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#Il consigliori
abstractionsinyellow · 10 months
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Alberto De Martino, Il consigliori, 1973
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misswarmnights · 7 months
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The beyond beautiful Dagmar Lassander in 'Il consigliori' 1973. 💗
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abr · 1 year
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(,..) Oggi è difficilissimo immaginare un altro Papa che pronunci qualcosa di simile al Discorso di Ratisbona. Ve lo ricordate? Correva l'anno di relativa grazia 2006 e nella città tedesca dove secoli prima si era tenuta la famosa Dieta, gli ultimi colloqui tra cattolici e luterani prima del Concilio di Trento, il Papa tedesco ebbe a pronunciare con la sua voce mite un discorso che incendiò il mondo.
In verità non disse nulla di nuovo, si limitò a riesumare dall'oblio l'esortazione dell'imperatore bizantino Manuele II Paleologo a un interlocutore musulmano: «Mostrami pure ciò che Maometto ha portato di nuovo, e vi troverai soltanto delle cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per mezzo della spada la fede che egli predicava». Chiunque conosca anche solo un poco l'infelice storia del Mediterraneo e l'infelicissimo Corano avrebbe potuto considerare tale affermazione quasi un'ovvietà. (...).
Niente da fare, impossibile discutere. (...) Ma la cosa più impressionante fu la solitudine del Papa, che non venne difeso da nessuno dei cardinaloni sempre pronti al dialogo ecumenico, ovvero all'ecumenica calata di braghe.
(...) Quella combattuta sul campo liturgico è stata un('altra) delle numerose battaglie perse. (...) chi subdolamente, chi addirittura esplicitamente, quasi tutti i vescovi osteggiarono il motu proprio che liberalizzava la messa in latino (...), l'uso dell'italiano e delle altre lingue nazionali è il risultato (parole sue) della «mania di render tutto facile e alla mano che, in fondo, riduce il tutto all'opera soltanto umana, e lo deruba dello specifico del Cristianesimo».
Non so quando e se vedremo ancora un Papa capace di definire il buddismo «un autoerotismo spirituale» e l'evoluzionismo una forma di fantascienza. (...)
Adesso i pastori devono avere l'odore delle pecore (...). Gli intellettuali non sono simpatici, lo sappiamo, e però se non si approfondiscono più i grandi classici e i testi sacri finiremo con l'appartenere totalmente al presente (come i cani di Cesar Millan, ndr), al mondo e al suo nero principe. Basta andare a messa la domenica per ascoltare il conformismo ecclesiastico, il pronto adeguarsi alle idee correnti (ambientalismo, immigrazionismo...).
Pier Paolo Pasolini veniva definito «intellettuale scomodo». Sebbene con stile tanto diverso anche Joseph Ratzinger lo è stato, a Ratisbona, prima di Ratisbona, dopo Ratisbona, incompreso fuori dalla Chiesa e boicottato dentro (l)a Chiesa (...).
Camillo Langone forever, via https://twitter.com/CamilloLangone/status/1609866924992888832
(la mia sintesi è: perfetto, lucidissimo preparatissimo ma troppo "tecnico" per fare il lavoro del leader, ciò che è proprio della Cattedra di Pietro. Ideale secondo, consigliori, spalla ma non braccio né destro né sinistro, dell'energico Wojtila).
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giancarlonicoli · 7 months
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20 set 2023 09:48
UN LOBBISTA AL VIOLANTE – L’EX PRESIDENTE DELLA CAMERA, LUCIANO VIOLANTE, “CONSIGLIORI” DI GIORGIA MELONI PER TRAMITE DI ALFREDO MANTOVANO, SUO CARO AMICO, SPONSORIZZA IL FONDO INGLESE MULTIVERSITY PER FARE ENTRARE NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE GLI ATENEI ON LINE E CREA PIU' DI UN MALUMORE NELLA MAGGIORANZA - VIOLANTE CHE MANIPOLA  IL GOVERNO E' IL SEGNO CHE LA MELONI NON HA CAPITO CHI L'AIUTA E CHI LA USA... -
Simone Canettieri per "Il Foglio" - Estratti
All’inizio era accolto da un moto di stupore: “Che ci fa qui l’ex presidente della Camera?”. Poi, con il passare dei mesi, Luciano Violante è diventato uno di casa al ministero della Funzione pubblica e a quello dell’Università. L’ex magistrato, già esponente di tutta la filiera Pci-Pds-Ds-Pd con nobile quinquennio pacificatorio a capo dell’assemblea di Montecitorio, oggi presiede la fondazione Leonardo.
Trasversale per vocazione e suggeritore per sapienza, ha rapporti di consuetudine – si sa – con Giorgia Meloni. Tanto che nessuno è caduto dal pero quando la premier lo ha nominato a capo del Comitato per gli anniversari nazionali. Poi Violante ha un hobby, anzi una lobby: è portatore degli interessi delle università telematiche. E in particolare quelle controllate da Multiversity, società gestita dal fondo inglese di private equity Cvc. Niente di brutto, né di scandaloso, ma di curioso sì, eccome. L’uomo che nel 1996 con un discorso storico porse la mano ai vinti, adesso si batte per far uscire da Salò le università online.
(...)
La notizia ha colto di sorpresa Anna Maria Bernini, titolare dell’Università, e sempre in quota Forza Italia. L’accordo si inserisce nell’ambito della convenzione “Pa 110 e lode ” e prevede agevolazioni economiche per tutti i dipendenti pubblici che si iscrivono a un corso di laurea o a un master di una delle università del gruppo, fino a una riduzione della retta del 50 per cento. La norma, voluta dal governo Draghi e dai ministri di allora Renato Brunetta e Maria Cristina Messa, non includeva le telematiche per motivi legati a standard qualitativi.
(...)
La vicenda ha creato nel governo, lontano dai riflettori, più di un malumore. Cattivi pensieri sopiti però dai rapporti speciali che l’ex presidente della Camera può vantare a Palazzo Chigi: da Giorgia Meloni al sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano. Per non parlare della stima di Ignazio La Russa, che lo citò anche nel suo discorso di insediamento a presidente del Senato. Piccola panoramica per non sembrare usciti dal paese delle meraviglie: in Italia esistono 11 università telematiche che rilasciano titoli equivalenti a quelli rilasciati dalle università tradizionali (88 in totale, di cui 68 statali).
La Crui, la conferenza dei rettori, non le rappresenta. Ma è naturale che siano un segmento in fortissima espansione, vista anche l’infornata di assunzioni nella Pa legata alla gestione dei fondi del Pnrr. Adesso c’è un altro fronte che si sta aprendo: riguarda il “decreto Uccidi telematiche” approvato dal governo Draghi nel 2021 e che prevede l’adeguamento degli standard entro il 2025, altrimenti verrà tolta loro la licenza. Sono in piedi ricorsi al Tar e guerre di pareri per cercare di far slittare e di modificare il decreto. La ministra Bernini sembra inflessibile. I legittimi portatori di interesse sono in azione. Ogni tanto nei dicasteri spunta Violante.
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ilsimplicissimusblog · 9 months
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Le cattive favole dell'America
La cosa più ridicola che si può osservare è l’attenzione per non dire il vero proprio culto verso i vecchi “consigliori” dell’amministrazione americana siano essi morti come  Brzezinski o centenari come Kissinger o ottuagenari come Luttwak i quali girano attorno alla questione Russia – Cina sparando ovvietà o propositi talmente ovvi da parere infantili, tra il plaudente stupore di vari…
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forzaitaliatoscana · 2 years
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kino51 · 3 years
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Il consigliori   1973
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corallorosso · 3 years
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Che cosa ha portato alla luce quel 13 febbraio Ci voleva così tanto per capire da che parte stavano realmente queste quinte colonne che ci hanno rintronato pontificando di “democrazia normale”, di “competenza” o di “ritorno alla responsabilità”, mentre allestivano le trappole in cui far cadere i timidi tentativi di frenare l’eterno dominio degli amici degli amici; mentre scavavano la fossa in cui precipitare e seppellire l’intollerabile critica – ovviamente criminalizzata come “populistica” – del privilegio spudorato e cinico? I Massimo Giannini e le Concita De Gregorio, così indignati per “i troppi errori” del premier alla guida del governo giallorosa. E se gli chiedi quali sono in concreto questi errori ribaditi apoditticamente, farfugliano di mancato rispetto di timing previsti per le conferenze stampa serali o altre risibile quisquilie provocatoriamente strumentali. Si capisce perché Lilli Gruber ci propina sistematicamente la presenza buonistica del Gandhi all’amatriciana Walter Veltroni, quello che ha disarmato unilateralmente ogni forma di resistenza alla tracotanza del berlusconismo (edulcorandone l’artefice nella contorta perifrasi “leader del principale schieramento avversario”) in una sorta di francescanesimo dolciastro: offrire l’altra guancia agli sganassoni dell’avversario. Quella Destra che ne ha approfittato subito per massacrare la nostra Costituzione democratica di matrice antifascista e dilagare nel Paese. Era tanto difficile smascherare i reali intenti di penne al lavoro nelle testate reazionarie; le imbarazzate acrobazie di un Alessandro Sallusti per accreditarsi come commentatore distaccato, mentre vellica le pulsioni revansciste del proprio audience forcaiolo? Ormai dovremmo aver capito che tutti questi personaggi non chiedono altro che la propria cooptazione, magari solo uno strapuntino, nel sistema di potere bipartisan che è venuto consolidandosi alla fine della stagione welfariana; e sorgeva l’alba dei più biechi regolamenti di conti da parte di chi “non aveva imparato niente, non aveva dimenticato niente”. Un sistema che non tollera il benché minimo uso critico della ragione, in quanto sovversivo. Sicché sembrerebbe palese il motivo per cui, accompagnato da cori gregoriani che ne tessono le lodi celesti, il silente Mario Draghi è stato tratto dall’urna umbra in cui era conservato; in attesa del momento in cui ascendere alla carica di presidente della Repubblica. Per riportare indietro di quattro decenni le lancette della storia a favore di ben precisi interessi. Come risulta dal bestiario imbarazzante del governo dei “migliori”, arricchito dalla seconda ondata di sottosegretari misurati sul metro Cencelli. Come si evince dai consigliori che accompagnano il mellifluo banchiere, in perenne grisaglia scura, da cerimonia nunziale. In primis il Brambilla che ha sciacquato i panni nel Potomac. L’iperliberista Franco Giavazzi, propugnatore della messa in salamoia dell’intervento pubblico in economia per favorire il più sfrenato privatismo. Quell’interesse privato, fisiologicamente orientato alla speculazione, oggi in stato di totale fibrillazione per l’arrivo di una montagna di euro da Bruxelles. Infine, nel breve periodo in cui durerà l’effetto demistificazione (attraverso la finestra aperta il 13 febbraio scorso sui reali intenti del golpe bianco), potremmo liberarci finalmente dell’equivoco Beppe Grillo; il pifferaio che ha giocato a fare il capopopolo virando l’indignazione a gag e allestendo un carro di Tespi chiamato Movimento. Mentre nessuno pareva accorgersi della sua intrinseca natura di borghese piccolo, piccolo; affascinato dalla frequentazione dei potenti. Magari le telefonate con Draghi. L’estasi da parvenu che gli ha fatto scambiare Roberto Cingolani per lo zar dell’ambiente. Il tipo che pretendeva di “tirare il pacco” chiamato ministero della Transizione ecologica riempiendolo di renziani e confindustriali. di Pierfranco Pellizzetti
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tergestin · 4 years
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LA SINISTRA ITALIANA IN UNA RIDICOLA CAMPAGNA ELETTORALE CONTRO TRUMP, STRUMENTALIZZANDO L'UCCISIONE DI FLOYD PER UNA SQUALLIDA BATTAGLIA CONTRO IL FANTASMA DEL RAZZISMO.
Sicuramente da condannare il poliziotto che ha ucciso Floyd, ma va altrettanto condannato moralmente chi sta usando la sua morte per soffiare sul fuoco della violenza. Trump non c'entra un bel niente con l'uccisione di Floyd, eppure la spregevole casta dei democratici americani sta cercando di usare il defunto per dare addosso al Presidente, sperando di cancellare il ricordo dei grandiosi risultati raggiunti prima della pandemia.
In Italia la marmaglia di sinistra che non si è mai strappata le vesti per le abominevoli porcherie interne della magistratura, che non ha mai fatto cortei contro i carnefici nigeriani di Pamela, che ha lasciato al loro destino i terremotati e ha dimenticato in fretta i morti del ponte di Genova, oggi si lancia con tutta la stupidità politica di cui è capace nei cortei degli inginocchiati, nelle piazze popolate dai centri sociali, dalle sardine e persino in qualche teatrino tv.
La RAI di regime, ormai eterodiretta dai compagni consigliori di Giuseppi, popola i suoi servizi giornalistici con i feroci attacchi a Trump, esibendo trionfalmente i propri corrispondenti che danno ormai per spacciato il presidente americano.
Nello squallido disegno della sinistra, Trump va messo in parallelo a Salvini: deposto l'uno, cancellato l'altro.
Tentativo di distrazione di massa destinato a fallire nel volgere di qualche giorno, quando il ricordo dei funerali di Floyd sarà scemato e i cortei svaniti, anzi si comincerà a parlare (con tutto il rispetto per il defunto) dei suoi consistenti precedenti penali, non proprio da eroe: condannato per ben 5 volte a una pena detentiva, nel 2007 aveva fatto irruzione nella casa di una donna incinta e l’aveva minacciata puntandole la pistola sulla pancia. Il giorno della sua uccisione era strafatto di fentanyl e metanfetamine.
Al di là della morte, questi sono gli eroi prediletti dalla sinistra e dintorni.
Inginocchiatevi difronte alla vostra inettitudine politica, inginocchiatevi davanti al popolo italiano che avete umiliato!
I vostri tentativi di coprire le pesanti verità di cui siete responsabili, falliranno miseramente e la stragrande maggioranza del popolo italiano vi caccerà a pedate.
Statene certi.
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paoloxl · 6 years
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http://www.pane-rose.it/files/index.php?c3:o51979:e1
Alla prospettiva dei "sovranisti" di destra e di sinistra, 
che è catastrofica per i lavoratori di tutto il mondo, contrapponiamo 
il fronte unico proletario anti-capitalista, internazionale e internazionalista!
(25 Ottobre 2018)
Dalla sua nascita fino ad oggi, il governo Lega-Cinquestelle gode di un largo consenso popolare. Ha saputo accreditarsi come un governo che sa affrontare a muso duro i "poteri forti", anzitutto l'UE. Un governo che comincia finalmente a restituire ai lavoratori qualcosa di ciò che è stato loro rapinato in trenta e più anni di "austerità neo-liberista" targata centro-destra e centro-sinistra. La decisione di "tirare dritto" dopo che Bruxelles ha bocciato la finanziaria per il 2019 rafforza questa immagine. La rafforza anche tra le organizzazioni politiche e sindacali della sinistra non (ancora) parlamentare, per le quali il governo Salvini-Di Maio sarebbe addirittura un governo "progressista" da sostenere nel suo conflitto con i suddetti "poteri forti", o rispetto al quale restare neutrali. 
Si tratta di un colossale abbaglio, se ci riferiamo ai lavoratori comuni, di una canagliata, se ci si riferisce a ex-militanti di sinistra. Il "sovranismo", il nazionalismo "populista", in nome del quale il governo in carica conduce la sua politica sul modello-Trump, è una prospettiva catastrofica per i lavoratori. Perché si basa su una ricetta - "Prima gli italiani", "America First", "Prima i francesi", etc. - che spinge gli sfruttati gli uni contro gli altri in una concorrenza al ribasso da cui hanno tutto da perdere. Incluse la libertà di lottare per sé, la dignità e, a tempo debito, la vita. 
Del resto, se si hanno gli occhi per vedere, il primo importante provvedimento di questo governo, il decreto-Salvini, parla chiaro. Anzi, chiarissimo. Perché: 
1)costringe centinaia di migliaia di richiedenti asilo e di lavoratori immigrati a restare senza permesso di soggiorno, condannandoli al super-sfruttamento e alla povertà; 
2)colpisce le lotte per la casa e le lotte operaie, in particolare quelle dei facchini della logistica, introducendo pene durissime contro gli occupanti di case e gli autori di blocchi stradali, e con ciò cerca di intimidire ogni futuro movimento; 
3)regala alle organizzazioni mafiose la possibilità di riacquistare i beni loro sequestrati e mette nelle loro mani un altro po' di immigrati privi di tutto da usare e buttare all'occorrenza. 
Noi saremo in piazza il 27 ottobre a Roma anzitutto contro questo decreto e la politica razzista del governo Lega-Cinquestelle che con i mezzi più infami cerca di scagliare i proletari italiani contro i proletari immigrati, per favorire, con la loro divisione, il massimo sfruttamento degli uni e degli altri da parte delle imprese, legali e "illegali", di ogni tacca. "Prima gli italiani"? (sottinteso: i più bisognosi tra gli italiani). Macchè. Prima i capitalisti, i palazzinari, le false cooperative, i "poteri forti" (a proposito...) della logistica e della malavita organizzata! E poco importa se sono italiani o stranieri, dal momento che proprio sotto questo governo, il capitalismo made in the USA sta facendo man bassa di imprese - ultime il Milan, la Versace e la Magneti Marelli. E, si badi bene sempre a proposito di "poteri forti", l'UE non ha fatto alcuna obiezione al decreto-Salvini perché condivide in pieno la guerra senza tregua agli emigranti e agli immigrati di cui si vanta il governo fasciostellato, che è una guerra a tutti gli sfruttati - prima lo comprendiamo, meglio è. 
Ma il 27 ottobre saremo in piazza a Roma anche contro la "politica sociale" della banda Salvini-Di Maio. Perché, nonostante l'assordante battage propagandistico su altri temi, gli elementi centrali di tale politica sono: la sostanziale conferma delle infinite agevolazioni fiscali al grande capitale varate dai governi precedenti; il largo condono a padroncini, commercianti e professionisti evasori (del resto, la Lombardia, terra di insediamento storico della Lega, "è la terra degli evasori", lo ha certificato il procuratore di Milano, Greco); l'abbassamento dell'aliquota fiscale per le nuove imprese fino al 5% per 5 anni, mentre la tassazione minima dei salari operai resta al 23%, quindi aumenta il fiscal drag. E per il biennio 2020-2021 sono previsti l'aumento dell'Iva e altri capitoli della flat tax, di cui curiosamente nessuno parla. Questa politica fiscale ha un inequivocabile segno di classe pro-capitalista. 
Il reddito di cittadinanza e l'uscita pensionistica anticipata hanno forse un segno opposto? No. 
Il "reddito di cittadinanza", giustamente ridenominato da più parti reddito di sudditanza, è un amo avvelenato. Come in Germania le misure dell'Hartz IV su cui è modellato (al ribasso), darà qualcosa (si vedrà quanto, probabilmente un obolo), a tempo (si vedrà per quanto tempo), a un po' di persone in difficoltà (si vedrà a quante); ma lo fa con lo scopo di rendere i precari, specie i giovani, sempre più ricattabili costringendoli ad accettare qualsiasi tipo di lavoro e in qualsiasi luogo, perché se non l'accettano, perdono anche il sussidio. Con 780 euro come tetto massimo, si istituzionalizza la povertà, altro che abolizione della povertà! Servirà semmai a normalizzare il lavoro al nero e il lavoro gratuito obbligatorio, cioè proprio quei rapporti di lavoro che mantengono le persone nella povertà o a rischio di povertà. E in sovrappiù creerà un controllo statale soffocante sui più poveri, minacciati dal giustiziere Di Maio di beccarsi fino a 6 anni di carcere se faranno spese "immorali" (gli indigenti, si sa, sono sempre inclini all'immoralità, a differenza dei benestanti, morali per definizione). Evidentemente, non gli bastava avere reintrodotto i voucher tanto cari a Renzi&Co., altra efficacissima misura anti-povertà... 
La stessa "quota 100" per andare in pensione servirà più alle imprese che ai lavoratori: perché mentre la pensione dei lavoratori sarà tagliata, da un minimo dell'8% fino al 21%, le imprese potranno sostituire i pensionati, se li sostituiranno, con stagisti e precari che a loro costeranno molto di meno. Tria ha confessato che molti imprenditori gli hanno raccomandato questo provvedimento per ridurre i costi del personale e aumentarne la produttività. Per non parlare del fatto che, molto probabilmente, l'esodo maggiore sarà dal pubblico impiego (i medici anziani in prima fila), e poiché non sono previste nuove assunzioni (salvo che nella polizia), si produrrà un peggioramento dei servizi, specie nella sanità pubblica. 
C'è poi una questione fondamentale: una volta di più, a pagare le spese per le mancate entrate del condono agli evasori, per gli incentivi alle imprese, per il reddito di sudditanza e le pensioni anticipate sarà l'insieme dei lavoratori. Come? Con l'aumento del debito di stato - che è un debito di classe fatto dai capitalisti e dallo stato per proteggere gli interessi del capitale, ma pagato dagli operai e dai salariati. Solo nel 2017, lo stato ha pagato ai suoi creditori, che non sono di sicuro dei nullatenenti, 65 miliardi di euro di interessi! - una valanga di euro che ha riempito le casseforti delle banche e svuotato le tasche dei lavoratori. 
L'UE, il FMI, la Confindustria fanno delle critiche al governo perché pretenderebbero misure anti-operaie ancora più drastiche. L'UE in particolare fa pressione su Roma anche perché teme che il piano nascosto del governo italiano sia quello di far saltare in aria l'euro. Salvini&Di Maio resistono in parte a questa pressione - meno di quanto le loro roboanti dichiarazioni fanno credere - perché sanno che tra i lavoratori a cui hanno promesso mari e monti, c'è un enorme malcontento che potrebbe esplodere da un momento all'altro. Per questo preferiscono rinviare la stangata violenta a maggio-giugno 2019. La nuova manovra lacrime e sangue è pronta nei loro cassetti. Il più fesso della compagnia, Conte, l'ha ammesso in tv la sera del 22 ottobre: nel caso ci siano difficoltà di bilancio, ha assicurato, faremo una manovra correttiva che comporterà sacrifici. Ha detto proprio così: sacrifici. Facendo ricomparire il tema-chiave, la lugubre parola-chiave degli ultimi trent'anni. Più abile, Salvini, ha detto la stessa cosa in modo accorto: nel caso ci siano difficoltà, "non faremo alcuna patrimoniale", cioè non toccheremo i miliardari e i milionari. Ma se non saranno toccati i capitalisti e i superparassiti, chi pagherà il conto ai creditori-avvoltoi dello stato? Lo stesso Bannon, il consigliori yankee del governo, ha avvertito i suoi assistiti: dovete tener conto dei "mercati", a cominciare dai tre colossi finanziari statunitensi che hanno nelle loro mani la Borsa di Milano (e 3/4 del governo). Il ragionier Tria garantisce che se ne terrà conto: nel caso, promette, taglieremo le spese. Le spese sociali, si capisce (per intanto già sono stati tagliati 100 milioni alla scuola, il resto verrà). A nessuno di costoro può venire in mente la soluzione proletaria: disconoscere il debito di stato! 
Insomma: se il FMI, l'Unione europea, le Borse sono nemici giurati dei lavoratori, lo è altrettanto questo governo di razzisti, repressori, truffatori e bari che ha con loro qualche attrito, ma non certo nell'interesse dei lavoratori. Saremo in piazza a Roma il 27 ottobre contro FMI, UE e Borse, ma anche contro la demagogia e il "populismo" di questi travestiti da Robin Hood che operano per scagliare lavoratori italiani contro altri lavoratori italiani, lavoratori italiani contro lavoratori immigrati e contro lavoratori degli altri paesi europei, della Cina e degli altri continenti, in una spirale di competizione e di scontro che preannuncia, oltre le guerre commerciali, guerre vere e proprie di inimmaginabile distruttività. 
A proposito di "poteri forti", vi dice qualcosa la parola NATO? Ebbene, noi che ne ricordiamo la potenza e il suo storico ruolo criminale, saremo in piazza contro questo governo che chiude i suoi porti agli emigranti e li spalanca alla NATO, facendo propri i progetti statunitensi di guerra nel Mediterraneo. Contro questo governo che aumenta la spesa militare e intensifica l'aggressione ai popoli dell'Africa e del Medio Oriente. E fa del militarismo, della repressione delle lotte sociali, e dell'autoritarismo nelle scuole, nelle città, nei luoghi di lavoro, la sua bandiera. 
Saremo in piazza contro questo governo fascioleghista che un passo dopo l'altro ha aperto una guerra reazionaria contro le donne, il loro diritto al lavoro extra-domestico, il loro diritto all'autodeterminazione e all'aborto assistito; che avalla la violenza domestica, riproponendo una concezione della famiglia ripresa dalla tradizione fascista così cara al ministro "competente" in materia. Un governo che è spietato con le donne che emigrano dall'Africa, consegnandole nelle mani degli aguzzini dei campi di concentramento in Libia, Niger, etc. 
Saremo in piazza il 27 a Roma contro questo governo anti-ecologico che, fregandosene del tutto della messa in sicurezza dei tanti territori fragili di cui è costellata la penisola, rilancia le "grandi opere" utili solo alla grande corruzione di stato e ai profitti delle grandi imprese; che è il governo del sì-Tap, sì Ilva (senza nessuna seria protezione degli operai e dei cittadini di Taranto), e anche, probabilmente, del sì-Tav; il governo sotto il quale sta crescendo - nel silenzio generale - la massa degli infortuni e dei morti sui luoghi di lavoro. 
Mentre alcune componenti della sinistra "estrema" e del sindacalismo di base, chi più chi meno, ricercano con questo governo un dialogo da collaboratori subalterni, il SI Cobas ha osato chiamare alla lotta contro di esso senza se e senza ma. 
Le giornate del 26 e del 27 ottobre danno un nuovo significato, una nuova efficacia agli stessi scioperi generali autunnali del sindacalismo di base, che fino a qualche anno fa erano quasi sempre relegati a una sterile, autoreferenziale testimonianza dei cicli di lotta passati ed esauriti. Questo avviene anzitutto grazie alle lotte e alle mobilitazioni di nuove generazioni di operai, in larga parte immigrati. Il fatto che la quasi totalità del sindacalismo di base (CUB, SI Cobas, Adl Cobas, Slai, USI, Sgb) abbia indetto uno sciopero generale per il 26 ottobre, mentre Cgil-Cisl-Uil restano ferme a guardare le manovre del governo, è indicativo di una chiara scelta di campo: da un lato chi non intende piegarsi allo stato di cose esistente e che, come ieri chiamava alla mobilitazione contro i governi a guida PD, oggi fa altrettanto contro le politiche reazionarie di Lega e 5 stelle; dall'altro chi, come i vertici di Cgil-Cisl-Uil-Ugl, si piega in maniera servile davanti alle esigenze padronali (vedi il cosiddetto "patto della fabbrica" siglato nel marzo 2018), e concede anche al governo Lega-Cinquestelle una tregua a tempo indeterminato. Anche i vertici dell'Usb si guardano bene dal proclamare una sola ora di sciopero contro il governo, pur di lasciare aperta la porta alla possibilità (tanto inquietante quanto delirante) di proporsi come sponda politico-sindacale al governo Conte - gli esiti disastrosi di tale decisione sono stati già visibili nella vertenza-Ilva a Taranto, suggellata da un referendum in cui, senza una sola ora di sciopero, padroni e sindacati firmatari hanno estorto alla maggioranza degli operai un “SI” con la pistola puntata alla tempia. 
A fronte di questa chiara divisione dei campi le realtà politiche che si richiamano all'anticapitalismo e all'internazionalismo sono chiamate, tutte, a schierarsi in maniera altrettanto chiara. Laddove, come oggi, è in gioco l'agibilità delle lotte e lo stesso diritto di sciopero, richiamarsi a un'astratta unità "di tutti" facendo finta di non vedere la profonda divaricazione di contenuti, di percorsi, di pratiche e di prospettiva che oggi attraversa tanto il movimento sindacale quanto il campo degli attivisti politici, significa assumere una condotta opportunista che non aiuta lo sviluppo di un fronte di lotta più ampio. Il necessario ampliamento del fronte di lotta non può passare attraverso gli appelli a mini-burocrati sindacali e mini-capi politici che non ne vogliono assolutamente sapere di lottare contro il governo e contro il padronato, ma attraverso il coinvolgimento e l'attivizzazione di contingenti sempre più vasti di proletari e di giovani oggi disorientati e passivi. Benvenute dunque le giornate di lotta del 26 e del 27 ottobre che non saranno affatto, come scrive qualche mascalzone, delle entità invisibili. 
Anzi, è proprio grazie alla spinta che viene dalle mobilitazioni operaie di questi anni con in prima fila i proletari immigrati, e alla spinta che viene dai primi scioperi internazionali, dalle lotte operaie, contadine e popolari del Sud del mondo (dalle indomite masse palestinesi per prime), da imponenti manifestazioni antirazziste come quella del 13 ottobre a Berlino e da non meno imponenti cortei di donne in lotta, è giunto il momento di iniziare a lavorare con determinazione, in modo sistematico, per la rinascita di un'organizzazione internazionalista rivoluzionaria degli sfruttati che sia all'altezza dei tempi, e precorra e accompagni la nascita di un nuovo movimento proletario. 
Siamo oggi in un passaggio-chiave della situazione economica e politica internazionale. Con l'avvento di Trump e dei suoi alla Casa Bianca la competizione inter-capitalistica e inter-imperialista si è violentemente acutizzata. E si acutizzerà ancora di più se gli Usa attueranno per davvero la denuncia dei trattati militari con la Russia. È evidente, poi, che Washington, mentre lavora a indebolire e disgregare l'Unione europea, si prepara a urti sempre più frontali con la Cina. 
La grande crisi del 2008 è stata parzialmente "superata" solo con mezzi che hanno gettato le basi per una crisi di proporzioni ancora più devastanti che appare ormai all'orizzonte, e darà il colpo definitivo al vecchio ordine politico internazionale. In questo contesto, le politiche "populiste" e "sovraniste", cioè nazionaliste, di destra e di sinistra, che promettono l'uscita dalla crisi dei singoli paesi attraverso politiche "espansive" costituiscono una grande, tragica truffa che serve solo a tentare di compattare i lavoratori di ogni nazione dietro i propri sfruttatori nell'illusione di salvare la pelle. 
Viceversa è questo il modo più sicuro per perderla. La storia dice che il percorso su cui è avviato il capitalismo globale è un percorso obbligato, dettato dalle sue ferree leggi interne che a nessun governante è dato di rovesciare. E la posta in gioco nel caos attuale non è il destino dell'Italia o dell'euro (come i sovranista di destra e di sinistra vorrebbero far credere); è il destino delle masse sfruttate e oppresse di tutto il mondo. Che si trovano sempre più davanti a un'alternativa radicale che esclude terze vie: o lasciarsi triturare dalla violenta dinamica di decomposizione, dai crescenti conflitti del sistema capitalistico, fungendo da carne da macello dei rispettivi capitalismi nazionali; o regolare i conti definitivamente con questo sistema oramai marcio, e aprirsi la strada con la lotta rivoluzionaria, verso una nuova formazione sociale fondata sul possesso e l'uso collettivo dei mezzi di produzione comuni, senza padroni né sfruttati, senza concorrenza tra lavoratori, libera da ogni tipo di discriminazione fondata sulla nazionalità, sulla "razza", sul genere. 
La battaglia senza se e senza ma contro il governo Salvini&Di Maio e contro ogni forma di servile collaborazione con esso, o di altrettanto colpevole neutralità, sta tutta dentro questo quadro di scontro di classe globale. E a deciderne l'esito non saranno certo le elezioni: né quelle locali, né quelle europee. Sarà solo ed esclusivamente il massimo sviluppo della lotta di classe degli sfruttati, italiani e immigrati, giovani e meno giovani. 
I tempi e i modi dello scoppio su grande scala del conflitto di classe sono imprevedibili. Non lo sono, invece, i punti caratterizzanti di un programma politico adeguato alle contraddizioni esplosive dei nostri giorni e necessario per dar vita al fronte unico proletario anticapitalista e internazionalista: 
-la battaglia contro le politiche e le ideologie razziste promosse dal governo Lega-Cinquestelle e dall'UE, per l'unità nella lotta tra proletari autoctoni e immigrati sulla base di una piena ed effettiva parità di trattamento, per la regolarizzazione immediata di tutti gli immigrati costretti alla irregolarità, per il permesso di soggiorno unico europeo incondizionato a tutti gli immigrati residenti in territorio europeo e a chiunque sbarca sulle coste italiane ed europee in fuga dalle guerre e dalla miseria provocate dai poteri neo-coloniali; 
-la lotta per forti aumenti salariali egualitari, sganciati dalla produttività e dalla redditività delle imprese, che consentano di recuperare il potere d'acquisto perduto nell'ultimo ventennio, e per il salario pieno (il salario medio operaio) garantito a precari e disoccupati finanziato con un prelievo fiscale sulla classe capitalistica; 
-la lotta per la riduzione drastica, generalizzata, incondizionata dell'orario di lavoro (a parità di salario), e per il lavoro socialmente necessario, che è l'unica soluzione alla triplice dissipazione di energia vitale degli uomini e della natura, nel super-sfruttamento del lavoro, nella disoccupazione e precarietà di massa, nel saccheggio delle risorse naturali - e come mezzo di contrasto alla crescita delle morti sul lavoro; 
-la lotta per spezzare l'oppressione di genere, base fondante del sistema capitalistico, con la sua sistematica violenza, discriminazione, supersfruttamento e svalorizzazione della forza-lavoro e del corpo delle donne, e per opporsi alla demolizione del welfare e all'ideologia familista e reazionaria tipica del governo Lega-Cinquestelle (e non solo); 
-la lotta contro il sistema bancario per l'annullamento del debito di stato in quanto debito di classe, un vero e proprio cappio al collo degli operai, dei precari, dei disoccupati, come si è visto pure in questo frangente. Una lotta che va collegata e coordinata a livello internazionale alla denuncia dell'indebitamento privato e del debito estero che sta strangolando i lavoratori dei paesi del Sud del mondo, ed è tra le cause primarie delle migrazioni internazionali; 
-la lotta contro il montante militarismo, a cominciare dalla denuncia della riconfermata fedeltà dell'esecutivo Salvini&Di Maio alla NATO e ai suoi obiettivi di guerra nel Mediterraneo, in Africa, nel Medio Oriente e sul fronte russo, per il ritiro immediato di tutte le truppe di stato italiane e dei contingenti privati militari italiani dislocati all'estero, per la drastica riduzione delle spese belliche. 
24 ottobre 2018
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crossroad1960 · 2 years
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La caccia alle streghe e la Santa inquisizione.
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osappleobeneduci · 3 years
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PALERMO - Mafia: resta in carcere l’avvocata che organizzava summit tra i boss
PALERMO – Mafia: resta in carcere l’avvocata che organizzava summit tra i boss
I giudici del tribunale del riesame di Palermo hanno confermato l’ordinanza cautelare in carcere emessa nei confronti dell’avvocato Angela Porcello, fermata il 2 febbraio dal Ros nell’ambito dell’inchiesta antimafia «Xydi» che ha confermato la leadership di Matteo Messina Denaro in Sicilia e delineato il ruolo del legale di «consigliori» e cassiera del mandamento di Canicattì (Ag) di cui il suo…
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abr · 2 years
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A sentire le parole dure e sprezzanti di Draghi  contro la Russia e i suoi governanti ieri sera in conferenza stampa vien da pensare che a Draghi sia stata proposta una poltronissima in ambito occidentale.
https://twitter.com/ItalianPolitics/status/1521399864063635457
Secondo me proprio da queste sue parole no, per la poltrona Nato non ci siamo ancora (io faccio il tifo per questo: via, FOERA DAI BALL! Ma anche per lui: è il suo posto perfetto, dove si stringono mani, si lavora con collaboratori che rispondono ad altri e si decide un cazzo). 
Al che i suoi consigliori gli avran detto, dài che siamo nelle fasi decisive davvero, continua a spargere atlantismo senza se e ma ed è fatta (sono gli stessi che gli han fatto credere che la poltrona di capo dello stato era come data). 
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giancarlonicoli · 11 months
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26 mag 2023 20:07
LEONARDO, LA CUCCAGNA DI MINNITI E VIOLANTE (300MILA EURO L’ANNO) – PER FAR FELICI GENTILONI E PIDDINI CHE LO HANNO ISSATO A LEONARDO, PROFUMO SI E’ INVENTATO BEN DUE FONDAZIONI CHE GRAVANO PER 8 MILIONI SUL BILANCIO: UNA A VIOLANTE (CIVILTÀ DELLE MACCHINE) E UNA A MINNITI (MED-OR) - UNICO COLLEGAMENTO TRA I DUE (CHE NON SI AMANO: UNA FONDAZIONE VA SEGATA) È IL REIETTO DELL’EGEMONIA CULTURALE DE SINISTRA, PIETRANGELO BUTTAFUOCO: LO TROVIAMO BEN PAGATO NEL CDA DI MED-OR E ALLA DIREZIONE DELLA RIVISTA DI VIOLANTE... -
Giulia Merlo per “Domani”
Anche al tempo del governo Meloni, i grandi vecchi della politica rimangono sempreverdi. Uno di loro è Luciano Violante, che negli anni ha lentamente cambiato pelle, dismettendo i panni apertamente politici di ex dirigente prima del Pci e infine del Pd, per vestire quelli di tecnico. Sempre con una sfumatura di parte, ma fortificando le entrature a destra. 
Utili soprattutto ora che il colore dell’esecutivo si è fatto più scuro ed è alla ricerca di referenti e interlocutori non ostili. Non a caso, negli ultimi tempi Violante si è esercitato in articoli e interviste in cui ha allontanato timori sul fascismo, difeso la nomina di Chiara Colosimo al vertice della commissione Antimafia e criticato i contestatori della ministra Eugenia Roccella, al salone del Libro di Torino. 
Del resto, forte anche dell’aura istituzionale di ex presidente della Camera, la voce più ripetuta è la sua ambizione al Quirinale. Oggi fresco ottantaduenne, il bis del suo coetaneo Sergio Mattarella ne avrebbe tenuta accesa la speranza. Proprio questa sua vocazione alla trasversalità lo sta favorendo con il nuovo vento di destra. 
Negli ultimi tempi il suo è stato il nome più richiamato nelle locandine dei convegni d’area, a partire da quelli della fondazione Tatarella dove Violante è intervenuto per ricordare l’ex avversario politico ed è stato accolto più che calorosamente. 
Tanto da essere diventato ormai il jolly per coprire la quota “sinistra” in tavole rotonde istituzionali. Tuttavia, il ruolo di pontiere gli è sempre stato congegnale: a consolidarlo definitivamente come volto avversario ma non nemico della destra fu però un suo discorso del 1996 da neo presidente di Montecitorio, diventato celebre come l’apertura ai «ragazzi di Salò», in cui disse che serviva uno sforzo per capire le ragioni per cui tanti giovani si arruolarono per la repubblica sociale italiana. 
Non tutto il mondo intorno a Meloni, però, ama Violante e una parte di chi viene dalla destra sociale non apprezza ritrovare un ex comunista ma anche ex magistrato così vicino alla stanza dei bottoni. «Non tutti noi si sono dimenticati che Violante diventò Violante anche con le indagini che fece da magistrato su quelle che all’epoca venivano chiamate “trame nere”», dice una fonte dell’ex Movimento sociale di Roma. Violante, infatti, indagò sulla sigla terroristica neofascista Ordine nero e sui campi paramilitari in val di Susa.
Un passato considerato remoto per i suoi estimatori tra cui l’ex collega di toga e amico Alfredo Mantovano, oggi potente sottosegretario alla presidenza del Consiglio – un’onta incancellabile invece per i più legati alle tradizioni post-fasciste. Il suo rapporto con il governo, però, è un fatto: corroborato anche formalmente con l’investitura – rivelata da l’Espresso – come presidente del Comitato per gli anniversari nazionali, la valorizzazione dei luoghi della memoria e gli eventi sportivi di interesse nazionale e internazionale. 
Un compito tanto altisonante quanto nebuloso, che però ne certifica il legame con la galassia che ruota intorno a palazzo Chigi. L’attività verrà svolta a titolo gratuito, ma un’entrata fissa per Violante è tornata comunque ad esserci.
La fondazione 
Dal 2019, infatti, Violante è presidente della fondazione Leonardo-Civiltà delle macchine, un piccolo paradiso dal bilancio di 3 milioni di euro che ha l’obiettivo di essere «un ponte tra la cultura umanistica e industriale» ed è finanziata dalla super partecipata di stato Leonardo, che si occupa di difesa, aerospazio e sicurezza.
La fondazione è stata voluta dall’amministratore delegato Alessandro Profumo, che ha appena concluso il suo mandato. A lui si deve la chiamata di Violante, il quale per i primi tre anni ha rivestito la carica di presidente a titolo gratuito. Allo scattare del primo triennio e quindi dal 2023, però, è stato lo stesso Profumo a proporgli un compenso – accettato - da circa 300 mila euro per un impegno a tempo pieno. 
Cifra decisamente alta, in linea con quella di un manager d’azienda con responsabilità apicali. Cifra, del resto, in linea con quella che percepisce sempre da un incubatore di Leonardo anche un altro esponente del vecchio Pci, amico di Violante ed ex ministro dell’Interno, Marco Minniti.
Nel 2021, infatti, Profumo ha creato un’altra fondazione che fa capo al colosso delle armi controllata dal ministero dell’Economia: Med-Or, che si occupa di intelligence e geopolitica dei paesi che affacciano sul Mediterraneo e del Medio Oriente. A presiederla ha chiamato proprio Minniti in qualità di esperto di sicurezza nazionale e lui, per diventarne presidente a circa 300 mila euro l’anno, a febbraio 2021 l’ex ministro ha lasciato il Pd e il parlamento.
La fondazione Civiltà delle Macchine, con i suoi 3 milioni di bilancio, è un perfetto ingranaggio inserito nella patinata vetrina di Leonardo. La fondazione si occupa di progetti di sviluppo e in questa fase sta investendo moltissimo sulla transizione digitale e sull’intelligenza artificiale, che sono anche il tassello fondamentale per il Pnrr. 
A voler riassumere gli obiettivi in uno slogan spesso usato da Violante, la fondazione si occupa di promuovere «l’umanesimo digitale». In pratica, si traduce in una fitta attività di convegnistica e di valorizzazione dell’immagine della società madre, Leonardo Spa.
Fiore all’occhiello, però, è la rivista “Civiltà delle macchine”. 
Fondata nel 1953 da Leonardo Sinisgalli dentro Finmeccanica e chiusa nel 1979, nel 2019 è tornata su carta in forma di trimestrale. Dal 2020 al 2021, direttore è stato Antonio Funiciello, che ha poi lasciato per diventare capo di gabinetto di Mario Draghi e lo ha sostituito l’ex giornalista Mediaset Marco Ferrante. 
La rivista può permettersi addirittura due direttori: a capo della parte online, infatti, c’è l’opinionista di riferimento del mondo conservatore Pietrangelo Buttafuoco, il cui nome è girato vorticosamente come volto amico del governo da portare in Rai. La fondazione, infatti, ha fatto da incubatore per una quota di personale tecnico che ha ruotato intorno agli ultimi governi. 
Sotto l’ala di Violante è transitato anche il vicepresidente del Csm Fabio Pinelli, di area leghista ma sostenuto da tutti e tre i partiti. Al momento dell’elezione il suo tratto biografico più noto, dopo quello di avvocato del governatore del Veneto Luca Zaia, era il ruolo di membro del comitato scientifico della fondazione Leonardo. 
Tutto questo, per un bilancio complessivo che risulta a Domani essere di circa 3 milioni di euro: tanti o pochi - soprattutto se ben spesi - a seconda delle prospettive. Certo è che le informazioni sono ben custodite. Dal fascicolo fornito a maggio 2022 all’assemblea degli azionisti di Leonardo, infatti, risulta che il fondo in dotazione assegnato alla fondazione è stato di 120mila euro (il minimo necessario per il riconoscimento della personalità giuridica) e che le principali voci di bilancio sono «costo del personale e costi per servizi». 
Il bilancio completo, però, non viene pubblicato sul sito ma, secondo gli obblighi normativi, solo depositato in prefettura. Se il compenso dei presidenti si equivale, il budget dei due think-tank paralleli è differente. Risulta a Domani che Med-or abbia un bilancio da circa 5 milioni di euro, con l’obiettivo di favorire le relazioni internazionali italiane e «il dialogo costruttivo tra sistemi economici». Circa 8 milioni, sommando le due fondazioni, per rafforzare – dentro e fuori l’Italia – il soft power di Leonardo.
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ilsimplicissimusblog · 9 months
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La cosa più ridicola che si può osservare è l’attenzione per non dire il vero proprio culto verso i vecchi “consigliori” dell’amministrazione americana siano essi morti come  Brzezinski o centenari come Kissinger o ottuagenari come Luttwak i quali girano attorno alla questione Russia – Cina sparando ovvietà o propositi talmente ovvi da parere infantili, tra il plaudente stupore di vari…
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marikabi · 5 years
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Competenza, competenza!
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Alexis de Tocqueville scriveva che la democrazia è il potere di un popolo informato.
Bene. Sono d’accordo.
L’unico difetto di questo aforisma è che de Tocqueville non poteva prevedere l’attuale ridondanza abnorme d’informazioni che non riusciamo ad assorbire, confrontare, selezionare, verificare, ovvero mettere in dubbio.
Ci costruiamo governi, sulle fake news e sull’avversione tutta populista di cercare conferme, sia quando le fonti politiche minimizzino i problemi (tipo le stime di crescita economica), sia quando li amplifichino (tipo l’immigrazione). Ci sarebbe la grande bufala della sconfitta della povertà, ma è così enorme che si rimane senza parole. Si scrolla solo la testa, davanti a tanto pressapochismo.
L’attuale è esattamente il governo (anzi, la dittatura) del pressapochismo e dellla superficialità, quando non dell’ignoranza crassa, di cui vi risparmio esempi, perché ne è pieno il web e già le trasmissioni di satira ne traggono copioso materiale.
Come pure ci stiamo addentrando nella palude nera dell’ignoranza, che sta inghiottendo anche i finora insospettabili. Giordano Bruno Guerri annienta la superficialità storiografica di Aldo Cazzullo; Ernesto Galli della Loggia fa le pulci alle ricostruzioni storiche di Antonio Scurati; Paolo Mieli ridimensiona Michela Murgia sui sintomi del fascismo attuale.
L’ignoranza sta annettendo menti e comunità. Metteteci che l’ignoranza è inseparabile compagna della presupponenza, ed ecco scoperte le radici dello sfascio culturale e politico del nostro Paese.
Come hanno pure sottolineato i carissimi amici Marco Staglianò e Franco Genzale nel loro video-editoriale di domenica 11 novembre (riferendosi alla nostra provincia), esistono più livelli e e più formule dell’ignoranza. Mi azzardo ad elencarvene qualche declinazione: mancato studio della grammatica e della sintassi; dis-conoscenza della Storia; assenza di qualsivoglia nozione giuridica; superficialità rispetto alle regole ed ai regolamenti; per tacere, infine, dell’assoluta inconsapevolezza dei rapporti sociali e delle funzioni civiche e civili, tra cui la stampa, con annesso il diritto di critica, di pensiero e di espressione.
(A proposito di libertà di pensiero, ho letto alcune agghiaccianti notizie: forze dell’ordine che chiedono la lista degli spettatori al film Sulla mia pelle; ancora forze dell’ordine che identificano i passeggeri dei pullman in arrivo a Roma per protestare a favore delle libertà civili che alcune nuove norme intendono eliminare; forze dell’ordine che intimoriscono una casalinga che aveva fischiato contro Salvini. Spero che qualcuno ricordi a chi ci governa e ci controlla di rileggere la Costituzione. Anyway.)
Il sindaco Raggi (sindaca è cacofonico, nun se po’ senti’) è stata assolta. Buon per lei. Tuttavia, non è assolta per l’incompetenza che ha finora dimostrato nell’amministrazione della Capitale (lo ha scritto L’Espresso, sintetizzando il pensiero che in ogni caso rimane fisso nelle menti degli Italiani ed ancor più dei capitolini).
Posso anche sorvolare sulla circostanza che, per quanto non reato, il suo comportamento (pubblico, amministrativo, politico) sia stato comunque sprovveduto. Però, la capisco: così indifesa, spaventata, inconsapevole della fossa dei leoni in cui è stata calata, immolata appunto sull’altare della verginità amministrativa, non si è accorta di bisce e serpenti, scambiandoli per disinteressati samaritani della cosa pubblica del Senatus PopolusQue Romanus.
Bella gente davvero, i suoi sodali partitici. Prima della sentenza l’avevano già malamente scaricata, salvo riconquistare in massa un posto ben visibile sul carretto della vincitrice (semplicemente assolta), urlando assatanati contro la stampa meretrice. (Più lungimirante, volpino e sottile Salvini, avendo dichiarato che Raggi ora potrà essere giudicata solo per i risultati del suo mandato.)
[continua dopo la vignetta di Natangelo]
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Mmh. Fino a che i giornalisti (noi di Orticalab compresi) scriviamo contro il Piddì, il centro-destra, i leghisti, l’inconsistente (tuttavia tenace) sinistra radicale e pure contro i neo-fasci va tutto bene. Tocchiamo i vendicativi pentastellari e apriti cielo! Beh, ragazzi miei, anche questa è ignoranza. Anzi ‘gnorantezza - come dicono i miei amici Staglianò e Genzale - che sarebbe l’ignoranza mista a stupidità.
La stampa deve fare la stampa, anche quando è o sembra di parte, perché anche nella partigianeria è comunque un punto di prospettiva che aiuta i lettori a mettere in dubbio tutto, finanche le proprie (presupponenti, fallaci, granitiche, imperturbabili) convinzioni.
Lunghissima premessa per arrivare all’invocazione: ci vuole competenza, perché l’ignoranza fa il gioco dei furbi, non dell’incolpevolezza degli amministratori ingenui ed inesperti, quando non anche arroganti o idiotamente orgogliosi della loro ignavia o della loro inesperienza.
C’è un detto francese che recita á un renard, un renard et demi, ovverosia ‘ad una volpe, una volpe e mezzo’. Non si può governare sulla scorta della verginità amministrativa. Per governare un branco di volpi o di lupi, ci vuole una volpe più furba, ovvero un lupo più alfa, non un criceto, né una marmotta, tantomeno una donnola. Figuriamoci un somaro. O un pollo.
Quando gli inesperti arrivano ad amministrare, diventano immediatamente vittime di chi la sa più lunga, spesso dei tecnici/burocrati, fattuali padroni delle leve del comando, grazie alla loro profonda conoscenza delle macchine amministrative. Oppure, diventano vittime di qualche consigliori scaltro e spietato, non sempre più intelligente o competente di loro. Succede a sindaci, ma anche a ministri.
Platone - lo ricorderete senz’altro - divenne inviso a Dioniso (sospettoso tiranno di Siracusa) perché insegnava agli amministratori locali come si dovesse democraticamente condurre una polis felice. Platone venne condannato a morte per aver diffuso cultura&democrazia a Siracusa. (Si salvò fuggendo, per la cronaca.)
Diversi anni fa, partecipai al VII Convegno Internazionale di Studi Elettorali con una ricerca sulla tipologia di candidati alle elezioni amministrative della Campania. Dati alla mano, dimostrai che moltissimi candidati di allora provenivano (oltre che dai soliti bacini clientelari di medici) dalle fila della pubblica amministrazione (segretari comunali, dirigenti e quadri degli enti locali, anche del settore tecnico) nonché dall’ordine forense, individuati come conoscitori di leggi, norme, regolamenti e prassi. Gente considerata esperta e competente, insomma, che almeno qualche garanzia sulla regolarità (quanto meno formale) degli adempimenti e dei procedimenti pure la assicuravano. E gli elettori li premiavano. Prima della riforma sul limite dei mandati, c’erano sindaci riconfermati per decenni. Non so se ciò fosse un bene o no, sta di fatto che l’inesperienza allo sbaraglio era considerata un valore negativo, un tratto di inaffidabilità, ecco.
I partiti, poi, arruolavano e attiravano cittadini con qualche specifica competenza da mettere al servizio delle comunità. Il PCI aveva le scuole di partito e lì non s’insegnava solo la dottrina, bensì ad amministrare organizzazioni e a riconoscere le trappole politiche. Mao scriveva che non bastava essere comunisti, ma occorreva essere esperti. Gramsci chiedeva di studiare perché il Paese/la Politica avrebbe avuto bisogno di tutta l’intelligenza dei militanti. (Sì sì, poi è venuto Renzi, una volpe con poca competenza, il peggio, insomma, ma non è il solo.)
Nei giorni scorsi abbiamo constatato - grazie all’intervento dell’esperto Consigliere Dino Preziosi - che la delibera al bilancio consuntivo della nostra amata-odiata Città era incompleta (mancava l’allegato). Abbiamo assistito ad un fuoco incrociato di accuse. Tuttavia, a conoscere meglio la macchina amministrativa da parte dell’esecutivo cittadino, si sarebbero evitate figuracce, ovvero si sarebbe evitato di offrire il fianco alle volpi (di ogni partigianeria, anche la propria), salvo invocare l’ingenuità, la verginità amministrativa o l’incondizionata (ed immeritata) fiducia nei quadri dirigenti. Ad una volpe, dunque, una volpe e mezzo.
Sono già tante le colpe ereditate da governi ed amministrazioni precedenti, non sommiamone presuntuosamente altre.
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