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#einsjäger und siebenjäger
diceriadelluntore · 2 years
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Storia Di Musica #242 - Popol Vuh,  Einsjäger und Siebenjäger, 1974
Una delle figure più belle e importanti di tutta la musica europea degli ultimi 40 anni salì alla ribalta proprio con la musica cosmica tedesca. Aveva studiato pianoforte Florian Fricke, al conservatorio di Freiburg in Baviera; in seguito con l'amico Eberhard Schoener, anch'esso compositore e musicista fuori dagli schieramenti, si era interessato da prima al jazz e in seguito alla musica elettronica d'avanguardia. Erano gli anni della sperimentazione e Fricke nel frattempo faceva il critico cinematografico, altra sua grande passione, per grandi giornali come la Süddeutsche Zeitung e Der Spiegel, dove curava anche alcune pagine culturali. Ebbe così nel 1967 un incontro importantissimo per lui: Werner Herzog, che diventerà un immenso cineasta, gli fece fare una piccola parte in Lebenszeichen (Segni Di Vita del 1968, suo primo lungometraggio e girato anche in Italia, a Orgosolo in Sardegna). Nacque così un’amicizia che durerà tutta la vita di Fricke e che vedrà, nella seconda metà degli anni ‘70, una collaborazione musicale che produrrà alcune delle colonne sonore più belle di quegli anni. Perchè Fricke ha ancora voglia di suonare e verso la fine del 1969 compra uno dei primi Moog e fonda un trio, con Holger Trülzsch alle percussioni etniche e Frank Fiedler al sintetizzatore nonché ai nastri magnetici. Come nome della band fa una scelta affascinante: Popol Vuh è il nome del libro sacro dei Maya Quichè che vuol dire “Libro Della Comunità”  e raccoglie la teogonia e i miti fondativi sulla creazione del mondo, e in particolare Fricke fu colpito da un noto passaggio del testo secondo cui particolari suoni possono garantire armonia ed equilibrio alla mente. Si capisce sin da subito che il linguaggio musicale della band, che diventerà immensamente profondo e suggestivo, ha molto a che fare con una concezione anche meditativo-filosofica dell’avventura musicale, che si esprime in ogni lavoro del gruppo. Che inizia con il botto: Affenstunde prende il titolo da uno dei racconti del libro (L’Ora Della Scimmia) e nelle due lunghe composizioni che la compongono, Ich Mache Einen Spiegel e l’omonimo Affenstunde, segna il Moog come strumento principe della rivoluzione del kosmick rock e le già mature capacità del trio. Che l’anno successivo scrive uno dei capolavori del primo periodo krautrock: In den Gärten Pharaos è composto da due lunghe suite, una per lato, dove la prima, omonima, registrata durante le sessioni del primo disco, è l’apoteosi dell’uso dei sintetizzatori, mentre nella seconda, dal titolo Vuh, succede qualcosa di magico. Fricke infatti registra il brano dal vivo nella cattedrale settecentesca di Baumberg in Baviera; realizzata con l'ausilio dell'organo a canne suonato, una tambora indiana e altri effetti che danno la sensazione, fortissima, di essere avvolti da una coperta di suono, che arriva come a ondate, in uno dei brani più sconvolgenti del periodo. Che dà una sorta di illuminazione a Fricke, che abbandona gli strumenti elettronici, non prima di aver composto le prime musiche di sottofondo per Aguirre, Flagello di Dio di Herzog (1972, ma che uscirà solo nel 1975), usando ancora i sintetizzatori. Fricke rifonda i Popol Vuh con Robert Eliscu all’oboe, Klause Wiese alla tambora indiana, Conny Viet alle chitarre e il supporto vocale del soprano coreano Djong Yun: abbandona le percussioni per un viaggio mistico musicale che nel 1973 produce il loro capolavoro assoluto, uno dei dischi più belli di sempre, in Hosianna Mantra. Fricke è instancabile e già l’anno successivo aggiunge la batteria alla sua musica e in Seligpreisung (Beatificazione, con i testi ispirati alle beatificazioni del Vangelo secondo Matteo, che esce nel 1973) sforna un rock mistico, sfuggente e ipnotico con una Lato A di una bellezza che lascia esterrefatti, capeggiato dal rincorrersi di chitarra e piano nella stupenda Tanz De Chassidim. Nel 1974 Florian Fricke realizzò la seconda colonna sonora per il regista Werner Herzog; questa volta musicò le scene de La Grande Festa dell'Intagliatore Steiner (titolo originale Die grosse Ekstase des Bildschnitzers Steiner) che però non vide mai la luce, rimanendo ancora oggi un inedito. Contemporaneamente però lo stesso Fricke accettò di partecipare alle riprese di un altro film dello stesso regista che uscì di seguito al primo citato, L'Enigma Di Kaspar Hauser, dove fa la parte di un pianista. Nel 1975, trasforma i Popol Vuh in un trio, con Daniel Fichelscher alla chitarra e la Yun alle parti vocali, e scrive un disco che musicalmente si orienta molto al rock, al jazz rock ma lascia intatta la sua visione sognante e storico mistica della musica. Einsjäger und Siebenjäger, che significa Cacciatore Uno e Cacciatore Sette, sono i nomi di due dei protagonisti del libro dei Quiche,  Hun-Hunahpu e Vucub-Hunahpu. Tuttavia l’approccio al mito è molto più vasto, dato che le composizioni si ispirano ai miti minoici e anche a quelli del folklore tedesco per un disco che all’epoca fu un po’ dimenticato, ma che sentito adesso ha tutta la magia degli altri capolavori dei Popol Vuh. Il disco ha una natura antropologica, nello sperimentare in musica il mito dei Re Minoici (King Minos), la bellezza di quei luoghi incantati (la meravigliosa Gutes Land), l’astuzia e la fortuna di  Würfelspiel, che mette in musica una partita a dadi, oppure il rock sognante di Morgengruß. Sebbene nei crediti sia poco citato, fu Fichelscher che spinse per sonorità molto più rock, espresse dalla sua chitarra che non è metaforicamente “liquida” come lo era stata quella di Conny Viet nei dischi precedenti, ma contrappone la sua potenza alle parti al piano, sempre meravigliose, di Fricke e agli interventi vocali della Yung: massima espressione di tutto ciò non si può meglio trovare che nella suite, da 19 minuti, Einsjäger und Siebenjäger, con una evoluzione monumentale e memorabile, quasi come se si stesse assistendo ad una battuta di caccia dei due guerrieri citati nel titolo. In quel periodo tra l’altro, i dischi dei Popol Vuh furono stampati anche in Italia, ottenendo un successo incredibile, e nel 1975 Fricke suonò in tour in Italia memorabili concerti accompagnati dall’Orchestra Filarmonica di Monaco di Baviera. Fricke continuerà a collaborare con Herzog, con colonne sonore emozionante e di grande successo, raccolte in dischi singoli e compilation (addirittura tre per quelle pensate per Nosferatu, usate solo in parte nel film). Fricke, che con il suo suono fu fondamentale non solo per il rock tedesco ma per l’ambiente, per la musica new age e per tutta la musica sperimentale, continuerà a sperimentare suoni, non con risultati eccelsi come questi, con particolare attenzione verso la musica tantrica. Morirà nel 2001, lasciando un segno profondo in tutti gli appassionati di musica. Dal 2004, una piccola casa discografica, la SPV, ha ristampato tutto il catalogo Popol Vuh, con in aggiunta brani in più, registrazioni inedite, alterative takes. Chiudiamo questo piccolo viaggio nella musica cosmica tedesca con queste parole di Fricke, davvero toccanti: Lasciateci fare della Musica, della Musica che faccia del Bene, che renda Interiore ciò che è Esteriore. E una volta giunti a tanto, restiamo Uniti: Pace e Gioia! 
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theam-cjsw · 3 months
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The AM: January 22, 2024
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Former Constantines frontman and current solo artist Bry Webb calls in during hour three of this week's AM to discuss his new album and upcoming Calgary show. Before that, your usual mix of mellow moods, from neo-classical bassoon and accordion, to gentle acoustic ditties, to "maritime jazz" and other unclassifiable sounds.
Enjoy!
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Hour One:
Grasslands Frank Horvat, Sébastien Malette • A Village of Landscapes
Ya Rayah Emad Armoush's Duos, featuring Francois Houle • Electritradition
Poeira Sam Gendel, Fabiano do Nascimento • The Room
London Tuulikki Bartosik • Playscapes
Dewdrop Coming Back to You Plains Apparition, Light Blending In • Window to the Soul
Phosphene Gregory Uhlmann • Small Day
Gloria Joseph Shabason, Nicholas Krgovich, M. Sage • Shabason, Krgovich, Sage
Detached Hauschka • Philanthropy
Xenon Arc sub lumen • Supercluster
Hour Two:
Archive Melodien • Morii
Relax With Me Easy Idiot • Stock Music II
Crushed Velvet Molly Lewis, featuring Thee Sacred Souls • On The Lips
Cruising Home Greg Foat, Ayu Salawu • Interstellar Fantasy
Maritime Jazz Cosmic Analog Ensemble • Les Grandes Vacances
Vampire SHOLTO • The Changing Tides of Dreams
Jandira Luiz Henrique • Mestiço
Pra Não Deixar de Sambar Luiz Henrique • Mestiço
Bossa nova for the contrails of my tears Rural Tapes, featuring Steve Wynn • Inner space music
Bright Green Vibrant Gray Helena Deland • Goodnight Summerland
Flowers on the Fire Escape MOONRIIVR • Vol. 1
(1-2-3-4-5-6-7) Count the Days Gene Pitney • She's a Heartbreaker
Hour Three:
No Mast Loving • Any Light
Morgengruß Popol Vuh • Einsjäger und Siebenjäger
Bo Tequila Rei Harakami • 広い世界 と せまい世界
Let Me Know Hannah Miette, featuring Rozi Plain • Single
Modern Mind Bry Webb • Run With Me
I Saw Me Victrix • I Saw Me EP
Perfect Storm Jane Weaver • Love in Constant Spectacle
Nodos Radiotr​ó​nica • Single
Best For You and Me Helado Negro • Phasor
Just a Minute (Moon King Cover) Tess Roby • Ever New (Compilation)
Ameleon Mega Bog • Life, and Another
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affairesasuivre · 5 years
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POPOL VUH - Aguirre (1975)
Prenez une équipe de tournage. Ajoutez-y un acteur impulsif, capricieux, colérique et incontrôlable ainsi qu’un réalisateur génial aussi mégalomane que le précédent comédien. Donnez-leur trois-cent mille malheureux dollars, une caméra volée, et envoyez le tout en pleine jungle péruvienne, sans script et avec le minimum de matériel et de vivres.
« Aguirre, la Colère de Dieu » aurai pu avoir l’étoffe d’un film calamiteux embourbé dans les malheurs qu’a subit Werner Herzog au moment du tournage ; Klaus Kinski en était le premier. Pourtant, au détriment du côté épique que pouvait évoquer l’aventure des conquistadors espagnols, le film s’est paré d’un autre discours. Plus métaphorique et intime, infiniment plus bouleversant. C’est là que l’on reconnaît les œuvres véritablement affirmées, quand tous les éléments, intentionnels ou non, convergent vers le même dessein. Quand le prisme du film laisse à chaque coup d’œil une marque durable, comme si à chaque vue un indice de plus s’ajoutait naturellement à la fresque finale. « Aguirre » (le film) est un chef d’œuvre. Et si les images marquent autant l’esprit, c’est non sans l’aide de la musique. Herzog a fait appel à Popol Vuh, groupe allemand de Krautrock dont l’un des membres, Florian Fricke, a flirté la même année avec Tangerine Dream (« Zeit », rappelez-vous). La bande originale est sortie trois ans après le film, elle contient en plus des séquences enregistrées entre 1972 et 1974, dont certaines ne sont que des versions alternatives de compositions existantes. C’est un des rares points faibles d’Aguirre (l’album) : Son aspect fragmenté, visitant des directions très antagonistes. En outre la non-uniformité stylistique de l’œuvre, les morceaux possèdent des ambiances vraiment excellentes, prêtant toutes à la rêverie. On retrouve toutes les séquences sonores du film dans « Aguirre I », les différentes plages s’enchaînent sans travail de transition ; ce petit défaut de mise en forme viendra compléter le tableau de points faibles de l’ensemble. Les nappes de chœurs surréalistes parfois accompagnées d’une lancinante guitare électrique ou d’un synthétiseur sont d’une beauté poétique insaisissable, Herzog ne pouvait espérer mieux pour renforcer le potentiel onirique de son film. « Aguirre II » et « Aguirre III » ne sont que des versions reliftées de ces morceaux, avec pour le premier une transition vers un ballet de guitares acoustiques et électrique ; et pour le second, l’ajout de percussions ethniques rendant la musique plus évidente, donc moins magique. C’est avec les autres morceaux ponctuant l’album que la cohérence d’Aguirre se voit compromise. « Morgengruss II » - dont la première partie apparaît dans Einsjäger und Siebenjäger sorti un an plus tôt - et « Agnus Dei » sont deux pièces que l’on pourrait hâtivement taxer de « easy listening », cherchant l’efficacité dans la simplicité, on y retrouve des guitares chantantes dans la continuité de « Aguirre II » ainsi qu’une batterie magistrale s’accordant sur des airs presque médiévaux. Enfin, dans un tout autre contexte, « Vergegenwartigung » est une entité sonore justifiant à l’album son cachet de Rock-Choucroute. Sœur des longues méditations de Zeit, la plage sonore fait tache au milieu du paysage boisé et exotique de ces comparses, perturbant ainsi son appréciation. Aguirre est donc un album très bien fait, mais qui s’apparente davantage à une composition de style Dada, dont l’incohérence du discours global en affecte trop l’écoute pour être ignorée.
Par TARTE le 25 Juin 2012  
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dangerouswaters · 10 years
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Popol Vuh - Morgengruß
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