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diceriadelluntore · 1 year
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Storia Di Musica #255 - AA.VV., Dylan In Jazz. A Jazz Tribute To Bob Dylan, 2018
Wagram è un sobborgo austriaco, appena fuori Vienna, e fu teatro di una delle più grandiose battaglie napoleoniche: il Generale Bonaparte conseguì una delle sue più grandiose vittorie, in una sanguinosa battaglia contro l’esercito degli austriaci comandati dall'Arciduca Carlo. È anche il nome di una stazione della metropolitana parigina, ed è lì che nacque ai suoi fondatori l’idea di fare una etichetta discografica indipendente, nel 1999. Fautrice di numerosi progetti interessanti, nel 2018 quelli della Wagram hanno pescato nel mare magnum delle cover di canzoni di Bob Dylan (sebbene il calcolo è per forza di cosa approssimativo, si contano accreditate cover su 300 canzoni con autore o co-autore Dylan da parte di oltre 1500 artisti) delle riedizioni particolari dei classici del menestrello di Duluth. Ne è uscita fuori una compilation dal grande gusto e dalle scelte niente affatto scontate, che è il piccolo regalo di Natale di questa rubrica. Il titolo, Dylan In Jazz, spiega solo in parte le scelte e gli artisti, in una selezione che nasconde delle storie niente affatto male. Tutte le registrazioni erano presenti in dischi precedenti, ma insieme mostrano una amalgama sfiziosa e logica. Si parte con la riedizioni blues di Master Of Wars di Eric Bibb, grandissimo nome della chitarra acustica blues, che con la sua voce cavernosa e i tocchi “tristi” alla sei corde racconta dei signori della guerra, classico di Dylan sfortunatamente sempre di attualità. Il secondo brano è la prima perla: Jack DeJohnette, formidabile batterista jazz, con il bassista Larry Grenadier, John Medeski alle tastiere (il quale collaborerà spesso con lo stesso Dylan nella sua carriera) e la chitarra di John Scofield, pioniere del jazz rock con Miles Davis, nel 2017 scrivono un disco a nome Hudson, in omaggio al fiume che attraversa New York, bellissimo e in cui fanno una cover strumentale, e riuscitissima, di Lay Lady Lay, classico da Nashville Skyline (1969). Ben Sidran, tastierista, produttore, ingegnere del suono, dedicò un intero disco a cover di Dylan, Dylan Different del 2009, da cui sono tratte le sue interpretazioni smooth jazz di Knockin’ On Heaven’s Door e Gotta Serve Somebody, una delle gemme meno conosciute di Bob Dylan, dal suo album “gospel” Slow Train Coming del 1979, canzone tra l’altro che vinse il Grammy come migliore canzone rock maschile nel 1980. Abbey Lincoln, cantante e compositrice jazz, attivista dei diritti civili e femminili, moglie di Max Roach, rilegge con passione Mr. Tambourine Man, dall’ arrangiamento con spiccato groove della batteria. Joshua Redman, sensazionale sassofonista della ultima generazione, insieme all’altrettanto grandioso piano di Brad Meldhau, suona una deliziosa The Times They Are A-Changin’, uno dei pezzi più belli della carrellata. C’è una bella parentesi di black music: la versione R&B/soul/funk dei Neville Brothers di The Ballad Of Hollis Brown, due artisti dimenticati come Stanley Turrentine con una versione, piuttosto modificata, di Blowin’ In the Wind, Girl From The North Country del compianto Howard Tate, fenomenale cantante soul la cui carriere non decollò mai del tutto per i suoi problemi di alcool e eroina. Il jazz ritorna nella scelta della storica cover che Keith Jarrett fece di My Back Pages, dal suo album Somewhere Before del1968, il mandolino elettrico di Bill Frisell in una versione strumentale struggente di Just Like A Woman, la ripresa di Ballad Of Thin Man di Jef Lee Johnson con Charlie Patierno e Yohannes Tona. Molto belle le cover cantate di Like A Rolling Stone, dalla cantante jazz danese Cæcilie Norby con un arrangiamento dolcemente caraibico, e una cover sentita di Everything Is Broken, singolo di Oh Mercy! del 1989, un disco che rilanciò nel mondo musicale Dylan, della cantante francese Louisa Bey. Personalmente è bellissima la cover di Don’t Think Twice, It’s Alright (che è una delle canzoni con più cover in assoluto) del duo franco-italiano composto dalla band el pianista Olivier Hutman e dalla voce, meravigliosa, di Alice Ricciardi. L’ultimo verso di uno dei testi più belli e dolorosi del Dylan giovanile (il brano è da The Freewheelin’ Bob Dylan del 1963) dice:
Arrivederci, dolcezza Dove sono diretto non posso dirlo Ma ciao è una parola troppo bella, babe Così dirò solamente addio Non sto dicendo che mi hai trattato male Avresti potuto fare di meglio ma non mi interessa Hai solamente sprecato il mio tempo prezioso Ma non pensarci, va tutto bene.
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osaru369 · 1 year
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SABATO 14 GENNAIO DALLE 19.00 noi di @community_c.a.s.a e @libri_e_spritz siamo lieti di invitarvi alla meravigliosa, fantasmagorica, FESTA di INAUGURAZIONE C.A.S.A. a Piazza San Cosimato, 39 Roma La Community Autogestita Scrittori Artisti vi aspetta per fare FESTA e dedicare tutti i mercoledì all’arte, all’ambiente, alla bellezza, alla nostra comunità artistica e non solo. Non Mancate!! Avremo musica, mostra fotografica e divertentissimo OpenMic di tutti gli artisti che vorranno cimentarsi per qualche minuto. Vi ricordo inoltre oggi sabato 14 alle 10:05 andrà in onda un mio piccolo intervento radiofonico in qualità di presidente della associazione @community_c.a.s.a e cofondatore di @libri_e_spritz su @rrc_radio (FM 93 MHZ) con il grande @andreapranovi che ringrazio. Grazie a @imagoframe e @isabella.cognatti per aver creato assieme questa magia e grazie ai co-fondatori di casa e amici @the_kintsugi_jar e @federico.raponi.it Inoltre un grazie a @officina.b5 e @lorenzoterranera per sopportarci #communitycasa #libriesprits #festainaugurazione #piazzasancosimato #roma #danielepozzi #federicoraponi #thekintsugijar #isabellacognatti #imagoframe #bellestorie #community_c.a.s.a #liberidisceglierelaqualità #librerieindipendenti #libreriediroma #trastevere #trastevereroma #primomunicipio #municipioi #affreschidiquartiere #omardeicorvi #rai3 #officinab5 #lorenzoterranera #libriespritz #piazzasancosimato https://www.instagram.com/p/CnYhq9DINAJ/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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chez-mimich · 1 year
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ART ENSEMBLE CHICAGO_THE SISTH DECADE: “FROM PARIS TO PARIS” (parte I)
All’Art Ensemble of Chicago mi legano alcune circostanze che potrebbero annoiare il lettore, ma non il sottoscritto e allora mi permetto di ricordarle lo stesso. La prima è che lo straordinario ensemble registrò a Parigi (la mia città dell’anima), il primo disco: “A Jackson in Your House”. La seconda circostanza è ancora legata a Parigi, poiché il mio primo disco jazz fu proprio “A Jackson in Your House” e lo acquistai a Parigi nella neonata FNAC, circa dieci anni dopo. E' quindi sempre con grande gioia che accolgo una nuova uscita dell'AEOC, anche se, naturalmente, l'ensemble è molto cambiato, non solo nella sua composizione, ma anche nella sua musica. A dire il vero è cambiato in molto, ma non certo nello spirito di ricerca, sempre costante ed indomito. Che lo spirito non sia affatto cambiato lo dice anche il titolo di quest'ultimo lavoro: "The Sisth Decade: From Paris to Paris". Due i "sopravvissuti" del vecchio AEOC ovvero i co-fondatori Roscoe Mitchell (sax e flauto) e Famoudou Don Moye (batteria e percussioni e attrezzi vari). Il disco in uscita il prossimo 20 gennaio presso Bandcamp (e anche su vinile in edizione limitata), è il risultato di una registrazione effettuata nel febbraio del 2020 presso la “Maison des Arts” di Créteil, periferia di Parigi, nell’ambito del prestigioso “Festival Sons d’Hiver”. Si tratta di un disco doppio per un totale di diciassette brani, dei quali il primo “Leola” insieme a “Odwalla” e “Funky AECO”, appartengono alla produzione originaria dell’AEOC. E allora “…Make your choice, trust your voice…” e immergiamoci nell’ascolto in questo ventre di balena che è “The Sisth Decade: From Paris to Paris”. Un lavoro che, come allude il titolo contiene il punto di partenza e quello di arrivo, la scaturigine e la foce, o forse sarebbe meglio dire il delta, in considerazione delle tante mutevoli e variegate sonorità che ha prodotto lo straordinario ensemble. Molto di ricerca i primi brani del primo “disco”, anche se nel caso dell’AECO” tutti i termini, i generi, le influenze, le contaminazioni, vanno usati o con estrema parsimonia oppure, all’opposto, nella maniera più spregiudicata, poiché l’universo musicale dell’AECO è letteralmente incontenibile, forse incommensurabile. Piluccando nel possente lavoro, ecco la track n. 2, “Introduction to cards”, con la tromba torturata con grande maestria da Hugh Ragin e, a tale proposito, ricordo che nel gruppo originario la tromba la suonava un certo Lester Bowie. “Great Black Music” è un certificato di nascita sonoro, una rivendicazione orgogliosa delle origini della musica dell’ensemble, tutta sussurrata da percussioni colte e minimali, con un recitativo esplicito e diretto che, come la voce di un predicatore, assegna all’AEOC il posto che gli spetta nelle origini del jazz. Il pezzo che segue, “Kumpa” sembra voler andare ancora più in profondità e l’Africa qui non è solo una allusione lontana, ma è profondamente presente nel ritmo nella melodia e nella lingua cantata, pezzo di strabiliante bellezza e solo leggermente sfiorato e cullato dal pianoforte. Il brano trascolora e prosegue nel seguente “Stormy Weather” che pian piano sembra voler dissolvere le sonorità etniche, per inglobare la musica colta e di ricerca. Un doppio brano insomma che assomiglia ad una voce enciclopedica dei generi musicali. (continua)
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luckycorner1200 · 1 month
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ben the dog
🐶Ben The Dog è su #BITGET📷
$BENDOG è la #memecoin ispirata al cane di uno dei co-fondatori di #Solana!
Sarà la prossima meme ad esplodere? 📷📷 Entra nella community italiana per saperne di più 📷https://t.me/Bitget_Italia Non sei ancora su Bitget? 📷
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londranotizie24 · 1 month
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di-biancoenero · 3 months
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Aldebaran(1935) con Gino Cervi, Evi Maltagliati, di Alessandro Blasetti
Il figlio dell'ammiraglio, rischia la carriera e l'onta a causa di una serie di distrazioni in servizio dovute alla gelosia per la moglie mondana. Si riscatterà attraverso un'eroica azione durante il recupero di un sottomarino affondato. Intensamente emotiva e momento di gran cinema, la scena del recupero: la telecamera scorre all'interno del sottomarino inquadrando gli uomini dell'equipaggio abbandonati all'abbraccio della morte, mentre una voce nel sottofondo legge la Preghiera del Marinaio. Mussolini voleva un film che celebrasse l'orgoglio della nazione : la flotta della Regia Marina; Blasetti voleva fare un film intimista, sul classico conflitto tra passioni e dovere. Ne nasce una pellicola che è un omaggio agli uomini di mare, ma è piutttosto fredda nella prima parte, si ravviva nelle scene del salvataggio. Come ricorda Cervi in alcune interviste degli anni '50, il film fu girato presso gli stabilimenti cinematografici della storica Cines, che prese fuoco dopo le riprese del ballo, e a bordo dell'incrociatore Bolzano, dove l'attore ebbe modo di conoscere fra i tanti, anche il capitano Carlo Fecia di Cossato, medaglia d'oro al valore militare. Film d'esordio di Elisa Cegani, che sarebbe rimasta legata artisticamente e sentimentalmente al regista; tra i primi ruoli da protagonista per Cervi e la Maltagliati, attori molto apprezzati a teatro, co-fondatori della compagnia Tofano-Maltagliati-Cervi. Quest'ultimo iniziò un sodalizio con Blasetti, col quale realizzò molte tra le sue più riuscite pellicole negli anni '40. Da notare la breve comparsa di Alessandro Blasetti nel ruolo del radiotelegrafista e la collaborazione al film di due futuri registi quali Flavio Calzavara e Corrado D'Errico.
'Disgraziatissime le circostanze dell’elaborazione della sceneggiatura. Inutile riferirle. Malgrado la bontà dei collaboratori, la pellicola nacque come un compromesso; e così posso riallacciarla in certo modo a Terra Madre e a Palio, sia perchè ebbe come queste e più di queste un successo popolare, sia perchè come queste mancò di una seria costruzione e di una convincente impostazione. Fu la prima volta che affrontai, in un certo senso, il cosidetto dramma intimista. E il gusto fu tutto lì : che affrontai quello avendo voluto affrontare altro; e ne venne fuori quel tal compromesso che dette alla pellicola uno spiacevole senso di ibrido’ Alessandro Blasetti
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Tagli in arrivo, Google annuncia il licenziamento di centinaia di persone
AGI –  Google, controllata di Alphabet, ha annunciato che licenzierà centinaia di dipendenti in diversi team nell’ambito di un programma di taglio dei costi. Lo riporta Reuters spiegando che sono in uscita anche i co-fondatori di Fitbit James Park ed Eric Friedman. Il gruppo ha detto che taglierà centinaia di posti nella controllata Voice Assistant, mentre alcune centinaia di ruoli verranno…
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giancarlonicoli · 5 months
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10 dic 2023 18:20
LA “BANDA DEI BUONI” USAVA I MORTI IN MARE PER IMPIETOSIRE BERGOGLIO – LUCA CASARINI & CO., ALLA RICERCA DI SOLDI PER LE MISSIONI DELLA NAVE MARE JONIO E PER PAGARE GLI STIPENDI, NELLE CHAT PROGETTAVANO DI USARE L’ELENCO RISERVATO DEI MIGRANTI SCOMPARSI: “COSÌ FRANCESCO PERDERÀ LA TESTA PER L'ASSOCIAZIONE MEDITERRANEA” – LE ISTRUZIONI IPOCRITE AI VESCOVI: “NON CHIEDETE VERSAMENTI DIRETTI PER LA ONG” – IL CAPPELLANO DELLA MARE JONIO, DON MATTIA: “CON RATZINGER ALTRO CHE VATICANO NOSTRO AMICO”. E CASARINI: “BERGOGLIO COI SOLDI AI TRANS GLI HA FATTO VENIRE UN COLPO” -
Estratto dell’articolo di Giacomo Amadori per “La Verità”
In piena emergenza Covid la banda di Luca Casarini & C. era alla disperata ricerca di soldi per le missioni della nave Mare Jonio (per la verità molto poche), per acquistare un nuovo battello (missione non ancora riuscita) e per pagare gli stipendi (soprattutto quelli dell’armatore Beppe Caccia e di Casarini). Anche perché le spese fatte dai fondatori dell’associazione Mediterranea e della compagnia armatoriale Idra social shipping, secondo gli investigatori, nonostante gli stipendi non stellari (sotto i 2.000 euro) erano notevoli.
Per esempio in un’annotazione delle Fiamme gialle sui conti correnti di Casarini si legge: «Le somme percepite dai soggetti indagati non corrispondono a quanto effettivamente dichiarato anche alla luce del sistematico utilizzo di carte di credito prepagate intestate alla società, ma di fatto utilizzate per fini personali o per far transitare somme provenienti dai conti correnti aziendali. Al riguardo si precisa che il capo missione della Mare Jonio (in quel momento probabilmente Caccia, ma anche Casarini lo è stato, ndr) e principale indagato riceve mensilmente una media di euro 6.000 a titolo di rimborso spese dalla società armatrice Idra social shipping il cui conto corrente è alimentato da bonifici effettuati dalla Mediterranea saving humans Aps».
Quindi nel 2020 i nostri erano particolarmente affamati di soldi, nonostante il supporto dell’allora arcivescovo di Bologna Matteo Zuppi, il quale, oltre a donare i primi 50.000 euro consigliò alla ciurma come convincere gli altri monsignori («Ha detto di dire ai vescovi di non menzionare Med nella richiesta a Konrad Krajewskij», l’elemosiniere del Papa).
[…]
E verso novembre un bonifico della Fondazione migrantes portò a 150.000 euro «la quota di soldi avuti dalla Chiesa. Ma i soldi era considerati insufficienti e quando il vescovo emerito Domenico Mogavero portò in dono sulla nave dolci di pasta di mandorle fatti dalle suore benedettine, due bottiglie di vino Marsala («ottime» ci fa sapere Casarini) e un assegno di 1.000 euro, l’ex assessore veneziano Caccia, replica sarcastico: «Con la visita di altri 959 vescovi potremo acquistare la nave nuova».
Sarà per questo che i due imputati per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e il loro cappellano di bordo, don Mattia Ferrari, puntano, cinicamente, a colpire la sensibilità del Papa. Per esempio, il 14 agosto 2020, don Mattia chiede di poter vedere «la foto del ragazzo crocifisso» e, magari, di poterla mandare ai vescovi.
In realtà si tratta di uno screenshot estrapolato da un breve video in cui si vede il cadavere di un migrante che galleggia in mare con le braccia e le gambe spalancate. Casarini è dubbioso: «Quella foto vorrei mandarla solo al Papa e a Cz», ovvero il cardinale canadese Michael Czerny, particolarmente vicino al Pontefice. «Per i vescovi sto preparando una lettera/report in cui descriviamo».
Dopo due mesi l’ex leader delle Tute bianche rivela che uso abbia fatto di quel filmato con il morto, mentre sta scrivendo un articolo sulle torture in Libia a danno dei migranti: «Ho un’idea: e se ai vescovi facessimo giungere la mia famosa lettera al Papa, quella in cui parlo del crocefisso in mare con la foto, ovviamente attualizzando ad oggi? Cioè parliamo a uno perché intendano gli altri». Il cappellano risponde che «ci può stare».
Ma tra le mosse promozionali che lasciano interdetti ce n’è un’altra altrettanto macabra. E la lancia don Mattia il 18 aprile 2020: «Ragazzi, un’altra cosa importante, che potrebbe essere molto utile. Visto che sappiamo i nomi delle persone morte e chi sono i loro familiari, potremmo chiedere ai loro familiari o amici di scrivere una lettera al Papa. Sicuramente Czerny gliela porterebbe». Casarini anche in questo caso non è completamente d’accordo: «Troppo complicato ora. Ovviamente questa cosa dei nomi è super riservata».
Il cappellano non si arrende: «Però teniamola presente come possibilità per il futuro. Il Papa in generale a questa cosa dei nomi tiene moltissimo. Quindi fargli sapere che li sappiamo sarebbe fargli perdere la testa per Med. E una lettera dei familiari, la farebbe appendere su tutte le bacheche». Un marketing cimiteriale, degno dell’agenzia Taffo, in cui i morti diventano figurine da utilizzare per ottenere finanziamenti dalla Chiesa.
Nelle chat colpiscono molto anche le considerazioni riservate a Papa Benedetto XVI, al secolo Joseph Ratzinger, morto l’ultimo giorno dello scorso anno. È il 4 maggio 2020 ed è appena uscito nelle librerie tedesche Ein Leben, la biografia di mille pagine del giornalista amico Peter Seewald. Il volume contiene un’intervista intitolata «Le ultime domande a Benedetto XVI», in cui il Pontefice emerito denuncia: «Mi vogliono silenziare». Don Mattia è molto critico: «Avete visto le ultime uscite di Ratzinger? Se c’era ancora lui, altro che il rapporto di Med con la Chiesa».
[…]
Il cappellano fa presente come sarebbe la situazione senza Francesco: «Non avremmo avuto neanche Zuppi a Bologna, Lorefice (l’arcivescovo Corrado, ndr) a Palermo e Czerny cardinale». Ovvero i bancomat della banda. E sebbene Ratzinger nell’intervista non avesse attaccato Jorge Mario Bergoglio e anzi avesse assicurato che l’amicizia con lui era cresciuta, don Mattia ironizza: «Con i soldi dati ai trans da Papa Francesco gli è venuto un colpo». Anche perché il Papa emerito, nel tomo, sosteneva che il «matrimonio omosessuale» e l’«aborto» sono il «potere spirituale dell’Anticristo». […]
Addirittura Don Mattia posta un cuore quando Casarini cita il libro Impero dell’ex «cattivo maestro» padovano Toni Negri e di Michael Hardt, in cui è scritto che «la leggenda di San Francesco d’Assisi» potrebbe «illuminare la vita futura della militanza comunista».
[…]
A un certo punto don Mattia punta a diventare presidente di Mediterranea: «Per quanto riguarda la gestione interna di Med, ricordatevi anche che se si va verso l’ipotesi di una mia presidenza […], l’autorizzazione di don Erio è fondamentale perché la nomina possa avere effetto. Nel caso, potete fargli il nome di don Luigi Ciotti come esempio di prete presidente di un’associazione».
Purtroppo per il giovane prelato il via libera non arriva.
Il giovanotto chiede il parere a Czerny, specificando che i membri dell’associazione lo vorrebbero incoronare e che Zuppi e Castellucci pensano che dovrebbe accettare, ma ammette anche che forse non sarebbe un buon presidente. E il cardinale canadese lo gela: «Sono d’accordo con la tua conclusione (no grazie), anche se saresti un buon presidente. Per favore, prova a rifiutare con fermezza».
Zuppi suggerisce: «Fatti fare onorario. Lui forse non vuole che ti identifichi e prendi responsabilità dirette». Pure il vescovo Castellucci frena l’entusiasmo del candidato: «Anche la Congregazione della dottrina della Fede chiede di declinare, forse è bene che tu chieda a Luca e Beppe di pazientare almeno per un mandato». L’aspirante presidente è scorato: «Non ho capito che sta succedendo».
Casarini non vuole problemi: «Scrivigli che farai così e che ti fidi di loro». Don Mattia si scalda: «Certo non ho scelta. Ma questa modalità di Czerny che non dà spiegazioni e che pare che sia intervenuta la Congregazione per la dottrina della fede mi fa arrabbiare». Caccia prova a smorzare la tensione: «Niente di grave: sanno anche Loro quanto vali e vogliono tenerti a far carriera nella Loro Organizzazione».
Casarini prova a inserirsi: «Siamo Mediterranea, mica la bocciofila». E il cappellano rincara: «Io tengo più a Mediterranea che a far carriera nella mia organizzazione». E conclude: «Il segretario della Congregazione per la dottrina della fede è un destrone. È contro le Ong». Probabilmente il riferimento è all’attuale vescovo di Reggio Emilia Giacomo Morandi. Caccia, curiale, chiude il discorso: «La Provvidenza farà in modo che tutto funzioni per il meglio».
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scienza-magia · 6 months
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Chi sono i miliardari dietro Kkr, il fondo che ha comprato la rete Tim
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Kkr, chi sono i miliardari dietro il fondo che ha comprato la rete Tim. Li chiamano ‘I barbari’. Tutta colpa di un libro del 1989 che racconta il loro affare più celebre: il leveraged buyout – l’acquisizione con denaro preso in prestito – di Rjr Nabisco, all’epoca il 19esimo conglomerato industriale degli Stati Uniti. Rjr Nabisco, nata pochi anni prima dalla fusione tra un’azienda di tabacco e una di dolci, era guidata da F. Ross Johnson, che nell’autunno del 1988 decise di comprarla e toglierla dalla Borsa. Ne parlò con Henry Kravis, che assieme a George Roberts guidava il fondo Kkr. Poi cambiò idea e scelse di farsi affiancare dalla banca d’affari Shearson Lehman Hutton, progenitrice di Lehman Brothers, e dall’investitore Ted Forstmann. Kravis e Roberts, traditi, scatenarono un’asta. Dopo 40 giorni di intrighi, colpi bassi e trattative notturne, in cui entrarono in scena come consulenti, finanziatori o concorrenti tutti i pesi massimi di Wall Street, la vinsero. Intanto, però, il prezzo era lievitato. Il 30 novembre Kkr annunciò di avere comprato Rjr Nabisco a 109 dollari per azione. Prima del 20 ottobre, data delle prime notizie sull’acquisizione, il titolo veniva scambiato a 56 dollari. In tutto, Kravis e Roberts pagarono 24,88 miliardi: era il più grande leveraged buyout della storia. Forstmann li accusò di non avere “soldi veri”, ma “merda falsa da junk bond”, cioè da titoli spazzatura. Wall Street, secondo Forstmann, aveva l’obbligo di fermare investitori come Kravis: “Dobbiamo respingere i barbari che sono alle porte della città”. La frase ispirò il titolo del libro di due giornalisti del Wall Street Journal, Bryan Burrough e John Heylar: Barbarians at the Gate. Chi sono i fondatori di Kkr
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Henry Kravis (a sinistra) e George Roberts, fondatori di Kkr (foto Ko Sasaki per Forbes) Share L’investimento in Rjr Nabisco fu perdente, a causa del prezzo spropositato e dei debiti contratti per completare l’operazione. Ciò nonostante, Kravis, 79 anni, e Roberts, 80, non sono sono stati cacciati dalla città. Oggi sono due delle 100 persone più ricche d’America, con patrimoni di 8,9 e 9,7 miliardi di dollari. Kkr è cresciuta fino a gestire asset per 500 miliardi e ad assemblare un portafoglio con centinaia di società. La sua ultima operazione è l’acquisto della rete di Tim per 22 miliardi di euro. Kravis, originario di Tulsa, in Oklahoma, e Roberts, nato a Houston, in Texas, sono cugini di primo grado e amici d’infanzia. Secondo la storia ufficiale di famiglia, il loro ultimo litigio risale al 1951, quando Kravis rimediò 23 punti di sutura. Frequentarono insieme il Claremont McKenna College, in California, e dopo qualche anno si ritrovarono alla Bear Sterns, una grande banca d’affari che sarebbe stata travolta dalla crisi dei mutui subprime e acquisita da JPMorgan. La nascita di Kkr In Bear Sterns, i cugini lavorarono sotto Jerome Kohlberg, capo della divisione finanziaria. Con lui formarono un trio specializzato in acquisizioni. Puntavano soprattutto ad aziende con problemi di successione, che erano troppo piccole per quotarsi in Borsa, ma che i fondatori non volevano cedere a un concorrente. Nel 1976 proposero alla banca di creare un fondo apposito. Quando i dirigenti rifiutarono, si misero in proprio. Con 120mila dollari dei loro risparmi, fondarono Kohlberg Kravis Roberts & Co: Kkr. La nuova società si specializzò in leveraged buyout. Negli anni ’80 divenne sempre più aggressiva e iniziò a comprare aziende sempre più grandi. Kohlberg, contrario al nuovo corso, si dimise nel 1987. Kravis e Roberts sono rimasti co-amministratori delegati fino al 2021, quando hanno nominato come successori Joseph Bae e Scott Nuttall (anche loro miliardari). Oggi sono co-presidenti esecutivi. Nella seconda parte della carriera hanno lavorato separati: Roberts si è stabilito a San Francisco, Kravis a New York, in un ufficio arredato con targhe commemorative delle operazioni più importanti di Kkr. Su una parete, una citazione di Machiavelli. Tradotta e parafrasata, suona così: “Chi introduce ha per nemici tutti coloro che traevano un beneficio dalle vecchie istituzioni e ha tiepidi difensori in tutti coloro che trarrebbero giovamento dalle nuove”. La seconda era di Kkr Nel XXI secolo Kravis e Roberts hanno provato a presentarsi con un nuovo volto da imprenditori illuminati. Quindici anni fa hanno siglato un accordo con la no-profit Environmental Defense Fund in cui si sono impegnati a tracciare i rifiuti prodotti dalle loro società, le emissioni di gas serra, il consumo d’acqua e l’uso di materiali tossici. “Vent’anni fa non ero un grande sostenitore dell’esg”, ha dichiarato Kravis a Forbes. “Per me la cosa più importante era: se la società guadagna bene, tutti gli stakeholder traggono benefici. Poi mi sono convertito”. Nella stessa intervista, Kravis ha raccontato come il modo di operare di Kkr sia distante da quello dei corporate raider, gli investitori che comprano aziende indebitate per smembrarle. “Non puoi comprare una società e tagliare tutti i costi. Non è un modello di business sostenibile. Se non reinvesti per creare nuovi prodotti, nuovi stabilimenti e nuovi modi di fare affari in nuovi mercati, alla fine morirai”. Nel 2010 Kkr ha arruolato come direttore della divisione industrial buyout Pete Stavros, un sostenitore della distribuzione di azioni ai dipendenti come strumento per aumentare la produttività. Dopo il suo insediamento, il fondo ha assegnato centinaia di milioni di dollari di titoli ai lavoratori delle imprese acquisite. Gli affari in Italia e il caso Marelli L’acquisto della rete di Tim è solo l’ultimo affare italiano di Kkr. Il fondo ha investito per la prima volta nel nostro Paese nel 2005 con Selenia, un’azienda di oli lubrificanti comprata per 835 milioni di euro e rivenduta due anni dopo a Petronas per un miliardo. Poi sono arrivate Sistemia (gestione crediti), Argenta (distributori automatici), Inaer (elicotteri), Sirti (reti di telecomunicazione), FiberCop (rete Tim), Industria chimica emiliana (principi attivi farmaceutici), Cmc (packaging), Fedrigoni (carta). Di recente si è parlato molto di Kkr anche per il caso Marelli. Il fondo ha acquistato l’azienda nell’ottobre 2018 da Fca per 5,8 miliardi di euro, tramite la giapponese Ck Holdings. La fusione ha dato vita al settimo polo mondiale della componentistica per auto, ma nel 2022 Marelli si è trovata schiacciata da 7,9 miliardi di debiti e ha dovuto varare un piano di ristrutturazione. A settembre Kkr ha annunciato la chiusura dello stabilimento di Crevalcore, in provincia di Bologna, poi sospesa. In quello di Venaria Reale, nel Torinese, secondo la Fiom sono a rischio 500 posti di lavoro. Read the full article
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notiziariofinanziario · 6 months
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Ricavi del gruppo Prada in aumento del 17% 
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Il settore della moda e del lusso europeo va verso una normalizzazione delle crescite di ricavi e redditività, pur in presenza di differenze tra i protagonisti. Dati sopra le attese Il gruppo guidato dal ceo Andrea Guerra e dai co-fondatori Patrizio Bertelli e Miuccia Prada, fa meglio di alcuni competitor e rafforza la leadership nella classifica delle aziende italiane della moda: nei primi nove mesi i ricavi sono cresciuti del 17% a cambi costanti a 3,34 miliardi di euro (risultato leggermente superiore alle previsioni degli analisti) e il dato ancora più significativo è quello relativo al solo terzo trimestre, in cui il gruppo è cresciuto del 10%, mentre altri protagonisti della moda e del lusso hanno registrato un rallentamento ben più consistente rispetto al primo semestre. La performance di Miu Miu Tra i marchi, a fare un autentico balzo è stato Miu Miu (+49%), ma anche le vendite del brand che dà il nome al gruppo sono cresciute a due cifre (+13%). Interessante, soprattutto in un’ottica di medio-lungo periodo, l’andamento delle diverse categorie: al primo posto c’è l’abbigliamento (+32%), seguito da calzature (+16%) e pelletteria (+8%), segno che sia Prada sia Miu Miu sono sempre più apprezzati aldilà delle “classiche” borse e scarpe, categorie che restano centrali, ma lasciano spazio prezioso all’abbigliamento, tornato a essere punto di riferimento, quasi benchmark, per altri protagonisti dell’alta gamma. Come dimostra l’eco avuta dalle due sfilate più recenti di Prada e Miu Miu (nella foto in alto, quella della collezione P-E 2024, allestita a Parigi all’inizio di ottobre), con le collezioni per la prossima primavera-estate,che hanno confermato la forza creativa dei due marchi e le ottime prospettive per il 2024. Crescita geografica a due cifre Guardando alle aree geografiche, a trainare la crescita sono state Asia Pacifico, Giappone ed Europa, con vendite retail nei nove mesi in crescita rispettivamente del 21%, 47% e 17%. «In un contesto geopolitico ed economico incerto che ci richiede di rimanere vigili, continuiamo a osservare forte entusiasmo attorno ai nostri marchi – ha commentato Andrea Guerra –. Questo ci posiziona bene per un quarto trimestre positivo e per un anno di crescita solida, sostenibile e superiore alla media di mercato». Il cauto ottimismo di Bertelli  Guarda avanti anche Patrizio Bertelli, presidente e amministratore esecutivo del gruppo: «Possiamo contare sulla nostra rafforzata organizzazione per accelerare sull’innovazione e rendere il gruppo ancora più dinamico, mantenendo la flessibilità e reattività che da sempre lo caratterizzano». Read the full article
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lamilanomagazine · 6 months
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Trieste: presentata la IV edizione del festival "Un mare di archeologia".
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Trieste: presentata la IV edizione del festival "Un mare di archeologia". Anche quest'anno, Trieste apre i battenti al festival di divulgazione storica che fa capo al progetto Un mare di archeologia, ideato dall'Associazione Società Friulana di Archeologia e dall'Associazione Musica Libera, in co-organizzazione con il Comune di Trieste, Assessorato alle Politiche dell'educazione e della famiglia, e assessorato alle politiche della Cultura e del turismo. La realizzazione della manifestazione è possibile anche al contributo de Le Fondazioni Casali, della ZKB Banca Credito Cooperativo del Carso e della COOP Alleanza 3.0. Il festival è stato presentato questa mattina al Museo d'Arte Orientale dall'assessore alle Politiche della Cultura e del Turismo, Giorgio Rossi, dall'assessore alle Politiche dell'Educazione e della Famiglia, Maurizio De Blasio, dai fondatori del Festival, Davide Casali e Massimo Sgambati e da una rappresentante del corpo docente dell'Istituto tecnico statale G. Deledda-M. Fabiani, Michela Balestrini, "Oggi presentiamo la quarta edizione del festival di divulgazione storica Un mare di archeologia. Alla luce di alcune indagini effettuate i visitatori dei nostri musei sono perlopiù turisti, mentre la percentuale dei visitatori locali è più modesta – ha detto l'assessore alle Politiche della Cultura e del Turismo, Giorgio Rossi -. Questo significa che dobbiamo a far conoscere ai nostri cittadini il notevole patrimonio culturale di questa città e, questo Festival, può aiutarci a farlo. Si tratta di un programma completo, con conferenze, attività didattiche e rievocazioni storiche. Le rievocazioni storiche – ha precisato l'assessore Giorgio Rossi - fino a qualche anno fa non si facevano, nel corso degli ultimi anni sono diventate importanti. I figuranti sono persone che conoscono profondamente la storia che mettono in scena, sono degli esperti, e per i nostri giovani che studiano la storia sui banchi di scuola, vedere rappresentati gli eventi storici, è una cosa importante". "Negli ultimi tempi ho parlato di scienza e tecnologia, oggi parlo di storia, di archeologia, che non sono cose così distanti, perché il progresso di una collettività passa, certamente dall'evoluzione tecnologica, ma anche dalla conoscenza e dalla consapevolezza di ciò che siamo stati e di ciò che il nostro territorio ha vissuto – ha sottolineato l'assessore alle Politiche dell'Educazione e della Famiglia, Maurizio De Blasio -. In questa edizione, come nelle precedenti, avremmo ospiti importanti che ci racconteranno quello che è il nostro patrimonio storico-culturale che, spesso, sfugge proprio ai residenti. Queste iniziative consentono a tutta la cittadina, ma soprattutto a giovani e giovanissimi, di scoprire il nostro passato, perché lo studio del passato è parte integrante di un percorso di cittadinanza attiva. Ringrazio – ha concluso l'assessore Maurizio De Blasio - tutti coloro che contribuisco ogni anno a regalare alla città di Trieste questo momento di scoperta e di crescita". Massimo Sgambati, co-fondatore del Festival ha sottolineato come per la prima volta il Festival ha una durata di quattro giorni, dal giovedì alla domenica, per permettere a tutte le scuole che hanno fatto richiesta di partecipare. C'è stato uno sforzo enorme per offrire i laboratori anche al giovedì, con laboratori attivi e non passivi, in modo tale che i ragazzi imparino realizzando qualcosa. I laboratori saranno tenuti non da professionisti, bensì dai ragazzi dell'Istituto tecnico statale G. Deledda-M. Fabiani, che si sono impegnati ad organizzare attività per i loro coetanei. Michela Balestrini, rappresentante del corpo docente dell'Istituto tecnico statale G. Deledda-M. Fabiani, ha illustrato i laboratori organizzati in occasione del Festival dagli studenti dell'Istituto G. Deledda-M. Fabiani, con particolare riferimento al "Laboratorio di cianotipia e composizione fotografica", al "Laboratorio di scansione e stampa 3D" e quello di "Chimica sul colore". Si prospetta un programma denso di eventi, distribuiti tra giovedì 26 ottobre e domenica 29, tutti legati da uno specifico filo conduttore: la volontà di far conoscere la storia e l'archeologia attraverso un modello divulgativo coinvolgente, fatto di dibattiti, ma anche di attività laboratoriali e interattive, tutte gratuite. Un'occasione che si pone l'obiettivo, inoltre, di valorizzare il patrimonio storico della città e di consentire alla cittadinanza di approfondire le proprie conoscenze attraverso incontri con ospiti illustri quali Giorgio Gremese − Docente di Global History e Metodologia della ricerca all'IESEG School of Management Lille-Paris − Andreina Contessa − Storica dell'arte e curatrice museale − Tiziana D'Angelo − Archeologa e direttrice del Parco Archeologico di Paestum e Velica − Eike Schmidt, Storico dell'arte e direttore delle Gallerie degli Uffizi − e Bettany Hughes, storica, autrice e conduttrice televisiva di Sky e History Channel. Ad aprire il festival, saranno i laboratori riservati alle scuole − previa prenotazione a: [email protected] − giovedì 26 e venerdì 27 dalle 9.00 alle 14.00, in Piazza Verdi e nel pomeriggio di Venerdì 27 e sabato 28 per i ricreatori comunali. Da venerdì a domenica lo stand in Piazza Verdi sarà aperto per laboratori dedicati a tutti con orario giovedì e venerdì dalle 14.00 alle 18.00, sabato dalle 9.00 alle 18.00 e domenica dalle 10.00 alle 17.00. A seguire, gli eventi accessibili tramite prenotazione sul sito: www.marearcheologia.it Venerdì 27, alle ore 19, presso l'Auditorium Museo Revoltella, Giorgio Gremese terrà la conferenza: Trieste e Napoleone: dalla prima campagna d'Italia alla fine dell'epoca napoleonica in Italia. Sabato 28, alle ore 20.30, presso la Sala Luttazzi, Magazzino 26, si svolgerà la conferenza: I musei e le sfide della contemporaneità: innovazione e divulgazione. Relatori: Andreina Contessa, Tiziana D'Angelo, Eike Schmidt. Domenica 29, alle ore 19.00, presso l'Auditorium Museo Revoltella, Bettany Hughes terrà la conferenza: Nel mare di Ulisse. Sabato 28, dalle 10.00 alle 17.00 e domenica 29, dalle 10.00 alle 15.00, presso il Castello di San Giusto, avrà luogo L'assedio di Trieste, una rievocazione della storica battaglia del 1813. Al Castello di San Giusto, rivivrà l'epoca in cui i Napoleonici erano accampati all'interno delle sue mura, mentre gli austriaci e i britannici erano accampati nel vicino giardino del Museo Winklmann. Ci sarà la possibilità di interagire con i rievocatori e scoprire come vivevano e combattevano i soldati due secoli fa. Il sabato delle battaglie epiche (alle 11 e alle 14) per un'esperienza coinvolgente e memorabile. In caso di maltempo la battaglia si svolgerà la domenica 29 ottobre alle ore 11.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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techstartro · 8 months
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4378-barbie · 8 months
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Barbie streaming [Sub ITA] [HD] (2023)
Guarda film Barbie in siti di film streaming gratis, in italiano e in HD (alta definizione) senza registrazione e 100% legali.
Barbie Streaming in ITA: "Barbie", il capolavoro estivo della regista e co-sceneggiatrice Greta Gerwig, è un risultato sorprendente , sia tecnicamente che nel tono.
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Quando esce Barbie 2023 su Netflix? Se così fosse anche per Barbie, il film dovrebbe essere disponibile in streaming per la fine di settembre 2023.
Dove posso vedere il film di Barbie 2023? Partito il conto alla rovescia per vederlo in streaming. La pellicola è infatti prodotta dalla Warner Bros e, anche se in questo momento non è stata ancora confermata una data esatta per il debutto in streaming, “Barbie” uscirà in esclusiva su Max, la nuova piattaforma dove arrivano tutti i film della Warner.
Quando escono le Barbie al cinema? Un film con Margot Robbie, Ryan Gosling, America Ferrera, Kate McKinnon, Michael Cera. Cast completo Genere Avventura, Azione, Commedia, - USA, 2023, durata 114 minuti. Uscita cinema giovedì 20 luglio 2023 distribuito da Warner Bros Italia.
Esistono tantissimi video online gratuiti, per un gran numero di contenuti. Un’ampia porzione dei film disponibili per lo streaming gratuito è di pubblico dominio, in quanto sono stati ceduti dal proprietario dei diritti per diventare proprietà comune, potendo così essere visualizzati sui siti web.
Mentre molti dei film disponibili sono di serie B, potrai anche trovare diversi titoli famosi. Spesso questi film sono supportati da inserzioni pubblicitarie che ti dovrai quindi sorbire, ma la maggior parte sono senza interruzioni. In ogni caso, non aspettarti di trovare gli ultimi successi ai botteghini.
Tutto quello che c'è da sapere prima di vedere Barbie. Dal cast, che oltre a Margot Robbie e Ryan Gosling vede anche star come Simu Liu, John Cena, Will Ferrell e Helen Mirren, alla colonna sonora, ecco come il mondo della famosissima bambola è stato tradotto sullo schermo dalla regista Greta Gerwig
L'attesa è quasi finita: il 20 luglio esce anche in Italia Barbie, uno dei film più attesi dell'estate. In questi mesi un'estesa promozione - interrotta solo negli ultimi giorni dallo sciopero degli attori - ha portato i protagonisti Margot Robbie e Ryan Gosling, assieme alla regista Greta Gerwig e al resto del cast, a girare il mondo per aumentare il buzz sulla pellicola. Buzz alimentato non solo dalla curiosità su un trattamento che le prime recensioni definiscono già come originale e inaspettato, ma anche per la notorietà stessa di un brand come Barbie, uno dei giocattoli più venduti al mondo e allo stesso tempo un'icona ricca di connotazioni estetiche e culturali. Per arrivare preparati alla visione, ecco tutto quello che c'è da sapere sul film e su Barbie.
La bambola Barbie, o meglio Barbara Millicent Roberts, nasce il 9 marzo su intuizione di Ruth Handler, moglie di uno dei fondatori dell'azienda di giocattoli americana Mattel. Handler si stupiva, guardando giocare la figlia chiamata appunto Barbara, che tutti i giocattoli dell'epoca fossero dei bambolotti di foggia infantile. Nasce allora la prima bambola con fattezze adulte che ha subito un successo sensazionale. La prima Barbie è sia mora sia bionda e ha forme piuttosto standard. Solo negli anni Settanta s'impone il modello Barbie Malibu, ragazza californiana biondissima che vive in un universo tutto rosa.
Da lì nascono anche le prime critiche, soprattutto di matrice femminista, rispetto a un modello femminile vacuo, irraggiungibile e superficiale. Negli anni, però, la stessa Mattel amplia il raggio di Barbie con bodyshape più inclusive, più colori di pelle, tagli di capelli, abilità ecc. Grande insistenza anche sulle professioni e sulle ambizioni: da sempre le Barbie sono modelle, ballerine, infermiere, hostess ma pian piano anche mediche, veterinarie, politiche, scienziate, astronaute e così via. Mai come oggi Barbie vive le contraddizioni tra stereotipi rosa shocking e ambizioni di inclusività e abbattimento dei gender gap, sulle quali lo stesso film di Gerwig gioca ampiamente.
La storia del film Un interesse per un film dedicato a Barbie esiste fin dal 2009, quando si sono susseguiti parecchi sceneggiatori e persino l'interesse di una comica come Amy Schumer e poi dell'attrice Anne Hathaway. Nel 2023 il progetto passa a Warner Bros., con il coinvolgimento della protagonista Margot Robbie e poi degli sceneggiatori Noah Baumbach e Greta Gerwig, quest'ultima anche regista.
L'intervento di due talenti considerati più appartenenti al cinema d'autore indirizza il tutto verso un sovvertimento delle aspettative, confermato dai primi trailer: un mondo coloratissimo e saturato, all'apparenza vacuo e perfetto, ma che diventa il punto di partenza per una riflessione più profonda sugli stereotipi di genere, la superficialità consumistica e altri temi tradizionalmente legati al mondo Barbie. La direzione è confermata dai pochissimi dettagli che sono trapelati sulla trama, altrimenti mantenuta segretissima: Barbie e il suo compagno Ken vengono banditi da Barbieland per non essere abbastanza perfetti e devono dunque confrontarsi col mondo reale, scoprendo nuovi aspetti su loro stessi.
Il cast Oltre all'estetica super pop e camp, il punto di forza del film è sicuramente il cast davvero affollato e stellare. A fare da controparte alla Barbie di Margot Robbie c'è il Ken di Ryan Gosling, biondo platino, mascellone e fisico scolpito. Ma l'intuizione della storia di Gerwig è che a Barbieland esistano una varietà davvero ampia di Barbie e Ken, per rappresentare la diversità il più possibile: tra le attrici troviamo dunque attrici come Hari Nef, Emma Mackey, Dua Lipa, Anna Cruz Kayne, Issa Rae, Kate McKinnon e Nicola Coughlan.
La soundtrack Grande attenzione, nella promozione del film, è stata data anche alla colonna sonora. Ovviamente tutti hanno pensato subito al brano Barbie Girl degli Aqua, hit anni Novanta su cui però la stessa Mattel aveva all'epoca mosso azioni legali per violazione di copyright. Il brano in sé non sarà inserito in quanto tale, ma solo campionato nella canzone Barbie World di Nicki Minaj e Ice Spice.
Mark Ronson ha prodotto Barbie The Album, in cui compaiono diverse canzoni originali, tra le quali alcune realizzate da cantanti che compaiono nel film, come Dua Lipa (Dance the Night) e Billie Eilish (What Was I Made For?). Canterà anche Ryan Gosling con I'm Just Ken.
❏ STREAMING MEDIA ❏ Streaming media is multimedia that is constantly received by and presented to an end-user while being delivered by a provider. The verb to stream refers to the process of delivering or obtaining media in this manner.[clarification needed] Streaming refers to the delivery method of the medium, rather than the medium itself. Distinguishing delivery method from the media distributed applies specifically to telecommunications networks, as most of the delivery systems are either inherently streaming (e.g. radio, television, streaming apps) or inherently non-streaming (e.g. books, video cassettes, audio CDs). There are challenges with streaming content on the Internet. For example, users whose Internet connection lacks sufficient bandwidth may experience stops, lags, or slow buffering of the content. And users lacking compatible hardware or software systems may be unable to stream certain content. Live streaming is the delivery of Internet content in real-time much as live television broadcasts content over
the airwaves via a television signal. Live internet streaming requires a form of source media (e.g. a video camera, an audio interface, screen capture software), an encoder to digitize the content, a media publisher, and a content delivery network to distribute and deliver the content. Live streaming does not need to be recorded at the origination point, although it frequently is. Streaming is an alternative to file downloading, a process in which the end- user obtains the entire file for the content before watching or listening to it. Through streaming, an end-user can use their media player to start playing digital video or digital audio content before the entire file has been transmitted. The term “streaming media” can apply to media other than video and audio, such as live The Palaced captioning, ticker tape, and real-time text, which are all considered “streaming text”
Una alternativa gratuita a Netflix, it.4dxstream.com vanta delle categorie particolari come atleti e i loro trionfi e saranno famosi. it.4dxstream.com è specializzato in contenuti nuovi e recenti che spesso non si trovano su altri siti. La sua gamma di oltre 2000 titoli include programmi TV, documentari e film.
Inoltre, vi sono anche alcuni corti originali nella categoria di film comici, ed una fantastica sezione dedicata ai classici. Se cerchi contenuti di qualità ma non molto famosi, questo sito è l’ideale.
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5826-themenu · 8 months
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The Menu streaming [ITA] [TS] (2022)
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The Menu Streaming in ITA: The Menu è uno dei film mainstream più creativi, impeccabilmente realizzati e sorprendenti degli ultimi tempi, una testimonianza di ciò che può essere raggiunto anche nelle viscere più profonde del capitalismo.
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Dove posso vedere il film di The Menu 2022? Partito il conto alla rovescia per vederlo in streaming. La pellicola è infatti prodotta dalla Warner Bros e, anche se in questo momento non è stata ancora confermata una data esatta per il debutto in streaming, “The Menu” uscirà in esclusiva su Max, la nuova piattaforma dove arrivano tutti i film della Warner.
Quando escono le The Menu al cinema? Un film con Margot Robbie, Ryan Gosling, America Ferrera, Kate McKinnon, Michael Cera. Cast completo Genere Avventura, Azione, Commedia, - USA, 2022, durata 114 minuti. Uscita cinema giovedì 20 luglio 2022 distribuito da Warner Bros Italia.
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L'attesa è quasi finita: il 20 luglio esce anche in Italia The Menu, uno dei film più attesi dell'estate. In questi mesi un'estesa promozione - interrotta solo negli ultimi giorni dallo sciopero degli attori - ha portato i protagonisti Margot Robbie e Ryan Gosling, assieme alla regista Greta Gerwig e al resto del cast, a girare il mondo per aumentare il buzz sulla pellicola. Buzz alimentato non solo dalla curiosità su un trattamento che le prime recensioni definiscono già come originale e inaspettato, ma anche per la notorietà stessa di un brand come The Menu, uno dei giocattoli più venduti al mondo e allo stesso tempo un'icona ricca di connotazioni estetiche e culturali. Per arrivare preparati alla visione, ecco tutto quello che c'è da sapere sul film e su The Menu.
La bambola The Menu, o meglio Barbara Millicent Roberts, nasce il 9 marzo su intuizione di Ruth Handler, moglie di uno dei fondatori dell'azienda di giocattoli americana Mattel. Handler si stupiva, guardando giocare la figlia chiamata appunto Barbara, che tutti i giocattoli dell'epoca fossero dei bambolotti di foggia infantile. Nasce allora la prima bambola con fattezze adulte che ha subito un successo sensazionale. La prima The Menu è sia mora sia bionda e ha forme piuttosto standard. Solo negli anni Settanta s'impone il modello The Menu Malibu, ragazza californiana biondissima che vive in un universo tutto rosa.
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londranotizie24 · 3 months
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Arriva Retrospective, doppio magazine italiano e inglese. Il 30 presentazione all'Iic
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Di Pietro Nigro Sarà presentato domani 30 gennaio all'istituto Italiano di Cultura di Londra Retrospective, il nuovissimo doppio magazine culturale italiano e inglese creato da Glauco Della Sciucca. Nasce Retrospective, il nuovo magazine italiano e inglese pensato da Glauco Della Sciucca Nasce Retrospective, una nuova rivista destinata ad arricchire il panorama culturale italiano e inglese allo stesso tempo. Il nuovo magazine, che avrà doppia edizione in italiano e inglese con contenuti diversificati, e si chiama Retrospective, è destinato quasi geneticamnte a fare da ponte tra le due culture linguistiche. A pensarlo, idearlo e fondarlo in Italia è stato un poliedrico imprenditore ed operatore culturale italiano, Glauco Della Sciucca, che ha coinvolto nel progetto altri due valenti soci, Mario DI Paolo e Lorenzo Tamburini, e realizza il nuovo giornale - che avverrà in Inghilterra - con la società che ha fondato Ghislandi & Gutenberg Ltd. Retrospective - qui il sito ufficiale - sarà lanciato ufficialmente presso l'Istituto Italiano di Cultura di Londra domani, 30 gennaio 2024, alle 18:00. "Retrospective" è un'opera ambiziosa, una sorta di "antologia delle idee", che raccoglie le opere di autori, filosofi e artisti provenienti da tutto il mondo, presentate nella loro lingua originale. I co-fondatori, Glauco Della Sciucca, Mario Di Paolo e Lorenzo Tamburini, saranno presenti all'evento per condividere la visione dietro questa rivoluzionaria pubblicazione. Retrospective desidera coinvolgere voci autorevoli e appassionate nel mondo del giornalismo e della cultura. L'obiettivo è presentare il progetto e cercare collaborazioni per i futuri numeri della rivista. Il numero inaugurale, dal titolo "Retrospective", è il primo passo di Ghislandi & Gutenberg Ltd. verso la realizzazione di un progetto più ampio. La rivista esiste in due versioni: italiano e inglese, con copertine diverse. La sua struttura riflette l'intenzione di attingere a voci tanto celebri quanto sconosciute e si presenta come un'antologia aperta, inclusiva e senza limiti, pubblicando ogni contributo nella lingua originale dell'autore. Questa rivista, rispettando un approccio filologico al vecchio broadsheet, è stata concepita in Italia e prodotta nel Regno Unito da Stroma, distribuita online da Newsstand e a livello mondiale da Ra N’Olly. L'evento vedrà la partecipazione del creatore e co-fondatore Glauco Della Sciucca, insieme ai co-fondatori Mario Di Paolo e Lorenzo Tamburini, e alla presenza di Martina Mazzotta della Fondazione Mazzotta. La moderazione sarà affidata al giornalista Alessandro Allocca, che guiderà la discussione su come "Retrospective" può diventare una piattaforma influente nel panorama culturale globale. Glauco Della Sciucca, protagonista poliedrico della vita culturale italiana a Londra Glauco Della Sciucca, poliedrico imprenditore, artista, regista e giornalista, con una carriera che spazia da Londra all'Italia, ha co-fondato Ghislandi & Gutenberg Ltd. nel 2020. Il suo impegno nel mondo della cultura e dell'arte è evidente non solo attraverso questa nuova pubblicazione, ma anche attraverso la sua partecipazione a progetti artistici e cinematografici di rilievo. Ha co-fondato la società Hoffman, Barney & Foscari a Londra insieme al direttore Sir Michael Lindsay-Hogg, ha collaborato con riviste come The New Yorker, Columbia University e The New York Review of Books (USA) e case editrici come Baldini Castoldi Dalai ( Italia). Ha disegnato prototipi di beni di lusso per HBF e modelli di orologi per marchi come Swatch Group (Cina), ha pubblicato il libro “Central Park West Stories”, ha disegnato le copertine per riviste come Linus e ha scritto e diretto il suo primo lungometraggio “Umanesimo” e il cortometraggio “Nel Mondo mio interiore”. Ha collaborato alla prima britannica del film “Padre” diretto da Giada Colagrande (Regent Street Cinema) e allo stesso “Humanism” al Prince Charles Cinema. Insieme a Sir Michael Lindsay-Hogg ha esposto la sua arte a Londra (“State of Minds” alla Lacey Contemporary Gallery, 2016). Nel 2020 ha creato e co-fondato la casa editrice Ghislandi & Gutenberg per la quale ha ideato e disegnato la rivista “Retrospettiva”. L'evento sarà impreziosito dalla presenza di Mario Di Paolo, rinomato designer di vini e fotografo internazionalmente acclamato. La sua "Life Space", un mix di esperienze personali, educative e culturali, si traduce in contributi significativi al mondo creativo e sarà un elemento chiave della serata. Martina Mazzotta, accademica - attualmente è Associate Fellow al Warburg Institute, University of London - e curatrice specializzata in filosofia e nelle sue interconnessioni con le arti visive, la musica e la scienza, porterà una prospettiva unica all'evento. La sua passione per la letteratura e il suo interesse per "Retrospective" aggiungeranno ulteriori dimensioni all'esperienza. ... Continua a leggere su
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levysoft · 9 months
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Il brano Greensleeves giunge dal rinascimento inglese (con innegabili influenze musicali italiane) e ci narra del corteggiamento di un gentiluomo molto ricco e di una Lady un po’ ritrosa che lo respinge, nonostante i  generosi regali. Arrangiamento di Alice Castle Tamara: voce Sal Russo: chitarra acustica e guitar synth Le immagini sono per lo più tratte dai dipinti di Dante Gabriel Rossetti, uno dei fondatori del movimento artistico dei Preraffaelliti 
Lady Greensleeves è un brano rinascimentale inglese (con innegabili influenze musicali italiane) e ci narra del corteggiamento di un gentiluomo molto ricco e di una Lady un po’ ritrosa che lo respinge, nonostante i  generosi regali.
La ballata rinascimentale
Era l’anno 1580 che vide un susseguirsi di pubblicazioni  di un canto d’amore di un gentiluomo alla sua Lady Greensleeves,  [in italiano la Signora dalle Maniche Verdi]; Richard Jones e Edward White si contendevano  le stampe di una canzone di gran moda, nel mese di settembre, lo stesso giorno Jones con  “A new Northern Dittye of the Lady Greene Sleeves” e White con “A ballad,  being the Ladie Greene Sleeves Answere to Donkyn his   frende“, poi dopo pochi giorni, ancora White con  un’altra versione: “Greene Sleeves and Countenance, in Countenance is Greene Sleeves” e  qualche mese dopo Jones  con la pubblicazione di “A merry newe Northern   Songe of Greene Sleeves“; questa volta la replica venne da William Elderton,  che, nel febbraio del 1581, scrisse la “Reprehension against Greene Sleeves” . In ultimo la versione riveduta e ampliata da Richard Jones  con il titolo “A New Courtly Sonnet of the Lady Green Sleeves” inclusa nella collezione ‘A Handeful of Pleasant Delites’  del 1584, fu quella che diventò la versione finale, ancora oggi eseguita  (almeno per quanto riguarda la melodia e per buona parte del testo con ben 17  strofe).
La melodia per Liuto
La melodia nasce per liuto, lo strumento per eccellenza della musica  rinascimentale (e barocca) che ha visto in Inghilterra una pregevole fioritura con autori del calibro di John Jonson e di John Dowland (consiglio l’ascolto del Cd di Sting Labirinth). Come evidenziato nello studio approfondito di Ian Pittaway l’antenato di Greensleeves è il Passamezzo antico. Il coro però di Greensleeves segue l’andamento melodico di una Romanesca che a sua volta è stata una variante del passamezzo.
Verso la fine del XV secolo, gli strumenti a pizzico come il liuto stavano appena iniziando a sviluppare una nuova tecnica da aggiungere al loro repertorio espressivo, suonando corde per accordi piuttosto che suonando le note del periodo medievale. Uno degli accordi che si sviluppò fu il passamezzo antico (c’era anche il passamezzo moderno), che nacque in Italia all’inizio del XVI secolo prima di diffondersi in tutta Europa. Oggi è un po’ come il blues, ci sono una prefissata sequenza di accordi di base sulla quale viene aggiunta una melodia. (tradotto da qui)
Una coreografia della danza la ritroviamo solo  in epoca più tarda, nell'”English Dancing Master” di John Playford (sia nell’edizione del 1686 e poi pubblicata a più riprese nel Settecento) come english country dance
LA LEGGENDA TUDOR
La leggenda  vuole che sia stato Enrico VIII, nel 1526, a  scrivere “Greensleeves”  per Anna Bolena, proprio  all’inizio della loro relazione, quando lei lo faceva sospirare (e gli anni  furono sette prima che i due si sposassero). Un’ipotesi suggestiva in quanto sia la melodia che il testo ben si adattano al personaggio, che di suo ha scritto svariati brani ancora oggi nel repertorio  di molti artisti di musica antica; tuttavia la  poesia non è stata trascritta in nessun manoscritto dell’epoca e quindi non possiamo essere certi dell’attribuzione. L’equivoco è stato generato da William Chappell che nel suo “Popular Music of the Olden Time” (Londra: Chappell & Co, 1859) attribuisce la melodia al re, mal interpretando una citazione di Edward Guilpin. “Yet like th’ Olde ballad of the Lord of Lorne, Whose last line in King Harries dayes was borne.”(in Skialethia, or a Shadow of Truth, 1598: la ballata “The Lord of Lorne and the False Steward” risale al tempo di Enrico VIII (King Harries) e, secondo Chappell è sempre stata cantata sulla melodia Greensleeves.
Così nella Serie Tv “The Tudors” si segue la leggenda e noi possiamo ammirare Jonathan Rhys Meyers tutto assorto mentre “trova” la melodia sul liuto…
La paternità irlandese?
William Henry Grattan Flood in A History of Irish Music (Dublino: Browne e Nolan, 1905) è stato il primo a presumere (senza addurre prove) l’irlandesità della melodia.  “In a manuscript in Trinity College, Dublin … Under date of 1566, there is a manuscript Love Song (without music however), written by Donal, first Earl of Clancarty. A few years previously, an Anglo-Irish Song was written to the tune of Greensleeves.” Da allora l’idea della paternità irlandese ha preso sempre più vigore tant’è che il brano è presente nelle compilations di musica celtica  etichettato come irish traditional.
Lirica cortese o uno scherzo pesante?
Il testo ci narra del corteggiamento di un gentiluomo verso una Lady un po’ ritrosa che lo respinge, nonostante i suoi generosi e principeschi regali; più ironicamente, si può interpretare come il lamento di un gentiluomo verso la moglie o l’amante bisbetica! Riccardo Venturi propende per un contesto un po’ più piccante “Già ai tempi di Geoffrey Chaucer e dei Racconti di Canterbury (ricordiamo che Chaucer visse dal 1343 al 1400) l’abito verde era considerato tipico di una “donna leggera”, leggasi di una prostituta. Si tratterebbe quindi di una giovane donna di promiscui costumi; Nevill Coghill, il celebre ed eroico traduttore in inglese moderno dei Canterbury Tales, spiega -in riferimento ad un’interpretazione di un passo chauceriano- che, all’epoca, il colore verde aveva precise connotazioni sessuali, particolarmente nella frase A green gown, una gonna verde. Si trattava, in estrema pratica, delle macchie d’erba sul vestito di una donna che praticava (o subiva) un rapporto sessuale all’esterno, in un prato, “in camporella” come si direbbe oggigiorno. Se di una donna si diceva che aveva “la gonna verde”, in pratica era un pesante ammiccamento e le si dava di leggera se non tout court della puttana. La canzone sarebbe quindi la lamentazione di un amante tradito e abbandonato, o di un cliente respinto; insomma, come dire, qualcosa di tutt’altro che regale (sebbene in ogni epoca i re siano stati generalmente i primi puttanieri del Regno). Un’altra possibile interpretazione è che l’amante tradito, o respinto, si sia voluto come vendicare sulla poveretta indirizzandole una deliziosa canzoncina in cui le dà della puttana mediante la metafora delle “maniche verdi”.” (Riccardo Venturi da qui)
Moltissimi gli interpreti, con versioni in stile antico e moderno (anche Yngwie Malmsteen la suona con la sua chitarra e Leonard Cohen ne propone una riscrittura nel 1974 ) di una melodia antica che non ha mai perso il suo fascino e popolarità.
Lady Greensleeves
Molti gli interpreti, con versioni sia in stile antico che moderno (anche Yngwie Malmsteen con la sua chitarra e Leonard Cohen che ne propone una riscrittura nel 1974 –Leaving Green Sleeves) Oggi il testo viene raramente eseguito e solo per due o quattro strofe, ma è un brano amato dai gruppi corali che lo cantano più estesamente.
Nella versione in ‘A Handful of Pleasant Delites’, 1584, dalla raccolta di Israel G. Young (una ventina di strofe vedi testo qui) ci si dilunga sui regali che il nobiluomo fa alla sua bella per vezzeggiarla:  “kerchers to thy head”, “board and bed”, “petticoats of the best”, “jewels to thy chest”, “smock of silk”, “girdle of gold”, “pearls”, “purse”, “guilt knives”, “pin case”, “crimson stockings all of silk”, “pumps as white as was the milk”, “gown of the grassy green” con “sleeves of satin”, che la fanno essere “our harvest queen”, “garters” decorate d’oro e d’argento, “gelding”, e servitori “men clothed all in green”, e non ultimo tante leccornie ( “dainties”).
chorus (1) Greensleeves(2) was all my joy Greensleeves was my delight, Greensleeves my heart of gold And who but my lady Greensleeves. I Alas, my love, you do me wrong, To cast me off discourteously(3). For I have loved you well and long, Delighting in your company. II Your vows you’ve  broken, like my heart, Oh, why did you so enrapture me? Now I remain in a world apart But my heart remains in captivity. III I have been ready at  your hand, To grant whatever you would crave, I have both wagered life and land, Your love and good-will for to have. IV Thy petticoat of sendle(4) white With gold embroidered gorgeously; Thy petticoat of silk and white And these I bought gladly. V If you intend thus to  disdain, It does the more enrapture me, And even so, I still remain A lover in captivity. VI My men were clothed all in green, And they did ever wait on thee; All this was gallant to be seen, And yet thou wouldst not love me. VII Thou couldst desire no earthly thing, but still thou hadst it readily. Thy music still to play and sing; And yet thou wouldst not love me. VIII Well, I will pray to God on high, that thou my constancy mayst see, And that yet once before I die, Thou wilt vouchsafe to love me. IX Ah, Greensleeves, now farewell, adieu, To God I pray to prosper thee, For I am still thy lover true, Come once again and love me
Traduzione italiana coro(1) Greensleeves era la gioia mia Greensleeves era la mia delizia, Greensleeves era il mio cuore d’oro, chi se non la mia Signora dalle Maniche Verdi?(2) I Ahimè amore mio, non mi rendete giustizia, a respingermi con scortesia vi ho amata per tanto tempo deliziandomi della vostra compagnia. II I vostri voti avete spezzato, come il mio cuore. Oh perché così mi  avete rapito? Ora resto in un mondo a parte e il mio cuore resta in prigione III Ero pronto al vostro fianco, a concedervi ciò che bramavate e avevo impegnato vita e terre, per restare nelle vostre buone grazie. IV La gonna di zendalo bianco(4) con sfarzosi ricami d’oro, la gonna di seta bianca vi ho comprato con gioia. V Se così intendete disprezzarmi, ancor più m’incantate e anche così, continuo a rimanere un amante in prigionia VI I miei uomini erano tutti di verde vestiti , ed erano al vostro servizio tutto ciò era galante da vedersi e tuttavia voi non vorreste amarmi VII Voi non potreste desiderare cosa terrena senza che l’abbiate prontamente, la vostra musica sempre suonerò e canterò e tuttavia voi non vorreste amarmi VIII Pregherò Iddio lassù che voi possiate accorgervi della mia costanza e che una volta prima che io  muoia voi possiate infine amarmi IX Ed ora Greensleeves  vi saluto, addio Pregherò Iddio che voi prosperiate sono ancora il vostro fedele amante venite ancora da me ed amatemi
NOTE 1) l’ordine in cui sono cantate le prime due frasi del coro a volte sono  invertite e iniziano in senso contrario 2) Nel medioevo il colore verde era il simbolo  della rigenerazione e quindi della giovinezza e del vigore fisico, significava “fertilità” ma anche “speranza” e accostato  all’oro indicava il piacere. Era il colore della medicina per i suoi poteri  rivitalizzanti. Colore dell’amore allo stadio nascente, nel  Rinascimento era il colore usato dai giovani specialmente a Maggio; nelle donne  era anche il colore della castità. E tale attribuzione mal si accosta all’altro significato più promiscuo  di “donnina sempre pronta a rotolarsi nell’erba”. E il fascino della ballata sta proprio nella sua ambiguità! Il verde è anche il colore che nelle fiabe/ballate connota una creatura fatata. Le parole gaeliche “Grian Sliabh” (letteralmente tradotte come “sole montagna” ovvero una “montagna esposta a sud, soleggiata”)  si pronunciano Green Sleeve (il brano è peraltro molto popolare in Irlanda soprattutto come slow air). Grian è anche il nome di un fiume che scorre dalle Sliabh Aughty (contea Clare e Galway) 3) le espressioni sono proprie della lirica cortese 4) lo zendalo è un velo di seta
Da non perdere la traduzione di Riccardo Venturi (sommo poeta e traduttore) (qui) del Nouo Sonetto Cortese su la Signora da le Verdi Maniche. Su la noua Melodia di Verdi Maniche. Verdi Maniche era ogni mia Gioja, Verdi Maniche, la mia Delizia. Verdi Maniche, lo mio Cor d’Oro; Chi altra, se non la Signora da le Verdi Maniche?
Nella versione estesa i regali dello spasimante sono molti e costosi assai ed è tutto un lagnarsi di “oh quanto mi costi bella mia!” IV I bought three kerchers to thy head, That were wrought fine and gallantly; I kept them both at board and bed, Which cost my purse well-favour’dly. V I bought thee petticoats of the best, The cloth so fine as fine might be: I gave thee jewels for thy chest; And all this cost I spent on thee. VI Thy smock of silk both fair and white, With gold embroidered gorgeously; Thy petticoat of sendall right; And this I bought thee gladly. VII Thy girdle of gold so red, With pearls bedecked sumptously, The like no other lasses had; And yet you do not love me! VIII Thy purse, and eke thy gay gilt knives, Thy pin-case, gallant to the eye; No better wore the burgess’ wives; And yet thou wouldst not love me! IX Thy gown was of the grassy green, The sleeves of satin hanging by; Which made thee be our harvest queen; And yet thou wouldst not love me! X Thy garters fringed with the gold, And silver aglets hanging by; Which made thee blithe for to behold; And yet thou wouldst not love me! XI My gayest gelding thee I gave, To ride wherever liked thee; No lady ever was so brave; And yet thou wouldst not love me! XII My men were clothed all in green, And they did ever wait on thee; All this was gallant to be seen; And yet thou wouldst not love me! XIII They set thee up, they took thee down, They served thee with humility; Thy foot might not once touch the ground; And yet thou wouldst not love me! XIV For every morning, when thou rose, I sent thee dainties, orderly, To cheer thy stomach from all woes; And yet thou wouldst not love me!
Le proposte per l’ascolto sono veramente tante e fare una cernita è ardua impresa (vedi qui), così mi limiterò a un paio di suggerimenti.
(via https://terreceltiche.altervista.org/greensleeves/ e Greensleeves by Alice Castle live 2005 con traduzione - YouTube)
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