare la velocità e l’efficienza della fermentazione. Durante il processo di fermentazione, il lievito converte gli zuccheri in alcol etilico e anidride carbonica, producendo anche altri composti che influenzano il sapore e l’aroma del vino. La fermentazione può durare da alcuni giorni a diverse settimane, a seconda del tipo di vino che si sta producendo. Al termine della fermentazione, il vino viene trasferito in contenitori di stoccaggio per il processo di affinamento. La fermentazione è un processo cruciale nella produzione del vino, poiché influisce sulle caratteristiche organolettiche del vino, come il gusto, l’aroma, la texture e la struttura. Glicosi e fermentazione La glicolisi è il processo di trasformazione degli zuccheri (glucosio e fruttosio) sia in via aerobica che anaerobica, che avviene all’interno delle cellule dei lieviti. Durante questo processo, gli zuccheri vengono convertiti in molecole di ATP ad alto contenuto energetico, utilizzate dalle cellule come fonte di energia. Tra i sottoprodotti della glicolisi, troviamo l’acido piruvico, che a sua volta viene utilizzato come molecola di partenza per reazioni successive e intermedi di biosintesi, come la produzione di glicerolo. In condizioni anaerobiche, i lieviti convertono l’acido piruvico in anidride carbonica e alcol etilico, portando alla fermentazione alcolica. I prodotti della fermentazione alcolica Durante la fermentazione alcolica, i lieviti convertono gli zuccheri presenti nel mosto in alcol etilico e anidride carbonica. I lieviti, microorganismi unicellulari, utilizzano gli zuccheri per crescere e moltiplicarsi. Inizialmente, i lieviti svolgono una respirazione aerobiotica, utilizzando l’ossigeno presente nel mosto per trasformare gli zuccheri in acqua e anidride carbonica. Quando l’ossigeno si esaurisce, inizia la fermentazione anaerobica, durante la quale i lieviti ossidano gli zuccheri e li trasformano. A seconda del lievito utilizzato, circa il 50% dello zucchero si trasforma in alcol, il 45% in anidride carbonica, il 3% in glicerolo e il 2% in altre sostanze di diversa natura che contribuiscono alle caratteristiche aromatiche e gustative del vino. Tra i sottoprodotti più importanti si possono citare l’acetaldeide, l’acido acetico (responsabile dell’acidità volatile), l’acetato d’etile, il glicerolo e altri alcoli polivalenti che contribuiscono alla morbidezza del gusto del vino. La qualità e la quantità dei prodotti della fermentazione dipendono dalla corretta gestione del processo. È importante che il mosto non abbia subito fenomeni ossidativi prima della partenza della fermentazione, per cui è bene farla partire il prima possibile dopo le operazioni di stabilizzazione, decantazione e chiarificazione del mosto. Il mosto è altamente zuccherino e sensibile agli attacchi di batteri e alterazioni microbiche e ossidative. La fase di fermentazione dovrebbe essere breve e il mosto può essere ulteriormente protetto aggiungendo anidride solforosa, che consente le operazioni di decantazione e chiarificazione senza rischiare l’alterazione … Leggi tutto
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captainvegas · 1 year
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Fermentazione alcolica
La fermentazione è un processo biochimico in cui i lieviti presenti nel mosto trasformano gli zuccheri presenti nell’uva in alcol etilico e anidride carbonica. La fermentazione è un passaggio chiave nella produzione del vino, poiché è responsabile della conversione del mosto in vino.
La fermentazione avviene in genere in ambiente anaerobico, ovvero in assenza di ossigeno. La temperatura, l’ossigeno e il tipo di lievito utilizzato possono influenzare la velocità e l’efficienza della fermentazione. Durante il processo di fermentazione, il lievito converte gli zuccheri in alcol etilico e anidride carbonica, producendo anche altri composti che influenzano il sapore e l’aroma del vino.
La fermentazione può durare da alcuni giorni a diverse settimane, a seconda del tipo di vino che si sta producendo. Al termine della fermentazione, il vino viene trasferito in contenitori di stoccaggio per il processo di affinamento. La fermentazione è un processo cruciale nella produzione del vino, poiché influisce sulle caratteristiche organolettiche del vino, come il gusto, l’aroma, la texture e la struttura.
Glicosi e fermentazione
La glicolisi è il processo di trasformazione degli zuccheri (glucosio e fruttosio) sia in via aerobica che anaerobica, che avviene all’interno delle cellule dei lieviti. Durante questo processo, gli zuccheri vengono convertiti in molecole di ATP ad alto contenuto energetico, utilizzate dalle cellule come fonte di energia. Tra i sottoprodotti della glicolisi, troviamo l’acido piruvico, che a sua volta viene utilizzato come molecola di partenza per reazioni successive e intermedi di biosintesi, come la produzione di glicerolo. In condizioni anaerobiche, i lieviti convertono l’acido piruvico in anidride carbonica e alcol etilico, portando alla fermentazione alcolica.
I prodotti della fermentazione alcolica
Durante la fermentazione alcolica, i lieviti convertono gli zuccheri presenti nel mosto in alcol etilico e anidride carbonica. I lieviti, microorganismi unicellulari, utilizzano gli zuccheri per crescere e moltiplicarsi. Inizialmente, i lieviti svolgono una respirazione aerobiotica, utilizzando l’ossigeno presente nel mosto per trasformare gli zuccheri in acqua e anidride carbonica.
Quando l’ossigeno si esaurisce, inizia la fermentazione anaerobica, durante la quale i lieviti ossidano gli zuccheri e li trasformano. A seconda del lievito utilizzato, circa il 50% dello zucchero si trasforma in alcol, il 45% in anidride carbonica, il 3% in glicerolo e il 2% in altre sostanze di diversa natura che contribuiscono alle caratteristiche aromatiche e gustative del vino. Tra i sottoprodotti più importanti si possono citare l’acetaldeide, l’acido acetico (responsabile dell’acidità volatile), l’acetato d’etile, il glicerolo e altri alcoli polivalenti che contribuiscono alla morbidezza del gusto del vino.
La qualità e la quantità dei prodotti della fermentazione dipendono dalla corretta gestione del processo. È importante che il mosto non abbia subito fenomeni ossidativi prima della partenza della fermentazione, per cui è bene farla partire il prima possibile dopo le operazioni di stabilizzazione, decantazione e chiarificazione del mosto. Il mosto è altamente zuccherino e sensibile agli attacchi di batteri e alterazioni microbiche e ossidative.
La fase di fermentazione dovrebbe essere breve e il mosto può essere ulteriormente protetto aggiungendo anidride solforosa, che consente le operazioni di decantazione e chiarificazione senza rischiare l’alterazione del mosto. I lieviti selezionati vanno aggiunti al mosto prima dell’inizio della fermentazione.
Durata della fermentazione alcolica
La durata della fermentazione alcolica dipende dal tipo di mosto e dal suo trattamento, e può variare da 5 a 15 giorni. La velocità di fermentazione deve essere controllata, poiché una formazione troppo rapida di anidride carbonica potrebbe disperdere le sostanze aromatiche.
Tuttavia, una fermentazione troppo lenta potrebbe generare sostanze indesiderate, come un’eccessiva acidità volatile. Inoltre, la temperatura deve essere mantenuta all’interno dell’intervallo ottimale.
Se la temperatura è troppo bassa (<15°C), la fermentazione potrebbe non avviarsi. Tuttavia, poiché la fermentazione è un processo esotermico, genera calore, che accelera la velocità delle reazioni. Se la temperatura diventa troppo elevata, la fermentazione può sfuggire al controllo, portando alla morte dei lieviti e all’arresto del processo.
La fermentazione alcolica nella produzione dei Vini bianchi
La produzione dei vini bianchi prevede l’uso di un mosto privo delle bucce (sgrondatura) subito dopo la pigiatura delle uve. Il mosto viene preparato attraverso una fase di decantazione e chiarificazione per rimuovere le parti solide residue. L’obiettivo principale della vinificazione in bianco è la conservazione della complessità aromatica del vino prodotto, e per raggiungere questo obiettivo è necessario controllare accuratamente la temperatura, mantenendola al di sotto dei 20°C.
Le vasche di fermentazione in acciaio inox sono dotate di una camicia esterna attraverso la quale scorre acqua di raffreddamento, oppure si può far scorrere acqua fredda lungo le pareti della vasca. Una tecnica alternativa consiste nella fermentazione del mosto in piccole botti di legno (barriques) seguita dalla maturazione del vino “sur lies” per un periodo variabile. Periodicamente, viene effettuata l’operazione di “bâtonnage”, ovvero l’agitazione del vino utilizzando un bastone per rimettere in sospensione la feccia del vino precedentemente depositata sul fondo del recipiente.
Durante questa operazione, i lieviti subiscono una parziale decomposizione (autolisi), cedendo al vino delle sostanze colloidali in grado di legare i composti fenolici, in particolare i tannini più reattivi. Ciò porta ad un aumento della sensazione di corpo e rotondità del vino.
Fermentazione alcolica nella produzione dei vini rossi
Nella produzione dei vini rossi, la fermentazione alcolica avviene attraverso la macerazione delle bucce nel mosto per estrarre il colore e le sostanze polifenoliche. L’obiettivo principale di questa fermentazione è proprio l’estrazione di queste sostanze.
La temperatura durante la fermentazione gioca un ruolo importante nell’estrazione di queste sostanze, ed è generalmente vero che temperature più elevate producono vini con maggior corpo e struttura. Tuttavia, la temperatura non dovrebbe mai superare i 30°C per evitare di danneggiare la qualità del vino.
Se la temperatura scende sotto i 25°C, l’estrazione delle sostanze dalle bucce risulta difficile, soprattutto quella dei tannini, e il vino risulterebbe troppo leggero e privo di carattere. I vini rossi leggeri e destinati al consumo immediato possono essere prodotti con una fermentazione a temperature relativamente basse, mentre i vini più strutturati e destinati all’affinamento richiederanno temperature più elevate, ma non eccessive, per evitare profumi troppo erbacei. In alcuni casi, come per il Pinot Nero, temperature elevate possono essere necessarie per compensare l’assenza di sostanze coloranti naturali.
Conclusione della fermentazione Alcollica
Dopo la conclusione della fermentazione alcolica, l’obiettivo diventa quello di separare il vino dai residui dei lieviti e da altre sostanze solide che si sono depositate sul fondo durante il processo fermentativo.
Questo processo è noto come svinatura e si effettua quando la densità del mosto scende sotto il valore unitario e la fermentazione è praticamente conclusa. Per controllare la densità del mosto si utilizza un comune densimetro, noto anche come mostimetro.
È importante svinare il vino in questo momento perché la degradazione dei residui può compromettere la stabilità e la qualità del prodotto finale.
La svinatura viene effettuata in modo da consentire una decisa ossigenazione del vino, che permette all’ossidazione di composti riduttivi dall’odore sgradevole, come l’idrogeno solforato, di dissiparsi.
Inoltre, la riattivazione dei lieviti rimasti consente la fermentazione lenta degli zuccheri residui nei giorni successivi alla svinatura. È importante notare che la svinatura comporta anche la diminuzione della concentrazione di anidride solforosa aggiunta in via precauzionale dopo la pigiatura, per cui potrebbe essere necessario reintegrarla parzialmente prima dei successivi travasi per evitare il rischio di degradazione e di ossidazione.
La svinatura
La scelta del momento ideale per la svinatura dipende dal tipo di vino che si vuole produrre. I vini rossi giovani sono solitamente lasciati a macerare con le bucce per circa quattro o cinque giorni, dopodiché si procede alla svinatura prima del termine della fermentazione. I vini rossi di qualità e quelli prodotti con uve surmature, invece, vengono svinati al termine della fermentazione alcolica. Per i vini robusti e strutturati, o destinati a lungo affinamento, la svinatura avviene alcuni giorni dopo, permettendo ai vini rossi di macerare ulteriormente con le bucce e ai vini bianchi di rimanere in contatto con le fecce per conferire maggiore struttura.
Durante la svinatura, è importante esporre il vino all’aria per favorire l’ossigenazione, che ha due effetti significativi: innanzitutto, porta all’ossidazione di composti riduttivi dall’odore sgradevole, come l’idrogeno solforato, che può dare un odore di uova marce. In secondo luogo, provoca la riattivazione dei lieviti rimasti per la cosiddetta fermentazione lenta degli zuccheri residui nei giorni successivi alla svinatura.
Durante la svinatura, l’anidride solforosa aggiunta in via precauzionale dopo la pigiatura viene allontanata e la sua concentrazione diminuisce. Pertanto, prima dei successivi travasi, è consigliabile reintegrare parzialmente l’anidride solforosa per evitare il rischio di degradazione e ossidazione del vino.
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Fermentazione alcolica
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La fermentazione è un processo biochimico in cui i lieviti presenti nel mosto trasformano gli zuccheri presenti nell’uva in alcol etilico e anidride carbonica. La fermentazione è un passaggio chiave nella produzione del vino, poiché è responsabile della conversione del mosto in vino. La fermentazione avviene in genere in ambiente anaerobico, ovvero in assenza di ossigeno. La temperatura, l’ossigeno e il tipo di lievito utilizzato possono influenzare la velocità e l’efficienza della fermentazione. Durante il processo di fermentazione, il lievito converte gli zuccheri in alcol etilico e anidride carbonica, producendo anche altri composti che influenzano il sapore e l’aroma del vino. La fermentazione può durare da alcuni giorni a diverse settimane, a seconda del tipo di vino che si sta producendo. Al termine della fermentazione, il vino viene trasferito in contenitori di stoccaggio per il processo di affinamento. La fermentazione è un processo cruciale nella produzione del vino, poiché influisce sulle caratteristiche organolettiche del vino, come il gusto, l’aroma, la texture e la struttura. Glicosi e fermentazione La glicolisi è il processo di trasformazione degli zuccheri (glucosio e fruttosio) sia in via aerobica che anaerobica, che avviene all’interno delle cellule dei lieviti. Durante questo processo, gli zuccheri vengono convertiti in molecole di ATP ad alto contenuto energetico, utilizzate dalle cellule come fonte di energia. Tra i sottoprodotti della glicolisi, troviamo l’acido piruvico, che a sua volta viene utilizzato come molecola di partenza per reazioni successive e intermedi di biosintesi, come la produzione di glicerolo. In condizioni anaerobiche, i lieviti convertono l’acido piruvico in anidride carbonica e alcol etilico, portando alla fermentazione alcolica. I prodotti della fermentazione alcolica Durante la fermentazione alcolica, i lieviti convertono gli zuccheri presenti nel mosto in alcol etilico e anidride carbonica. I lieviti, microorganismi unicellulari, utilizzano gli zuccheri per crescere e moltiplicarsi. Inizialmente, i lieviti svolgono una respirazione aerobiotica, utilizzando l’ossigeno presente nel mosto per trasformare gli zuccheri in acqua e anidride carbonica. Quando l’ossigeno si esaurisce, inizia la fermentazione anaerobica, durante la quale i lieviti ossidano gli zuccheri e li trasformano. A seconda del lievito utilizzato, circa il 50% dello zucchero si trasforma in alcol, il 45% in anidride carbonica, il 3% in glicerolo e il 2% in altre sostanze di diversa natura che contribuiscono alle caratteristiche aromatiche e gustative del vino. Tra i sottoprodotti più importanti si possono citare l’acetaldeide, l’acido acetico (responsabile dell’acidità volatile), l’acetato d’etile, il glicerolo e altri alcoli polivalenti che contribuiscono alla morbidezza del gusto del vino. La qualità e la quantità dei prodotti della fermentazione dipendono dalla corretta gestione del processo. È importante che il mosto non abbia subito fenomeni ossidativi prima della partenza della fermentazione, per cui è bene farla partire il prima possibile dopo le operazioni di stabilizzazione, decantazione e chiarificazione del mosto. Il mosto è altamente zuccherino e sensibile agli attacchi di batteri e alterazioni microbiche e ossidative. La fase di fermentazione dovrebbe essere breve e il mosto può essere ulteriormente protetto aggiungendo anidride solforosa, che consente le operazioni di decantazione e chiarificazione senza rischiare l’alterazione … Leggi tutto
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mimwashere · 1 year
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La fermentazione è un processo biochimico in cui i lieviti presenti nel mosto trasformano gli zuccheri presenti nell’uva in alcol etilico e anidride carbonica. La fermentazione è un passaggio chiave nella produzione del vino, poiché è responsabile della conversione del mosto in vino. La fermentazione avviene in genere in ambiente anaerobico, ovvero in assenza di ossigeno. La temperatura, l’ossigeno e il tipo di lievito utilizzato possono influenzare la velocità e l’efficienza della fermentazione. Durante il processo di fermentazione, il lievito converte gli zuccheri in alcol etilico e anidride carbonica, producendo anche altri composti che influenzano il sapore e l’aroma del vino. La fermentazione può durare da alcuni giorni a diverse settimane, a seconda del tipo di vino che si sta producendo. Al termine della fermentazione, il vino viene trasferito in contenitori di stoccaggio per il processo di affinamento. La fermentazione è un processo cruciale nella produzione del vino, poiché influisce sulle caratteristiche organolettiche del vino, come il gusto, l’aroma, la texture e la struttura. Glicosi e fermentazione La glicolisi è il processo di trasformazione degli zuccheri (glucosio e fruttosio) sia in via aerobica che anaerobica, che avviene all’interno delle cellule dei lieviti. Durante questo processo, gli zuccheri vengono convertiti in molecole di ATP ad alto contenuto energetico, utilizzate dalle cellule come fonte di energia. Tra i sottoprodotti della glicolisi, troviamo l’acido piruvico, che a sua volta viene utilizzato come molecola di partenza per reazioni successive e intermedi di biosintesi, come la produzione di glicerolo. In condizioni anaerobiche, i lieviti convertono l’acido piruvico in anidride carbonica e alcol etilico, portando alla fermentazione alcolica. I prodotti della fermentazione alcolica Durante la fermentazione alcolica, i lieviti convertono gli zuccheri presenti nel mosto in alcol etilico e anidride carbonica. I lieviti, microorganismi unicellulari, utilizzano gli zuccheri per crescere e moltiplicarsi. Inizialmente, i lieviti svolgono una respirazione aerobiotica, utilizzando l’ossigeno presente nel mosto per trasformare gli zuccheri in acqua e anidride carbonica. Quando l’ossigeno si esaurisce, inizia la fermentazione anaerobica, durante la quale i lieviti ossidano gli zuccheri e li trasformano. A seconda del lievito utilizzato, circa il 50% dello zucchero si trasforma in alcol, il 45% in anidride carbonica, il 3% in glicerolo e il 2% in altre sostanze di diversa natura che contribuiscono alle caratteristiche aromatiche e gustative del vino. Tra i sottoprodotti più importanti si possono citare l’acetaldeide, l’acido acetico (responsabile dell’acidità volatile), l’acetato d’etile, il glicerolo e altri alcoli polivalenti che contribuiscono alla morbidezza del gusto del vino. La qualità e la quantità dei prodotti della fermentazione dipendono dalla corretta gestione del processo. È importante che il mosto non abbia subito fenomeni ossidativi prima della partenza della fermentazione, per cui è bene farla partire il prima possibile dopo le operazioni di stabilizzazione, decantazione e chiarificazione del mosto. Il mosto è altamente zuccherino e sensibile agli attacchi di batteri e alterazioni microbiche e ossidative. La fase di fermentazione dovrebbe essere breve e il mosto può essere ulteriormente protetto aggiungendo anidride solforosa, che consente le operazioni di decantazione e chiarificazione senza rischiare l’alterazione … Leggi tutto
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gaetaniu · 6 months
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Un nuovo studio dimostra che l'eruzione di Hunga-Tonga Hunga-Ha'apai ha impoverito lo strato di ozono
Rapido esaurimento dell’O3 provocato dall’eruzione. Dopo l’eruzione di Hunga-Tonga Hunga-Ha’apai, si è svolta una campagna di palloni sonda sull’Isola di Reunion (foto a sinistra). Le dinamiche del pennacchio mostrano l’iniezione vulcanica di vapore H2O, anidride solforosa (SO2) e HCl, che ha provocato una rapida attivazione del cloro sull’aerosol vulcanico idrato e una deplezione di O3 nella…
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