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#palco mp3
jornalidades · 4 months
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Roteiro escrito por mim sobre curiosidades da carreira de João Gomes. Publicado em setembro de 2021 no canal do Palco MP3.
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selmadosamba · 11 months
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Desejamos um Domingo abençoado por Cristo para todos. Acessem a plataforma do Palcomp3 e ouçam os nossos singles por lá. Assim Será, Uma Vida Nova e A Calmaria pós Tormenta.
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decadence-brain · 2 years
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un tranquillo weekend di tristezza
Era sabato, chiuse la porta della casa di sua madre alle spalle e si avviò, scuro in volto, verso casa. Entrò l'aria pesante e scura, scura come i suoi pensieri, tolse le scarpe e si avviò scalzo verso la cucina prese dal frigorifero una bottiglia di vino bianco, tolse il tappo e andò in bagno si spogliò e bevve il primo sorso, poi tornò in cucina mise su una padella con poco olio e un cipollotto tagliato finemente, girava così nudo per casa senza pensare al bello o brutto che lo aspettava in quella notte bianca. Fece soffriggere poco la cipolla (altro sorso dalla bottiglia) a parte aveva messo un pentolino dove preparò del brodo di pesce, andò in bagno e aprì l'acqua della vasca poi di nuovo in cucina il brodo bolliva aggiunse mezzo cucchiaino di curcuma mescolò e poi spense (altro sorso di vino) andò a immergersi nella vasca. La vasca da bagno orrido posto pieno di pensieri rimase così immerso nel tiepido dell'acqua mentre continuava a bere, si lavò si asciugò alla bene meglio e uscì dal bagno prese dal freezer una manciata di gamberetti riaccese il fuoco sotto la padella mise a tostare tre manciate di riso (altro sorso) poi aggiunse il brodo e i gamberetti mise su le cuffie del lettore mp3 e fece partire la musica, aveva scelto sandali jeans e una larga camicia bianca, tornò in cucina il riso era cotto e il vino finito ma non aveva fame, prese il riso e lo mise in un contenitore (l'indomani il gatto avrebbe mangiato bene) fece scendere l'ultima goccia di vino si vestì e uscì in strada. La strada era deserta dalle case con le finestre aperte si sentivano le trasmissioni tv, scosse le spalle mise le cuffie e salì in auto. Arrivò nella piazza del paese dove sul palco stavano portando a termine le operazioni di sistemazione degli strumenti, solo con i pensieri colore dell'inchiostro si avviò verso uno dei chioschi che vendevano bevande "una media rossa.. grazie" la musica andava e lui non sapeva nemmeno a cosa pensare, sapeva del suo destino questo essere l'artefice della morte di ogni suo sogno un attila l'unno per se stesso, sradicava ogni cosa buona le passasse accanto, forse per paura di perderla la annientava prima, la escludeva pur sapendo di fare la cosa più sbagliata per se stesso e per gli altri d'altronde cosa poteva dare se non tristezza e lacrime? si mise accanto a un albero così seduto osservava il muoversi della gente sul palco senza sentire altro oltre la musica che aveva alle orecchie arrivarono i primi musicisti osservò che era strano molta gente tende a arrivare mentre lui era sempre quello che se ne andava tolse le cuffie quando iniziò il concerto ma la birra era finita quindi diresse i suoi passi verso un altro chiosco "una media rossa.. grazie" la musica era invitante ma era troppo triste per ballare, avrebbe voluto lei ma lei non c'era ne mai ci sarebbe stata  continuò a bere birra finché le gambe decisero che era ora di iniziare la danza, si alzò tolse i sandali e iniziò a danzare lui e la sua compagna di sempre la solitudine, la gente guardava stranita quell'uomo che danzava quella triste danza, era come se avesse perso qualcosa, parte dell'anima era li di fronte a lui la vedeva ma non poteva toccarla, inconsistente come un sogno, un' allucinazione lei rimaneva li immobile e osservava la sua danza, cominciarono a scendere lacrime sul volto dell'uomo che continuava però a ballare e bere birra lui non si accorse del tempo che passava e così si arrivò alla fine dei concerti per nulla turbato mise le cuffie e continuò a danzare per quella donna, a piangere di desiderio e solitudine, alcuni iniziarono a ridere di quello strano personaggio altri no rimanevano in silenzio a osservare il dolore di quell'uomo, finirono anche le pile, i chioschi erano chiusi, rimise i sandali e si avviò a piedi verso casa, arrivò che albeggiava entrò e si buttò sul letto e di nuovo lei apparve così bella come sempre come era ancor prima che lui sapesse della sua esistenza si addormentò.
Erano le nove della domenica quando parti un antifurto "cacchio la grigliata" non che lo facesse impazzire l'idea ma l'avevano invitato quindi si alzò, entrò in bagno si lavò poi uscito andò in cucina a bere un piccolo sorso di grappa sciacquando la bocca dal gusto del dentifricio, si vestì prese il solito marsupio a spalla con un block notes una matita una penna il lettore mp3, prese il contenitore di riso per il gatto e uscì di casa, arrivò alla macchina che aveva lasciato la sera prima parcheggiata nel centro del paese si diresse a casa dei suoi per la pappa del gatto quindi partì alla volta della grigliata. Arrivò che ormai nessuno lo aspettava più (come sempre) raccolse le solite battutine del caso è andò a far legna le cuffie trasmettevano alle sue orecchie chopin e lui tagliava legna con l'accetta una volta finito si caricò il fascio di rami e tornò verso gli amici posata la legna prese una bottiglia d'acqua e andò a sedersi all'ombra di un albero guardava la gente semi spogliata buttata al sole si sentiva come in terra straniera non afferrava nulla di ciò che gli succedeva intorno rimise le cuffie, prese il block notes e la matita e cominciò a ricreare quello che vedeva intorno a se ma nel suo disegno gli alberi non erano verdi e pieni di foglie, nel suo disegno era inverno, la stessa stagione che sentiva dentro di se. C'era una ragazza lui iniziò a disegnarla ma per tanto che si impegnasse il lineamenti non erano i suoi i lineamenti erano di un altra lei girò pagina e riprese, a un certo punto la ragazza si avvicinò "ci conosciamo? è da un po’ che mi guardi.." "no... non ci conosciamo stavo cercando di disegnare il tuo viso, ma non riesco" "ho dei lineamenti così difficili da disegnare?" "no... il fatto è che in testa ho un altro viso" "ah capisco la tua donna, la donna che ami" "no non la mia donna a parte che non ho mai avuto donne di proprietà (sorrise)" lei rispose al sorriso.. "posso sedermi un po’ qui con te?" "certo se non sporchi però" sorrisero entrambi. Finalmente lui riuscì a disegnarla mentre parlavano del più e del meno la invitò a unirsi alla loro mensa lei accettò "aspetta solo che chiamo la mia amica (sorrise)", si misero a tavola continuando a parlare di musica, di film, di libri e un po’ di vita. IL pomeriggio sfilava via veloce a un certo punto lei disse che dovevano andare prese il block notes dove scrisse il suo numero di cellulare "se vuoi.." si salutarono lei si avvicinò e lo baciò sulle labbra, lui non disse nulla, non sentì nulla, lei andò via, lui sapeva che non l'avrebbe chiamata,  no non l'avrebbe fatto.
Entrò in casa si spogliò, andò in bagno, aveva voglia di piangere, prese una lametta da barba dall'armadietto e si mise nudo nella vasca da bagno vuota sulla sinistra su una mensola il block notes accese la radio ma non ascoltava la musica, il desiderio di farla finita era grande, finalmente avrebbe liberato se stesso e gli altri dei suoi tanti pesi. Continuava a guardare la lametta e a pensare a tutte le situazioni che aveva distrutto durante la sua vita ma ogni cosa, ogni pensiero portava sempre inevitabilmente a lei. Stanco, come un uomo che ha appena fatto uno sforzo sovrumano avvicinò la lametta al polso sinistro, poi la posò alla sua destra sulla tavoletta del cesso prese il block notes cancellò il numero di cellulare poi si mise a scrivere "domani è un altro giorno.. e poi L. potrebbe cercarmi" chiuse il block notes lo posò sulla mensola e aprì l'acqua.
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naoehalara · 9 days
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A turnê da minha vida com os Jonas Brothers
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Eu tinha nove anos quando comecei a gostar de Jonas Brothers. O primeiro Camp Rock, lançado em 2008, foi passo importante e inevitável pro aguçamento de interesse de uma criança encantada por todo o frenesi dos Rebeldes e de High School Musical. Principalmente quando se tinha um atrativo como Nick Jonas envolvido. Mas o que conquistou mesmo uma jovenzinha que acabava de retornar deslocada à cidade natal depois de três anos morando em outro estado foram clipes musicais que passavam em intervalos de programação e a capacidade que eles tinham de me tirar completamente de órbita por dois minutos. 
As histórias de acampamento eram divertidas e a trilha sonora até que entretinha, mas ter aqueles três irmãos cantando só pra mim sobre fugir pra alguns milhares de anos à frente, quando a minha tatara tatara tatara neta estaria bem e existiriam boy bands and another one and another one, ou vê-los segurando-se a instrumentos e me pedindo pra aguentar firme enquanto tudo ao redor se desfazia pra se tornar um grande deserto… Era o que eu queria naquele momento.
Dei sorte de aquele ano em que tornei simples passatempo em obsessão pela primeira vez ter sido também o ano em que eles fizeram a primeira turnê mundial. 
2009. Eu tinha comprado meu primeiro CD e o fazia rodar por horas e horas em um radinho cinza que minha mãe tinha me presenteado. 
Não lembro de que forma descobri sobre shows ou sobre a passagem pelo Brasil. Só lembro de estar lá, na frente do computador, esperando minha vez de comprar o ingresso. De escrever números em folhas de caderno e colá-las na parede do quarto. 157, 156, 155... Mal podia esperar a manhã seguinte pra riscar um número a mais.
Também não me lembro de quase nada do grande dia em si. Me lembro de comer salgadinho amarelo enquanto esperava sentada junto ao meu pai na arquibancada do estádio Morumbi, da banda Cine se apresentando de calças coloridas tão longe, tão longe na frente dos meus olhos que se espremiam nas cadeiras mais altas do local.
Sim, sim, já havia visto a Xuxa no Nilson Nelson aos cinco anos, e não é como se minha própria casa não fosse um grande palco, já que meu pai tinha uma banda e eu tinha ido a algumas apresentações. Mas considero esse dia — o que esperei por tanto tempo pra ver a poucos quilômetros de distância três pessoas que vieram de muitos quilômetros de distância pra cantar — o que marcou minha entrada precoce no maravilhoso mundo dos concertos e, indireta ou bem diretamente, mudou o curso de toda a minha vida.
Voltei com bandanas e faixas e uma munhequeira com a logo dos Jonas Brothers de um lado e a do Iron Maiden no verso — e há até pouco tempo tinha guardada essa relíquia de reciclagem dos cambistas de São Paulo, mas, assim como minha memória do dia, ela se perdeu com o tempo. 
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Depois do primeiro show, passei a ficar a par de todas as notícias, porque queria irresistivelmente ser a primeira a saber quando eles voltariam. Acompanhei o lançamento do Lines, vines and trying times, meu álbum preferido, e fiquei esperando impacientemente pra poder comprá-lo na Livraria Saraiva do Conjunto Nacional.Não havia mais vídeos que eu pudesse explorar no Youtube e até no finado MySpace eu tinha me aventurado pra arriscar ter uma pergunta respondida por eles com as poucas palavras de inglês que sabia — se vamos ser honestos, só as que figuravam nas músicas e no meu primeiro livro do idioma, e olhe lá; às vezes eu as misturava. Espalhei a fake news de que Joe cantava “but, tonight, I’m butterfly” pra minha prima, e, em vez de ela ficar tocada como eu com a música que tocava no MP3 player cujos fones compartilhávamos e tirava lágrimas dos meus pequenos olhos, ela juntou as sobrancelhas e me perguntou: “Ele é gay?”. 
Além de ter rido muito, como lembro que fiz sentada no chão da varanda da casa dela naquele dia, queria ter explicado o que de alguma forma, mesmo não sabendo as palavras exatas, eu sentia: poderia viajar ao redor do mundo e ver todas as coisas e nunca ficar satisfeita, se eu não pudesse ver aqueles olhos. O que melhor do que uma borboleta, porém, pra traduzir essa analogia?
Apesar dessa prima, que era mais velha que eu alguns bons anos e entendia mais da língua que eu passava a conhecer, eu tinha outras mais influenciáveis. E só quem já foi fã sabe que essa é a salvação pra quem cansou de conversar com os pôsteres na parede. Eu formei minhas próprias aliadas. E com formar quero dizer ministrar palestras fundamentadas por power points que contavam a história do trio, desde que Nick foi descoberto na barbearia, até todas as fofocas de relacionamentos que surgiam no momento. 
Nessa época, eu assinava a revista infanto-juvenil Atrevidinha, e acho que, desde então, eu sabia muito bem o que queria fazer. Depois de muni-las com crachás de papelão e barbante feitos por mim, eu não tinha mais apenas duas aliadas nas primas que, após ouvirem tudo que eu sabia sobre Jonas Brothers, gostavam tanto deles quanto eu — ou pelo menos fingiam bem. Eu tinha uma equipe de membros do que foi meu primeiro blog e fã-clube. 
Foi por volta dessa época também que fui ao meu segundo show. Dessa vez, eu estava mais experiente. Queria uma concorrência menor do que as 40 mil pessoas que lotaram o Morumbi no ano anterior, e queria vê-los de perto, não de cima de uma arquibancada. 2010. Ajustei tudo pra que eu e meu fiel escudeiro e fotógrafo oficial, também conhecido como pai, ficássemos na pista premium do Gigantinho, em Porto Alegre. Apesar do nome, o ginásio do Internacional comportava pouco mais de cinco mil pessoas.
Também descobri o hotel em que eles estavam hospedados, ao lado de um shopping de mesmo nome. Meu pai ficou lá comigo esperando eles aparecerem, no dia do show, e fui adotada por duas meninas mais velhas como um mascote. Elas me acharam fofa e me deixaram tirar foto dos autógrafos que elas conseguiram nos cadernos de escola. Eu teria conseguido também, mas fiquei tão nervosa ao ver Nick, meu integrante favorito, a poucos centímetros de mim, que só consegui tirar fotos no celular rosa da LG que tinha em mãos, nos ombros do meu pai, e nem lembrei que ele tinha tela touch e canetinha que poderiam ter sido usadas.
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Passei mal de euforia pela primeira vez. Quis vomitar. No shopping ao lado, liguei pra minha mãe, que tinha ficado em Brasília, chorando e sentindo cada parte do meu corpo tremer. “Eu vi eles! Vi eles de pertinho, mãe.” Ela ficou assustada e me proibiu de ir ao show, o que só me fez chorar e tremer mais ainda. No fim, consegui me acalmar e convencê-la e, às 16h, eu, meu pai e outras cinco mil pessoas esperávamos pela apresentação que começaria às 19h.
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Volto à Brasília radiante; dessa vez eu tinha conseguido aproveitar muito mais e sabia as letras de cor depois de ler os encartes incontáveis vezes enquanto meu radinho cinza ainda funcionava sem parar. Soprei 11 velas naquele ano na frente de um painel gigante dos Jonas Brothers que meus pais mandaram imprimir especialmente pra mim. Ele fica enrolado até hoje em um tubo que tem quase a minha altura atrás da porta do meu quarto.
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Neste mesmo ano, começam os primeiros rumores de separação e Nick lança um álbum solo junto a outra banda. Tentei ficar devastada, mas gostei tanto do disco novo que ele quase tomou o lugar do Lines, vines and trying times na minha lista imaginária, embora eu nunca fosse admitir uma atrocidade dessas. Ele era mais maduro, contava histórias que eu, agora com onze anos, conseguia traduzir e entender o nível de seriedade.
Levei o radinho pra escola. Tinha uma tomada embaixo da escada que ficava ao lado da quadra de esportes. Foi onde conectei o aparelho que começou a rodar pras três ou quatro amigas que consegui arrastar até lá. Deixei que Nick cantasse enquanto eu esboçava um semblante quase que de luto, as músicas eram muito tristes.
Eu sabia desde 2009 que ele tinha diabetes e chorei a primeira vez com uma música ao ouvir A little bit longer — também uma das primeiras que aprendi a tocar no violão depois d’O Sol, do Jota Quest. Mas com o The Administration foi diferente. Eu tinha crescido, ele também, mesmo que sete anos nos separassem — nem preciso dizer que sabia essa conta de cor. Eu conseguia identificar essa mudança nas novas letras e ritmos e me senti mais perto do que nunca do meu integrante favorito.
2011. Mudei de escola. Passei por coisas que ninguém gosta de lembrar. Passei a ter vergonha de tudo em mim. Coisas que até então nunca tinham sido problema passaram a ser as mais humilhantes do mundo no ambiente cruel dos anos finais do ensino fundamental: a cor do meu cabelo, os meus dentes, as sardas que surgiam de vez em quando bem acima do meu queixo, a cor que eu ficava quando tomava sol, minha casa e meus gostos.
Quem ainda liga pros Jonas Brothers em 2011? É coisa de criança. Meus novos colegas gostavam de Beatles e Red Hot Chilli Peppers, DJs de quem eu nunca tinha ouvido falar e Katy Perry. Era adulto.
Aos poucos fui arrancando os pôsteres da parede, o radinho foi ficando esquecido. Os colegas tinham iPods e celulares Blackberry. Minha mãe comprou um MP3 na feira pra mim e era segredo absoluto que ainda constavam músicas dos Jonas Brothers ali, camufladas entre Scar tissue e Hot n’ cold.
Mantive minha identidade em segredo por quase um ano inteiro, mas lembro de ter vacilado em dois momentos.
O primeiro, sentada no ônibus de passeio ao lado de uma amiga, gêmea e muito querida, dividindo fones de ouvido do meu celular Nokia, e deixando Can’t have you tocar no aleatório. Nesses momentos eu geralmente pulava antes que os primeiros acordes pudessem ser ouvidos, mas ali, com minha amiga gêmea, me senti segura pra abrir uma brechinha da minha personalidade. Ela amou a música. Disse que nunca tinha escutado e me pediu pra passar por Bluetooth pro celular dela. O meu eu de 24 anos não consegue entender, mas lembra vividamente da emoção que senti naquela hora, tanto que me recordo até hoje, enquanto tantas outras memórias se foram pra sempre. Me lembro do sorriso que quase me rasgou os lábios, mesmo com a canção totalmente depressiva de fundo, de quase sentir vontade de chorar, de alegria, de alívio; de finalmente ter coragem pra dizer pra alguém na nova escola “eu amo Jonas Brothers”, quase como se fosse uma confissão, um segredo absoluto.
A segunda vez foi em setembro. Os pôsteres já tinham saído da parede, mas eu continuava alimentando o blog que tinha criado há um ano. Foi procurando por notícias pra replicar que descobri que Nick Jonas viria ao Brasil com a banda The Administration. Eu tinha que ir. Me organizei com meses de antecedência, mas ninguém ficou sabendo além dos meus pais, da minha irmã — que neste momento estava na barriga da minha mãe — e de uma amiga. Estávamos na biblioteca conversando, uma semana antes do show, e acho que eu estava quase explodindo à essa altura, pois soltei como uma barragem que se rompe: “Eu gosto muito mesmo dos Jonas Brothers, sempre gostei; inclusive, vou ao show do Nick semana que vem”. Ela falou: “Que legal”. Respirei aliviada.
Minha mãe grávida me levou até a porta do show em que entrei com meu pai. Estávamos em um hotel perto da Via Funchal, finada casa de shows em São Paulo que costumava ser minha favorita. Pequena o suficiente pra dar a sensação de intimidade, que era o que eu sentia com aquele álbum, desde o ano anterior. Mas já era. Minha inocência infantil de quem vê o mundo pela primeira vez tinha ido embora. Vendo as fotos do dia confirmo, parece que estava presa nos meus próprios julgamentos, com vergonha de dançar, de gritar, até de chegar mais perto e me mostrar histérica como sempre tinha sido. Fiquei ao fim da pista, pra alívio do meu pai, e aproveitei só o tanto que poderia ser considerado normal pelos meus colegas mais julgadores, que já tinham implantado seus olhares ferozes dentro de mim.
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Depois desse dia, pouco procurei ou ouvi falar de Jonas Brothers. Também acho que pouco foi dito sobre eles no fatídico ano de 2012, quando me apaixonei por minha segunda banda de garotos ao assistir o Kids Choice Awards. Ninguém falava de outra coisa a não ser One Direction e, ufa, era novo e descolado, meus colegas também gostavam. Eu tinha passe livre pra ser fã novamente e, no fundo, era isso que eu queria. E pra lá com os irmãos esquecidos com promessas de carreiras solo.
Em 2013 veio Pom poms. Depois da febre 1D, não vi mais problema em demonstrar do que eu gostava. Acho que entendi que, onde eu estava, as pessoas iriam me julgar de qualquer jeito. Curti e dancei Pom poms da forma que se deve curtir e dançar uma música com o nome Pom poms. Mas lembro de não sentir a identificação que sentia antes. Não pareciam mais os Jonas Brothers ali, aqueles por quem gritei tanto, pelos quais chorei e ri. Não parecia que os três irmãos que cresceram comigo cantando que as teclas pretas do teclado nunca tinham parecido tão bonitas, no último álbum de estúdio, meu favorito, tinham voltado quatro anos depois falando sobre cheerleaders e milkshakes. E isso porque essa tinha sido a música que eu tinha gostado dentre a outra lançada no mesmo ano, cheia de sintetizadores e frases mais sem sentido do que shake it up, 1, 2, 3. Tanto que sequer fiquei sabendo que eles vieram ao Brasil em 2013, quando nos anos anteriores procurava como louca qualquer oportunidade de ficar pelo menos perto deles.
Com essa última pá de terra, declarei encerrada minha fase Jonatic... até o ano seguinte. Não, nada de relevante foi lançado pelos Jonas Brothers em 2014 ou nos seis anos que seguiram à catástrofe de First time. Eles de fato haviam se separado dessa vez, tanto que Jealous, deste mesmo ano, estabiliza com sucesso a carreira solo que Nick sempre havia sonhado.
Mas em 2014 eu entrei no finado Twitter pela primeira vez. Minha conta era dedicada ao One Direction, é claro, mas o mais importante de se estar em um ambiente de fandom, além de ter com quem conversar e compartilhar além dos pôsteres e das primas que influenciamos, é se sentir livre pra se expressar. Atrás de um icon do Harry Styles, ninguém sabia que era eu quem comandava a persona loumarrymenow [user modificado por questões de privacidade]. Pra minha surpresa, encontrei directioners que eram jonatics; me lembro particularmente de uma gringa com quem eu conversava pontualmente sobre, jura, existirem poucas directioners que eram jonatics.
Voltei a assumir minha personalidade. Voltei a ouvir todas as músicas que viviam escondidas no meu antigo MP3 por tanto tempo, e foi assim que virei nostálgica de carteirinha. Maybe you were just afraid, knowing you were miles away from the place where you needed to be, and that’s right here with me, minha bio pontuava.
Hoje, tenho até que orgulho de dizer que nunca esqueci Jonas Brothers e os ouvi sem parar até eles voltarem de novo, em 2019. Quando começaram os rumores de comeback, em 2018, eu fiquei tão animada que mandei a notícia pros meus pais, os únicos que acompanharam toda essa saga comigo. Eu estava meio desanimada na época, e a resposta da minha mãe foi “só quero que você se apaixone novamente, pode ser mesmo pelos Jonas Brothers”.
Não vou mentir que meu primeiro contato com as músicas do Happiness begins, de 2019, foi um choque tremendo e eu fiquei com vontade de chorar por odiar Sucker e Cool quando todo mundo parecia adorá-las. Depois de tantos anos ouvindo as mesmas músicas e esperando tanto por eles, foi quase um ultraje não receber uma continuação do pop rock adolescente e nostálgico que ainda preenchia minhas playlists. Ainda assim, esse álbum do qual poucas músicas fizeram meus olhos brilharem — Only human, Strangers e Rollercoaster, pra ser mais específica — ainda conseguiu marcar minha vida com outra primeira vez. Pela primeira vez, publiquei uma história escrita por mim em um site.
Minha estreia na carreira dos meus sonhos foi baseada na música Used to be, a única que tinha sobrado entre todas as outras do álbum. Sendo bem sincera, eu odiava essa música e odiava ter que ouvi-la pra ter inspiração, mas dei tudo de mim em um conto triste de 11 páginas. Era primeira vez que eu escrevia tanto e terminava algo que tinha começado. Nunca vou esquecer o frio na barriga de saber que outras pessoas leriam o que escrevi pela primeira vez. Também nunca vou esquecer os elogios que recebi e que me incentivaram a continuar.
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Continuei. E continuei ouvindo as mesmas músicas. Em fevereiro de 2023, dias antes de sair do Correio Braziliense, onde estagiei na editoria de Cultura, outro sonho meu realizado, os Jonas Brothers me presentearam com o anúncio de um novo álbum na calçada da fama de Hollywood, onde receberam uma estrela. Foi minha última matéria assinada. Não tinha como ser mais emocionante o fato de ela ser sobre aqueles que me fizeram começar a escrever.
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Logo depois, deixei tudo pra trás na minha cidade natal pra viver por cinco meses na Coreia do Sul. Enquanto estava lá, eles lançaram o álbum que eu noticiei, e me lembro de, no país da inovação do K-pop, estar ouvindo faixa por faixa de um grupo neojersiano nascido em 2005.Novamente, fiquei desapontada por gostar só de uma música, Wings — depois complementada por Americana, Celebrate!, Waffle house, Summer baby e Walls. Graças a um atraso singular do pop comercial no outro lado do mundo — que proporcionava a delícia de se ouvir Wild ones, Despacito e Uptown funk em todas as baladas, todas as noites —, porém, eu tive também a chance de reapreciar Leave before you love me, completamente esnobada por mim quando foi lançada. Esses homens casados e pais afirmando ser the type to get naked não me convenceram muito em 2021, mas tinha algo tão magico quanto reconfortante sobre conseguir identificar a voz fanha do Nick Jonas em todas as lojas que eu visitava em um país estranho em 2023, quando eu não conseguia entender mais quase nada. Foi assim que eles conseguiram marcar também o meu intercâmbio, o final da minha graduação, e minha primeira experiência de viver sozinha. Longe da minha família e de tudo que eu conhecia, eu ainda tinha aqueles três irmãos que me conheceram antes mesmo de eu saber falar inglês e quando eu ainda era filha única, cantando pra mim sempre que eu entrava na Daiso mais próxima.
De volta à casa e com saudades da Coreia, os Jonas Brothers lançaram pra mim uma colaboração com o TXT, com music vídeo digno de K-pop e tudo.
Com tantas idas e vindas em minha vida, relembro com carinho essa certeza que — quase — sempre esteve lá. Poder relembrá-la no último dia 16 de abril, quando tive a oportunidade de ficar a alguns metros deles de novo, depois de 14 anos desde a última vez e celebrando 15 desde que a Larinha se encantou em frente ao clipe de Hold on pela primeira vez, foi com certeza mágico. Cantei a plenos pulmões não só as músicas dos dois primeiros álbuns e do meu álbum favorito, mas também as dos dois últimos, que fui aprendendo a gostar com o tempo e participaram de momentos tão importantes do meu crescimento pessoal.
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Num momento de tanta incerteza e dúvidas em relação ao que vem por aí pra mim, retomo minha estrofe favorita do meu álbum favorito pra fechar estas sete páginas de lembranças compartilhadas:
There’s a lot that you don’t notice when you read between the lines The future’s out of focus when you’re blinded by the light It’s a hope for all the hopeless in the worst of trying times I resort to being speechless, cause our love won’t survive.
E por que não mais uma, das que passei a gostar recentemente:
No, don’t get stressed, it’s gon’ get figured out!
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testecentral12345 · 3 months
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Teste
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musicarenagh · 7 months
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‎Stellan Perrick Shares Lesson On Being “NAUGHTY”[embed]https://open.spotify.com/track/36vUDLrtUzAnEAgejoDn8w?si=046e84e05c144e65[/embed] Stellan Perrick is an innovative and versatile dark-pop, indie, alternative, and experimental artist based in Germany. Since 2016, he has developed a unique sound and style, influenced by greats such as Michael Jackson and Prince. His debut single ‘Golden Baby’ garnered international success, reaching the top spot on Palco mp3 in Brazil, and has been positively reviewed by numerous industry professionals, resulting in coverage from outlets like Entertainment Weekly, Billboard, Forbes, Huffington Post, MTV, and Mic. Stellan Perrick’s “Naughty” is a mesmerizing blend of his dark pop and R&B style, offering a super catchy and undeniably sensual sound. The track plays with the pulsing modernity of indie pop, enthralling its audience in its anthem-like qualities and captivating vibes. At first listen, the song begins with a seductive rhythm that oozes of temptation and passion. Perrick’s male vocals croon in a mysterious but enchanting chorus, inviting its audience to follow his leading as he spirals deeper down the rabbit hole of his hauntingly beautiful melodies. While its initial chords are allurement and captivating, the real depth of its meaning becomes apparent as you get further in the song. The real theme of Naughty lays within its lyrics. With cryptic references and ambiguous metaphors, Stellan Perrick brings up the common theme of true satisfaction and happiness only finding its place within you; no amount of superficial things could ever bring you complete joy. In “Naughty,” we find ourselves wondering what it is he is talking about, and being drawn in to explore its hidden depths. The track is an anthem of self-love and reflection, presenting the listener with the metaphorical message of looking inwards and understanding ourselves. While its rhythms can be taken as ultra-catchy musical genius, its syllables hide a wink, a smile, and a profoundly human theme. Follow Stellan on Instagram
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gazeta24br · 8 months
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O cantor, compositor, produtor musical e multi instrumentista Lê Almeida, conhecido tanto por sua carreira solo quanto por seu trabalho com as bandas Oruã e a icônica Built to Spill, revela o primeiro single de seu novo álbum “I FEEL IN THE SKY”. “BICHO SOLTO” é um prelúdio para sua residência artística em Seaview, cidade na costa do estado de Washington, nos Estados Unidos, marcada para começar no mês de outubro. A faixa pode ser ouvida nas principais plataformas digitais a partir de 01 de setembro - escute aqui. “BICHO SOLTO” marca o início de uma nova fase criativa para Lê Almeida que levará ao álbum “I FEEL IN THE SKY”. Este trabalho é uma aventura sonora que explora a influência direta de diferentes ambientes na criação e produção da música. As faixas do disco foram criadas em diversos locais ao redor do mundo. O artista longe de casa, e cada lugar deixando sua marca única nas composições. É um testemunho do poder que o ambiente exerce sobre a expressão artística. “BICHO SOLTO” é uma faixa que nasceu em São Paulo, onde Lê Almeida passou algum tempo durante sua jornada musical. A canção é o resultado de uma improvisação descontraída com amigos músicos, incluindo Ana Zumpano e Beeau Gomez (da banda Retrato), Alejandra Luciani e Raphael Vaz (da Carabobina e Boogarins), Danilo Sansão, Otto e Yann Dardenne (da Goldenloki). Essa base, gravada de forma minimalista, foi moldada em uma composição completa, com contribuições de vários artistas que estavam presentes no estúdio. Yann trabalhou no desenvolvimento do arquivo no computador, Alê contribuiu com as mixagens e vocais, Raphael acrescentou frases de guitarra, e Danilo trouxe arranjos de teclados. É uma peça colaborativa que captura a essência da improvisação musical.  A decisão de embarcar nessa odisseia musical surgiu das experiências e reflexões acumuladas durante as turnês de Lê Almeida com sua banda, Oruã, pelos Estados Unidos e Europa, onde compartilharam o palco com o Built to Spill. Essas experiências moldaram sua direção artística e o inspiraram a explorar ainda mais os limites da música experimental, transcendendo gêneros e línguas. “‘I FEEL IN THE SKY’ é a minha carta de alforria”, conclui Lê Almeida, descrevendo este álbum como uma libertação artística. Enquanto isso, é possível ouvir “BICHO SOLTO” em todas as principais plataformas de música através do selo Transfusão Noise Records. MP3 | FICHA TÉCNICA | FOTOS Acompanhe Lê Almeida: https://www.instagram.com/lealmeida_tnr/
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chriscastelo · 1 year
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oficialjorocha · 1 year
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jornalidades · 4 months
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Entrevista com Diney sobre como aprimorar e divulgar composições para o podcast Palco Ensina. Publicado em outubro de 2021 no canal do Palco MP3.
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selmadosamba · 2 years
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musicomarcusvinicius · 6 months
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Bom dia amados irmãos em Cristo. Primeiras horas desde o nosso lançamento mais recente, o primeiro single do nosso novo álbum, Escombros. Ouçam pela plataforma do Palcomp3, nos sigam e compartilhem. #projetoavisrara #AvisRara #rockcristão #ouçamavisrara
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asproject · 1 year
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apontamentes · 1 year
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Paixão pela Escrita
“A vida de um poeta” letra e voz do aluno Afonso Castanhas, poeta nas horas vagas... Entre os momentos de estudo escreve as letras para as suas músicas, cheias de inspiração.
Oiçam!
Entrevista a Beatriz Felizardo
Artur Ferreira, Carolina Ferreira e Joana Laureano, alunos do 6.ºC, realizaram uma entrevista à fadista coruchense Beatriz Felizardo, atualmente Assistente Social no Agrupamento de Escolas de Coruche . A fadista respondeu a várias perguntar sobre a sua carreira, tendo-se iniciado nos palcos aos 8 anos, passou por programas de televisão como “The Voice Portugal” e “Uma canção para ti” e confessou que a sua principal inspiração é a Grande Amália Rodrigues, a diva do Fado.
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1. Como foi participar no programa “Uma canção para ti”?
BF: Participar neste programa foi muito importante para mim, para a minha carreira. Comecei a levar o eu fado até além e a participar em mais espetáculos.
2. Como foi ser nomeada a voz revelação na “Voz do Operário”?
BF: Essa nomeação foi muito importante. Esta nomeação deu-se depois de ter ganho a Grande noite do Fado no Coliseu dos Recreios, a representar o bairro de Alfama, mais concretamente, o “Grupo Desportivo Adicense”, em 2016. E, no ano seguinte participei no The Voice Portugal. Ser nomeada na 1.ª Gala da Voz do Operário é muito bom, significa que o nosso trabalho foi reconhecido.
3. Porque é que decidiu cantar fado, e não outro estilo musical? BF:O fado surgiu na minha vida quando tinha apenas 8 anos, não tinha nem tenho ninguém da família direccionado para o fado, mas o meu rmão ouvia Ana Moura e eu aprendi o “fado de procura”. Fui a uma noite de fados a Salvaterra e pedi para cantar, nesse momento convidaram-me para ser aluno da Escola Alverquense, em Alverca e nunca mais deixei o fado. Não sei porque optei pelo fado, mas faz sentido na minha vida.
4. Com quantos anos começou a cantar?
BF: Comecei a cantar com 8 anos. Era novinha mas nunca mais parei.
5. Quais são os seus projetos futuros?
BF: Em 2019 lancei o meu álbum “fado distraído”, mas em 2020 com a pandemia fui obrigada a parar. Este albúm não recebeu o devido valor que eu penso que ele tenha. Neste momento encontro-me a preparar outro álbum e espero alcançar todos os meus objetivos no futuro. Estou bastante empolgada com as novidades que vão surgir.
6. Qual foi a canção que mais gostou de cantar?
BF: Essa pergunta é-me colocada imensas vezes e penso que em nenhuma consegui responder. Conforme os dias, os fados que canto, existe sempre um que gosto de cantar mais. Neste momento posso dizer que é o fado “Água e Mel” da Amália Rodrigues.
7. Qual é a sua música preferida?
BF: Outra pergunta difícil. Eu gosto de diversas músicas, de diversos estilos. Mas tenho de escolher uma, posso escolher a que agora ando sempre a ouvir: “Chamada não atendida” de Bárbara Tinoco.
8. Como foi cantar nas Festas de Nossa Senhora do Castelo? BF: Cantar nas festas da minha terra, no palco principal, foi emocionante. Apesar do nervosismo a adrenalina que se sente é maravilhosa, na minha cabeça eu não podia desiludir os meus. Eu tinha de deixar todo o meu melhor naquele palco. Foi maravilhoso e nunca vou esquecer esse dia.
9. Como foi cantar pela primeira vez ao vivo?
BF: Canto ao vivo desde os 8 anos. O fado é um estilo musical onde o Playback não resulta, estou habituada. 10. Como se sentiu quando foi convidada da Ana Moura para estar no Palco Futuro na Santa Casa de Alfama? BF: Foi muito bom, significa que todo o trabalho é reconhecido. Devemos sempre lutar por aquilo que desejamos. Quando a Ana, ou a mãe dela, comunicou a minha mãe fiquei muito feliz. A Ana é uma pessoa simples, humilde e querida.
11. Sente que realizou o seu sonho de ser uma grande fadista conhecida?
BF: Esse sonho é para continuar, apesar de já ter obtido uma carreira e o meu nome já ser conhecido, ainda não cheguei onde queria. Mas estou muito feliz com tudo o que já conquistei e vou continuar a trabalhar para conquistar mais e mais.
12. Qual é a sua inspiração?
BF: Sem dúvida que uma grande inspiração é a Grande Amália Rodrigues, a diva do fado. Mas tenho outras, como Ana Moura, Carminho, Raquel Tavares…
13. Qual a sua profissão?
BF: Sou assistente social no Agrupamento de Escolas de Coruche.
14. O que mais gosta na sua profissão?
BF: Amo o que faço. Costuma-se dizer que, se gostarmos do nosso trabalho, não custa trabalhar. E é verdade, não me custa nada.
15. Obrigada
BF: De nada, obrigada eu.
“Fui a uma noite de fados a Salvaterra e pedi para cantar, nesse momento convidaram-me para ser aluno da Escola Alverquense, em Alverca e nunca mais deixei o fado.”
“Não sei porque optei pelo fado, mas faz sentido na minha vida.”
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Entrevistadores: Artur Ferreira, Carolina Ferreira e Joana Laureano do 6.ºC, EB 2/3 Dr. Armando Lizardo de Coruche. Outubro de 2022
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cocoscosta · 2 years
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Ouvindo Entorno Sul 1.0 (Brooken Music) no @palcomp3
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