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#dobbiamo tradurre di più le canzoni
sciatu · 3 years
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BRIOSCIA CON GELATO - A vita è na brioscia, na iapruta i coscia, a panza chi crisci e tuttu finisci (antico detto siciliano)
Mimì e Gegè : A Brioscia
“Gegè avanti moviti chi amu ammanciari! (Dobbiamo mangiare)”
In quel momento Gegè odiò nell’ordine : Mimì che eppure amava immensamente, quindi quella brava donna e scassaminchia della suocera, tutto il genere femminile, la domenica intesa come festività da passare con i parenti e tutti i minchia di lavandini con i tubi di plastica che perdevano. Tutte queste cose erano l’una con l’altra intimamente legate.
La domenica perché la terza domenica di ogni mese la passavano dalla suocera
La suocera perché trovava sempre cose da fargli fare come dipingere il soffitto del bagno o riparare un tubo della cucina che perdeva.
Il tubo di plastica perché (minchia!!) non si avvitava come si deve e perdeva sempre in qualunque modo lo sistemasse (stu jarrusu figghiu i buttana).
Gegè infatti da quasi mezzora cercava di avvitare sotto un lavandino della cucina, il tubo di plastica dello scarico dell’acqua che continuava a perdere un insignificante goccio d’acqua. Per la suocera quella goccia microscopica era un fiume immenso, quasi un mare che stava allagando la cucina facendo gonfiare tutti i mobili della stessa, rovinando la struttura del condomino, affossando tutta quella parte della città. Faccia all’aria, la schiena umida d’acqua, gli attributi maschili che giravano all’impazzata fumando peggio dell’ Etna, il pover uomo osservava dal basso verso l’alto il tubo appena sistemato speranzoso che finalmente tutto si fosse sistemato. Invece, ecco la beffarda goccia mostrarsi, allargarsi e poi cadere, giusto in mezzo ai suoi occhi. Smontò di nuovo il tubo imprecando peggio di un portuale livornese, cercando di sistemate meglio la guarnizione.
“Gegè esci che devo riempire la pentola con l’acqua per la pasta, se no ti lavo tutto”
Lui si spinse in avanti restando sempre sulla schiena per non perdere tempo e uscì fuori dal mobiletto sotto il lavandino. Così facendo arrivò proprio sotto le gambe tornite di Mimì che con le cosce divaricate sopra di lui, stava riempiendo la pentola
Restò affascinato osservando le cosce bianche e perfette dell’amata che si ricongiungevano alla stretta striscia della mutandina nera. La camicetta leggera con il disegno di piccoli fiori di pesco che Mimi indossava quando aiutava la madre nei lavori pesanti, dava alla pelle delle cosce una colorazione rosa e questo rese la meravigliosa visione ancora più magica.
“Ah che bel vedere – fece lui sorpreso – quando mi fai dare una bella leccata alla brioscia al gelato che preferisco?”
“Ti piacerebbe … ehh?”
fece lei ironica spostando la pentola sul fornello a gas
“Quando me lo farai fare sarà il più bel giorno della mia vita”
Esclamò lui entusiasta
“Seee!!, mu ‘maginu!! pensa a finire che tra dieci minuti manciamu”
E si spostò ad apparecchiare la tavola.
Lui, sorridendo, rientrò sotto il lavandino e si mise a pensare e a immaginare cosa avrebbe fatto a quelle cosce e quella mutanda, con il tarlo del sesso che scavava nella sua testa facendo
“Crr Crrr Crr”
donandogli visioni paradisiache, ma virtuali, del sesso di Mimì messo li davanti a lui come fosse una brioscia piena di gelato alla crema, alla nocciola o alle amarene e lui che ne poteva disporre per come voleva.
Forse, perché il tarlo che stava scavandogli in testa occupava il 95% del suo pensare, riuscì improvvisamente a sistemare il tubo senza farlo più perdere e senza capire come aveva fatto. Uscì finalmente da quel loculo sotto il lavandino dentro cui stava sepolto da quando era arrivato dalla suocera. Si sistemò alla meno peggio, asciugandosi e pulendosi in tempo per sedersi a tavola davanti ad un piatto poderoso di pasta ncaciata. Fu poi la volta di tre polpette di tritato di maiale e quattro spiedini di braciole cucinate alla brace, quattro bicchieri di un Nero d’Avola denso e molto alcoolico, una coppa piena di un gelato che galleggiava su un laghetto di Whisky, il caffè con paste di mandorla e un bicchierazzo di amaro Averna gelato.
Il solito frugale pasto domenicale.
Come ogni dopopranzo domenicale, in attesa che Mimì aiutasse la madre a mettere a posto la cucina, andò a sdraiarsi sul letto nella camera che era stata di Mimì da bambina, pieni di mobili rosa, barbi e orsacchiotti pelosi. Si sdraiò con la pancia verso l’alto, sorridendo lasciò libero il suo tarlo del sesso, ma prima che le fantasie erotiche si accendessero, lui aveva già perso coscienza.
Si sentì sciacquariari (scuotere) ora da una parte e ora da un'altra, e dopo qualche secondo di nuovo. La sua coscienza lentamente riemerse dal nulla e gli fece aprire gli occhi. Vide solo una tenda che era vicino ai suoi occhi e poi vide che la tenda scendeva dall’alto, da due forme tonde che sporgevano e infine laggiù, in alto e vicino al soffitto, il volto sorridente di Mimì con la fossettina sulla guancia di quando stava facendo una marachella.
Lei lo guardo e il sorriso si allargò ancora di più.
“Rusbigghiti – gli disse la boccuccia dell’amata – oggi è il più bel giorno della tua vita….”
e incominciò a canticchiare un motivetto di quelli sexi alla Marilen Monroe o che si sentono quando le spogliarelliste incominciano il loro numero.
Nello stesso momento la tenda, che poi era la camicetta a fiorellini di Mimì, incominciò a salire seguendo il ritmo della musichetta, per poi aprirsi mostrando le cosce cosciose dell’amata.
D’improvviso il cervello di Gegè si svegliò e tutta la scena, nella penombra della stanza, gli apparve come il sogno che avrebbe voluto fare.
“Tatata-ta-taaa…”
Continuava Mimì mentre finalmente la camicetta si apriva a svelare il cespuglietto di peli che sovrastava il suo pube. Gegè seguì quella macchia nera oscillare a destra e sinistra più volte, ipnotizzato come un topo che fissa gli occhi di un cobra, fino a che lentamente, il cespuglietto incominciò a scendere.
Il primo pensiero che si formò nella mente vuota di Gegè, fu un pensiero mistico sulla bellezza dell’universo, perché quello spettacolo che vedeva aveva la perfezione stessa dell’amore che muoveva il sole e le altre stelle, riassumendo in un solo pensiero una blasfemia religiosa e letteraria di cui però non era assolutamente cosciente essendo per lui certi atti che gli altri definivano impuri, solo puri atti d’amore. Mentre la voce di Mimì accompagnava la discesa del paradiso verso le labbra di Gegè, lui incominciò a baciare le cosce ormai ben assestate intorno alla sua testa, sentendone il profumo del sapone per doccia e la freschezza della carne soda e nello stesso tempo delicata dell’amata. Concentrò i baci dove la coscia si univa al pube, in quella striscia di pelle ancora irritata per la depilazione e quindi si tuffò nel cespuglietto di peli, ancora umidi per la doccia appena fatta e gli sfregò contro il naso a rubarne tutti gli aromi, tirandoli poi con le labbra quasi a volerli strappare ed infine scese sotto di loro e con la lingua violò l’intimità di Mimì la quale reagì con un primo
“Gegè!!!”
il cui tono, tradotto da un punto di vista letterario per facilitartene la comprensione, voleva dire:
“Gegè ma che minchia fai? Stavo scherzando…. se entra la mamma e ci vede così mi muore sul colpo…”
Ma Gegè ormai era in un altro mondo fatto dei sogni che il bambino primordiale che viveva dentro di lui faceva senza freni e limiti e che ora poteva finalmente realizzare. Per cui la sua lingua esplorò tutto il sesso dell’amata per poi penetrare decisamente nella sua profondità e riemergere salendo fino al piccolo bocciolo di carne con cui finivano le labbra di Mimì e li impazzì accarezzandolo intensamente, succhiandolo ed ancora scivolandogli sopra velocemente, ripetutamente, intensamente. Infine, non pago, mandò in esplorazione le sue lunghe dita ad accarezzare la parte interna di dove la lingua si era concentrata. Il volto di Mimì passò ad essere dal sorpreso al curioso, infine coinvolto, tanto che gli occhi le si chiusero e le orecchie le diventarono di un rosso intenso anche loro travolte dal desiderio con cui Gegè aveva contagiato tutto il corpo di lei. Le mani di Mimì scivolarono sul suo corpo e arrivate alle minne le strinsero intensamente, come avrebbe fatto lui, per poi concentrarsi sui capezzolini tirandoli, come avrebbe fatto lui, quindi ridiscesero sul suo corpo e arrivate alla testa di Gegè l’afferrarono e la spinsero contro il corpo di lei che ora si muoveva avanti e indietro con un moto ad arco sempre più stretto, sempre più concentrato. A questo punto dalla bocca di Mimì uscì come un sospiro un secondo
“Gegè”
Sempre per motivi letterari, ti devo tradurre questo sospiro con un
“Gegè amore mio, non ti fermare, continua così…. così….”
Gegè ormai lasciava fare tutto a Mimì che aprì gli occhi e cercò li sotto quelli di lui e vide che osservavano il suo volto mostrare il piacere che provava e incontrando gli occhi di lui, li fissò come a volergli dire tutte quelle cose che mettono nelle canzoni e nelle poesie mentre la sua bocca la stava amando. Gli occhi di lui l’osservavano, la divoravano, la pretendevano, scambiavano con i suoi, parole che non si sarebbero detti mai più, sentimenti la cui forza comprendevano solo adesso, intimità che li avrebbero legati forse per sempre. Ormai i movimenti del bacino di Mimì erano sempre più piccoli, come se in pochi millimetri di pelle, vi fosse concentrata tutta sé stessa, finché d’improvviso lei non strinse gli occhi ed il suo corpo tremò, un terremoto interno che fece vibrare le cosce ed oscillare le minnone mentre il suo io cosciente si spegneva e dopo un tempo che neanche lei percepì si riaccese lasciandola senza forze. Fu quello il momento del suo terzo
“Gegè”
detto senza voce e come se la sua anima si perdesse in un nulla di piacere e di silenzio interiore. Scivolò accanto a lui stringendolo e appoggiando la testa sul suo petto. Restò qualche secondo immobile, quasi a recuperare tutti i pezzi dell’anima che erano andati a finire chissà dove e quindi alzò la testa ad osservarlo. Con la mano gli pulì la bocca umida dei suoi umori e poi si avvicinò e lo baciò, intensamente, cercando con la sua lingua il suo gusto su quella di lui, quasi a ringraziarlo, a diventare una unica entità nei piaceri diversi che avevano avuto, nel confermare il loro amore con un bacio igienicamente questionabile, ma intimamente assoluto.
Si accasciò sul suo petto e chiuse gli occhi senza più muoversi. Gegè pensò che sarebbe stato li un minuto e poi si sarebbe spostato da quella scomoda posizione, invece si riaddormentò quasi subito con il tarlo del senso dentro di lui che si era zittito.
Li sveglio la suocera dopo poco, con la scusa che era una bella giornata e che potevano passarla fuori. In realtà voleva andarsene alla messa serale e le seccava lasciarli a casa a scafuliare (rovistare) tra le sue cose.
Uscirono ancora un po' storditi e mano nella mano se ne andarono per il viale. Arrivati ad una gelateria Gegè si fermò e disse che aveva bisogno di mangiare un po' di gelato che aveva la lingua che gli bruciava. Si prese una brioscia piena di gelato e con la lingua leccò tutto il bordo da cui uscivano i vari gusti trovando un po' di sollievo che il suo volto fece subito vedere.
Mimì sorrise e lui le offrì la brioscia perché anche lei ne prendesse un morso. Mimì invece prese la brioscia e come aveva fatto lui ne percorse la circonferenza con la lingua, lasciando un lungo solco e riempiendosi la lingua di crema. Restò un secondo con la lingua piena di gelato a guardarlo e quindi la inghiotti.
Gegè la guardò affascinato e di nuovo, dentro la sua testa, sentì il tarlo incominciare
“Crr Crrr Crr”
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Uno sguardo alle prime scriptae salentine
di Giammarco Simone
Introduzione
Per introdurre il tema del presente articolo, vorrei partire dalla definizione di ‘linguaggio’ del vocabolario Treccani, secondo cui esso è “la capacità e la facoltà, peculiare degli esseri umani, di comunicare pensieri, esprimere sentimenti, e in genere di informare altri esseri sulla propria realtà interiore o sulla realtà esterna, per mezzo di un sistema di segni vocali o grafici”.
Tra i segni grafici utilizzati dall’essere umano, la scrittura alfabetica diventa espressione culturale di un popolo che utilizza un sistema di lettere per comporre, comunicare e conservare per iscritto pensieri, racconti, leggende, canzoni e poesie.
La scrittura diventa testimonianza linguistica di una civiltà ed è affascinante conoscerne e studiarne le origini, in quanto custodisce le chiavi di accesso per comprendere l’attuale panorama linguistico. Il fine di questo viaggio attraverso i secoli è quello di riscoprire alcuni testi antichi che hanno fatto la storia del salentino e che si conservano nelle prestigiose biblioteche d’Italia (Padova, Milano, Firenze, Perugia e Roma, per citarne alcune) ma anche in quelle inglesi, francesi e austriache. Ho deciso di attingere le notizie dalle ricerche fatte negli anni dagli studiosi interessati all’argomento e, consapevole della quantità degli studi effettuati e dei ritrovamenti, per motivi di spazio ne ripropongo solo alcuni sotto forma di breve raccolta.
edizione degli Epigrammi del 1490 custodita nell’Archivio del governo di Aragona, in Spagna (immagine tratta da http://commons.wikimedia.org/wiki/File:Marcial._Epigrammata._1490.jpg?uselang=it)
  Le prime scriptae salentine
Ancora prima dell’inizio del Medioevo, l’odierno Salento era abitato dapprima da tribù autoctone, come gli Iapigi, ed in seguito da popolazioni straniere provenienti dalla Grecia, ovvero i Messapi[1]. Posteriormente al dominio messapico, i Romani arrivarono da conquistatori nel I a.C. e vi rimasero fino alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente nel 476 d.C., anno convenzionale per l’inizio del Medioevo.
  Dopo i Romani, la Terra d’Otranto fu desiderio di conquista da parte dell’Impero Romano d’Oriente, con i Bizantini che imposero la loro egemonia per molti secoli, soprattutto per l’importanza che ricopriva il Salento nelle rotte commerciali con l’Oriente. Di lì a poco, si susseguirono varie popolazioni e domini stranieri (Saraceni, Longobardi, Angioini, Aragonesi, Francesi) lasciando notevoli tracce del loro passaggio. In questo via vai di popoli, tradizioni, culture e lingue, il nostro idioma è andato formandosi assorbendo tratti e caratteristiche che nel corso dei secoli si sono modellate, fino a consolidarsi e a dar vita al salentino attuale.
Tuttavia, per conoscere le prime testimonianze scritte dobbiamo percorrere un viaggio a ritroso nei secoli quando ancora in Salento si parlava il volgare salentino, un parente non troppo lontano dell’attuale dialetto salentino, ma che con parole più tecniche si potrebbe definire un discendente strettissimo del latino volgare[2].
La documentazione dei testi in latino volgare è abbastanza esigua. Negli studi di storia della lingua italiana, l’esempio più conosciuto di testo dove compaiono forme in latino volgare è l’Appendix Probi (L’appendice di Probo) risalente al VI-V secolo a.C., contenente una lista di ben 227 parole scritte dal grammatico Probo, il quale riporta il corretto nome in latino classico affiancato dalla sua corrispettiva voce in volgare ritenuta ‘scorretta’. Una storia completamente diversa si ha per quanto riguarda le prime attestazioni in volgare italiano, con la maggior parte degli studiosi che concordano sul fatto che le sentenze giuridiche dei Placiti Campani, databili X secolo d.C., sono tra prime testimonianze sul territorio nazionale. Scritte in latino classico, contengono però stralci di italiano antico, in quanto le deposizioni dei testimoni (di madrelingua volgare) venivano riportate nella loro lingua parlata:
Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene, trenta anni le possette parte sancti Benedicti.[3]
Sao cco kelle terre per kelle fini que tebe monstrai, Pergoaldi foro que ki contene et trenta anni le possette[4].
Kella terra per kelle fini que bobe mostrai Sancte Marie e et trenta anni la posset parte sancte Marie[5].
Sao cco kelle terre per kelle fini que tebe monstrai trenta anni le possette parte Sancte Marie[6].
Se già a partire dal X secolo d.C. nel territorio nazionale si attestano in testi scritti espressioni e vocaboli in volgare italiano, si può dire lo stesso per il volgare salentino? La risposta è sì, seppur meritevole di qualche precisazione.
In passato, l’elaborazione e la stesura di libri e testi era compito solo di alcune persone erudite (gli amanuensi) che grazie alle loro conoscenze grafiche e linguistiche potevano scrivere e persino tradurre testi antichi di altri idiomi e volgarizzarli nella nuova lingua. Dalle attestazioni in volgare italiano si evince che la grafia utilizzata dagli eruditi fu quella latina, mentre per quanto riguarda le parlate regionali e locali (nel nostro caso il volgare salentino) assistiamo ad una lunga tradizione di testi redatti in alfabeti diversi dal latino, e cioè in ebraico e greco. La spiegazione di tale comportamento è da ricondurre alla situazione socio-linguistica del nostro territorio in quei secoli. Come affermato da Maggiore (2015)[7]:
Il primo elemento di specificità è legato alla presenza, in un arco di tempo che supera i confini cronologici del Medio Evo, di scritture redatte in alfabeti diversi da quello latino, segnatamente i caratteri israelitici e greci. La presenza dei primi è legata alle vicende storiche della comunità ebraica salentina, mentre la ricchezza dei secondi chiama direttamente in causa la durevole vitalità dell’esperienza culturale italo-greca di Terra d’Otranto, che pervenne anche a esprimere personalità letterarie di primissimo piano come quella di Nettario di Casole, poeta bizantino vissuto a Otranto tra il XII e il XIII secolo.
Casole presos Otranto
  La comunità ebraica si stabilì nel Salento già dai primissimi secoli successivi alla Diaspora Ebraica iniziata con la conquista dei Romani della Terra d’Israele intorno al VIII-VI secolo a.C. E’ proprio uno scritto in alfabeto ebraico, datato intorno al X secolo d.C., ad essere stato redatto in Terra d’Otranto. Si tratta di un importante trattato di farmacologia risalente al 965 d.C. scritto dall’astronomo, filosofo e medico ebreo (nato ad Oria nel 913 d.C.) Shabbetai Donnolo.
L’importanza di questo testo risiede nel fatto che, secondo Cuscito[8](2018), è “ritenuto il più antico testo farmacologico ebraico, se non il più antico testo medico scritto in questa lingua dalla caduta dell’Impero Romano d’Occidente”. Il Sèfer ha­–yaqar (Libro prezioso), così si intitola l’opera, nonostante sia un testo innovatore nel panorama medico e scientifico di quell’epoca, dal punto di vista linguistico fornisce esempi di salentino, in quanto ricco di toponimi meridionali e termini botanici greci, latini e volgari che sono arrivati fino ai giorni nostri. Un esempio è il cocomero asinino (scritto QWQWMRYNA secondo la traslitterazione di Treves)[9], che ritroviamo a Lecce con il nome di cucummaru sputacchiaru o riestu[10].
Sempre in alfabeto ebraico e con rilevanza linguistica ancora più notevole sono le 154 glosse ritrovate all’interno di un antico codice ebraico, il Mišnah, datato 1072 e studiato attentamente da Cuomo[11](1977), dove compaiono parole salentine pervenuteci fino ad oggi: lentikla nigra, meluni rutundi, iskarole salβateke, kukuzza longa, sciroccu, kornula, làuru e voci verbali come pulìgane, sepàrane, assuptìgliane.
Con la caduta dell’Impero Romano d’Occidente nel 476 d.C, e con l’arrivo dei Bizantini provenienti da Oriente, la tradizione scritta salentina si sviluppa anche in alfabeto greco. Infatti, si registra una attività greca molto forte tra il XIII e il XVI, che porta la lingua greca ad essere parlata e scritta nelle scuole e nelle case. Tale fu l’impatto greco-bizantino sul nostro territorio che ne conserviamo l’eredità linguistica (mi riferisco alla Grecia Salentina e al griko, un dialetto della lingua greca parlato nel Salento). Esempi in alfabeto greco sono due brevi liriche amorose databili tra un arco temporale che va dal 1200 al 1300. Di seguito, ripropongo la traslitterazione in grafia latina fatta da De Angelis[12](2010), a cui si deve anche l’importante studio linguistico che ne conferma la salentinità, nonostante a prima impressione il testo possa essere definito di tipo siciliano:
Amuri amuri
1. Αμουρι αμουρι δ’αμουρι λα μια [μ]ουρτί σε αλτρου ομου τε κουλ-
2. κόου λα ρουφιάνα κουτραρα β[4]σζαϊ λου βανου κόρε:-
3. πρέγαρὲ βόλλου λί μεϊ ουργανατούρι κούιστέ παρόλε δεϊσζα-
4. νου <μ>βεζαρε σζ’αννου<ν>ζου ε δαδρι όττα περ μιου αμόρε· ρουσζίερ
5. κου[35]β…
6. τα δέισζαλα καντάρε δε[ισ]ζα μανδάρε περ τόττα λα κου[ν]-
7. τράτα κούεϊστα βαλλάτὰ σζι ε φάττα νυβέλλα δα σζοι
8. σε αππέλλα νικολα δεττορε:-
9. λου δεττορε
1. amuri amuri d’amuri la mia murti se altru omu te
cul-
  2. cóu la rufiana quatrara b[vacat] ci hai lu vanu còre
3. pregare vogliu li mei urganaturi quiste parole diggia-
4. nu mbezzàre c’annunciu e dadri otta per miu amore;
  5. [†]
6. cierta (?) diggiala cantare diggia mandare per totta la cun-
7. trata quista ballata ci è fatta nuvella da ci
8. se appella Nicola Dettore
9. lu dettore
  In questo breve componimento, l’autore, un tale Nicola Dettore dice che, nel caso in cui la sua amata (v.2 la rufiana quatrara) lo tradisca (v.1 se altru omu te culcòu), egli morirà a causa del mal d’amuri. Per questo, si augura che i cantori (v.3 urganaturi) possano imparare queste sue parole (vv.3-4 quiste parole diggia-nu <m>bezzàre c’annu<n>ciu ) e che si diffondano per tutta la contrada (v.6 diggiala cantare diggiala mandare totta la cuntrata), affermando che la ballata è una novella (v.7 quista ballata ci è fatta nuvella) scritta proprio da colui che si chiama Nicola Dettore (vv.8-9 se appella Nicole Dettore).
 Bellu missere
01. ββέλλου μισσέρε ασσάι δουρμιστι
02. κουμμίκου νον γγαυδίστι ζζο
03. μι [ν]κρίσζι κα λ’αλβουρι αππα-
04. ρεισζε πάρτ<ε>τε αμουρι πρε[σ]του
05. α κουρτεσία ελλάλβουρι αππα-
06. ρεισζε ε κουι νο [σ]τάρε οννει
07. ββρίγα ε δουλενζια τι κου<μ>βένε
08. νον σίτι αμαντε δε δοννα ακουι-
09. σταρε νι ννα [δ]’αζζιρε ε νι δ’άβιρ[ε]
10. [δ]εποι κα νσζι βουλι[σ]τι α[δ]ουρμενταρε
11. σζε μι σζε[ρ]κάστι α μ[ε]ντ[ι]ρε π[ε]ρ
12. ομου σζι τενε ουνα ταλε σζο-
13. για σζε λλι αννογια.
01. bbellu missere assai durmisti
02. cummicu non gaudisti ciò
03. m’incrisci ca l’alburi appa-
04. risce partete amuri prestu
05. a curtesia e ll’alburi appa-
06. risce e qui no stare onni
07. bbriga e dulenzìa ti cunvene
08. non siti amante de donna acqui-
09. stare ni nn’a d’aggire e ni d’avire
10. depoi ca nci vulisti adurmentare
11. ce mi cercasti a mentire per
12. omu ci tene una tale gio-
13. ia ce gli annoia
  Il testo è considerato da Distilo (2007)[13] appartenente al genere di canzone di malamata, ovvero quei componimenti nei quali le donne raccontavano la loro insoddisfazione coniugale. Nel testo, la donna dice al suo uomo (v.1 bellu missere) che a causa del suo troppo dormire (v.1 assai durmisti) non si dilettò con lei (v.2 cummicu no gaudisti). Per questo, la donna si dispiace che sia già giorno (v.4 m’ncrisci ca l’alburi apparisce) e lo esorta ad andarsene (vv.4-5 partete amuri prestu, a curtesia) e a non rimandare le fatiche e le preoccupazioni del nuovo giorno che gli spetta (vv.6-7 e qui no stare onni bbriga e dulenzia ti cunvene). Poi accusa l’uomo di non saperla conquistare, né di saper agire né tantomeno tenerla a sé (vv.8-9 non siti amante de donna acquistare, ni nn’a d’aggire e ni d’avire) visto che preferisce addormentarsi (v.10 depoi ca nci vulisti adurmentare). La donna chiude il suo componimento quasi con una domanda dal sapore amaro, in quanto non capisce il comportamento dell’uomo che preferisce addormentarsi invece di godere dei piaceri da lei offerti (vv-12-13 per omu ci tene una tale gioia ce gli annoia).
Un altro importante ritrovamento, sempre in alfabeto greco, ma questa volta di lunghezza più estesa e di carattere religioso, è la Predica salentina risalente alla seconda metà del 1300. Si tratta di un commento alla Divina Liturgia di S.Giovanni Crisostomo, il testo liturgico utilizzato in quel tempo dai Cristiani d’Oriente. Il testo fu studiato da Parlangeli (1958)[14], il quale lo trascrisse in alfabeto latino. Ne presento uno stralcio[15]:
“Veniti addunca cun pagura de ddeu e cun fide e cun pace a rrecìpere lu corpiu de ristu secundu ammonisce e séumanda a Santu bbasiliu e sse alcun omu non ave cun se quiste tre cause chi avimu ditte, zzoè pagura de Ddeu, fede e ppitate, non dive venire sé ancostare a rrecìpere quistu prezziosu corpu, ca dice Santu Paulu: quillu chi mangia e bbive lu corpu e sangue de Gesu Cristu indignamente, si llu mangia e bbive a ggiudizziu ed a ccondannazione soa. Venimi addunca cun pagura, fede e ppitate e ppuramente recipimu da li spirduali patri nostri lu dittu corpu e ssangue de lu nostru signore Ggesu Cristu, azzò séchi sse fazza e ssia a nostra salvazione spirduale….”
Da quanto visto finora, le prime scriptae medievali in lingua salentina furono redatte in alfabeti diversi da quello latino, ed infatti, secondo Bernardini (2010) “dalle fine del IX secolo fino alla fine del XVI secolo, troviamo 400 codici greci contro i 30 latini risalenti allo stesso periodo”[16]. Lo studio dei documenti in caratteri ebraici e greci costituisce una fonte importante per studiare l’oralità di quell’antico salentino, in quanto, come afferma Maggiore (2013) “offrono spesso testimonianze linguisticamente più aderenti alla realtà del parlato rispetto a quanto avviene normalmente nella scripta in caratteri latini, maggiormente soggetta a fenomeni di conguaglio dei tratti diatopicamente marcati”[17].
Tuttavia, dobbiamo sottolineare che anche l’alfabeto latino veniva utilizzato nella scrittura ma ciò in epoca più tardiva, ovvero a partire dal XV secolo, quando, secondo gli studiosi, il volgare salentino aumentò il suo status di lingua locale diventando una vera e propria koinè (κοινὴ διάλεκτος “lingua comune”), cioè una lingua a carattere regionale (da non confondersi con l’intera Puglia, ma solo riferito alla regione Salento) che riuniva i tratti tipici dialettali, quelli della lingua letteraria toscana ed altri comuni a tutto il Meridione. La lingua comune salentina nel suo nuovo status di lingua regionale si utilizzava non solo per redigere lettere mercantili e trattati notarili ma divenne lingua di corte ed impiegata in campo letterario nelle illustrissime corti di Maria D’Enghien a Lecce, di Giovanni Antonio del Balzo Orsini a Taranto e di Angilberto del Balzo Orsini a Nardò.
  Esempi di koinè sono le cinque lettere commerciali, studiate da Stussi[18](1982), scritte tra il 1392 ed il XV secolo tra un mercante ebreo tale Sabatino Russo e suo socio d’affari il veneziano Biagio Dolfin, con il quale fondò una società per il commercio in Oriente. In una di queste lettere, Sabatino avverte il suo socio che una nave fu depredata dai pirati “intru lu portu de Nyrdò”. Tale evento, però, fu smentito da una sesta lettera scritta da un altro commerciante ebreo, tale Mosè de Meli, il quale informò Biagio Doffin di essere stato truffato da Sabatino che finse il furto per appropriarsi egli stesso del bottino:
Sery Byasi Dalfyn hio Mosè de Meli vi fazo assavery chy my sa mullto mali de la gabba che ve à ffatto Sabatyno judeo de Cobertyno chy sta mò in Leze de li besanti C”‘ de oro che pellao delu vostro et addusseli in Leze et guadannò dela ditta moneta vostra ducaty CL chy contao in vostra party de lu guadanno…
Nella corte di Lecce, il cappellano della contessa Maria D’Enghien, tale frate Nicolao de Aymo scrisse la grammatica latina Interrogatorium constructionum gramaticalium (1444) dove si avvalse proprio del volgare salentino come lingua di traduzione per fornire esempi delle regole grammaticali. Di quest’opera ci rimangono due manoscritti che son utili dal punto di vista linguistico, in quanto sono presenti parole tipicamente dialettali come suggerisce Maggiore (2015): nusterça (nusterza), groffolare (cruffulare), insetare (nsitare), scardare pissi (squamare pesci)
 Nel Principato di Taranto di Giovanni Antonio del Balzo Orsini troviamo il Librecto de pestilencia (1448) scritto dal “cavaliero et medico” galatinese Nicolò di Ingegne, il quale conversa con altri due medici di corte, tali Aloysi Tafuro de Licio e Symone de Musinellis de Butonto, e con lo stesso Giovanni Antonio riguardo la peste e sui possibili rimedi e cure. Inoltre, nell’opera si menzionano alcuni nomi di vini, tra cui uno tipico tarantino, il Gaglioppo, come si legge in Maggiore[19] (2013): “ma più in lo tempo de la peste, sincome sonno malvasie, greco, guarnaze, [..] et da nuy tarentini ‘galioppo’ chyamato, lo quale in questa città più che in parte del mundo perfecto se fa”.
La corte di Angilberto del Balzo Orsini, conte di Ugento e duca di Nardò, annoverava nella sua una ricca libreria copie di libri in latino e volgarizzamenti delle opere di Dante, Petrarca e Boccaccio. Ad essa appartiene lo Scripto sopra Theseu re, un ricco commento al Teseida di Boccaccio redatto da un anonimo salentino, probabilmente nella seconda metà del Quattrocento nella scuola di Nardò, una scuola di amanuensi domenicani molto attiva in quel periodo.
Il commento al Teseida, oltre che fornire prove sulla circolazione delle opere toscane nel Salento, dimostra la varietà linguistica della koinè salentina che abbraccia sia i toscanismi letterari, sia i termini più vernacolari e i meridionalismi generalizzati, come riporta Maggiore (2015): amochare ‘coprire’, annicchare ‘nitrire’, ganghe ‘guance’, lucculare ‘urlare’, magiara ‘strega’, nachiro ‘nocchiero’, sghectata ‘spettinata’, rugiare ‘borbottare’, ursolo ‘piccolo recipiente per liquidi’.
Inoltre, appartenente alla libreria di Angilberto, il Libro de Sidrac che merita una considerazione speciale. Si tratta di un trattato filosofico in stile “domanda e risposta” tra il re Buctus e il filosofo Sidrac. Quest’opera, scritta originariamente in lingua francese d’oil tra il 1270 e il 1300, potrebbe essere considerata un best seller di quell’epoca, in quanto nei secoli successivi fu tradotta in ben sessanta versioni romanze tra cui anche in volgare salentino. Si tratta, indubbiamente, di un testo che ci fornisce esempi di koiné salentina, come nell’incipit del testo “Ore Sidrac incomenza a respondere a lo re Botus ad tucte le sue addimande, et a chascaduna responde di per sé. La prima ademanda si è si deu pòy essere veduto. Deu si è visibile et non visibile, cà illu vede tuctu et non pote essere veduto”[4r 32-35]. Secondo gli studi linguistici fatti da Sgrilli[20](1983), il Sidrac salentino fu scritto per mano di un autore brindisino, mentre quelli fatti in precedenza da Parlangeli (1958)[21] dicono che “il nostro testo sia scritto in un dialetto del tipo salentino settentrionale, quale, a un dipresso, doveva essere parlato nella zona di Nardò”.
Le attestazioni del salentino volgare non provengono solo da testi e manoscritti ma anche nelle epigrafi come quella nella Cattedrale di Nardò all’interno di un affresco risalente alla metà del XV secolo e raffigurante San Nicola, la Madonna col Bambino e Santa Maria Maddalena orante (nella navata sinistra). La riscoperta dell’attestazione è da attribuire al dott. Gaballo e al prof. Polito e recita:
O tu chi ligi, fa’ el partisani:
chi ley fey fare, Cola è ’l sua nome,
filliolu de Luisi de Pephani.
Secondo Castrignanò[22] (2016), la parafrasi reciterebbe: Oh tu che leggi, prendi la mia parte/ chi la fece fare [la pittura], Nicola è il suo nome/ figlio di Luigi di Epifanio. Se a prima impressione l’epigrafe sembrerebbe una captatio benevolentiae, in quanto l’autore chiede ai chiunque guardi il suo affresco di parlarne bene (fa’ el partisani) in realtà sembra rievocare il verso dantesco If IX 61-63: O voi ch’avete li ’ntelletti sani, / mirate la dottrina che s’asconde / sotto ’l velame de li versi strani.
Per concludere con uno sguardo sulla società medievale e sulle relazioni interpersonali tra i cittadini di quell’epoca, mi piacerebbe menzionare le deposizioni presenti ne Il registro dei reati e delle pene, una raccolta giudiziaria di 607 denunce appartenente al resoconto fiscale de la Corte del Capitanio di Nardò[23] (1491) e redatte da Giampaolo de Nestore di Nardò, nelle quali si apprezza la lingua dei protagonisti che si lasciano andare a forme ingiuriose e minacciose come:
Marco de Sidero, denunciato per Gabrielj Caballone, che li dixe: «Levatinte davanti et portame li forfichi, ca le mecto le mano alli capillj»
Charella Malicore, denunciata per Hieronimo serviente, che li dixe: «Si marituma era cqua, te haveria dato cinquanta bastonate»
Uxor Giorgii Taurini, denunciata per la molliere de Francesco de Cupertino perché li dixe: «puctana, frustata, tu teni cento innamorati»
Francesco de Follica, denunciato per Gabrieli de Montefusco, perché li dixe: «yo trovai le terre allo culo de mammata»
 Conclusioni
Questo viaggio intrapreso lungo i più remoti secoli della storia ha portato alla luce alcune delle primissime forme di scrittura nella nostra lingua in epoca medioevale. Grazie agli studi di alcuni ricercatori in merito alla tradizione scritta salentina, in questo iter abbiamo messo in risalto non solo aspetti relazionati al lessico ma anche alle antiche vicende sociali e culturali che la nostra terra ha vissuto: mi riferisco alla forte presenza della comunità ebraica alla quale si deve una importantissima produzione sia in alfabeto ebraico ma anche in quelli greco e latino, all’evoluzione linguistica del volgare salentino che da lingua locale si trasformò in lingua comune grazie soprattutto alle figure dei primi mecenati in Terra d’Otranto che ne permisero la diffusione. In altre parole, un piccolo viaggio tra lingua, storia, cultura e società alla riscoperta del nostro passato.
  [1] Per maggiori dettagli: https://www.fondazioneterradotranto.it/2021/02/11/messapia-era-davvero-una-terra-tra-due-mari/ e https://www.fondazioneterradotranto.it/2021/02/17/messapia-chi-conio-questo-termine-e-perche/
[2] Per le definizioni di latino volgare e latino classico, vedi “Vocalismo e consonantismo del dialetto salentino”, https://www.fondazioneterradotranto.it/2021/02/13/vocalismo-e-consonantismo-nel-dialetto-salentino/
[3] Trad. ita: “Io so che quelle terre, che qui si dice, le ha possedute trent’anni la parte di San Benedetto”.
[4] Trad. ita: “So che quelle terre secondo quei confini che ti mostrai furono di Pergoaldo come qui si dice e le ha possedute per trent’anni
[5] Trad. ita: “Quella terra secondo quei confini che vi mostrai, è di Santa Maria e l’ha posseduta trent’anni.
[6] Trad. ita: “So che quelle terre secondo quei confini qui descritti le ha possedute per trent’anni la parte di santa Maria.
[7] Maggiore, Marco (2015), Manoscritti medievali salentini, in L’Idomeneo, n.19, pp. 99-122.
[8] Cuscito, Giuseppe M (2018), Il Sefer ha-yaqar di Šabbeṯay Donnolo: traduzione italiana commentata. Sefer Yuḥasin ספר יוחסין | Review for the History of the Jews in South Italy<Br>Rivista Per La Storia Degli Ebrei Nell’Italia Meridionale, 2, 93-106. https://doi.org/10.6092/2281-6062/5568.
[9] In Maggiore (2015:102).
[10] Garrisi, Antonio (1990), Il dizionario leccese-italiano, Congedo Editore. Sotto la voce cucummaru sputacchiaru o riestu: pianta ruderale, strisciante, con steli e foglie scabri, i cui turgidi frutti peponidi maturi, se toccati, lanciano (sputano) il succo e i semi all’intorno.
[11] Cuomo, Luisa (1977), Antichissime glosse salentine nel codice ebraico di Parma, De Rossi, 138, in «Medioevo Romanzo», 4, pp. 185-271.
[12] De Angelis, Alessandro (2010), Due canti d’amore in grafia greca del Salento medievale e alcune glosse greco-romanze, in Cultura neolatina, Anno 70, Fasc 3-4, pp.371-413.
[13] Rocco Distilo, Parole al computer. Dal genere al motivo d’‘alba’ (per un’ignota ‘alba di malamata’), in Atti del V convegno internazionale e interdisciplinare su testo, metodo, elaborazione elettronica (Messina-Catania-Brolo, 16-18 novembre 2006), a cura di Antonio Cusato, Domenica Iaria e Rosa Maria Palermo, Messina, Lippolis, 2007, pp. 101-115.
[14] Oronzo, Parlangèli (1958), La «Predica salentina» in caratteri greci, in Lausberg-Weinrich, pp. 336-360 [ristampa in Parlangèli (1960), pp. 143-173].
[15] La traslitterazione è presa da: Greco, V.,C., “Rimario letterario” (e non solo) Leccese e… Salentino.
[16] Bernardini, Isabella (2010), Greek Language and Culture in South Apulia. Proposals for teaching Greek, in The teaching of modern Greek in Europe: current situation and new perspectives (p. 132), Editum, Universidad de Murcia.
Ho riportato una traduzione dell’originale: “From the end of the ninth century through to the end of the sixsteenth century we find 400 Greek codices, compared to 30 Latin ones for the same period.”
[17] Maggiore, Marco (2013), Evidenze del quarto genere grammaticale in Salento antico, in Medioevo letterario d’Italia, Fabrizio Serra Editore, Pisa-Roma .
[18]Stussi, Alfredo (1982), Antichi testi salentini in volgare, « Studi di filologia italiana », xxiii, 1965, pp. 191-224, ristampato in Id., Studi e documenti di storia della lingua e dei dialetti italiani, Bologna, il Mulino, 1982, pp. 155-181.
[19] Maggiore, Marco (2013), Italiano letterario e lessico meridionale nel Quattrocento, in Studi Linguistici Italiani, vol. XXXIX, Salerno Editrice, Roma.
[20] Sgrilli, Paola (a cura di), Il libro di Sidrac Salentino, Pisa (1983).
[21] Oronzo, Parlangèli (1958), Postille e giunte al Vocabolario dei dialetti salentini di G. Rohlfs, in RIL, XCII, pp. 737-798.
[22] Vito, L.,Castrignanò (2016), A proposito di un’epigrafe salentina in volgare (Nardò, entro il 1456), in Revue de Linguistique Romane, n°317-318, Vol.80, pp, 195-205, Strasbourg.
[23] Perrore, Beatrice (2018), Il discorso riportato ne La Corte del Capitanio di Nardò (1491): alcuni tratti sintattico-testuali, in Linguaggi settoriali e specialistici, Atti del XV Congresso SILFI Società Internazionale di Linguistica e Filologia Italiana, (Genova, 28-30 maggio 2018). Vedi anche: Holtus, Günter; Metzeltin, Michael; Schmitt, Christian, (a cura di), Die einzelnen romanischen Sprachen und Sprachgebiete vom Mittelalter bis zur Renaissance, De Gruyter, Berlino (1995).
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levysoft · 5 years
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Resa famosa in Europa dalla versione di Madonna, molti nemmeno sanno che l'originale è di Don McLean. Un blogger italiano che vive in america scriveva che laggiù la si sente quasi ogni giorno, questo per dare un'idea della popolarità di cui gode oltreoceano. La versione originale del brano ha svettato nelle più importanti classifiche del mondo per mesi (cosa per altro insolita per un brano che dura quasi nove minuti). Soprattutto negli stati uniti, questo pezzo ha raggiunto una tale popolarità da essere stato proposto come patrimonio dell'umanità. Non si contano le cover, tra le quali spicca la già citata Luisa Veronica Ciccone (un ottimo lavoro, ma nettamente inferiore all'originale - a mio parare).Se il motivo rock è semplice, immediato e accattivante, il testo è di assai difficile interpretazione, tanto che non esiste ad oggi un punto vista "ufficiale", o comunque univoco. Più volte interpellato per chiarimenti Don McLean si è sempre rifiutato di dare spiegazioni, dicendo che di interpretazioni c'è ne sono talmente tante che non si vede la necessita di fornirne in più. Avendola tradotta ed ascoltata più volte, una mia me la sono fatta. Non me ne si voglia a male però se questa è opinabile perché, ripeto, nessuno è riuscito a dare una spiegazione che abbia messo tutti d'accordo. Onestamente, però, credo di essere abbastanza vicino alla verità. Il testo e la relativa traduzione lo trovate a fondo pagina (la migliore che ho trovato, alla quale ho apposto solo qualche correzione, dovuta sopratutto alle frasi idiomatiche). Altre modifiche le ho effettuate in seguito ai vostri commenti, che vi invito a scrivere al fine di migliorare sempre di più l'articolo.
Significato di American Pie.
Partiamo intanto dal titolo, che all'apparenza non ha alcun senso. Secondo me invece si e vedremo dopo il perché. American pie si potrebbe tradurre come "dolce americano". Si noti che, seppur il testo reciti miss America pie, lasciando intendere che pie sia un nome proprio di persona, questi è scritto in minuscolo. Quindi direi che "dolce" americano ci può star bene. Il ritornello, invece, recta "bye bye American Pie", ovvero "addio dolce americano". Tra poco capiremo il perché.Significato di "the day the music die".
Qui non ci sono dubbi: il 3 febbraio 1959, l'aereo con a bordo Buddy Holly, Ritchie Valens e J.P. Richardson cade, e tutte le persone a bordo (loro 3 più il pilota) muoiono. Le cause dell'incidente non sono mai state chiarite, apparentemente sono dovute al mal tempo e alla poca esperienza del giovanissimo pilota, ma, tra i relitti, è stata trovata una pistola con dei colpi esplosi. Il che lascia aperta ogni ipotesi. Quello che è certo è questa data ha preso il nome di "the day the music die", il giorno in cui è morta la musica. Il riferimento in particolare è rivolto a Buddy Holly che nel 1959 era considerata la più grande star del rock. Se qualcuno di voi ha visto il film "la bamba" ricorderà che finisce con il protagonista che muore in un incidente aereo. Il protagonista è appunto Ritchie Valens, e l'episodio a cui si fa rifermento è il "the day the music day", il giorno in cui la musica è morta.
La fine del sogno.
Don McLean ha cominciato a scrivere il testo subito dopo l'incidente, per finirlo nel 1971, 12 anni durante i quali ha continuato ad aggiungere nuove strofe. Se lo si ascolta con attenzione ce se ne rende conto, si vede che lo stile cambia leggermente in ogni paragrafo. La parte iniziale è quella più semplice e immediata, poi, a mano a mano che si va avanti, il testo diventa più enigmatico. Di certo conoscere la sua lunga genesi ed il periodo in cui è stato scritto aiuta moltissimo alla comprensione.
A long long time ago I can still remember How that music used to make me smile And I knew if I had my chance That I could make those people dance And maybe they'd be happy for a while.
Che si potrebbe tradurre
Tanto tanto tempo fa Ricordo Come quella musica mi facesse sorridere E sapevo che se avessi avuto la mia occasione Avrei fatto ballare quella gente E forse sarebbero stati felici per un pò
Questo rappresenta i sogni di un bambino. Un bambino a cui la musica dona felicità e che sogna, un giorno, di poter essere musicista per rendere la gente felice. Questo potrebbe essere l'american pie. Il dolce sogno americano di questo bambino.
Ed ecco la seconda:
But February made me shiver With every paper Ìd deliver Bad news on the doorstep I couldn't take one more step
tradotta:
Ma febbraio mi fece venire i brividi Ogni giornale che consegnavo Lasciava brutte notizie davanti alla porta Non riuscivo più ad andare avanti
Ed ecco la fine del sogno americano: il giorno in cui è morta la musica. La fine dei sogni del ragazzo. Un po' come quando un bambino scopre che non esiste babbo Natale. Eppure il mondo va avanti, nascono nuovi artisti, nuovi fenomeni musicali, nuovi ideali, ma il sogno ormai è svanito. Babbo Natale non esisterà più, anche se continueremo a ricevere regali.
Da qui in poi la canzone fa una carrellata di tutta la musica americana che va dal 1959 al 1972, anno di pubblicazione della canzone. E il tutto viaggia attraverso questo contrasto: da un lato la gioia di veder nascere nuove star, ma dall'altro l'ossessivo ripetersi del ritornello "bye bye miss American pie", ovvero, nulla sarà più come prima. Vediamo a quali grandi artisti fa riferimento:
Beatles, Rolling stone e Bob Dylan.
The King of rock è ovviamente Elvis Presley, mentre non è chiaro chi sia the "queen", qualcuno parla di Little Richard.
Il personaggio che indossa un cappotto alla James Dean e che ruba la corona al re è ovviamente Bob Dylan, che in quel periodo, mentre la popolarità di Elvis era in costante calo, stava diventando una leggenda vivente.
"And while Lennon read a book on Marx", nel 59 stavano nascendo grandi ideologie. Lennon stava ancora leggendo i libri di Marx, ma, da li a poco, sarebbe diventato il più grande testimonial del movimento pacifista mondiale.
"The qurtet practiced in the Park" fa riferimento ai 4 ragazzi di Liverpool, ovvero dei Beatles, qui trattati con una certa sufficienza.
"Helter Skelter in a summer swelter" non è una persona, ma il titolo di una delle canzoni del White album.
"The birds flew off with the fallout shelter Eight miles high and falling fast", si riferisce ai Bird, che nel 1966 avevano pubblicato l'album "Fifth Dimension", che risulta essere il primo LP censurato della storia, a causa dei suoi riferimenti alla droga.
"And we were all in one place", chiaro riferimento a Woodstock. Interessante però il commento di un nostro lettore, che pensa possa riferirsi ad una generazione cresciuta davanti alla televisione, con particolare rifermento alla serie "Lost in the space" che ebbe un grande successo a partire dal 1965.
"I met a girl who sang the blues", la geniale Jenis Joplin, che oltre ad essere stata una delle protagoniste di Woodstock è da molti considerata la madre del genere Punk.
Di riferimenti ad artisti, gruppi ed anche generi musicali (come il genere psicadelico) c'è ne sono a dozzine. Val la pena notare comunque, come la maggior parte di questi, vadano in direzione di Bob Dylan, dei Beatles e dei Rolling Stones.
Riporto qui i letteralmente i suggerimenti dei lettori: "Quel sergente e la banda che marcia è chiaro si riferisca a peppers dei beatles ; quando dice "eravamo tutti uniti in un punto , una generazione persa nello spazio" penso si riferisca al momento in cui tutti quanti si misero davanti la tv per vedere in diretta lo sbarco sulla luna del 69 , e poi quando continua dicendo "dai jack flash veloce" si riferisce a jumpin' jack flash dei Rolling stones".
Insomma, la musica è cambiata, si è evoluta, è anche migliorata forse. I tre artisti morti in quel febbraio sono stati sostituiti da grandi geni della musica, forse sono stati anche dimenticati. Ma quello che non tornerà più è la magia che regnava prima di questa tragedia. Dai commenti di un anonimo arrivano due suggerimenti molto interessanti: "a voice came" potrebbe essere riferito al grande Frank Sinatra, ribattezzato appunto, Frank the Voice. Sono invece un po' titubante riguardo alla "generation lost in space", che di fatto riporta una frase identica conenuta in "hair": "My generation lost in space". Nessuno saprà mai la verità, ma resto dell'idea che si riferisca allo sbarco sulla Luna. Nessun dubbio invece riguardo la grandissima Janis Joplin; è esattamente come dici tu.
La fine del sogno americano.Voglio tornare su questo punto. Ci dobbiamo fissare sugli anni '50, la seconda guerra mondiale era finita, la guerra fredda ancora non aveva raggiunto la tensione "reganiana", l'economia viveva una crescita che sembrava inarrestabile, l'eroina e la cocaina dovevano ancora invadere le città americane, e cominciava l'epoca della liberazione della donna e della liberazione sessuale. Un mondo semplice e idilliaco, ed anche ingenuo. Tutti sembravano felici e spensierati e persino i testi delle canzoni erano "idioti", dovevano solo comunicare allegria e voglia di vivere. Questo era Buddy Holly.
Confrontiamolo con l'immenso John Lennon. Anche John Lennon era un sognatore e trasmetteva al pubblico valori semplici e positivi, come il pacifismo. Ma il pacifismo esisteva perché esisteva la guerra nel Vietnam. Woodstock fu un grande evento, che ha segnato la musica ed anche i costumi di una generazione. Ma Woodstock era comunque un movimento di protesta contro l'America capitalista e imperialista. Janis Joplin era si la regina del blues e la madre del punk, ma era anche capostipite di un movimento anarchico e nichilista che voleva distruggere il sistema. Il caso di censura dei Bird è comunque riferito ad un problema di droga, problema che non esisteva prima che la "musica morisse".
E potrei andare avanti per pagine. All'inizio l'autore dice che la musica riusciva a farlo sorridere, ora non più! La musica è cresciuta, è andata avanti, è anche migliorata, ma non lo fa più sorridere. Non lo fa più sorridere perchè il dolce sogno americano è svanito. Ecco perché Bye Bye Miss Amercian pie.
Testo originale America pie.
A long long time ago I can still remember How that music used to make me smile And I knew if I had my chance That I could make those people dance And maybe they'd be happy for a while. But February made me shiver With every paper Ìd deliver Bad news on the doorstep I couldn't take one more step I can't remember if I cried When I read about his widowed bride But something touched me deep inside The day the music died So bye-bye, Miss American Pie Drove my chevy to the levee But the levee was dry And them good old boys Were drinkin' whiskey and rye Singin' this'll be the day that I die This'll be the day that I die Did you write the Book of Love And do you have faith in God above If the Bible tells you so Do you believe in rock 'n roll Can music save your mortal soul And can you teach me how to dance real slow Well, I know that yoùre in love with him 'Cause I saw you dancin' in the gym You both kicked off your shoes Man, I dig those rhythm and blues I was a lonely teenage broncin' buck With a pink carnation and a pickup truck But I knew I was out of luck The day the music died I started singin' So bye-bye, Miss American Pie Drove my chevy to the levee But the levee was dry And them good old boys Were drinkin' whiskey and rye Singin' this'll be the day that I die This'll be the day that I die Now for ten years wève been on our own And moss grows fat on a rollin' stone But that's not how it used to be When the jester sang for the King and Queen In a coat he borrowed from James Dean And a voice that came from you and me Oh, and while the King was looking down The jester stole his thorny crown The courtroom was adjourned No verdict was returned And while Lennon read a book of Marx The quartet practiced in the park And we sang dirges in the dark The day the music died We were singing So bye-bye, Miss American Pie Drove my chevy to the levee But the levee was dry And them good old boys Were drinkin' whiskey and rye Singin' this'll be the day that I die This'll be the day that I die Helter Skelter in a summer swelter The Byrds flew off with a fallout shelter Eight miles high and falling fast It landed foul out on the grass The players tried for a forward pass With the jester on the sidelines in a cast Now the half-time air was sweet perfume While the Sergeants played a marching tune We all got up to dance Oh, but we never got the chance 'Cause the players tried to take the field The marching band refused to yield Do you recall what was revealed The day the music died We started singing So bye-bye, Miss American Pie Drove my chevy to the levee But the levee was dry And them good old boys Were drinkin' whiskey and rye Singin' thborn in hell Could break that Satan's spell And as the flames climbed high into the night To light the sacrifical rite I saw Satan laughing with delight The day the music died He was singing So bye-bye, Miss American Pie Drove my chevy to the levee But the levee was dry And them good old boys Were drinkin' whiskey and rye Singin' this'll be the day that I die This'll be the day that I die I met a girl who sang the blues And I askedborn in hell Could break that Satan's spell And as the flames climbed high into the night To light the sacrifical rite I saw Satan laughing with delight The day the music died He was singing So bye-bye, Miss American Pie Drove my chevy to the levee But the levee was dry And them good old boys Were drinkin' whiskey and rye Singin' this'll be the day that I die This'll be the day that I die I met a girl who sang the blues And I asked her for some happy news But she just smiled and turned away I went down to the sacred store Where Ìd heard the music years before But the man there said the music woudn't play And in the streets the children screamed The lovers cried, and the poets dreamed But not a word was spoken The church bells all were broken And the three men I admire most The Father, Son and the Holy Ghost They caught the last train for the coast The day the music died And they were singing So bye-bye, Miss American Pie Drove my chevy to the levee But the levee was dry And them good old boys were drinkin' whiskey and rye Singin' this'll be the day that I die This'll be the day that I die They were singing bye-bye, Miss American Pie Drove my chevy to the levee But the levee was dry Them good old boys were drinking whiskey and rye Singin' this'll be the day that I die her for some happy news But she just smiled and turned away I went down to the sacred store Where Ìd heard the music years before But the man there said the music woudn't play And in the streets the children screamed The lovers cried, and the poets dreamed But not a word was spoken The church bells all were broken And the three men I admire most The Father, Son and the Holy Ghost They caught the last train for the coast The day the music died And they were singing So bye-bye, Miss American Pie Drove my chevy to the levee But the levee was dry And them good old boys were drinkin' whiskey and rye Singin' this'll be the day that I die This'll be the day that I die They were singing bye-bye, Miss American Pie Drove my chevy to the levee But the levee was dry Them good old boys were drinking whiskey and rye Singin' this'll be the day that I dieis'll be the day that I die This'll be the day that I die Oh, and there we were all in one place A generation Lost in Space With no time left to start again So come on, Jack be nimble, Jack be quick Jack Flash sat on a candlestick 'Cause fire is the Devil's only friend Oh, and as I watched him on the stage My hands were clenched in fists of rage No angel born in hell Could break that Satan's spell And as the flames climbed high into the night To light the sacrifical rite I saw Satan laughing with delight The day the music died He was singing So bye-bye, Miss American Pie Drove my chevy to the levee But the levee was dry And them good old boys Were drinkin' whiskey and rye Singin' this'll be the day that I die This'll be the day that I die I met a girl who sang the blues And I asked her for some happy news But she just smiled and turned away I went down to the sacred store Where Ìd heard the music years before But the man there said the music woudn't play And in the streets the children screamed The lovers cried, and the poets dreamed But not a word was spoken The church bells all were broken And the three men I admire most The Father, Son and the Holy Ghost They caught the last train for the coast The day the music died And they were singing So bye-bye, Miss American Pie Drove my chevy to the levee But the levee was dry And them good old boys were drinkin' whiskey and rye Singin' this'll be the day that I die This'll be the day that I die They were singing bye-bye, Miss American Pie Drove my chevy to the levee But the levee was dry Them good old boys were drinking whiskey and rye Singin' this'll be the day that I die
America pie testo tradotto
Tanto tanto tempo fa ricordo Come quella musica mi facesse sorridere E sapevo che se avessi avuto la mia occasione Avrei fatto ballare la gente E forse l'avrei resa felice per un momento Ma febbraio mi fece venire i brividi Ogni volta che consegnavo i giornali Lasciavo brutte notizie sulla porta Non potevo andare avanti così Non ricordo se ho pianto Quando ho letto della sua sposa rimasta vedova Ma qualcosa mi ha toccato nel profondo Il giorno che la musica è morta Ciao-Ciao, Miss American Pie Spinsi la mia Chevrolet fino all'argine, Ma l'argine era secco E vecchi amici Bevevano wiskey di segale Cantando che quel giorno sarei morta Quel giorno sarei morta Hai scritto il libro dell'amore E credi in Dio lassù? Se lo dice la Bibbia Adesso credi nel rock and roll? E la musica può salvare la tua anima mortale? E puoi insegnarmi a ballare davvero lentamente? Bene, so che sei innamorata di lui Perché vi ho visto ballare nella palestra Tutti e due avete calciato via le vostre scarpe Hey, ho apprezzato quei rhythm and blues Ero soltanto una ragazzina sola e senza soldi Con un garofano rosa e un pick up Ma sapevo che il giorno in cui la musica fosse morta Io sarei stata sfortunata Iniziai a cantare Ciao-Ciao, Miss American Pie Spinsi la mia caccia fino all'argine, Ma l'argine era secco E vecchi amici bevevano Wiskey di segale Cantando che quel giorno sarei morta Quel giorno sarei morta Per dieci anni siamo stati per i fatti nostri Ed il muschio è cresciuto denso su una pietra che rotola Ma questo non è come dovrebbe essere Quando il giullare cantava per re e regina In un cappotto preso in prestito a James Dean E una voce che usciva da me e te E mentre il re stava guardando in basso Il giullare gli ha rubato la sua corona di spine Il processo fu rimandato Nessun verdetto fu emesso E mentre Lennon leggeva un libbro di Marx Il quartetto si esercitava nel parco E noi cantavamo lamenti funebri nell'oscurità Quel giorno la musica è morta Noi stavamo cantando Ciao-Ciao, Miss American Pie Spinsi la mia caccia fino all'argine, Ma l'argine era secco E vecchi amici Bevevano wiskey di segale Cantando che quel giorno sarei morta Quel giorno sarei morta Helter Skelter in un'estate soffocante I Byrds volarono via con un rifugio anti atomico Otto miglia in alto e poi cadendo in picchiata Atterrò malamente sul suolo I giocatori cercano di fare un passo in avanti Con il giullare nelle linee laterali verso la meta L'aria del primo tempo era dolcemente profumata Mentre i Sergents giocavano con tono di marcia Tutti ci alzammo per ballare Ma non abbiamo avuto tempo per farlo Perché i giocatori cercarono di conquistare il campo The marching band rifiutava di cedere Ti ricordi cosa accadde Quel giorno la musica mori Abbiamo iniziato a cantare Ciao-Ciao, Miss American Pie Spinsi la mia caccia fino all'argine, Ma l'argine era secco E vecchi amici bevevano wiskey di segale Cantando che quel giorno sarei morta Quel giorno sarei morta Li eravamo tutti in un posto solo Una generazione persa nello spazio Senza tempo per ricominciare Forza Jack, vieni, sii agile, sii veloce Jack Flash si è seduto su un candeliere Peché il fuoco è l'unico amico del demonio Lo stavo guardando sul palcoscenico Le mie mani si sono strette in un pugno di rabbia Nessun angelo nasce all'inferno Potevo rompere l'incantesimo di satana E mentre le fiamme salivano alte nella notte Per illuminare il rito del sacrificio Ho visto satana ridere deliziato Quel giorno la musica è morta Lui stava cantando Ciao-Ciao, Miss American Pie Spinsi la mia caccia fino all'argine, Ma l'argine era secco E vecchi amici Bevevano wiskey di segale Cantando che quel giorno sarei morta Quel giorno sarei morta Ho incontrato una ragazza che cantava il blues E le ho chiesto di darmi delle buone notizie Ma lei ha solo sorriso e se n'è andata Poi mi sono diretta verso questo negozio sacro Dove anni prima ascoltai la musica Ma là l'uomo mi disse che la musica non avrebbe suonato E in quel momento nelle strade i bambini gridarono Gli innamorati piansero e i poeti sognarono Nulla fu detto Tutte le campane della chiesa si ruppero E i tre uomini che amavo di più Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo Loro, il giorno in cui la musica morì Presero l'ultimo treno per la costa Loro stavano cantando Ciao-Ciao, Miss American Pie Spinsi la mia caccia fino all'argine, Ma l'argine era secco E vecchi amici bevevano wiskey di segale Cantando, questo giorno sarei morta Questo giorno sarei morta Loro stavano cantando ciao-Ciao, Miss American Pie Spinsi la mia caccia fino all'argine, Ma l'argine era secco E vecchi amici bevevano wiskey di segale Cantando quel giorno sarei morta
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Weezer - Hurley
Tumblr media
Poi un triste giorno mi porteranno via
Ma io non sarò morto
Perché anche quando non ci sarò più, avrete comunque in testa questa canzoncina idiota
(da: Time Flies)
1. Memories
Ricordi
   Pisciare nei bicchieri di plastica prima di salire sul palco
Giocare a calcio con una pallina ai tempi in cui gli Audioslave erano ancora i Rage
Guardare tutti i fricchettoni olandesi che vomitavano e poi facevano sesso
Ascoltare la musica techno sul bus mentre ci guadagnavamo l’assegno
   I ricordi mi fanno venire voglia di tornare a quei tempi, a quei tempi
Tutti i ricordi mi fanno venire voglia di tornare a quei tempi, a quei tempi
Tutti i ricordi, come facciamo a tornare a quei tempi, a quei tempi?
Voglio tornare di nuovo a quei tempi
   Far incazzare i giornalisti e raccontare bugie sciocche
Ce l’avevano la sensazione che ci fosse sotto qualcosa dagli sguardi che facevamo
A dire il vero, non sapevamo cosa stessimo facendo buona parte del tempo
Quanto eravamo sicuri di noi stessi e di come affrontare la vita
   I ricordi mi fanno venire voglia di tornare a quei tempi, a quei tempi
Tutti i ricordi mi fanno venire voglia di tornare a quei tempi, a quei tempi
Tutti i ricordi, come facciamo a tornare a quei tempi, a quei tempi?
Voglio tornare di nuovo a quei tempi
   Adesso ho un sacco di persone di cui mi devo occupare
Non so mai quando mi stanno per chiamare per andare a fare un po’ di spesa
Sento i bambini che piangono e c’è il prato da tagliare
Devo pensare un po’ a divertirmi, perché mi annoio da maledetti
   I ricordi mi fanno venire voglia di tornare a quei tempi, a quei tempi
Tutti i ricordi mi fanno venire voglia di tornare a quei tempi, a quei tempi
Tutti i ricordi, come facciamo a tornare a quei tempi, a quei tempi?
Voglio tornare di nuovo a quei tempi
       2. Ruling Me
Controllo su di me
   “Drin drin”, fa il tuo telefono
Tu fai finta di non essere a casa
Mi ignori, ma a me questa cosa mi fa eccitare
Lucidalabbra rosso, trecce nere
Un look da cui dovrei stare alla larga
A noi ragazzi ci fa impazzire per voi
   Completamente affascinato
M’immagino già quel contatto che magari non avverrà mai
   Con la pioggia, con il sole
Tutti hanno bisogno di qualcuno da poter sognare tutta la notte
Tutto il dolore, e i modi in cui mi fai perdere la testa
Non è un mistero come mai governi su di me
   Ci siamo incontrati la prima volta in mensa
Il mio nervo ottico ha fatto sbam!, boom!
Non avevo mai osservato un volto così bello
Mia dolce signora, non prenderti gioco di me
Se sono una manopola, non abbassarmi
Non puoi vincere la partita se passi l’asso
   Sono frustratissimo
Quest’amore è in ritardo, mi sa
Facciamolo galoppare
   Con la pioggia, con il sole
Tutti hanno bisogno di qualcuno da poter sognare tutta la notte
Tutto il dolore, e i modi in cui mi fai perdere la testa
Non è un mistero come mai governi su di me
   Non sto più scherzando
Quest’amore fa soffrire, poco ma sicuro
Ti sento, ti vedo, ho bisogno di te
   Con la pioggia, con il sole
Tutti hanno bisogno di qualcuno da poter sognare tutta la notte
Tutto il dolore, e i modi in cui mi fai perdere la testa
Non è un mistero come mai governi su di me
Non è un mistero come mai governi su di me
       3. Trainwrecks
Rottami
   Dormiamo tutto il giorno e scateniamo la notte
Ci alziamo per far scoppiare un’altra battaglia
Ci baciamo e poi ci morsichiamo
Siamo dei rottami
   Tu non fai i mestieri e io sono uno sciattone
Dai i numeri perché mi licenziano da ogni lavoro
Non aggiorniamo i nostri blog
Siamo dei rottami
   Alla gente piace un sacco dirci cosa dobbiamo fare
Ma è solo perché sono gelosi di noi due
   Scaviamo nel divano per cercare due spicci
Prendiamo il taxi perché abbiamo sfasciato tutt’e due le macchine
Ma spacchiamo ancora i culi
Siamo dei rottami, rottami
Spacchiamo ancora i culi
Siamo dei rottami
   Secondo noi è da sfigati arrivare in orario
Vivere sulle spalle degli amici non è un crimine federale
   Un giorno metteremo a tacere tutti i criticoni
E ci imbucheremo a una festa di Diddy in incognito
Cadiamo ma poi ci rialziamo
Siamo dei rottami, rottami
È la storia della nostra vita
Siamo dei rottami, rottami
È la storia della nostra vita
Siamo dei rottami
       4. Unspoken
Implicito
   Ogni mattina, ogni giorno, spero di avere un’occasione di andarmene
Alla sera, ogni notte, sogno di avere un’occasione di sistemare tutto
A ogni occasione che mi si presenta, scommetto sul sole in cielo
   E se mi porti via questa cosa non ti perdonerò mai, non capisci?
La nostra vita cadrà a pezzi
Il nostro odio sarà implicito
   Me le sento addosso quelle catene di metallo
E imprigionano la speranza che mi impedisce di impazzire
Posso contrattaccare, certo che posso
Perché sono forte abbastanza da dimostrarti che sono un uomo
E quanto odio quello che fai quando il tuo veleno filtra dentro e ridi di me
   E se mi porti via questa cosa non ti perdonerò mai, non capisci?
La nostra vita cadrà a pezzi
Il nostro odio sarà implicito
   A ogni occasione che mi si presenta, scommetto sul sole in cielo mentre tramonta e sparisce dalla vista
E quanto odio quello che fai quando il tuo veleno filtra dentro e ridi di me
   E se mi porti via questa cosa non ti perdonerò mai, non capisci?
La nostra vita cadrà a pezzi
Il nostro odio sarà implicito
E se mi porti via questa cosa non ti perdonerò mai, non capisci?
La nostra vita cadrà a pezzi
Il nostro odio sarà implicito
       5. Where’s My Sex?
Dov’è il mio cazzino?*
   Il mio cazzino me l’ha fatto la mamma
L’ha fatto a maglia con le sue mani
Fare i cazzini è una tradizione di famiglia
Andando indietro ai tempi dei cavernicoli
Erano lì che giravano tutti confusi
Poi hanno capito come si faceva
E han detto “accidempoli, che figata!”
Ma adesso io sembro un pazzoide preistorico
Che cammina in giro senza il cazzino
   Dico “Dov’è il mio cazzino?
Pensavo fosse qua sotto la panca, ma non c’è
Non ho idea dove se ne sia sparito
Sto facendo tardi, non posso fare tardi
Non posso uscire senza il mio cazzino
Fa freddo fuori se mi si bagnano le dita dei piedi
E la gente penserà che sono un alieno che passa da queste parti per fare amicizia”
   A Meg piace nasconderlo
Dice che si diverte un sacco
Magari è sotto al tappeto o infilato dentro a una scarpiera
O è lì che gira nella lavatrice
Cerca sempre di ripulirmi
Ci aggiunge il detergente e il Bounce per eliminare l’elettricità statica
Ci vorrà ancora un’ora o di più prima di essere pronto a uscire dalla porta
   Dico “Dov’è il mio cazzino?
Pensavo fosse qua sotto la panca, ma non c’è
Non ho idea dove se ne sia sparito
Sto facendo tardi, non posso fare tardi
Non posso uscire senza il mio cazzino
Fa freddo fuori se mi si bagnano le dita dei piedi
E la gente penserà che sono un alieno che passa da queste parti per fare amicizia”
   Gente, mi sentite che parlo?
Lo so che siete tutti felici e contenti
Non è che avete una monetina da prestarmi, per favore?
Fratello, sorella, avete tempo?
Io sono senza cazzino sul piede
Cazzino nel cassetto
Cazzino nelle scarpe
O cazzino sul pavimento
   Dico “Dov’è il mio cazzino?
Pensavo fosse qua sotto la panca, ma non c’è
Non ho idea dove se ne sia sparito
Sto facendo tardi, non posso fare tardi
Non posso uscire senza il mio cazzino
Fa freddo fuori se mi si bagnano le dita dei piedi
E la gente penserà che sono un alieno che passa da queste parti per fare amicizia”
    * Questa è una di quelle canzoni assolutamente impossibili da tradurre. Il senso del testo è che Rivers parla continuamente di “sex”, ma in realtà intende “socks”, infatti con la parola “sesso” la canzone non sembra avere troppo senso (anche se…), mentre sostituendola con “calze” diventa tutto più chiaro. Il giochino regge in inglese, non purtroppo in italiano. Calzino/Cazzino è il “meglio” che abbia trovato -per ora.
       6. Run Away
Scappare
   Pensavo che saremmo stati amici per sempre
Ora tutto deve finire
E anche se il mondo va avanti
E tutto deve cambiare
   Quando guardo il cielo di notte vedo la mia anima
Vedo le lucine che brillano l’una per l’altra lassù
Siamo noi che facciamo l’amore nella Via Lattea prima di mandare tutto all’aria?
   Ehi, tu, non abbiamo quasi più tempo
E lo sai che è la verità
Voglio scappare da qua insieme a te stanotte, stanotte
   No, a volte vorrei essere una casa in fondo al tuo isolato
Potresti sfondarmi tutte le finestre col lancio di un sasso
E far passare il dolore, farlo tornare un altro giorno
Ci sono tante di quelle cose che vorrei dire su di te
   Non abbiamo quasi più tempo
E lo sai che è la verità
Voglio scappare da qua insieme a te
   Pensavo che saremmo stati amici per sempre
Ma tutto deve finire
E così il mondo va avanti
Perché tutto deve cambiare
E adesso sei lì da solo
Seduto di fianco al telefono
Ti chiedi come mai
E tutti piangeranno stanotte, stanotte, stanotte, stanotte
       7. Hang On
Resta in attesa
   Un giorno verrò a cercarti
E saprai che cosa intendo fare
Saprò le parole da dire per attirarti vicino a me
   Tante di quelle volte ci eravamo giurati che era finita
Ma come i trifogli l’amore cresce alla velocità della luce
   Resta in attesa finché non ti rivedo
Sarò ben più di un amico
Lo sai che questa non è la fine, per cui resta in attesa
   Questo era solo un primissimo inizio
Ho tante altre cose che trattengo nel cuore
Attendo l’occasione di farti vedere come aspiro a essere
   Tante di quelle volte ci eravamo giurati che era finita
Ma come se io venissi dal sole, ti intiepidisci nei miei confronti
   Resta in attesa finché non ti rivedo
Sarò ben più di un amico
Lo sai che questa non è la fine, per cui resta in attesa
Resta in attesa fino al sorgere dell’alba
Butteremo via tutti i nostri guai
Lo sai che questa non è la fine, per cui resta in attesa
   Dolcezza, finché respiro e mi batte ancora il cuore vengo a cercarti
   Resta in attesa, resta in attesa, resta in attesa
Resta in attesa, resta in attesa, resta in attesa
   Resta in attesa finché non ti rivedo
Sarò ben più di un amico
Lo sai che questa non è la fine, per cui resta in attesa
Resta in attesa fino al sorgere dell’alba
Butteremo via tutti i nostri guai
Lo sai che questa non è la fine, per cui resta in attesa
Resta in attesa, resta in attesa, resta in attesa
Resta in attesa, resta in attesa
       8. Smart Girls
Ragazze sveglie
   Da dove arrivano tutte queste ragazze sveglie?
Non so se riuscirei a sceglierne solo una
Da dove arrivano tutte queste ragazze sveglie?
Qualcuno mi dica come procurarmene una
   Per terra, in macchina
Sulla sedia di un bar
Dovunque vada ne trovo qualcuna
   Ragazze sveglie
Non stancano mai ‘ste ragazze sveglie
Ragazze sveglie
   Vorrei essere un bad boy in questo momento
Il me reale vuole uscirci disperatamente
Lo so che sapete di cosa sto parlando
Ho la sensazione che mi potreste far vedere come si fa
   Sul pullman, sul treno
In nave, sull’aereo
Mi sto innamorando
Come hai detto che ti chiami?
   Ragazze sveglie
Non stancano mai ‘ste ragazze sveglie
Dormono come mamma le ha fatte
   Yumi, Sherie, Alison, Mary
Quale di loro voglio sposare?
Sono tutte ragazze sveglie
Sono tutte ragazze sveglie
Sheena, Lola, Fabiola
Non lo sapete che mi fate perdere la testa?
   Da dove arrivano tutte queste ragazze sveglie?
Non so se riuscirei a sceglierne solo una
Da dove arrivano tutte queste ragazze sveglie?
Qualcuno mi dica come procurarmene una
   Lisa, Brittany, Paula, Whitney
Quale di loro vorrei accanto a me?
Sono tutte ragazze sveglie
Sono tutte ragazze sveglie
Debbie, Donna, Tatiana
Non lo sapete che mi fate perdere la testa?
   Ragazze sveglie
Non stancano mai ‘ste ragazze sveglie
Dormono come mamma le ha fatte
Ragazze sveglie
A proposito di ragazze sveglie
Non chiedo altro che ragazze sveglie
A proposito di ragazze sveglie
       9. Brave New World
Grande mondo nuovo
   È da un po’ che ho paura di fare una mossa
Ho ancora tantissimo da dimostrare
Mi sa che è ora di far vedere di cosa sono capace
Le cose non saranno più come prima
Magari faccio spegnere la fiamma che brucia
Oppure magari dimostro di valere ben più di quanto pensassi
   Siamo all’alba di un grande mondo nuovo
Non so dove stiamo andando, ma so che ci arriverò
Siamo all’alba di un grande mondo nuovo
Basta esitazioni, ormai è troppo tardi per tornare indietro
   Potete accompagnarmi
Oppure se il vostro destino non è quello
Potete scegliere di andare per la vostra strada se volete
Vi augurerò tutto il meglio
Ma ci sono delle cose che devo fare
Non posso più aspettare, devo andare avanti
   Siamo all’alba di un grande mondo nuovo
Non so dove stiamo andando, ma so che ci arriverò
Siamo all’alba di un grande mondo nuovo
Basta esitazioni, ormai è troppo tardi per tornare indietro
   E appena faccio quest’azione vedremo una reazione a catena
Tutti quanti sbocceranno alla luce del sole
Non ci piace uscire dal nostro rifugio
Ma ci sono tante di quelle cose che ci aspettano là fuori se solo aprissimo gli occhi per vederle
   Siamo all’alba di un grande mondo nuovo
Non so dove stiamo andando, ma so che ci arriverò
Siamo all’alba di un grande mondo nuovo
Basta esitazioni, ormai è troppo tardi per tornare indietro
       10. Time Flies
Il tempo vola
   Ho festeggiato un altro compleanno
Poteva diventare il giorno peggiore della mia vita
Mi sono un po’ ubriacato e mi sono preso male e mi sono svegliato triste
Mi son guardato allo specchio, avevo delle linee intorno agli occhi
   Come vola il tempo quando ci si diverte
Come vola il tempo quando si vive sempre in fuga
Più ci do dentro, più mi rendo conto che il tempo vola
   La vita avanza veloce e io sono rimasto quasi senza benzina
Il tempo non è dalla mia parte
Sono ancora in gara e faccio fatica a tenere il passo, ma ne vale la pena
C’è un’altra bella sorpresa che mi aspetta dietro l’angolo
   Come vola il tempo quando ci si diverte
Come vola il tempo quando si vive sempre in fuga
Più ci do dentro, più mi rendo conto che il tempo vola
   Eh, già, eh, già, il tempo vola
Eh, già, eh, già, il tempo vola
   Poi un triste giorno mi porteranno via
Ma io non sarò morto
Perché anche quando non ci sarò più, avrete comunque in testa questa canzoncina idiota
E io sarò lì a guardare giù con gli occhi che brillano
   Come vola il tempo quando ci si diverte
Come vola il tempo quando si vive sempre in fuga
Più ci do dentro, più mi rendo conto
Come vola il tempo quando ci si diverte
Come vola il tempo quando si vive sempre in fuga
Più ci do dentro, più mi rendo conto che il tempo vola
       11. All My Friends Are Insects
Tutti i miei amici sono insetti
   Ho un amico che è un lombrico
Scava sottoterra nelle profondità del suolo
A volte quando piove esce fuori
E parliamo di com’è andata la giornata
   Ho un’amica che è una farfalla
Vola di fiore in fiore a bere il dolce nettare
Insieme a centinaia di amiche, dormono sugli alberi di notte
   Ho un amico che è una libellula
Gironzola tutto il giorno e volteggia in aria
È colorato e meraviglioso
Ha delle ali forti e potenti
È la libellula
   Sono questi i miei amici anche se sono insetti
Hanno un grande ruolo nel nostro mondo anche se sono insetti
   Ho un amico che è un lombrico
Ho un’amica che è una farfalla
Ho un amico che è una libellula
Sono i miei amici, e sì, sono tutti insetti
       12. I Want to Be Something
Voglio diventare qualcosa
   4 del mattino e il mio coinquilino va avanti a russare
Per cui esco a fare due passi per strada
Il vento sopra di me sembra che mi spinge e mi tira e mi strattona
Ma mi fa vedere tutti i posti in cui potrei volare
   Voglio diventare qualcosa prima di morire
La sento che mi arde dentro questa cosa
Voglio diventare qualcosa, non so perché
Voglio avere la consapevolezza che quantomeno ci ho provato
   Vedo molto chiaramente che le probabilità sono tutte a mio sfavore
E che nessun altro crede minimamente in me
Sono totalmente solo, e devo affrontare la mia paura
Non ho scelta: devo andare avanti ad andare avanti
   Voglio diventare qualcosa prima di morire
La sento che mi arde dentro questa cosa
Voglio diventare qualcosa, non so perché
Voglio avere la consapevolezza che quantomeno ci ho provato
   E se tutti i miei sogni si avvereranno un giorno, avvereranno un giorno
Non mi dimenticherò la sensazione che provo oggi, provo oggi
Sono davvero colpito
   Voglio diventare
Voglio diventare
Voglio diventare
Voglio diventare
Voglio diventare
Voglio diventare
Voglio diventare
Eccomi qua, eccomi qua
   Voglio diventare qualcosa prima di morire
La sento che mi arde dentro questa cosa
Voglio diventare qualcosa, voglio sentire qualcosa
Voglio avere la consapevolezza che quantomeno ci ho provato
       13. Represent
Rappresentare
   Sono proprio stufo che tutti cercano di dirmi cosa devo fare
Se ho bisogno di un vostro consiglio, allora tranquilli che vengo a cercarvi io
Non è che sono arrivato nella posizione in cui mi trovo per puro caso
Mi sfianco di lavoro oltre ogni limite per avere anche solo mezza opportunità
   Come affronti la partita conta
Saper sopportare il dolore conta
Mica vuoi arrivare in alto mentendo, rubando o barando
Cosa ne pensa la tua gente conta
Tu rappresenti la tua famiglia
Ma è solo uno dei tanti motivi per capire che la differenza tra vincere e perdere conta
   Perché non vediamo un po’ chi fa le magie in un bell’uno contro uno?
Vedrai che sarò solidale con te quando avrò vinto io
Sembrerebbe proprio che tu abbia i muscoli per battermi se la forza fosse l’unica cosa che serve
Ma io sulle mie abilità ci campo di rendita e ti punirò ad ogni errore
   Lo sai che come affronti la partita conta
Saper sopportare il dolore conta
Mica vuoi arrivare in alto mentendo, rubando o barando
Cosa ne pensa la tua gente conta
Tu rappresenti la tua famiglia
Ma è solo uno dei tanti motivi per capire che la differenza tra vincere e perdere conta
   Di qui a cent’anni ricorderanno questo giorno
Tu dove sarai collocato?
E che cosa diranno?
Io il mio nome lo vedo tutto illuminato
La gente grida il mio nome
Dipende tutto da te
La troverai la tua strada?
   Come affronti la partita conta
Saper sopportare il dolore conta
Mica vuoi arrivare in alto mentendo, rubando o barando
Cosa ne pensa la tua gente conta
Tu rappresenti la tua famiglia
Ma è solo uno dei tanti motivi per capire che la differenza tra vincere e perdere conta
   Cosa ne pensa la tua mamma conta
Tu rappresenti la tua famiglia
Ma è solo uno dei tanti motivi per capire che la differenza tra vincere e perdere conta
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monstaxitalia · 7 years
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[INTERVISTA] Da Rookies Del Programma Di Sopravvivenza A Stars Del K-Pop
Parlando al gruppo di sette membri, nato dai partecipanti al programma di sopravvivenza NO.MERCY per diventare una stella nascente sulla scena musicale della Corea del Sud.
Parigi. Estate, 2017.
Dovrebbe essere un fantastico giorno di metà Agosto ma la pioggia è apocalittica, bagnando le centinaia e centinaia di persone in fila fuori da una delle arene musicali più celebrate della città. Sono qui per il primo vero e proprio spettacolo Europeo dei Monsta X, il gruppo di sette membri sud-coreano del quale mix di pop, hip hop e pesante EDM combinato a concepts dark, importanti e alle volte cabalistici li ha visti guadagnare con fierezza dei seguaci dedicati in tutto il mondo.
Quando le luci si spengono, le urla sono perforanti e reverenziali. Lo spettacolo dei Monsta X è diviso in esibizioni di gruppo e di unit (dove i membri fanno qualcosa di speciale, da una giravolta sulle passerelle a cover di canzoni occidentali popolari) e ogni gesto, parola e improvvisazione porterà il pubblico sempre più in alto fino a far pulsare virtualmente la stanza.
Dietro le quinte, nonostante ciò, le cose sono molto più calme. I cantanti Wonho, Kihyun, Hyungwon, Shownu e Minhyuk e i rappers Jooheon e I.M, emettono una professionalità serena e amichevole. Stanno indossando i loro costumi di scena: Kihyun, il main vocalist, indossa una considerevole e luminosa spilla con il logo Chanel, mentre il leader dei Monsta X, Shownu, ha una fascia doppia di lustrini intorno una manica che manda luci proprio nei nostri occhi. Il loro effetto completo è abbagliante e ci distrae – tutti e sette in pantaloni stretti e giacche gravide di catene con diamanti e pailettes, facce bellissime lisce di trucco – e manderà il loro fandom, conosciuto come Monbebe, allo sfrenamento nelle prossime due ore.
Mentre le fans posteranno i loro momenti preferiti della serata sui forums o su Youtube, Kihyun non riesce a scegliere un solo momento importante dal loro tour, che è iniziato a Giugno. “Invece di un solo momento particolare, sono tanti momenti nel tempo”, spiega. “Anche quando ci esibiamo davanti a persone che parlano lingue diverse, il fatto che tutti i membri si divertano al concerto insieme mi da’ i brividi”. Shownu, nonostante ciò, sceglie il suo come “alla fine delle canzoni come ‘I’ll be there’, le Monbebe preparano qualcosa di speciale, come cartelli, quindi ne siamo sempre sopresi”.
“Ci divertiamo ogni giorno”, dice Minhyuk, mentre I.M aggiunge “Passiamo la maggior parte del nostro tempo libero visitando posti e mangiando. Camminiamo sempre in giro, scattando foto”. Jooheon muove la testa in accordo “Ci da’ ispirazione”.
I Monsta X, che hanno debuttato a Maggio 2015, nacquero da NO.MERCY, un programma di sopravvivenza creato dalla loro casa discografica Starship Entertainment. Nel programma, dei trainees maschi esistenti hanno fatto a gara tra di loro per debuttare in un nuovo gruppo maschile. NO.MERCY inizialmente ha scioccato il suo pubblico quando I.M, un nuovo arrivato, è stato aggiunto all’insieme in ritardo ed è finito con l’essere scelto nel gruppo con tante controversie, cacciando fuori il preferito dei fan #GUN. E’ stato un inizio polemico alla vita da idol, ma la tensione competitiva è diventata velocemente un cameratismo da far invidia, completato con un legame simile a quello familiare e parlando di ciò, insieme all’aumento di successo lento e sottovalutato dei Monsta X, esso ha aiutato a fargli guadagnare la lealtà incrollabile delle Monbebes.
Come la maggior parte degli artisti, sia la musica dei Monsta X sia i membri contengono notevoli contraddizioni. I loro singoli li incorniciano come uno dei gruppi K-Pop più intimidatori - le corde cinematiche su “Fighter”, i ritornelli pieni di grazia e i raps serrati di “All In” e “Beautiful”, e l’EDM scrocchiante di “Hero” e i suoi fratelli, infatuatile e piena di passione “Stuck” - ma, come dice Kihyun, “anche se guardiamo all’esterno in un certo modo, è solo un’immagine. Per esempio, Jooheon può sembrare calmo e duro, ma all’interno è molto sensibile”.  
Questo contrasto è stato recentemente presentato agli ascoltatori casuali con la frizzante “Newton”, il loro primo MV (video musicale) ufficiale pieno di aegyo (comportamenti carini), ma un’intervista recente punta questa canzone come la loro preferita personalmente, creando tante domande per il loro prossimo concept. Wonho, che abitualmente gratta i palmi delle sue mani pigramente mentre gli altri membri parlano, schiocca l’attenzione e sorride “In realtà stiamo lavorando verso il prossimo album, ma non abbiamo ancora deciso un concept particolare. Quindi quando lo sapremo vi chiameremo direttamente… se volete”.
Il loro lato sensibile non è stato mai nascosto, ma bisogna scavare nei loro albums per trovarlo, visto nell’animo da mezzo-tempo di “Amen” e “Need U” o la straordinaria “Broken Heart” guidata dal piano. O investirsi nei loro reality shows Deokspatch X, Right Now! e le serie più nuove X-Ray (“L’hai vista?” chiede Kihyun in inglese, sorpreso – e possiamo anche sentire il suo piccolo difetto di pronuncia), mentre le loro personalità fuori dal palco girano come go-karts tra il sassy, l’imbarazzante, il ridicolo, il protettivo e il tenero.
Sicuramente, molte più bugie dietro queste sfaccettature. “In realtà sto scrivendo canzoni il più delle volte, in particolare all’hotel tra un concerto e un altro”, divulga Wonho. Famoso per togliere la sua maglia in ogni esibizione, lui è l’incorreggibile flirt, il dolce e muscoloso vanitoso ma è, insieme a Jooheon e I.M, diventato molto coinvolto nella produzione del gruppo e ha donato se stesso nel levigare le sue abilità. Una delle sue composizioni, i testi agrodolci e di stile trop-house di “From Zero” è stata posta nella scaletta, un duetto che inscena con Hyungwon. Nonostante le richieste delle fans di rilasciare una versione studio di “From Zero”, è ancora soltanto per le esibizioni, anche se Wonho non elimina totalmente l’idea. “E’ qualcosa di cui dobbiamo discutere di più di quando la canzone era stata sviluppata originariamente senza un piano per il rilascio”, medita. “Quindi ci penseremo”.
Una delle più avvincenti unit da esibizione per questo tour all’interno della band è la 2CHAIN (Kihyun e Jooheon) che, dopo aver rilasciato una cover suggestiva di “You & I” del cantante R&B Crush all’inizio di quest’anno, fanno la cover di “Mirror” di Lil Wayne. Jooheon ha scritto i suoi propri versi, parole brutalmente autoconsapevoli ma anche in definitiva autorizzate, che egli usa in un’esibizione esplosiva che ti fa cadere dal tuo posto per la potenza emotiva. “E’ stato Kihyun che ha suggerito ‘Mirror’ e anche a me è piaciuta la canzone allo stesso modo”, ci spiega candidamente, seduto dietro al cantante che muove le dita in modo rassicurante sul ginocchio di Jooheon.
“Le persone di solito non si dicono cose complementari e ho pensato a cosa mi mancava, dove non ero abbastanza bravo – per esempio, cercare di vedere l’intera immagine”, Jooheon ha aggiunto in coreano. “Ho realizzato che le mie fans erano la cosa più importante nella mia vita, quindi ho cercato di unirmi a loro, guardare le fans dalla mia prospettiva e guardare me stesso dalla prospettiva delle fans. Credo di aver cercato di mettere tante cose in quelle parole…” percorre nel silenzio - anche se conosciuto come una delle personalità più forti dei Monsta X sul palco, oggi è calmo e sull’attenti e Wonho rompe l’improvvisa pausa. “Wow, questo sarà molto difficile da tradurre,” butta fuori, facendo ridere gli altri.
Oltre ai Monsta X, i membri hanno i loro propri progetti – mixtapes (Jooheon, I.M), fotografia (Kihyun) e illustrazione (Minhyuk). La traccia del 2016 introspettiva di I.M “Who Am I” era la pertinente riflessione di un giovane idol, chiedendo “sono nato per me o nato per il successo?”. Nonostante un anno chiazzato di successi nella carriera, la risposta non è stata ancora trovata. “Penso di starla ancora cercando”, risponde in inglese, che ha sicuramente coltivato da una giovinezza passata in Israele e negli Stati Uniti. Lui è il maknae (il più giovane) a 21 anni ma possiede un’immediatezza fenomenale e un’intensità contorta. “Chiedendo a me stesso la domanda in quel modo mi fa crescere ed essere più forte”, dice, portandosi in avanti, gomiti a riposo sulle sue ginocchia.
Il re dei meme del gruppo, Hyungwon, non parla molto nelle interviste ma è una gioia per le fans con il suo umorismo buffo e le sue espressioni, che diventano consistentemente virali. Sotto il soprannome DJ H.One, sta facendo il DJ durante il tour e appare ai festivals di ballo come l’Ultra Korea “per mostrare nuove cose su di me. Mi sono allenato per circa otto mesi durante il mio tempo libero”. La sua preferenza è l’EDM che piace alla folla; getta una versione a pezzi e fette del singolo “Beautiful” dei Monsta X durante le sue esibizioni e, come aggiunge Hyungwon, “c’è una canzone chiamata ‘Bam Bam Bam’, ha il rap di Jooheon. Penso che la reazione (dal pubblico) è sempre migliore quando siamo insieme”.
Inaspettatamente, è Shownu che ha impressionato il pubblico con il programma di ballo Hit The Stage e il programma di bellezza Lipstick Prince, dove idols maschi imparano l’arte del makeup. All’inizio molto strambo insieme alle persone, tanto da aver guadagnato il soprannome di ‘Robot Shownu’, sta adesso sbocciando. “Lipstick Prince mi ha davvero aiutato tanto nel diventare sicuro con altri cantanti e nel poterli conoscere e Hit The Stage mi ha aiutato nel modo in cui mi esibisco”, ammette. “E’ definitivamente buono per noi il poter lavorare da soli, ma non ci dimentichiamo mai che i Monsta X ci permettono di fare queste attività da solisti. In più ci divertiamo sempre di più insieme che da soli.”
Insieme hanno sicuramente raggiunto obiettivi riguardevoli – dal vincere lo scorso anno il Male Dance Performance ai Seoul Awards al raggiungere la cima della Classifica Mondiale di Billboard con il loro album recente, The Clan Pt. 2.5 Guilty. “Non abbiamo davvero pensato ai premi,” dice Minhyuk sulle potenziali future vittorie. Viene interrotto. “Un Grammy!” chiede I.M, ridendo, poi scusandosi. “Ma invece di un premio, vogliamo essere un gruppo al quale la prossima generazione può ispirarsi, come ‘Voglio essere come i Monsta X’”, continua Minhyuk.
I Monsta X potranno sicuramente ispirare altre persone. Dopo tutto, le loro dinamiche – anche nei confini innaturali di un’intervista – sono calorose, piene di accettazione e familiarità. E’ nei piccoli sguardi che si scambiano tra di loro, i colpetti di supporto e Minhyuk, con il suo sorriso luminoso e una voce mentre parla che si spezza un po’ sui bordi, incorpora tutto ciò, creando un’atmosfera alla mano che rilassa i suoi compagni di gruppo.
“Non penso in particolare al fatto del se abbiamo dovuto lavorare per diventare amici, il chè credo significhi che non è stato difficile”, riflette Minhyuk. Le fans del K-Ppop chiedono spesso se ciò che sembra sia amicizia nei gruppi di idols sia soltanto per gli affari o se davvero loro abbiano legato. “Beh, sapete, io sono un uomo di affari” dice astutamente, facendo sbuffare Wonho in risate. “Sto scherzando! Penso che sia stata una relazione che si è sviluppata naturalmente”.
E ci potrebbe essere un membro che rimane difficile da leggere, che fa partire un dibattito. Kihyun piega la sua testa, guardando il soffitto. “Anche i membri difficili sono così semplici da leggere. Non so…” dice, metà a se stesso.
“No, no!” dice Minhyuk, con luce nei suoi occhi. “Io ne ho uno. I.M. E’ il nostro membro più giovane quindi sembra facile da leggere, ma qualche volta non lo è affatto. E’ come se avesse il suo proprio mondo”.
“Io penso che lui semplicemente non abbia pensieri durante quei momenti”, offre Shownu.
La parola di I.M sarà…? “Forse Marte?” risponde, in modo diretto “Ma nonostante ciò, non ci arrabbiamo, siamo sempre felici” scherza, facendo esplodere l’incredulità intorno a lui.
C’è solo tempo sufficiente a guardare indietro alla loro carriera e definire, al di là della loro musica, cosa gli ha permesso di raggiungere il successo. In un modo non molto accattivante per terminare le cose, cosa dice Shownu viene tradotto male in “Penso che la differenza la faccia il fatto che abbiamo davvero bei corpi…” Kihyun ride così forte che rotola sulle gambe di Jooheon mentre Minhyuk protesta ad alta voce – “Bei corpi? Belle forme, belle forme!” lui ritraduce mentre Hyungwon e Shownu sembrano sorpresi e I.M, Jooheon e Wonho indossano i sorrisi di chi non riesce più ad imbarazzarsi.
Shownu comincia di nuovo pazientemente. “Per prima cosa, tutti noi abbiamo belle forme e siamo molto dinamici…” Fa una pausa. “Non ho mai usato la parola ‘dinamici’ prima”, dice con esitazione, un leader che tende a lasciar fare la maggior parte dei discorsi al suo gruppo, “… e siamo potenti sul palco. Siamo una famiglia. Ci conosciamo da tanto tempo e brilliamo in modo più luminoso quando siamo insieme”.
(fonte: dazeddigital.com)
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purpleavenuecupcake · 5 years
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“Play! Storie che cantano” per donne con cancro mammario metastatico: noemi e la campagna: voltati, guarda, ascolta
(di Nicola Simonetti) Riparte la campagna “Voltati. Guarda. Ascolta. Le donne con tumore al seno metastatico” con la partecipazione di Noemi come testimonial. La campagna è promossa, per il terzo anno, da Pfizer con il patrocinio di Fondazione Associazione Italiana Oncologia Medica, in collaborazione con Europa Donna Italia e Susan G. Komen Italia. Si vuole rompere il muro di silenzio che ancora oggi circonda questa malattia. Al via, oggi 14 marzo, “Play! Storie che cantano” il contest musicale online aperto ad artisti che potranno candidarsi sul sito www.voltatiguardaascolta.it con canzoni ispirate alle storie delle pazienti con tumore al seno metastatico. Concorreranno canzoni originali per dare voce alle emozioni e ai sentimenti delle donne con questo tumore. Parole e musica che scaturiranno dal contest online. Dopo aver raccolto le storie delle pazienti e averle fatte conoscere attraverso il web, la radio, i canali social, eventi di piazza e il corto cinematografico “La Notte Prima” presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, quest’anno la campagna punta sulla creatività di giovani artisti che si confronteranno con la sfida di tradurre in musica e parole i racconti delle pazienti. Con la partecipazione straordinaria della cantante Noemi, coinvolta come testimonial, coach, giurata, protagonista dell’evento live che in autunno decreterà il brano vincitore. “Mi sono resa conto – ci ha detto Naomi - che la musica è in grado di raccontare le storie di queste coraggiosissime donne, e allo stesso tempo fortificarle. Vedere le loro esperienze in musica le renderà orgogliose e darà loro la forza necessaria. Mi auguro con tutta me stessa che gli artisti possano cogliere tutte le sfumature che emergono dai racconti delle pazienti. Li sentiremo, capiremo chi sarà più adatto, e porteremo alla finale chi secondo noi ha scritto meglio”. Rompere il silenzio che circonda il tumore al seno metastatico; ribadire l’importanza di garantire a tutte le pazienti il diritto alla migliore qualità di vita possibile; favorire l’accesso alle migliori terapie innovative oggi disponibili, la continuità o il reinserimento lavorativo sono i principali obiettivi della campagna. A partire da oggi e fino al 30 giugno artisti affermati o emergenti potranno candidarsi sul sito www.voltatiguardaascolta.it con un brano musicale ispirato alle storie delle pazienti raccolte nel corso delle campagne 2017 e 2018 di “Voltati. Guarda. Ascolta.”: il bando e le storie da cui potranno prendere spunto sono disponibili sul sito. Durante due audition (a Roma e a Milano), gli artisti faranno ascoltare i propri brani dal vivo alla giuria di cui faranno parte Noemi, rappresentanti delle Associazioni partner e gli addetti ai lavori di importanti produzioni musicali, con la supervisione della direzione artistica di Andrea Papazzoni e Jean Michel Sneider di MP Film. In questo modo, gli stessi concorrenti potranno verificare la qualità artistica dei propri brani e la coerenza con i messaggi della campagna. Chiusa la raccolta online e completate le audition, i brani presentati verranno valutati dalla giuria che selezionerà i 5 brani finalisti. Nel mese di ottobre si terrà l’evento Live!: un concerto gratuito aperto al pubblico, con la partecipazione di Noemi, dedicato alla presentazione dei 5 brani finalisti e alla proclamazione del vincitore, che sarà selezionato da una giuria tecnica e dalle pazienti. La malattia: In Italia vivono circa 37.000 donne con tumore al seno in forma avanzata o metastatica, caratterizzata dalla diffusione del tumore dal seno ad altre zone del corpo, come ossa, fegato, polmone o cervello. Circa il 5-10% degli oltre 50.000 nuovi casi annui di tumore al seno si presenta metastatico già alla diagnosi; ma circa il 30% delle donne con diagnosi iniziale di tumore al seno in stadio precoce potrà sviluppare un tumore al seno metastatico nella propria vita. Le terapie mirate di ultima generazione sono oggi in grado di bloccare o rallentare la progressione della malattia garantendo al contempo una buona qualità di vita. “Quest’anno, per la campagna che dà voce alle donne, abbiamo deciso di esplorare un altro mezzo espressivo: la canzone, espressione artistica della voce umana, la forma che può trasmettere in presa diretta emozioni ad alta intensità come quelle vissute dalle donne con tumore al seno metastatico. Chiameremo a raccolta, attraverso un contest online, giovani talenti in grado di misurarsi con la sfida di tradurre in musica e parole le storie delle pazienti. Il coinvolgimento di Noemi –  dice Alberto Stanzione, direttore oncologia di Pfizer Italia –  ci aiuterà a sintonizzarci con le tendenze e gli stili attuali della musica leggera e a dare sempre meglio voce alle pazienti, per comprenderne veramente le esigenze e poter quindi offrire loro risposte concrete al bisogno di salute e qualità di vita di cui hanno diritto”. “Dobbiamo sottolineare – dice Fabrizio Nicolis, presidente Fondazione Aiom - l'importanza della musica nella vita di tutti noi: la musica rilassa e cura la nostra mente quando è piena di pensieri. Allenta le tensioni. Nutre la nostra anima di note gentili che ci fanno dimenticare il dolore e l'angoscia. La musica può quindi aiutare anche le donne con carcinoma al seno metastatico nel quotidiano e, talvolta, farle sognare”. Read the full article
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pangeanews · 6 years
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Ecco le 10 canzoni da imbarcare sull’arca di Noè: da “Space Oddity” di David Bowie ai Pink Floyd passando per Shigeru Umebayashi. Fate il vostro gioco boys…
Le lezione americane sono sei, e su questo non ci piove. Le ha dette (e scritte?) Italo Calvino, proprio agli sgoccioli della vita. Il resto – Coca Cola, patate, “Baywatch”, wrestling, basket, tabacco, pomidori, Dan Peterson e il burro di arachidi – è solo un corollario, qualcosa di superfluo. Anche nella poesia, poca roba. Per non dire della musica: ok Elvis e quattro altri saltimbanchi, ma niente a confronto con quello che è nato in Europa.
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Lei è statunitense ovviamente. Né bella né brutta: semplicemente statunitense. È italiana, in realtà, ma per via che fa la musicista, passa diversi mesi all’anno negli USA e quindi i suoi connotati sono cambiati: è yankee. Ha gli zigomi americani. E mi augura di annegare: non toccategli Elvis, il burro di arachidi, le trasmissioni televisive, Central Park, Broadway e tanto altro ancora che non sono riuscito a tradurre. Perché quando si incazza, quando ci si incazza, si parla velocemente e l’italiano diventa sempre dialetto. Ci si arrabbia in vernacolare, non ci sono santi che tengono. Una crasi tra americano, pugliese e qualcos’altro che non riesco ad afferrare. Un rubinetto aperto, una diga, un Vajont di parole liquide, che scivolano via.
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Chi fa l’artista ci crede, ed è perlopiù permaloso, e spesso poco obiettivo. Una forma di solipsismo incurabile: la sua verità, le loro verità sono sempre più vere e onniscienti di quelle degli altri. Ho ascoltato il suo cd, eseguito in lingua anglofona. La dovrei intervistare, ma trovo più interessante – sempre – quello che non viene scritto sul bloc notes. Quello che accade nei fuori onda, quando escono le cose più vere.
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Mi augura, in italiano, un accidenti meraviglioso: io e la mia Venezia dobbiamo essere sommersi dall’acqua alta. Sa che ci ho vissuto, due o tre vite fa, più o meno dal 3 al 17 anni. E sa che l’antica Serenissima, assieme ad Asiago, sono le mie due “matrie”. Ma non un temporale: un diluvio vero, tipo quello di Noè. Le dico che i veneziani fanno le regate e vogano. E che, per stringente necessità di sopravvivenza, sanno nuotare. Le chiedo se mi concede un’arca.
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Il suo viso si fa acuto, si allunga come quello di un levriero. “Va bene, ma non pensare di occuparla tutta con le tue cose inutili: libri, pieghevoli di spettacoli teatrali che vedi solo te, mug, sciarpe, eccetera”. Concordo per l’indispensabile. “Un po’ di musica?” le chiedo. Accetta. “Ma solo 10 canzoni” mi dice, con aria di sfida. Ovviamente il suo cd, i suoi cd, non li salvo. Lo sa bene. Sa che non mi piace quello che fa. “Sei troppo snob, troppo di nicchia per capire certa arte” aggiunge. “Troppo borghese”. Vorrebbe che la chiusa avesse l’effetto dell’iceberg sul Titanic. Mi scanso un poco, ma senza farmi vedere. Mancato in pieno. Ora la priorità è quella di caricare solo l’indispensabile, che in questo caso sarà anche invisibile agli occhi ma deve essere ben sentibile alle mie orecchie. E alle sue.
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Niente musica americana. Lo sa e glielo ripeto. La tentazione è forte: come lasciare in pasto ai pesci Bob Dylan, Jim Morrison, Bob Marley, i Beach Boys, i Velvet Underground? Ma mi devo salvare, e soprattutto non voglio che lei mi lanci un salvagente. Ci penso, tergiverso, poi lancio l’àncora. Ancòra una volta a cercare un insulto in più, una provocazione. Perché anche lei, prima o dopo, su un’arca ci deve salire. Per salvarsi, o per andare in America. Tipo il “Virginian” di Alessandro Baricco, “Novecento”, roba buona. Le suggerisco di leggerlo. Lei abbassa gli occhi, cerca su Google qualcosa. Poi mi snocciola una frase: “Io sono nato su questa nave. E qui il mondo passava, ma a duemila persone per volta. E di desideri ce n’erano anche qui, ma non più di quelli che ci potevano stare tra una prua e una poppa. Suonavi la tua felicità, su una tastiera che non era infinita. Io ho imparato così. La terra, quella è una nave troppo grande per me. È un viaggio troppo lungo. È una donna troppo bella. È un profumo troppo forte. È una musica che non so suonare. Perdonatemi. Ma io non scenderò”.
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Io sulla nave ci devo salire. Mi devo salvare. Sorride, le piace questo gioco. Prendo “Novecento” in edizione cartacea, quello che Eugenio Allegri e Alessandro Baricco mi hanno firmato. “Il mondo, magari non lo aveva visto mai. Ma erano ventisette anni che il mondo passava su quella nave: ed erano ventisette anni che lui, su quella nave, lo spiava. E gli rubava l’anima”.
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Il cielo tuona, allampa. Temporale di settembre, Rimini. Saluto con il fazzoletto in mano e in tasca dieci canzoni. Gliele scrivo in un foglietto. “Leggilo quando torni a casa”. “Lo farò in volo, promesso. Parto tra tre giorni, il tempo non mi manca”. Ci salutiamo in maniera normale, l’intervista gliela farò quando ha finito il suo nuovo cd: prima lo voglio ascoltare.
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“La prima me l’aspettavo: ‘I’m the walrus’ di John Lennon è un gran pezzo. Te la concedo anche se non mi tolgo dalla testa che ti piaccia per i riferimenti a Lewis Carroll e per il non-sense. Alice è un’invenzione, il tricheco no. Alice è una tua fantasia. Solo una tua fantasia”.
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“Hai giocato facile con ‘Shine on you crazy diamond’ dei Pink Floyd. Per me puoi portarla sull’arca perché l’hai sentita dal vivo quando i Pink Floyd hanno fatto il concerto a Venezia nel 1989 e poi perché è lunga, così il tempo ti passa meglio”.
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“Nick Drake? Insolito. Però ‘Nothern sky’ è bella anche se malinconica. Io non l’avrei scelta, però quello che si deve salvare sei tu. Un consiglio, Ale: esistono tanti altri posti bella da visitare e ascoltare, oltre (al)la Gran Bretagna”.
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“Appunto: ‘Space oddity’ di David Bowie. Sei per mare, non nell’universo-spazio. Avrei detto ‘Life on Mars?’, ma evidentemente non ti conosco abbastanza. Apprezzo la scelta comunque, e te la faccio salire sull’arca così puoi immaginare le stelle”.
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“Una scontata, finalmente: ‘Stairway to heaven’ dei Led Zeppelin. Sai che non l’hanno mai fatta dal vivo? O quasi mai, e se l’hanno fatta io non ero ancora nata. Comunque a calare assi, alla fine in mano ti rimangono le scartine, le carte che valgono poco e che servono per prendere tempo”.
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“Onesta: ‘Angel of the air, part 2’ dei Popol Vuh non la conosco. L’ho cercata, e ti dico boh. Nei hai dieci da salvare, e mi scrivi di un pezzo di musica progressive, tedesca perlopiù, degli anni Settanta. Discrete sonorità ma tristi come le stradine d’inverno quando piove. Non è mia ma di Pessoa. C’è di meglio, molto di meglio”.
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“Intanto Shigeru Umebayashi non è europeo ma orientale: non barare. ‘Yumeji’s theme’ del film ‘In the mood for love’ è il tuo lato sensuale, che hai quando parli anche se non si vede. Ti servirà sull’arca, credimi: sei a rischio di estinzione”.
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“Jun Miyake è nato il 7 gennaio come te: è un caso? Anche lui giapponese quindi non sono sicura che tu possa portartelo dietro. È contrabbando allo stato puro, e non pensare che la canzone ‘Lilies of the valley’ possa passare come ‘europea’ solo perché è stata inserita nello spettacolo ‘Vollmond’ di Pina Bausch”.
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“Fabrizio De André è una cosa che ti appartiene, come le sciarpe che indossi tutto l’anno, o il tuo profumo, ‘Le male’ di Gualtier. A me non piacciono entrambi, però ‘Bocca di rosa’ è una bella storia, come ‘Il gorilla’, che poi, come mi hai spiegato tu, è di George Brassens. Quindi scegli: Sant’Ilario o il giovane giudice con la toga. Tutti e due no, anche perché ti ho detto dieci canzoni, non una di più”.
*
“Anche ‘I due fiumi’ di Ludovico Einaudi fanno parte del tuo outfit. Non sono d’accordo con te sull’interpretazione che gli dai, quella della storia di due innamorati che si cercano ma non si incontrano mai. Ogni fiume arriva al mare, e tu dovresti saperlo”.
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Mi ha scritto che è atterrata e che ha sorvolato l’Oceano Atlantico in aereo. Chissà se in volo ha visto un puntino nel mare, un’arca che batte bandiera veneta. “Vedi cara”, la risposta soffia ancora nel vento. E il vento spinge le vele delle barche.
Alessandro Carli
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cdramaitalia · 3 years
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红颜旧 (hóngyán jiù), “Una bellezza sbiadita” - 刘涛 Liu Tao - 琅琊榜 Nirvana in Fire -  Traduzione in italiano dal cinese
Dopo “Quando si alza il vento”, eccomi a tradurre la seconda canzone per importanza di Nirvana in Fire. Questa canzone è legata al personaggio della principessa Nihuang ed è cantata da Liu Tao, l’attrice che la interpreta.
Note:
Come per tutte le canzoni e le poesie scritte in cinese, è difficile rendere perfettamente in italiano ciò che una lingua così concisa e “visiva” vuole esprimere, e che spesso comunica in modo ambiguo e metaforico. Questa traduzione cerca di restare il più vicino possibile al testo originale ma è inevitabile che vi sia anche un po’ della mia interpretazione personale.
È vietato repostare questa traduzione altrove senza il mio consenso o comunque senza citare questo blog come fonte.
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红颜旧  Hóngyán jiù Una bellezza sbiadita
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西风夜渡寒山雨 Xīfēng yè dù hán shān yǔ Il vento dell’ovest soffia nella notte e piove sulle montagne gelate
家国依稀残梦里 Jiā guó yīxī cán mèng lǐ La mia casa e il mio paese sono vaghi frammenti di ricordi nei miei sogni
思君不见倍思君 Sī jūn bùjiàn bèi sī jūn Mi manca il mio amato ma non lo posso vedere, e così ne sento ancora di più la mancanza
别离难忍忍别离 Biélí nán rěn rěn biélí È difficile sopportare la separazione, ma devo sopportarla
狼烟烽火何时休 Lángyān fēnghuǒ hé shí xiū Quando verranno spenti i fuochi di segnalazione?[1]
成王败寇尽东流 Chéng wáng bài kòu jǐn dōng liú Vincitori e vinti diventeranno acqua passata come il fiume che scorre via verso est[2]
蜡炬已残泪难干 Là jù yǐ cán lèi nán gàn Le candele si sono consumate, ma le mie lacrime faticano ad asciugarsi
江山未老红颜旧 Jiāngshān wèi lǎo hóngyán jiù Il paese è ancora giovane ma la mia bellezza sbiadisce
忍别离 不忍却又别离 Rěn biélí ; bùrěn què yòu biélí Sopporta la separazione; anche se è difficile da sopportare, dobbiamo separarci
托鸿雁南去 不知此心何寄 Tuō hóngyàn nán qù ; bùzhī cǐ xīn hé jì Vorrei affidare il mio cuore alle oche che volano verso sud[3], ma non saprei con quale lettera
红颜旧 任凭斗转星移 Hóngyán jiù ; rènpíng dǒuzhuǎnxīngyí La mia bellezza sbiadisce, mentre lascio passare le stagioni
唯不变此情悠悠 Wéi bù biàn cǐ qíng yōuyōu L’unica cosa immutabile è questo sentimento
[Nel resto della canzone si ripetono tutti i versi a partire dal quinto e infine si ripetono gli ultimi 4 versi]
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[1] I fuochi di segnalazione sono una metafora per la guerra. Vengono nominati anche in “Quando si alza il vento”.
[2] Nella letteratura cinese, il fiume che scorre via verso est è solitamente il 长江 Chang Jiang, quello che in italiano viene chiamato Fiume Azzurro. Rappresenta il tempo che scorre e il passato che non può più tornare.
[3] Ne ho già parlato quando ho tradotto “Senza titolo” di Word of Honor: nella tradizione poetica cinese le oche selvatiche che migrano in stormi verso sud sono spesso associate a sentimenti di malinconia, nostalgia, cambiamento, tempo che passa. Sono anche associate alla ricezione di lettere e di notizie da lontano, di parole a lungo attese.
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