Tumgik
#nuovo romanzo
marlocandeea · 6 months
Text
La fontana della giovinezza non era mai stata scoperta. Mormorava in una radura blu, glossata dalla bava turchese delle lumache e di altre creature, che per la vicinanza con quello specchio d’acqua non crescevano mai del tutto. Rimanevano come sbozzate, al margine del sogno. 
Si diceva che ci fosse un teschio al fondo della sorgente. Si diceva che l’acqua, la foresta e tutta la vallata non fossero che il sogno in punto di morte di quel viaggiatore sconosciuto, un sogno di vita tanto forte che si era aperto uno squarcio nella realtà, ed era rimasto da allora così, sospeso come una lunga alba.
Bere l’acqua aveva effetti imprevedibili. Alcuni morivano sul colpo, altri tornavano ad avere 18 anni. Tutto dipendeva da quale parte era caduta la loro giovinezza, se da quella della nostalgia oppure del desiderio. Almeno, così si diceva. La fontana della giovinezza non era mai stata scoperta.
1 note · View note
rinaldinicoletta · 11 months
Text
Giallo - nuovo libro: IL LUNGO OCCHIO DI UNA CRIMINOLOGA
NUOVO LIBRO GIALLO: – E’ uscito il mio terzo libro Roxana, criminologa esperta e in gamba, innamorata della propria professione, si trova di fronte a quattro casi di omicidi, ognuno diverso dall’altro, ognuno efferato e mosso dalle motivazioni più recondite. La nostra protagonista, abilissima a entrare nella mente degli assassini e il cui occhio vede realmente oltre rispetto a tutti gli altri…
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
whisperinglines · 2 years
Text
Non viviamo più nel castello
"Abbiamo sempre vissuto nel castello" è un romanzo che risente molto sia della storia che contiene sia della mano che l'ha partorito. Il film sarà riuscito a onorare entrambe?
Abbiamo sempre vissuto nel castello è un romanzo che risente molto sia della storia che contiene sia della mano che l’ha partorito. Dico questo perché guardando alla sua storia editoriale vediamo un testo che rappresenta l’ultimo tassello di una mente straordinaria – quella di Shirley Jackson, morta troppo presto – e uno dei suoi portavoce nella sfera letteraria italiana. Non è un romanzo facile…
Tumblr media
View On WordPress
0 notes
io-rimango · 4 months
Text
Io ho un problema con la “fine”, la rimando sempre: lascio il romanzo quasi finito sul comodino per giorni senza aprirlo, dimentico il barattolo con un velo di marmellata all’arancia in frigo, rimando l’inevitabile ultima puntata di una serie tv che mi appassiona, o ancora, lascio l’ultimo biscotto che tanto mi piace alle gocce di cioccolato nella confezione.
Trovare quella forza di aprire un nuovo libro, scovare una nuova serie tv, aprire un nuovo barattolo di marmellata (magari cambiare e provarla alla ciliegia) mangiare l’ultimo biscotto al cioccolato, sarebbe un po’ come dire “prendi tutto ciò che puoi qui, poi vai avanti e cerca altro che ti renda felice”.
E io credo proprio che oggi leggerò quel romanzo, finirò quel barattolo di marmellata, guarderò quell’ultima puntata e mangerò quel biscotto. Sono pronta, lo sento, ora sono pronta, ad aprirmi a qualcosa di nuovo, a tutto il nuovo che mi aspetta.
17 notes · View notes
burroesalvia · 13 days
Text
Sabato sera: nuovo romanzo dark fantasy appena scaricato su Kindle, AirPods cariche, bottiglia di vino pronta, copertina (perché nonostante la temperatura quasi estiva io ho ancora freddo), cena al ristorante paccata e tutti gli asociali introversi muti.
7 notes · View notes
arreton · 1 month
Text
[Mi sono adattata in questa casa con la naturalezza di chi la sentiva già sua, ma non la sento mia. È come se mi fossi trovata bene fin dal principio col modo di vivere di chi appartiene questa casa e di chi l'ha abitata prima: gran parte di quello di cui avevo man mano bisogno c'era già rendendomi tutto semplice e naturale. Il posto poi ha dei bellissimi paesaggi, mi piace perché mi ricorda alcuni aspetti della campagna senza essere in campagna, senza essere al mare e senza essere in Sicilia soprattutto. Mi è pure venuto semplice trovare una eventuale auto per riuscire a spostarmi. A volte penso che a maggio semplicemente me ne devo tornare a casa e chissà magari dichiarare finalmente la mia morte cerebrale, ché almeno i miei prenderebbero boh una minima pensione pure che fosse 200€ per avere in casa una disabile (io); a volte mi dico prendi quell'auto che almeno male che vada avrai un tetto sopra la testa e poco alla volta magari riesci pure a tornare a casa; mi dico che se dovessi tornare a casa mi arrendo definitivamente e non voglio più sapere niente della mia sopravvivenza, non mi interesserà più niente di niente di tutto quello che a fatica sono riuscita a capire che mi piace, che se torno a casa in Sicilia lo farò semplicemente per aspettare la morte come una vecchia di 90 anni. A volte mi sembra di dover essere grata al Brintellix che mi tiene almeno un poco stabile, ché in fondo questi pensieri li faccio ma un minimo di equilibrio lo conservo ancora: sono miei ma sono estranei, fuori di me. Il pensiero è fragile, poco robusto, mi approccio alla filosofia ma non recepisco e non capisco, la psicologia mi aiuta a capire ma non riesci a capire davvero quando hai le resistenze che non ti fanno introiettare. È uno dei periodi più belli ma anche uno dei peggiori, non brutto ma peggiore perché basta un passo falso e perdi tutto, mi sembra di camminare sulle spine. Io vorrei che me le infilzassero le spine che almeno finirebbe tutto, ma tutto cosa? Altro pensiero aggressivo: l'aggressività è tornata di nuovo ad essere presente costantemente, bramo il suo scoppio tanto quanto ne sono terrorizzata. La sfogassi nel sesso starei molto meglio, ma ogni piacere è off limits. Leggo un romanzo allora, pure se i toni dei romanzi mi piacciono poco.
Sembra tutto eccessivamente teatrale e drammatico, ma io sono serissima in tutti questi pensieri e mi sorprendo io stessa della mia serietà.]
7 notes · View notes
l-incantatrice · 10 months
Text
Ieri sono stata in ospedale per un piccolo intervento. Mi hanno tolto un aggeggio sotto pelle che mi avevano messo tre anni fa per le terapie. Si chiude un capitolo della mia vita. E se ne apre un altro,perché la vita è come un romanzo,coi suoi capitoli. Al contrario degli scrittori noi non possiamo decidere quali fatti inserire nei capitoli,li subiamo e basta. Però possiamo scegliere i personaggi da portare con noi nel corso della trama; quelli da lasciare alla chiusura di un capitolo e quelli da portare anche nei nuovi capitoli,o quelli nuovi da far entrare. Il 2022 è stato per me un anno di transizione,ho lasciato in sospeso diverse cose; ora è il momento di iniziare un nuovo cammino e devo fare delle scelte. Ci sono cose e persone che porterò con me,altre no. Ho tempo per decidere,non ho fretta…le scelte vanno ben ponderate.
44 notes · View notes
Text
Tumblr media
Avevamo fatto l'amore a ripetizione.
Era stato così bello che a raccontarlo, non sembrava vero.
Ci sentivamo come i personaggi di un romanzo.
Ci sentivamo i protagonisti assoluti.
Avremmo voluto dilatare quei momenti e farli durare il più possibile.
Forse va bene così. Forse la magia di certi istanti dipende proprio dal fatto che non saranno necessariamente eterni.
Non ci potevamo lamentare.
A quante persone era concesso il miracolo di stare bene veramente?
La verità è che se tutto fosse durato anche solo per un attimo, ne sarebbe valsa la pena.
A pensarci bene, anche un attimo di felicità può bastare per essere grati all'infinito.
Racconterei volentieri cos'è che mi piaceva di lei,
ma se mi mettessi a fare un lungo elenco, ci sarebbe il pericolo di non rendere abbastanza giustizia al suo essere unica.
Mi sentivo come uno che ha scoperto il mondo.
Come uno che apre gli occhi per la prima volta e inizia a vedere.
Era come tornare bambini.
C'era più luce, in ogni cosa.
Il cielo, il mare, le montagne: tutto appariva come nuovo.
E nuovo ero io.
Non smettevo di guardarmi dentro:
come a voler verificare che non si trattasse di un sogno.
Tratto da componimento di Luigi Costantino
7 notes · View notes
abatelunare · 2 months
Text
Scrittrici noir da riscoprire
Negli ultimi anni ho scoperto una scrittrice italiana di nome Carolina Invernizio. Non so quasi nulla di lei. Perché quando trovo un nuovo autore difficilmente mi informo su di lui. Lo leggo e basta. In ogni caso, da quel poco che ho già letto di lei mi sono fatto l'idea di una versione noir della ben più delicata Liala. Basta considerare questi titoli: Il bacio d'una morta, La vendetta di una pazza, La morta nel baule. Il primo pare sia il suo romanzo d'esordio. Non è male. Racconta una storia drammaticissima che però finisce bene. Il secondo è il seguito del primo, con la differenza che il finale è a dir poco tragico. Del terzo non posso dire nulla, perché devo ancora leggerlo. L'ho trovato oggi pomeriggio su una bancarella. Ne posto la copertina.
Tumblr media
Secondo me promette bene.
8 notes · View notes
Text
Tumblr media
L’età non ti protegge dall’amore.
Ma l’amore, in qualche misura, ti protegge dall'età.
Anaïs Nin
14 gennaio 1977 moriva di cancro a Los Angeles,
assistita da Rupert Pole.
Molto conosciuta come scrittrice di letteratura erotica, è stata anche una grande esploratrice dell’animo umano e per qualche tempo ha praticato anche la professione di psicoanalista, dopo aver fatto la modella, la danzatrice, la scrittrice, la conferenziera.
Anaïs Nin, nasce nel 1903 in Francia, figlia di una cantante e un pianista, entrambi di origine cubana.
A undici anni viene abbandonata dal padre e da quel momento comincia la sua passione per la scrittura, concretizzata dalla realizzazione di un diario basato su una lettera al genitore che l’ha lasciata.
Anaïs si trasferisce, quindi, a New York con la madre e i fratelli: nella Grande Mela entra in contatto con un ambiente completamente nuovo. A vent’anni si sposa con un bancario ma il matrimonio ben presto si rivela infelice: una prigione dalla quale la ragazza tenta di scappare attraverso diverse relazioni extra-coniugali, spinta dal bisogno di conquistare molti uomini, dopo aver perso l’uomo più importante della sua vita, suo padre.
Tornata a Parigi, attirata dal vivace clima intellettuale della capitale francese, che in quell'epoca accoglie i musicisti, gli scrittori e gli artisti più importanti del momento, inizia a scrivere la prima parte del suo diario (il futuro Diario di Anaïs Nin). Nel corso del suo periodo parisien, ha la possibilità di conoscere Henry Miller, l'autore di Tropico del Cancro e Tropico del Capricorno, innamorandosene; ben presto, intraprende una relazione anche con la moglie di Miller, June Mansfield.
Nel 1931 la Anaïs Nin scrive il suo primo libro, D.H. Lawrence. Uno studio non accademico: un saggio su D.H. Lawrence, cioè l'autore del romanzo L'amante di Lady Chatterley.
Cinque anni più tardi dà alle stampe La casa dell'incesto.
Intanto, la Nin si avvicina sempre di più alla psicanalisi, con lo scopo di ritrovare sé stessa: va in analisi da un allievo di Sigmund Freud, Otto Rank, con cui intraprende una relazione d'amore che la fa ritornare a New York per collaborare professionalmente con lui. In breve tempo, tuttavia, la carriera da psicoanalista le va stretta, e cosi Anaïs torna alla scrittura.
Nel frattempo, nel 1955 l'autrice, pur continuando a rimanere sposata con il suo primo marito, si era sposata in segreto una seconda volta con Rupert Pole: ben presto, però, le nozze erano state annullate per evitare guai. Non solo: negli anni Cinquanta, Anaïs Nin era entrata in contatto con l'Lsd, esperienza che aveva riportato fedelmente nel suo diario, nel quale venivano descritti gli effetti che la sostanza aveva sulla sua creatività e sulla sua percezione di sé.
Il mondo attraverso gli scritti di Anaïs è un mondo ricco di fascino e di meraviglia: anche le piccole cose, le persone più insignificanti vengono descritte con amore e profondità, ma soprattutto con curiosità. Una vita intensa e profondamente vissuta, quella della Nin, che a questo proposito diceva: “La vita ordinaria non mi interessa. Cerco solo i grandi momenti… Voglio essere una scrittrice che ricorda agli altri che questi momenti esistono.
Anaïs Nin
9 notes · View notes
first-script · 5 months
Text
È la terza volta che leggo questo libro. Tre volte in tre momenti diversi della mia vita.
Oggi l'ho finito di nuovo. Ma questa volta l'ho letto diversamente. Questa volta l'ho sottolineato, forse troppo. Questa volta ci ho pianto, nonostante sapessi già tutto, nonostante sapessi che quel finale non sarebbe stato diverso, ma infondo ci speravo di poterla cambiare quell'ultima pagina.
Forse questa volta l'ho letto con più consapevolezza.
Consapevolezza che d'altronde la vita reale non è poi così lontana da un romanzo, se ti leggi in quelle righe.
Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media Tumblr media
AAHHH voglio mettere tutte le pagine sottolineate. Non possoo?😩
13 notes · View notes
Note
Cosa scrivi? Il nuovo romanzo?
No sto scrivendo un po' di cose per me.
Metto giù qualche parola su quello che sono in questo periodo, perché solo scrivendolo su carta e voltando pagina dell'agenda riesco veramente a prendere atto di alcune cose, e il voltare pagina prende un duplice significato.
30 notes · View notes
canesenzafissadimora · 7 months
Text
Più povero è il linguaggio, più il pensiero scompare.
Tutti i regimi totalitari hanno sempre ostacolato il pensiero, attraverso una riduzione del numero e del senso delle parole. Se non esistono pensieri, non esistono pensieri critici. E non c'è pensiero senza parole. Ad esempio eliminare la parola "signorina" (ormai desueta) non vuol dire solo rinunciare all'estetica di una parola, ma anche promuovere involontariamente l'idea che tra una bambina e una donna non ci siano fasi intermedie. E come si può costruire un pensiero ipotetico-deduttivo senza il condizionale?
Ed è la ricchezza semantica che ci permette di esprimere con precisione le nostre emozioni, le sensazioni, i pensieri. Quando prendo in mano un giornale o leggo un libro pubblicato recentemente, mi prende proprio una gran rabbia. Perché questi libri e questi articoli sono scritti come se noi lettori avessimo cinque anni e fossimo tutti preda di un istupidimento collettivo!
Ecco, voglio raccontarvi una cosa che so che darà fastidio a molti giornalisti e a molti scrittori, ma voglio raccontarvela lo stesso. Quando cercavo un editore per il mio nuovo romanzo, trovai un grande casa editrice disposta a pubblicarlo, a patto che avessi «semplificato la mia scrittura». Vedete, oggi una frase che contiene un avverbio e qualche aggettivo è considerata troppo difficile per i lettori! E i periodi ipotetici, le subordinate? I lettori non possono capirle! Sì, perché la cosa che più mi dà fastidio è quest’idea che il lettore comune sia un ebete!
Ma l’importante è che siano facilmente comprensibili, obietterà qualcuno! Sbagliato! Perché oggi, non mi stancherò mai di ripeterlo, i ragazzi hanno bisogno di conoscere più parole, perché non puoi esprimere ciò che hai dentro, non puoi avere un pensiero critico, non puoi dare voce al tuo dissenso se non hai le parole per farlo. Coloro che affermano la necessità di semplificare l'ortografia, abolire i generi, i tempi, le sfumature, tutto ciò che crea complessità, sono i veri artefici dell’impoverimento della mente umana.
Guendalina Middei, (Professor X)
7 notes · View notes
moonyvali · 7 months
Text
"Leopardi? Una noia mortale. Perché continuare a studiarlo a scuola? E obietta sempre qualcuno, Leopardi era un pessimista, è deprimente leggerlo!
Ecco, quando mi dicono che Leopardi era un pessimista, io non posso fare a meno di arrabbiarmi! Perché non è vero, non è assolutamente vero! Vi ricordate di quel giovane che osserva la luna e si domanda: «che fa l’aria infinita, e quel profondo infinito seren? » E ditemi, che emozioni vi suscitano questi versi: «Così tra questa immensità s'annega il pensier mio: e il naufragar m'è dolce in questo mare.» E cosa provate quando Leopardi vi parla di Silvia, dei suoi «occhi ridenti e fuggitivi?»
Una soave, irresistibile dolcezza che spezza il cuore. Pensate che questi versi furono scritti dieci anni dopo la morte di Teresa. Oggi invece c’è gente che dopo qualche minuto dimentica di averti conosciuto. Ecco, io ogni volta che leggo Leopardi provo un senso di commozione e mi paralizzo davanti all’intensità che traspare dai suoi versi.
Leopardi è il poeta che ha lottato tutta la vita per tenere assieme verità e bellezza. Parla con sincerità e la sua sincerità viene scambiata per tristezza perché da sempre la gente preferisce ascoltare chi la seduce, chi la lusinga, chi la illude. Eppure questo poeta che vi hanno descritto come brutto, gobbo, triste e depresso non si è mai lasciato spezzare, né dalla malattia, né dalla solitudine, né dalla cecità. Perfino quando era diventato quasi cieco, continuava a creare bellezza attraverso le sue poesie.
Già, la bellezza salverà il mondo. Ma dove sta la bellezza? Non nell’avere, non nel consumare, non in quella vita che mira all’interesse, a sopraffarsi l’un l’altro, non nella società fatta di chiacchiere meschine e apparenze, ma nell’immaginazione. Pensate, immaginate, ecco cosa vi sta dicendo Leopardi, anche a costo di sembrare strani. Alimentate in voi l’immaginazione, perché l’immaginazione vi renderà vivi. A questo serve la letteratura: perché senza bellezza, senza immaginazione la vita muore."
Guendalina Middei, anche se voi mi conoscete come Professor X (Carissimi amici, è appena uscito «Intervista con un matto», il mio nuovo romanzo. Lo consiglio a chi ama le letture scabrose e le atmosfere introspettive dei romanzi russi. Potete leggerne un estratto gratuito e ordinarlo qui: https://www.amazon.it/Intervista-matto-Guendalina-Middei/dp/883205597X/
#letteratura #leopardi #giacomoleopardi #cultura #istruzione
8 notes · View notes
bicheco · 14 days
Text
Nel mondo
Una notizia brutta e una bella. Siamo sempre più vicini a una terza guerra mondiale. Ora la notizia brutta: Veltroni ha scritto un nuovo romanzo.
3 notes · View notes
theladyorlando · 21 days
Text
Il gioco del silenzio
Tumblr media
La solitudine è una roba brutta. Me lo hai detto l'altro giorno, e tu hai due figli, un bel compagno e pure un cane che non è decisamente di taglia piccola: quindi non sembri molto sola. Eppure non c'è niente da fare: siamo tutti soli, e la solitudine è una roba brutta, hai ragione. Brutta proprio. Mentre me lo scrivevi su un messaggio, io mi aprivo una bottiglia di vino bianco, da bere a pranzo, da sola. La mia fiaschetta, mi sono detta, non è questa però: io per sentirmi meno sola in realtà non bevo ma compro libri. Loro sono la mia fiaschetta. Innanzitutto perché comprare -convieni con me?- dà sempre un certo senso di sollievo, di finalità, di proposito: un certo senso, insomma. Una borsa, una maglietta, un paio di orecchini, un reggiseno: se hai voglia di comprarmi, vuol dire che sei vivo, no? Eppure tra tutti gli articoli di consumo il libro non sembrerebbe un simulacro di vita, piuttosto un oggetto che di vita è fatto, c'è qualcuno lì dentro: un libro nuovo è una promessa di compagnia. E invece a volte penso che anche il libro sia un oggetto di solitudine. Forse il peggiore in assoluto. Ci cammini dentro e te lo godi, ti assapori le voci, la compagnia, ma cosa succede quando la fiaschetta piange? Cosa succede quando finisce un libro? Le poesie, quelle sembrano forse rivolerti indietro se te proprio non sai più come fare senza di loro. Ma la prosa? Un romanzo?
C'è questo libro di Patrizia Cavalli, una raccolta di saggi e di racconti, l'unica che lei abbia scritto in prosa: tu lo sai che quella è una bottiglia pregiatissima, la assapori con questa straordinaria consapevolezza, e ti inebria più di una qualsiasi raccolta di poesie perché -tu lo sai- la sua struttura, la sua complessità, il suo bouquet, sono unici, sono irripetibili, sono, in effetti, irripetuti. E allora, legittimamente, ti ci ubriachi, ci perdi la testa. Ma che succede quando finisci l'unico libro in prosa di Patrizia Cavalli? Che succede quando la fiaschetta piange? A quel punto arrivano i postumi e ti senti come un fucile sparato. Qualcuno lo ha detto, una volta, un fucile sparato: scarico, pieno soltanto di fumo, inutile. Io esco proprio così dal libro, come da una sbornia, e tocco con le mani il fondo della mia fiaschetta, di quell'oggetto di solitudine, tocco la copertina chiusa sopra la sua ultima pagina, la prova inconfutabile che il mio tempo con Patrizia Cavalli è scolato, la sua compagnia, la sua voce è ostinatamente chiusa dentro la sovraccoperta lucida della mia edizione Einaudi. E questa è una roba davvero brutta, questa è la solitudine. Questo è esattamente il momento in cui io voglio buttare via tutti gli autori e tutti i libri, perché loro mi fanno sentire come uno stupido fucile sparato.
Il piano allora è quello di allontanare ogni fiaschetta e riabilitarmi: il piano è quello di vivere da astemia e non bere mai più. Il problema è che non l'ho mai capito fino in fondo, quando uno ti dice "non bevo, sono astemio": è una condizione o un'elezione? Io nel dubbio è da un po' di tempo che lo chiamo il gioco del silenzio: andare per le cose della vita giocando a non sentire, a non vedere, a non saper leggere, a non aver mai letto: a non aver mai bevuto. Allora vado in giro così, riabilitandomi, e ad ogni passo che faccio mi sento più intera, meno alcolista, più radicata nella vita vera, quella degli obiettivi concreti, delle spese da fare, dei referti da ritirare, delle assenze da giustificare, delle bollette da pagare, dei caffè da offrire. Poi a un certo punto, quando meno me lo aspetto, quanto più intera mi sento, arriva come una coltellata alle spalle, come un assalto, un'imboscata. Salgo le scale di casa e mi fermo un secondo a guardare di sotto, il quartiere che all'imbrunire cambia faccia, gli alberi che da quassù sembrano altri alberi, e allora succede che lo sento:
"Camminavo nella gioia del presente quando, svoltando un angolo o attraversando una strada, un odore mi colpiva con violenza e quasi mi atterrava. Era l'odore dell'aria. Poteva essere un qualsiasi odore, un profumo e persino una puzza: era semplicemente l'odore della città. D'improvviso le mie gambe si facevano molli e dopo qualche passo prodotto dalla forza d'inerzia mi fermavo del tutto e poi tornavo indietro per cogliere di nuovo quell'odore, come qualcuno che abbia intravisto una persona conosciuta torna indietro per guardare meglio. Risentivo quell'odore, e allora il mio corpo sbandava ed ero costretta ad appoggiarmi a un palo o a un muro, e cosí restavo appoggiata contro quel palo o quel muro senza piú poter muovere un muscolo, se non quelli delle narici che aspiravano quell'odore come fosse diventato l'unico tramite della coscienza."
Cos'è questa cosa che mi sta succedendo? È una ricaduta o è un'epifania? Questa qui, signori miei, è Patrizia Cavalli in cima alle scale di casa mia. L'ho sentita, e proprio lì sopra si è rotto il gioco. Lì in cima ho sentito voglia di ridere e piangere insieme -questo il sintomo del vero, per me- perché è vero, è semplicemente vero, io lo so, anche se gioco ad essere astemia: che i poeti hanno ragione, conoscono il vero. L'unica verità perfetta che conosco io è quella che apprendo da loro, dai poeti, e quando la incontro la riconosco subito, proprio perché mi fa ridere e piangere allo stesso tempo, questo il sintomo: rido perché finalmente riconosco la benedizione dei miei più ridicoli e inconfessabili sentimenti -qualcuno li ha già provati esattamente così- li vedo finalmente legittimati dal loro esistere prima di me, fuori da me, accanto a me: qui con me c'è Patrizia Cavalli, in cima alle scale di casa mia, e con lei io ho sentito l'odore dell'aria. Allora non sono sola. E piango perché quell'odore non è per niente una buona notizia: mi colpisce con violenza e quasi mi atterra, e il mio corpo sbanda ed è infine costretto ad appoggiarsi alla ringhiera per non crollare. Un'immagine su tutte, quella con cui si chiude il documentario: Patrizia Cavalli che -ancora- cammina come può per le strade della sua adorata città. Così sento che il mio corpo è colpito dalla precisione della sua parola, più fedele di un'immagine diagnostica, più puntuale del dettaglio di una bolletta o di uno scontrino:
"Cosí restavo appoggiata contro quel palo o quel muro senza piú poter muovere un muscolo, se non quelli delle narici che aspiravano quell'odore come fosse diventato l'unico tramite della coscienza. Quella felice e compatta certezza del presente che fino a poco prima spingeva i miei passi, quella leggerezza ariosa che andava incontro al mondo per festeggiarlo, la musica, le parole, tutto si spegneva e al suo posto c'era una fissità attonita, uno stupore doloroso. I miei sensi, tutti aperti e ingenui, si erano consegnati all'apparenza, e nel loro incauto aprirsi, avendo dimenticato ogni difesa e ogni organizzazione, avevano sguarnito una certa zona remota del cervello che da quell'odore veniva penetrata senza censure, mediazioni o filtri. Era la zona della memoria e del tempo, era il sancta sanctorum del dolore. E l'olfatto ne era l'officiante. Qui in una contemporaneità impossibile convergono le lontananze dello spazio e del tempo, creando mostruosi intrecci; qui si mischiano insieme il passato remoto e l'altro ieri, Asie mai viste e il cortile di casa. E mentre le memorie reali e frantumate si accoppiano confondendosi a vicenda, un'altra memoria, precedente alla nostra storia viene in questa baraonda spinta a entrare in gioco e ci rovescia addosso tutto il repertorio della specie. Quel che è che non è piú si disputano il campo vantando uguali diritti e altrettanto accade per quello che forse mai sarà. Una volta che la mischia è cominciata, senza piú gerarchie, la ragione, se è ragionevole, non dovrebbe neanche tentare d'intervenire, dovrebbe soltanto lasciare che si consumi il delirio, come quando nelle droghe o nell'ubriachezza, sapendo che il loro effetto avrà termine, lo si lascia a se stesso libero di manifestarsi."
I poeti conoscono il vero e lo sanno dire.
Cardarelli che prende la rincorsa per coprire l'amore di fiori e di insulti:
"Oggi che ti aspettavo non sei venuta.
E la tua assenza so quel che mi dice.
Dice che non vuoi amarmi."
Vero.
William Carlos Williams, il medico, che prima di raccontare onestamente di carriole in giardino e di prugne rubate alla moglie dal frigo, referta così l'amore:
"Dai tuoi occhi, da tutto ciò che dici, aggrovigliato come un uccello che canta su un albero verde, sei entrato e ti sei diffuso dentro di me tutto, così che io possa ancora far tesoro della mia vita, desiderare che non si allontani mai da me poiché essa non è mia ma tua,
da tenere al caldo, al sicuro,
dentro di me, per sempre."
Vero.
Pavese -il fucile sparato- che si dichiara oggetto da reclamare al suo ultimo amore:
"Non posso darti gioielli - ne meriti molti - ma in tempi antichi si diceva che il gioiello piú raro è un cuore sincero. Credilo. Sono tuo."
Vero. Fa ridere per quanto è vero -sono tuo- e fa piangere perché Pavese si è tolto la vita solo qualche mese dopo questa lettera, tanto era solo, tanto era da reclamare, tanto era vero.
Stavamo tornando insieme a casa, qualche mese fa con i cartoni della pizza in mano. Forse era una sera di gennaio, e mentre camminavamo che era già completamente buio io l'ho sentito: nell'aria fredda, quell'aria dell'inverno che sembra quasi anestetizzata ai profumi, che mi fa sentire così al sicuro e ovattata per tanti versi, io l'ho sentito. E non c'è riparo, bisogna riscoprirlo ad ogni nuovo anno, perché esiste un momento preciso, una sera tra tutte le sere in cui quell'aria fredda e sterile per la prima volta si lascia attraversare, si arrende come ritualmente al primo profumo di fiore. Un appuntamento - il sancta sanctorum del dolore: quella era una mimosa, l'ho sentita. È così che fanno loro, ormai l'ho imparato: ti danno un ceffone quando non guardi e poi si lasciano volere, si lasciano cercare. Quell'odore sono tutte le mimose -quelle vicine, quelle lontane, quelle che non ci sono più, quelle che non ci sono ancora: insieme in una contemporaneità impossibile, convergono dalle lontananze dello spazio e del tempo, creano mostruosi e meravigliosi intrecci e poi ti colpiscono e ti urlano: tu non sei astemia - Svegliati!
Sai che gusto sentirlo mentre cammino vicino a te, con i cartoni della pizza in mano? Io e te che ancora non sappiamo nemmeno che Patrizia Cavalli ha scritto un libro di prosa e che dentro ci ha sentito un odore, proprio il nostro, proprio allora siamo insieme, e non siamo sole. E questo mi fa sentire, finalmente, mi fa sentire ancora una volta ubriaca e felice.
2 notes · View notes