Scelti per voi
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Una piccola scelta di libri “certificati” dai bibliotecari per distrarvi nel migliore dei modi durante le vacanze. Si tratta di novità, di titoli non recentissimi ma che magari vi sono sfuggiti e meritano attenzione, e di opere da cui sono stati tratti ottimi film.
Se non l’avete ancora letto vi consigliamo L’animale più pericoloso di Luca D’Andrea, del 2020. Ma qual è l’animale più pericoloso? Se non ci si lascia sviare dall’immagine di copertina, si può intuirlo fin dalle prime righe di questo avvincente giallo che ha come tema (argomento di scottante attualità) la salvaguardia dell’ambiente. A parte l’idea di fondo dell’adolescente rapita che ricorda il pregevole La ragazza nella nebbia di Donato Carrisi, la storia si dipana in maniera diversa, dalla location (le montagne della Val Pusteria), ai moventi dei crimini, allo stile, agile, moderno, mai banale. Anche il finale diverge, ma su questo, naturalmente, non sveliamo nient’altro. Rispettata in pieno l’unica regola cui i gialli dovrebbero essere sottoposti: quella di inchiodare il lettore alle pagine, fino alla conclusione.
Pare che le case di ringhiera della vecchia Milano siano una continua fonte di ispirazione per scrittori e assassini: dopo i gialli di Francesco Recami orientati sulla figura dell’ex tappezziere in pensione Amedeo Consonni, è il vice-commissario Enea Zottìa che deve occuparsi di una serie di crimini in un vecchio stabile malandato nel cuore di Milano nell’ultimo libro di Marco Polillo I delitti di corso Garibaldi. Ma le indagini ci porteranno anche a Viboldone, frazione di San Giuliano Milanese e sede di un’antica Abbazia, e all’isola di San Giulio sul lago d’Orta (ebbene sì, proprio nel luogo in cui C’era due volte il barone Lamberto!), dove le vicende, soprattutto sentimentali, dei protagonisti troveranno il loro più naturale scioglimento.
Ambientato sul lago di Como è I milanesi si innamorano il sabato di Gino Vignali, il cui titolo si ispira al famosissimo I milanesi ammazzano al sabato di Scerbanenco (da cui è stato tratto anche un film per la regia di Duccio Tessari). “Dopo la fortunata tetralogia riminese con protagonista Costanza Confalonieri Bonnet, Gino Vignali cambia atmosfere e personaggi ma mantiene intatti il tono scanzonato e il ritmo incalzante che contraddistinguono i suoi fortunati gialli. Suspense, erotismo, umorismo sono gli ingredienti vincenti di un romanzo che, giocando abilmente con dubbi e ossessioni, incertezze e desideri, incanta il lettore in un riverbero di luci e ombre. Come l’acqua del lago, quando sembra calma ma non lo è”.
Non intendiamo certo tralasciare l’ultimo Simenon, L’orsacchiotto, anche questa opera di introspezione, di scavo profondo nella psiche umana aperto a più interpretazioni, una delle quali può essere che non è possibile mantenere sempre il controllo su tutto, anche ad altissimi livelli professionali: dopo una intera esistenza trascorsa all’insegna del più assoluto dominio di sé, una sola deroga al perfetto meccanismo esistenziale che il protagonista si è imposto può costare un prezzo inestimabile.
Torna nell’ultimo romanzo di Fabio Stassi, Notturno francese, il simpatico counselor della rigenerazione esistenziale Vince Corso, ma in questo caso, come per Simenon, l’indagine è introspettiva: un viaggio parallelo nei ricordi dell’infanzia e in treno, lungo la Costa Azzurra, terra d’origine del nostro detective-bibliofilo, trapiantato in Via Merulana. Finalmente sarà svelato il mistero del padre mai conosciuto a cui Vince indirizza cartoline nell’unico luogo che di sicuro aveva frequentato, almeno per una memorabile notte, ovvero il mitico Hotel Negresco.
Folgorante fin dall’incipit, la lettura di Perle ai porci (il titolo originale suona: God Bless You, Mr. Rosewater, or Pearls Before Swine) rende pienamente ragione a Umberto Eco che annoverava Kurt Vonnegut tra i suoi scrittori preferiti:
Uno dei protagonisti di questa storia, storia di uomini e donne, è una grossa somma di denaro, proprio come una grossa quantità di miele potrebbe essere, correttamente, uno dei protagonisti di una storia di api.
Ironico, dissacrante, politicamente scorretto, bizzarro, surreale, a metà strada fra America di Kafka e i racconti di Carver; uno stile veloce, tagliente; un lessico moderno e spiazzante. Se poi vi affezionate a questo autore, allora vi consigliamo Ghiaccio-nove, anche questo composto in una forma originalissima che sconcerta il lettore con la sua imprevedibile fantasia che scardina completamente gli schemi narrativi tradizionali. Strutturato a brevi capitoli sullo stile del Tristram Shandy di Sterne è un libro trasgressivo, esilarante fino al demenziale, davvero “uno dei tre migliori romanzi dell’anno scritto dal più grande scrittore vivente” come lo accolse Graham Greene nel 1963, anno della pubblicazione. Una potente satira della società contemporanea, che punta in particolare alla condanna della guerra, argomento quanto mai tristemente attuale.
Lo spaccone di Walter Tevis è un romanzo di formazione in cui il protagonista svolge il suo “apprendistato” (come lo definisce Fabio Stassi nella prefazione all’edizione minimum fax) nelle sale da biliardo dove sbarca il lunario spennando ‘polli’ grazie al suo non comune talento. Ma la conquista della consapevolezza comporta un prezzo molto alto: la coscienza del proprio valore si paga con la perdita della libertà. Un libro con i fiocchi che non poteva non ispirare un capolavoro come il film di Robert Rossen del 1961 con un Paul Newman perfettamente incarnato nella parte di Eddie Felson, The Fast, ‘lo svelto’. A voi il piacere di scoprire le differenze (che ci sono, e anche notevoli) tra il libro e il film. Newman rivestirà lo stesso ruolo nel 1986 come mentore del giovane Tom Cruise in Il colore dei soldi, per la regia di Scorsese, sempre dal sequel di Tevis.
Da La morte corre sul fiume di Davis Grubb è stato tratto nel 1955 per la regia di Charles Laughton un film talmente bello e originale proprio dal punto di vista tecnico da far rimpiangere che si tratti dell’unico exploit come regista da parte del celeberrimo attore britannico. Tratto da una drammatica storia vera, il romanzo si dispiega su più piani narrativi: il tema fiabesco, reso da Laughton con splendide immagini dello sfondo naturale notturno, il noir e la denuncia del fanatismo religioso. “La storia è qualcosa di più, se possibile, dei fatti che la compongono, è un’omelia nera, una lunga e cupa ballata atroce almeno quanto le filastrocche infantili che di tanto in tanto la interrompono, risuonando nel vuoto”.
Non è una storia dell’orrore, come il precedente Dracula, che tanta popolarità diede al suo creatore, Bram Stoker: Il gioiello dalle sette stelle è soprattutto un racconto d’avventura, i cui protagonisti, sorta di Indiana Jones tra le mummie, sono morbosamente infatuati dalla passione per la storia egizia. A metà tra il romanzo gotico di stampo ottocentesco e l’egittomania molto diffusa all’epoca, tanto da influenzare anche Conan Doyle e Poe, è un romanzo piacevole e adatto come lettura per le vacanze. Tra culto della reincarnazione, sarcofagi, ricerche archeologiche, luoghi affascinanti come il misterioso Egitto e la nebbiosa Londra, abbiamo anche la possibilità di scegliere tra due finali, perché il pubblico non gradì il primo e costrinse l’autore, pare, a riscriverne uno nuovo nella seconda edizione uscita nel 1912, anno della sua morte. In questa ristampa di ABEditore del 2022 sono presenti entrambe le varianti.
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Walker Evans - Parte prima: vocazione scrittore
di Paolo Felletti Spadazzi
--- L'iniziazione alla letteratura
Walker Evans nacque a St. Louis, Missouri, il 2 novembre 1903. Egli, tuttavia, ha sempre sostenuto di essere nato il giorno tre, forse perché corrispondeva al numero romano III posto alla fine del suo nome (Rathbone 1995). Infatti, suo nonno si chiamava Walker Evans (senior), suo padre Walker Evans (junior) e quindi lui, per la precisione, si chiamava Walker Evans III.
1907, Walker Evans jr., Walker Evans III, Walker Evans sr.
Il padre, Walker Evans jr., non era laureato, ma già dai ventiquattro anni lavorava come copywriter, era cioè uno scrittore professionista e stilava testi per la pubblicità. Nel 1908 (Evans aveva 5 anni), a causa di un'interessante offerta di lavoro da parte del pubblicitario Albert Lasker, Walker Evans jr. (il padre) si trasferì con la famiglia da St. Louis a Kenilworth, un villaggio suburbano alla periferia di Chicago, progettato sullo stile dell'omonima cittadina inglese. Lasker era uno degli uomini più in vista d'America nel settore della pubblicità e Evans jr. non poteva certo perdere questa occasione. E poi Kenilworth era pieno di verde e molto adatto per un bambino dell'età di Walker III. Dopo la scuola Walker III ascoltava le letture fatte ad alta voce ai bambini del circondario da una vicina di casa, Fanny Phelps, che avrebbe fatto nascere in lui la passione per la letteratura. Il padre era stato incaricato da Lasker della campagna pubblicitaria per la farina di frittelle Zia Jemima. "Questo incarico avrebbe fatto un'impressione indelebile sul piccolo Evans, che in seguito avrebbe rabbrividito per l'imbarazzo al solo pensiero" (Rathbone 1995).
1909, Le frittelle di zia Jemima, la cui pubblicità fu affidata a Walker Evans jr.
Nel 1914, un'altra offerta di lavoro nel settore automobilistico fece sì che il padre si trasferisse a Toledo con la famiglia. Walker, che si affacciava allora all'adolescenza, fu traumatizzato da questo nuovo trasloco, poiché lo sradicò dal verde villaggio di Kenilworth, troncò i suoi legami col suo migliore amico e quelli con la signora Phelps e le sue letture ad alta voce, proiettandolo in un ambiente ostile, metropolitano e multietnico.
1915, Walker Evans poco dopo il trasloco a Toledo.
Nove in inglese e quattro in latino
Nel 1918 il padre lascia la famiglia per andare ad abitare con Louise Hower, una vicina di casa con la quale aveva da tempo una relazione e, l'anno seguente, sua madre si trasferisce a New York con la sorella di Walker. Walker viene mandato alla Loomis Chaffee School, che dista circa 200 km da New York.
Walker nutre una immediata antipatia per Batchelder, il preside della scuola (chiamato mister B.). Il suo profitto è insoddisfacente: i voti migliori sono in inglese, mentre in latino i risultati sono totalmente insufficienti. Dato lo scarso rendimento e la forte depressione che lo affliggeva, i genitori, d'intesa con il preside, decidono di cambiare scuola, iscrivendolo dapprima a una scuola pubblica di New York e poi all'Accademia di Mercesburg (1921).
Cartolina del 1910. L'edificio più antico della scuola di Loomis.
Però, dopo meno di un anno, Evans si trasferisce alla Phillips Academy di Andover, dove desiderava andare, probabilmente perché aveva letto che da lì proveniva il maggior numero di laureati di Yale. La Phillips è tuttora considerata “il collegio più elitario d’America” e vanta tra i suoi alumni ben cinque premi Nobel. Nel 1922 la sua richiesta di iscriversi a Yale fu respinta, perché i voti conseguiti alla Phillips erano troppo bassi. Allora Evans ripiegò sullo Williams College, università privata di arti liberali situata a Williamstown. Fu durante il suo primo anno alla Williams che divenne quello che in seguito lui stesso descrisse come "un bibliofilo patologico" (Rathbone 1995). Evans, infatti, "saltava le lezioni per ritirarsi nella biblioteca a coltivare i suoi interessi letterari".
Il viaggio in Europa
Quando tornò a New York per le vacanze di Natale del 1923, Evans probabilmente sapeva che non sarebbe più tornato a studiare allo Williams College. A New York lavora in una libreria in lingua francese e alla New York Public Library.
Il 6 aprile del 1926, grazie al sostegno economico della famiglia, Evans parte per un gran tour in Europa. Visita Parigi, Versailles, Marsiglia, Cannes, Juan les Pins, Genova, Napoli, Roma, Firenze, Ventimiglia. Nell’agosto e settembre 1926, mentre si trova a Parigi, frequenta lezioni di letteratura alla Sorbona e cerca, senza successo, di scrivere dei racconti brevi.
L'idea che, per uno scrittore americano, fosse quasi obbligatorio fare un viaggio a Parigi non era certamente una novità. Inoltre poteva costituire un'attrattiva il fatto che, mentre in America c'era il proibizionismo, in Europa si poteva dare libero sfogo ad eventuali inclinazioni alcoliche.
1926-1927 Evans in Francia in amena compagnia e con un fiasco di vino.
Tra 1910 e il 1911 troviamo a Parigi il poeta Thomas Eliot, uno degli idoli di Evans. Dal 1921 al 1924, vi abitava Francis Scott Fitzgerald e, nei primi anni '20, Ezra Pound. Facevano tutti parte di quella lost generation che gravitava attorno al salotto di Gertrude Stein. Ernest Hemingway, che nel 1933 sarà compagno di bevute di Evans all'Avana, si trovò diverse volte a Parigi tra il 1921 e il 1931. Anche Man Ray, che faceva parte del gruppo surrealista, lavorava a Parigi dal 1921. Non risulta, tuttavia, che, durante il suo soggiorno, Evans abbia incontrato qualcuno dei suoi scrittori preferiti. Dall'intervista con Paul Cummings (Cummings 1971) apprendiamo che Sylvia Beach propose a Evans di presentarlo a James Joyce. Evans nutriva un'ammirazione reverenziale per il personaggio ma, al momento dell'incontro, preferì sottrarsi. Racconta a Cummings: "Era il mio dio. Anche questo mi ha impedito di scrivere. Volevo scrivere così o per niente".
Tra i letterati del passato che ebbero maggiore influenza su Evans vi sono certamente Flaubert e Baudelaire. Nell'intervista a Katz del 1971 Evans afferma: "Il metodo di Flaubert credo di averlo incorporato quasi inconsciamente [...]. Ma spiritualmente è Baudelaire che ha avuto più influenza su di me" (Katz 1971).
Durante il viaggio in Europa Evans aveva scattato alcune foto con una Kodak portatile. Tornato a New York nella primavera del 1927 incominciò a prendere sul serio la fotografia, anche con l'aiuto del fotografo e film maker Ralph Steiner (1899-1986) che condivise con Evans l'interesse per i soggetti vernacolari e gli insegnò a maneggiare gli apparecchi di grande formato.
Il primo articolo su Hound & Horn
In quell'epoca Evans incontra anche Lincoln Kirstein, che diventerà un suo grande amico e che avrà grande influenza sul suo lavoro. Kirstein, fin da quando è studente ad Harvard, ha fondato insieme a Varian Fry la rivista Hound & Horn, dove vengono pubblicate le foto di Evans e, nell'ottobre 1931, il suo saggio La ricomparsa della fotografia (Evans 1931).
Hound & Horn, le copertine di due numeri contenenti foto di Walker Evans (autunno 1930 e luglio-settembre 1934).
L'articolo, che contiene le recensioni di alcuni libri di fotografia, delinea la posizione di Evans nel panorama fotografico dell'epoca e costituisce quasi un programma per la sua successiva attività.
A proposito di Steichen the Photographer (1929) di Carl Sandburg, Evans scrive: "Steichen è la fotografia fuori dai binari nel nostro modo reiterato di imponenza tecnica e di vuoto spirituale [...] la sua caratteristica generale è il denaro".
Di Foto-auge (1929), curato da Franz Roh e Jan Tschichold (dove compariva anche una foto di Atget), dice: "è un libro nervoso e importante".
Di Die Welt ist schön (1928) di Renger Patzsch, dichiara: "Le cento foto di Renger Patzsch rendono il libro emozionante da sfogliare in negozio e deludente da portare a casa."
In merito ad Atget photographe de Paris (1930) asserisce: "La sua nota generale è la comprensione lirica della strada, l'osservazione allenata di essa, la sensazione speciale per la patina, l'occhio per i dettagli rivelatori, su tutti i quali viene lanciata una poesia che non è "la poesia della strada" o "la poesia di Parigi, "ma la proiezione della persona di Atget".
Quanto a Antlitz der Zeit (1929) di August Sander, scrive: "E' più di un libro di "studio di tipi umani"; un caso in cui la fotocamera guarda nella giusta direzione tra le persone", "uno dei futuri predetti da Atget", un "montaggio fotografico della società, un processo clinico”.
Fotografia e scrittura: un matrimonio problematico
Molti dei libri fotografici di Evans vennero realizzati in collaborazione con scrittori.
Tuttavia Evans pretese quasi sempre che le sue fotografie rimanessero separate dal testo, raccolte generalmente alla fine o all'inizio del libro. Anche in American Photographs, libro edito dal MoMA e impaginato da lui stesso, le didascalie delle foto sono raccolte alla fine della sequenza delle immagini. Sembra quasi, cioè, che Evans rifugga da una contaminazione tra i due mezzi espressivi, quello della sua vocazione giovanile e il suo sostituto, per il quale è diventato famoso.
Il primo in ordine di tempo è il libro di poesia The Bridge (1930) di Hart Crane. In questo caso non si può parlare di una vera e propria collaborazione, perché Crane, che era amico di Evans, gli chiese di inserire nel volume alcune sue fotografie del ponte di Brooklyn, che erano già state scattate da Evans e che Crane conosceva.
1930 The Bridge di Hart Crane, con foto di Walker Evans.
Nel 1933 Evans realizzò insieme a Carleton Beals, scrittore, storico e attivista politico americano, il libro The Crime of Cuba, che contiene 31 foto selezionate tra le diverse centinaia che Evans scattò durante il suo soggiorno all'Havana.
1933 The Crime of Cuba di Carleton Beals con foto di Walker Evans.
Forse il suo libro più famoso fu quello realizzato insieme a James Agee e pubblicato nel 1941, dal titolo Let Us Now Praise Famous Men. All'inizio del libro vi sono 61 foto fuori testo, che ritraggono tre famiglie di coloni dell'Alabama e che furono scattate cinque anni prima della pubblicazione, quando Agee ed Evans si recarono nel Sud su incarico della rivista Fortune, per documentare l'ambiente contadino durante la Grande Depressione. Il lavoro non venne mai pubblicato da Fortune, ma, solo cinque anni dopo, dall'editore di Boston Houghton Mifflin.
941 Let Us Now Praise Famous Men (con foto del 1936).
Infine, nell'autunno del 1941, esegue 32 foto per li libro di Karl Bickel The Mangrove Coast: The Story of the West Coast of Florida. Le foto, che compaiono alla fine del libro, non sono direttamente in relazione con il testo e illustrano aspetti sociali e vernacolari della Florida, luogo di ritiro per pensionati benestanti.
1942 The Mangrove Coast: The Story of the West Coast of Florida.
Tra il 1943 e il 1945 Evans scrive diverse recensioni su libri, film e opere d'arte per la rivista Time.
Dal 1945 al 1965 lavora per la rivista Fortune dove raggiunge una posizione con autonomia sempre più ampia, riuscendo a controllare interamente i propri progetti e curando, oltre alle foto e alla loro impaginazione, anche i testi.
Contemporaneamente, negli anni '50, scrive anche per il New York Times.
Vorrei essere un letterato
Nell'intervista rilasciata a Paul Cummings nel 1971, l'intervistatore sottolinea il fatto che Evans fotografa spesso oggetti che recano molti segni e gli chiede se sia interessato alle lettere alfabetiche e alle parole. Evans risponde che i caratteri e segni sono molto importanti per lui, che hanno infinite possibilità, sia decorative in sé che come arte popolare, e anche dal punto di vista simbolico e del significato, o anche del doppio significato.
Allora Cummings gli chiede: "Sai perché sono importanti per te?"
Evans risponde: "No, non so perché. Penso che in verità mi piacerebbe essere un letterato. [...] I segni sono solo un simbolo visivo della scrittura."
Bibliografia
Agee, James e Evans, Walker (2002). Sia lode ora a uomini di fama, Milano: Il Saggiatore (ed. or. 1941)
Crane, Hart (1930). The Bridge. New York: Horace Liveright
Beals, Carleton (1933). The Crime of Cuba. Philadelphia: J. B. Lippincott
Bickel, Karl A. (1942), The Mangrove Coast: The Story of the West Coast of Florida, New York: Coward-McCann Inc
Cummings, Paul (1971), Oral history interview with Walker Evans, Oct. 13-Dec. 23, Archives of American Art, Smithsonian Institution
https://www.aaa.si.edu/download_pdf_transcript/ajax?record_id=edanmdm-AAADCD_oh_212650
Evans, Walker (1931). The Reappearance of Photography. In Hound & Horn (Oct.-Dec. ): 125-28.
http://photohelios-team.blogspot.com/2009/02/essay-walker-evans.html
Evans, Walker (1966). Many Are Called, With an introduction by James Agee, Boston: Houghton Mifflin
Katz, Leslie (1971) in Bertrand, Anne - ed. (2017). Walker Evans. Le Secret del la Photographie. Entretien avec Leslie Katz, Parigi: Centre Pompidou
parzialmente riportata in: https://americansuburbx.com/2011/10/interview-an-interview-with-walker-evans-pt-1-1971.html
Punket, Robert (2000), Walker Evans: Florida, Los Angeles: Paul Getty Museum Publications
https://www.getty.edu/publications/resources/virtuallibrary/0892365668.pdf
Rathbone, Belinda (1995). Walker Evans: A Biography, Boston: Houghton Mifflin Harcourt
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