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#é cosí che ci si sente????
galloberardi · 1 year
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gufettogrigio · 1 year
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Stavamo bene insieme
"Hai mai pensato che forse abbiamo perso tutto?"
Fa freddo fuori da San Siro, senza i fari e i riflettori: il fiato di Paolo esce a sbuffi e Sandro lo sente rabbrividire contro la sua spalla. Avrebbero dovuto mettersi una giacca, fan culo ad Ambro e al suo dress code.
"Cazzo stai a dí?" 
Paolo fa un cenno della testa, indicando Rino e Pirlo che stanno aspettando i taxi. Pippo é ancora dentro.
"Guardali: ora se ne vanno. Ognuno per la sua strada con un sorriso e un abbraccio. Arrivederci. E la prossima volta che si rivedono? Forse un anno. Forse due. Forse questa é l'ultima." Paolo sospira "Abbiamo perso tutto."
Sandro sa di cosa sta parlando. Lo sa perché li conosce entrambi, perché li ha visti crescere, perché li ha visti giocare, perché li ha visti amarsi. A volte l'universo mette assieme la gente, filo rosso del destino e tutto il resto. Ci hanno scritto delle canzoni, sul tipo di amore di Rino e Andrea. Non per davvero, ovvio, ma poco ci cala che se canti L'emozione Non Ha Voce hai cantato essenzialmente quel che sono. Quel che avrebbero potuto essere. Quel che non saranno mai. 
Sandro sospira. "Potrebbe essere peggio." 
Giá. Potrebbe. Potresti, per esempio, essere perdutamente innamorato dell'unica persona che non ti ha mai giudicato, che ha visto le lacrime, le cicatrici, il sangue, la follia e ti ha voluto lo stesso. L'unica persona a cui non solo non dava fastidio condividere con te una stanza in ritiro, anzi ti veniva a cercare, anche se soffrivi d'insonnia, se mettevi i giornali sulle finestre, se giravi la tv dall'altro lato per non vedere la spia, se rifacevi il letto tre volte perchè il lenzuolo di sotto era storto. La tua anima gemella, insomma. La tua anima gemella che si tiene un coglione omofobo come co-presentatore. Sandro é convinto che un giorno a Pippo gli si spezzerà semplicemente il cuore. Dopo anni e anni, bam! Cosí di brutto, come un quadro che cade o un bicchiere che si incrina, di colpo, un cedimento interno, senza un peso in piú o una spiegazione. 
"Non riesco a immaginare amare cosí tanto e per cosí tanto e non avere." - mormora Paolo, uomo per una volta e non capitano. Sandro lo stringe a sé, un braccio attorno alla vita. Neanche lui ci riesce. Per tutto il suo pessimismo, la jella, la fatica. Per tutti i dubbi, le frustrazioni, le difficoltá. Per tutto che si é sempre detto non avrebbe funzionato, non ha mai pensato davvero di non provare neppure. 
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"Fa male. Fa tanto male. Peró almeno ho capito come ci si sente ad amare e ad essere amati dalla stessa persona. Essere ricambiati con la stessa intensitá. Essere desiderati. Coincidere con un'altra persona a tal punto da mettere la sua felicità prima della propria. Ora so. É un inferno volerlo accanto, addosso sempre, e non poter averlo, perché non si puó. Siamo a kilometri di distanza, e probabilmente non ci rivedremo mai piú. È assurdo come la vita ti faccia incontrare certe persone che si incastrano cosí perfettamente tra le fessure della tua vita solo quando non durerà. Che ironia del destino.
-@lostinlonelinessalone (7/07/2019, 00:32)
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klimt7 · 6 years
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. FRANCESCO DE GREGORI: FALSO MOVIMENTO . Come sono contento che il vino sia di tuo gradimento
che sia arrivata finalmente la notte su questa cittá
Sará stato un appuntamento o la forza di gravitá oppure un falso movimento a scaraventarci qua.
Te ne devo parlare l'amore é mascalzone viaggia contro mano parcheggia sempre dove vuole fa vedere la lingua, parla con la bocca piena
…si presenta cosí, senza un invito proprio in mezzo alla cena . Come sono contento, cosa stiamo ad aspettare che dici, sará il caso di ordinare?
E scusa la domanda, ci siamo mica conosciuti giá? . …in una vita precedente o solamente qualche giorno fa? . In una vita differente o solamente qualche tempo fa . Vallo a spiegare L’ amore non si spiega. muove le mani in fretta rovescia il sale e non fa una piega
Come un gatto della placa sono qui a aspettare io che mi lecco i baffi tu che continui a mangiare… . Come sono contento fuori si sente il mare, anche se é tutto scuro e non si puo vedere…
Tu mi guardi negli occhi io non so dove guardarti . Stasera sono un libro aperto mi puoi leggere fino a a tardi… .
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vivimitipregoo-blog · 6 years
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É paranoica, insicura, troppo complessa, instabile, incomprensibile, non si accontenta mai, lunatica, capricciosa, vendicativa e incazzata col mondo e le persone stupide, superficiali, banali, ignoranti e chiuse mentalmente la irritano. É una testa di cazzo la maggior parte delle volte, non sai mai cosa le passa per la testa, si chiude a riccio 9 volte su 10 con chiunque e per cose minuscole e stupide. Ecco, é una che guarda le piccole cose e la prende troppo sul drammatico, vorrebbe essere diversa e non guardare i gesti più piccoli, vorrebbe essere ciò che non é, vorrebbe essere più comune perché secondo lei sarebbe molto più semplice tutto quanto. Secondo me invece non dovrebbe affatto. É vero, spesso la prenderei a calci nel culo, diventa acida se fai qualcosa di sbagliato e quando é cosí non ti dà spiegazioni e si mette maschere improponibili quando non ti sente vicino davvero, però è una di quelle che ti sa stare accanto per tutto, é una che le proprie paure non le affronta ma affronta quelle degli altri, é una che ti abbraccia quando meno te lo aspetti, una orgogliosa di merda che poi ti scrive cose bellissime quando ci perdi le speranze, una che sa come farti piangere, commuovere, farti sentire apprezzato, una che sa farti sentire capito e speciale, una che ti dà ragioni per lottare e sorridere anche se lei per sé stessa non le trova mai, una che c'è sempre. A volte però decide di non esserci più perché ha il terrore, perché si aspetta troppo e da 100 quando gli altri le danno 50. Chiude qualunque cosa bella che la fa stare male. Si aspetta che quell'altro le dimostri un sacco di cose, si aspetta di essere rassicurata, di essere rincorsa. Lei dice che perde un sacco di rapporti ma non é vero, perché poi quando é troppo tardi tornano tutti con cose che avrebbero dovuto fare prima, ma lei non c'è già più. É contraddittoria per troppe cose e vuole sempre fare tutto da sola, vuole mostrarsi sempre la più forte ma se ti mostra anche una lacrima vuol dire che con te non ha bisogno di fingere.
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paoloxl · 6 years
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Alle ore 10 sono stabiliti i funerali del compagno Francesco Lorusso. L’ordinanza del prefetto che vietava ogni tipo di manifestazione nel centro storico, ha impedito l’allestimento di una camera ardente nel centro della città; il funerale si é tenuto alla periferia della città in Piazza della Pace. Per quanto riguarda i partiti: il PCI non ha aderito ufficialmente, il PSI ha mandato una delegazione. Da notare che il sindacato ha indetto un’ora di sciopero con assemblee in fabbrica, proprio in coincidenza con l’orario del funerale… Gli studenti hanno inviato delegazioni nelle più grosse fabbriche, per spiegare l’accaduto e richiedere un prolungamento dello sciopero. Nonostante tutto vi é stata una forte partecipazione da parte di operai, cittadini e studenti. Al tentativo di isolamento del funerale, si é sommato lo sciopero dell’ATC, che ha di fatto impedito la partecipazione di molte persone. Nel pomeriggio gli studenti si sono riuniti al quartiere San Donato per tenere un’assemblea che poi è stata impedita dalla polizia la quale, dopo aver bloccato il ponte, ha circondato il quartiere. Gli studenti allora si sono divisi in delegazioni per fare interventi nelle fabbriche; venivano intanto accuratamente seguiti da elicotteri della polizia. I pullman che andavano verso il centro sono stati fermati dalla polizia che ha fatto scendere con i mitra spianati gli studenti, perquisendoli e fermando chi era senza documenti o in possesso di limoni. Al termine delle assemblee nelle fabbriche, gli studenti si sono riuniti al cinema Minerva per valutarne i risultati: si é notato un grado notevole di disinformazione tra gli operai su quanto era avvenuto nei giorni precedenti. In assemblea si é inoltre deciso di mandare una delegazione alle Aldini per chiedere agli studenti l’utilizzazione di tre aule come luogo di riaggregazione del movimento”. Bologna. 14 marzo 1977 (documento del Collettivo di controinformazione del movimento) BOLOGNA MARZO 1977 … FATTI NOSTRI (AUTORI MOLTI COMPAGNI – BERTANI EDITORE) “Ora so che era la notte tra il 10 e l’11 marzo. Al mattino ci si doveva vedere, come al solito, in Piazza Verdi, verso le dieci. Noi non saremmo andati ma é anche difficile spiegare il perché. Eravamo forse stanchi, forse avevamo solo voglia di stare insieme. Certamente non sentivamo sensi di colpa e non eravamo piú “indispensabili”, cioé quasi inutili. Quando ci si ritiene indispensabili, in politica, specialmente quando é vero che lo si é, vuol dire che si lavora al posto di troppi altri che a loro volta non sono affatto indispensabili. Ma ci eravamo ritrovati in quattro o cinque, passando di casa in casa, non certo per dirci queste cose. E non ricordo neppure quello che ci siamo detti. Ci siamo tirati degli Optiladon sulla testa, abbiamo fumato, io ho rinunciato a pisciare in camera di Pino perché pensavo fosse un cesso occupato, Paolo e Ivo giocavano ai pesi e alla bilancia, G.B. sbriciava un libro. Cosí fino a giorno, con le mascelle indolenzite e con un grande sonno. Due scompaiono in qualche camera, dove Paola e chissá chi altro dormivano gi dalla sera, G.B. crolla completamente vestito, io metto i calzini fuori dalla finestra e mi butto su un lettino in cucina. Abbiamo dormito poco. La voce spaventata di Paola sembra a tutti un sogno: fuori piove. – Francesco chi? Lorusso? – Gli hanno sparato alla schiena, non parlava piú, gli usciva il sangue dalla bocca. Sono stati i carabinieri. – Quei bastardi… – Hanno detto di chiamarvi. State attenti, qui fuori c’é una 127 piena. – Usciamo un po’ alla volta in fretta. Datemi dei calzini, i miei sono tutti bagnati. Mentre si va all’universitá penso alla discussione avuta con Francesco sul servizio d’ordine, che non era mai stato un problema sapere chi aveva ragione. Ogni tanto lo vedo su una carrozzella e allora scuoto la testa e dico che sono scemo. Me lo ricordo sudato, con la camicia bagnata e lo spolverino aperto, che si scappava via insieme. In via Zamboni ci sono barricate che si susseguono una all’altra, tutte lucide di pioggia; riconosco i tavoli della mensa, le panche di Lettere, i vasi di fiori di Piazza Scaravilli. Piazza Verdi é un’istantanea terribile che mi spaventa e nello stesso momento mi inghiotte, e non penso piú, vado avanti sbattendo ogni tanto contro qualcuno, senza salutare nessuno, senza che nessuno mi fermi. Ci sono centinaia di compagni, di studenti, tutti muti, con i capelli bagnati. Qualcuno allinea, facendole tintinnare, decine di bottiglie vuote di diverse dimensioni che vengono riempite di benzina travasata da un enorme contenitore della mensa. Ogni tanto ci si lamenta che il nastro sta per finire, che bisogna andare a prendere altri antivento. Francesco é morto, e dalle facce si capisce che tutti lo sanno. Si vedono occhi arrossati ovunque, uno piange da solo davanti a un muro, alcuni vanno avanti e indietro per la piazza, come se cercassero di parlare, ma non ce n’é bisogno. Tutti pensano la stessa cosa. Nel CPS ci sono compagni buttati sulle sedie, che piangono e si guardono in faccia. Dopo un po’ entra Matteo, quasi sorretto da Paola e da Fernanda che, staccatasi un attimo, mi abbraccia piangendo e mi fa delle domande che non capisco. Matteo non sembra neanche vivo, é pallido, ha la bocca socchiusa. Muove solo gli occhi che in un attimo mi chiedono un sacco di cose. Arrivano altri compagni e, non so come, si inizia a parlare, in fretta, con una durezza che non so descrivere. Ogni tanto si sente qualcuno che singhiozza. Nessuno fa grandi discorsi, gli obiettivi sono chiari, un compagno inizia a strappare una bandiera per ricavarne dei fazzoletti. In piazza incontro G.B. che si aggira con un sorriso nervoso in faccia e mi dice che non riesce a fare altro. Vicino a Lettere, un compagno mi ricorda senza cattiveria che avevo quasi litigato con Francesco, un altro mi dice che é stato attaccato un commissariato lí vicino. Nell’aula bianca ci sono altri che discutono nervosamente. E’ chiaro che vogliamo andare in centro, che vogliamo passare per la Democrazia Cristiana, ma penso che la gente che si sta ammucchiando per via Zamboni non ha bisogno di un tracciato da seguire. Il corteo si ferma poco dopo e si iniziano a sentire i primi slogan: in testa gridano “guai guai guai a chi ci tocca”. Io sto in coda con un centinaio di compagni dei vari SdO dell’universitá. Ma in mezzo non c’é un corteo da difendere. Passano migliaia di compagni con le tasche piene di sampietrini, tra le file girano sacchetti di bottiglie. E’ un corteo diverso da quelli fatti solo pochi giorni prima, anche se le facce sono le stesse; il mucchio mobile, festante, che invade i marciapiedi tra le borse della spesa, che invita a parlare con l’ironia e crea un rapporto con tutti. Non é il serpentone che partiva a mezzanotte per tirare giú dal letto quelli che erano abituati ai riti ordinati delle manifestazioni. Sembrava che nessuno volesse tornare a “casa” neanche per un attimo. I compagni sfilano nei cordoni senza cantare, con una disciplina non guidata. Ma il salto, la differenziazione, non é avvenuto di lato alla voglia di essere soggetti non astratti delle proprie lotte, dei propri movimenti. Ora i sassi, le bottiglie, le barricate, sono di tutti, non c’é niente di nascosto. La retorica commemorativa non percorre neppure per un attimo i gruppi delle facoltá, delle scuole. L’attacco é contro tutti. Ucciso un compagno, non hanno militarizzato piccoli gruppi, ma hanno dato a tutti la responsabilitá di difendersi e di capire. L’attacco che si prepara é passato attraverso un dibattito politico ancora vacillante, una ricerca promossa dalle case dei compagni, dalle esperienze collettive che avevano ricondotto capillarmente al posto giusto le parole e la critica. La critica é viva e manifesta; la ricomposizione si manifesta cristallina nella agitazione delle piazze e delle strade e la violenza cresce dentro in un’opposizione radicale simultaneamente pedagogica e non separata. Questa sensazione l’avevo giá avuta ai cortei del collettivo Jacquerie, nel mio cordone di amici, compagni presenti ora allo stesso modo. La vendetta non puó piú essere fatta di epicitá isolata, ma di assimilazione e di coscienza, di amore e di ricerca di amore. Mi viene da pensare ai funzionari di partito, ai giocolieri prezzolati delle parole, ai cadaveri ammuffiti degli insegnanti democratici. La linea di demarcazione é diventata un fossato: tra il cinismo della cultura ufficiale che é l’arroganza del potere, e la forza della vita e delle contraddizioni reali che si agitano e si compongono su mille fronti.  Nessuna strada contiene interamente il corteo: quasi per guardarci meglio giriamo per Piazza Maggiore che non basta per farci vedere tutte le facce nascoste dai fazzoletti e dai passamontagna. A fianco delle lapidi una cinquantina di militanti del PCI che sembrano quasi veri. Ogni loro provocazione é inutile: non esistono nemmeno. Non piove piú. Alla gente che forse spaventata, intontita, se ne sta ammucchiata sui marciapiedi si grida insieme “gente gente gente non state lí a guardare – abbiamo un compagno da vendicare”. Quando la coda sta per entrare in via Ugo Bassi, da via Marconi si sentono le prime detonazioni,e in pochi secondi la strada si riempie di rumori, di richiami e il fumo si spande per centinaia di metri. I frammenti del corteo diventano macchie nere che si spostano evitando i candelotti che girano sull’asfalto e i fuochi delle bottiglie lanciate. Ci gridano che la polizia si sta spostando dalla Questura temiamo di essere imbottigliati. A dividerci c’é subito uno sbarramento di fiamme, ma non si puó piú stare lí, c’é tanto di quel fumo che non ci riconosciamo tra di noi. Io e Gigi, che siamo restati indietro crediamo di non farcela a raggiungere gli altri che scappano verso via Indipendenza. Non vediamo assolutamente nulla, ci viene da vomitare, seguiamo la voce di Andrea che grida di aver trovato aria fresca. Lungo via Indipendenza ci ritroviamo in un centinaio, con le idee poco chiare sul dove andare. Il piccolo gruppo si stira come un elastico in una direzione o in un’altra. Ma tutti abbiamo la sensazione che in tutta la cittá, in tutto il centro, molti gruppi si muovono come il nostro. Non riusciamo a capire se abbiamo vinto, se abbiamo perso, ma nessuno si sente né vinto né vincitore: sappiamo che non é finita cosí. All’universitá incrociamo un piccolo spezzone di corteo e aspettiamo insieme notizie dai compagni che girano in bicicletta. Molte notizie arrivano confuse, qualcuno si é provato a seguire le tracce degli scontri, una scia di vetri rotti, frammenti di bottiglie, alettoni di candelotti lacrimogeni. Alla stazione ci sono degli scontri, molti compagni sono chiusi dentro. Si riparte subito, quasi di corsa. Alla stazione ci sono molti autobus di traverso, un sacco di fumo, non si sa da che parte andare. Gruppi di carabinieri e poliziotti si spostano velocemente sotto i portici, verso le due uscite. Ma i colpi che subito si sentono non sono dei candelotti. Ci sparano addosso con i moschetti, in tutta la piazza esplodono numerose bottiglie, si libera un’uscita. Io e altri due o tre ci mettiamo a gridare di buttarsi per terra, di strisciare verso le colonne. Uno studente, fuggito dalla stazione ha una crisi isterica: piange, tossisce, racconta che gli hanno sparato addosso con un mitra. Dal fumo, reso piú spesso dai fari della stazione, si vede uscire piegato sulla bicicletta Maurizio, che agitando un braccio grida a chissá chi di non sparare. Un altro compagno in bicicletta si butta per terra sotto le schegge di muro sollevate da un colpo di moschetto. Torniamo all’universitá solo quando siamo certi che tutti sono usciti dalla stazione. Si dice che qualcuno é stato arrestato. In Piazza Verdi affluiscono folti gruppi di compagni: siamo tutti stremati, assenti, scossi. Molti girano per la piazza chiedendo di questo e di quello, io chiedo di Sara, di Gigi, di altri amici e solo quando li vedo riesco a sentirmi addosso la stanchezza, la fame, la sete. Tutti i bar sono chiusi, non c’é neache una fontanella per l’acqua. Molti entrano al “Cantunzein” e dopo un po’ girano pezzi di carne, frutta, bottiglie di vino. Penso che non é giusto né sbagliato. Nessuno si diverte del saccheggio, si mangia e si beve per tenersi su. Non riesco a parlare con nessuno, non mi va di raccontare e di sentire racconti. Riprendo a pensare a Francesco, alla morte, all’assenza, a me. La notte mi ha riportato la paura, gli scricchiolii delle porte. Ogni sigaretta sa di lacrimogeno.”      
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19 Gennaio 2020
É da un po’ di tempo che non scrivo davvero, che non esprimo veramente quello che ho dentro, ma ultimamente non lo so neanche io cosa voglio dire. Mi guardo dentro e non vedo niente, non ho da dirmi niente. Non so come spiegare questa sensazione di stranezza che mi assale perché non so dare una risposta a tutto questo, non capisco cosa significhi tutto questo. Non é vero che non penso piú niente, anzi.. semplicemente non riesco a liberare il mio io per parlarmi, o magari é proprio lui che non ha niente da dirmi.. so solo che oggi, sono andata al solito posto e ho cominciato a pensare, a parlare con me stessa, ma sentivo la necessitá di scrivere.. anzi, mi sembrava come se scrivere bloccasse il flusso dei miei pensieri, perció ho preferito evitare. Ho preferito camminare, respirare, guardare il cielo e parlare con me stessa. 
Mentre scrivo, la nostalgia del momento mi assale, mi fa luccicare gli occhi e vibrare l’anima. Sono felice perché se mi guardo indietro sono fiera e soddisfatta di tutto ció che ho fatto. Sono fiera di aver sempre dato quello che ero, senza risparmiarmi mai con nessuno. Oggi mi hanno detto che sono una persona troppo emotiva e non va bene. A quel commento, ho risposto educatamente e poi ho sorriso: c’é ancora gente che reputa la troppa negativitá come se fosse qualcosa di sbagliato, ho pensato. Continuavano a parlarmi ed io non riuscivo a pensare a nient’altro se non a quanto io mi ritenessi fortunata ad essere una persona cosí sensibile. Ho impiegato una vita a levigare la mia parte acida e stronza, ed ora che sto coltivando questo mio lato emotivo non lo lasceró andare via solo perché qualcuno dice che é “troppo”. Non esiste la troppa emotivitá, esiste chi sente con la propria anima, e chi no. E mi dispiace che qualcuno possa ancora non apprezzare questo lato di me, o semplicemente non riesca ad apprezzare che qualcuno possa essere cosí, perché non sanno cosa vuol dire saper non solo vedere quello che c’é in superficie, ma scavare nell’anima di qualcuno, fino a sentirne il respiro, fino a sentire la propria energia. Mi dispiace che l’empatia non sia una cosa che si possa costruire dal nulla, ma mi piace pensare che chi ne sia dotato, abbia un tesoro prezioso da custodire.  Se tanto tempo fa, qualcuno mi avesse detto che io sarei stata in grado non solo di lavorare su tutti i miei difetti, ma di levigarli per far prevalere ció che di positivo c’é in me, non ci avrei mai creduto. Non ci avrei creduto perché sono sempre stata una persona talmente razionale, che tutto ció che non si potesse dimostrare, per me non avrebbe avuto alcun senso.. ed ora eccomi qua, che parlo di cose che non si possono né vedere né toccare, ma solo sentire. Eccomi qua che parlo con il mio io, che scavo dentro me per conoscermi a fondo e per coltivare la mia anima. Eccomi qua, la persona che ha realizzato quasi tutto ció che aveva sempre voluto. 
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vintagebiker43 · 7 years
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Riccione, Emilia-Romagna · Domenica in Ceccarini Boulevard, un bimbo meravigliosamente sclerato sta correndo da tutte le parti, ridendo come un matto. La mamma, una esemplaressa di Mora Romagnola d.o.p. gli sta dando dietro e lui gli sguilla come un buratello in tutti i cantoni: "Mattia, sta buonino un secondo, hai mangiato la biscia?". É bellissima, capelli raccolti, viso pienotto e birichino, quando si china per cercare di prendere sto indiavolato, roba che gli scappano tutte le madonne dalla camicetta: "Digli anche te qualcosa a sto serpente, se lo vedono i vigili ci fanno la multa!". Il babbo, un bastianaz pacioso e pancioso con la tuta da ginnastica elegante da idraulico che la domenica ha voglia di poche pugnette, tira fuori tutta la sua autorità e ridendo gli dice: "Mattia, ti dó un cazzotto che ti imparcisco!" Mattia gli corre incontro e gli abbraccia le gambe: "Babbo, mi fai vedere San Marino?", "basta che fai basta!" e il babbo se lo careggia sulle spalle, la Mora abbraccia l'omone e la piccola vedetta arciunese ride come un matto riempendo la via di allegria e di "diobó babbo come sei forte!". Davanti a loro giunge un'altra famigliola: una bimba della stessa età di Mattia é scaranata sul passeggino con un Ipad in mano. Le gambine le ha, ha pure delle scarpine tecniche che andrebbero bene per Bolt e costano come tutto il guardaroba di Mattia, ma a lei piace star lí a farsi invornire dal tablet, o forse sono i genitori che la vogliono su un passeggino invornita da un caz di tablet? Il babbo della bimba riconosce il babbo di Mattia, probabile che abbiano fatto le scuole insieme. Lui é vestito coi calzoni coi buchi da 100 euro e una camicetta bianca aperta da cui non scappa fuori neanche un pelo, abbronzato e fighetto: "bdocc arfat" certificato, magari uno che aveva una testa come una mazzola e i suoi gli hanno lasciato l'attività. Si fermano per i saluti di rito, la mamma di Mattia, dà la mano per presentarsi alla mamma della bimba: una technomilf biondo-screziato su tacco 19, camicetta aperta sul nulla, faccia acqua e cerone e chiappe strette da "ho una figlia, ma sono ancora figa!". Con sufficienza fa un saluto alla popolana: "Piacere, Enrica" dice, ma nell'aria si sente una gran puzza di: "scusate, plebei se non possiamo concedervi udienza, abbiamo un appuntamento dai principi!". Purtroppo per la figalegnosa i maschi taccano a parlare e a rimembrare passate gesta, Mattia si avvicina alla bimba sul passeggino, lei lo guarda con aria da: "aria o ti denunzio per stalking!" e lui gli fa: "Mi chiamo Mattia, te come mai stai sul passeggino e non cammini? Hai le gambe che non funzionano?" La technomilf fulmina l'infante: come si permette? La mamma di Mattia fa fatica a trattenere una risata ed imbarazzata dice: "Mattia, dai... sarà stanca!" I due maschi non si sono accorti di niente, a un certo punto il "bfocc arfat": "Dai, aloora, andiamo a mangiare il pese tutti insieme questa sera, cosí i bambini giocano" La figalegnosa si gela e cerca di sfuggire alla trappola: "Mah, veramente... con quello che si sente dire... non mi fido dei ristoranti...", a risolvere tutto ci pensa la moracciona: "Aloora, facciamo una roba, tutti a casa nostra! Facciamo i cassoni fatti in casa!", i maschi: "Si, caz! Cosí facciamo delle ciacare!" la sgudibbola ora é nel terrore.. per una sera sarà costretta a mettere le sue manine nello strutto, sarà costretta a relazionarsi con degli inferiori, sarà costretta a giocare coi bambini... sarà costretta a vivere. E sia mai che il sangiovese e un cassone rosso gli facciano passare la "lignite vulvica", sia mai che Mattia stasera non gli tiri il tablet nel casino alla bimba e gli salvi l'infanzia.
Roberto Casadei - 
(Avvertenza del sottoscritto: serve un po’ di fantasia per entrare nel romagnolo italianizzato)
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A volte mi manchi così tanto che mi manca il fiato, le lacrime mi escono a fatica, penso di averle quasi esaurite… Sei andata via perché lo so fa schifo il mondo ma penso sempre che avrebbe fatto meno schifo se fossimo insieme a combatterlo… Non ricordo più il suono della tua voce penso sia questo quello che mi fa più male..oltre all'assenza del tuo corpo… Sono passati oramai 9 anni, quanto mi fa male dirlo, giuro, il tempo passa troppo in fretta e la ferita sembra non rimarginarsi più..non mi sfogo mai ed è come metterci sopra il sale, fa male ma almeno sento qualcosa e posso reprimerlo… Mi manchi come l'ossigeno, mi chiedo spesso come sarebbe andata la mia vita se ci fossi ancora tu con me e papà..forse sorrideremo un po più spesso e rideremo più a lungo insieme a te, forse avrei un'altra testa..un'altra vita. Provo a immaginarlo ma non lo sapró mai. Odio venire al cimetero a trovarti…ma infondo ha ragione papà ci si sente un pochino più leggeri dopo essere stati li a guardare la tua foto, cambiarti i fiori e la solita sigaretta e parlarti un pochino mentalmente cercando di immaginare le risposte..ma fa anche tanto male… Manchi tantissimo anche a papà, forse piú che a me..l'amore è il sentimento più forte che ci sia al mondo! Dice spesso che ti assomiglio…sono la sua ancora e lui è la mia… La nonna ogni tanto mi chiama con il tuo nome..o se parla con me ti pensa più profondamente del solito..vedermi le fa male all'inizio ma poi senza di me sta male..le manco..come l'ultima volta che non mi voleva lasciare ed ha pianto..e anche io e papà lo abbiamo fatto… Vorrei poterti sognare..non so perché ho smesso di farlo..o forse non é mai successo..mi piacerebbe vederti e abbracciarti e sentire la tua voce..anche solo in un sogno..sai mi so accontentare… Tra poco saranno 10 anni..ed io non voglio neppure pensarci… Chissá com'é dove sei tu..se sei in un bel posto e mi vedi e mi senti nel tuo cuore..oppure se è stato solo buio e più niente..vorrei non pensarla così, spero davvero che non sia così..voglio pensare che per me e per tutte le persone che amo e sopratutto per te ci sia qualcosa e non il nulla..sarebbe troppo scontato no? Ho perso un pezzo di me per sempre quando te ne sei andata, anche se non ero ancora completamente formata e a tutti sembrava che non capivo abbastanza..ma forse capivo più di loro, il dolore mi lacerava ma l'ho combattuto con tutta la forza che avevo e penso che non cel'ho fatta del tutto ma forse é meglio cosí..io ti reisco a sentire nel cuore… Adesso basta cose tristi, ti amo tantissimo e nonostante tu mi manchi immensamente sto cercando di vivere come merito e cerco sempre di far sorridere tutti, sopratutto papá..bella gatta da pelare quell'uomo…ma senza di lui non varrebbe la pena di vivere. Ringrazio te per le meravigliose persone che ho conosciuto perché lo so che le hai mandate tu nella mia vita… Ti amo tanto mamma mi mancherai per sempre a presto!
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guelfoalexander · 7 years
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…A cosa sto pensando? a concentrare in poche parole il magone e l'invidia, perché sento il bisogno di urlarlo, ma poi a chi?! e tanto a che serve, sí ma a me serve! dico che si deve lavorare su sé stessi. a tutti. e poi io mi rammarico di non farcela. ma ce la voglio fare e ce la farò. ce l'ho sempre fatta finora, vuoi che mi perda proprio ora? a cosa sto pensando? a chi ha spostato il mio formaggio, al Quinto Elemento, all'Avvocato del Diavolo - il libero arbitrio! ah! alle promesse fatte e estorte, tanto da illudermi e illudere, alla finta sicurezza. alle bugie, alla mia capacità di convincere e alla mia instancabile voglia di fare, che ho smarrito… alla sfida che ho intrapreso quindici anni fa, inconsapevole, direi carnalmente incosciente, anzi - vivamente cosciente, ma contro ogni “sano” principio di sicurezza, ma questa sfrontatezza mi ha portato a vivere, mio malgrado - a mia madre, alla madre dei miei figli, che ormai ho capito che amo ancora e che quotidianamente mi aspetto, mi auguro - invano - mi ripiombi a sconvolgere (e riordinare) la mia monotona vita da figlio unico, da figlio di padre anziano e madre caparbia… a cosa sto pensando? al ribollire della voglia di riscatto, alla domanda se sia giusto sentire questo grande senso d'impotenza, al fatto che di là, dove la domanda viene posta scrivo e poi cancello, e di qua dove mi sento piú a mio agio, scrivo e chissà se cancellerò. allo spreco, alle opportunità, all'ingiustizia di come mi sono lasciato sfuggire la situazione di mano e cosa avrei potuto fare meglio, e al fatto che fa caldo e non posso accendere l'aria condizionata. che a Dubai faceva piú caldo, ma dormivo meglio. che devo fiondarmi a esser produttivo, che il fisico mi deve seguire. che devo aver sbagliato a riporre in lei ciecamente la fiducia, questo é l'amore - e io sono un romanticone. che poi, i sensi di colpa, ché non era vero amore (oppure sí?), ma una situazione comoda. ché non pensavo a valorizzarla (ma l'ho spinta a completare gli studi, questo non conta?), a passare del tempo assieme. s'impara ascoltando ed osservando gli altri… oggi non so se rifarei gli stessi errori… l'amore é misto alla rabbia di disfatta, irrimediabile. sapere che se non sei appettibile, sei superato, allora non era amore? un tatuaggio sul cuore, non si vede, ma si sente. cos'é, non lo so, m'illudo sia amore. qualsiasi cosa sia, é sentirsi il groppo in gola e sapere che il circolo é vizioso: nulla accadrà di diverso, se si continua a fare ciò che ci ha portato a questa situazione. e che ne so se faccio “back”, se l'app di Tumblr mi cancella tutto. fa caldo, il materasso cinese da qualche giorno perde aria, son due giorni che mi sveglio in un fantozziano giaciglio molle e gelatinoso. pompa pompa, ma stasera ho messo sopra il materasso quello col memory foam che volevo liberarmene dandolo a mio figlio (ma lei si é opposta, non serve, ma lui ancora dorme su quello sfatto) e invece me lo son tenuto, menomale, dice mio figlio… che quando tra poco traslocherò lo rimetto sulla branda a doghe che ho in box. e a cos'altro penso? a mia figlia che spero si senta meno sola di me. a quelle volte che son stato felice, e son fortunato, ce ne sono di momenti belli da ricordare. la felicità non é uno stato che perdura, ma nel mio caso va un po’ in modo bipolare, tipo le sette vacche grasse e quelle magre. se vado avanti cosí emulo il mio avo, il Dante. colpa di Mark che fa domande per stimolare le persone a amarsi di piú, già che nella vita reale pare sia possibile solo se ubriachi, fumati o peggio. e anche qui solo i dopati risaltano, gli sfigati annaspano. embé se siamo animali sociali, i presupposti per replicare la sovrastruttura ci sono. a che penso? all'effetto Dunner-Krüninger o come diamine si chiama, alla tastiera che digita lettere che non c'entrano, al fatto che procrastino sapendo che é una malattia come la depressione e che per entrambe, l'unica soluzione é una bella …botta di culo. Adesso dormo un po’, che dormire fa bene. Come mangiare, son cose che andrebbero fatte in compagnia. E il Visconte Dimezzato, altro che metafora politica, a me pare veramente di stare cercando il mio Gurdulú, ché la mia Pervinca l'ho già persa. e che domani é un altro giorno, si vedrà. un buon proposito: datti da fare. ecco a cosa penso. a darmi da fare. il resto verrà da sé. Buonanotte.
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allthisbadbloodd · 7 years
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Tredici
Recentemente ho finito la serie tv Tredici tradotta in italiano e ho il bisogno di farmi sentire. Una serie tv come questa non è una semplice serie tv, io la trovo una testimonianza degli abusi e delle pressioni che molti adolescente, ma anche adulti sono costretti a subire. Di come la scuola sia molto spesso un luogo corrotto, dove ci sono problemi evidenti, ma di cui nessuno se ne preoccupa, in alcune scuole non c'è un minimo di fratellanza tra u vari studenti e nessuna collaborazione. Pensare a una scuola cosí mi rattrista, anche perchè grazie a dio la mia scuola a essere sincera è l'opposto. La cosa che più mi ha lasciato stupita è stato il fatto che non credessi che una serie tv potesse riusciva a farmi provare schifo e rabbia come se le cose narrate fossero successe a me. Alla fine di alcune puntate a ripensarci ancora adesso ho lo schifo che mi ritorna in mente ripensando alle azioni che alcuni personaggi fanno, e che aimè sono poco distanti dalla realtà. Il fatto che questi gesti vengano ignorati da tutti mi crea una rabbia fuori luogo, e rimango anche basita dalle persone che non hanno la forza di denunciare quello che vedono, perchè diciamo la verità chi compie un azione immorale è indubbiamente colpevole, ma anche chi guarda senza fare nulla lo é. Tredici mi ha insegnato a scavare nel profondo delle persone, che non tutto quello che ci sembra è effettivamente così, che le parole hanno un peso e vanno usate nel modo giusto e al momento giusto. Mi ha fatto riflettere su quanto possa essere difficile la vita di un adolescente di questi tempi, dove ormai la tecnologia ha preso il sopravvento, mi ha fatto riflettere sulla cattiveria umana che non ha mai fine e che purtroppo a volte per vivere abbiamo bisogno dell'aiuto di tutti. Il suicidio non è solo una statistica, le persone che decidono di togliersi la vita non possono finire solo come statistica, tanto meno quelle che si tolgono la vita a causa del bullismo. Tredici dovrebbe essere vista da tutti, adolescenti e non, per far riflettere anche sul peso di alcune parole che i genitori ogni tanto pronunciano, non sapendo che cosa potrebbero far scattare nella mente del proprio figlio. Tredici mi ha insegnato tanto e che dire, alla fine dell'ultima puntata avevo il cuore infranto e gli occhi che sgorgavano lacrime amare, finita la serie mi sono sentita VERAMENTE VUOTA. È una serie che anche se magari non ne vai matta per il genere, o per la regia, è impossibile non appassionarsi e non rimanerci male alla fine. Il vuoto e la rabbia hanno avuto il sopravvento, questa serie mi ha insegnato tanto, e porterò tante cose nel cuore. Vi consiglio vivamente di guardarla, anche solo per capire la bassezza delle persone che fanno violenza e bullismo, per capire come cercare di stare vicino a una persona che sta avendo un brutto periodo, come capire il modo in cui bisogna rivolgersi ad una persona e che le parole hanno un peso, per capire come ci si sente a subire violenza e bullismo, se volete fermare tutto ció guardatela
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"Ed è così che va, a volte. È così che ci si sente quando si prova a dare il massimo e comunque non ci si riesce? Io suppongo di si. Io ci ho provato con te. Ho buttato via il mio stupido orgoglio e ho fatto quello che piú mi faceva paura, aprirti il mio cuore. E beh, nonostante la mia tendenza a pensare sempre al peggio stavolta il mio piccolo cuore ci aveva creduto, ci aveva sperato tanto. Aveva lasciato una flebile lucina accesa, bruciava cosí tanto per te. Ma tu non la vedevi quella fiamma, troppo preso da altro. Noi abbiamo parlato, tanto. Mi hai ascoltata, mi hai abbracciata e mi hai detto che ci avresti pensato a noi due. E probabilmente ci hai pensato, semplicemente non eravamo abbastanza grandi nel tuo cuore da meritare un'occasione. Non te ne faccio una colpa, non ce l'ho con te. Come ti ho detto, non potrei mai odiarti, non te. Sai che mi viene bene odiare chi mi fa male, ma ti voglio troppo bene. É un legame troppo profondo il nostro, troppo puro per lasciare che venga inquinato da qualcosa di cosí malsano come l'odio. Non potró mai incolpare te, anzi. Sei stato onesto, non mi hai illusa come fanno tutti. Mi hai detto la veritá, mi hai lasciato la porta aperta, dicendo di prendermi tutto il tempo che mi serviva, di stare bene e, se mai avessi voluto, ritornare, per coltivare la bella amicizia che abbiamo. Scusami se piango, scusami se mi hai fatto un po' male, nonostante l'onestá. Scusa se per un po' ti eviteró. Scusa per averti messo in difficoltá. Scusami per averti coinvolto nel disastro che è la mia vita. Scusami. So che è difficile amare una come me. Non voglio dire impossibile perchè se penso cosí poi scoppio a piangere ancora piú forte e non mi va. Ma so che non è per niente facile, o naturale. Non sono bella, né eccessivamente simpatica, né estroversa. Non sono alta, magra o divertente. Ho dei banalissimi occhi castani e dei capelli scuri. Non sono niente di spettacolare. Non sono chissá che. Sono dolce, carina, buona, ma non sono mai all'altezza. Mai abbastanza. Beh, con te non ce l'avró mai, ma ho bisogno di guarire. E, nel frattempo, mi sa che odieró un po' me.
Lostinlonelinessalone
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Uno quando inizia una relazione si aspetta che le cose siano complicate in alcuni momenti, ma che la maggior parte del tempo sia una rapporto stabile, fatto di condivisioni, senza segreti, con momenti di follia e felicità. Io a differenza dei miei coetanei ho sempre voluto una qualcosa in più dalla persona al mio fianco, ossia la tranquillità di poter essere spontanea, raccontarci tutto, vivere in simbiosi, condividere veramente ogni pensiero e la propria quotidianità. Forse ho caricato l'amore di troppi ideali e utopie, ma mi aspettavo complicazioni, momenti di crisi, litigate e cose simili, che rientrano nella normalità. Eppure non mi aspettavo contraddizioni cosí profonde e radicate in me. Si rimane intrappolati delle volte tra scelte che non si riesce più a prendere, ci si sente come il filosofo immerso nelle possibilità o in un bivio senza essere in grado di scegliere, senza sentirsi più liberi. Tante volte mi sono detta che amare significa volere la felicità dell'altro più della propria, ma mi sembrava facile dire che se ci fosse stato qualcosa che lo avrebbe accresciuto, che avrebbe desiderato fare per il suo futuro io non lo avrei mai fermato, anzi, lo avrei incoraggiato. Ma quando la tua felicità non conincide con la sua, perché la vostra vita prende direzioni differenti, avete obbiettivi differenti e le sue decisioni non possono che renderti triste, provocarti dolore proprio perché sono quelle e non ci sono compromessi come si fa? Come si fa a comprendere che oltre alla sua vita c'è anche la tua, qual è la felicità che conta di più, quando é ora di difendersi dai sentimenti ? Quando ormai la mia felicità dipende dalla tua, come posso affiancarti senza ricevere anche io gioia? In un circolo doloroso di contraddizioni. La mia felicità dipende dalla sua, ma allo stesso tempo dalle scelte che farà. La vita ci separa? - Iltempiodeimelograni
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cielonegliocchi · 7 years
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L'altro giorno, abbiamo finito di fare l'amore e sei andato in bagno. Ero a letto, stanca, che pensavo. Mi é scesa una lacrima, poi un'altra, e sorridevo un sacco. E so per certo che il pianto, il pianto puó essere tremendamente bello. So per certo che erano le lacrime di felicitá. E ti giuro, che se la felicitá non sei tu non esiste. Io ti giuro che le emozioni, come me le fai sentire tu, come mi fai sentire viva tu é stupendo. Perché ti giuro che si sente che mi ami, si sente troppo, lo sento ovunque, e ti giuro che quando eri lì, a baciarmi, a farmi star da dio, a farmi sentire la persona più fortunata, pensavo che la felicitá era quella, che la felicitá sei tu, che l'amore siamo io e te. So per certo che più sto con te più perdo la testa. So per certo che come mi fai essere tu non mi fa sentire nessuno. E amore mio, dio mio, ti amo. Ti amo cosí tanto. Più passa il tempo più a te mi ci affezziono. E so, che il ricordo di te si fará sentire vivo sempre. E so che a te, in qualche modo, ci resteró sempre legata. Amore mio, sei il migliore
Cielonegliocchi
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justanothersick · 4 years
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Le parole hanno un peso, che siano dette a voce, pronunciate in un video o in televisione, che siano scritte su un libro, su un giornale o su un post di twitter non importa, le parole hanno un peso inequivocabile. Una volta che una parola non é piú solo nella tua mente non si può  piú ritirare.
Il problema é che oggi giorno le parole hanno perso di significato, quasi piú nessuno usa dei termini appropriati,spesso vengono dette parole senza conoscerne la piena accezione e le conseguenze, mia madre dice sempre che bisognerebbe dire un terzo di quello che ci passa per la testa e di pensare fino a dieci prima di parlare, per rendersi veramente conto di quello che si sta per dire.
Non é una questione di idee politiche o culturali, é una questione di buon senso.
Se persone influenti o mediaticamente visibili utilizzano termini volgari, offensivi e scorretti semanticamente chiunque altro si sente legittimato, indipendentemente dalle proprie inclinazioni, ad adottare lo stesso tipo di atteggiamento, perché tanto non ci sono conseguenze, perché tanto alla società va bene cosí; se imito qualcuno di importante divento parte di qualcosa piú grande di me e mi sento un po' piú potente, avere la libertà di dire e fare quello che vogliamo perché ci sentiamo legittimati a farlo ci fa sentire forti, inarrestabili, ma non é cosí, facendo in questo modo siamo deboli, vigliacchi, possiamo farlo perché non ci sono ripercussioni, se ce ne fossero nessuno lo farebbe.
Non sei forte se insulti qualcuno per le sue origini, orientamento politico , sessuale o credo religioso sapendo di non rischiare niente, sei forte se dici quello che pensi prendendoti le tue responsabilità consapevole delle conseguenze.
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asyes · 6 years
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Senza bellezza ci può essere la felicità?
Il mio rapporto con la bellezza è molto particolare, strano, devo qncora capirlo bene.
Sono ossessionata dalla bellezza.
Ogni persona che mi passa vicino la squadro, dalla testa ai piedi, guardando ogni singolo particolare, dalle scarpe alle doppie punte nei capelli.
Spesso mi ritrovo a fissare il volto delle persone, cercando di capire cosa le rende belle, o se non lo sono, quali aggiustamenti potrebbero renderle più piacevoli alla vista.
Sono solita guardarmi allo specchio, ma non per narcisismo. Guardo ogni particolare, del mio viso, del mio corpo, alla ricerca di quei particolari, di quelle zone, che mi valorizzano, che quelle zone un po’ più carine di me.
Io non mi piaccio.
L’aspetto particolare di questa mia ossessione, è che è sono nei riguardi delle ragazze, è il motivo non è il mio orientamento seasuale, sono sicura di essere etero. Per fare un esempio, se mi passassero di fianco un modello di Abercrombie, e una Agels di Victoria Secret, io guarderei la ragazza.
Odio la frase “devi accettarti per come sei”. Ovvio, se una persona è brutta deve cercare di accettarsi, non può cambiare i suoi lineamenti, tranne che con la chirurgia, ma dopo non sarebbe la sua bellezza, quindi secondo me non ha senso. Ma la cazzata che una ragazza debba accettare i chili di troppo (è sto parlando di reali chili di troppo, non di chi si vede grasso ma non lo è, parlo di pesi che vanno oltre quello forma) è troppo grande. Le persone grasse che dicono di essere felici cosí, di piacersi, in fondo mentono, ne sono sicura. Come si sente una ragazza grassa, non curata, magari bruttina, che vede una bella ragazza, magra, curata? Sono sicura che un po’ di dolore lo prova.
Ma non è colpa loro, non è colpa loro, è colpa del sistema di valori che caratterizza il nostro mondo. Non c’è una bellezza standard, non c’è un peso che definsca una donna “bella”, non ci sono lineamenti da modella e lineamenti da cessa. La società, i media, l’uomo in se, ha creato tutti questi valori. E noi viviamo in questa società, siamo circondati dai media e immersi tra questi uomini, quindi non possiamo che adattarci a tutto ciò. Senza bellezza si può essere felici, ma non fino in fondo, perché il mondo é fatto a piani, c’é chi é in alto e chi é in basso, è un mondo selettivo, sta bene chi prima di tutto ha un bell’aspetto, perché per lui sarà tutto piú semplice.
Fateci caso, a quanto guardate la tv, ad esempio, apprezzereste ugualmente un programma se al posto della splendida pritagonista ci fosse una ragazza bruttina e cicciottella?
Io non mi piaccio, ma sono felice, perché ho un ragazzo meraviglioso che mi trova stupenda, e questo mi basta. Ma non sono del tutto a posto con me stessa, perché pgni volta che vedo una bella ragazza, per strada, in tv o sui social, appena il mio ragazzo parla di ragazze belle, io mi sento inferiore, mi rattristo. Ma non per questo mi butto giú, cerco di migliorare piú che posso, con tutti i liei mezzi, e cerco di vivere al meglio.
Non é certamente la bellezza il valore piú importante, la salute e famiglia vengono certamente prima di tutto, ma la bellezza gioca un ruolo davvero importante.
Il mondo in cui viviamo é un mondo molto triste da questo punto di vista, e dobbiamo cercare di vivderla il meglio possibile.
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