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#imbecilli si nasce
radiosciampli-blog · 2 months
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Breve storia triste non volevo cucinare (ieri ho avuto gente)però stamattina dico tra me e me vabbe' preparo i cannelloni per mio figlio....preparo, si alza mi dice con un faccia da culo mamma mi sono dimenticato di dirti che non ci sono a pranzo....vorrei mandarmi a quel paese da sola ora cerco uno specchio. Povera me.
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annaeisuoipensieri · 2 years
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E tu, Stato
e tu, Stato
che tu sia ministro, politico o magistrato
o al limite impiegato
comunque pagato inevitabilmente coi soldi del contribuente
cioè dalla gente.
E tu, Stato
che ci chiedi aiuto e che ci corteggi
coi tuoi soliti imbecilli
che passano per saggi.
E tu, Stato
che hai sprecato, hai sperperato, hai gozzovigliato
pubblicamente mi hai rovinato
che se un giorno mi nasce un figlio, povero figlio
è già indebitato.
E tu, Stato
così goffo e impacciato
che continui a fare i tuoi soliti giochi di potere
davanti ai cittadini un po’ imbarazzati
che si domandano stupiti
perché non sciolgono i partiti.
E tu, Stato
così contorto, complicato
che per riempire un modulo, una scheda, un tabulato
bisogna essere dei maghi
è quasi come fare un cruciverba
di Bartezzaghi.
E tu, Stato
così preciso e protocollato
che per avere un passaporto, un permesso, una licenza
si sbaglia sempre ufficio
c’è sempre un’altra stanza
e se non ci hai un amico o qualche conoscenza
stai fermo per tre giri e torni al punto di partenza.
E tu, Stato
che tu sia dottore che tu sia ingegnere o anche avvocato
s’intende dello Stato
che dopo anni di lavoro serio
e ore e ore di straordinario
hai risolto scientificamente il sistema più efficiente
per non far funzionare niente.
E tu, Stato
così incosciente e disgraziato
così compromesso, così invischiato
e se ancora qualcuno un po’ ingenuo si chiede chi è stato
ma come chi è stato? Lo Stato!
E tu, Stato
ti vedo un po’ ammosciato
perdi i colpi, te la vedi brutta
sei, come dire, un po’ alla frutta
nel senso che ormai la gente normale
da un punto di vista morale
ha assai più rispetto per un travestito o uno spacciatore
che per un assessore.
E tu, Stato
che ti sei sorpreso, ti sei scandalizzato
per tutti quelli che han rubato
che per farcelo vedere
hai riempito le galere delle tue pecore nere
e noi che lo sappiamo
lo possiamo indovinare come va a finire
perché è una cosa delicata e dolorosa
per cui fra poco
tutti a casa.
E tu, Stato
così giusto e imparziale
col tuo onesto sistema fiscale
s’intende demenziale
che affronti i problemi più urgenti
con tasse nuove
geniali e stravaganti
ancora non mi è chiaro
cosa ci fai del mio denaro
non vedo né ospedali, o tribunali
ma solo allegri e spiritosi
i servizi sociali
generalmente
se uno paga e non ha indietro niente
se non è proprio idiota
rivuole indietro la sua quota.
E tu, Stato
inginocchiato e impaurito
sempre più incerto e cupo
che gridi disperato ‘al lupo! al lupo!’
sempre più depresso, sempre più codardo
te la sei fatta addosso
per colpa di un balordo lombardo.
E tu, Stato
che tu sia ministro, politico o magistrato
ci avete castigato
mettendoci di fronte
ad una tragedia inaspettata e sconvolgente
e noi che lo vediamo
come vi agitate per far pagare a noi
quarant’anni di cazzate.
Ma la sola vera riforma delle istituzioni
è che ve ne andiate tutti fuori dai coglioni.
E tu, Stato - di Gaber – Luporini
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monicadeola · 11 months
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Cosa resta di Berlusconi – al quinto giorno di berlusconeide, al quinto giorno di «Berlusconi in sé, Berlusconi in me», al quinto giorno di articoli di giornali stranieri che fanno tenerezza quando cercano di trovare un senso a un paese che un senso non ce l’ha – cosa resta?
Il mio dettaglio preferito è «Non ho mai ricevuto una telefonata». Con la voluttà con cui si precipitavano a dire che Gianni Agnelli li chiamava alle sei di mattina – sperando questo dicesse di loro che erano interlocutori interessanti – i giornalisti italiani, se lavorano o hanno mai lavorato per Berlusconi, ci tengono a dire che mai mai mai Berlusconi ha detto loro cosa mandare in onda o mettere in pagina – sperando questo dica di loro che sono così schienadrittisti che mai, altrimenti, avrebbero lavorato per lui.
Sono gli stessi giornalisti che poi però, se scrivono di Milan, spiegano in dettaglio quanto Berlusconi interferisse, desse consigli non richiesti, fosse un’ingombrante presenza. Sarà che gli allenatori non scrivono editoriali e quindi non possono ribadirci che neanche a loro mai, neanche a loro una pressione piccina picciò.
Quindi Berlusconi rompeva i coglioni alle signore dicendo loro come vestirsi (aneddoto analogo a quello che riferivo ieri della Palombelli, l’ha esposto a una telecamera Barbara D’Urso: Silvio e la sua vocazione da guardarobiera); e agli allenatori dicendo loro come allenare. Ma a tutti coloro con un tesserino dell’Ordine dei giornalisti, a quelli neanche un consiglio mai.
Sarà che non ce n’era bisogno? Sarà che poteva contare sui più realisti del re? Sarà che era tutto previsto, anche il dissenso, anche quello fa scena?
Una ribelle di quelle da social, di quelle che si sono premurate di scrivere che il lutto nazionale non è a loro nome, perché loro sono bambine speciali e i rituali collettivi li schifano, una di quelle, pubblicata da una delle case editrici di proprietà di Berlusconi (giacché, lo sappiamo da un secolo: il paese non è di destra o di sinistra, il paese è di Berlusconi), una di loro (più di una, plausibilmente) si è trovata nei commenti alla ribellione da vetrina velate minacce aziendaliste.
Ti dovrebbero stracciare il contratto (segue tag all’editore, giacché a quest’epoca piace moltissimo fare la spia con un clic: se si potesse taggare la Guardia di finanza quando non ci fanno la fattura, avremmo già azzerato l’evasione fiscale).
Di costoro – non delle ribelli, che vabbè: dei minacciosi delatori – mi chiedo sempre come ragionino: non lo sanno che quel mercato residuale che è l’editoria sta su grazie a un’illusione collettiva di controcorrentismo e liberalismo, e se un editore racimola qualche spiccio (qualche spiccio reputazionale, soprattutto) è perché pubblica gente che dice che quell’editore è un manigoldo?
Ieri sono uscite, su Netflix, le nuove puntate di Black Mirror. Black Mirror nasce come prodotto di Channel 4, l’altra tv pubblica inglese, quella che non è la Bbc. Netflix prima si limita a distribuirlo nel resto del mondo; poi, avendo solo sceneggiati uno più irrilevante dell’altro, copre di soldi Charlie Brooker, il suo ideatore, perché faccia le nuove stagioni in esclusiva per loro.
Questa è la quarta stagione che Brooker fa per Netflix (quattro stagioni più uno speciale: lo preciso non perché l’informazione abbia alcuna rilevanza ma perché sennò arriva di sicuro qualche lettore che vuole dimostrarmi che ha Google e mi corregge, e voi non sapete che lavoro usurante sia scrivere in un’epoca di lettori imbecilli smaniosi di dimostrarsi svegli; voi non sapete che fatica sia un pubblico di dodicenni ciucci e arroganti: Silvio lo sapeva, e mi manca moltissimo).
La prima puntata della quarta stagione del multimilionario contratto di Brooker con Netflix, la prima puntata della nuova stagione dell’unica serie di finzione rilevante che Netflix abbia mai avuto, la prima puntata ha come trama: Netflix è unammerda.
Sì, nella finzione non si chiama Netflix: si chiama Streamberry. Per toglierci ogni dubbio circa l’identità della multinazionale dello streaming dissimulata dietro il nome “Streamberry”, della multinazionale cattiva che non esita ad arrubbarsi le vite dei suoi abbonati approfittando delle clausole scritte in piccolo nelle condizioni di servizio che tutti approviamo senza leggere, della multinazionale orrenda da far sembrare Rete4 un cenacolo d’intellettuali, per toglierci ogni dubbio, il logo di Streamberry ha gli stessi caratteri di quello di Netflix, le schermate da cui i personaggi scelgono cosa guardare hanno la stessa interfaccia di Netflix, e insomma Brooker fattura per mettere in onda su Netflix una storia su quanto è distopica Netflix.
Però Brooker ha, credo, troppo senso del ridicolo per puntualizzare agli intervistatori che Netflix gli ha lasciato totale libertà creativa e non gli ha mai fatto pressioni.
Ieri mattina ho aperto i siti dei giornali aspettandomi di trovare in apertura il peschereccio con non so neanche più quante centinaia di morti e dispersi, e invece c’erano quattro scemi che pensavano di fare “Grease” con quarantacinque anni di ritardo (o “Gioventù bruciata” con sessantotto): facevano le corse con le macchine e sono andati addosso a una Smart e hanno ammazzato un bambino di cinque anni.
Non voglio fare una gerarchia delle tragedie (a quella ci pensa il numero di morti, non c’è bisogno la faccia io), voglio solo dire che una storia sulla quale non c’è niente da dire – cosa dobbiamo dire, che è disdicevole fare corse in macchina e ammazzare bambini? Dobbiamo disapprovare per distinguerci da chi? C’è forse un dibattito? C’è qualcuno a favore dell’ammazzare bambini per sbaglio e per like? – è la storia di cui tutti hanno parlato tutto il giorno, ieri. Perché era facilissimo.
Era facilissimo far finta che fosse una bravata da giovinastri, specie ora che la bravata la chiamiamo «challenge» (che tutti, tutti, tutti i giornali scrivono «challange», perché siamo un secolo che ha dimenticato l’italiano senza riuscire a imparare l’inglese); era facilissimo far finta che queste audaci imprese le avesse inventate YouTube, e che la commedia fondativa del carattere italiano contemporaneo, sessantun anni fa, non finisse proprio con Vittorio Gassman che correndo in macchina ammazzava Jean-Louis Trintignant per leggerezza e per esibizionismo.
Era facilissimo dire che avevano fatto una cosa molto brutta e che i giovani d’oggi non hanno proprio ideali (Gassman sì che aveva valori solidi, per non parlare di James Dean); era facilissimo indignarsi d’indignazioni astratte (contro la ricchezza facile, contro il mercato dei like: quelli che arrivano ai cretini che fanno le corse in macchina su YouTube, quelli che arrivano a noi che ci indigniamo sentendoci invece intelligenti); era facilissimo dire «quel bambino potrebbe essere mio figlio».
Quelli nel peschereccio in effetti sono a meno immediata identificazione: se Silvio fosse stato il tipo che telefonava ai suoi tg, avrebbe suggerito di mettere prima un bambino romano, la cui morte è infinitamente più straziante e immedesimabile di quelle di centinaia di bambini forestieri; per fortuna c’era Silvio in noi prima, e c’è anche ora che non c’è più Silvio in sé, e sappiamo da soli che gerarchia cliccabile dare alle notizie.
È stata una giornata istruttiva, per capire che non è mai esistito Berlusconi: è esistito ed esiste il carattere italiano, che poi forse è il carattere degli esseri umani mediocri ed esibizionisti che si accentua nell’epoca in cui ogni mediocre ha una telecamera nel telefono.
Esiste la predisposizione alle scorciatoie (non parlo dei ventenni che fanno i soldi su YouTube: parlo di noialtri che ci scegliamo sempre la causa più facilmente portatrice di cuoricini); esiste l’esibizionismo; esiste, in noi, il Bruno Cortona del Sorpasso, letale e megalomane in ogni scena, e assai più endemico e meno accidentale dei ragazzotti scemi di “Grease”, di “Gioventù bruciata”, di YouTube.
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giankamoverona · 2 years
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#lanota del gianka Trasmigrazioni grilline.... Puoi scegliere il "misto" che vuoi, ma la radice grillina non la puoi nascondere, svela sempre le imperfezioni della mente. Imbecilli si nasce, grillini si diventa... 🤔 https://www.instagram.com/p/CdaCFx2sEig/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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Imbecilli si nasce o si diventa?.. Chissà...
Una cosa è certa...
Qualcuno parte già avvantaggiato...
Luciana Littizzetto
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corallorosso · 2 years
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Il mare è vuoto. Non ci sono più barconi. Semmai, tanti corpi in più. Basta puntare il binocolo sul niente. Il nero colpevole è affondato, o in carcere sull’altra sponda. Potete girarvi e vedere, pur senza occhiali. L’Italia è in alto mare ed affonda. E questa volta, siamo tutti sulla stessa barca. La demografia scende, il Pil anche ed i giovani abbandonano la nave. Non ci sono più barconi sul mare. Siamo noi ad essere in balia di due imbecilli. Ogni riferimento è pura casualità “Salvini ha ragione". Non mi ribolle più il sangue quando sento questa frase. Non mi importa nemmeno più sapere su cosa abbia ragione: Se tutti i neri sono delinquenti. Se tutto il Sud deve bruciare. Se le donne devono fare le moglie. Se gli omosessuali devono emigrare. Non mi interessa più. Trovo sia di una grande viltà. Penso sia la risposta di chi non ha argomenti. È priva di consistenza e di coscienza. La forza, quella vera, si dimostra con la compassione e l'equità, non nel piegare la schiena dei più deboli. "Salvini ha ragione". Così dicono e si fanno forza, sulla pelle dei più disadatti. Una ragione senza vere ragioni, che nasce dalla parte oscura dell’uomo, che è parte della bestia in noi. Non c’è gloria nel privare gli altri, ancor di meno nell'ucciderli o costringerli. Ci sono ragioni che diventano pallottole e ci sono vittime che derivano da quelle ragioni. Soumaila Diawara
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firewalker · 3 years
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Di resistenza ai farmaci, vaccinazioni, antibiotici, mutazioni ed evoluzione
Questo post sarà lungo. Parecchio. Va letto da cima a fondo per capirne il senso, è noioso persino scriverlo e interessa una fetta minima di persone. Ma dovrebbe essere letto da chiunque non sia del settore.
Cos’è l’evoluzione e come funziona
L’evoluzione è un processo che coinvolge tutti gli esseri viventi della Terra e la migliore spiegazione di questo processo è, appunto, la Teoria dell’evoluzione. Senza entrare nei dettagli (non ne sarei capace nemmeno io, non sono aggiornato e non è il mio campo di studi) e semplificando al massimo, possiamo definire l’evoluzione come il cambiamento degli esseri viventi nel tempo. Il soggetto del cambiamento non è l’individuo ma la specie e l’unità di tempo non è il giorno o l’anno ma la generazione. Non è l’individuo che evolve nell’arco della vita, è la specie che evolve con l’avanzare delle generazioni.
I motori dell’evoluzione sono di tipo genetico: sempre per semplificare, cito solo la mutazione casuale. Le mutazioni avranno effetti sulla popolazione e sulla specie a seconda di come interagiranno con l’ambiente esterno. Mettiamo caso che esista la specie dei Groodies (cfr. Griffiths et al. - Genetica, principi di analisi formale - Zanichelli, quarta edizione italiana, pag. 150), degli animaletti con una coda, molti flagelli al posto delle zampe e un po’ cicciottelli.
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La loro vita scorre beata, si riproducono, mangiano, dormono. A un certo punto, ne nasce uno diverso, per una mutazione del DNA assolutamente casuale: nasce un Groody smilzo. Ebbene, questa mutazione potrà essere determinante per la vita del nostro amico: se quella popolazione vivesse in un ambiente stretto, avrebbe più facilità di movimento, potrebbe sfuggire più facilmente ai predatori. Avrebbe quindi quello che viene chiamato vantaggio selettivo. In queste condizioni, il Groody smilzo riesce ad accoppiarsi più spesso, o per più tempo, dei Groody cicciottelli e pian piano, nella popolazione, cresce il numero di Groodies smilzi. Ecco quindi che la specie del Groodies evolve, cambia, col passare delle generazioni più Groodies si presentano come creature smilze, finché l’originale cicciottello non sarà una bizzarria che capita ogni tanto, per caso.
I Groodies, quindi, sono cambiati nel tempo.
Questa cosa è valida per qualsiasi animale, pianta, fungo, batterio o alga unicellulare al mondo, uomo compreso.
Voglio che sia chiara una cosa fondamentale: per evolversi, la specie deve riprodursi.
Batteri resistenti agli antibiotici
Tutti sappiamo che esistono tipi di batteri particolarmente difficili da sconfiggere, e tutti ci diciamo che è per colpa degli antibiotici nel pollo. Mi sono accorto però che questi concetti non sono poi così chiari. La cosa più logica da pensare è che gli antibiotici vadano a creare batteri resistenti ad essi. Niente di più sbagliato.
L’antibiotico-resistenza, o in generale la farmaco-resistenza di un patogeno a una cura, non è nient’altro che l’evoluzione in atto. Possiamo descrivere meglio questa cosa parlando di crescita batterica in laboratorio
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Nell’immagine che vedete qui sopra ci sono due piastre Petri con una coltura batterica, quella a sinistra è datata 2009, quella a destra è datata 2019. L’immagine fa riferimento alla Ten Years Challenge che l’anno scorso c’ha massacrato i marroni con le foto di quanto eravamo più belli dieci anni fa rispetto a oggi.
Fatemi dire che questa immagine è terrificante.
Nella prima immagine abbiamo quattro tondini messi nella piastra con la coltura batterica e si vedono enormi aloni: i tondini contengono antibiotici e gli aloni sono aree in cui l’antibiotico agisce, impedendo la crescita batterica. Sono quattro antibiotici diversi, ovviamente.
Passano dieci anni, i batteri evolvono col passare delle generazioni e nessuno dei quattro antibiotici funziona più. Cosa è successo?
È successo che gli antibiotici hanno fatto il loro lavoro, ma anche la natura ci ha messo del suo. In laboratorio, il tempo di generazione dei batteri può essere dell’ordine dei minuti, non degli anni come per gli animali. In ambiente naturale sono sempre un po’ più lenti, ma non è che un Escherichia coli si moltiplichi una volta ogni due anni, lo farà ogni sei o sette ore invece di ogni 90 minuti. Questo significa che i batteri accumulano generazioni su generazioni, quindi accumulano mutazioni. Cambiano. E cambiano in maniera spaventosamente veloce. E qualche batterio, casualmente, ha sviluppato una resistenza agli antibiotici (il Groody è diventato smilzo). L’antibiotico, usato a muzzo, ha spazzato via il resto dei batteri e ha lasciato campo libero per moltiplicarsi a lui (l’ambiente stretto ha quasi eliminato i Groodies cicciottelli), al punto che ora c’è solo lui. E noi stiamo inguaiati con gli antibiotici che non funzionano.
Come funziona un vaccino
Saltiamo di palo in frasca e facciamo una digressione necessaria.
Un vaccino è un farmaco che, nella stragrande maggioranza dei casi, non è usato per curare una malattia, è usato per prevenirla. Il suo funzionamento è tanto semplice quanto geniale: facciamo un Varicella Party senza però farci ammalare di varicella. L’idea, ai tempi di Fleming che inventò questa cosa, derivò dall’osservazione di due fenomeni: 
le donne che mungevano le mucche si ammalavano del vaiolo vaccino, forma meno grave di quello umano, sopravvivevano e non si ammalavano di vaiolo umano
i guariti dal vaiolo non si riammalavano
Quindi l’idea: facciamo in modo che la gente pigli un virus più debole, così l’altro non attecchisce. Funziona.
Al giorno d’oggi sappiamo quasi tutto, a livello molecolare, di come funzionano i vaccini. Come sempre semplifico.
Inietto nel corpo qualcosa contro cui voglio difendermi (un virus o un batterio attenuati o uccisi, una tossina, una parte di patogeno)
lascio il tempo al mio organismo di costruire le sue difese
fine
Le difese immunitarie sono divisibili in due parti: innate e adattative. Le prime reagiscono un po’ a tutto, sono la prima barriera di protezione (per dire, anche la pelle può essere considerata una difesa immunitaria innata). Le altre invece sono specifiche per quel patogeno e non altri, e sono queste ultime che andiamo a stimolare quando ci vacciniamo.
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Le difese innate agiscono subito, ma non sono in grado di combattere virus e batteri da soli. Le difese adattative sono invece molto più efficaci, ma hanno bisogno di un paio di settimane per prepararsi. Ad alcune malattie, due settimane sono sufficienti per uccidere l’ammalato, quindi c’è bisogno di prepararsi prima.
In particolare, dobbiamo creare Cellule B e T di memoria, per poter reagire velocemente, produrre anticorpi e le altre molecole importanti per una reazione rapida ed efficace anche dopo anni dal primo contatto.
A volte c’è bisogno di un richiamo perché queste cellule della memoria non sono eterne (tetano), altre volte c’è bisogno di un richiamo perché nel frattempo il patogeno è mutato (influenza)
La resistenza ai vaccini
Esistono tre tipi di resistenza ai vaccini: quella seria, quella inutile e quella oh mio dio non c’hai capito una mazza, che poi è il motivo di questo post così complicato.
Resistenza seria: non tutte le persone, dopo la vaccinazione, sono protette. Si chiamano non responders, e per qualche ragione su di loro i vaccini sembrano non attecchire. Esistono per tutti i tipi di vaccino, l’efficacia di questi farmaci non è mai del 100% e le ragioni sono tra le più disparate: si va da particolari corredi genetici a difetti nel vaccino stesso (la cacchio di vaccinazione influenzale è basata su quel che conosciamo, quindi sui virus passati, non è mica detto che siano gli stessi che ci verranno a trovare) e non sempre è facile capire perché succeda. In questi casi, la persona è coperta dall’immunità di gregge, ovvero dal fatto che la malattia ha difficoltà a diffondersi.
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Resistenza inutile: l’OMS ci fa sapere che la resistenza ai vaccini è uno dei maggiori problemi del 2019. Ma in questo caso si parla del fatto che le persone sono imbecilli e non vogliono vaccinarsi (Vaccine hesitancy), andando a inficiare quanto detto sull’importanza dell’immunità di gregge poco fa.
Resistenza oh mio dio non c’hai capito una mazza: molte persone si chiedono se SARS-CoV-2 svilupperà resistenza contro i prossimi vaccini, e quindi come affrontare la mutazione che li renderà inutili (nonostante non siano nemmeno ancora in commercio).
Se guardiamo la questione dal punto di vista evolutivo, la cosa non ha alcun senso. Il vaccino non agisce sul patogeno in alcun modo, agisce piuttosto sull’ospite. L’unico modo che ha un patogeno di affrontare delle difese immunitarie preparate e sconfiggerle è mutare in qualcosa di diverso e diffondere questa mutazione. Quindi evolversi, cambiare. Ma abbiamo detto che questa cosa si può fare solo se si diffonde, solo se si moltiplica, si riproduce. Il vaccino impedisce la riproduzione del patogeno, è il suo scopo, crea immunità di gregge, ne ostacola la diffusione, rende una mutazione improbabile.
Non è impossibile, certo, anche perché SARS-CoV-2 è un virus anche animale, e quindi potrebbe avere altre possibilità di mutare, ma se muta in un cane potrebbe non essere comunque capace di diffondersi tra gli esseri umani e rimanere un problema animale (un po’ come il cimurro).
La chiave per capire il problema è tutta lì: bisogna ragionare in termini evolutivi. Una volta impostata questa mentalità, è tutto estremamente più chiaro e semplice.
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luposolitario00 · 2 years
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Ci sono donne che dicono che i loro fidanzati/mariti/figli non sono in grado di cucinare, di farsi una pasta o di fare una lavatrice! Ma come si fa a dargli di inetti così alla leggera? Tutte e tutti abbiamo un cervello e comunque nessuna donna o uomo è nata/o col gene della cucina o della lavatrice! Si impara facendo, si impara vivendo, ma tutt* sono in grado! Fanno salire il nervoso le donne che dicono che sono fortunate ad avere un marito che cucina e stende i panni, come se tutti gli altri fossero degli incapaci! Non è fortuna, è autonomia! Ed è fondamentale imparare ad essere indipendenti nella vita.
Basta dire che il marito “aiuta” in casa! Basta dire “come sei bravo che aiuti in casa”. Lui non sta aiutando, lui ci sta vivendo in casa, come tutte le altre persone della casa! Non è un ospite! Ci abita in casa!
Quando si abita una casa, la sua gestione viene condivisa e suddivisa equamente da tutte le persone che la abitano. Ogni persona che la abita contribuisce con il suo apporto.
Gli uomini non sono degli imbecilli, sono esseri umani, persone! Quante volte dobbiamo ripetere ancora che i genitali non condizionano il comportamento o il carattere? Le solite frasi “sai sono uomini, non ci arrivano…” oppure “sono uomini, sono fatti così…” devono essere bandite! Il sessismo benevolo cerca di convincervi che in quanto donne le pulizie di casa le sapete fare meglio, che siete nate per stirare, per cucinare, siete nate per essere madri. Sono tutti stereotipi!
Non si nasce col gene del ferro da stiro, non si nasce col gene della cucina, non si nasce col gene della madre perfetta! Ce lo inculcano fin da quando veniamo al mondo!
Ed ecco che, se un uomo prova ad essere un attimino indipendente, viene detto “ma che fortunata che sei con un marito così, che cucina, stira e ti aiuta in casa!”.
Una donna deve ritenersi fortunata perché suo marito è una persona autonoma e indipendente e si comporta normalmente nella vita di tutti i giorni? Ma che cavolo di fortuna è!?
Sarebbe come se dicessero “ma che fortunata che sei, tuo marito sa attraversare la strada da solo!!”.
Ecco… riflettiamoci!
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ma-pi-ma · 4 years
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Gigi Proietti spiega il termine “Stronzo” in romano
“Ho comprato un bel vaso di murano, che strano, che strano”. “Ho comprato un bel vaso di bronzo…” La parola è STRONZO ovviamente, che sta sul vocabolario c’è scritto: sterco forma cilindrica, però per traslato epiteto che si usa per persone imbecilli, cretine, inette, incolte. No, io non sono d’accordo perché STRONZO, anche una persona colta può essere STRONZO anzi a volte più s’ho colti…. più so STRONZI .. non è una legge però insomma…
Ora questa frase, a questa parola noi romani abbiamo dato tali significati sfumati, che non la puoi dire con un’altra parola, vuol dire… vuol dire solo quello, non c’è niente da fa.
Si può arrivare a cercare di capire il significato con degli esempi: uno buca con la macchina, buca per strada, mette il crick, leva la ruota, i quattro bulloni delle ruota gli vanno a finire dentro una voragine e se trova così con la macchine a zampe per aria: “Eh mo che faccio”.
Guarda davanti verso il muro e c’è scritto “Manicomio” e sopra dietro all’inferiate c’è uno così.
Quello gli fa: “Guardi se fossi in lei, leverei un bullone pe ruota e a tre bulloni pe rota andrei al primo posto di rifornimento”. “Ah grazie, ma a te ti tengono lì dentro”. “Ma io so matto mica so stronzo”.
Oppure si possono fare degli esempi del quale è necessario, indispensabile usare questa parola. Chi di noi non l’ha usata nella vita per lo meno venti mila trenta mila volte, insomma no. Anche persone coltissime anche religiose, però insomma a volte te la levano proprio dalla bocca. Metti ti arriva uno ai duecento all’ora e inchioda a dieci centimetri dalla scarpa… che cosa gli vuoi dire: “Hei tu incauto!” Non puoi fare altro che dirgli STRONZO e che gli devi dire. Puoi premettere alla parola “Ha”, e poi se vuoi completare il concetto, metti la mano a cucchiarella, la metti vicino alla bocca e fai tutto insieme: “AH STRONZO” Eh, è il minimo!
Oppure per finire, un esempio d’altro uso per trovare magari un sinonimo. Tu fai tre ore di fila coi soldi in mano, quando tocca a te quella ti chiude la cassa. E dice: “E rimase lì come uno stronzo”. Qui si può usare anche Coglione che va bene anche, però insomma non c’è paragone. Oltretutto è un sinonimo, poi sappiamo tutti che “coglione” nasce gemello, invece stronzo nasce solo e muore solo….perchè???
Ma perché è STRONZO!!!
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3nding · 5 years
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Ora tenterò di spiegarvi perché siete dei deficienti se pensate che questo sia smart; non solo, lo farò tipo a livelli, ad ogni livello che superate una spiegazione sempre meno elaborata e più facile da comprendere.
LIVELLO 1: in generale, uno dei trucchetti retorici più figli di puttana ed abusati per portare una conversazione ad un livello infimo e smontare una persona è la decontestualizzazione.
SE AVESTE ASCOLTATO IL DISCORSO (e non lo avete fatto), APPENA pronunciata quella frase Greta aggiunge "AND YET I'M ONE OF THE LUCKY ONES" (ovvero "e comunque io sono una tra i più fortunati"), proseguendo con una spiegazione di cosa significhi essere ancora meno fortunati.
LIVELLO 2: la decontestualizzazione non si ferma.
Greta sta parlando di clima: ovviamente non si vuole limitare al discorso di "aver rovinato l'infanzia" perché invece di essere a scuola è ad un convegno di sandroni, ma perché è angosciata dal discorso del clima.
Il clima è un bene comune, se dovesse guastarsi ci perderebbero tutti.
Lei parla di lei come se parlasse per tutti i bambini.
Che il discorso sia suo o scritto da qualcun'altro non fa la minima differenza, il messaggio NEL CONTESTO è quello.
LIVELLO 3: un altro espediente economico per sminuire è l'esagerazione forzata dei concetti per forzare la coerenza di una persona.
Si ok, Greta proviene da un paese RICCHISSIMO e non le manca nulla; ha la possibilità di fare una regata SIMBOLICA su una bella barca.
Si ok e allora? Solo perchè uno nasce nella parte fortunata del mondo non può parlare per chi è meno fortunato?
Dove mancherebbe la coerenza?
Un bimbo asiatico che cuce i palloni secondo voi potrebbe finire al suo posto?
Certo che no, deve cucire i cazzo di palloni, siete imbecilli?
LIVELLO 4: l'incoerenza dell'incoerenza.
Volete forzare la coerenza in una giusta causa? Applicate lo stesso metro di giudizio con voi stessi.
Quando vi lamentate di lavorare troppo o per troppo poco vi paragonate a un minatore di cobalto del Congo?
Assolutamente no, e nessuno nemmeno sminuisce i vostri problemi nel vostro contesto forzandoli in un contesto diverso.
Se vi lascia vostra moglie è normale che soffriate; certo, c'è di peggio, MA CIO' NON VUOL DIRE CHE UNO NON POSSA STARE MALE SE NON E' PROPRIO AL BOTTOM LINE DEL FOTTUTO PEGGIO.
(questi sono una sorta di psicologia inversa, del tipo "vogliamo decontestualizzare Greta? Ok, ma decontestualizziamo anche noi stessi e vediamo che succede).
LIVELLO 5: l'incoerenza fatta a persona, parte 1.
Non solo criticate l'incoerenza di Greta, ma siete pure dei figli della merda.
Lei sarà una "viziata che pensa al surriscaldamento globale di 16 anni", voi siete dei viziati egoisti di 30/40/50 anni che semplicemente pensano al fantacalcio e alla propria vita e poco altro.
Cosa dovremmo dire di voi?
LIVELLO 6: l'incoerenza fatta a persona, parte 2.
Voi non vi lamentate del clima?
Si però vi lamentate delle tasse troppo alte, poi non fate lo scontrino.
Vi lamentate che il vostro lavoro non sia valorizzato, poi "col cazzo che pago per la musica su spotify hahahahaha" e potrei andare avanti per anni.
La differenza?
Che almeno qualcuno si lamenta del clima, voi pure di cagate. Poi è incoerente allo stesso modo, ma peggio.
LIVELLO 7: l'incoerenza fatta a persona, parte 3.
Tutta la roba che vi mettete e utilizzate ha più o meno buone chance di essere cucita o saldata da bambini sottopagati in Asia.
LIVELLO 8 (boss finale): COSA CAZZO PUBBLICATE I BAMBINETTI NERI AL LAVORO CHE IERI AVETE COMMENTATO LA FOTO DEI BAMBINI ANNEGATI CON SCRITTO "GLI STA BENE STIANO A CASA LORO"
Ps: io non sto cercando di difendere Greta.
Di Greta me ne frego, io ce l'ho con voi, voglio distruggervi, tipo come un Jedi vuole distruggere un Sith.
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La gente fa schifo.
Vabbè si sapeva già, ma daily reminder. - Fred Greenwood su fb
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Memorie di un italiano
Noto, con leggero disappunto ma non sorpresa, che l'italica parte di Tumblr ha deciso di ricordare al mondo della sua presenza attraverso un assiduo e tedioso blogging sul festival di Sanremo circa l’emergenza “coronavirus” che ha colpito la nostra penisola.
Non spenderò fiumi di parole su cosa sia il coronavirus o di come affrontarlo e le misure igenico-sanitarie da seguire, sia perché la cosa non rientra tra le mie competenze, studiando prettamente diritto e non virologia o patologia in generale, sia perché fonti ben più autorevoli provano a far luce sull’intera questione; ma tranquilli se siete indolenti almeno la metà di quanto lo sia io qualche anima pia su Tumblr, insieme a tutta la melma che è stata pubblicata, ha deciso di portare un po’ di sana informazione, con fonti e consigli utili su come affrontare la faccenda nel più liscio e sicuro dei modi possibili. 
Ma non è di questo che stiamo parlando; sarebbe troppo facile, troppo poco Tumblr, no signori, ci dobbiamo complicare la vita.
Tumblr, luogo dove ognuno ha diritto di esprimere liberamente la propria opinione e citando un tale Umberto possiamo agevolmente riassumere la situazione: “Internet? Ha dato diritto di parola agli imbecilli: prima parlavano solo al bar e subito venivano messi a tacere”.
Con ciò non voglio ovviamente fare di tutta l’erba un fascio, ne’ pretendo che questo sito diventi una testata giornalistica scientifica o il sito ufficiale della Gazzetta; quindi tranquilli miei amati connazionali, tornate a fare i vostri divertentissimi memini e su, non fate i permalosoni, siamo tutti amici, si odia Salvini insieme, ci mangiamo una pizza e poi cantiamo insieme l’inno mentre guardiamo gli highlights del mondiale del 2006.
O forse no.
Tra la miriade di post che sono stati scritti sul coronavirus ammetto di aver letto alcune opinioni particolarmente... croccanti. Ed è proprio di queste che voglio parlare. 
Ma andiamo per ordine.
L’esodo dei nordici e fuorisede verso il meridione.
-Si tratta del fenomeno di “migrazione temporanea” interna avvenuta subito dopo i primi casi del coronavirus; numerose persone del nord, soprattutto Lombardia, Emilia e Veneto hanno deciso di rifugiarsi nel meridione per provare a scampare al contagio, scatenando l’ira dei residenti che ha portato a numerosi casi di razzismo e isteria di massa.-
Non solo su Tumblr ho letto che qualcuno dava ragione ai numerosi meridionali razzisti quasi a volerli giustificare -ma su questo tra poco ci ritorniamo-, no siamo scesi ancora più in basso con quello che potremmo riassumere in maniera efficace nella frase “Gnegne hai voluto lavorare? Ora non scendi più gnegne” .
1- In difesa degli ex-meridionali
Signori. Signori. Siete rimasti al sud per studiare? Bene. Siete rimasti al sud perché avete trovato lavoro? Ottimo. Siete rimasti al sud perché mamma e papà vi mantengono a 30 anni? Beati voi. Ma prendersela con gli ex-meridionali trasferiti ormai da anni al nord impedendogli di tornare con la faziosa scusa del “avete deciso la nebbia quindi niente più mare” la trovo di una bassezza disarmante; che vi piaccia o no molti purtroppo sono dovuti andar via anche di controvoglia lontani da ‘o sole per lavorare o studiare. Le persone istintivamente si spostano dove trovano una qualità di vita superiore e più opportunità lavorative, inutile prenderla sul personale. 
(N.B. ovviamente non tutti possono cercare qualità di vita più elevata al nord; capisco quindi che stare al sud non è per tutti una scelta ma può essere anche un obbligo. Ciò non è un’accusa quindi, ma una semplice constatazione, non vi sentite presi di mira per questo.)
Anche se esistono meridionali che disprezzano le loro origini non è una scusa per disprezzare in toto quelli che potrebbero essere tranquillamente vostri ex-concittadini, amici o parenti, che improvvisamente si sentono trattati come appestati.
2- In difesa dei nordici 
Ma passiamo al vero nemico; qualcuno online urla al karma, alla ruota che gira per tutti, combattendo i mostri verdi a furia di ordinanze incostituzionali, inviti a farsi le vacanzine dall’altra parte del globo e minacce ed insulti.
Vendetta contro il padano! Finalmente il divario nord e sud è stato colmato, con un colpo di scena degno di un film di Antonio Albanese. Non vi starò neanche a spiegare come la cosa sia ridicola, triste e pietosa, anzi sì siamo su Tumblr, niente è dato per scontato. Ovviamente in passato ci sono state discriminazioni nei confronti dei meridionali da parte di persone del nord, ma non è una scusa per lasciarci andare ai nostri istinti primordiali, ferite che evidentemente non sono mai state cicatrizzate e rivelano lotte intestine nate insieme all’unità d’Italia. 
Ma tanto siamo ancora all’inizio, no? Non si può che peggiorare.
Ovviamente le persone del nord hanno sbagliato a fuggire, mi sembra pleonastico dirlo, ma non meritavano il trattamento ricevuto. Le persone del sud hanno ragione ad essere spaventate, ma non bisogna giustificare atti di razzismo con la paura; è per la stessa paura che le persone del nord sono fuggite al sud. 
La paura non è una scusa a compiere atti da matrice irrazionale. Con la matrice della paura possiamo giustificare da cose meno gravi come “l’assalto ai supermercati” ai vari casi gravi di razzismo e violenza nei confronti della comunità asiatica in Italia. La paura nasce dall’ignoranza; aver paura è sicuramente lecito, ma giustificare ogni cosa con “eh, è la paura” no. 
Inoltre la denuncia di certi casi è il primo passo per combatterli, l’indifferenza non ha mai portato a nulla di buono. Fare i memini sì ma parlare delle conseguenze di questa situazione no? 
Questa situazione non fa altro che dimostrare quanto dannatamente fragile sia il nostro paese, ognuno non fa altro che guardare al proprio piccolo orto incolpandoci a destra e manca non pensando alle conseguenze naturali che avverranno presto; il nostro paese è bloccato, al livello internazionale stiamo venendo isolati e ghettizzati, la nostra economia ne risentirà con l’imminente calo del turismo del bel paese. 
E in tutto questa confusione chi ne paga di più sono sempre gli ultimi: anziani, malati, persone che non sanno a chi lasciare i figli mentre sono a lavoro, famiglie completamente isolate e piccoli imprenditori con le attività allo sfacelo.
Note finali:
Se mi volete linciare per questo post mettetevi in fila, nel mio istinto da giurista i dibattiti mi esaltano, le polemiche sono nel mio DNA, i vostri inulti sono la mia forza.
Pace, amore e amuchina per tutti.
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adroitagauche-blog · 4 years
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Su qualche film visto recentemente
Cominciamo dalla fine, da ieri notte ad essere precisi, e da uno dei tanti lavori audio-visivi insignificanti offerti attualmente al pubblico (a quanto pare è stato distribuito l’anno scorso, ma io viaggio in ritardo, a volte) : Koko-di Koko-da del 2019 ‧ Drame/Horreur ‧ 1h 26m.
Il titolo sembra stato scelto per evocare, come qualcuno ha detto, alcuni temi bucolici e/o folcloristici propri alla Svezia o alla Danimarca (alla fine non so se hanno deciso da che parte stare, perché al momento di cantare “tanti auguri a te” il papà chiede ancora alla moglie se deve improvvisare in danese o in svedese). Poco importa, se scrivo di getto tutto il male possibile di questo film, è per limitare i danni di certa critica visibile sul Net e che, contrariamente al buon senso, ne tesse le lodi, direi io in modo totalmente ingiustificato così da darmi l’impressione di essere rimasto incastrato nel banale intrigo semi-onirico semi-metaforico del film stesso. Insomma, se si vuole giocare su diversi registri narrativi, bisogna esserne capaci e soprattutto convinti.
La storia è questa: Una bimba muore a letto nel sonno accanto ai genitori dopo aver mangiato le cozze con loro la veglia del suo ottavo compleanno. E i tre sono in ospedale. E la mamma aveva chiesto alla figlia più volte se stesse bene. Un dubbio l’aveva...lei si era ammalata. I genitori scoprono che è morta mentre le cantano “buon compleanno”. Pianto e grida.
Dopo tre anni, i due genitori sono in macchina nel mezzo del nulla e l’ex papà decide di fermarsi in mezzo al nulla del nulla per piantare una tenda e passare la notte. I dialoghi riempiranno circa mezza pagina A4 (20 linee).
Mentre osserva una zanzara, la moglie sente il bisogno impellente di far pipì. E da questo bisogno fisiologico nasce il dramma che si ripeterà almeno 4 volte perché il papà tenterà di salvare lei e se stesso dall’attacco grottesco (non fa ridere, non è inquietante, non ha nessuna carica simbolica, non agisce sull’inconscio dello spettatore, non richiama nulla tranne i personaggi di una sorta di carillon decorato con i personaggi di una fiaba nordica forse, che la figlia aveva ottenuto in regalo prima di morire) di un trio improbabile di assalitori composto da un boscaiolo ritardato, una streghetta con bulldog e un anziano piccolo gentleman in bianco con cappello anni trenta che sghignazza senza sosta.
Lo scenario si ripete con la sola variante della memoria del marito dell’assalto precedente. Sapendo cosa accadrà, prova invano a trovare una soluzione - grottesca - fino a quando lei si sveglia nello stesso luogo ma innevato (non si sa perché) e assiste ad un teatrino di marionette stilizzate in una casa abbandonata che dovrebbe illustrare metaforicamente il travaglio interiore per superare il lutto.
I due si ritrovano in macchina, investono un cane, si abbracciano piangono e finisce il film.
Ripeto, se si hanno le idee confuse o più probabile, non se ne hanno affatto, bisognerebbe evitare di spendere soldi e trattare da imbecilli gli eventuali spettatori.
Si tratta sicuramente di un regista pseudo psicologizzato svedese che si prende sul serio e non riesce a superare con il suo film la soglia del guardabile.
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pensierifolli · 4 years
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IL MALE
Io sono il diavolo della situazione, quindi nel dire la mia sarò di parte, ingiusto, forse ipocrita, come mi è spesso stato detto di essere, e sarò poco coscienzioso e scomodo e schietto e molto altro ancora, indubbiamente.
Quell’uomo ha un vizio, che ammetto di aver leggermente incoraggiato. Ok, forse molto più che leggermente. Ma vi assicuro che questa sua dipendenza non è niente che mi sia inventato io, la conservava già nel profondo della sua anima, era già lì: recondita, segreta.
Sapete, noi diavoli non creiamo peccati, noi instilliamo dubbi. Poi ci pensate voi a mandare tutto a… come, non si può dire? Ok, a… poiane. Insomma, chi mi vuole intendere intenda.
Il fattaccio, cari umani, è che non è Adam ad avere un piccolo vizietto, bensì tutti gli uomini e tutte le donne di questo mondo: sono vizietti, più o meno consumanti, più o meno pericolosi, più o meno innocenti, ma ce li avete tutti.
Perché, cari illusi, voi non siete solo angioletti, per quanto lo ignoriate c’è del male nelle anime di tutti voi e io vi dico che non è un fatto negativo se lo sapete ben gestire e custodire e se di questo male non inizierete a vergognarvi e, soprattutto, se non lo fate arrivare al cuore. Vi dico che non è negativo perché è proprio grazie al male che avete dentro che, se ce n’è bisogno, vi difendete, è grazie a quel male che in voi nasce la sana competizione, la sana invidia, il sano egoismo e un po’ di sano istinto di sopravvivenza. Io vi dico, cari umanuncoli che c’è parte di quel male che vi fa bene.
C’è parte di quel male che è sano, credetemi, sano.
Ma tra di voi c’è gente debole o con più male di altri, che si fa abbindolare dal soffio dei dubbi dei demoni come me. C’è troppa gente debole in questo mondo, gente malata del male, che ha smesso di conservarlo nell’anima e che lo porta rancorosa nel cuore. Quanti bastardi imbecilli ha partorito madre terra, Darwin si sbagliava su ‘sta storia dell’evoluzione.
Tornando alla nostra storia, Adam è affetto da quella che i vostri simili candidamente incamiciati chiamano ludopatia, dico, a parte il piccolo difetto dei soldi che si possono potenzialmente, e molto probabilmente, perdere il vizio del gioco non ha proprio nulla di male, anzi è qualcosa di incredibilmente divertente ed adrenalinico.
Alla fine qualcuno tra i 7 miliardi di persone che abitano questo pianeta deve pur aver le palle di rischiare per essere felice e se dicono che questo rischio è una malattia è perché probabilmente non possono capire.
La gente, sta sempre a giudicare, vi dovreste vedere: siete sempre pronti a sputare uno nel piatto dell’altro, aspettando che il prossimo si senta in colpa per quello che ha fatto, per quello che ha detto, per quello che indossa, per quello in cui crede, per quello che è. E se poi qualcuno si rifiuta, beh allora, diventate più infidi ancora, iniziate a catalogare: quello è pazzo, quello è un incosciente, quella è una sgualdrina, quello è una faccia tosta, quello è senza ritegno. Come se voi foste qualcosa, bastardelli, dovreste imparare a sputare nel vostro di piatto per iniziare a capire quanto cazzo potrebbe far schifo la saliva di un altro nel proprio.
Quest’umanità che io mi diverto a torturare, di tanto in tanto, la torturo perché, ad essere spietatamente onesti, un po’ mi schifa e un po’ mi fa pena: Eve ed Adam sono di nuovo qui e non sono gli unici e non smetteranno mai di essere gli unici instancabili peccatori, che dall’inizio dei tempi continuano a compiere reiteratamente gli stessi errori.
Per fortuna che ci sono anche io a prendermi un po’ di colpe altrimenti sarebbe aberrante tutto questo male. Persino per me.
-respiriveloci
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monicadeola · 1 year
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Professor Vittorino Andreoli, lei sostiene che tutti possiamo avere un momento in cui potremmo uccidere. Lei questo momento l’ha avuto?  «Ho avuto l’istinto di ammazzare un collega psichiatra, uno che contava, e che molestava una dottoressa che lavorava per lui e mi aveva chiesto aiuto: era angosciata perché lui la toccava, la convocava solo per molestarla. E lei era terrorizzata: non voleva concedersi, ma aveva paura di perdere il lavoro. Mentre lo raccontava, ho sentito la pulsione omicida perché lo psichiatra dovrebbe invece aiutare le persone».
Lei è celebre anche per non aver mai legato un malato in 50 anni di mestiere: come ha fatto? E perché i suoi colleghi ancora oggi li legano?  «Quando trentenne, nel ‘71, divenni primario dell’Ospedale Psichiatrico di Marzana, a Verona, dissi a medici e infermieri di non legare più i malati gravi, ma che se avessero avuto bisogno, io sarei arrivato in cinque minuti. Contavo sul fatto di conoscere bene la farmacologia dopo le esperienze all’Istituto Farmacologico di Milano e in America. La mattina dopo, la caposala mi aspettava agitatissima, dice: venga, venga, un malato sta rompendo tutto, è pericoloso. Salgo, sento un rumore terribile in una stanza: urla, oggetti spaccati, bam bam. Fuori, tutti gli infermieri e i medici di turno. Dico alla caposala: apra la porta. Lei rimane ferma con la chiave in mano. L’infermiere più anziano mi fa: prof, conosco suo padre, la prego, non lo faccia».
La racconta come una scena da gladiatore col leone.  «Entro e vedo tutto divelto, il lavabo per terra, spaccato. Al che, inizio a rompere tutto quello che non era ancora rotto. Prendo il lavello o e bam bam, lo sbatto e risbatto per terra. Il malato si calma. Mi guarda. Io continuo. Lo ammetto: rompere mi dava una soddisfazione incredibile. Alla fine, prendo il malato sottobraccio, lo porto nel mio ufficio, gli dico di non rompere mai più niente fino al mio arrivo alle otto del mattino e lui così fece. Dopo, feci raccogliere i mezzi di contenzione e appiccai un falò in giardino. Sentii un piacere quasi fisico. Da allora, mai un malato mi ha dato uno spintone».
La percepivano come un fratello di follia?  «Sentivano che io a loro volevo bene. Se stabilisci una relazione, non hai bisogno di legare un malato. I miei collaboratori non l’hanno più fatto e nessuno ha più rotto niente. Poi, per controllare le pulsioni, servono i farmaci. Ma tuttora, l’80 per cento dei malati viene legato: la psichiatria è in grave crisi perché bisogna essere prima umani e poi psichiatri».
Lei racconta sempre che ha studiato da geometra per accontentare suo padre, ma che già allora voleva diventare «medico dei matti». Come nasce questa sua passione?  «Papà aveva iniziato come muratore ed era diventato cavaliere delle Repubblica. Ci teneva che continuassi la sua azienda edile, ma io studiavo di nascosto latino, greco, matematica perché, per l’università, serviva il liceo. E ora posso dire che, senza le tragedie greche, non saprei fare lo psichiatra. Comunque, dopo il diploma, gli dissi: papà, non me la sento, voglio occuparmi dei matti. Mi guardò, ma non disse niente. È stato il mio eroe. Feci l’ultimo anno di liceo ed eccomi qua».
Non mi ha detto come arriva la passione per «i matti».  «Perché frequentavo l’Azione Cattolica e alcuni miei compagni erano ossessionati dal demonio. Tutti ricevevamo un’educazione terrificante: il peccato era in agguato, il diavolo pure. Il mio amico Guido veniva a parlarmi di Satana, ne era spaventato. Io dicevo: non c’è. E lui: c’è, è qui. Non sapevo come aiutarlo. E mi venne la curiosità di visitare il vicino manicomio di San Giacomo Della Tomba».
Suppongo che le piacque.  «Mi colpirono soprattutto le donne buttate per terra, prive di ogni dignità, fascino. Il direttore mi disse: avrà cambiato idea. Risposi: no, queste persone hanno bisogno di tutto, perciò, forse, qualcosa di buono per loro posso farlo. Il direttore mi permise di tornare nei fine settimana per occuparmi dell’atelier di pittura dove i pazienti potevano esprimersi dipingendo e che poi ho seguito per tutta l’università. Ogni domenica, mamma sperava che portassi a casa una ragazza, ma io portavo un pittore matto».
Si laureò a Padova, lavorò a Cambridge, al Cornell Medical College di New York, quindi il neuroscienziato Seymour S. Kety le offrì una cattedra ad Harvard. Perché non accettò?  «Perché mia moglie, incinta della seconda figlia, mi disse: sono contenta, te lo meriti, però io e le bambine torniamo in Italia. Non le piaceva l’educazione empirica e superficiale che avrebbero ricevuto lì. Aveva ragione, ce lo diciamo ancora. E in Italia scelsi di fare clinica, nell’ex manicomio frequentato da studente».
Stare insieme da 60 anni è indice di amore folle o è da matti?  «È da persone che hanno capito che le modalità esistenziali cambiano, come l’amore nella vecchiaia. L’errore è un modello d’amore che vale solo a 40 anni».
Sulla vecchiaia, ha scritto per Solferino, «A una certa età». Com’è la sua certa età?  «Mi piace tanto lamentarmi. Dire: nessuno pensa a me. Ho tre figlie, cinque nipoti ed è stupendo perché la decodifica è: ho bisogno di voi, non mi sento amato. La vita va vissuta come un gioco».
La felicità è possibile?  «È un termine che odio perché riguarda l’io: prediligo la gioia perché riguarda il noi». 
Possiamo dire che è lei che ha trovato le tre ragioni della follia?  «Quando ho iniziato, c’erano la scuola deterministica Lombrosiana, in cui tutto era legato a un’alterazione del cervello, e quella “democratica” di Franco Basaglia che faceva dipendere tutto dalla società. Io, usando un metodo da scienziato, ho trovato una terza via, oggi prevalente: il comportamento dell’uomo, sano o disturbato, è sempre il risultato di tre fattori, ovvero biologia, esperienze e ambiente fisico e relazionale. La premessa è che, essendo il cervello plastico, si può intervenire per curare e anche questa premessa è una scoperta oggi accettata da tutti». 
I social hanno cambiato il funzionamento del cervello?  «Certo. È impossibile che uno che vive per ore della logica meccanica di Internet sappia usare la logica della mente, dei sentimenti. Ma il mondo è in mano a imbecilli da diagnosi psichiatrica».
Faccia nomi e diagnosi.  «Per non prendere querele, dico solo che uno che vuole portarci nello spazio o ibridarci col robot è incapace di affettività, un Asperger, oltre che un pazzo totale. E un altro, quello che crea mondi alternativi, è un oligofrenico: significa che ha poco cervello».
Fra baby gang e omicidi per futili motivi, vede un aumento dei disturbi psichiatrici?  «La risposta è sì. Il malato mentale è uno che ha trovato un modo per vivere in una situazione in cui le frustrazioni superano le gratificazioni, cosa frequente in questo mondo dominato dal denaro, dove dilagano violenza e stupidità».
Un antidoto c’è?  «L’unico sarebbe l’amore».
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smokingago · 5 years
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La parola Stronzo! 😁
Per finire questa mia analisi, finisco con una parola italianissima come saprete.
E’ una parola che sta sul vocabolario, però per non essere volgari ve la dico in una certa maniera:
“Ho comprato un bel vaso di murano, che strano, che strano”
“Ho comprato un bel vaso di bronzo…” La parola è STRONZO ovviamente, che sta sul vocabolario c’è scritto: sterco forma cilindrica, però per traslato epiteto che si usa per persone imbecilli, cretine, inette, incolte. No, io non sono d’accordo perché STRONZO, anche una persona colta può essere….anzi a volte più s’ho colti….non è una legge però insomma…
Ora questa frase, a questa parola noi romani abbiamo dato tali significati sfumati, che non la puoi dire con un’altra parola, vuol dire….vuol dire solo quello, non c’è niente da fa.
Si può arrivare a cercare di capire il significato con degli esempi: uno buca con la macchina, buca per strada, mette il crick, leva la ruota, i quattro bulloni delle ruota gli vanno a finire dentro una voragine e se trova così con la macchine a zampe per aria: “E mo che faccio”.
Guarda davanti verso il uro e c’è scritto “Manicomio” e sopra dietro all’inferiate c’è uno così.
Quello gli fa: “Guardi se fossi in lei, leverei un bullone per ruota e a tre bulloni andrei al primo posto di rifornimento”
“Ah grazie, ma a te ti tengono lì dentro”
“Ma io so matto mica so stronzo”
Oppure si possono fare degli esempi del quale è necessario, indispensabile usare questa parola. Chi di noi non l’ha usata nella vita per lo meno venti mila trenta mila volte, insomma no. Anche persone coltissime anche religiose, però insomma a volte te la levano proprio dalla bocca. Metti ti arriva uno ai duecento all’ora e inchioda a dieci centimetri dalla scarpa…che cosa gli vuoi dire: “Hei tu incauto!” Non puoi fare altro che dirgli eh STRONZO e che gli devi dire. Puoi premettere alla parola “Ha”, e poi se vuoi completare il concetto, metti la mano a cucchiarella, la metti vicino alla bocca e fai tutto insieme: “AH STRONO” Eh, è il minimo!
Oppure per finire, un esempio d’altro uso per trovare magari un sinonimo. Tu fai tre ore di fila coi soldi in mano, quando tocca a te quella ti chiude la cassa. E dice: “E rimase lì come uno stronzo” Qui si può usare anche Coglione che va bene anche, però insomma non c’è paragone. Oltretutto è un sinonimo, poi sappiamo tutti che “coglione” nasce gemello, invece stronzo nasce solo e muore solo….perchè??? Ma perché è STRONZO!!!
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Imbecilli si nasce o si diventa?.. Chissà..
Una cosa è certa..
Qualcuno parte già.. avvantaggiato..
Luciana Littizzetto
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