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#La mia specie di giardino
apropositodime · 12 days
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La mia Camelia 🌺
Giovedì.
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iosognatore · 1 year
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Se mi vedete nel vostro giardino, aggiungete del cibo (carne cruda non salata, carne macinata; mi piace anche il cibo per gatti ma non il pesce) e l'acqua. Non darmi il latte, causa problemi di stomaco e potrei morire di disidratazione. Ma io sono ingenuo e se vedo il latte bevo.
Non darmi il latte.
Non usare insetticidi o trappole. Sono innocuo e aiuto nel tuo orto perché mi nutro di insetti che attaccano verdure.
La mia specie sta scomparendo, aiutatemi a rimanere vivo.
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elperegrinodedios · 10 months
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📷 Cammino portoghese 2023.
Tu mi hai rapito il cuore, o mia sorella sposa mia! Tu mi hai rapito il cuore con un solo sguardo dei tuoi occhi, con uno solo dei monili del tuo collo. Quanto è piacevole il tuo amore quanto migliore del vino è il tuo amore e la fragranza dei tuoi olii profumati e più soave di tutti gli aromi. Le tue labbra stillano come un favo di miele, miele e latte sono sotto la tua lingua e la fragranza delle tue vesti è come la fragranza del Libano. Tu sei un giardino chiuso, una sorgente chiusa e fonte sigillata. I tuoi germogli sono come un giardino di melograni con frutti squisiti piante di alcanna con nardo e croco, cannella e cinnamomo, con ogni specie di alberi d'incenso, mirra e aloe con tutti i migliori aromi. Tu sei una fonte di giardini, un pozzo di acque vive coi rivi che scaturiscono dal Libano. Tu sei tutta bella amica mia!
Ca. 4:9-15 📖
lan ✍️
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L’albero a cui tendevi la pargoletta “ah ‘nfame!”
A volte le attese non sono ripagate. La vita probabilmente è bella proprio per questo, non sai mai cosa ti riserva ed il solo pensiero che un giorno di monotono grigiore possa essere spezzato da un lampo di luce ti pone sempre nella prospettiva che tutto sia un dono. Tranne che per il melograno che ho in giardino. In realtà è un ritaglio di terra, piena zeppa di piante di vario genere che incornicia un approssimativo rettangolo di cemento dove parcheggiamo le auto. È un cemento vissuto, pieno di crepe a loro modo poetiche, tutte indistintamente testimoni della nostra vita familiare. Quante auto hanno lasciato l’impronta dei propri pneumatici su quel cemento! Papà vende automobili, contare il numero di veicoli che hanno, anche per un solo giorno, bivaccato in quel cortiletto è per me impresa impossibile. Molte persone passano decenni con una sola macchina, noi no, non ci siamo potuti mai affezionare ad un Pandino rosso con gli interni in finta pelle o una Citroen col paraurti un po’ ammaccato come tutte le persone normali. Nossignore, un porto di mare quel cortiletto col cemento un po’ crepato. Però tutte le piante messe lì ad addolcirne la seriosa austerità hanno sempre reso il tutto un gradevole posto dove tirare due calci ad un pallone quando la mia vita era un po’ più spensierata e sicuramente meno invasa dall’elettronica di consumo. E tra quelle piante spicca un albero maestoso, di cui non mi sono mai chiesto la specie, ma che è la quintessenza della bellezza, almeno ai miei occhi. Ci passavo davanti oggi, alle sette del mattino e mi sono fermato un attimo ad osservare la deliziosa cupola verde formata dall’intreccio di rami e foglie che pian piano diradano in due tronchi, cosa assai strana invero, che si attorcigliano parzialmente uno sull’altro, sembrando ai miei occhi ormai concupiti da concetti scientifici, quasi un richiamo alla scala a chiocciola del DNA. Poi lo sguardo si è posato su un piccolo arbusto, poco distante dal mio amato albero senza nome. Un alberello smilzo, venuto su quasi a stento in quasi trent’anni, quando la zia lo pianto con ben altri intenti. Ci ha messo una vita a superare il metro e mezzo, venendo meno a tutte le promesse e le aspettative che ci eravamo fatti. Per una vita ho sognato di gustarne i frutti maturi e lui sempre lì, ogni anno impercettibilmente più alto e sempre più smunto ed anemico. Ho sempre pensato che non avrebbe mai dato frutti e già pensavo al Carducci che con lui avrebbe avuto ben poca ispirazione per la sua famosa poesia. Ed invece dopo ben 30 anni suonati il primo frutto, l’anno dopo ben due e quest’anno abbiamo voluto esagerare con ben 8 bei melograni. Li raccolgo tutto contento e li assaggio. Avrei preferito un bicchiere di cicuta, tanto erano amari quei frutti, tutto sommato gradevoli da vedere ma aspri come l’ultimo bacio che mi diede una mia ex prima di dirmi che era finita per sempre. A volte le attese non sono ripagate. Dopo tutto chi nasce melograno, non può morire tiramisù ma per me, mio caro albero, rimani un grande infame. 
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winckler · 8 months
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Gli alberi sembrano identici che vedo dalla finestra. Ma non è vero. Uno grandissimo si spezzò e ora non ricordiamo più che grande parete verde era. Altri hanno un male. La terra non respira abbastanza. Le siepi fanno appena in tempo a metter fuori foglie nuove che agosto le strozza di polvere e ottobre di fumo. La storia del giardino e della città non interessa. Non abbiamo tempo per disegnare le foglie e gli insetti o sedere alla luce candida lunghe ore a lavorare. Gli alberi sembrano identici, la specie pare fedele. E sono invece portati via molto lontano. Nemmeno un grido, nemmeno un sibilo ne arriva. Non è il caso di disperarsene, figlia mia, ma di saperlo mentre insieme guardiamo gli alberi e tu impari chi è tuo padre.
— Franco Fortini, Gli alberi
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lunamagicablu · 2 years
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C'era una volta un giardino ricco di fiori di ogni specie, in cui cresceva, proprio nel centro, una pianta senza nome. La pianta era robusta, ma sgraziata, con dei fiori stopposi che non emanavano alcun profumo particolare. Le altre piante nobili del giardino la consideravano come un'erbaccia, e non le rivolgevano la parola. La pianta senza nome però aveva un cuore pieno di bontà, di sogni e di ideali.
Quando i primi raggi del sole, al mattino, arrivavano a fare il solletico alla terra, e a giocherellare con le gocce di rugiada per farle sembrare iridescenti diamanti sulle camelie, rubini e zaffiri sulle rose, le altre piante si stiracchiavano pigre. La pianta senza nome, invece, non si perdeva un solo raggio di sole. Se li beveva tutti, uno dopo l'altro, godendoseli appieno.
La pianta senza nome trasformava tutta la luce del sole in forza vitale, in zuccheri, in linfa. Tanto che con il passare del tempo il suo fusto, che prima era rachitico e debole, era diventato uno stupendo fusto robusto, diritto, alto più di due metri.
Le piante del giardino cominciarono a darle attenzione e a nutrire anche un po' d'invidia per il suo bell'aspetto.
- "Quello spilungone, è un po' matto!", bisbigliavano dalie e margherite.
La pianta senza nome, non ci badava. Aveva un progetto. Se il sole si muoveva nel cielo, lei l'avrebbe seguito, per non abbandonarlo un istante. Non poteva certo sradicarsi dalla terra ma poteva costringere il suo fusto a girare all'unisono con il sole. Così, non si sarebbero lasciati mai.
Le prime ad accorgersi di questa iniziativa della pianta senza nome furono le ortensie che, come tutti sanno, sono pettegole e comari!
- "Si è innamorato del sole!", cominciarono a propagare ai quattro venti.
- "Lo spilungone, è innamorato del sole!", dicevano, ridacchiando, i tulipani.
- "Oh, com'è romantico!", sussurravano, pudicamente, le viole mammole.
La meraviglia toccò il culmine quando in cima al fusto della pianta senza nome, sbocciò un magnifico fiore che assomigliava in modo straordinario proprio al sole!
Era grande, tondo, con una raggiera di petali gialli, di un bel giallo dorato, caldo.
E quel faccione, secondo la sua abitudine, continuava a seguire il sole giorno dopo giorno nella sua camminata attraverso il cielo.
Fu così che i garofani gli diedero un nome: Girasole.
Glielo misero per prenderlo in giro, ma nel giro di poco tutti lo accolsero come un nome bello. Piacque a tutti, compreso il diretto interessato.
Da quel momento, quando qualcuno gli chiedeva il nome, rispondeva, orgoglioso:
- "Mi chiamo "Girasole"!"
Rose, ortensie e dalie non cessavano, però, di bisbigliare su quella che, secondo loro, era una stranezza che nascondeva troppo orgoglio o peggio qualche sentimento molto disordinato. Furono le bocche di leone, i fiori più coraggiosi del giardino, a rivolgere direttamente la parola al Girasole.
- "Perché, guardi sempre in aria? Perché, non ci degni di uno sguardo? Eppure, siamo piante, come te!", gridarono le bocche di leone, per farsi sentire.
- "Amici!" - rispose il Girasole - "Sono felice di vivere con voi, ma io amo il sole. Esso è la mia vita, e non posso staccare gli occhi da lui! Lo seguo, nel suo cammino... Lo amo tanto, che sento già di assomigliargli un po'! Che ci volete fare? Il sole è la mia vita."
Come tutti i buoni il Girasole parlava forte e l'udirono tutti i fiori del giardino. E in fondo al loro piccolo, profumato cuore, sentirono una grande ammirazione per l'innamorato del sole.
Il Girasole è considerato oggi come simbolo di perseveranza. Essa non è una virtù "cieca". La perseveranza è l'atteggiamento di chi si propone un obiettivo ben chiaro, un ideale. Poi, costi quello che costi, lavora sodo per raggiungerlo. Gli ideali possono trasformare positivamente le persone che li perseguono. da aforismi.meglio.it art by Emma3844 *************************** Once upon a time there was a garden full of flowers of all kinds, in which an unnamed plant grew right in the center. The plant was sturdy, but ungainly, with stringy flowers that didn't give off any particular scent. The other noble plants in the garden regarded her as a weed, and did not speak to her. The nameless plant, however, had a heart full of goodness, dreams and ideals.
When the first rays of the sun in the morning came to tickle the earth, and to fiddle with the dewdrops to make them look like iridescent diamonds on camellias, rubies and sapphires on roses, the other plants stretched lazily. The nameless plant, on the other hand, did not miss a single ray of sunshine. He drank them all, one after the other, enjoying them fully.
The nameless plant transformed all the sunlight into life force, into sugars, into sap. So much so that with the passage of time its shaft, which was previously stunted and weak, had become a wonderful sturdy, straight shaft, more than two meters high.
The plants in the garden began to give her attention and to feed even a little envy for her good looks.
- "The tall one, he's a bit crazy!" Whispered dahlias and daisies.
The nameless plant, he paid no attention to it. He had a plan. If the sun moved in the sky, she would follow him, not to abandon him for an instant. She certainly could not uproot herself from the earth but she could force her shaft to spin in unison with the sun. Thus, they would never break up.
The first to notice this initiative of the nameless plant were the hydrangeas which, as everyone knows, are gossips and wives!
- "He fell in love with the sun!", They began to spread to the four winds.
- "The tall man, he is in love with the sun!", Said the tulips, giggling.
- "Oh, how romantic!", The violets whispered modestly.
The wonder reached a climax when a magnificent flower blossomed atop the stem of the nameless plant that resembled the sun in an extraordinary way!
It was large, round, with a halo of yellow petals, a beautiful warm golden yellow.
And that big face, according to his habit, continued to follow the sun day after day as it walked across the sky.
So it was that the carnations gave it a name: Sunflower.
They gave it to him to tease him, but soon everyone welcomed it as a beautiful name. Everyone liked it, including the person concerned.
From that moment, when someone asked his name, he replied proudly:
- "My name is" Sunflower "!"
Roses, hydrangeas and dahlias did not stop whispering, however, about what, according to them, was an oddity that hid too much pride or, worse, some very disordered feeling. It was the snapdragons, the bravest flowers in the garden, that spoke directly to the Sunflower.
- "Why, do you always look in the air? Why, don't you worthy of a look? And yet, we are plants, like you!", Cried the snapdragons, to be heard.
- "Friends!" - answered the Sunflower - "I am happy to live with you, but I love the sun. It is my life, and I cannot take my eyes off it! I follow it on its path ... I love it so much, that I already feel to look a little like him! What can you do with it? The sun is my life. "
Like all good men, the Sunflower spoke loudly and all the flowers in the garden heard it. And deep in their little, fragrant hearts, they felt a great admiration for the lover of the sun.
The Sunflower is considered today as a symbol of perseverance. It is not a "blind" virtue. Perseverance is the attitude of someone who sets himself a clear goal, an ideal. Then, whatever it costs, work hard to achieve it. Ideals can positively transform the people who pursue them. from aforismi.meglio.it art by Emma3844 
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pataguja61 · 2 years
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Piccola storia di Leo
Leo è nato in campagna da una cucciolata di genuini gatti forastici. Sicuramente era abituato a stare tutto il giorno arrampicato sugli alberi, a rincorrere uccellini innocenti e a fare agguati a ignari animaletti di ogni genere. Quando mise le zampe in casa mia era senza baffi, ho sempre ipotizzato che se li fosse bruciati ispezionando un camino ancora acceso, ma non ne sono certa. Leo era ed è un gatto che se lo chiami con la voce più melliflua che ci sia, volta le spalle e ti manda a stendere. Se lo prendi per fargli le coccole ringhia come un cane e poi se gli gira...ti morde pure. L' ho minacciato centinaia di volte di portarlo al gattile, ma poi non ne ho avuto il coraggio. Quando era piccolo, fino all' età di due anni, dopo una giornata di scorribande nel minuscolo giardino di casa mia e innumerevoli tentativi di fuga andati a volte a segno, a volte no, Leo veniva a dormire nel mio letto e ci addormentavamo abbracciati. Lui, palla di pelo, diventava una specie di peluches uscito dalla pubblicità di Perlana, di una morbidezza infinita. Finché era addormentato riusciva perfino a farmi le fusa e spesso mi mordicchiava dolcemente il mento, un gatto notturno completamente diverso da quello diurno. Questo è il ricordo più dolce che ho di Leo cucciolo e che mi fa sopportare i suoi comportamenti antipatici e mi fa pensare che forse...ma forse eh...un po' di bene me ne vuole anche lui...forse.
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lesensibleart · 1 year
Note
cosa significa il nome del blog?
Il significato letterale è “l’arte sensibile”, tuttavia, è stato creato dal connubio di due parole francesi a cui, ho associato un pensiero, un’emozione e un modo di vivere. Mi hanno sempre giudicato per la mia sensibilità, per la mia capacità di alzare i veli dell’illusione, di riuscire a scovare nelle profondità degli abissi, mi hanno sempre allontanato per la mia sensibilità, poiché, era strana, a tratti spaventosa. Per molti anni, ho sofferto in silenzio per la mia sensibilità, perché mi rendeva diversa. Avevo qualcosa che gli altri non capivano e allontanavano, possedevo qualcosa che non avevo mai richiesto e per cui soffrivo. L’unica cosa a cui ambivo era l’amore, poter essere amata da qualcuno, per molto tempo la sensibilità non mi ha permesso di essere amata, almeno, così credevo. Ho donato tutte le colpe a me e alla mia capacità di essere sensibile, quando in realtà, io non avevo nessuna colpa di essere com’ero. Con il tempo ho cercato di amare, una cosa che ritenevo odiosa: essere me. Inutile dire, quando ho imparato ad accogliere la mia sensibilità, alcuni semi hanno iniziato a fiorire, trasformando un giardino privo di fiori, colmo di specie diverse di piante. Trasformando la mia maledizione in benedizione, trasformando la mia sensibilità in un modo di vivere e di percepire il mondo, un mondo colmo di fiori, significati e valori. Della sensibilità ho colto innumerevoli doni, riuscendo a trasformarla in un’arte. L’arte di essere sensibile. Un nome che mi rappresenta per tanti altri motivi e circostanze, motivi che narrerò se ne avrò l'occasione.
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heresiae · 2 years
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Metodi discutibili di "perdono" genitoriale
DISCLAIMER: Post creato per cercare di accelerare lo scioglimento del nodo d'ansia e disagio che ho allo stomaco da una settimana. Qui dentro ci sono solo paranoie. Saltate pure. Però per una volta ho cercato di mettere la punteggiatura corretta.
Il mio cervello ha avuto una specie di illuminazione sulla via di Damasco su come, probabilmente, ho cominciato a perdonare mio padre negli anni seguenti alla "rivelazione" (a differenza di Madre, la lucidità di vederlo nell'interezza dei suoi difetti e colpe è arrivata fin troppo presto, mentre con Madre è arrivata veramente troppo, troppo tardi e quindi la sto ancora digerendo): ovvero, avevo trovato il modo di renderlo "utile".
No, non intendo economicamente, non esclusivamente almeno. Cioè, per Padre lo è stato, ma era anche un po' lui che si era reso disponibile solo da quel punto di vista per diversi anni e io ho dovuto tipo un attimo adattarmi (yep, I have daddy issues; mi ha causato non pochi problemi in passato).
Con Madre non lo posso fare perché, primo è sempre abbastanza al limite delle sue risorse economiche (lo stipendio di una maestra delle materne non è esattamente ricchissimo e ora ha a carico intero anche le proprietà di padre) e secondo checcazzo, ho 37 anni e uno stipendio; se deve aiutare qualcuno che sia Sorella.
Però Madre sa fare benissimo due cose:
trovare contatti utili pure in culandia (e intendo che, se Sorella avesse bisogno di qualcuno che le faccia da guida sulle Ande, lei troverebbe sicuramente qualcuno che o ci è stato e/o ci vive ancora, o che conosce qualcuno che lo può fare, non scherzo);
cucire a livello sartoriale.
Caso ha voluto che l'ultimo compito a casa della mia analista è "esci a fare nuovi amici" e mi ha anche fornito lo strumento per farlo. Secondo voi quanto ci ho messo ad iscrivermi a un evento "Cena con delitto" a tema egizio?
Mi serve il costume, ovviamente, ma io non sono cresciuta in una casa dove per travestirsi si andava al negozio e si sceglieva il miglior compromesso tra qualità e prezzo, no, ce li siamo sempre fatti da soli (indipendentemente dal fatto che farseli da soli costa di più xD. Se poi mi dici che viene premiato il miglior costume minimo mi vengono le pare per non sfigurare).
Ora, molte cose sono recuperabili separatamente tra piccoli DIY ed Etsy (no, non mi metto a fare gioielli egizi a mano; sapete quanto ci vorrebbe a mettere su tutte quelle cazzo di perline?) e la tunica va decisamente fatta. Quindi stavolta ho accettato la richiesta di aiuto di Madre per il giardino (so che è una scusa, ma forse non tutta; per lei ammettere di essere stanca è un po' come se il Papa ammettesse che la Chiesa è uno strumento di controllo delle masse; questa ha gli strascichi del covid e non lo vuole ammettere).
E quindi da una settimana ho l'ansia a palla perché la verità è che non sono pronta a vedere Madre, ma probablimente più procrastino e meno lo sarò. Quindi, come diceva la mia odiatissima insegnante di solfeggio, "ogni tanto bisogna mordere l'aglio e dire che è dolce" (che è un detto decisamente capitalista e bullo - lei lo usava per farci accettare i suoi abusi verbali e psicologici - ma in questo caso funziona).
Alla fine ho una sola Madre e Sorella non ha intenzione di discutere quello che io ero troppo cieca per vedere, quindi... il passo in qualche modo va fatto.
Tanto vale che mi porti dei benefici in qualche modo.
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principessa-6 · 2 years
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- NO LATTE o rischio di morire.
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- Se mi vedete nel vostro giardino, aggiungete del cibo (carne cruda non salata, carne macinata; mi piace anche il cibo per gatti ma non il pesce) e l'acqua.
- Non darmi il latte, causa problemi di stomaco e potrei morire di disidratazione. Ma io sono ingenuo e se vedo il latte bevo. Non darmi il latte.
- Non usare insetticidi o trappole. Sono innocuo e aiuto nel tuo orto perché mi nutro di insetti che attaccano verdure.
- La mia specie sta scomparendo, aiutatemi a rimanere vivo.…
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apropositodime · 16 days
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La Dalia sta tornando 🥰🌺
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giardinoweb · 15 days
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Il Rododendro: Splendore e Fascino nel Mio Giardino
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Ciao a tutti! Sono Andrea, appassionato di giardinaggio e fondatore di Giardinoweb, il blog dedicato a chi ama vivere a stretto contatto con la natura. Oggi voglio parlarvi di una pianta che occupa un posto speciale nel mio cuore: il Rododendro, un vero gioiello che regala fioriture spettacolari e colori vibranti. Un Fiore con Mille Volti Il Rododendro, conosciuto anche come "Albero delle Rose", vanta una varietà incredibile che conta oltre 1000 specie. Originario prevalentemente delle zone montane dell'Asia e dell'Europa, questo arbusto sempreverde si distingue per le sue foglie coriacee e i suoi fiori, che possono assumere forme e dimensioni diverse. Nella mia esperienza, ho avuto la fortuna di coltivare diverse varietà di Rododendro, ognuna con il suo fascino particolare. Tra le mie preferite ci sono: Il Rododendro ponticum: un classico dalle fioriture abbondanti e profumate, che spaziano dal bianco al rosa intenso. Rododendro ponticum flower Il Rododendro catawbiense: dalle grandi infiorescenze a forma di coppa, disponibile in una palette di colori che comprende il rosso, il viola e il porpora. Rododendro catawbiense flower Il Rododendro molle: noto per la sua fioritura precoce, che avviene già a fine inverno, con fiori delicati di colore giallo o arancione. Rododendro molle flower Un Ospite Speciale nel Giardino Inserire un Rododendro nel proprio giardino significa accoglierlo come un ospite d'onore, a cui dedicare attenzioni e cure particolari. Per garantire a questa pianta tutto il suo splendore, è fondamentale scegliere la posizione giusta: predilige zone semi-ombreggiate, riparate dai venti forti e dai raggi diretti del sole, soprattutto durante le ore più calde della giornata. Il Rododendro ama i terreni acidi e ben drenati, quindi è importante preparare un substrato adatto con torba, terra di erica e sabbia. Le annaffiature devono essere regolari, soprattutto durante il periodo di fioritura, evitando però i ristagni d'acqua che potrebbero danneggiare le radici. Potatura e Concimazione Per mantenere il Rododendro in forma e favorire una fioritura rigogliosa, è consigliabile effettuare una potatura leggera dopo la fioritura. In questo modo si eliminano i rami vecchi e danneggiati, stimolando la crescita di nuovi germogli. Per quanto riguarda la concimazione, è sufficiente somministrare un fertilizzante specifico per piante acidofile una o due volte all'anno, in primavera e autunno. Un Fiore che Conquista Con le sue fioriture spettacolari e i suoi colori vivaci, il Rododendro è in grado di conquistare il cuore di ogni appassionato di giardinaggio. La sua bellezza si aggiunge alla sua facilità di coltivazione, rendendolo una scelta ideale per chi desidera impreziosire il proprio giardino con un tocco di classe ed eleganza. Se state pensando di inserire un Rododendro nel vostro spazio verde, vi consiglio di visitare un vivaio specializzato e di chiedere consiglio a un esperto per scegliere la varietà più adatta alle vostre esigenze. Con un po' di cura e attenzione, questa pianta regalerà al vostro giardino anni di fioriture spettacolari e colori indimenticabili. Non dimenticate di condividere le vostre esperienze con i Rododendri nei commenti! Alla prossima, Andrea - Giardinoweb Read the full article
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agrpress-blog · 3 months
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Dal 17 febbraio al 21 aprile (anteprima stampa il 16 febbraio alle ore 12.00 e inaugurazione alle ore 18.00) il Museo Carlo Bilotti di Roma, in Via Fiorello La Guardia, 6 e Viale dell’Aranciera, 4 nel cuore di Villa Borghese, ospita, a cura di Gabriele Simongini, la mostra, progettata dall’artista per il Museo, “Manuel Felisi 1:1” dedicata al mondo animale (ingresso gratuito; orari: dal martedì al venerdì dalle 10.00 alle 16.00 e il sabato e la domenica dalle 10.00 alle 19.00). Il Museo Carlo Bilotti, per l’artista, è la sede ideale per ospitare il suo progetto incentrato sulla raffigurazione su grandi tavole di legno di un bestiario posto in dialogo con il vicino Bioparco, il giardino zoologico più antico d’Italia (Piazzale del Giardino Zoologico, 1, aperto tutti i giorni). La collaborazione con la Fondazione Bioparco di Roma inoltre consente di osservare dal vivo alcuni degli animali ritratti dall’artista e protetti al suo interno per rendere possibile un ulteriore approfondimento sulla natura delle specie. In esposizione 80 opere, come suggerisce il titolo “1:1”, a grandezza naturale, realizzate con la tecnica di pittura ibrida - cifra stilistica di Felisi (Milano, 1976) - che da sempre pratica un’arte di commistione tra tecniche e linguaggi, modi della tradizione e innovazione tecnologica, trovando nella versatilità la chiave della sua ricerca. “Felisi/Noè - scrive il curatore Gabriele Simongini - porta nella grande Arca della pittura l’immagine/memoria di animali la cui esistenza è spesso minacciata dalla nostra folle e pervasiva aggressione ambientale. Sospesi fra apparizione e scomparsa, non di rado trasformati in presenze fantasmatiche, gli animali ci fissano quasi increduli, stagliandosi in scala reale su sfondi che sembrano evocare anche la raffinatezza dell’Art Déco e comunque un tempo che già appartiene alla dimensione del ricordo.” Infatti, se nelle opere dell’artista l’iconografia centrale sono le forme arboree e floreali, simboli di vita che inneggiano alla forza della natura, nella mostra 1:1 Felisi si cimenta per la prima volta nella rappresentazione del regno animale, che vede insieme a opere bidimensionali, alcuni lavori sottratti alla staticità attraverso animazione digitale ottenuta con interventi di digital art. “Sulle ampie superfici di legno - afferma l’artista - i rulli e le garze, le resine e le campiture irregolari che caratterizzano la mia pittura hanno trovato il terreno fertile per creare un mondo fantastico dove immergere i miei animali.“ La mostra è nata nell’anima dell’artista nel corso del primo lockdown, nella primavera del 2020. In un periodo drammatico come quello del Covid e di stasi forzata, alcune foto di animali, scattate da Felisi durante un viaggio in Senegal, “hanno suggerito una riflessione sui pericoli che le specie animali stanno correndo a causa del degrado del loro habitat naturale. Attraverso la mediazione dell’arte, Felisi crea così l’idea di un giardino incantato che possa mettere al riparo gli animali da qualsiasi insidia. Il richiamo evidente è quello con l’Arca biblica. Ogni Arca è fatta di legno e quella creata da Felisi non fa eccezione, motivo per cui per le opere in mostra utilizza grandi tavole di legno. Non mancano i richiami al Contemporaneo. In particolare al ‘Bestiario’ realizzato da Andrea Pazienza, una raccolta di disegni, schizzi, illustrazioni del noto fumettista dedicati al mondo animale e alle creazioni per bambini ideate da Bruno Munari, in cui le forme degli animali giocano un ruolo chiave”. Nel corso del vernissage, venerdì 16 febbraio alle ore 18.00 si svolgerà un incontro, moderato dal curatore Gabriele Simongini, organizzato da National Geographic Italia, tra Manuel Felisi e il pluripremiato fotografo naturalista Bruno D’Amicis. Il confronto tra i due porterà Felisi alla realizzazione di un’opera inedita sulla base di una foto di D’Amicis raffigurante un grande orso marsicano, con l’idea di sensibilizzare il pubblico alla conservazione di questa specie a rischio anche attraverso lo specifico linguaggio dell’artista.
Attualmente a Roma, presso l’Aeroporto di Fiumicino al Terminal 1, in sintonia con la mostra allestita al Museo Bilotti, sono in esposizione due opere di grande dimensione di Manuel Felisi dal titolo Vertigine posizionate una di fronte all’altra: una serie di griglie composte da piccole tele vanno a scomporre e a ricomporre fotografie di alberi, ritratti senza foglie e protesi verso il cielo in due momenti diversi nell’arco della giornata, la mattina e la sera. Le opere testimoniano l’intento dell’artista di portare l’attenzione - in un luogo di continuo passaggio - sul mondo della natura e sulla preservazione dell’ambiente. L’esposizione, accompagnata da un ampio catalogo pubblicato da Gangemi Editore, è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, prodotta e organizzata dalla Galleria Russo con il sostegno del Gruppo Banca del Fucino, in collaborazione con la Fondazione Bioparco di Roma e in media partnership con National Geographic Italia.
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ahrisen · 3 months
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23.01.24
I.
Dovevo andare in aeroporto. Ho con me una borsa. Un borsone da viaggio per la precisione. Dell’esercito militare.
Prendendo l’autobus, metto il borsone nel vano apposito prima di salire. E si parte. La strada mi ə familiare. E anche l’aeroporto. Li ho già visti in un altro sogno ( Quello dove ero senza promozione. Infatti anche stavolta ero a secco, senza chiamate e messaggi).
Scendo. Non prendo la borsa, la dimentico. Il pullman parte e io entro in questo giardino bellissimo. Sembra quello di una università prestigiosa, e antica. Mi faccio strada su una scalinata che porta dentro ai gate. Ma è li che realizzo che mi manca la borsa. Mi giro. L’autobus è andato. Come si fa? Noto un braccialetto sul mio polso sinistro. È piccolo e di gomma. Ci sono due numeri separati da una linea. Nove… e qualcosa?
Comunque, questo affarino sembra essere la versione cinese e bambinesca di sotto marca di uno smartwatch. E in quando tale è in grado di fare chiamate. Molto bene dato che, appunto, sono senza promozione. Dunque uso questo affarino e vedo che l’unica cosa che posso fare è chiamare l’assistenza valigie. Deduco che sia un gadget proprio della compagnia del bus. Chiamo.
La prima chiamata mi risponde un signore. Deduco un “capo” del pullman. Sembra anziano o comunque un omaccione. Mi fa dire che pullman era, e come era la valigia. Descrivo. Mi fa che non trova niente e in caso farà sapere. Chiude.
Mi trovo in questa specie di labirintico pianerottolo di un hotel vuoto. E non mi do’ per vinta. Ho bisogno della mia valigia. Ci tengo, quel borsone lo rivoglio indietro. Come ho fatto a dimenticarmene. Insomma, afflitto da sto pensiero richiamo. E stavolta risponde una donna. Una signorina, forse una segretaria. Che appunto dice che non è stata trovata.
Sembra però che menta. Si sente come la voce di un uomo mentre parla, dietro, che le suggerisce le parole. Ipotizzo si l’uomo di prima. Magari ne parla per fottermi, magari si vuole tenere lui la borsa. Che ne so.
So che da lì partono venti sogni diversi alla ricerca di sta borsa. Non me li ricordo tutti bene sul momento quindi passiamo a uno degli ultimi frammenti
?.
Ero sulla salita delle scuole medie, quella della casa di Mario. (La sogno spesso sta cazzo di salita. Il perche non lo so. È una strada di passaggio. Non ha nulla di speciale. Forse questo simboleggia, il passaggio? Boh. Anyways) e ci sono due signore con due cani.
Un cane è piccolo e L’altro è grande, enorme. Entrambi sono in giro per la tipica passeggiata. Fanno i loro bisogni, una cacca. Il grande la fa per strada. Il piccolo nella boscaglia. Io proseguo lungo la discesa è svolto a destra.
Li dove nella vita reale non c’è molto. Una strada con as destra un tempio della madonna r un venditore di mangimi. Nel sogno c’è una piazzetta piena di sgherri e la strada semplicemente un vicolo cieco.
Chi sgherri sono appostati davanti questa torre dell’orologio. Io mi alzo una sciarpa e me la avvolgo, a mo’ di maschera. Gli sgherri che provano a mettersi in mezzo li rispondo in malo modo in dialetto, e loro si scansano. Arrivo alla porta e busso.
Apre questo signore che è il capo degli sgherri. Ma appena appena. Apre ma la porta è socchiusa e lui si nasconde dentro.
<<Che vuoi>> mi fa scazzato
Io so che sto cercando la valigia. Ma li per li non so che cut scene mentale si trigghera e gli inizio a fare delle suppliche affinche mi ridia indietro… Un happy meal…. (Dio santo ma che cazzo)
E lui dice di no e che deve darlo s sua figlia. Allora io insisto e lo seguo dentro. Dicendogli che dentro quell’haooy meal c’è qualcosa che mi aveva dato mia madre. E che se lui consegnerà quell’happy meal alla figlia, consegnerà l’ultimo regalo che una donna morta ha lasciato per me a lei.
Lui scassato e disgustato si decide dicendomi di prendere solo sto regalo e lasciare il resto. Mi avvicina la scatola. Non c’è nulla. Cioè, c’è una patatina regular. Forse un panino. Dei fazzoletti. Un gioco. Ma… dove è quello che cercavo. Forse una collana? No?
Non lo so cOsa ho visto. O cosa c’era.
So che poi girandomi ho visto questa ragazza di forse 30 anni sdraiata su una branda senza sensi. Era lei la figlia dell’uomo. Era forse in coma?
E l’uomo mi fa di si. Che stava male. Me ne dispiaccio.
L’uomo le da l’happy meal. Io prendo uno skate a tema eso (wtf) li in giro e vado via alla ricerca di sta cazzo di borsa
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emmeelleci · 9 months
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PRINCE: “HE’S BACK!”
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ESCALADE (B)
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Sono ancora dietro alla finestra. Immobile. Per un paio di secondi sono come paralizzata da una strana emozione, che mi attraversa, velocissima, dalla testa ai piedi e viceversa, come una scarica a trentamila volts si fa strada nell’incauta persona che ha toccato un cavo dell’alta tensione, senza riuscire a prevedere cosa stia per accaderle.
(niente di particolare, in realtà: quella è stata solo la sua ultima percezione da viva e amen!)
Poi - solo POI - riesco a muovermi.
Mi metto a correre.
Corro fuori, così come sono, con la maglietta da notte logora ed i leggings, indossati alla velocità della luce.
Infilo anche le mie ciabatte da esterno, quelle da giardino. Corro fuori.
Da te. Tu mi guardi e automaticamente sorridi, con quel tuo sorrido timido ed impacciato, quello che inalberi ogni volta che ti senti colto alla sprovvista e non hai fatto in tempo a metterti la corazza.
Agiti la mano. Io resto lì a guardarti. Inespressiva. Mi muovo come un automa.
(ma che mi succede?)
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Con le chiavi apro il cancello.
(eh, no, mio caro, devi sapere che io sono povera, non possiedo un apri-cancello elettrico: qui si fa tutto manualmente, usando delle semplici chiavi, ogni benedetta volta!)
Mi tremano le mani.
Cerco di capire, ad occhio e croce, se quella specie di mastodonte potrà passare nell’apertura. Miracolo. Ci riesce. Scendi di nuovo.
Eccoti.
Siamo uno davanti all’altra. Ci guardiamo. Ci studiamo per un paio di secondi.
Subito dopo, due braccia che si allargano, che contengono, che scaldano.
“My little girl!”
(gli abbracci quelli lunghi, avvolgenti, i migliori, in assoluto, parola di hugs seeker)
Un bacio. Arriva, subito dopo. Rassicurante. Amorevole.
Ti guardo.
“Eccoti. Sei proprio arrivato.” - ti dico, mentre poggio una guancia sulla tua.
È fresca. Morbida. Adorabile, come sempre. Adorata, come sempre.
Non riesco a dire nulla, a mettere insieme pezzi semplici, parole semplici, per costruire una frase banale, ma anche solenne, adatta all’occasione e questo perché proprio in quel momento mi commuovo. A tradimento.
Lacrime. Vere. Piuttosto copiose, anche.
Mesi, anni di cose dette a distanza tra noi due e, a quel punto, ci sono solo dei secondi tra me e te. Uno spazio microscopico, che si è appena ridotto a zero.
Eccoci. Abbraccio senza fine. Una stretta di cui ho appena misurato la forza, l’unico mezzo per capire quanto sia l’intensità della mancanza, che è speculare, simmetrica alla mia.
Osmosi di abbracci, di sollievo. Ho sollevato la mano, insieme al mio viso, che si è allontanato dall’incavo del tuo collo e ti ho accarezzato di nuovo la guancia morbida.
Avrei voluto gridare.
(Relief)
Ma non l’ho fatto. Ho resistito.
(uno degli sport in cui sono sempre stata eccellente, fin da giovane, una supercampionessa mondiale: resistere all’emozione, bloccarla, proprio mentre sta arrivando, non farmi trascinare, costi quel che costi)
Ho solo pianto: non sono riuscita a controllarmi fino in fondo. Perdo colpi, a quanto pare.
Ormai sono vecchia e - lo so - da un po’ di tempo a questa parte mi commuovo per ogni più piccola cosa: un gatto simpatico che passa dalle mie parti e miagola al mio indirizzo, un bambino che mi sorride e fa una smorfia, l’abbraccio di un’amica che capisce al volo un mio stato d’animo particolarmente triste, in una sera di primavera.
È comprensibile, quindi, che stasera mi sciolga per l’emozione. E tu mi abbracci ancora più forte. Capisci. Sai cosa c’è dietro. La tua stretta è direttamente proporzionale.
Sei arrivato. Dopo tanto tempo. Mi hai ascoltato, sei partito. Eccoti qui. Abbiamo tanto da raccontarci. Abbiamo un viaggio da fare insieme.
Noi due. Noi due soli.
Ma non ora.
Ora andiamo verso casa.
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Mi giro a guardarti: mi viene da ridere.
“Fammi capire una cosa, innanzi tutto: sei arrivato qui, davanti al mio cancello, come Testimone di Geova o come Uomo della Mia Vita?”
Scoppi a ridere con una delle tue risate travolgenti. Potenti.
“Holy Shit!” - dici e riprendi a ridere.
Anche io non riesco a smettere di ridere.
Metti il tuo braccio intorno al mio collo come se fosse un gancio, poi ti avvicini alla mia guancia per darmi un bacio.
(la battuta scema è stata perdonata)
Ci avviamo verso la porta.
“Guarda che la mia casa è piccola e povera. Ti avevo già avvisato.”
“No matters”
Non importa?
“Forse ti conviene dormire lì dentro” - ti dico, mentre indico lo scarafaggio nero appena parcheggiato - “di sicuro è più grande”
“No matters” - ripeti
Va bene. Ok. Non importa.
A te va bene come sono, quello che sono. Non è importante dove e come vivo. Ne abbiamo già parlato. A lungo.
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yoginviaggio · 1 year
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Lo sapevi caro amico di Spazio Trekk che il nostro bellissimo itinerario alla scoperta della biodiversità delle Valli Meridionali di Comacchio è stato arricchito da una meravigliosa novità?
Ora è possibile transitare lungo quello che è stato definito il più bel percorso ciclabile d’Italia, non a caso soprannominato "l’Argine degli Angeli" , ovvero una lingua di terra che si sviluppa lungo l’argine che divide la Valle Furlana da Valle Lido di Magnavacca, in prossimità di Volta Scirocco, fino ad arrivare al mare.
In sella alla nostra bicicletta ci addentriamo lungo le Valli Meridionali di Comacchio, dopo aver attraversato il fiume Reno a bordo di un traghetto elettrico a impatto zero sull’ambiente e ci muoviamo silenziosamente all’interno delle Valli percorrendo in direzione est la carrareccia che ci conduce a Volta Scirocco passando davanti all’Oasi di Boscoforte. Attraversiamo lingue di terra assolate tra canneti e tamerici, avvolti dai suoni della natura e circondati da specchi d’acqua palustri e distese di fenicotteri, tra il silenzio e la quiete di un’oasi naturalistica in cui è possibile ammirare tante altre specie di uccelli che ci vivono e nidificano e che, muniti di binocolo potremo riconoscere, emozionandoci nell’osservare i loro comportamenti di vita quotidiana: accudimento del nido, corteggiamento e tanto altro.
Una volta giunti a Volta Scirocco imbocchiamo la ciclabile degli Angeli e sarà come un leggero planare sulle acque della laguna che si dispiega intorno a noi a perdita d’occhio! Nel punto più bello del percorso troveremo il nostro “Yoga Spot” del Cuore e ci fermeremo a fare un po' di sgranchimento gambe attraverso dolci posizioni yoga, esercizi di ricarica energetica e qualche piccolo momento di interiorizzazione. Ci portiamo il pranzo al sacco per comodità, ma al rientro, dopo la pedalata è previsto, per chi lo desidera, un "aperipiada" dalla Mary, a Sant'Alberto, dove gustiamo nel bel giardino del Chiosco le sue molteplici e gustose specialità. 
Se ne vuoi sapere di più circa la mia passione per i fenicotteri clicca qui : https://www.facebook.com/107573244804271/posts/118730903688505/
Di seguito le info tecniche. DOVE: ore 9,30 davanti al Museo Natura di Sant'Alberto (Ra) LUNGHEZZA: 22 km circa DIFFICOLTA’: Facile DURATA BICICLETTATA: Circa 7 ore comprese le soste. la merenda in piadineria è FACOLTATIVA.
Quota escursione €14 adulti e bambini daI 12 anni in su.
Si offre, SU PRENOTAZIONE ANTICIPATA, il servizio di noleggio biciclette al costo di 15€ per l’intera giornata.
Non compresi nella quota: - 2€ quota traghetto andata e ritorno e aperipiada al chiosco della Mary che varierà a seconda delle pietanze consumate.
Se hai una bella maglietta rosa, indossala, ci mimetizzeremo con i fenicotteri!!!
Al momento della prenotazione riceverai tutte le informazioni per svolgere l'escursione in totale sicurezza e adeguatamente accessoriato
GUIDA: Annalisa Romagnoli Guida Ambientale Escursionistica AIGAE, regolarmente registrata e assicurata, tessera ER857. Insegnante di Yoga Certificata YogaAlliance
INFO e PRENOTAZIONI: 339/2549407 [email protected]
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