Tumgik
Rientro traumatico
Da piccoli ci insegnano che l’estate finisce il 21 settembre, finché una volta sui banchi ci accorgiamo che la sua lunghezza non ha fondamento astronomico ma dura fino a quando non ci sono esami di recupero o sessioni estive. Quando si è adulti la lunghezza della propria estate, qualora concessa, va concordata con altri, in base ad un contratto di lavoro, scadenze dettate da terzi e giornate di ferie già godute durante il resto dell’anno. E troppo spesso le ferie, seppur variamente riempite, sono concepite come tempo per il recupero delle condizioni psico-fisiche per poter tornare a performare meglio al rientro.
Tossiche sono tendenze che hanno preso piede nella concezione quotidiana del lavoro e nel suo peso sulla vita dell’individuo. La colpevolizzazione del semplice rispetto dell’orario di lavoro, il regolare sovrapporsi di urgenze, il non avere tempo come unico sinonimo di produttività e la mancata disconnessione dai mezzi di produzione portano ad un’inevitabile sconfinamento del tempo del lavoro nel tempo privato, relegando quest’ultimo a “ciò che resta una volta usciti dall’ufficio”.
I primi anni lavorativi sono fondamentali per l’apprendimento della propria professione e per la ricerca di un proprio ruolo nel meccanismo produttivo, ma devono anche saper formare il lavoratore sui propri diritti e fargli prendere coscienza della dignità del lavoro.
Ho la fortuna di poter dedicare delle ore del mio tempo libero al volontariato. Durante una di queste ore un anziano mi disse che non era mai stato in Australia, non conosceva nulla di quell’isola dall’altra parte del mondo, nulla della sua geografia e della sua fauna, se non che dei minatori diedero la vita per far sì che il turno di lavoro venisse ridotto a otto ore giornaliere. Ora, mi chiedo perché quelle conquiste debbano essere tacitamente e sistematicamente disattese da noi giovani lavoratori.
In questi anni difficili abbiamo tutti guardato il cielo e capito che non c’è vita solo sul mondo del lavoro. Auguro a tutti di trovare al proprio rientro un’occupazione che, oltre a essere contrattualmente dignitosa e fonte di soddisfazioni, permetta di equilibrare l’orario produttivo con il tempo per sé, senza doversi annullare. Che il tempo libero non sia solo evasione o distrazione dal lavoro ma vera occasione di incontro con l’altro e miglioramento di se stessi.
Di tornare ad un lavoro che permetta di bruciare sempre e spegnersi mai.
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Amore, lavoro e altri miti da sfatare
Durante questa estate i regaz dello Stato Sociale sono prepotentemente tornati all'interno della mia playlist, complice anche un concerto gratuito che hanno fatto vicino a casa mia (viva il welfare musicale!).
Li ascoltavo al liceo, quando avevo le tasche vuote, le palle piene e nulla da perdere. Mi ricordo che avevo scaricato la traccia audio del concertone del primo maggio 2015 e che la ascoltavo nel tragitto di auto che mi separava dalla mia ragazza dell'epoca. A furia di sentirlo sapevo a memoria anche gli intermezzi di Lodo e le superflue spiegazioni di Camila Raznovich.
Ora un po' di anni sono passati, sono cambiati loro e sono cambiato anche io, che consegnandomi al sistema sto diventando tutto ciò odiavo alle superiori.
Ho aperto questo blog per riaccendere quella fiammella di ribellione adolescenziale che lentamente si sta spegnendo nella routine dell'ufficio. Il blog si chiamerà come l'album che li ha resi celebri ai più e tratterà proprio di amore, lavoro e tutto ciò che cambia dopo l'adolescenza, oltre che a rievocare quell'estetica di metà anni '10, quando Tumblr e l'indie italiano erano ancora in espansione.
Bruciare sempre, spegnersi mai!
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