Tumgik
#io che leggo la notifica di ******* *****
galloberardi · 1 year
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goolden · 4 months
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allora, oggi io e mamma stavamo caricando la spesa sul rullo della cassa quando sento il suono di notifica del cellulare. accendo il display e leggo il memo che mi ero messa questa mattina dopo essermi guardata allo specchio in ufficio: recitava "baffetti".
lo mostro a mamma, dicendole: "le notifiche che ci piacciono"
lei si mette a ridere, poi mi fa qualcosa tipo: "ma ti sei fissata però. dove li vedi 'sti baffetti?"
io: "mamma ma stai scherzando? praticamente sembro D'Artagnan"
*risate*
*sipario*
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pizzettauniversale · 1 year
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mentre tu leggi le mail mi stanno facendo un bel pompino
Io non leggo le email, ho visto la notifica mentre scorrevo tik tok, perché non lavoro di domenica e non mi interessa. In quanto al tuo pompino beh dubito che una persona sia così malata da fartelo
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nosferatummarzia-v · 3 months
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Regole per stare nelle mie amicizie---> i miei 10 comandamenti
1) io ragiono a modo mio,se quello che scrivo ti da fastidio puoi uscire dalla lista amici!
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2) Sono di estrema destra, il mio mito è Benito,se ti da fastidio puoi uscire dalla lista amici!
3) Non me ne fotte una beata minkia delle guerre facebook... quindi è inutile che mi mandi i messaggini in privato per farti aiutare... se non volevi nemici avevi solo da non litigare... se anche questo ti da fastidio puoi uscire dalla lista amici!
4) Il tempo dei giochi con le famiglie virtuali è cambiato troppo per i miei gusti, quando si tornerà ad avere rispetto per i reali "forse" ricomincio a giocare... ma per ora vivo la mia vita REALE e del fante me ne fotte meno di un ca@@o se ti da fastidio puoi uscire dalla lista amici!
5) nel mio profilo accetto tutte le amicizie che voglio che siano reali,fanta... sia che questi sono amici fra loro sia che siano nemici fra loro, evitate di chiedermi di cancellare tizio/caio/sempronio, perchè a Voi sta sul caius il profilo è il mio e io accetto tutti quelli che voglio e se ti da fastidio puoi uscire dalla lista amici!
6) non venirmi a fare prediche tanto non le accetto,vivo a modo mio e se ti da fastidio puoi uscire dalla lista amici!
7) non mi piacciono i post di torture sugli animali,di malattie incurabili o di puttanate varie per avere qualche mi piace in più,se a te diverte metterli per avere visibilità a me da fastidio quindi non chiedermi l'amicizia tanto ti cancello appena li vedo se ti da fastidio puoi uscire dalla lista amici!
Non sono un paginista che cerca fan,nelle mie pagine scrivo quando ho voglia e se ne ho voglia... quindi non chiedermi scambi pagina... se ti da fastidio puoi uscire dalla lista amici!
9) se mi inviti in un gruppo dove non conosco nessuno degli amministratori o almeno uno non è nelle mie amicizia esco appena leggo la notifica... quindi evita di inserirmi in gruppi per fare numero... se ti da fastidio puoi uscire dalla lista amici!
10) io mi faccio i azzzzzz miei,vedi di farteli anche tu. Se ti da fastidio puoi uscire dalla lista amici!
A tutti i miei amici,e buon divertimento.
(Cit. S.Rotilio)
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mooonlightdevil · 4 years
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𝟹𝟶/𝟷𝟶/𝟸𝟶
ti ricordi quel libro,
sono sicura di avertene parlato un milione di volte,
quel libro che ho sempre al lato della mensola di fianco al letto,
quello pieno di post it e sottolineature,
quello con la copertina nera,
quello che è composto dai pensieri del suo autore,
che alterna momenti di felicità a momenti di tristezza tremenda e sofferenza,
che avevo letto per la prima volta l’anno scorso nel mio massimo periodo no, a marzo.
il titolo di sicuro ti dirà qualcosa:
“va tutto bene”.
già, stasera per puro caso l’ho preso in mano e mi sono messa a scorrerne le pagine.
ho letto qualche frase a caso, ma quelle frasi mi hanno convinta a rileggerlo del tutto.
non velocemente però,
ho deciso che ogni sera ne leggerò un capitolo,
così da poterci poi riflettere su, e per potermelo godere di più.
sono sicura che ad oggi, con tutto quello che è successo nella mia vita, sono in grado di dare un peso diverso alle parole che leggo,
e soprattuto sono in grado di comprenderle appieno.
sono sicura anche che piangerò in alcuni punti, e che mi faranno male,
ma non fa nulla, in fondo “va tutto bene”.
cazzo quanto odiavo sentirti dire o scrivere quella frase.
era la cosa più falsa che le mie orecchie potessero sentire o che i miei occhi potessero leggere.
mi dava fastidio solo al pensiero che dietro quelle tre parole si nascondessero un mare di sofferenze, insicurezze, ferite, lacrime,
di tutto,
ma non di certo il volto di una persona che stava bene.
sapevo quando stavi bene sai ?
lo capivo senza che tu lo dicessi,
e difatti, quando stavi bene realmente non lo dicevi mai esplicitamente.
lo facevi capire a modo tuo.
e io lo sapevo e basta.
come sapevo tutti i modi possibili per farti spuntare il sorriso.
sei presente anche ora comunque, mentre scrivo, perché continua ad arrivarmi la notifica che tu sei su houseparty, quindi continui a comparirmi sullo schermo.
la citazione della foto è del libro di prima, e boh magari ne metterò altre in seguito oppure addirittura parti del libro, perché davvero è bellissimo, e anche se non è un genere di lettura troppo da te, sono sicura che ti colpirà tanto quanto ha colpito me.
secondo me è probabilmente uno dei libri che più si avvicinano a quelle che sono le reali emozioni di due persone che si sono amate tanto quanto hanno sofferto e il fatto che ora lo senta quasi del tutto “mio” è addirittura impressionante.
mi ci ritrovo davvero, per questo penso che lo possa fare anche tu.
ps: il video del tuo ultimo post è davvero bello, mi immagino l’impegno per farlo..
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Capitolo VII
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Un’altra ragione per cui Sami mi innervosisce è che si sveglia sempre presto.
Niente di male se ci si fermasse a questo. Mi andrebbe bene se fosse semplicemente un po’ mattiniero e volesse indossare un accappatoio di lana solo per farsi l’accoppiata caffelatte-sigaretta mentre guarda l’alba dalla finestra con aria drammatica.
Lui no. Lui deve svegliarti. Lui deve rispondere al telefono, fare note vocali chilometriche su argomenti di cui non frega un cazzo ad anima viva.
In parte penso faccia apposta a svegliarmi, non vedo altra ragione per cui non potrebbe rimandare questa sessione di teleconferenze a più tardi, o almeno abbassare la voce.
Quindi rieccoci, alle sette di mattina: io e Sami nella mia mansarda, lui col telefono sospeso per aria e il pollice premuto sull’icona del microfono di Whatsapp. Mi ha già fatto svegliare col piede storto.
Se le altre volte riuscivo a rimanere almeno in dormiveglia, questa volta le sue lunghe mani scheletriche cominciano a scuotermi.
“Ti ho trovato qualcosa da fare.”
Alzo gli occhi e afferro il cuscino sotto la mia testa per soffocarmi.
Sami me lo toglie violentemente, mi tira uno schiaffo sulla coscia e mi punta lo schermo del suo cellulare in faccia. E’ un annuncio di lavoro.
“Cercano dei pony pizza qua in fondo alla via.”
“Cosa? Davvero?”
“Sembrano pagare anche abbastanza bene, ti dirò...”
“E perché dovrebbero prenderci? Ho zero esperienza, mi va già bene che ho la patente.”
Sami assume una smorfia confusa, prima di alzarsi dal letto di colpo.
“Prenderci? No, no, io non lo faccio.”
Rimango in silenzio, non ho neanche voglia di chiedergli perché non voglia trovare un altro lavoro che non abbia a che fare con la macelleria.
“Quindi… perché dovrebbero prendermi, allora?”
“Vincenzo. Questa pizzeria è una mini-catena in cui lavora un suo amico. Ti faccio mettere buona parola e sei dentro di sicuro.”
Nel momento in cui nella mia testa appare il suo volto, si attiva anche una roulette con tutte le ragioni per cui averci a che fare potrebbe portare a conseguenze negative.
“Non voglio farmi aiutare da Vincenzo. Faccio da solo che è meglio.”
Poi, a Cordello, chi vuoi che sgomiti per consegnare delle pizze, alla fine? Gli manca personale. Probabilmente sarebbero in grado di prendere pure un maiale per potersi mettere l’animo in pace.
Sbuffo.
Non lo so.
“Oh, provaci. Non ti costa niente. Non hai un cazzo da fare comunque.”
Faccio spallucce, prima di stiracchiarmi e controllare il telefono.
Mi si ferma il cuore appena leggo una notifica su Whatsapp da Giuditta, ma cerco di non sembrare sorpreso quando noto che Sami mi sta fissando.
Si avvia verso la mia scrivania, dandomi le spalle e lasciando cadere l’accappatoio.
Le sue curve delicate e scoperte creano una silhouette timida, dove nulla è troppo piccolo o troppo grande. Fisicamente, lui è l’equilibrio.
Osserva un libro di astronomia, di fianco ad alcuni miei vecchi appunti di letteratura inglese.
“Qual è il tuo pianeta preferito?” mi chiede.
E’ di buon umore. Di solito non vuole mai sapere cosa mi piace.
“Giove” gli rispondo immediatamente, senza quasi prendere il fiato: “è un pianeta enorme. Se ci andassi moriresti in un secondo perché verresti risucchiato verso il centro e saresti schiacciato dall’atmosfera.”
Lui assume una smorfia inquietata e, girandosi a mezzo busto, mi dice semplicemente: “Divertente.”
“Sono serio!” insisto, balzando a gambe incrociate e svegliandomi d’improvviso: “poi, una cosa che piacerebbe anche a te, è che a volte piovono diamanti. Come su Saturno. Piovono dei cazzo di diamanti liquidi, capisci?”
Comincio a ridere, al punto che ci metto qualche secondo prima di accorgermi che Sami non sta dicendo niente da oltre un minuto, si limita a sorridere senza neanche mostrare i denti.
Evento più unico che raro, uno di quelli che mi segnerei sul calendario se ce l’avessi sottomano.
“Che c’è?”
Lui fa spallucce, continuando a guardarmi.
“Sei bello quando sei preso da qualcosa.”
Arrossisco, inclino la testa di colpo, come se mi avesse spezzato il collo.
Forse rendendosi conto della mielosità del momento, Sami afferra i suoi pantaloni.
Mentre estrae un accendino e due Camel dal suo pacchetto di sigarette, cambia discorso: “Ma se questo pianeta andasse a puttane, dove potremmo andare nella Galassia?”
“Principalmente Marte, è piccolo e freddo ma ci sta. O almeno non moriresti in un secondo.”
“Sembra annoiarti Marte.”
“Lo fa. Cioè, su Giove piovono diamanti, Marte è soltanto una Terra un po’ difettosa che usiamo come boa di salvataggio nel caso la Terra fosse invivibile.”
Lui sghignazza, negando con la testa come per darmi del deficiente. Si avvicina, grattandosi l’interno coscia destro.
Si rimette a letto, davanti a me. Anche lui a gambe incrociate.
Mi imbocca la sigaretta.
Rimaniamo in silenzio per i primi tiri, guardandoci a vicenda negli occhi come due bambini curiosi, poi mi alzo per aprire la finestrella della mia veranda.
“Sai cosa? Io da quando sono piccolo sono triste perché nella nostra vita probabilmente non potremo mai raggiungere un pianeta più lontano di Marte” gli confesso, come se non riuscissi a smetterla di vomitare ogni mio parere sull’astronomia.
“Eh, ma anche te non ti accontenti mai.”
“Sami, ci sono metodi che potremmo usare in situazioni disastrose per preservare la vita umana. Non è che ci speri, eh, però…”
Rimaniamo in silenzio.
“Lo hanno chiesto in una lezione di Etica e Morale, una volta” continua lui, abbassando lo sguardo: “nel caso avessi la possibilità di andare su un pianeta completamente nuovo, sapendo che sopravvivrai e sarai uno dei capostipiti della nuova umanità… abbandoneresti la Terra o rimarresti?”
“Andrei immediatamente” gli rispondo, senza pensarci due volte.
I suoi occhi sembrano spegnersi, la cittadina all’interno della sue iride ha un blackout.
“Tu no?” gli chiedo, non capendo la sua reazione.
“Assolutamente no. Ho… ho tutto qui, io sono abitante della Terra e mi va bene così. Un trasferimento su un altro pianeta non lo farei, anche se fosse l’Eden. Sono fedele al mio, di pianeta.”
Posso capire, Sami alla fine se la vive bene.
“E no, non è perché c’ho i soldi, Christian. E’ perché sono fedele e mantengo l’orgoglio di morire per gli errori dell’umanità piuttosto che andare altrove e distruggere un altro ecosistema.”
Sembra davvero arrabbiato, ma come sempre quando si parla di qualcosa deve girare la discussione su di lui, quindi interpretare il ruolo dell’eroe dell’umanità è sicuramente una performance credibile. Per quanto di dubbia genuinità.
Il pensiero di Giuditta mi viene in mente. Lei, stupenda, che sta leggendo un manuale di fisica e si sistema gli occhiali, scomodi su quel naso da topo.
Finisco la stizza e butto il mozzicone fuori dalla finestra. Con una scusa, scappo in bagno.
Apro il rubinetto come escamotage, e passo alla notifica di Whatsapp con una velocità impressionante.
Mi cade l’occhio sugli ultimi messaggi che ci siamo inviati, e si vede che sono io a forzare un po’ le conversazioni.
Non so bene perché, a volte mi sembra che parlare a Giuditta sia quello sbaglio per cui pagherò delle conseguenze enormi. Nonostante sia ancora in tempo per salvarmi, continuo imperterrito la mia strada. In fondo, non seguiamo sempre l’istinto, perché non ha sempre ragione. Altrimenti saremmo tutti vincitori della lotteria, penso.
 Giuditta
10.15
“Scusami veramente.
Con questi telefoni sono sempre stata una merda.”
 10.47
“Tranquilla.”
10.48
“Posso farti una domanda?”
Giuditta
10.50
“Odio chi me lo chiede. Fammi la domanda e basta.”
 10.52
“Le nostre conversazioni fanno schifo perché ci siamo baciati?”
 Non so se l’aver parlato così convinto di astronomia mi ha dato quello sprint per estrarre la criniera da leone e affrontare il problema di faccia, fatto sta che sto tremando e sudando freddo.
Il suo ‘sta scrivendo…’ mi sta mettendo un’ansia assurda, sento le orecchie pulsare. Se non fosse per l’acqua del rubinetto probabilmente mi si sentirebbe ansimare per tutta Cordello.
Nel momento in cui Sami bussa prepotentemente alla porta, il telefono mi scivola dalle mani e cade nel lavandino.
“Cazzo, cazzo, cazzo” bisbiglio tra me e me, riafferrandolo e spegnendo l’acqua.
Prendo un asciugamano lì vicino e comincio a pulire il cellulare, con lo stress e il panico di una persona che sta cercando di fare una rianimazione cardiopolmonare a qualcuno per la prima volta.
“Sbrigati che devo pisciare. Sei dentro da un’ora.”
Tiro lo sciacquone ed esco in velocità, ridendo nervosamente.
Il telefono sembra andare ancora. Sospiro, mentre Sami mi chiude fuori dal bagno.
 Giuditta
11.01
“A me è piaciuto, in realtà.”
 Mi sento le guance incandescenti, e mi lancio sul letto come un felino che attacca una preda.
 11.01
“Anche a me, un sacco.
Rimpiango di non aver accettato l’invito e di
essermene andato via da casa tua dopo la festa.”
 Mentre Giuditta sta scrivendo la risposta, non riesco a non immaginarmela lì, ad addentare un cornetto alla crema con le sue mani bianche, sempre sporche di inchiostro ai lati. Mi scrive con una mano sola. La sua concentrazione visiva alterna il focus tra la tastiera e lo smalto rovinato sulle sue unghie, che le ricorda sempre che deve andare dall’estetista uno di questi giorni.
Anche ora che mi scrive è circondata da libri di astronomia, mancano ancora due mesi alla prima sessione di esami, ma a lei non basta passarli. Deve stupire, impressionare.
Giuditta è nata per questo e sa sfruttare il suo dono in una maniera folgorante.
 Giuditta
11.03
“Tranquillo, con Sami di mezzo è stato meglio così.”
 11.05
“Lo pensi davvero?”
 … perché io no. Rimarrò sempre col dubbio di cosa sarebbe successo se avessi dormito da lei.
Avrei allungato la magia del momento, l’avrei vista sciogliersi i capelli, toccarsi il pizzo del reggiseno e assassinarmi con quegli sguardi che sembrano dire “mangiami”.
Due mani fredde e bagnate mi circondano il petto in una morsa delicata, e gemo.
“Dio mio, da quando ti basta così poco?” chiede Sami, divertito.
Ce l’ho in tiro, e nella confusione, mi giro e butto il ragazzo sul materasso del letto.
Mi metto sopra di lui.
Ho un alito spiacevole di mattina, quindi evito sempre di baciarlo o parlargli a due centimetri dal naso. Le mani, però, quelle funzionano sempre bene.
Non voglio sapere cosa pensa Giuditta del nostro bacio, o di cosa avrei potuto fare quella sera. Non ci voglio pensare.
Sto con Sami. Voglio Sami.
Gli comincio a mordere il collo, mentre lui comincia ad ansimare.
Continuo a segarlo, a macchinetta, e mi infilo una mano nelle mie mutande. Sento la vena del mio pisello caldissima, sta pulsando come un cuore, e sento la vita.
Mi viene da urlare, perché ho le gambe sbagliate in testa, vedo una chioma mora invece che dei ricci biondi.
Comincio a spingermi col bacino in mezzo alle sue gambe, in un movimento che ricorda una creatura marina subacquea.
Continuo a segarci entrambi, finché lui non viene sulla sua stessa pancia qualche minuto dopo.
Io, dopo una debole lotta, mi arrendo. Lascio che le gambe di Giuditta mi circondino il collo e stringano forte, come due tentacoli di un polipo affamato.
Nel momento in cui vedo il mio sperma schizzare su Sami, capisco. Mi tiene la mano, mi guarda con aria sognante, e capisco tutto. Sto tessendo una trama vergognosa, e uno tra me, Sami e Giuditta, prima o poi, cadrà vittima degli altri due.
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Sondaggio: 07.09.2019, 11.25 AM
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oramicurcu · 5 years
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Okay raga, non me le tengo più le cose.
Leggo un annuncio di lavoro, perché Facebook me lo notifica essendo nei paraggi.
"Tizio Parrucchieri cerca persona, con un minimo di esperienza, affidabile, puntuale e di BELLA PRESENZA. Stipendio adeguato alle proprie capacità."
Ho riletto perché, non si sa mai, magari ho saltato qualcosa, non ho capito, ho frainteso. Ma nulla.
Cerca una persona, e qui ci siamo. Senza distinzione di sesso. Tra i requisiti cose normali, legittime. Ma poi ecco che salta agli occhi in evidenza manco fassero i capelli della Bertè quel BELLA PRESENZA scritto proprio così, in maiuscolo, come se fosse l'elemento a cui dover dare più importanza.
Ma si può? Se non si rientra nei canoni di bellezza standard di oggigiorno allora non si possono asciugare e lavare capelli, pur avendone esperienza?
Senza considerare lo stipendio. Se mi cerchi con un minimo esperienza, quella ho. Se lavoro un tot. mi dai un tot. Non stiamo a pettinare le giraffe e non me la menare eh.
Nonostante io non sia interessata a questo lavoro, ho scritto alla pagina interessata. Chissà se avrò risposta, o se modificherà l'annuncio senza darmi importanza. Non so.
So anzi che già tempo fa avevo scritto un messaggio ad una rete provinciale che si occupa per lo più di informazione e che aveva reso pubblico un video, girato da un passante, per dare una notizia shock: due ragazze erano a mare nude, su uno scoglio, a novembre. Video girato e diffuso senza il consenso delle ragazze. Non hanno risposto al mio messaggio né ai commenti al video stesso, hanno solamente cancellato il video senza nemmeno scusarsi in qualche modo.
Credo si senta spesso gridare al "DENUNCIATE" ebbene, credo sia arrivato il caso di denunciare anche queste "piccole" cose, che poi tanti piccole non sono eh.
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nessunotrannenoi · 2 years
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03/01/22 - 22:47
Finisco di lavorare e ti scrivo. Ti chiedo la verità. Mi metto in macchina e torno a casa. Nel tragitto la notifica della tua risposta leggo e quasi uscivo fuori strada. Poso il telefono e mentre guido penso che magari ti ricredi e cambi decisione ma niente, non arriva nessun altro messaggio. Arrivo a rileggo quello che mi hai scritto e capisco quanto la verità sia difficile da dire rispetto alle bugie. Mi do tante risposte tutte insieme e non me lo sarei mai aspettata. Ho impiegato giornate intere a farmi domande e a cercare di giustificarti ma oggi ho capito che se non vuoi ammettere, è per paura. La paura di dirmi di meno di ciò che so e mentirmi nuovamente o la paura di dirmi qualcosa in più e allontanarmi ancora ulteriormente da te. Non ti ho messo con le spalle al muro ma ti ho dato solo una ennesima possibilità per chiarirci una volta per tutte, ma ho ulteriormente fallito. Io che volevo vendere casa, abbandonare un lavoro che mi ha sempre gratificata lavorativamente ed economicamente, cambiare vita e iniziare tutto daccapo con te, ho ricevuto un rifiuto per aver chiesto solo la verità di tutto quanto. Mi chiedo cosa ho fatto per meritarmi questo e anche i piccoli errori mi fanno pentire di essere così attenta a tutto. Mi dispiace per come sia andata e mi fa male. In due giorni mi sono distrutta più di quanto io abbia fatto nel corso di questi anni. Sono crollata perché per te avrei dato la mia stessa vita e l'avrei fatto sul serio, non per modo di dire ma solo per renderti felice. Sono caduta e la botta è stata grande questa volta. Mi è crollato tutto quanto sulle spalle in un periodo in cui avevo bisogno di essere sorretta, compresa e aiutata. Invece mi sono ritrovata da sola, con un intervento da dover affrontare e la chemioterapia che mi aspetta. E io non lo so che ho la forza per affrontare tutto. Probabilmente mi lascerò andare una volta per tutte portando con me il tuo dolce ricordo di tutto ciò che di bello abbiamo vissuto. Vorrei avere la capacità di cancellare i giorni e i ricordi ma posso solo cercare di non farli prevalere, ma per quanto io ci abbia provato e ci stia provando, da sola non ne sono capace. È una delle sconfitte più amare da sopportare. La vita mi sta mettendo avanti troppi ostacoli e io sto fallendo giorno dopo giorno. Vorrei solo scomparire nelle tue braccia o scomparire per sempre e porre fine a tutto.
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edsitalia · 3 years
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Risveglio (di Dakinistories)
Ma come? Viene a trovarmi la prossima settimana dopo 3 mesi che ci sentiamo solo in chat? E come faccio ora? Devo trovare una soluzione.
Ripercorro mentalmente tutte le bugie che ho raccontato durante le nostre chiacchere bollenti e ne saggio la gravità.
Per prima cosa l’età, mi sono tolta dieci anni ma, pensandoci bene, non credo che questo possa essere grave. Porto bene i miei 40 ed in ogni caso sono certa che non si farà tutta questa strada per venire a leggere la mia carta d’identità.
Poi, ho accuratamente omesso di avere un figlio, un’informazione che ho ritenuto non necessaria durante le nostre chat ma che nella vita reale conta, conta moltissimo. Contano i segni lasciati sulla mia pancia, gli impegni improvvisi e le preoccupazioni che solo una madre può capire e, ad essere pratica, soprattutto conta che se voglio essere libera devo trovare un modo per organizzarmi.
Essere libera per cosa poi? Mi fermo un attimo a pensare e mi chiedo cosa voglio io, se davvero lo voglio incontrare. Non importa quante volte ci siamo detti quanto avremmo bramato un contatto di vera pelle, quando il sangue ribolle si dicono molte cose, si crede anche che siano vere perché, si sa, nell’universo parallelo fatto di parole luminose su un piccolo schermo tutto è possibile.
Ed è per questo che per 3 mesi è andata così bene. Intesa, complicità, comprensione come non le ho mai conosciute con nessun uomo. Su internet si può trovare compagnia dietro a ogni profilo ma con lui è stato diverso fin da subito. Mi ha sorpreso con la sapiente arte di usare le parole nel modo giusto, aprendosi un varco diretto nelle mie emozioni. Mi ha colpito la capacità di rispettare i tempi e mi ha rapito il modo innato di accendere il desiderio stimolando la mia mente. Mi sono lasciata svelare poco alla volta, un giorno dopo l’altro ho condiviso qualche dettaglio personale in più e lui ne ha fatto tesoro, disegnando una mappa accurata di me che mi ha spinto alla curiosità di conoscerlo e alla voglia di passare altro tempo con lui. Ho iniziato così ad aspettare con ansia che venisse sera, che tutti i lavori fossero conclusi, tutti i miei affetti sistemati e che io potessi finalmente chiudermi in camera e accedere al mio piccolo mondo fatto di sospiri, gemiti ed emozioni liquide.
Ci sono volute settimane perché io prendessi il coraggio di accendere anche la fotocamera e realizzare quei primi scatti goffi che ai suoi occhi erano meraviglia. È riuscito a sentire tutta la paura che si cela dietro a una prima volta e l’ha accolta con delicatezza, saziandosi con pazienza. All’inizio erano solo immagini di dettagli, poi sono diventati squarci di pelle esposta e nell’ultima settimana è accaduto qualcosa di nuovo, ancora più coraggioso: gli ho mandato un breve video che ha segnato uno dei momenti più erotici della mia vita. Solo a ripensarci una scossa elettrica attraversa la mia spina dorsale e infiamma le mie gambe. Lui ha saputo essere paziente e sfrontato nella giusta misura, ogni volta ha tastato il terreno per capire quanto poteva chiedere e quanto poteva dare e ne ha sempre trovato la dose perfetta, fino ad ora.
Godiamo insieme sì trovando anche il modo di scambiarci tenerezze. Difficile da spiegare ma riesce sempre a trovare la chiave giusta per lavare via quel senso di vergogna così ben radicato nella mia testa.
Un rapporto speciale il nostro. Mi sono chiesta innumerevoli volte quante e quali donne avessero il mio stesso privilegio, non sono così ingenua da pensare di essere l’unica, nonostante lui me lo ripeta di continuo.  Mi rassicura e in quei momenti mi sciolgo e gli credo, per poi svegliarmi il mattino seguente sentendomi la solita sciocca romantica.
È stata ed ancora è, la mia piccola favola personale dopo tanti rapporti falliti nel mondo vero. Ho sempre saputo che quello che viviamo non è reale ma è esattamente questo che lo rende perfetto. Funziona perché tra di noi c’è lo spazio di Roma-Milano e uno schermo concreto a fare da barriera alle nostre insicurezze. Con lui, mi lascio andare completamente togliendo la maschera dell’autocontrollo che in questi anni ho costruito per difendermi ed è questa la mia bugia peggiore, quella che non so giustificare: la vera me.
Vuole venire qui per incontrare la pantera selvaggia che con le sue fantasie sconce e lascive l’ha intrattenuto tutte le sere negli ultimi 3 mesi. Non vede l’ora di sperimentare tutte quelle posizioni spinte che le mie dita hanno saputo raccontare sapientemente e impazzisce dalla voglia di sentirmi urlare di piacere. E invece cosa accadrà, quando troverà me, un gattino spelacchiato che non ha mai provato un orgasmo durante il sesso n�� tantomeno ha mai saputo sentirlo esplodere dentro di sé.
Il panico mi assale, ora devo trovare una soluzione. Non sarà difficile inventare una scusa, una balla credibile e ben confezionata si sta già facendo strada nella mia mente. 
Fatto. Soluzione trovata. Evviva!
Già, ma perché invece di sentirmi sollevata mi è piombato addosso un senso di sconfitta?
E se questa volta il pericolo lo facessimo entrare in casa? Suggerisce la voce del mio alter ego sfrontato alla mia parte spaventata. Se per una fottutissima volta togliessimo il freno mano a questa vita e ci lasciassimo andare e provassimo a vivere?
Si tratterebbe poi di una notte. Inizio a cedere.
Mi alzo dal divano da dove stavo elucubrando sulla mia vita e finalmente rispondo al suo messaggio. Metto l’indirizzo e scrivo “Ti aspetto”.
Inviato, la spunta è diventata blu. Ommiddio!
Me lo immagino mentre legge sorpreso la mia conferma e si prepara al viaggio. Ho una settimana di tempo per correre ai ripari dopo 3 anni di trascuratezza, una missione impossibile. Mi guardo allo specchio e con un sorriso decido che per una volta posso concentrami su ciò che va bene invece che sui difetti. Mi fermo sugli occhi, lucidi di emozione e di attesa, mi basta questo per capire che forse sono finalmente pronta a mettermi di nuovo in gioco.
Ancora intenta nella mia analisi sento la notifica del messaggio di risposta e il mio cuore salta un battito: dall’anteprima leggo “e se fossi già lì?”. Panico! Non è possibile che sia già qui, non gli ho mai dato il mio indirizzo e mentre il mio cervello vaglia tutte le ipotesi possibili sento il campanello suonare. Con le gambe che tremano mi avvicino alla porta e con il cuore in gola guardo attraverso lo spioncino, fortunatamente, dal pianerottolo riconosco il viso del mio vicino di casa.
Mi rilasso con un lungo sospiro e un velo di delusione mi attraversa. Che cosa stavo pensando? Come ho fatto a non capire che il suo era un messaggio figurato e provocatorio.
Sono stizzita dalla mia stessa illusione, apro la porta controvoglia e saluto in modo brusco.
È venuto ad abitare qui solo qualche mese fa, non lo conosco molto, solo qualche scambio di parola in cortile e un paio di cortesie quando entrambi avevamo finito lo zucchero. In realtà è un bel tipo, più o meno della mia età, fisico prestante. Mi è capitato di spiarlo mentre si allenava e devo ammettere che i suoi muscoli torniti mi hanno evocato interessanti fantasie, in un’altra occasione sarei stata più cordiale ma in questo momento i miei nervi a fior di pelle mi impediscono di seguire i giusti protocolli di socialità.
“Posso aiutarti?” Chiedo con un gran voglia che se ne vada in fretta.
Lui mi fissa con uno sguardo intenso che non riesco a decifrare e non risponde.
“ Hai bisogno ancora di zucchero?” chiedo di nuovo e lui sorride, annuisce e si scusa mentre io lo invito ad entrare. Inizio a provare uno strano disagio e mi affretto a riempire un piccolo barattolo quando con la coda dell’occhio lo vedo digitare sul cellulare. Nello stesso istante una notifica squilla sul mio e la leggo chiara sullo schermo: “Grazie ma magari allo zucchero pensiamo dopo”
La mia testa inizia a girare per la confusione, alzo lo sguardo e lo osservo ammutolita, lui è impassibile.
“Non sapevo come dirtelo ma se vuoi ti spiego tutto” dice finalmente cercando di svegliarmi dal mio stato di apatia.
La mente è già partita con una lunga serie di ipotesi complottistiche che mi fanno rabbrividire, il panico mi attraversa di nuovo e perdo l’equilibrio. Con un gesto sicuro, mi sorregge e prende le mie mani tra le sue, io non riesco più a pensare ma avverto solo un forte calore che si diffonde ovunque.
Mi costringo a guardarlo negli occhi e piano nella mia testa sovrappongo l’immagine del mio amante sconosciuto al viso di questo uomo gentile che abita solo una porta accanto alla mia. Gli ingranaggi del mio cervello si mettono in moto e iniziano a collegare tutte quelle coincidenze che tanto mi avevano sorpreso durante questi mesi. Non era bravo a prevedere o a sentire, come pensavo io, lui semplicemente sapeva. Sapeva dove ero, cosa stavo facendo e che musica stavo ascoltando. Il senso di tradimento mi inonda tutta e il mio corpo inizia a tremare. I suoi occhi cercano i miei mentre stringe ancora le mie mani nelle sue, incredibilmente, c’è qualcosa nella calma del suo sguardo che mi infonde un moto di fiducia. Decido, per una volta nella vita di ascoltare la mia pancia e propongo un caffè, dopotutto questa storia la voglia ascoltare.
Lui si accomoda, parla, spiega. Non sapeva all’inizio che la donna della chat ero io, l’ha capito in seguito. Aveva impostato una ricerca geografica perché cercava qualcuno da frequentare nelle vicinanze, non solo su internet. Mi spiega di non avermi mai detto di abitare a Roma ma solo che durante la nostra prima chat era lì che si trovava ma poi ammette di aver giocato su questo fraintendimento. Mi giura che non mi ha mai spiato e che lui per primo ha pensato che fosse una coincidenza assurda anche per un film d’amore di serie B. Confessa che stava per smettere di scrivermi ma che tutto quello che ci siamo detti in questi mesi l‘ha colpito, la nostra intesa è stata unica fin da subito e non voleva perderla. Ecco perché mi ha chiesto di vederci, voleva dirmi la verità.
Io lo ascolto, combattuta tra la voglia di credere a tutto e la mia abitudine a diffidare ma mi rendo conto di  aver perso tratti del suo discorso, mi sono distratta, persa a collegare 3 mesi di parole infuocate alla carne e al sangue vivo e pulsante seduto di fronte a me. La mia stessa mente mi tradisce mandandomi flash del suo membro eccitato avvolto dal suo piacere.
Inizio a sciogliermi contro la mia volontà.
Grazie a uno di questi momenti di distrazione si avvicina, leggendo la mia esitazione e trovando uno spiraglio nella corazza di diffidenza che si stava costruendo.
“Sono sempre io” sussurra con quella voce roca che riconosco dai messaggi vocali, con quella nota calda che mi ha fatto vibrare di desiderio tante volte. Il suo viso è a pochi centimetri, il suo fiato arriva umido al mio collo che si piega alla sua volontà e con una lunga inspirazione lo sento annusare il mio odore. Un leggero mugolio esce dalla sua gola e mentre una mano accarezza la mia guancia in fiamme, il calore viaggia lungo tutto il mio corpo scendendo ad incendiare le mie cosce. Le sue labbra si appoggiano con lentezza esasperante sulle mie. Il suo sapore sulla mia lingua fa esplodere tutti i miei sensi riportando vecchie memorie in superficie e i bollori di notti lunghissime passate a toccare il mio corpo sognando queste stesse labbra riemergono prepotenti. Il contatto tra i nostri corpi ha spazzato via la razionalità, l’autocontrollo e tutta la prudenza generando un desiderio incontenibile. Tutta la curiosità di esplorarci si traduce in mani operose, morsi affamati e lingue incandescenti. I nostri corpi già si conoscono. Le nostre menti già si possiedono. Mi solleva in un abbraccio audace e dai nostri bacini intrecciati sento la sua erezione spingere sfacciata. Il tavolo diventa il campo di questa prima battaglia che è solo preludio di una notte che non finirà tanto presto. Non c’è il tempo di spogliarci ma solo la voglia di prenderci, di vivere finalmente questa carne che è uscita dall’etere e si è fatta lussuria. Slaccio con foga i suoi pantaloni per estrarre quel sesso duro e gonfio che ho desiderato tenere tra le mie mani innumerevoli volte, lo sento umido tra le mie dita e il mio corpo risponde bagnandosi di attesa. Lui risponde alla mia urgenza sfilando i miei jeans e affondando la sua rigida virilità dentro una me che non riconosco. Il piacere mi avvolge completamente, sento crescere dentro il ruggito della pantera che mi ha sempre abitato ma che nessun uomo è mai riuscito a liberare. Ansimo, gemo e godo senza riserve, completamente persa in questo amplesso animale. Il mio bacino ruota in modo compulsivo accogliendo questo uomo che ha trasformato le mie incertezze in verità. Le sue mani vagano ovunque sul mio corpo riconoscendo una strada che tante volte gli è stata indicata proprio da me e sono proprio le sue dita che si muovono alla ricerca del piacere ripercorrendo i sentieri lungo le mie pieghe come io stessa gli ho mostrato dietro uno schermo. Non ho mai sperimentato un sesso così, fatto di conoscenza, ascolto e bramosia. La mia testa finalmente tace, rimane solo il suono delle mie urla che riempiono la stanza e il calore di questo profondo orgasmo che mi fa perdere il senso della realtà. Intravedo il suo sorriso beato, l’orgoglio di avermi domato regalandomi questo piacere così forte. Due ultimi colpi li tiene per sé, per esplodere il suo seme caldo sul mio ventre e rilassarsi subito dopo. Lo osservo ancora ansante e confusa e decido che per una volta ha vinto il corpo. Sospendo ogni giudizio, ogni riserva e lo guardo con sfida.
Un ruggito giocoso esce dalle mie labbra che ancora lo cercano, adesso che ha svegliato il felino dentro di me…non può sfuggire alla mia caccia.
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armoniaprivata · 3 years
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Non mi aspettavo grandi cose da questo nuovo anno, a giudicare da come si è concluso quello passato, avevo portato il livello delle mie aspettative ai minimi storici, ciononostante, non ero preparata. L'unica stabilità degli ultimi 3 anni se n'è andata esattamente 7 giorni fa portando via con sé il nostro cane, un set di piatti e le mie tenui speranze per il futuro. Ho versato tutte le lacrime che mi sono permessa di lasciar uscire, urlando, ho rotto il portafoto con la polaroid scattata durante la vacanza in Sicilia e maledicendo tutte le sue stramaledette paure ad impegnarsi. Ho lavorato tutte le ore possibili per non tornare al silenzio di questa casa, passando le restanti a pulire per cancellare ogni traccia lasciata da lui e ora, in questa domenica sera, mi aggiro per la casa vuota, con il sottofondo di Elettra Lamborghini che mi ricorda che la musica salva da ogni male. O almeno dovrebbe, perché stasera mi sento triste ad ogni nota, disperata e inconsolabile. Mi domando dove sono finita io? Quella donna forte e indipendente che sono sempre stata, quella che ha aperto il suo negozio di abbigliamento affidandosi solo alle proprie forze, quella che ha comprato questo delizioso appartamento con giardino, quella che ha vissuto sola all'estero realizzando il suo grande sogno. Dov'è tutta quella forza? È annegata nel cesto della biancheria da lavare, quello che il sabato svuotavi tu quando io lavoravo tutto il giorno. È finita nel trovare la cena pronta quando ero troppo stanca anche solo per alzare la forchetta, si è sciolta in quel piede bollente sotto le coperte che mi faceva sentire protetta nelle sere d'inverno. Lì, nella sicurezza quotidiana di condividere i problemi, è finita la mia indipendenza. Mi sono rilassata per la prima volta in vita mia, è stato inaspettato e bellissimo ma adesso, ho nostalgia di tutto. Soprattutto, mi manca sapere di poter crollare in qualunque momento, perché ci sarai tu a raccogliere tutti i miei pezzi disgregati e a strapparmi un sorriso con la tua pungente ironia. Invece, questo è esattamente quello che ti ha portato via di me. Troppa sicurezza si è trasformata in noia per te, troppo rilassamento è diventato banalità e la stabilità ha preso la forma di una gabbia. Così te ne sei andato. Hai detto, come fanno tutti, che si tratta solo di una pausa ma sappiamo entrambi che non tornerai. La libertà ha un sapore troppo dolce per te e dopo 7 giorni, io ho deciso di rimettere insieme i miei cocci da sola. Ne uscirò più forte di prima e rinascerò come solo una donna sa fare. Prometto ora che non lascerò più che un uomo mi allontani da me stessa, resterò fedele a ciò che mi fa brillare gli occhi in qualsiasi condizione. Sto prendendo nota dei miei nuovi propositi, quando sento lo squillo di una notifica sul cellulare, il cuore inizia a battere all'impazzata e la mente sta già galoppando, so chi vuole che sia, so che voglio che sia lui. Afferro il telefono con le mani tremanti e leggo il messaggio sul display, un largo sorriso si apre sul mio volto. "Sto arrivando" e mentre leggo il messaggio, rido e piango insieme. Solo cinque minuti dopo sento il suono del campanello. Apro la porta e mi vedo piazzare una bottiglia di vino in mano, investita da un uragano di capelli ricci. Davanti a me c'è la persona che ogni volta mi tira fuori dai miei abissi senza chiedere niente in cambio, che mi guarda andare con il culo per terra e con pazienza mi aiuta a rialzarmi. Lei è Anna, semplicemente la mia migliore amica. "Hai una pessima cera, lascia che te lo dica!" mi dice con un tono di rimprovero e con uno sguardo di disapprovazione, prima di aggiungere: "Tu adesso vai di là, ti dai una bella ripulita e ti metti uno dei tuoi vestiti da gara. Io nel frattempo stappo questo vino e preparo qualcosa da mangiare, perché tu non hai cenato vero?". Lei è così, autoritaria, sicura e con il cuore più grande che io abbia mai visto. Dopo aver finito di impartire ordini con finta rigidità, mi stringe forte in un abbraccio e lascia che io mi sciolga in quello che, decido, dovrà essere l'ultimo pianto liberatorio di questa sera. Anna mi lascia sfogare, so che è venuta per questo poi con un gesto materno mi asciuga gli occhi e mi sorride. La sua sola presenza mi ricarica, le do un bacio sulla guancia e vado in camera mia, come mi ha ordinato. "Cosa hai in mente?" le grido dalla mia camera mentre passo in rassegna il mio guardaroba. Ha ragione, ho una collezione di abiti da capogiro che non indosso da almeno 3 anni perché lui diceva che mi preferiva semplice. Coglione! Mi aveva convinto che la mia semplicità lo eccitava e poi ha finito per annoiarsi. Stupida io, che ho spento il mio fuoco per adeguarmi alla sua temperatura tiepida. Finalmente sento questa rabbia che sta affiorando e ho intenzione di trasformarla in grinta per riemergere. Torno di là e trovo due bicchieri colmi di vino ad aspettarmi. "Non dovevi preparare da mangiare? "le dico con una nota acida che non si merita. "Prima di tutto sei uno schianto! E poi, tesoro, è difficile inventare una cena con la dispensa vuota! Me lo dici da quando non ti fai un pasto decente?" mi guarda con preoccupazione ma non attende la mia risposta, con un dito fa partire la nostra playlist preferita e si avvicina con il bicchiere. "Brindiamo a un futuro pieno di orgasmi!" e con la mano fa il gesto del dito medio. Riesce sempre a farmi ridere, sboccata e sopra le righe mi travolge ogni volta con la sua filosofia genuina. Una single per scelta, ma io so che è ha solo troppa paura di soffrire ancora dopo l'ennesima storia andata male. Noi ci compensiamo, riflessiva io, istintiva lei, alterniamo folli serate passate a bere e ridere, a momenti di interminabili chiacchiere su quanto siamo fragili e inguaribili romantiche. Semplicemente ci siamo l'una per l'altra. Sempre, come stavolta. So già come andrà a finire, dopo il primo bicchiere non avremo più voglia di uscire e lei finirà con il dormire sul mio divano, per questo ho scelto questo abito decisamente troppo corto. È il mio tubino delle grandi occasioni, nero e stretto che fascia le curve, l'ho indossato l'ultima volta per una festa di Capodanno in cui volevo rimorchiare il cameriere, anche se le cose non sono andate come previsto, quella stessa sera ho conosciuto Giovanni. Tre anni fa. Abbiamo parlato tutta la sera, mi ha affascinato con la sua cultura e all'alba del primo giorno dell'anno, con la scusa più vecchia del mondo, mi ha proposto di vedere la sua collezione di libri. Ovviamente, non abbiamo letto nemmeno una pagina. Ecco, questa sarà la serata giusta per sovrapporre un nuovo ricordo a questo vestito. Il brindisi l'ha fatto lei e io non ho nulla da aggiungere, mi godo la sensazione inebriante delle bollicine fresche che scorrono lungo la mia gola e dopo il primo sorso già sento che mi sto rilassando. La musica riempie la mia cucina e la colora di suoni. Anna ha portato con sé tutta la sua l'energia esplosiva. Iniziamo a ballare sulle note di un Vasco d'annata che urla "Rewind" e noi giriamo nella stanza come la ragazza del videoclip, quella con il walkman. Sono passati tanti anni ma certe canzoni mi riportano sempre indietro nel tempo, a quando i problemi li scrivevi sul diario e il giorno dopo scomparivano dentro alla pagina dei consigli di Cioè. Ridiamo e saltiamo per la stanza fino all'attacco di Cindy Lauper e della sua "Girls just wanna have fun", scusa Elettra ma proprio non ci siamo, ora va decisamente meglio! Abbiamo tra le mani i miei cucchiai di legno da usare come microfoni, la bottiglia è finita e la musica è tanto alta da non sentire il suono del campanello alla porta. Al secondo tentativo riconosco il rumore e mi blocco di colpo, guardo Anna, chi può essere a quest'ora? Lei mi sorride di rimando, strizzandomi l'occhio "Vado io!". La seguo sospettosa, non mi sono mai piaciute le sue sorprese! Sulla soglia trovo il fattorino che regge in mano il cartone di una pizza gigante, il fattorino più sexy che io abbia mai visto. Non so se sono più interessata alla pizza o alle mani che reggono la scatola. È giovane, come è ovvio che sia, ma ha un velo di barba che lo fa sembrare più adulto e molto maschio. Occhi intensi, scuri e un sorriso dolce e imbarazzato che mi stimola non poco. Anna lo invita ad entrare e io mi precipito a cercare la borsa per pagarlo. Vago per la casa annebbiata dall'alcool senza ricordare dove cavolo l'ho buttata. Nel frattempo, sento la voce lontana di Anna tempestare di domande il ragazzo e lui balbettare delle risposte confuse. Finalmente mi ricordo di aver lasciato la borsa sulla sedia della cucina e quando torno di là trovo la mia amica che cerca di sfilare con insistenza la giacca del nostro ignaro ospite. Mi viene da ridere, so che sta giocando ma l'imbarazzo sul viso del fattorino è davvero buffo. Mi avvicino con i soldi con l'intento di salvarlo da questo attacco ma quando incrocio il suo sguardo, leggo un certo interesse che mi sorprende e mi lusinga molto. I suoi occhi scendono alla scollatura sfacciata del mio vestito e percorrono tutta la linea del mio corpo. Gli sorrido e penso tra me che non c'è niente di male a giocare un po'. "Puoi tenere il resto, ma solo se ti fermi a farci un po' di compagnia..." nella mia testa è scoppiato il caos, ho davvero detto questa frase ad alta voce?! Anna si avvicina per darmi sostegno: "E' quasi mezzanotte e il tuo turno ormai sarà finito no? sono certa che non ci saranno altre consegne da fare questa sera..." Gli occhi del ragazzo si spostano da me alla mia amica e quel velo di timidezza che prima ostentava a protezione, cala improvvisamente. "In effetti, Signore, come potrei rifiutare una compagnia così interessante?" e senza preavviso, con un movimento sensuale, sfila la divisa che tanto saldamente stava cercando di salvare poco fa. "Come possiamo chiamarti...ragazzo?" Anna ha iniziato il suo gioco di seduzione mentre sta togliendo dal congelatore una bottiglia di Vodka gelata e tre bicchierini da shot. "Mi chiamo Michael" risponde lui e con rinnovata sicurezza si avvicina al tavolo per buttare giù lo shot in un lampo. Le sue braccia piegate lasciano intravedere un fisico giovane ed allenato, con muscoli forti che evocano in me la voglia di essere presa con decisione. Dopotutto, non sono poi così spenta. La musica sta partecipando a questo nostro gioco perché dalla playlist parte la canzone sensuale per eccellenza, sulle note di Bailando, di Enrique Iglesias, io e Anna ci guardiamo con uno sguardo complice e scoppiamo in una risata brilla. Michael sorride e inizia un ballo per noi che fa aumentare la temperatura non di poco. Lo guardiamo mentre muove sensualmente il bacino in pure stile cubano, a pensarci bene potrebbe avere origini sudamericane considerato il nome e la pelle leggermente ambrata. Si muove in un modo dannatamente sensuale e io non resisto, mi avvicino e lascio che le nostre gambe si incrocino. Con una mano all'incavo della mia schiena mi tiene salda e insieme iniziamo una danza lussuriosa dei nostri bacini. Mi abbandono alla sensualità di questa gioventù e lascio cadere il collo all'indietro, sorretta dalle braccia forti di questa distrazione pazzesca e inaspettata. Anna ha buttato giù gli altri due shot e si sta avvicinando alla scena. Si posiziona dietro Michael e ancheggiando segue il movimento dei suoi fianchi. Siamo tre sinuosi corpi rapiti dal ritmo della musica, Le mani di Anna stanno diventando audaci e si spostano a tastare i pettorali del nostro fattorino, mentre io godo del calore delle sue mani che dalla schiena sono scese a riempirsi dei miei glutei. Lo sento, Dio come lo sento! Il suo sesso è pronto e sta spingendo sulla mia gamba, così il mio corpo risponde con il fuoco che brucia tra le mie cosce. La curiosità di Anna si fa sempre più intraprendente e la guardo mentre le sue mani scendono fino a infilarsi nei pantaloni del ragazzo. Michal si volta verso di lei e con impeto la sua lingua prende possesso della sua bocca. Io sono eccitata come non mi capitava da tempo ma osservo la scena da fuori come se non ne fossi davvero una protagonista e mi accorgo che non lo sono. Non è quello che voglio. Mi allontano dalla cucina, improvvisamente sento il bisogno di aria, esco di casa, diretta verso il mio piccolo giardino segreto. Anna è troppo impegnata per accorgersene e va bene così, la ringrazio per questa distrazione, anche se ho realizzato che non sono ancora pronta. Abbracciata al giovane corpo di un ragazzo, ho chiuso gli occhi un solo istante e la mia testa si è riempita dell'immagine di un altro uomo, un uomo che non è più il mio. Mi avvio distratta verso il piccolo portico e trasalisco quando mi accorgo che sul dondolo nell'angolo c'è qualcuno, sto per urlare quando dalla sagoma lo riconosco, è Giovanni, il mio Giovanni. Lo choc si trasforma in rabbia: "Che cazzo ci fai qui? Mi è quasi preso un infarto!" "Elisa! Oddio scusa, non dovevo venire qui ma volevo vederti poi ho capito che non eri sola e non sapevo cosa fare..." " Esatto, non sono sola e mi sto anche divertendo molto! Senza di te ho imparato di nuovo come si fa. Ma poi tu cosa vuoi eh? Ti sei accorto che senza di me ti annoi?" finalmente l'onda della frustrazione sale dalla mia pancia e non ho intenzione di mettere a tacere questa voglia di urlare che ho! "Oppure ti senti solo senza la tua cara quasi-mogliettina che ti fa trovare tutto al suo posto, anzi, lasciami indovinare, sei solo il solito stronzo che..." non mi lasci finire la frase e ti avventi su di me chiudendomi la bocca con un bacio famelico. Non riesco a porre nessuna resistenza, il mio corpo aveva già iniziato a reagire quando ha riconosciuto la curva delle tue braccia stese sul dondolo. È un bacio avido, affamato che sa di rabbia e nostalgia. Le tue mani mi tengono il viso e ora le tue labbra sono scese al mio collo, tracciano la scia della loro voglia che risale fino a succhiare il lobo del mio orecchio, perché lo sai quanto mi fa impazzire. Ci conosciamo, i nostri corpi si sono amati ed esplorati in questi tre anni e insieme siamo cresciuti. Le mie mani sono scese automaticamente ai tuoi fianchi, afferrandosi al quel tuo punto vicino alla cintura che so farti perdere il controllo. Carichi tutto il mio peso e mi fai scivolare sull'erba umida e mentre le tue mani armeggiano con il mio vestito, avverto il freddo della terra sulle mie gambe nude eccitandomi ancora di più. Il tubino è già volato via mentre le tue mani cercano tra le mie gambe il consenso a proseguire. La rabbia si è trasformata in passione animale e io ti sto mordendo ovunque riesco a raggiungerti, collo, spalle e braccia sono marchiati dai miei denti mentre le unghie stanno lasciando solchi sulla tua schiena. Hai liberato quel tuo membro duro e gonfio che mille volte mi ha fatto godere e con un colpo scivoli dentro di me. Di nuovo, come se fosse la prima volta, sento un universo di piacere esplodere dentro me. Stiamo ansimando, gemendo e ringhiando in questo amplesso di passione e dolore che ci sta riportando a casa. I nostri corpi di stanno divorando dalla voglia. Tu spingi e io grido, il mio orgasmo soffiato è soffocato dal mio braccio tra i denti, altre due spinte profonde e sento il tuo seme caldo colarmi dentro, in una sensazione che mi rende confusa e felice. Stiamo ansimando e negli spasmi del piacere appena provato si aggiungono i miei singhiozzi di smarrimento. Mi abbracci forte e una goccia salata cade sul mio viso, stai piangendo anche tu ed è la prima volta che ti vedo così vulnerabile. Alzi la testa per guardarmi negli occhi e io rivedo quella luce della prima volta che ci hanno presentati, quello sguardo che mi ha fatto sentire la donna più bella del mondo. "Questo mi mancava, questo fuoco ardente nei tuoi occhi!" mi dici con una voce graffiata, prima di proseguire "Mi dispiace, io ho avuto paura..." inizi a parlare e la tua solita spacconeria ha lasciato il posto a una dolcezza disarmante che io proprio non mi aspettavo, tu che abbassi tanto le difese da chiedere scusa. Stai per continuare ma ti fermo posandoti un dito sulle labbra. "Va bene, dopo ne parliamo" ti dico. Dopo sì, adesso voglio ascoltare il suono dei nostri corpi rinati nella passione, voglio mettere attenzione su chi sono io quando lascio che la mia energia bruci e non voglio più dimenticarlo. Mi sono adattata a una situazione ma ora so di non volerlo più fare, ora mi ricordo chi sono. Non so come andrà ma adesso sento che ci meritiamo una seconda possibilità. Il freddo della terra sotto di noi inizia a farsi sentire, dovremmo entrare in casa ma mi ricordo di Anna e del fattorino e una grassa risata mi esce dalla gola, se conosco bene la mia amica, la casa non sarà agibile almeno per tutta la notte. "Ciao, io mi chiamo Elisa, ti va di portarmi a casa tua, avrei voglia di leggere un buon libro..." https://www.instagram.com/p/CMt5WhArChGQOwIp3-qdMHX9_UILN9EoJk8gjU0/?igshid=15m9og577cya1
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julienandsophie · 4 years
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Ancora 14 agosto...
Ho bisogno di scriverti (di nuovo) e sono tornata a letto (di nuovo).
Vorrei condividere con te la gioia di quando ti ho risentito a luglio dopo un’ assenza di 8 mesi perché se non erro l’ultima volta che abbiamo “interagito” è stato a novembre.
Pubblicai quella storia dal vecchio cellulare di sera, poco prima di andare a letto e pensai “chissà se almeno stavolta lo vedrà o mi dirà qualcosa”.
L’indomani mi ero completamente dimenticata di aver postato quel boomerang e pensai “ok sono ridicola, lo cancello e ciao. Non pubblicherò più nulla con l’altro cellulare”.
Afferro il cellulare e mi si accende quella lucina verde in alto che sta a significare che c’è una notifica ed io incredula lo sblocco e leggo la tua risposta alla storia.
Giuro che avrei voluto urlare.
Non ci credevo.
Non ci speravo.
Non avrei mai potuto immaginare che mi avresti sorpresa nel momento in cui stavo smettendo di credere in te ... (e di conseguenza anche in “”””noi”””).
Ero in trincea e mi hai colpito quando stavo uscendo pensando che la guerra fosse finita.
Boom.
All’improvviso non esisteva più nulla.
Sei ritornato mille volte più incredibile di quanto non lo fossi.
E mi hai cercata ancora.
Mi hai voluta.
Mi hai fatto sentire bella ed unica.
Mi hai reso la ragazza più felice al mondo.
Davvero.
Certe cose le provo solo quando ti sento, ma lo sai già perché chissà quante volte te le ho dette.
Mi sento inondata d’amore e passione in questo momento ricordando tutto ciò che ci siamo detti.
Io sono cambiata.
Indubbiamente.
Tu sei sempre lo stesso ma ciò che ci unisce, per me, rimane immutabile.
Sento un legame nei tuoi riguardi e non riesco a starti lontana.
Sono idiota?
Sono folle?
Sono stupida?
Si.
Ma sono anche innamorata e mi sento meglio ogni volta che te lo scrivo.
Sono 4 anni che sono innamorata di una persona che non ho mai visto.
Roba da squilibrati vero?
A proposito di squilibrio,
Ieri ho letto una cosa pazza pazzissima riguardo Angelina Jolie e Billy Bob Thornton.
“20 anni di differenza, un tatuaggio sul braccio e tanto scalpore. Usavano coltelli durante i rapporti sessuali, avevano delle dark room nella loro abitazione e indossavano al collo un’ ampolla contenente l’uno il sangue dell’altro.”
Non riesco a fare copia e incolla di tutto l’articolo ma penso che già queste poche cose bastino a rendere l’idea.
Se ciò che ti ho detto e ciò che provo è “qualcosa di folle” come mi dicesti tu allora ciò che ha unito quelle due persone raggiunge livelli di pazzia ben più alti.
Ma poi chi è normale Diego?
Da quando l’amore è roba per gente normale?
Io provo qualcosa di forte e non mi vergogno più nell’ esternarlo.
Uscirei mano nella mano con te senza timore e mi lascerei andare a ciò che il destino ha in serbo per noi.
Ora vado a vestirmi e scendo.
Buona serata ❤️
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fuckingdiary · 4 years
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28 novembre 2019 - 19:20
Caro diario,
oggi è stata una giornata del cazzo, ma per parlare di oggi devo parlarti prima di ieri.
Ieri dopo essere stata al sushi con i miei amici, decidiamo di andare in questo pub vicino che io ho sempre evitato per tre anni perché sapevo che K lo frequentava, ma in tre anni sono cambiate tante cose e in più lui lavora quindi ho pensato "di mercoledì sera non ci sarà nessuno".
Apro la porta, alzo lo sguardo, lui mi guarda, io lo guardo, mi giro verso la barista e ordino una birra media (fino a 5 secondi prima volevo prendere l'acqua perché dovevo guidare e avevo già bevuto un pochino).
Quando esco ci rincrociamo con gli sguardi, un saluto e finisce lì.
Stamani: 08:00 di mattina, mia mamma mi sveglia e mi chiede a che ora ho intenzione di andare all'università, in quel momento realizzo che io alle 9 avrei avuto un'esame (del cazzo, per il quale non avevo studiato nulla).
Ovviamente trovo traffico per strada, quindi già la mattina cominciava male, guardo il telefono per caso e leggo una notifica di Instagram di un messaggio ricevuto da K. Ho cominciato a tremare come una foglia, con i lucciconi e il battito a mille lancio il telefono sul seggiolino e ancora più incazzata cerco di arrivare in tempo all'esame.
Dopo l'esame che sicuramente ho bocciato gli rispondo e parliamo del più e del meno, poi lui mi racconta della sua ex come se questi tre anni in cui siamo stati divisi non fossero mai esistiti; lì decido che avevo voglia di parlare insieme a lui come ai vecchi tempi, con un caffè in un bar poco affollato, quindi gliel'ho chiesto e lui ha detto pure "volentieri".
Direi che in conclusione sono la persona più cattiva e egoista del mondo.
Non posso dire al mio ragazzo che vado a prendere un caffè con K perché lui non sa nemmeno chi sia, non sa tutto il nostro trascorso e se per essere onestà (come credo bisogna essere nelle relazioni) devo dirgli tutto quello che ho passato con K non credo che dopo mi manderebbe con tutta tranquillità a prendere il caffè.
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saggiosguardo · 5 years
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Elogio all'iPad mini che non c'è e forse mai ci sarà
Cos'è per voi l'iPad? Ho posto questa domanda a me stesso tante volte da quando ho comprato il primo esemplare ma non ho mai davvero saputo come rispondere. Ricordo che all'inizio veniva considerato come un iPod touch più grande – non un iPhone visto che gli manca la funzione telefono – però è maturato in ogni generazione ed oggi molti lo reputano un "vero computer". Intendo dire al pari di un Mac, perché in senso più generale un computer lo è di certo, così come d'altronde lo è l'iPhone. Guardo l'ultimo iPad Pro 2018 (recensione) e penso che sia un dispositivo stupefacente, con delle potenzialità tali da non avere più nulla da invidiare ad un comune portatile, eppure non riesco a ritagliargli un posto nella mia vita lavorativa o nelle routine di quella personale. L'unico momento in cui diventa per me fondamentale è nei viaggi, ma sapete cosa si dice delle esigenze personali: diverse e non giudicabili. Per cui vi parlo del mio caso specifico senza ritenerlo più o meno valido di altri.
In mano ho un iPhone, sulla scrivania un Mac e in borsa un MacBook.
Non specifico i modelli perché non sono rilevanti, ciò che invece lo è e che non vedo ragioni per usare l'iPad al loro posto. Per controllare qualcosa rapidamente lo smartphone rimane insuperabile e se ha uno schermo generoso la sua utilità si estende anche ben oltre, mentre per compiere un'attività più complessa il computer è molto più versatile di un tablet, che sia portatile o desktop. Quindi se ho un iPhone in tasca e un Mac a portata di mano, perché mai dovrei usare un dispositivo tanto ingombrante per guardare qualche notifica oppure mettermici a lavorare con una tastiera più scomoda, uno schermo più piccolo, un sistema operativo limitato e per di più senza tutti gli accessori esterni di cui ho bisogno?
L'iPad è insuperabile negli spostamenti, soprattutto se ha la scheda dati, perché ti porti dietro un dispositivo con cui puoi intrattenerti con un film in aeroporto oppure scrivere un articolo in volo – ma per fortuna non devo spostarmi così di frequente. Inoltre se devo andare da A a B e nella destinazione ho da lavorare, trovo molto più produttivo portare iPhone e MacBook. I momenti in cui uso un computer come passatempo sono effettivamente pochi, forse una mezzora la sera a letto e qualche manciata di minuti sporadica durante il giorno, giusto per staccare dal lavoro. In quei momenti l'iPad sarebbe perfetto ma comunque non lo uso.
Non è una decisione ragionata, anzi le poche volte che mi ricordo di prenderlo è perché ci penso. Per la lettura immersiva è molto valido, ma quello che leggo di norma io segue un flusso dinamico e non lineare, approfondendo con link o facendo ricerche parallele, il tutto mentre seguo le notifiche... e non c'è possibilità alcuna di sentirmi comodo su un tablet come su un computer. A parte l'uso delle finestre senza limiti, su iOS si lavora sempre a camere stagne e i nuovi "comandi" sono comunque limitati nella meccanica di funzionamento. Niente a che vedere con le operazioni avanzate che eseguo mille volta al giorno su macPS grazie a software come Alfred o Hazel, tanto per fare un esempio.
L'iPad, in particolare il modello Pro, ha tutta una serie di vantaggi dovuti alla presenza della Pencil, per cui per prendere appunti o disegnare a mano libera è comodissimo, ma le poche volte che ho provato a lavorare sulle immagini o realizzare un logo, mi sono accorto che va benissimo finché sono in fase di bozza, in quanto le idee scorrono più veloci tramite una matita, ma devo passare al computer per finalizzare un risultato professionale con maggiore precisione e scioltezza. Provo tanta ammirazione per chi lo usa quotidianamente per foto e video, ma quando ci ho provato mi sono trovato a chiedermi se ci fosse un buon motivo per non fare la stessa cosa, ma ben più comodamente, davanti ad un computer. Io, non l'ho trovato.
Per il mio primo figlio, che tra un paio di mesi festeggerà 5 anni, l'iPad "è" il computer. È quello che usa per giocare o guardare video, ma immagino che iniziando la scuola gli verrà naturale fare lì anche le sue ricerche e qualche attività didattica, che in realtà compie già ora grazie ad alcuni giochi interattivi molto ben realizzati. Andando avanti con l'età e gli studi, però, mi chiedo se il tablet si dimostrerà ancora sufficiente. L'iPad continuerà a migliorare, sarà sempre più potente e guadagnerà nuove funzioni, ma non sono per niente sicuro che potrà soppiantare il computer per tutto. Di sicuro ha contribuito a renderlo molto meno necessario insieme agli smartphone, ma il loro impatto fondamentale l'hanno già avuto nella decade appena trascorsa. Il mercato dei PC si è ridotto proprio per questo ma ciò che è rimasto sarà duro da eliminare. Qualche anno fa pensavo fosse solo una questione generazionale e che i nostri figli l'avrebbero pensata diversamente, oggi non ne sono più del tutto convinto e credo che presto o tardi avranno anche loro la necessità di un vero computer.
La separazione tra smartphone e computer è evidente, la questione ancora indefinita è dove posizionare il tablet. Quasi tutti i suoi campi d'impiego si sovrappongono a quelli degli altri dispositivi, ecco perché alcuni lo ritengono legittimamente inutile, ma se non si deve andare oltre allora può rappresentare la soluzione perfetta. Con i miei 40 anni alle spalle so di avere una formazione informatica vecchio stampo e che le nuove generazioni ci supereranno, ma se tutti possiamo giovare della semplificazione d'accesso a questo mondo dovuta ad iPhone e iPad, non mi pare che ancora si intraveda la possibilità di superamento di alcun limite.
Noi che stiamo dietro ai monitor per programmare, progettare o produrre contenuti di ogni tipo, non siamo quelli che tanti anni fa erano così attaccati alla macchina da scrivere da non volere usare un calcolatore: in quel caso i vantaggi erano evidenti e consentivano di fare di più, non solo più comodamente. Il tablet, al contrario, risponde all'esigenza di maggiore facilità in relazione a tutto quel riguarda il mondo nuovo e connesso ma non ci porta ad un'effettiva estensione della produttività.
Qualche settimana fa ho analizzato il mio rapporto storico con gli iPad, ripercorrendo anche le vecchie recensioni. Ho notato di aver seguito nel tempo l'evoluzione della fascia alta, che dopo gli Air ha visto l'arrivo delle varianti Pro, ammaliato dalla promessa di questi tablet capaci di grandi cose. Dal punto di vista tecnologico nulla da eccepire, ma vi ho detto come è andata a finire all'atto pratico: non riesco ad usarli più di tanto. La linea entry di iPad non so perché non l'abbia recensita visto che ho avuto quello del 2017 ed ora quello del 2018 (che considero davvero ottimo), ma prometto di riparare appena uscirà il successivo. La cosa davvero strana, però, è che con l'iPad mini mi sono fermato alla seconda generazione.
Ho voluto credere che il tablet potesse essere qualcosa di più che un comodo momento di svago, dunque ho provato ad inseguire sempre l'ultimo modello e le migliori prestazioni. Tuttavia le parole più sentite le ho spese per il mini, definendo quello di prima generazione del 2012 il dispositivo di elezione per iOS e chiedendomi cosa si può volere di più recensendo il successivo con display Retina. Il fatto che Apple l'abbia lasciato sempre in secondo piano in termini di specifiche mi ha portato ad abbandonare quel filone nel 2014, senza provare né l'iPad mini 3 che il 4, attualmente l'ultimo della sua specie. Sempre in ottica di auto analisi, ho ricordato di aver scritto più volte nel corso degli ultimi anni del mio desiderio di un iPad così piccolo da poter essere tenuto con una mano e al tempo stesso molto più grande dell'iPhone. Per questi motivi ho deciso di acquistare un iPad mini 4 usato e verificare sul campo l'effettivo legame che si sarebbe instaurato.
Dopo pochissimi giorni dal suo arrivo, posso già dire di usarlo molto di più del Pro. Lo schermo non ha minimamente la stessa qualità dei modelli più recenti, si nota spesso l'anzianità del SoC Apple A8 e la batteria dura di meno, eppure lo trovo molto più adatto al mio utilizzo. Il motivo principale è proprio quello della dimensione, ma fa tanto anche la leggerezza. Si riesce a tenere saldamente stringendolo con due dita, per cui non ti dà quella sensazione impegnativa e di "rischio" che c'è invece con i modelli più grandi.
Offre la possibilità di scrivere molto più comodamente in verticale a due mani e lo si maneggia con una disinvoltura tale che mi porta a consideralo quasi più vicino allo smartphone che al tablet (nelle dimensioni, però, vale il contrario). Qualche volta lo porto anche a tavola (lo so, non si dovrebbe fare...) e la sera lo uso al posto dell'iPhone per leggere più comodamente ma senza dover sopportare pesi ed ingombri esagerati. In più è così leggero che lo poggio sul comodino allungando una sola mano e senza preoccuparmi che ci sia tanto spazio libero per ospitarlo. Un'esperienza d'uso diametralmente opposta a quella dell'iPad Pro da 11" e che mi piace tantissimo.
A quanto pare Apple è in procinto di aggiornare l'iPad mini, presentandone una nuova versione insieme al refresh 2019 dell'iPad entry-level. Dopo questa breve esperienza che mi ha ricordato perché apprezzavo di più il piccolo (non per niente gli ho dato 5 stelle nel 2013), non sto più nella pelle per l'attesa. Credo che si limiteranno a renderlo contemporaneo, mettendoci un Touch ID di seconda generazione (quello del 4 è lento, essendo il primo), uno schermo di medesima risoluzione ma migliore qualità, nonché il SoC Apple A11... e già così lo adorerò.
Trovo profondamente sbagliato, però, che il mini venga trattato come un iPad di second'ordine. Capisco che Apple voglia spingere sull'idea di questo mondo post-PC in cui tutti usano una tavoletta anche per lavoro, ma la realtà è che la stragrande maggioranza di chi compra un iPad lo fa per le attività semplici. In questo momento non ci si può aspettare che ne realizzino un modello di punta simile all'iPad Pro, perché già è tanto se hanno deciso di recuperarlo dalla naftalina, eppure quello sarebbe senza dubbi il mio tablet preferito.
Il più grande difetto dell'iPad mini per come è stato fatto finora è che si accontenta di essere un iPad più piccolo (e magari economico, visto che adesso non lo è più). In quest'ottica risulterà sempre in inferiorità, perché non potrà equiparare in esperienza di visione il fratello più grande, sia per lo schermo più piccolo che per l'eventuale uso con tastiere o altro. Inoltre farlo più economico dell'attuale iPad base (che online si compra facilmente a meno di 300€) pare quasi impossibile.
Mi piacerebbe che Apple ribaltasse completamente la prospettiva, smettendola di concepirlo come il tablet sfigato. L'iPad mini ha i suoi pregi proprio nelle dimensioni e bisognerebbe trattarlo davvero come un iPod touch grande piuttosto che un iPad piccolo. Ad esempio, in produttività lo schermo 4:3 è buono, ma su iPad mini è sbagliato, perché pur con i suoi 7,9" risulta troppo largo per stringerlo da parte a parte con una mano sola – si può fare ma non è comodissimo. Con un centimetro in meno di larghezza cambierebbe tanto e si potrebbe sfruttare una proporzione più allungata per favorire la quantità di contenuto visibile (e sprecare meno spazio nella riproduzione di contenuti video in landscape). Pur con queste modifiche in direzione smartphone, rimarrebbe molto più grande dell'iPhone e questo continuerebbe a fare la differenza in termini di qualità di visione dei contenuti.
Chi sta già pensando a sovrapposizioni si fermi subito, perché non è questo il caso. Si può dire per gli attuali MacBook Air e Pro senza Touch Bar, che hanno praticamente le stesse dimensioni e prezzo lasciando al primo solo svantaggi, ma in questo caso parliamo di dimensioni completamente diverse –  nell'iPad mini attuale ci stanno circa 2 schermi e mezzo di iPhone X – e soprattutto di scale di prezzo non confrontabili.
Il fatto che ad oggi Apple proponga l'iPhone XS ad un costo superiore del XR che è tuttavia più grande, fa supporre che si siano decisi ad abbandonare la vecchia equazione del piccolo = economico e quindi inferiore. Inizio infatti a sperare che in futuro arrivi anche un MacBook Pro 13" con GPU dedicata, come succede altrove nel mercato. Per l'iPad mini la soluzione più semplice è quella di rimetterlo in pista così com'era ed è questo che quasi sicuramente faranno. Tuttavia se non ha equiparato il successo del grande in passato è anche perché aveva hardware inferiore, per cui sarebbe interessante cambiare le cose invece di ripetere lo stesso sbaglio.
Già una parificazione completa con il futuro iPad 2019 sarebbe una gran cosa, ma io vorrei che non fosse ancora e solo "quello più piccolo". Dopo tanti anni di prove ed esperienza diretta, sono certo di usare molto di più questo formato e quindi ben disposto a pagarlo il dovuto se realizzato come si deve. Per dire: mi piacerebbe che Apple presentasse un modello di mini avanzato quasi come un Pro per design e specifiche, ma con dimensione molto più contenuta. È una richiesta egoistica basata su esigenze personali, non mi azzardo a fare previsioni sugli impatti nel mercato, dico solo che un tablet così mi renderebbe decisamente felice.
L'articolo Elogio all'iPad mini che non c'è e forse mai ci sarà proviene da SaggiaMente.
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ourvaticancity-blog · 6 years
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La Chiesa del dubbio rifiuta i “dubia” dei cardinali
Francesco non ha risposto ai membri quattro membri del Sacro Collegio personalmente, tuttavia, facendo uso pedissequo dei media per il suo governo, egli parla “a nuora, perché suocera intenda”. di Cristina Siccardi (22-11-2016) Nel leggere l’intervista apparsa il 17 novembre scorso su Avvenire, Papa Francesco ha risposto a tutti coloro che si pongono il problema di un Pontificato più aperto agli usi e costumi del mondo piuttosto che agli insegnamenti di sempre della Chiesa. Non esitiamo pertanto a pensare che abbia risposto indirettamente anche ai quattro cardinali (Walter Brandmüller, Raymond Leo Burke, Carlo Caffarra, Joachim Meisner) che lo scorso 19 settembre hanno presentato alla Congregazione per la Dottrina della Fede, presieduta dal cardinale Gerhard Müller, un ricorso formulato secondo la modalità classica dei dubia, che esige risposta positiva o negativa. Il Papa non ha risposto ai membri del Sacro Collegio personalmente, tuttavia, facendo uso pedissequo dei media per il suo governo, egli parla «a nuora, perché suocera intenda». Titolo dell’articolo di Avvenire: Papa Francesco: non svendo la dottrina, seguo il Concilio e l’attacco del pezzo dà il tono a tutta l’intervista: «Il Giubileo? Non ho fatto un piano. Le cose sono venute. Semplicemente mi sono lasciato portare dallo Spirito. La Chiesa è il Vangelo, non è un cammino di idee. Questo Anno sulla misericordia è un processo maturato nel tempo, dal Concilio… Anche in campo ecumenico il cammino viene da lontano, con i passi dei miei predecessori. Questo è il cammino della Chiesa. Non sono io. Non ho dato nessuna accelerazione. Nella misura in cui andiamo avanti, il cammino sembra andare più veloce, è il motus in fine velocior», un’espressione che Roberto de Mattei aveva utilizzato l’11 febbraio del 2014 in un suo editoriale di Corrispondenza Romana. Domanda poi la giornalista Stefania Falasca: «Quindi il Giubileo è stato anche il Giubileo del Concilio, hic et nunc, dove il tempo della sua ricezione e il tempo del perdono coincidono…». Risposta: «[…] La Chiesa esiste solo come strumento per comunicare agli uomini il disegno misericordioso di Dio. Al Concilio la Chiesa ha sentito la responsabilità di essere nel mondo come segno vivo dell’amore del Padre. Con la Lumen gentium è risalita alle sorgenti della sua natura, al Vangelo. Questo sposta l’asse della concezione cristiana da un certo legalismo, che può essere ideologico, alla Persona di Dio che si è fatto misericordia nell’incarnazione del Figlio. Alcuni – penso a certe repliche ad Amoris laetitia – continuano a non comprendere, o bianco o nero, anche se è nel flusso della vita che si deve discernere. Il Concilio ci ha detto questo, gli storici però dicono che un Concilio, per essere assorbito bene dal corpo della Chiesa, ha bisogno di un secolo… Siamo a metà». Il Papa è coerente, si limita ad essere fedele applicatore del Concilio Vaticano II e chi ha onestà intellettuale, e conosce i documenti dell’Assise pastorale che incendiò la Chiesa cinquant’anni fa, non può che ammettere questa coerenza. Ma fino a che punto l’incendio brucerà la Chiesa? Se da un lato il Papa con le sue esternazioni procede velocemente nell’adempimento fattuale e consistente dei desiderata delle linee teologiche moderniste emerse durante il Vaticano II, allo stesso tempo le reazioni, sia silenti che pubbliche, prendono sempre maggior spazio e il malessere accresce di giorno in giorno. In questi giorni, per esempio, è uscito un interessante libro di Enrico Maria Radaelli, Street Theology. Teologia di strada. La scristianizzazione o Grande Fuga dalla realtà della Chiesa post moderna dal Concilio Vaticano II a Papa Francesco (Fede & Cultura). Si tratta di un utile sussidio per comprendere, passo dopo passo, che cosa è accaduto in questi ultimi 50 anni nella Chiesa, succube di un Occidente che si è orgogliosamente emancipato da Dio: «Qual è l’oggetto dello scontro tra Liberalismo e Veritarismo? Qual è il problema della civiltà occidentale d’oggi? Il problema della civiltà occidentale d’oggi è Dio. Cioè se esiste o non esiste Dio. Sì, perché da questo esserci o non esserci di Dio dipende l’esistenza o la non esistenza delle sue leggi, del suo culto, della sua più o meno forte presenza nella società civile, e dipende la necessità, in essa società, di adeguarsi o non adeguarsi alle sue leggi e al suo culto» (pp. 14-15). Con un felice interscambio fra le questioni relative all’ordine-disordine mondiale, alla cultura-discultura dell’Occidente postmoderno e le devianze acattoliche della Chiesa, protesa ad un sovversivo ecumenismo sincretistico, Radaelli non si esime dal denunciare, a fronte di un successo mediatico (dei poteri forti), il crescente e spietato insuccesso, nei numeri, della Chiesa. E la sua disamina è tanto realistica quanto amara: «Torno poi a leggere la sua Esortazione apostolica, pubblicata il 2-4-16, l’Amoris laetitia, che tanto clamore, e poi divisione, e poi sgomento, confusione e grandi perplessità ha portato nella Chiesa più di recente […] Poi leggo le ultime statistiche che ho sottomano sulla Chiesa in Francia, in Italia, in Germania, in Austria, in Belgio…» (p. 15) e il panorama è desolante. Una bomba atomica è caduta sulla Chiesa, ma pochissimi se ne sono accorti dello scandalo, perché dalla Santa Sede non vi è denuncia. Bastano i dati per confermare il massacro: in Austria le chiese vengono svendute dal Cardinale Schönborn alle confessioni religiose che raccolgono i molti ex cattolici. In Francia ogni anno muoiono 800 sacerdoti anziani e la nazione non ne produce neppure 100 di nuovi, mentre coloro che vanno regolarmente a Messa sono soltanto il 4%. La chiesa di Saint-Eloi, nel Vierzon, è diventata moschea, come pure l’antica chiesa di San Cristoforo a Nantes. «Su tutta l’Europa si è abbattuta come tempesta la desertificazione ateistica, a cominciare dall’Irlanda, dove sette anni fa si diceva religioso ancora il 69% degli Irlandesi, oggi è il 47%» (p. 17). A Bruxelles, capitale della dittatoriale Unione Europea, 35 chiese su 100 saranno chiuse, poiché i fedeli sono appena l’1,5%. La chiesa di Saint-Jacques, nel centro di Namur, è diventata un negozio di abbigliamento, mentre quella di Notre Dame, edificata nel 1749, è oggi «spazio culturale», e Santa Margherita, a Tournai, è stata trasformata in appartamenti di lusso. A Bruxelles quasi la metà dei bambini delle scuole statali sono islamici. "In crollo costante è poi il numero delle congregazioni e degli ordini religiosi, costretti a chiudere per mancanza di nuove leve, compresi i Gesuiti: dall’ultimo Concilio al 2005 sono diminuiti del 45%; i Frati Minori del 41%; i Domenicani del 39%; i Benedettini del 35%; i Cappuccini del 29%; i Salesiani del 24%. La bomba atomica è stata sganciata nel 1962 fra le effervescenze entusiastiche di alcuni padri conciliari progressisti che auspicavano un mutamento di rotta del Magistero della Chiesa secondo i parametri della nouvelle théologie. «Hanno annientato un popolo, a milioni vengono sterminati, e intanto parlano di problemi ecologici e di misericordia mettendo sotto il tappeto, come polvere, la dottrina. Lo fanno in silenzio, perché nessuno si accorga che l’arma della carneficina è in mano loro: l’hanno fabbricata loro» (p. 18)." Lo studio di Radaelli, dove profondi ragionamenti filosofico-teologici vengono intercalati da sdegnati commenti di fedele ferito e tradito, è un’accesa notifica al percorso svolto dai Papi conciliari, dimostrando così che Francesco non è un caso isolato, ma il naturale frutto di una Chiesa che ha volontariamente deciso di intraprendere la strada dell’autodemolizione. «Sicché, mentre i Papi pensano ad altro – e non parlo solo dell’attuale, ma, a parte Luciani, ovvio, di tutti i Papi degli ultimi cinquant’anni: Roncalli, Montini, Woytjla, Ratzinger – seminari e chiese “si svuotano”, l’Europa “si scristianizza”, la civiltà “si sreligiona”, le nazioni “si ateizzano”, le vocazioni “crollano”, la Chiesa “muore”» (p. 28). La Chiesa si autodistrugge mentre fugge. Fuggono i fedeli, fuggono le vocazioni, fuggono i pastori per paura delle loro responsabilità e per vanagloria. Affermava san Gregorio Magno, come ricorda san Tommaso: «Dalla vanagloria nascono le stravaganze dei novatori» (S.Th, II-II, 10, 1, ad 3). Oggetto dell’ammirazione e del delirio passionale è il mondo moderno. Così la Chiesa dimentica la sua identità e lo scopo per cui Cristo l’ha edificata, umiliandosi, svilendosi e agonizzando ai suoi lascivi piedi. Dall’osservatorio di chi vuole essere oggettivo, senza simpatizzare sentimentalmente per l’uno o l’altro Pontefice, ma ponendosi unicamente come amante di Cristo e della Chiesa, è evidente che la «rinuncia all’esercizio attivo del ministero» di Benedetto XVI (Discorso all’ultima Udienza generale, 27-2-2013) – dove il Papa lasciava intendere che esiste anche un “esercizio passivo” di magistero – è la prova inconfutabile di un rivoluzionario modo di intendere il servizio petrino e che le scelte di fatto che vengono prese dall’Autorità possono, nella Chiesa moderna, seguire criteri estranei alla Chiesa preconciliare. Esiste chiaramente un legame strettissimo fra l’ideologia post-cartesiana, asserisce Radaelli, ed hegeliana dei Ratzinger*, dei Rahner, dei Martini e tutti quei preti che fra gli anni Sessanta e Settanta si «liberarono d’un botto della nera, lunga e casta veste talare» (p. 123), la divisa di chi appartiene esclusivamente a Cristo, per rivestirsi del dubbio. Dubitare, sempre dubitare. Più si dubita è più si è “intelligenti” ed “adulti”, questo il motto della cultura del liberalismo e del relativismo che combatte le certezze di fede. In tale ottica, però, papa Francesco non dovrebbe paventare i dubia sollevati dai quattro Cardinali di Santa Madre Chiesa. (fonte: corrispondenzaromana.it) * La redazione de Il fumo di Satana — Anticattocomunismo non concorda affatto nel ritenere il pensiero del teologo Ratzinger (per quanto abbia delle grosse lacune) di stampo hegeliano. Carissimi amici, vi ricordiamo la nostra raccolta fondi (che si concluderà domenica 27 novembre) per aiutare una famiglia in grave difficoltà economica (cliccare qui). Grazie a tutti.
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A volte ritornano
E’ proprio quando mancano 3 giorni a San Valentino, e vieni mollata, ma sai che dovrai vedere comunque il tuo ex, perchè ormai ha prenotato tutto e che andrete al sushi insieme...da amici...il 14 Febbraio...che l’ex prima di lui si rifà vivo.
A volte ritornano, e non sai perchè, vai nel panico, hai l’ansia.
E’ quella notifica su facebook di “richiesta d’amicizia” durante l’ora della merenda che all’improvviso, spunta, dal nulla.
E tu urli, mandi screen alle tue amiche, non sai perchè sta succedendo, saprà che sei stata mollata? Saprà che hai parlato male di lui? Saprà ..ma cosa saprà? Nel dubbio ignori e rimandi ogni decisione al giorno dopo che il tuo ex verrà a “trovarti” per passare tre “magici” giorni insieme.
A volte ritornano, e ti scrivono su telegram.
Come per dirmi “col cazzo che mi ingori” e nulla....
Che ansia ragazzi, davvero. Ma io sono una stronza curiosa ...e che faccio? Apro e leggo.
E’ stato mollato.
Karma: sei forse tu?
Lo so, lo so...non dovrei riderne...ma alla fine...avevo ragione, lo dice lui stesso. Ma anche lui aveva ragione ahimè.
A volte ritornano, al momento non saprei dire se nel periodo giusto o sbagliato.
Sarebbe dunque più corretto dire, a volte ritorniamo? Dove e perchè poi non saprei proprio...non penso di riuscire a mettere da parte tutto l’odio accumulato in 3+ mesi per scordare una persona con cui ho condiviso quasi 2 anni della mia vita che si è rivelata una vera merda...però mi sento di compatirlo. Siamo più o meno sulla stessa barca.
A volte ritornano, e tu sei cambiata, sei più matura, sei più gentile, sei più sensibile...
Lì, c’è la persona con cui hai condiviso un sacco di bei momenti che ora, viene da te, ferita a morte, e sembra fidarsi di te...suvvia Sofia, che merda saresti a non consolarlo almeno un po? Alla fine avevate entrambi ragione, e poi, non eri pentita?
A volte ritornano, e chissà...
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