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#chi si sacrifica?
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Domenica in relax. Peccato per la compagnia (inesistente). 😩✨
Io darei un'occhiata alla parola relax 🙈
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canesenzafissadimora · 7 months
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Finisce il mare. Perché confina con la terra. Finisce il mare perché si sacrifica e rispetta chi ha paura di lui. Finisce il mare laddove finisce l'amore. Dove l'amore è infinito, il mare non finisce. Un mare d'amore.
cit.
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susieporta · 1 month
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Signore, mi metto dinanzi alla tua Croce, e ti guardo.
Che cosa vedo?
Vedo un uomo trafitto, disfatto, trucidato.
Una brutta cosa talmente ripetuta, vista e rivista,
da lasciarmi quasi indifferente.
Che cosa ha a che vedere con me
questo scempio? Perché
dovrebbe salvarmi
quest’uomo morto, questa Croce?
Dicono che hai tolto il mio peccato dal mondo.
Ma in che senso?
Avresti pagato per me il prezzo del sangue
accumulato a causa delle mie colpe?
Ma pagato a chi? A quale tiranno sanguinario?
E’ escluso che sia Dio. Su questo non ho dubbi:
il Dio che tu mi riveli non ha bisogno del sangue dei capri,
figuriamoci se pretenderebbe quello degli uomini
per perdonare: la sua misericordia
è gratis, è grazia, appunto.
E allora?
Voglio guardarti meglio, Signore.
E guardandoti meglio, con più amore,
mi viene una nuova intuizione:
quest’uomo in Croce
ci mette sotto gli occhi per sempre
ciò che facciamo dell’uomo, di noi stessi cioè,
separandoci da Dio nel peccato.
“Che cosa vi ho fatto?”
E’ l’Uomo, sei tu, che gridi dalla Croce:
perché mi uccidete? perché vi torturate?
perché continuate a farvi a pezzi, senza alcuna pietà?
La Croce rivela in pubblico
dinanzi al mondo stupefatto
una volta per sempre
l’opera tremenda di Satana
contro l’Uomo, contro la nostra verità,
la nostra carne.
E tu stai lì, in Croce, e muori.
Non maledici nessuno, non ti ribelli, muori.
Tu, che sei Dio, ti lasci ammazzare
senza reagire, inerme.
Lo fai perché io veda il volto indifeso di Dio?
Lo fai perché tutti vedano e comprendano:
Dio non uccide nessuno,
Dio non mette in croce nessuno,
Dio non chiede sacrifici a nessuno:
non punisce, non castiga, non corregge
nessuno,
Dio si sacrifica fino alla morte di Croce
perché tu capisca, perché io capisca
che posso amarlo senza paura,
abbandonarmi a Lui, alla Vita,
con tutto il cuore colmo di speranza,
perché Lui mi ama
senza condizioni.
E’ questa la fede che mi salva.
Credo di capire, Signore:
guardandoti, guardando questa Croce
posso smettere di avere paura, posso credere
che Dio mi ama e mi crea
Adesso
libero e felice
se muoio al mio separarmi, al mio credere di essere separato da Lui,
se muoio appunto alla mia morte
e al mio peccato.
Morendo s’impara ad amare?
E allora anche il dolore può essere soave
scioglimento, fuoco d’amore?
Hai accettato di morire, Gesù,
per mano di Satana
e dei suoi esecutori
per annientarne il potere, per sfatarne la menzogna,
per rivelarci l’amore incondizionato di Dio
e proprio così hai fatto fuori
il mio Avversario,
mi hai liberato per sempre.
Guardando questa Croce, Gesù,
vedo l’effetto del peccato sull’Uomo,
su di me,
vedo l’amore di Dio
per me,
e vedo la via della mia salvezza.
Vedo che l’Uomo risorge
dal Crocifisso,
da quest’esplosione
dei mondi,
disciolto dal dominio della morte,
unificato nell’unico Spirito
che spira
adesso
mio Padre.
Vedo la mia gioia, Gesù:
morendo si impara ad amare
nella passione che consuma
tutte le mie sbarre.
“Tu vedi, perché sei risorto,
adesso, fratello,
tu sei
la mia pace”.
Marco Guzzi
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itisanage · 9 months
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Ad un certo punto della discussione sull’era atomica, parliamo del 1957, appare il libro di Karl Jaspers, Die Atombombe und die Zukunft des Menschen. Günther Anders si trovava in Giappone per una serie di iniziative contro la proliferazione degli armamenti nucleari. A stretto contatto con le vittime. Quell’esperienza è raccontata in Essere o non essere. Diario di Hiroshima e Nagasaki. In Italia fu pubblicata da Einaudi nel 1961 con la prefazione di Norberto Bobbio. Anders non accetta la posizione di Jaspers, dalla quale emergerebbe la possibilità che in date circostanze la guerra nucleare possa essere interpretata come un sacrificio moralmente accettabile. Anders si chiede: chi si dovrebbe sacrificare, a chi e chi sacrificherebbe. In caso di guerra nucleare è l’umanità ad essere sacrificata, da parte di un potere che da lei stessa promana e che diventerebbe lui stesso il dio esigente che impone a tutti l’estinzione per uno soprassalto insensato della propria volontà. Le osservazioni di Anders stigmatizzano un concetto, quello di sacrificio, in quel contesto, senza alcun senso, essendo infatti privo “di un dio a cui si sacrifica, che esige il dono, che lo accoglie e a cui esso è gradito”.
Disperazione piena per un sacrificio senza dativo – non c’è più dio – un sacrificio in bianco. “Com’era innocua [la religiosità vaga e intransitiva dei vecchi secolarizzati] di fronte a questa forma estrema e paurosa di secolarizzazione, la loro fede in bianco!”. Jaspers, forse senza rendersene del tutto conto, restituiva legittimità al sacrificio richiesto dal mondo delle idee, degli ideali politici, della concettualità proliferante dei sostituti di Dio, o degli stessi dèi pretenziosi di un paganesimo che si rinnovava nella forma della potenza economica egemonica di una forma di vita, quella occidentale.
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yomersapiens · 2 years
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Faresti sesso con una persona se ne dipendesse la sua vita? Cioè intendo che morirebbe se tu non lo facessi
Ma povera sta persona ma che ha! Ma sarebbe la mazzata finale dover fare sesso con me ma chi glielo augura! Cioè io mi metto nei panni di sta creatura che sta soffrendo e piuttosto la aiuto in altri modi cioè, si trova un ospedale ben preparato, si paga gli aguzzini, si sacrifica un vitello grasso alla divinità che ha deciso di rendere la sua vita un inferno. Ci sono cose molto più sensate da fare piuttosto del sesso con me, tipo iniziare una collezione di insetti o bere detersivo o giocare a nascondino in autostrada. Sesso con me non lo auguro manco a me e io faccio spesso sesso con me.
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donaruz · 1 year
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LUNA di DICEMBRE
❄️☃️🕯️☀️🌏☄️🎄🎅💫🔥
Luna fredda, luna della quercia, luna della neve, luna delle lunghe notti, luna del grande inverno, luna degli alberi spogli, luna del fuoco della conoscenza
La mitezza dell’autunno ha ceduto lentamente il passo alla stagione del grande freddo, che rapidamente si avvicina.
Come Madre Terra ha lasciato cadere tutti i suoi ornamenti, per concentrarsi sull'essenza delle cose, così anche la nostra attenzione può rivolgersi al nucleo interiore della nostra spiritualità.
Il tempo del buio sta per raggiungere il suo apice, ma al contempo sta per terminare, e anche noi possiamo prepararci ad una RINASCITA SPIRITUALE.
E' infatti nel sonno invernale della natura, che nascono i semi dei progetti futuri.
In natura come dentro di noi, siamo infatti nel tempo del SAGITTARIO, terzo segno della triade del fuoco.
Non si tratta del fuoco iniziatore dell’Ariete, né del fuoco del cuore leonino.
Questo è il segno che apre le porte allo spirituale, insegnandoci che la natura umana per essere completa ha anche bisogno di credere in qualcosa, ha bisogno di una FEDE.
E così il fuoco del Sagittario, domicilio di Giove e Nettuno, è una freccia che punta verso l’alto e vibra nella ricerca di verità, di conoscenza, di significato.
Il 21 Dicembre ha luogo il solstizio d'Inverno, YULE, o ritorno della luce, il cui significato etimologico è ruota, a indicare che un altro giro è stato dato, negli eterni cerchi della RUOTA DELLA VITA.
In questa magica notte un vecchio Sole si sacrifica spegnendosi, mentre dal grembo notturno di Madre Terra nasce un nuovo Sole Bambino, il “figlio della promessa”, che rinasce dall’utero della Grande Madre all’alba, e si prepara a fecondarla con nuovi raccolti, garantendo la continuità della vita.
Molti furono i miti con cui gli uomini celebrarono questo importante momento di passaggio in ogni tempo.
Le popolazioni nordiche mettevano in scena la battaglia tra il Re Agrifoglio (che rappresenta l’anno trascorso) e il Re Quercia (che rappresenta il nuovo anno), che vince sul precedente.
Oppure le nozze fatali tra la notte più lunga ed il giorno più breve, rappresentati da Sole e Luna, il Dio e la Dea.
Le popolazioni agresti in questa occasione si riunivano, accendevano fuochi propiziatori e seguivano tradizioni le cui tracce troviamo ancora nelle feste di Natale e Capodanno.
Nell’antica Roma si celebrava il “Dies Natali Solis Invicti”, il giorno della rinascita del Sole Invincibile, in seguito assorbita dal Natale cristiano.
La stessa festa di Santa Lucia, che si celebra il 13 dicembre, è un evidente richiamo al ritorno della Luce.
YULE è da sempre un momento propizio per tutti, in cui contattare la propria luce interiore, ed esprimere nuovi propositi e nuovi desideri.
Accogliamo anche noi il ritorno della Luce con la sacralità che è dovuta a questo evento, e nella profondità del nostro essere contattiamo la scintilla del nuovo Sole nascente, e il messaggio di speranza e di rinnovata fiducia che sempre accompagnano ogni rinnovamento.
Per celebrare ritualisticamente questo magico momento di passaggio, Il Cerchio della Luna organizza un evento on line, cui è possibile partecipare inviando la propria iscrizione all'indirizzo [email protected]
Per chi fosse impossibilitato a partecipare, mettiamo a disposizione, a fronte di un piccolo contributo simbolico, la Meditazione per Yule ed un prontuario per eseguire un semplice rito nell'intimità della propria casa e famiglia.
In sintonia con la stagione, è possibile inoltre acquistare la meditazione del Sagittario, tappa del percorso che, di luna in luna, ci pone in contatto con il cammino evolutivo dello zodiaco, che traccia un sentiero di crescita spirituale in ognuno di noi, in armonia con la spirale evolutiva della vita.
Sempre in armonia con il tempo della luna di dicembre, è disponibile on line la bellissima meditazione per incontrare la Dea Sophia, fonte di Luce e di spiritualità più sublime.
Le meditazioni guidate sono disponibili on line ed è possibile acquistarle dal sito a fronte di un piccolo contributo, ai seguenti links:
https://www.ilcerchiodellaluna.it/central_avven...
https://www.ilcerchiodellaluna.it/central_avven_medDee.htm
CORRISPONDENZE di DICEMBRE:
Spiriti di Natura: fate della neve, fate delle tempeste, fate dei pini
Piante: agrifoglio, edera, abete, vischio
Colori: rosso, bianco e nero
Fiori: agrifoglio, cactus
Profumi: violetta, patchouli, geranio, incenso, mirra, lillà
Pietre: serpentina, giacinto, crisolito
Alberi: pino, abete, agrifoglio
Animali: topo, cervo, cavallo, orso, cornacchia, pettirosso
Divinità: Hathor, Ecate, Neith, Atena, Minerva, Ixchel, Osiride, Norns, le Parch
Energia: resistenza, morte, rinascita; giro delle maree sulla Terra. Oscurità. Tenebre. Piccoli artifici personali. Sentieri spirituali. Incontro con amici e famiglia, i solitari e i poveri.
LE FASI LUNARI DI DICEMBRE 2022
🌑🌒🌓🌔🌕🌖🌗🌘🌑
Luna Piena: 8 dicembre 2022 alle 04:07 in Gemelli
Ultimo Quarto: 16 dicembre
Solstizio d'Inverno: 21 dicembre
Luna Nuova: 23 dicembre 2022 alle 10:16 in Capricorno
Primo Quarto: 30 dicembre
Articolo completo, con consigli per la luna il giardino e in cucina, al link: https://www.ilcerchiodellaluna.it/central_Luna_Dic.htm
www.ilcerchiodellaluna.it
#ilcerchiodellalunaofficial
#lunadidicembre #lunadellaneve #lunafredda #sagittario #festadellaluce #Yule #solstiziodinverno #spirituallight
#elementofuoco #spiritualità #lucespirituale #interiorità #meditazione #ruotadellanno #wheeloftheyear
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lastelladivega · 1 year
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È un concetto strano quello del sentirsi inutili, l’essere umano ha fato ed ancora fa tante di quelle cose; come è possibile che invece io mi senta come se mai potessi dare una mano a questo mondo che va avanti?  E mi ripeto che mi sto solo lamentando, che potrei fare tante cose ma non le faccio ed il problema è che me ne rendo conto, so che potrei rendermi utile studiando, avendo passioni, trovando battaglie da combattere perché sento che mi appartengono e smettere di essere una figlia, una nipote, una sorella, una ragazza qualunque ingrata, ma io non sento niente come mio, infatti spesso mi alzo, mi guardo allo specchio e me lo chiedo, mi domando quella cosa, quella cosa che mi terrorizza, quella cosa che ignoro, che non è un elefante, è un fottuto megalodonte in un monolocale: ‘ma poi io, qualche sogno ce l’ho?’
E la risposta è sempre ‘no, ma lo troverai’ rassicurante quanto basta per spostare un pò il megalodonte e uscire dalla porta ed entrare in quel mondo che si popola di gente che ha voglia di fare, di gente che si sacrifica per inseguire i propri sogni, e io mi domando: ma chissà come è sapere che c’è qualcosa che ti aspetta, chissà com’è avere gli occhi illuminati quando si parla di quello che si cerca, chissà com’è essere persone interessanti? Perché io sono così disperata che non invidio solo quelli che ce l’hanno fatta, ma quelli che ce la stanno facendo, quelli che stanno iniziando, quelli che inizieranno e provo pena per la gente come me, provo pena e tanta, tanta tristezza per chi non ha niente, per chi non ha nulla a cui aggrapparsi, non ho mai avuto un sogno, da bambina non avevo un lavoro che volevo fare, ne uno sport preferito, ne una materia preferita e sono ancora così: 
Quali sono le mie passioni? Non lo so, forse leggere, ma in realtà neanche tanto e comunque nessuno vuole starmi ad ascoltare
La criminologia? Forse, non ne sono sicura
E allora che se ne fa delle nostre vite? Qual è l’utilità di chi vive solo perché deve farlo? 
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scenariopubblico · 27 days
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Angolo di salvezza
Ormai solo un DIO ci può salvare
Martin Heidegger
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Ph. di Balto Videomaker
Se per far esistere qualcosa basta darle un nome, forse così non è per gli esseri umani. A loro serve essere pensati, essere guardati ed in definitiva, quindi, essere amati. Solo per questo, forse, Barabba ha compiuto quegli atti osceni, perché si sentiva escluso dal mondo che lo circondava. Inneggiava la delinquenza, la menzogna e l’odio probabilmente solo perché non conosceva l’amore. In conclusione dello spettacolo diretto da Teresa Ludovico (testo di Antonio Tarantino), nel momento in cui Gesù si sacrifica per lui, ecco… ecco che per la prima volta capisce che a qualcuno importa di lui, realizza per la prima volta che esiste altro oltre il male che era abituato a fare e a ricevere, quasi senza pensare a ciò che faceva. Tolstoj diceva «non fate il male e il male non esisterà». L’antidoto ai mali del mondo sarebbe, in definitiva, il bene? Troppo semplice risolvere un’equazione che si morde la coda dall’inizio dell’esistenza citando solo “il bene o il male”. Bisognerebbe perciò capire chi ha inventato il male, compito non semplice, in cui l’uomo si diletta da secoli senza riuscire a darsi una risposta probabilmente poiché la risposta sarebbe brutale e cioè… l’uomo stesso.
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Ph. di Balto Videomaker
«Non si può asciugare l’acqua con l’acqua, non si può spegnere il fuoco con il fuoco, perciò non si può combattere il male con il male» diceva Lev Tolstoj.
Barabba non era mai stato trattato adeguatamente da nessuno, come si poteva pretendere che trattasse piacevolmente gli altri? Riesce a sentirsi, per la prima volta, minimamente integrato in questo piccolo-grande mondo nel momento in cui gli viene dato amore. Gli proviene proprio da colui che aveva insultato chiamandolo “povero illuso”, colui che non riusciva a compatire; ormai alienato dai trattamenti ricevuti in prigione, come se vivesse in una bolla di sola malvagità, in cui non si riesce a provare altro che odio verso chi ti sta attorno. I monologhi all’interno dello spettacolo veicolano messaggi strazianti con tono rassegnato come se niente mai potesse cambiare. Nemmeno un “dono” da parte di un altro carcerato, da cui si è ereditata la cella, permettono di cessare le vessazioni allessitimiche di Barabba. Nulla può fargli cambiare idea, eccetto l’amore. Quell’idea fredda che ha degli uomini veicola tutte le insicurezze che, in primis, nutre verso sé stesso.
Sarebbe stato interessante chiedere a Barabba se pensasse di conoscersi. Cicerone diceva «quando si dice all’uomo “conosci te stesso”, non è soltanto per abbassare il suo orgoglio, ma è anche per fargli sentire quanto egli vale». Barabba, possiamo immaginare, nonostante si vantasse dei suoi continui crimini, di cui era rimasto prevalentemente impunito, non credeva davvero alle sue parole, forse vagavano nel suo cervello esclusivamente per convincersi che quello che faceva era giusto e tutti gli altri erano degli stolti.
Secondo Mark Twain, «i due giorni più importanti della vita sono quello in cui sei nato e quello in cui capisci perché». Crediamo che Barabba nel giorno del perdono abbia compreso il suo “perché”.
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Perché Barabba voleva convincersi di ciò?
Sicuramente, in primis, perché nessun uomo vuole pensare al fatto che quello che sta facendo sia sbagliato ed è sempre più facile puntare il dito verso gli altri piuttosto che guardarsi allo specchio. Come disse Luigi Pirandello d'altronde «Notiamo facilmente i difetti altrui e non ci accorgiamo dei nostri». Qui sottolineiamo che il problema non sia solo di Barabba in quanto uomo “spregevole” già di suo, bensì di tutti gli esseri umani. Difatti nello spettacolo viene messo in luce come le guardie delle prigioni abusavano in maniera oltraggiosa del loro potere sui prigionieri. Barabba, nei suoi monologhi, raccontava di tutte le atrocità che doveva subire all’interno di quelle celle e di come la realtà fosse ben diversa da quello che doveva essere in base alle regole stipulate all’epoca. Inoltre parlava anche di come al di fuori delle celle venisse raccontato che la loro situazione di vita all’interno delle prigioni fosse ottimale e che ovviamente ciò, non corrispondendo al vero, andava solo ad aumentare l’astio che si aveva nei confronti dei carcerati causando abbondanti richieste per ridurre il loro status di “comfort”, che nella realtà non esisteva. Ovviamente, la storia raccontata dal punto di vista di Barabba avrebbe fatto cambiare idea a coloro che, al di fuori di quelle mura, votavano contro di lui, ma egli era lì dentro e la sua voce non contava. Importava solo la voce degli ufficiali e delle guardie che come unico interesse avevano quello di rendere la vita dei carcerati un inferno ancora più buio.
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Ph. di Balto Videomaker
Chi sta sbagliando quindi? Chi dovrebbe puntare il dito? Barabba o la guardia?
La risposta, avendo entrambi le versioni, è chiara…nessuno dei due. Però, nello spettacolo viene messo in luce come all’epoca non si avessero entrambe le versioni…ed è qui che può tornare utile la frase di Anthony De Mello «Volete cambiare il mondo? Che ne dite di cominciare da voi stessi? Che ne dite di venire trasformati per primi? Ma come si ottiene il cambiamento? Attraverso l'osservazione. Attraverso la comprensione. Senza interferenze o giudizi da parte vostra. Perché quel che si giudica non si può comprendere».
Ovviamente si evince che le guardie non avessero nessuna intenzione di comunicare per cercare di comprendere i disagi dei carcerati e questo fa capire che, in fondo, non erano poi così tanto meglio rispetto a loro. Questo concetto viene ripreso nello spettacolo durante il discorso fatto tra Barabba e Gesù, nel quale quest’ultimo gli dice che siamo tutti peccatori e che quindi la salvezza serve e sarà data a tutti. Molto spesso, invece, quello che accade è che consideriamo le guardie o chi possiede un ruolo di autorità come persona “buona” che si impegna a far vigere l’ordine...ma abbiamo notato come il “bene” ed “il male” siano concetti relativi, cosa che traspare apertamente nella performance.
La scintilla che ha portato alla stesura di questo articolo è scoccata dopo aver visto lo spettacolo Barabba andato in scena a Scenario Pubblico. Siamo stati coinvolti emotivamente, come forse successe anche un tempo, nel prendere una decisione su chi punire?
Barabba… o forse tutti noi?
A cura di Donato Gabriele Cassone e Laura Raneri
Questo articolo fa parte della rubrica
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alephsblog · 2 months
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E i guerrapiattisti travestiti da pacifisti continuano ad accusare chi si difende e si sacrifica anche per la nostra libertà e democrazia🤡
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macabr00blog · 3 months
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ADAMO E GLI SCORDATI
prima notte
Lo aveva caricato in auto un’ora prima, era stato prudente come una serpe, lo aveva caricato solo un’ora prima ed ora si trovavano sulla riva, il furgoncino parcheggiato poco più in là. L’acqua era lucida sotto la luna, specchiava lati del cielo increspati dal temporale di quel pomeriggio, si era ingarbugliata nell’aria l’idea di lasciarsi lì. Quando lo aveva fatto salire, come se davvero valesse presenziare l’uno accanto all’altro come due testimoni, glielo aveva messo in chiaro subito: io non voglio problemi. Era sottointeso che non volesse problemi con lui, con la baia, con le piccole verità che si sarebbero probamente confessati. Il ragazzo mansueto, gli aveva risposto ridendo, “con me di problemi non ne avrai” e si era soffiato il naso all’interno di un fazzoletto dove aveva spruzzato dell’essenza di menta, si era propagata per tutto l’interno dell’auto. Era stato prudente come una serpe. Come la pelle di serpe che si trascina sotto una luna, le squame che si schiudono nella luce, lo aveva caricato solo un’ora prima ed ora si trovavano sulla riva e non aveva il coraggio di toccarlo. Il ragazzo dalle gote ancora arrossate dal sole, piccolissime macchie scure intorno al naso, come quando lui aveva sognato di essere una lepidoptera che moriva assiderata dalla luce. Quel ragazzo che glielo aveva fatto sapere, gli aveva scritto una letterali aveva spedito una cartolina, la sua saliva sul francobollo, gli aveva detto: torna a trovarmi. E non era tornato. Quel ragazzo che aveva aspettato per mesi con le mani nella pasta del desiderio, gli si erano imbiancate le dita, gli si erano imbiancati gli occhi. Era svenuto subito. E quindi, si torna alla prima notte, quando lo aveva caricato in macchina e si erano diretti verso la riva, dove la luna incontra la fine del fiume, dove ci sono soltanto problemi. Si erano seduti, poi sdraiati, ma non aveva avuto il coraggio di toccarlo. Aveva solo parlato con lui, attimi difficili in cui la voce si trasforma in una preghiera, in cui una confessione diventa una sola parola e muore sulla bocca, muore nella gola, muore prima che possa chiedere scusa. Uno accanto all’altro come due fratelli, un pastore e un coltivatore, qualcuno dorme in casa, qualcuno sacrifica agnelli, qualcuno fa seccare il raccolto e Dio parla con gli assassini. Dice agli assassini: siete così devoti, vi darò tutto quello che mi chiederete. E il digiuno è superfluo, così come la carità, come le linee di successione, come gli occhi di due fratelli che dormono l’uno accanto all’altro e non sanno come parlare. Uno vuole chiedere perché, l’altro non sa il perché e vuole raccontare una bugia. Non si scuserà mai di aver mentito così, né con sé stesso, né con nessun altro, nemmeno con la persona che gli sta accanto e che ha il suo stesso corpo, nemmeno con chi lo ha amato così tanto da porre un sacrificio nella memoria. Tutti hanno una storia di tristezze accumulate, quel ragazzo sdraiato dalle gote arrossate, quel ricordo che gli esplode nella testa come un fuoco d’artificio o come uno sparo. Lo guarda, adesso, supino sulla spiaggia, un’espressione neutra, lui non ha niente da dire. Non ha più voce, quel ragazzo, ha perso le parole per strada. Tutti sono stati innamorati e poi sono morti, ora tutto quell’amore dov’è finito? Nella bocca di Dio.
seconda notte
Era stato abbastanza coraggioso da toccargli l’orecchio. Lo voleva fare da tempo, la distanza gli aveva mozzato le dita, si era ritratto come un bruco che non ha più fame, come quella lepidoptera che era nel suo sogno, come quando si era assiderato con la luce. La sua pelle sa di sapone, mughetti sotto venature chimiche, il suo orecchio sa di zucchero, di miele, di latte, come tutta quell'acqua dolce del fiume, come la luna di roccia che lascia che la sua luce venga accompagnata dallo scorrimento dell’acqua.
Avanti e indietro. La prima volta che si erano incontrati non lo aveva visto, lo aveva solo lasciato, il ricordo di quel pomeriggio, a marcire. Il marcio aveva dato vita ad una colonia di insetti colorati. Si nutrivano di speranza. Quel ragazzo aveva avuto fiducia in tutto quello che la foresta lascia decomporre, lo aveva maneggiato tra le sue mani, aveva riconosciuto il corpo. Era il corpo di uno Scordato, uno di tanti che erano venuti prima di lui e uno dei tanti che era morto per un bacio, ed era per questo che si era preso il fardello, quella sera, di dargli un bacio. Solo per quello, aveva detto, solo per un bacio. Un bacio solo per un bacio. In lui non c’erano soldati, non c’erano gli occhi defunti di madri e padri, non c’erano ponti di distanza da una riva all’altra, la parte peggiore era l’adolescenza della quale si sarebbe presto pentito di non aver consumato più velocemente, ma era solo un bacio. Poi le lettere, i francobolli con la sua saliva densa, aspettare ancora, torna a trovarmi, una lezione da bocca a bocca, pensare più velocemente, sette mesi dopo, otto mesi dopo, quando lo ha caricato sul furgoncino. L’ultima volta che si erano incontrati era stato per un bacio. Era sempre per un bacio.
Indietro e avanti. Succo della sua bocca calda, non sono parole, non si tratta di orare ad una folla un frammento filosofico. Succo della sua bocca calda, gli aveva chiesto perché non avesse mai risposto. Io so che mi manchi ma non so cosa mi manchi, scriveva, capisco che tu possa non comprendere. Succo della sua bocca calda, il sapore delle more selvatiche che si erano affrettati a raccogliere prima che l'estate finisse, le macchie scure ancora sui vestiti e sulle dita, le macchie scure di quando si erano divorati arbusti interi di frutti maturi. Un corpo e un corpo, succo della sua bocca calda, descriveva come fossero simili da sempre, da come lo avesse notato da sempre, dalla prima volta che si erano visti. Io lo sapevo, scriveva, ma capisco che tu possa non comprendere. I sogni, guardando fuori dalla finestra da bambino aveva pensato fosse Dio, il ragazzo dei sogni che è solo un ragazzo, la gioventù senza nome tatuata sulle pellicine di sangue attorno alle sue unghie, aveva pensato fosse Dio, quel ragazzo, ed in effetti aveva creato cose soltanto da sé stesso. La sua costola asessuata che traspare dall’addome, è tutto ben esposto quando si parla di quel ragazzo, quando si parla di Adamo. E’ il primo ragazzo, il primo uomo, la prima morte sulla terra. Io capisco che tu possa non comprendere.
L’ultima volta che si erano incontrati lo aveva aspettato, pieno di risentimento, alla stazione ferroviaria. E lo aveva, ovviamente, baciato di nuovo. Per quello aveva perso la voce. Era lì che era stato caricato in auto e portato al fiume.
terza notte
Dio parla con gli assassini. Ha la voce di un padre, esattamente quella voce di padre, ha la voce del fango sull’argine, il motore del furgoncino che si spegne e l’acqua del fiume che scorre mansueta. Ha la voce della terra e del cielo, lui ha creato tutto, lui può. No, lui ha dato il permesso di creare. Ha dato la voce e il corpo ad Adamo, ora addormentato, ora sveglio, ora schiavo, ora padrone. Adamo tutto può. E Dio da allora parla agli assassini. Ha compassione per loro, lui che ha creato un figlio dalla mente, lo ha elaborato con coscienza, e lo ha solo ucciso. Lo ha ucciso, Adamo, lo ha buttato in mezzo alla melma. Si tratta di essere pronti al sacrificio, dice. Si tratta di essere devoti, sempre. A Dio piacciono gli assassini che piangono, quelli che si disperano per la vittima, per la patria devastata, per i corpi che un tempo avrebbero potuto essere loro. Lo aveva caricato in auto, due giorni prima, Adamo. Suo padre gli aveva insegnato a sparare. E aveva sparato.
Era nato da figli di Dio, sua madre senza volto e sfregiata dalla vecchiaia che si lamenta per un antico dolore alla schiena per cui ha iniziato a prendere forti antidolorifici e suo padre che carica una carcassa di cervo sulle spalle, è sempre stato abile con i fucili, è sempre stato abile con le donne. Suo padre che carica sua madre sulle spalle, la porta a letto, lei non si muove più da anni. Suo padre che scuoia il cervo nella cascina in campagna, l’odore stantio del sangue che fuoriesce dall’entrata e che si trascina anche a casa, quando con gli stivali intrisi di macchie cammina per il salone. Sul pavimento impronte porpora di una vita fa. Era nato da figli di Dio, i suoi genitori erano devoti, gli avevano sempre insegnato cosa significa la parola di Dio per delle persone come loro. Quando aveva incontrato Adamo, aveva saputo fosse lui dal modo in cui era devoto a suo padre. Adamo che suo padre l’aveva visto perire, Adamo che suo padre l’aveva visto incosciente, furioso, Adamo che era già stato ucciso dai genitori, Adamo che viveva in un mondo di pietra giallo, un pianeta sconosciuto dove esistono soltanto uomini con le costole esposte che vogliono vedere costole di altri uomini come loro. E Adamo amava l’amore, amava pensare di aver creato amore, anche se l’aveva visto perire, Adamo amava aver ucciso suo padre nei modi in cui solo un figlio può farlo. Adamo aveva perso la fede, aveva perso la devozione, era uomo ed era innamorato di essere uomo, ed era fedele a sé stesso come un gatto randagio, ed era tutto quello che un figlio di Dio ha dimenticato di essere, ovvero, figlio di un padre che lo ha abbandonato per un peccato. Adamo che era nato dalla passione e dalla fede e dall’estrema purezza, ora vagava insiemea dannati qualsiasi, ora che lui non si scomponeva, ora che lui non stava in silenzio, perché Adamo parlava come un maestro, ma tutti erano impegnati ad ascoltare Dio. Era di Dio l’ultima frase. Era lui che chiudeva il sipario.Non si era degnato nemmeno di farsi vedere in volto.
Prima di caricarlo, lo aveva ammazzato. Prima di caricarlo, quando Adamo gli si era sporto sulla bocca e lo aveva baciato, quando gli si era avvinghiato addosso come un bambino, cercava forse quello che non aveva saputo dargli la vita, dopo, lo aveva ammazzato. Prima di caricarlo, quando lo aveva amato solo come un Uomo può amare Dio, come un Uomo può amare un Padre, quando lo aveva baciato come un traditore, lo aveva ammazzato.
quarta notte
Prima di ammazzarlo, lo aveva caricato. Era sempre stato così. Prima di ammazzarlo, lo aveva caricato, lo aveva amato. Erano stati al fiume. Lo aveva amato come si ama l’estate e senza convenienze, lo aveva amato perché era l’unico al mondo che potesse amare così. Perché era il primo uomo, perché era Adamo, lo aveva cercato per tutta la vita. Oppure, come si voglia dire nella leggenda, lo aveva ammazzato, caricato, portato al fiume, dove Adamo era tornato ad essere fango. Lo guardava e non riusciva a toccarlo, lo guardava e pensava solo a quanto si somigliassero ora che era morto, non si era mai guardato così, sdoppiato nel corpo di qualcun altro. La sua bocca che aveva il sapore caldo. Riavvolgere il nastro della memoria, i tempi in cui il bacio sarebbe rimasto solo un malinteso. Riavvolgere il nastro della memoria, i tempi in cui il suo corpo si sarebbe intonato sulla panchina del giardino verde. Riavvolgere il nastro della memoria, i tempi in cui Adamo lo avrebbe preso in braccio come suo padre faceva con sua madre, quando non riusciva ad alzarsi in piedi per il dolore. Perché era un uomo, solo un uomo, non si sarebbe perso niente della vita, non si sarebbe perso niente dell’amore se solo avesse avuto abbastanza voce e fortuna. Ma era un destino distinto dalla realtà.
Non esistevano insetti colorati, non esistevano speranze sull’Aldilà, non esistevano mondi in cui Adamo non sarebbe tornato fango. In cui il fiume non se lo sarebbe ripreso. Non era figlio di corsi d’acqua, di un Dio, era solo il figlio di suo padre. Un padre comune, un padre come tanti altri padri, che aveva una voce troppo alta e un corpo troppo robusto e il gomito scivoloso nei bar, e qualcosa che ricorda l’odore stantio del sangue quando si accende la luce.
Prima di ammazzarlo, doveva ricordarsi come fosse solo un ragazzo. Un ragazzo che gli aveva chiesto di tornarlo a trovare. Un ragazzo che cercava una fede e che trovava in lui le parole per una preghiera. Lo caricò sul furgoncino, cantarono poesie della radio, passarono quattro notti su una riva di ghiaie, parlarono a confessioni, non ebbero paura di baci e adulteri. Perché questa non è una storia terribile, non è una storia di terrori, di sangue e di morte, non è un racconto di vessazioni. E’ la storia di due uomini dalle costole esposte, come tanti uomini dalle costole esposte che sono rimaste nei loro addomi a fiorire, non hanno creato niente al di fuori dal loro corpo, nessuna Eva a fare da contorno, hanno creato qualcosa dentro il loro corpo.
E quel qualcosa è una leggenda che non ha bisogno di finali.
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bitcoinreportitalia · 3 months
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😎 ”Il Destino di Assange nei Tentacoli dell’Isolamento Carcerario”
😎 Il rischio di tortura per Assange negli USA è solo l’inizio di un calvario
💰 Pubblicato da Bitcoin Report Italia, 03 febbraio 2024 💰
😎 Il terzo evento della serie “The Belmarsh Tribunal” organizzato di recente da Progressive International ha gettato una luce inquietante sulla possibile sorte del cofondatore di WikiLeaks, Julian Assange. Gli oscuri scenari si dipanano attraverso la testimonianza di chi, ha avuto il privilegio di partecipare ai Tribunali di Sydney e Washington, svelando aspetti scioccanti dell’incarcerazione di Assange nella prigione di Belmarsh.
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😎 Uno degli elementi centrali della testimonianza riguarda la menzogna perpetrata dal Dipartimento di Giustizia statunitense e dai suoi pubblici ministeri, i quali, in un teatro britannico, hanno affermato che Assange non sarebbe stato sottoposto all’isolamento. La realtà è che tale decisione spetta esclusivamente al Bureau Federale delle Prigioni (“BOP”), e le promesse vuote dei pubblici ministeri britannici sono destinate a essere disattese.
😎 La triste verità è che l’isolamento, pratica che la maggior parte dei paesi limita a 15 giorni, negli Stati Uniti può perdurare per anni, se non decenni. Ancor più preoccupante, il BOP può utilizzare l’isolamento come strumento di controllo, occultando la voce di Assange e minando il suo diritto alla comunicazione con il mondo esterno. Le autorità statunitensi, disinteressate alle condanne delle Nazioni Unite sull’isolamento come forma di tortura, persistono in questa pratica disumana.
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😎 L’origine di tale pratica risale al 1829 presso l’Eastern State Penitentiary di Filadelfia, con l’illusione che l’isolamento avrebbe redento il prigioniero attraverso la lettura della Bibbia. Tuttavia, come sappiamo ora, questa visione utopica ha portato solo alla follia.
😎 Le testimonianze di chi ha sperimentato l’isolamento sono un grido disperato contro questa pratica crudele. Cesar Villa, dopo 12 anni di isolamento, descrive un mondo in cui “freddo, quiete e vuoto si uniscono, penetrando nelle tue ossa e infine nella mente”, mentre Thomas Silverstein, trascorrendo 28 anni in isolamento, rivela l’orrore di sentirsi “sepolto vivo”. William Blake, vittima di 25 anni di isolamento, definisce la sua condanna “peggiore della morte”.
😎 Le conseguenze sull’equilibrio mentale sono devastanti, con ansia, depressione e allucinazioni che affiorano. In alcuni casi, prigionieri hanno perso la vita a causa delle condizioni estreme. Il caso di Richard Carter, morto congelato in isolamento, è un esempio macabro delle tragiche conseguenze fisiche di questa pratica.
😎 La comunità internazionale deve aprire gli occhi su questo incubo silenzioso. L’isolamento, al di là di ogni giustificazione, è una forma di tortura che compromette la salute mentale e fisica dei detenuti. Il sistema carcerario statunitense deve porre fine immediatamente a questa pratica disumana, e il mondo deve unirsi nel condannarla senza mezzi termini. Il destino di Assange potrebbe essere solo la punta dell’iceberg in un sistema che sacrifica la dignità umana sull’altare del controllo totale.
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😎 E per concludere, ci tengo a precisare che Assange è rinchiuso in queste condizioni nel carcere inglese di Belmarsh per aver fatto il suo lavoro, divulgando al mondo i crimini di guerra e la corruzione di persone che, al momento della stesura di questo articolo, sono ancora ai loro posti di potere, che hanno partecipato a candidature presidenziali e vivono tranquille nelle elite, senza aver risposto mai una volta delle loro azioni ed anzi facendo condannare chi le loro azioni le ha svelate. Riflettete, riflettete su cosa chiudete gli occhi!
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alonewolfr · 3 months
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Non aver paura di aver paura ricorda che il migliore amico del timore è il coraggio, la paura ti servirà ad avere coraggio il coraggio ti servirà a raggiungere i tuoi obiettivi i tuoi obiettivi ti serviranno a crescere e crescere ti servirà a non mandare a monte quest'occasione di vivere abbraccia chi ti stringe la mano sorridi a chi ti dona il broncio offri a chi si tiene tutto per sé dai il cuore a chi ti dà le spalle invita a passeggiare chi ha perso il sentiero tendi la mano a chi ti fece cadere e ora è caduto non aspettare un ricambio di favore non metterti a barattare gentilezze non scambiare i tuoi sogni, ricorda che l'unica ricompensa della vita è quella di riuscire a ficcarsi nel letto senza mostri sotto il piumone, è quella di dormire sereni e la serenità non è scontata il sole sacrifica molti dei suoi raggi prima di scacciare tutte le nuvole e se un giorno non ti sembrerà giusto amare chi non ti ama e dare senza ricevere, se ti sentirai solo o cupo per tutto questo ricorda sempre tu ricorda sempre che se non esistono fragole nere è solo perché il sole ama senza chiedere, e fa tutto da solo.
|| Gio Evan
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Finisce il mare. Perché confina con la terra. Finisce il mare perché si sacrifica e rispetta chi ha paura di lui. Finisce il mare laddove finisce l'amore. Dove l'amore è infinito, il mare non finisce. Un mare d'amore.
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susieporta · 1 year
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Una riflessione pubblica.
In questi giorni mi è capitato di dire più volte a una bambina che i voti non contano. Che non sono quelli a definire chi sei.
Gliel'ho detto non perché questa bambina vada male a scuola, dunque per rassicurarla, l'ho fatto per il motivo esattamente contrario: a scuola è bravissima e ha tutti voti eccellenti, in ogni materia. Una media quasi irreale. Dunque tutto bene, direte voi.
No. Proprio per niente.
Il fatto è che mi sono reso conto che dei voti le importa troppo. Questa bambina ci tiene a essere sempre la prima, la migliore, la più preparata. Ieri mi ha confessato che vuole avere la pagella più alta dell'intera scuola. E, credetemi, io penso che potrebbe farcela sul serio.
Il punto, però, è che a quest'obiettivo sacrifica troppo, ultimamente quasi tutto il resto: si alza alle sei di mattina per ripassare bene, perdendo una preziosa ora di sonno, si porta libri e quaderni ovunque, durante i viaggi in auto, dai nonni, ripassa mentre guarda la tivù e spesso dopocena, a volte perfino in pizzeria, va in ansia e non si perdona quando non riesce a ottenere il massimo da se stessa. Un massimo, sia chiaro, che lei sola ha stabilito, che nessuno le ha mai richiesto. Nessuno nella sua famiglia ha mai preteso che fosse la prima, nessuno l'ha educata all'eccellenza o morte, anzi, nella sua famiglia manca proprio l'attitudine a questo tipo di atteggiamento perché i suoi genitori sono caduti e hanno fallito così tante volte che non riescono nemmeno a contarle. E benedicono ciascuna di queste loro cadute, perché dalle loro sconfitte, dai loro apparenti fallimenti, hanno imparato più che da qualunque vittoria. E sanno bene, anche, che a volte, dietro il vestito dell'eccellenza, l'emozione che prevale può essere la paura.
Questa è la ragione per cui, ieri, ho guardato negli occhi questa bambina e le ho augurato di prendere un brutto voto.
Non gliel'ho proprio augurato, in verità, ma le ho garantito che succederà. Perché a volte, anche quando ti impegni con tutto te stesso, può accadere una cosa che non ti aspetti. Perché il tuo meglio può non essere sufficiente. Altre volte, è semplicemente la vita a essere ingiusta, perché non è sempre vero che i migliori ce la fanno. Ho detto alla bambina di prepararsi a questo, e di chiedersi cosa farà quando succederà. Perché non si tratta di "se", ma di "quando": è solo questione di tempo. Lei mi ha detto: "Ma io non voglio che succeda", e mi è toccato precisare che la vita, ahimè, se ne frega di quel che vuoi, che spesso le cose accadono e basta. Ma le ho detto, anche - e non era una sterile rassicurazione, ma una cosa nella quale credo profondamente - che quando accadono cose che non vuoi non è affatto detto che sia un male, anzi. Significa che la vita ti sta offrendo un nuovo punto di vista che magari non avevi considerato. Vuol dire che a volte il mondo, per renderti più forte, ha prima bisogno di renderti fragile. E forse la nostra più grande forza sta proprio nella nostra fragilità, nella nostra attitudine a "romperci", perché è proprio quella che ci impedisce di restare chiusi dietro ai nostri muri, protetti dalle nostre convinzioni. La fragilità è ciò che ci permette di aprirci al nuovo. Che ci fa mettere in discussione. Non si è rasserenata del tutto, ma ho avuto l'impressione che avesse capito quel che stavo cercando di dirle. Di essere riuscito ad aprire una crepa. Mi sono ricordato quella frase di Leonard Cohen che dice che è proprio dalle crepe che entra la luce. Me lo sono fatto bastare.
La cosa che non mi lascia tranquillo, però, è che in realtà io so bene che a questa bambina ho mentito. Perché non è vero che i voti non contano.
I voti, purtroppo, per com'è strutturata la nostra società, contano eccome. Contano, per certi versi, più di tutto il resto. Ci educano, sia a scuola che sul lavoro, da sempre al successo, a provare a essere i migliori, a sacrificare quasi tutto sull'altare di una (presunta) perfezione, perfino a calpestare gli altri se possono rappresentare degli impedimenti per il raggiungimento dei nostri obiettivi. E anche noi genitori abbiamo assorbito questi modelli e questo tipo di mentalità, è inutile negarlo. Del resto: come avrebbe potuto essere altrimenti, dopo che ce li hanno inflitti a nostra volta? Ecco perché ci può accadere, magari, nonostante tutte le attenzioni, di far sentire i nostri figli involontariamente sbagliati, o non all'altezza, o di spingerli a primeggiare in discipline o in materie che magari nemmeno amano, a perseguire obiettivi che non desiderano davvero. Di mostrarci eccessivamente delusi quando il risultato non è quello sperato. O di pensare, al contrario, che i problemi non ci siano quando il risultato ci conforta. Magari non lo facciamo in modo esplicito, non lo facciamo in maniera del tutto consapevole, ma li educhiamo implicitamente a questo.
Pensiamoci: qual è la prima domanda che rivolgiamo loro quando tornano da scuola? Quasi sempre chiediamo: "Com'è andata?", e quasi sempre come risposta otteniamo l'immancabile: "Bene", davanti al quale ci fermiamo. Perché la verità è che vogliamo solo essere rassicurati. La domande giuste, invece, lo sappiamo tutti, sarebbero altre. Solo che sono domande che costano.
"Come stai oggi?", "Come ti senti?", "Cosa ti ha reso/a felice o cosa ti ha messo in difficoltà?". E sono domande difficili, certo. Sono domande che tendiamo a evitare, o che facciamo troppo poco, perché non vogliamo sentire davvero le risposte. Non li vogliamo sentire mentre magari ci dicono: "Sto una merda", "Mi sento solo", "Mi sento inadeguata", "Cerco di coprire la mia ansia prendendo tutti voti alti", oppure, al contrario, "Vado male a scuola perché forse solo così mi vedrai, solo se sarò un problema per te ti occuperai davvero di me, e non ti farai bastare le solite risposte di circostanza".
Invece la realtà in cui viviamo immersi converge verso un'unica convinzione: ti ameremo, ti ameranno, solo o soprattutto quando farai il bravo/a. Quando corrisponderai alle aspettative. E ci convincono troppo presto che l'amore sia quella roba lì, che abbia a che fare con il merito, e forse non a caso se questa parola è stata, ultimamente, così spesso fraintesa e tirata in ballo a sproposito.
"Ti vorrò bene solo se farai o desidererai le cose giuste", ecco il messaggio che continuerà a passare se resteremo schiavi di questo modello. Ecco il principale elemento della crisi che sta toccando moltissimi adolescenti. Ciò che li fa sentire invisibili, rifiutati, spesso poco adatti.
L'amore vero, quello sano, invece ti vede e ti accoglie proprio quando cadi, fallisci o perdi. Quando ti trovi davanti a qualcuno che non capisce bene chi è o cosa vuole diventare. Quando quel qualcuno non ha le ambizioni che speravi tu. Quando non esistono risposte giuste. Soprattutto allora. Perché non è evitare la polvere che ci salverà, non è evitare un cinque o un quattro o un due. È più probabile che, invece, lo faccia il riuscire a guardare in faccia quel cinque o quel quattro o quel due, oppure quel dieci, riuscendo a vedere il bambino o la bambina spaventati e affamati d'amore che ci stanno dietro. È a loro che bisogna parlare, a quella paura, a quel terrore, è loro che dobbiamo riuscire ogni volta a raggiungere.
Non solo quando quelle bambine o quei bambini sono i nostri.
Perfino quando quei bambini siamo noi.
Matteo Bussola
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asllanismo · 8 months
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Che giornata ieri!🙃
Parto con la F1, allora io sono contenta in tutti i casi più o meno perché 10° vittoria consecutiva di max che mi va benissimo anche se a monza speravo nelle ferrari (ovviamente la vittoria non era possibile però va be a monza ci sta sperare un pó di più per la rossa) e comunque una delle 2 ferrari a podio (speravo nel doppio podio 2° e 3° perché sappiamo che vince max😂) però di fronte a queste 2 red bull penso abbiano fatto il massimo sia in qualifica che in gara. Piccolo appunto un pó mi dispiace per Sainz perché sembra che per alcuni (un pó troppo fanatici di leclerc a mio parere) lo incolpano sempre cioè se fa la pole position non la deve fare, se arriva prima di leclerc e non é giusto però se queste cose non le fa é scarso da buttare via. Onestamente io che tifo ferrari (e visto che non c'è niente in palio) sono contenta se tutti e due fanno bene poco importa se sul podio sale uno o l'altro basta che lo fanno, poi sainz é stato bravissimo tutto il weekend quindi podio meritato anche se avrei preferito che leclerc battagliasse un pó di più con perez (che gli stesse più a culo quando perez era ancora dietro a sainz) che con sainz alla fine che poraccio ieri si é difeso tutti i giri😕.
INTER😍🖤💙 thuram per me é fantastico, si "sacrifica" un sacco, recupera da dietro e ha un senso della posizione ottimo oltre che avere tecnica. Lauti é sempre Lauti e ancora ottima la fase difensiva che devo dire sta andando meglio poi adesso vedremo con pavard comunque quando giocano cosi come sanno fare loro sono belli da vedere si vede che erano "tranquilli".
La risposta di lauti su lakaka mi ha fatto volare😂😂
sono tornato!!!!! perdonami ma fra il viaggio e il ritorno a lavoro ho avuto tempo di rispondere giusto a chi mi caga il cazzo per stronzate 🙏
Della gara devo dirti che mi ha gasato parecchio che la Ferrari li abbia lasciati correre perché, nonostante fossi parecchio preoccupato perché vedevo max perdere due secondi a giro verso la fine lmao, mi ha intrattenuto e non poco la battaglia! A me Sainz non fa impazzire e non tifando Ferrari non metto bocca su questioni che possono essere interne al team però c'è da dire che non gli si può dire nulla per quel weekend, è stato perfetto e più veloce del compagno da venerdì a domenica, il podio meritatissimo e in generale un weekend dove ha meritato solo complimenti.
Tikus mi sta sorprendendo in un modo che non riesco neanche a descrivere a parole, alcune delle sue qualità già le conoscevo perché ogni tanto mi capita e capitava di guardare la bundes e spesso le partite del borussia m. le fanno su sky, però non avrei mai immaginato che potesse avere un'importanza del genere nel nostro gioco perché ti giuro, saranno solo tre partite ma in questo momento non riesco a immaginarmi una nostra partita senza lui. Con Lauti deve ancora trovare l'intesa al 100% ma già hanno fatto vedere ottime cose quindi una volta trovata, se tutto va bene, magari potremmo aver risolto il grande dubbio sull'attacco che ci ha messo questo mercato (le riserve resteranno sempre un pochino il problema ma vediamo, secondo me siamo messi meglio che per dire la stagione 21/22 con questo Thuram).
La difesa è forse quella che più ti fa capire come Inzaghi abbia lavorato anche su se stesso in questo anno e di come sia in continua crescita come allenatore, perché la differenza rispetto allo scorso anno è veramente abissale. Pavard non ha ancora giocato quindi bene o male sono gli stessi dell'anno scorso, ed è incredibile come sia riuscito completamente a invertire la rotta che se no sarebbe stata un'altra stagione con punti importantissimi persi subito (aldilà del fatto che l'anno scorso il problema fu anche la preparazione atletica dell'intera squadra, se ripenso a quel Lecce-Inter mi vengono i conati).
Ho visto che dell'intervista di Lauti è uscito il video, quel sorrisetto alla risposta sull'esultanza mi ha semplicemente ucciso ❤️
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serwayne · 11 months
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Denunciatori di Favoritismi
Li conosciamo, li odiamo, li amiamo e probabilmente, almeno una volta nella vita, almeno per un giorno, siamo stati al loro posto. Chi non ha presente i Denunciatori di Favoritismi, Egregi Ruolisti, non ha mai giocato on line.
Mentre gli altri esplorano catacombe sepolte dal ghiaccio, corteggiano incappucciati fighi quanto Jason Statham, imbottiscono di esplosivo le fogne infestate dai vampiri, improvvisano risse demenziali in taverna e chi più ne ha più ne metta, i Denunciatori di Favoritismi – d’ora in avanti DdF – se ne stanno lì. Soli. In un angoletto del sito ufficialmente denominato “Bacheca Proposte e Problemi” e ufficiosamente noto come “Quel grumo di pixel su cui nessun Master clicca mai e poi mai se non per sbaglio”. Se ne stanno lì – lividi in volto, offesi nei sentimenti – a postare pipponi da 30.000 caratteri enumeranti i “32 principali motivi per cui cui questo gioco on line sta decadendo, non è più divertente e fa schifo”.
Il più delle volte i “favoritismi” che questi soggetti combattono con tutte le loro energie non esistono affatto, sono proiezioni nate dalla malafede o, più facilmente, da qualche incomprensione su un concetto di per sé aleatorio e soggettivo come il cosiddetto “buon gioco”. Non di rado però i DdF hanno ragione, punto e basta: lo staff che guida il gioco è veramente corrotto, interpreta disonestamente le regole, non rispetta i giocatori, eroga premi e punizioni in modo arbitrario e magari, nel buio malsano del Forum DM, divora neonati in fasce e sacrifica cuccioli di foca al Bafometto (non mi stupirei per niente).
Lo sdegno dei DdF, in questi casi, è perfettamente comprensibile. La cosa un po’ meno comprensibile, in uno scenario che conta centinaia di giochi on line dello stesso tipo, è il fatto che non emigrano, non se ne vanno, non si trasferiscono in una comunità in cui potrebbero rischiare di divertirsi sul serio. No. Loro restano in quella che disprezzano a morte, al solo scopo apparente di spiegare a cani e porci tutte le ragioni per cui la disprezzano a morte.
Perché lo fanno?
Le religioni, la filosofia e le scienze non hanno ancora dato una risposta a questa domanda, ma l’inestimabile rubrica Etologia con Nigropedia può già proporvi una rapida carrellata sull’eziologia del fenomeno e sulle principali sottospecie di DdF che ne derivano: non è entusiasmante?
Cominciamo con…
1) Il Veterano Amareggiato
Questo tipo di DdF è sempre un anziano della Land di cui sparla su cui flamma in cui gioca.
Di solito si tratta un Cocco del Master caduto in disgrazia o di un Ottimo-Ruolista deluso, quindi di qualcuno che, dopo mesi se non anni di coccole e privilegi, per un motivo o per l’altro si è trovato a essere trattato dai gestori esattamente come tutti gli altri giocatori (cioè di merda) e se l’è presa parecchio.
Quello che prima era “un vero gioiellino nel disastrato panorama ludico dei Play by Chat italiani” d’un tratto gli appare come “il solito magna-magna per Amici dei Master”.
Il DdF può vivere la cosa come una mutazione improvvisa e ferale – in questo caso tende a dare la colpa a un qualche elemento arruolato di recente nello staff – oppure come un lento e inesorabile processo putrefattivo che ha gradualmente eroso la Moralità e la Purezza Originaria (il DdF, sappiatelo, non teme le parole grosse) della gestione. In ogni caso la sua campagna per screditare il gioco si basa sempre sul nucleo mitopoietico di una leggendaria Età dell’Oro: tempi remoti di cui s’è persa la memoria diretta, giorni felici in cui “si giocava e basta”, ormai defunti, sepolti sotto i peccati di “gente che non distingue l’ON dall’OFF” e “Master che fanno giocare solo La Cricca”.
Durata media dell’infestazione: Altissima
Ecco… Non so come dirvelo… La verità è che un Veterano Amareggiato può andare avanti anche per sempre.
Fate login nel vostro GDR on line preferito, entrate nell’equivalente locale della bacheca “Proposte e Problemi” e date un’occhiata alle date: scoprirete che qualcuno “sta pensando di lasciare Questalend”, perché “Questalend sta decadendo”, da prima che i vostri genitori si conoscessero.
Ora non vi spaventate però. Mai Dire Nigro non è uno di quei sitacci che fanno del facile allarmismo il proprio pane quotidiano. Sappiate che a volte questi DdF se ne vanno davvero.
E poi tornano. Di nascosto. Con un altro PG.
2) L’Ex-Master
Una variante particolarmente pericolosa ma tendenzialmente meno infestante del Veterano Amareggiato.
Il background, a grandi linee, è sempre lo stesso.
L’Ex-Master, da “semplice player”, si divertiva un casino e faceva un sacco di gioco. Quando gli è arrivato il fatidico invito a entrare nella grande famiglia dello staff non stava più nella pelle dalla gioia. Peccato che, scalati i vertici di quella che percepiva come una gloriosa gerarchia di potere e/o prestigio, si sia trovato a fare assistenza ai niubbi, a risolvere i problemi tecnici dei player, a schiacciare i brufoli sulla schiena dell’Admin Maximo e – soprattutto – a sopportare la petulanza dei DdF già in attività. In poche parole: una vita indegna di essere vissuta.
A un certo punto, dopo aver ingoiato tante grosse cucchiaiate di cacca, il futuro DdF Ex-Master decide che è venuto il momento di assaggiare un po’ di prelibata **influenza sulle sorti di *****Questalend*** e…
Avanza un paio di “proposte per migliorare il gioco” (tipo “Far colpire subito da un fulmine Ser Tromphius, l’arcinemico del mio PG” o “Rimodellare subito Questalend a mia immagine e somiglianza”), viene sfanculato da Chi Conta Davvero Nello Staff, si dimette e rosica.
Entra in polemica per futili motivi con la fidanzata di Chi Conta Davvero Nello Staff, viene sfanculato, si dimette e rosica.
Rifiuta di lavare la macchina di Chi Conta Davvero Nello Staff, viene sfanculato, si dimette e rosica.
… Potrei continuare con gli esempi, ma il succo è sempre quello: il DdF Ex-Master è un DM che è stato sfanculato, si è dimesso e ha rosicato. Da quel momento in poi, sputtanare Chi Conta Davvero Nello Staff è diventato lo scopo della sua vita.
Durata media dell’infestazione: Alta
Se non ha la minima nozione di linguaggi di programmazione e markup, un soggetto del genere può infestare la comunità anche per uno o due anni. Altrimenti è questione di settimane o di mesi, dipende da quanto ci mette a programmare Altralend: una comunità in cui “certe cose non succederanno” (a lui).
3) Il Rompicoglioni con la Sindrome da Fase Innamoramentale
Il lunedì pomeriggio entra in una città virtuale, dà una letta superficiale al manuale, fa quattro chiacchiere di benvenuto con Master Simpaticone, due giocate – con i player più divertenti in circolazione, per puro culo – e decide al volo di essere capitato nel Miglior Gioco della Galassia®.
Nella settimana che segue gioca tutti i giorni (con player che gli salgono sulle palle al secondo turno), legge l’ambientazione (che gli fa schifo), le regole (che non condivide) e conosce il resto dello staff: Master Culostretto, Master Rabbioso, Master Stressato e Master Competitivo.
La domenica sera è appostato nella Bacheca di cui sopra, a vergare l’incipt di un thread dal titolo: “Quanto sarebbe meglio questa comunità di gioco diceless con ambientazione fantasy à la Tolkien se fosse basata sul d20 System, genere fantascienza bellica, un po’ tipo Starship Troopers”. Quando si trova inesplicabilmente sommerso di vaffanculi più o meno velati apre una seconda discussione: “Quanto sarebbe meglio Questalend se non ci fossero i Gestori Tirannici che non valorizzano il contributo dei nuovi arrivati e i Veterani Nonnisti rammolliti da una vita di privilegi e se tutti qui fossero proprio ugualidentici a me e se la pensassero precisuguale a come la penso io”.
Durata media dell’infestazione: Bassa
A meno che non abbia chiamato gli amici durante la sua prima settimana di entusiasmo, questo tipo di DdF tende a stancarsi presto. Privo di supporto per le sue crociate in bacheca e di partner per le spettegolate in MSN, è uno dei pochi DdF che quando se ne esce con il fatidico “sto pensando di lasciare Questalend”… sta veramente pensando di lasciare Questalend.
4) Il Genio Incompreso
Sebbene sia uno dei pochi giocatori veramente bravi in Questalend – se non addirittura l’unico! – nessuno lo apprezza, nessuno lo premia, nessuno ci vuole giocare. E a lui va bene così, purché possa passare la vita e la morte a lamentarsene.
Durata media dell’infestazione: Imprevedibile, recrudescenza periodica
I DdF di questo tipo non sono player particolarmente fedeli. La loro opposizione alle norme esplicite e implicite che governano ogni comunità gli impedisce di radicarsi davvero in questo o quel sito, costruendo un po’ di gioco da idealizzare per inventarsi un’Età dell’Oro o solo un gruppetto di rosiconi fidati con cui commentare le nefandezze dei Master.
Quel che gli interessa davvero è la posizione da outsider e può ottenerla facilmente in un sacco di comunità: gli basta iscriversi solo in quelle che propongono convenzioni molto diverse dalle sue sul concetto di “buon gioco”.
Il Genio Incompreso è un DdF seriale: vaga di comunità in comunità e periodicamente torna a visitare tutte quelle che ha infestato, per constatare amaramente che “le cose sono cambiate, sì, ma in peggio”.
Post originariamente pubblicato il 13/07/2012 su Mai Dire Nigro dall'ineffabile Ser Wayne.
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