Tumgik
#delle volte manco quelle notano
frammenti--di--cuore · 9 months
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i gesti davvero importanti sono quelli piccoli ma costanti, quel tipo di gesti che è in grado di vedere solo chi ti è davvero vicino. Le grandi cose è in grado di notarle chiunque.
zoe, riflessiva today
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Capitolo VIII
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Un anno fa, in questo periodo, cominciavo l'ultimo anno di liceo.
Come all'inizio di ogni anno scolastico, ero propositivo: questa volta avrei cambiato rotta, avrei studiato un sacco, mi sarei accaparrato i miei voti alti e una conseguente borsa di studio per l'immatricolazione all'Università di Zaricci.
Non so come mai, ma nonostante queste mie intenzioni positive sono sempre finito a non fare abbastanza. Ho avuto mesi e mesi per cambiare il mio futuro, per aprire i libri invece di guardare video deficienti su Facebook. Pur sapendo fosse l'unica possibilità che avevo per frequentare l'università, non sono mai riuscito a fare più del minimo indispensabile.
C'è poco da dire: non ho mai preso una borsa di studio, non sono riuscito a scappare. Mi ritrovo incatenato a Cordello, in questo autunno statico che mi ingloba in una nebbia tanto fitta quando tipica di questa terra troppo paludosa e umida.
Mentre mi avvio verso casa, tremando dal freddo rigido, mi accorgo che a malapena riesco a percorrere l'incrocio di casa mia. Sono circondato da un'atmosfera grigia che si estende per metri e metri, quel tipo di nebbia così accecante da non permettere di capire a occhio nudo che ora sia. Come se, a differenza del mondo intero, non avesse una vera e propria scadenza.
Appena apro il portone d'ingresso è come se riuscissi a scappare dall'ingordigia indistinta che lascio là fuori. Sembra quasi voler entrare in salotto giusto per ingabbiarmi ancora per un po', inglobarmi in sé come se fossi io stesso la foschia.
Il mondo esterno a questo salotto fetido e malmesso è ora fosco e invivibile, ma in questo periodo stare a casa mia non mi fa sentire al sicuro.
Mio padre e mia madre stanno continuando a litigare, è da giorni che dalla veranda sento le loro grida furiose e rumori di mobilia che si spacca. A volte mi fermo a fissare i passanti dalla finestra per vedere se notano a loro volta le urla; comportamento che, devo ammettere, è tipico di mia mamma, troppo preoccupata di crepare la sua reputazione da casalinga agiata.
Come sempre, supero il soggiorno e corro verso le scale, premendo le dita sui lacci del mio zaino sciupato. Tengo lo sguardo basso, come se rischiassi di guardare in faccia Medusa. Le parole delle due belve diventano un minestrone, si mischiano al punto di non permettermi di comprendere manco una frase.
Sento dei passi pesanti venire verso di me, proprio nel momento in cui alzo la suola della mia scarpa sinistra per raggiungere il primo gradino.
Mio padre mi strattona, quasi buttandomi a terra.
"L'hai detto a qualcuno?" mi urla in faccia mio padre. La sua, di faccia, è ora mostruosa, venosa e sudata. Un demone pronto a risucchiarmi l'anima.
Mia madre ci raggiunge, preoccupata e scandalizzata dalla mossa di papà.
"A chi cazzo l'hai detto?" ripete, a voce ancora più alta.
"Lascia stare Christian!" strilla debolmente Morena, tenendosi una mano sulle labbra. Trema come il suolo durante un terremoto.
"Non fai un cazzo da mattina a sera e vai anche a sputtanare la tua famiglia in giro! La tua famiglia, ti rendi conto? Tu non sei mio figlio!"
Sbraita con una voce molto rauca, rovinata dalle migliaia di sigarette che ha fumato negli ultimi trent'anni. Ha una macchia di tempera bianca sullo zigomo sinistro, e mi devo concentrare su quello per non scoppiare.
Non mi viene da piangere, non sono neanche così sbalordito. E' un ometto triste, un clown deprimente che cerca di atteggiarsi da capofamiglia dignitoso.
"Non ho detto niente a nessuno, allontanati, per favore" gli dico, con calma, mettendo il palmo della mia mano sul suo petto.
Lo spintono leggermente, il giusto per potermi scagionare e procedere verso la cucina.
Una serie di bottiglie di birra vuote circondano il tavolo, e l'odore di tabacco che ho sempre trovato piacevole è ora la puzza della grotta di un ciclope.
"Che cazzo ti è saltato in testa? Tu sei da curare!" gli dice mia mamma, quasi bisbigliando. Non so con che coraggio si avvicini a quell'uomo, che da un giorno all'altro ha cominciato a comportarsi come un bambino viziato preso da attacchi d'ira incontrollabili.
Ho un bruttissimo presentimento, come se sapessi che da qui a breve accadrà qualcosa di brutto e inevitabile. Per questa ragione, probabilmente sovrappensiero, apro l'armadietto in legno di fianco al frigo ed estraggo una bottiglia mezza vuota.
Il Porto Colheita del 1989. Osservo quel vino come lo studiavo anni fa, quando lo rubavo di nascosto perché dovevo andare alle feste ma non avevo neanche i soldi per comprarmi delle birre sottomarca al supermercato. Un gusto orrendo, ma faceva il suo sporco lavoro.
Appoggio la bottiglia nel lavabo, prima di prendermi un bicchiere e versarmi dell'acqua dal rubinetto.
"A lavoro lo sanno tutti. E chi cazzo pensi l'abbia detto in giro, eh?" rialza il tono mio padre. Il suo respiro si fa sempre più pesante, come se si stesse trasformando in un licantropo.
Infine, esplode. Urla come non ho mai sentito nessuno urlare in vita sua: "io lo ammazzo, Morena, lo ammazzo, lo ammazzo, lo ammazzo!"
Sento la sua rincorsa verso di me. Mio padre è ora un toro da corrida e io non sono altro che uno sventurato del pubblico che è stato preso di mira.
Mia mamma cerca di fermarlo, gemendo di dolore e pregandolo.
Lo scorgo entrare in cucina.
Si avvicina, sembra non respirare da diversi minuti. E' così accaldato da non essere manco bordeaux: è viola, come un alieno uscito da un romanzo di fantascienza. Ha i tipici occhi rossi e umidicci di un vecchio uomo che non riesce a darsi la colpa della sua stessa rovina.
La sua mano enorme si eleva verso il soffitto crepato, pronto a colpirmi.
Chiudo gli occhi, coprendomi il viso con le braccia nell'inutile tentativo di proteggermi.
Ci sono poche cose a farmi davvero sentire in pericolo, e l'immagine di un muratore ubriaco e arrabbiato è una di quelle.
Quando mia madre vola tra me e suo marito, riapro le palpebre.
Blocca il braccio di papà, pur rimanendo vulnerabile come poche altre volte in vita sua.
Mio padre le dà della stupida, la spinge di lato e le tira uno schiaffo. Mia madre si spiattella sul muro, colpisce la testa.
Metto le mani dietro la schiena, e dopo alcuni futili tentativi, riesco ad afferrare il collo del Porto Colheita.
Mio padre, quando andavo alle medie, mi accompagnava spesso alle competizioni scolastiche di lancio del giavellotto. Quando c'è il tiro, bisogna fare un movimento circolare su sé stessi, per aumentare la potenza del tiro. Si lamentava spesso di come potevo esercitarmi per tirare meglio. "E' come quando cacci le farfalle con il retino: devi catturare l'aria."
Nessuno dei due avrebbe mai pensato che questo suo spronarmi mi sarebbe tornato utile anche dopo i dodici anni. Lo colpisco sopra l'orecchio destro con una potenza tale da farlo cadere sul tavolo. I ciotti di bottiglie di birra decorano ora il pavimento come una costellazione alcolica, mentre mia madre si riprende, alzandosi da terra a fatica e venendo ad abbracciarmi.
Singhiozza a ritmo irregolare, non riesce quasi a respirare. Mio padre cerca di alzarsi a sua volta, ma scivola col piede su una bottiglia e ritorna a terra, sbattendo violentemente il mento.
Afferro Morena per un braccio, notando che la spallina del suo vestito floreale è distrutta al punto di lasciare il reggiseno nero in bella vista. Scappiamo verso la porta d'ingresso, in extremis riesco a raccattare le chiavi della macchina sul tavolino della sala. Mentre mio padre lancia dei lamenti che riecheggiano dalla cucina alle nostre orecchie, non riesco a lasciare la mano di mia mamma.
Torno bambino, quando le stritolavo il braccio durante il primo di giorno di elementari. Mi sono fatto accompagnare fino alla classe perché avevo paura di perdermi.
Lei, che mi segue senza forze, riesce a malapena a chiudersi la porta alle spalle, come se avesse difficoltà ad abbandonare quella bomba ad orologeria che chiama casa.
"Devi chiamare la polizia" le dico, inserendo le chiavi della macchina nella fessura della portiera.
Lei nega, visibilmente pallida e tremante. Si siede dietro, come se si aspettasse che mio padre si metterà alla guida.
"Chiamali o li chiamo io."
Lei continua a negare con il capo, scuotendolo sempre più velocemente. Il suo petto va all'infuori e torna a dimensioni normali con un'alternanza spaventosa, veloce e repentina: "non si deve sapere quello che è successo lì dentro."
La porta di casa si riapre di colpo, creando un rumore simile a quello di un tuono, ma non scruto nessuno. Parto senza troppi ripensamenti.
La nebbia è ancora molto fitta, di conseguenza anche con gli abbaglianti non si riesce a vedere molto. Non so dove sto andando, ma sicuramente non lascerò me e mia madre a marcire tra le vie di Cordello.
Continuo a percorrere le strade della mia terra con fare frettoloso, come se davvero non potessi stare calmo davanti all'evidenza che per la prima volta scapperò dal paesino che per troppo tempo ho dovuto definire come mio.
In macchina c'è un silenzio tombale, ma nelle nostre teste, sono sicuro, c'è un caos di voci, paure e rimpianti che proprio non riesce a estinguersi.
Gli abbaglianti colpiscono in pieno il cartello che indica l'uscita da Cordello, illuminando la foresta alla mia destra e il burrone alla mia sinistra. Come per scaramanzia, mi tocco i coglioni e faccio un respiro profondo.
Una scritta in oro annuncia "Grazie e arrivederci!" come se fossimo in un villaggio turistico o all'uscita di un centro commerciale. Cordello sa essere basica anche negli addii.
Basta quel mio sguardo disgustato verso l'insegna per investire in pieno una persona che stava attraversando la strada.
Mia madre comincia a urlare, io sterzo immediatamente.
Colpiamo in pieno un albero, che ci fa scuotere prima all'indietro, poi in avanti, come due piñatas distrutte dopo la festa di compleanno di un bambino messicano.
La macchina si ferma, il fumo che esce dal motore si confonde con la foschia che circonda il perimetro attorno alla scena dell'incidente; una scenografia di asfalto rovinato da enormi buche e macchie di sangue troppo rosso, troppo reale, troppo vivo.
Mi tocco il naso, non esce sangue.
Mi giro e vedo mia madre, con gli occhi così spalancati che sembrano sul punto di cadere a terra. Si preme la pancia.
Lo stesso cartello che guardavo fino a poco fa scompare nelle tenebre, come se non fosse mai stato costruito e fosse solo un frutto maledetto della mia immaginazione.
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Sondaggio del 14 Settembre 2019 alle 3:17 PM
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redazione-rosebud · 5 years
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Screenshot da dagospia.com
Mentre il giornalismo italiano come prima e più di prima mostra tutta la sua capacità di “critica” e la sua carica deontologica con il “Caso Sarti”, ricordiamo tanti gloriosi momenti dai giorni del renzismo trionfante quanto il 99% di questi signori muoveva con le chiappe al vento, la lingua di fuori, impegnati com’erano a leccare, leccare, leccare…. Beata quella nazione che mai dovrà “vantare” tanta pochezza umana, professionale e intellettuale!
E poi li chiamano….giornalisti… C’é più capacità giornalistica nel mio mignolo e nel corpo decomposto di un ratto di montagna, che in tutta questa folta schiera di “eroi” renzusconici pronti a tutto, a svendere l’etica, il minimo rispetto per le donne, per il loro stesso lavoro, pur di salvare il “posto” e così facendo illudersi di essere…
Rina Brundu
1.“I Presidenti del Consiglio passano, Porta a Porta[1]resta” ha esclamato Matteo Renzi, solo alcuni giorni fa, dopo avere stretto la mano al presentatore di quella trasmissione televisiva. Teso, ma ringalluzzito, Bruno Vespa ha colto l’occasione al volo: “Troppo gentile. Lei è l’ottavo Presidente del Consiglio che abbiamo l’onore di ospitare”. “E sta già aspettando il nono…” ha ribattuto goliardico il Premier. Quasi offeso, il conduttore ha scosso la testa: “No, no, qui ogni crisi di governo è stata vissuta male… perché il Paese ha bisogno di stabilità…”. Vespa ha sottolineato l’avverbio di luogo con forza, manco lo stesso avesse funzione connotativa dello studio ovale del presidente americano o dell’antico senato romano. 
15 marzo 2014
2. Esiste una borghesia di sinistra e una borghesia di destra. Non c’è invece un popolo di sinistra e un popolo di destra, c’è un popolo solo, diceva lo scrittore francese Georges Bernanos. Ed è quello che, populismo o renzismo che sia, la prende sempre in quel posto – aggiungo io.
15 marzo 2014
3. Fedele al suo motto “Che nulla cambi affinché nulla cambi”, il renzismo procede determinato lungo il tunnel parzialmente illuminato dalla lucetta del treno che si avvicina in lontananza, deciso come non mai a scambiare le correnti di partito per spifferi e le pugnalate sulla schiena per gioiose scazzottate all’alba. Eroismo o incoscienza? Immagino che gli eroi – e questa regola dovrà per forza applicarsi anche a Matteo Renzi – siano degli incoscienti che per capacità o per culo sono riusciti a sopravvivere a una qualsiasi catastrofe apocalittica. Nella politica italiana il destino di martire, di gigante glorificato dai posteri non interessa a nessuno: meglio esserci e arraffare il più possibile fin quando è possibile perché se del domani non v’é certezza, della pena ancora meno…
31 luglio 2014
4. Dulcis in fundo, era solo ieri che i giornali renzisti festeggiavano la firma dell’accordo Alitalia-Etihad e scongiuravano il pericolo dello sciopero-pazzo nei nostri aeroporti, soffocati anche dall’afa estiva. Soprattutto, si starebbe celebrando la nascita di una nuova compagnia di bandiera più sexy: proprio quello che ci mancava! Non ci serve, infatti, una compagnia di bandiera in mani italiane, libera, indipendente, senza debiti e specialmente capace di evitare gli “esuberi necessari”, ma sexy, che fa più figo.
9 agosto 2014
5. “Sarà un’azienda più sexy” avrebbe confermato il numero uno di Etihad James Hogan, e a dargli manforte facevano da colorito sfondo alle fotografie di rito seguite all’annuncio dell’accordo, diverse bellissime hostess orientaleggianti. In primo piano, invece, oltre la faccia sorridente e soddisfatta dello stesso Hogan, si potevano ammirare i faccioni satolli di numerosi maschi nostrani, forse a far intendere che la nuova Alitalia non sarà solo una società sexy ma anche una company governata con le palle, con tutti i gioielli di famiglia al posto giusto e niente tette: crepa di invidia Michael O ‘Leary che la sua Ryan Air l’ha fatta crescere e prosperare solamente con un occhio attento alle spese, arrivando persino ad assumere assistenti di volo brutte come la morte, ma che il risultato lo portavano a casa!
9 agosto 2014
6. L’intelligentsia italiana, specie quella repubblicana, ha generalmente fatto voto di obbedienza a questa o quella linea politica, non perché ammiratrice dell’uomo forte, ma perché generalmente furba, avida, prona alla genuflessione al padrone pur di averne un tornaconto utilitaristico di qualunque natura.
17 agosto 2014
7. La condiscendenza è una gran brutta bestia, perché per farla esistere con una data credibilità, deve resistere sempre uguale a se stessa, altrimenti la maschera cade e spesso rivela il limite di chi la incensa.
23 agosto 2014
Come si fa, dico io, a voler stare, anche solo figurativamente, sulla stessa barca di un paese ingolfato in una crisi pazzesca, ma rappresentato da un Premier che, tra le altre iniziative discutibili, si mostra ai suoi concittadini in mutande mentre si butta addosso una doccia gelata?
23 agosto 2014
9. Non ho mai votato neppure qui in Irlanda: la politica irlandese è noiosa perché funzionale alle vere necessità del paese, gli scandali sono rari e le ruberie, quando comparate a quelle della nostra storia recente, fanno sorridere come il bimbo che ruba la caramellina dal cassettone della nonna.
6 ottobre 2014
10. Se Renzi non fa equazione con i leader dell’Isola Smeralda, meno che meno ricorda i giganti appena citati. Non ha la statura di quei grandi, non ispira. Penso che non sia neppure quel comunicatore che ci vogliono far credere, perché comunicare non significa ripetere cento volte al giorno e cento giorni di fila la stessa tiritera a priori, prima cioè che il risultato sia stato ottenuto.
6 ottobre 2014
11.Un’ora sola ti vorrei, avrebbe mandato a dire goliardica la Camusso quest’oggi a Matteo Renzi (pensa tu, il tempo libero che hanno questi sindacalisti!), sempre a proposito dell’endemica questione della riforma lavoro. Contenta lei… ma il renzismo non fa per me!
6 ottobre 2014
12. Rivedendo il programma in registrata, si notano anche numerose stoccate rifilate da Michele a Marco, frecciate assolutamente incomprensibili se si pensa che l’ospite in studio era Travaglio. Si mormora, si legge che, in epoca renzista, dominata dalla figura importante del politico scaltro, del politico mediaticamente giudizioso per calcolato tornaconto, del politico salvato per diktat alle acque dei vari scandali zampe pulite, sboom economici e rottamazione digitale, del politico afflitto dalla Sindrome antisansonica (cioè del politico determinato a restare a galla con tutti i filistei suoi pari)… ebbene, si mormora che stia diventando sempre più difficile per il Santoro d’assalto avere ospiti che-contano nelle sue trasmissioni. Costoro se ne guarderebbero bene dal farsi leggere, davanti alla città e al mondo, la lista dei peccati passati presenti e futuri dalla boccuccia di rosa del solito Travaglio che non perdona…
Santa pazienza, che colpa potrà mai avere Marco Travaglio dei peccati amministrativi e politici altrui? Io, per esempio, non l’ho mai sentito prendersela contro Madre Teresa di Calcutta, qualcun altro l’ha sentito?
18 ottobre 2014
13. Due milioni di euro raccolti in due anni dalla Fondazione Open-convention Leopolda?! Tutti questi donatori sono davvero così disinteressati?! Sono forse angeli imprestati alle più alte sfere dell’empireo collocato a sinistra di Nostro Signore? Ancora (e qui il dubbio mi assilla veramente): è venuto prima l’uovo… pardon, è venuta prima la nomina o la donazione?!
19 ottobre 2014
14. Lungi dal rimandare i suoi impegni mediatici, il nostro giovane Premier ha pensato bene di raddoppiare la posta. L’ospitata di domenica scorsa a Domenica Live(Canale 5) di Barbara d’Urso è stata di quelle da ricordare. Di quelle che farebbero la fortuna di Blob (Rai3) per anni, vanno bene per ogni stagione e ti fanno rimpiangere a lacrimoni le vecchie tribune politiche in bianco e nero con Fanfani e Berlinguer. Ti ritrovi persino a rimpiangere Bettino Craxi e tutta la sua corte; ti viene una dolorosa fitta nostalgica al solo pensiero delle atmosfere eroiche ricreate dagli incontri-scontri Fallaci-Andreotti. Tipo quando la Fallaci gli diceva: “Lei è il primo democristiano che affronto, onorevole, e sono un po’ preoccupata perché… Ecco, mettiamola così, perché non vi ho mai capito, voi democristiani. Siete un mondo così nebuloso per me, così gelatinoso. Un mondo che non riesco a afferrare”… e poi.. “Scusi, Andreotti: ma se lei capisce queste cose, come mai ha combinato tanti guai col suo governo? Il crollo della lira, l’aumento dei prezzi…”. A leggere il Corriere TV la D’Urso avrebbe commentato la sua intervista con queste epocali parole: «Se non fosse sposato! Fortunatamente ha una moglie anche molto f..a».
23 ottobre 2014
15. Non sono queste ospitate nazional-popolari che danno fastidio, quando piuttosto la cura messa per non farsi fotografare in quel della Genova allagata di pochi giorni fa. A meno che non stia prendendo un grosso abbaglio, mi è facile prevedere che non ci saranno disastri climatici, o accidentali di qualsiasi tipo, che ci mostreranno Matteo Renzi sul luogo del misfatto e che quindi ci regaleranno la possibilità di inchiodarlo alle sue responsabilità.
23 ottobre 2014
16. Il partito di Renzi è partito democristiano, casiniano nella sua essenza, e starebbe bene collocato al centro o a destra, ma non a sinistra, dove un dato rispetto per certe linee guida di pensiero occorrerebbe averlo, non tanto per salvare insalvabili perle ideologiche, quanto perché quel partito rappresenta le giuste recriminazioni di una parte importante del paese, e verso tali richieste occorrerebbe portare rispetto. Bisognerebbe portare molto più rispetto di quello che mostra Matteo Renzi.
26 ottobre 2014
17. C’é qualcosa in questo renzismo trionfante che fa quasi paura. Si ha come l’impressione che il re sia nudo e che i sudditi siano cecati, dunque impossibilitati a avvertirlo che il burrone è poco più in là. L’unica fortuna che abbiamo noi italiani nel dato momento storico è che dentro il burrone ci siamo già da un pezzo, e quindi il domani non potrà mai essere troppo diverso dall’oggi, o dall’ieri. Domani è solo un altro giorno.
26 ottobre 2014
18. E poi basta con questo buonismo borghese e vittoriano boschista: avere le palle per parlare sopra le righe di un qualcuno, o di un partito, è caratteristica prima del politicante più nobile!
27 ottobre 2014
19. Perché il presidente non potrebbe essere qualcun altro, altrettanto conosciuto e meritevole, ma che nel tempo si sia pure reso effettivamente utile alla società? Le domande che uno si fa sono anche altre. Perché ricandidare Romano Prodi? Che i 101 franchi tiratori di pochi anni orsono abbiano tutti subito una qualche crisi esistenziale o mutazione genetica (gene renzistum??), che li ha portati al pentimento? Perché candidare Walter Veltroni? Forse in virtù di una qualche recensione cinematografica che ha fatto tremare i polsi a sceneggiatori del calibro di Aaron Sorkin? Perché viene fatto il nome di Giuliano Amato? Amato da chi?
11 novembre 2014
20. Finalmente una buona notizia: sembra che l’accordo tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi tenga! Lo hanno ribadito in una nota congiunta gli uffici preposti di PD (almeno la parte meno ritrosa, presente in Segreteria) e FI, subito dopo l’incontro di ieri dei due leader massimi. “L’Italia” hanno scritto “ha bisogno di un sistema istituzionale che garantisca governabilità, un vincitore certo la sera delle elezioni, il superamento del bicameralismo perfetto, e il rispetto tra forze politiche che si confrontino in modo civile, senza odio di parte….”.
Che cul… che colpo di Italicum! Proprio ciò di cui ha bisogno il paese!, non di edifici a norma fuori e dentro il demanio, non di abitazioni che non poggino sul letto dei fiumi, non di terreni che non siano trappole idriche e terrose, non di piani di sviluppo sostenibile del territorio abbandonato, martoriato, stuprato, non di cementificazione ridotta, non dell’assenza di costruzioni abusive e dei relativi condoni. Non di scuole sicure quando diluvia….
13 novembre 2014
[1] Trasmissione di approfondimento politico di Rai1condotta dal giornalista Bruno Vespa.
Diario dai giorni del golpe bianco è una cronaca atipica dell’attualità nazionale negli anni del governo Renzi. È un racconto goliardico che è storia, fatto, testimonianza, commento, opinione, leggenda internettiana, diario politico e irriverente… ed è una ridda di personaggi (giornalisti, politici, conduttori, commentatori, opinionisti, blogger) che animano una commedia umana quasi goldoniana nel suo essere prima di tutto appassionata baruffa chiozzotta. Una commedia che sembra non avere mai avuto inizio e che non dovrà finire mai tra le contrade soleggiate e scaltre di un bellissimo paese, patria di Dante, di Michelangelo e di Machiavelli, casa dell’anima di molti Pinocchio e di tanti don Camillo e Peppone: l’Italia.
Diario dai giorni del golpe bianco 
Rina Brundu – Scrittrice italiana, vive in Irlanda. Ha pubblicato i primi racconti nel periodo universitario. Il romanzo d’esordio, un giallo classico, è stato inserito nella lista dei 100 libri gialli italiani da leggere. Le sue regole per il giallo sono apparse in numerosi giornali, riviste, siti, e sono state tradotte in diverse lingue, così come i suoi saggi e gli articoli. In qualità di editrice ha coordinato convegni, organizzato premi letterari, ha pubblicato studi universitari, raccolte poetiche e l’opera omnia del linguista e glottologo Massimo Pittau, con cui ha da tempo stabilito un sodalizio lavorativo e umano. Negli ultimi anni ha scritto saggi critici, ha sviluppato un forte interesse per le tematiche e le investigazioni filosofiche, e si è impegnata sul fronte politico soprattutto attraverso una forte attività di blogging. Anima il magazine multilingue www.rinabrundu.com.
Rina Brundu is an Italian writer and publisher who lives in Ireland. Author of several books and hundreds of articles and literary reviews, she has a keen interest in literary criticism, philosophy, e-writing and journalism.
Website www.rinabrundu.com.
Diario dai giorni del golpe bianco is back! Alcuni momenti quasi aforistici da ricordare, mentre gli sgherri mediatici renzisti danno addosso alla Sarti…
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