Tumgik
#ma si può essere così deficiente scusa
deathshallbenomore · 1 year
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freedominthedarkmp3 · 3 months
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Sempre pensato una cosa a proposito della chirurgia estetica, ma anche del trucco e tutta quella pagnotta: chiaramente c'è un problema, ma il problema non è X che fa tale cosa per "migliorare" il proprio aspetto, il problema è il numero di persone che la fanno, e la cultura che sta alla base di queste azioni. Poi dopo, se te sei una persona che va a rompere il cazzo proprio a X perché ha fatto tale cosa sei un deficiente perché 1. Non è il singolo il problema e 2. Perché fissarsi su una battaglia quando è già tardi? Piuttosto va a dire a quella altra persona quanto quella caratteristica, non convenzionalmente considerata bella, tu trovi bella. Ma la verità è che queste brillanti menti non pensano che i denti storti siano belli, e tutti i criteri di bellezza convenzionale sono profondamente radicati nelle loro menti. È gente che pensa che ci siano delle persone irrimediabilmente brutte e che sia amorale per delle persone brutte cercare di essere belle, come se stessero cercando di truffare gli altri, camuffandosi in qualche modo da persona attraente. Che è un atteggiamento profondamente ipocrita, se te non sei in grado di vedere la bellezza fuori dalle convenzioni, non puoi lamentarti degli altri che cambiano il loro aspetto fisico per rientrare in quelle convenzioni. Cioè il lavoro che devi fare è su di te, su quello che pensi di trovare bello/brutto, non sugli altri, lasciando commenti stronzi a chi si trucca molto o si raddrizza i denti.
Scusa per sto delirio, ma è una cosa a cui ho sempre tenuto molto e quello che hai scritto l'altro giorno mi ha fatto venire di nuovo su tutto il ragionamento.
Sono d'accordo, alla fine è un problema generalizzato ed è facile predicare "dovresti accettare te stesso per come sei, la bellezza è negli occhi di chi guarda blabla". E si, accettare se stessi è il risultato ideale ma è un risultato che sta alla fine di un percorso personale che può essere lungo e tortuoso e francamente anche molto doloroso.
Inoltre come dici tu è facile dire a una persona con standard fisici diversi dal canone di bellezza di accettarsi, ma allo stesso tempo "noi" (as in la maggior parte delle persone) non siamo attratti da quegli stessi tratti fisici. So can we really blame these people for wanting to change and be accepted? Ipocrisia much?
Alla fine nostro malgrado viviamo in una società, e mentre sono d'accordo che l'attitudine giusta sarebbe "o mi ami così oppure vaffanculo" la realtà è che per tanti (incluso me) non rientrare negli standard di bellezza è uno struggle BEN CONSAPEVOLI che tali standard sono sbagliati.
Non ho una conclusione se non che se vogliamo combattere tali standard dovremmo essere noi i primi a farlo. So who's gonna kiss me with tongue 😜
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gloriabourne · 3 years
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Tu non avevi, letteralmente, nessun motivo di sentirti tirata in mezzo, santo cielo. Se ho mandato quell'ask di sfogo a dreamers queen, il motivo è che sia io che lei sappiamo benissimo a che razza di subdole stronze ci riferiamo, da anni, possiamo farne pure nome e cognome, e stanne certa che tu non sei affatto una di quelle. Mettiti l'anima in pace. Non ti seguo, ma non ho nulla contro di te anche se ti definisci una gialloblu.
E sai perché non ho nulla contro di te anche se sei una gialloblu? Perché non hai mai, mai tenuto certi, specifici, comportamenti - che non consistono né nelle fanfiction né nello shipping in sé né a tutto quello che tu CREDI io stia accusando, dinamiche che sia io che dreamers queen abbiamo inquadrato perfettamente e a cui lei stessa nella risposta che ha dato al mio ask ha solo accennato a fine post, nient'altro che la superficie di una pozza di assoluto, imperdonabile schifo.
Mi fa tenerezza la tua reazione difensiva, non hai nulla da cui difenderti, penso tu sia una delle pochissime gialloblu con la coscienza pulita. Mi è capitato di leggere dei post in cui difendevi Ermal, è ovvio che ti piaccia, e che ti dissoci apertamente dall'odio gratuito, dai vergognosi estremismi e da vecchi, ripetitivi meccanismi così eloquenti ma spesso così sottili e inconsci che ad alcuni a quanto pare son sfuggiti.
Non a me però, oh no, e neanche ad altre persone, con cui ho avuto il piacere di scambiare opinioni, lucide abbastanza da notare, comprendere e indignarsi di conseguenza. E chiedo scusa a dreamers queen per l'averla importunata una volta di troppo e menzionata così spesso, ma quella è più una cosa tra me, lei e le non poche conversazioni avute, sebbene semplicemente in anon. E sono positiva che se ne parlassimo estensivamente, tu stessa ci appoggeresti in diverse cose, in linea di massima.
Grazie per questo spazio e buona vita. Nessun rancore, sottinteso verso di te, e... massì, ancora una volta l'ennesimo rospo da ingoiare a forza di fronte ad ingiustizie che si perpetrano da tempo immemore, che nessuno a parte due o tre poveri cristi qua sarebbe disposto ad affrontare per il rischio troppo alto di incomprensioni, fraintendimenti, ritorsioni, fino a finire a inutile stress e stanchezza. Cià.
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Ti rispondo per rispetto ed educazione, anche se avevo sottolineato che di certi argomenti avrei parlato tranquillamente solo con chi in grado di metterci la faccia (o almeno il nickname) ed evidentemente non è il tuo caso.
Non c'è proprio bisogno che la mia reazione ti faccia tenerezza, come se fossi un cucciolo di cocker che deve essere accarezzato perché ha paura del temporale. La mia reazione sulla difensiva è semplicemente una conseguenza di tutti i messaggi di odio che mi sono arrivati da quando sto in questo fandom, da persone che mi insultano per una semplice opinione diversa.
Tra l'altro ci tengo a precisare che "gialloblu" è nato come termine per indicare le persone che sono fan sia di Ermal che di Fabrizio. Poi qualcuno su Twitter ha deciso di iniziare a usarlo come insulto (chissà come mai poi, mi chiedo ancora a distanza di anni cosa le abbiamo fatto di male) e allora tutti a fare le pecore e seguire le "perle di saggezza" che venivano fuori da quell'account. Quindi, in quanto fan di Ermal e Fabrizio, se tu parli di "cretine gialloblu" io mi sento presa in causa e mi sento insultata.
Non era riferito a me? Perfetto, allora specifica. Quando insulti qualcuno prenditi la responsabilità di dire: "Mi riferisco a Tizio". Troppo facile insultare un'intera categoria e poi essere anche indignati se qualcuno si incazza.
Anche perché la mia sarà anche stata una reazione sulla difensiva, ma pure questi ask che mi hai mandato lo sono. Se non avessi sentito il bisogno di difenderti in qualche modo, non mi avresti scritto.
Hai menzionato il fatto che se parlassimo estensivamente di alcune cose vi appoggerei. Guarda, non lo metto in dubbio. Con dreamers queen ho avuto parecchie conversazioni in privato in cui ci sono scambiate opinioni - anche contrastanti - in modo civile e senza dover necessariamente discutere. E in alcune occasioni le ho anche dato ragione. Sai qual è la differenza? Che io certe conversazioni le faccio con chi è un mio pari. Se io mi espongo dicendo certe cose con il mio nickname (che poi è lo stesso che ho su altri social in cui ci metto la faccia, quindi di fatto la faccia ce la metto pure qua), pretendo che lo faccia anche la persona che sta dall'altra parte e che abbiamo una conversazione paritaria in cui entrambe ci esponiamo allo stesso modo. Altrimenti se io continuo a parlare esponendomi, e tu (per fare un esempio mi sto riferendo a te, ma ovviamente è un discorso che può essere generalizzato) continui a nasconderti dietro un anonimo, di fatto creandoti una difesa (di cui tra l'altro non penso ci sia bisogno perché non ho mai mangiato nessuno, anzi con chi mi parla liberamente senza anonimo tendo a essere più disponibile), non c'è parità e la conversazione la possiamo pure evitare.
Tutto questo pippone per dirti che se ci sono degli argomenti, a proposito delle gialloblu, che ti urtano così tanto e ti fanno stare così male, io sono disposta ad ascoltarti volentieri e se posso anche fare da intermediario per evitare che ci sia tutto questo odio ingiustificato tra le due fazioni. Però ho delle condizioni.
E per concludere, visto che hai parlato di rospi da ingoiare, ti faccio notare quanti ne ho dovuti ingoiare io negli ultimi anni. Non metto in dubbio che ci siano degli estremismi, ma ci sono da entrambe le parti.
Ho perso il conto delle volte che sono stata definita "scema gialloblu", "deficiente", "stupida", "cretina", "ridicola"... Tutte parole, a parte gialloblu, in cui non mi riconosco ma che fa comunque male sentirsi dire. Soprattutto quando arrivano da un anonimo perché, ehi, le palle di insultare la gente sì ma di farlo a volto scoperto manco per il cazzo.
Quindi fidati che so benissimo cosa si prova a dover ingoiare rospi. E il mio sentirmi presa in causa (oltre che per un fattore oggettivo perché hai parlato di un "gruppo" di cui faccio parte) e reagire difendendomi è semplicemente causa dei rospi che ho dovuto tirare giù.
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marjane-satrapi-10 · 4 years
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Le grandi soddisfazioni
Premessa: Voglio ringraziare con tutto il mio cuoricino il mio caro amico @spettriedemoni, che sopporta i miei audio e i miei messaggi. Soprattutto gli audio e i messaggi che riguardano il post qui sotto.
In questi due giorni la mia identità queer sta avendo delle enormi soddisfazioni, sono davvero soddisfatta del mondo che mi circonda.
Sorvolo il fatto che J.K. Rowling è stata accusata di transfobia, e ahimè lo è. Quindi CIAO J.K. ROWLING, A MAI PIÙ, Harry Potter ora per me sarà scritto da un’ignota. Tu non esisti più.
Sorvolo anche il comitato contro i dolci razzisti che ha intimato il negozio Migros (Mamma Migros... Grazie di avermi sfamato) a togliere assolutamente dagli scaffali i famosissimi moretti perchè dolci pesantemente razzisti. 
In parte capisco l’idea del comitato, una particolare marca di moretti ha ancora a caratteri cubitali il nome “ Mohrenköpfe “ che non è “Testa di moro” in italiano, ma “testa di negro”. Ma udite udite, Migros non vende più quel prodotto da almeno 15 anni e in alcuni cantoni non li ha mai venduti e il comitato è in lotta con il produttore da almeno 50 anni. Quindi BOH, esplosione di notizie strane sempre presente vedo.
No, il mio bellixximo culo arcobaleno è soddisfatto perchè in questi due giorni ha sbattuto contro due episodi veramente divertenti di omofobia (non so manco se definirla omofobia vera e propria, ma va beh)
Il primo episodio è stato quello di leggere un articolo dove si parlava dell’iniziativa che Palazzo Federale (il big boss della Svizzera) dove doveva votare la parificazione del matrimonio omosessuale (attualmente non è un matrimonio, ma un’unione civile registrata) con quello etero, e il giornalista ha definito l’omosessualità uno stile di vita.
Voglio dire che comunque è un passo avanti dal “L’omosessualità è una malattia”, ma comunque non è uno stile di vita. Perchè non mi sembra che uno decida di esserlo come uno decide di diventare vegano o vegetariano.
Nella mia testa è partita una scena dove un tipo andava dal nutrizionista e il medico gli diceva “Signor. XY, lei deve assolutamente togliere dalla sua dieta il latte e i suoi derivati e sopratutto la Fuffola, niente più Fuffola per lei. Inizi a integrare pillole di pene nella sua routine e vedrà che il suo gonfiore addominale smetterà di esistere.”
Sono felice di sapere che il mio nutrizionista mi ha detto “Guardi signorina, lei ha un apparato digerente che digerisce pure i sassi del Cervino. Vada avanti con Fuffola e pene in gran quantità, le può fare solo che bene.”
Il secondo episodio è stato invece ancora più epico.
Lo stesso giorno della votazione per la parificazione dei matrimoni si è votato anche l’iniziativa per rendere più chiaro il percorso di transizione di sesso. 
Una giornatina leggera se non altro per quelli di estrema destra in Palazzo Federale, eh.
I commenti dei votanti mi hanno regalato delle perle, una su tutte quella di un esponente dell’UDC (in Italia sarebbe la Lega di Salvini) che ha commentato il suo secco no all'iniziativa dicendo “Io ho detto no, perchè una volta semplificata la procedura di transizione i maschi avrebbero un’altra scorciatoia per evitare il servizio militare! (In Svizzera per gli uomini il servizio militare è ancora obbligatorio). Lo sappiamo tutti che poi una volta raggiunta l’età di non essere più abili all'esercito queste persone tornerebbero al proprio sesso originale”.
Qui sotto la reazione dei miei due neuroni dopo aver letto il commento:
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Quest’uomo è un genio. Non si può dire altro.
Se l’avessi letto prima a quest’ora starei a pilotare il mio F16 peggio di Maverick in Top Gun... Nah, improbabile, sono stata scartata dall’esercito dopo il test psicologico, avevo un PICCOLO problema con l’autorità. 
Quindi sarei un pessimo soldato... a meno che questo non sia dovuto al fatto che sono vaginamunita.
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Tornando seria, quest’uomo è un imbecille. Rispetto la sua opinione, è nel partito giusto per essere così stupido in pubblico, ma con un commento del genere oltre a essere deficiente fa sapere a tutti che non è capace a fare il suo mestiere.
Prima di entrare a votare dovresti informarti su ciò che voti. L’iniziativa non era sul semplificare, ma sul chiarire. E non può prendere neanche la scusa che in tedesco è facile fare confusione, perchè come in italiano, pure in tedesco “chiarire” e “semplificare” sono due verbi differenti. Lo so pure io.
Inoltre (ma questo non me lo aspettavo in realtà), dovrebbe sapere che la vaginoplastica (MtF) o la falloplastica (FtM) non sono operazioni tipo una  mastoplastica additiva, dove decidi di impiantarti le protesi e poi cambi idea e le togli. Sono delle operazioni che ti cambiano la vita, Gesù cristo! Si crea un organo sessuale da zero! Ma questo il signor. UDC non lo sa.
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leojfitz · 4 years
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di scottature (luglio 2018)
questa cosa qui esiste solo perché @anditwaslegendary l’altro giorno mi manda queste foto e mi fa “guarda quant’è ustionato ‘sto deficiente”. e quindi, ecco qua. 
E' un'estate di lavoro continuo, non si fermano quasi mai. Un dj set dietro l'altro, vivono praticamente solo di notte. Quando capitano date in posti di mare cercano di ritagliarsi un po' di tempo per andare in spiaggia, e solitamente quell'orario coincide con l'alba. 
Per una volta, invece, sono riusciti ad organizzarsi ed andare in spiaggia in un orario umano, il sole alto nel cielo. Lauro, scemato l'iniziale entusiasmo però, comincia a lamentarsi: c'è troppa gente, molto meglio la mattina, quando se vuole può anche stare nudo e - per favore, Là, non cominciare a ricordarmi di quello che abbiamo fatto l'altra mattina in spiaggia che altrimenti qua torniamo in albergo prima di subito. Sogghigna, lo stronzo. Era l'obiettivo mio, Edoà.
Sono andati in uno stabilimento perché Lauro è un viziato de merda che sulla spiaggia libera non ci va mai, ed Edoardo non perde l'occasione per ricordargli di quando lui, da piccolo, al mare ci andava ed erano in cinque, tutti ammassati con gli altri stronzi sulla spiaggia libera de Ostia. Lauro si butta sulla sdraio, sbuffa. Mo andiamo negli stabilmenti perché ce lo possiamo permette, vabbè? 
Manco l'asciugamano c'hai messo, dai su, alzati. Lauro si alza in piedi, ed Edoardo poggia uno dei due asciugamani sulla sdraio, mentre quell'altro cretino lo osserva da sotto l'ombrellone. Gli ripete che è un viziato de merda, e Lauro lo ignora, si sdraia nuovamente. 
Edoardo neanche prova ad iniziare a leggere il libro che si è portato dietro, lo sa che nel giro di cinque minuti Lauro si lamenterà perché si sta annoiando e che vuole andarsi a fare il bagno. 
Di minuti ne passano forse tre, quando Lauro si gira verso di lui e pronuncia la fatidica frase, me sto a rompe er cazzo, Edoà, buttamose in acqua. La prossima volta gli comprerà paletta e secchiello, pensa. 
Edoardo fa finta di pensarci un attimo, tanto per far rimanere Lauro fermo così su un fianco, a guardarlo. E' stupido, ma gli piacciono quei piccoli momenti in cui fra i loro sguardi passa qualcosa che solo loro possono capire. Come durante i concerti - ci sono centinaia, migliaia di persone, ma quando si guardano, per quell'attimo, ci sono solo loro due. Edoardo allunga un braccio e tocca per un attimo il naso di Lauro mentre gli dice che sì, anche lui ha voglia di farsi un bagno. Poi mentre si alzano ha un'illuminazione, pensa alle parole di sua madre ogni volta che erano al mare (non che si senta proprio la madre di Lauro, ecco, sarebbe quantomeno problematico): l'hai messa la crema? Lauro si gira e lo guarda come se avesse appena detto la cosa più assurda della storia. Un po' come quando gli aveva proposto per la prima volta Amore mì ed Edoardo gli aveva detto: sotto questa canzone ci sta benissimo questo pezzo di trombe qua. Uguale, lo stesso sgomento. E, visto come poi è finita con Amore mì, Edo è fiducioso che anche con la crema solare finisca allo stesso modo. Ci vuole solo un po' di convincimento. Là, te scotti e poi chi te regge quando te fa male tutto pe' giorni, io me prendo una stanza a parte in albergo. Ma Lauro lo guarda dall’alto verso il basso, gli spiega che lui è mezzo pugliese, non si scotta. E che comunque torna sotto l'ombrellone subito appena finito di farsi il bagno. Nessuna delle parole uscite dalla bocca di Lauro nell'ultimo minuto ha un senso, ed Edoardo annuisce con fare ironico, sperando che l'altro colga. Ma niente da fare, è già corso verso l'acqua, con la scusa che la sabbia scotta. Edoardo gli corre dietro, al grido de la crema, Lauro, la crema! Trent'anni ed è diventato sua madre. 
Quando tornano in albergo più tardi, il colorito di Lauro è vagamente simile a quello di un granchio. Ti consiglio di darti un'occhiata allo specchio, gli dice Edoardo. Lauro sbuffa, quel giorno sembra essere davvero un bambino capriccioso (più del solito, almeno). Prima del concerto la paletta e il secchiello glieli compra veramente. Lauro si guarda allo specchio della loro stanza, alza le spalle, non è niente, capirai. Me passa subito. Edoardo va a farsi una doccia e lo lascia lì, a rimirarsi, a convincersi che non è niente.  Non passa molto tempo che Lauro entra in bagno, una vocina sottile sottile. Ma n'è che per caso c'hai la crema doposole?
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marmottabianca · 5 years
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-  Ma.. ma .. dove mi trovo?
- Come?! Non riesci a riconoscere questo posto?
- No, perché dovrei?
- Allora è proprio vero  talvolta il mondo dentro la propria testa è      talmente piccolo che guardando laggiù ti sei visto la schiena e girandoti indietro ti sei voltato le spalle
- Ma che stai andando farneticando? Tu sei tutto matto!Ma poi, ora che ci penso, chi sei ? Oddio forse sto impazzendo e la matta sono io
- Si probabilmente hai ragione, ma non disperare sono qui per aiutarti. Sono il tuo grillo parlante, il tuo consigliere, insomma chiamami come cazzo vuoi ma sono qui per parlare un po’ d’amore
- No no rifiuto l’offerta e vado avanti
- Smettila, sappiamo tutti e due che sono tre mesi che invece che andare avanti ti tieni sospesa su quest’albero impaurita di tornare con i piedi per terra e impaurita dalla realtà
- Ok è ufficiale sto tutta matta, o forse fatta. Basterà aspettare che passi e che tutto questo viaggio mentale finirà.
- Sei più dura di quello che mi aspettassi, vuoi seguirmi o dobbiamo tirare avanti tutta questa introduzione? Ho altre donne problematiche a cui andare a tirare le orecchie!
- Beh e sentiamo caro mio come pensi di tirarmi giù dalle mie illusioni? 
- Mostrandoti tutte le tue relazioni passate e analizzandole con te, a mo’ di “a christmas carol” dei casi umani anche se qui niente fantasmi del presente e del futuro visto che hai scelto di ancorarti al passato mia cara Margherita
- Beh peggio di così non può andare, tanto vale ascoltare ‘sto maniaco irreale
- Ma...ma lui Naso!
- Din din din abbiamo una vincitrice a “indovina chi?”
- Ora ti metti pure a sfottere?
- Guarda che se non butto sta situa sul ridere non ne usciamo vivi 
- Legittimo. ma lui che c’entra in tutto questo?! non ha colpe, ho decretato io la fine 
- Si e so che te ne dispiaci ogni giorno e vorresti che fosse diverso per rendere la vita a tutti più semplice ma così non è e non si possono controllare le emozioni. È stato la “tua prima volta” in quasi ogni ambito. Ti ha dato tanto e anche tu l’hai fatto. Hai imparato ad affezionarti a rendere una persona un’abitudine nel senso bello della parola, nel sapere che ci sarebbe stato ogni giorno e in ogni momento per te per condividere bellezze e dispiaceri. Hai imparato la bellezza che si cela dietro ad avere una Tua persona. Ma la relazione è stata come come “bilico” hai presente quelli dei parchi giochi dei bambini? 
- Si
- Ecco quelli. All’inizio stava più in aria lui e te ai suoi piedi, lo veneravi e lo amavi forse di più di quello che lui provava per te. Ti sei fatta mettere i piedi in testa varie volte e nel mentre ingoiavi rospi. ma poi ti sei spinta fino a raggiungere l’equilibrio perfetto. Ed è stato un boom di meraviglia. E so che quel sorriso che ti spunta in faccia quando ripensi a quei momenti ti fa pensare per un minuto che vorresti tornare a quegli attimi felici e che forse non è ancora tutto perduto ma sappiamo entrambi cosa è venuto dopo l’allineamento perfetto. Tu volevi di più e lui ha provato a dartelo. Tu volevi di più e lui ha continuato a provare a dartelo arrivando a cambiare una parte di se per tornare con te. E qui è stato uno dei vostri errori: nessuno deve cambiare per l’altro. Certo è normale crescere e trasformarsi ma sempre nel rispetto l’uno dell’altro in un continuo levigarsi per continuare a incastrarsi in un abbraccio perfetto. La seconda volta che ci sei stata insieme ti sei innamorata di un’idea distorta di lui. La verità è che siete stati bene insieme ma il vostro amore si è esaurito e non puoi colpevolizzarti perché volevi scendere dalla giostra e provare qualcosa di nuovo. Comunque possiamo smetterla di nasconderci e se vuoi puoi andare a dirgli qualcosa
- … … … “scusa Naso. So che pensi che io sia la persona giusta ma posso giurarti che non è così. O meglio lo sono stata per il tempo in cui lo sono potuta essere. Ma la nostra clessidra ha finito la sabbia e non si può più capovolgere.  Il mondo è pieno di persone pronte a trovare l’equilibrio perfetto con te e non puoi stare tutta la tua vita su un vecchio gioco arrugginito. Non accontentarti mai. Vai sempre alla ricerca di ciò che più ti fa stare bene. E se nessuno lo fa sta un po’ da solo e renditi felice. Mettiti in gioco e…”
- Ma che è successo? Stavo finendo di parlare
- Mi dispiace Marghe ma il tempo stringe e ciò che gli hai detto è sufficiente è un ragazzo in gamba e prima o poi capirà o toccherà mandargli il mio collega per fargli fare anche a lui un giretto sulle montagne russe delle vecchie storie..
- Spero per lui non capiti, tutti questa allucinazione fa paura
- Fa sempre paura affrontare le proprie emozioni
- ..
- Comunque, come già detto, il tempo stringe e sappiamo entrambi di chi dobbiamo parlare ora
No ti prego, su Lupo non c’è niente da dire. Sono stata una deficiente e vorrei poter cambiare il mio passato e cancellarlo dalla mia esistenza. Il PROSSIMO!!
- Smettila di urlare o ci sentirà e dovrai affrontarlo senza prima ascoltare ciò che ho da dirti su di lui
- Scusa
- Come stavo dicendo, Lupo è stato il tipico colpo di fulmine. vi siete visti e la scintilla vi è caduta addosso incendiandovi. Eravate passionali, trasgressivi e vi sentivate oltre tutti. È stato il tuo momento di ribellione ed era ciò che ti serviva imparare: non stare più nel posto dove gli altri ti mettono ma scegliertelo da sola. Ed è questo l’insegnamento che puoi trarre da tutta questa brutta storia. Come un fuoco infatti prima vi siete accessi e siete arrivati a toccare il cielo con le vostre fiamme ma poi, essendo indomabile, tutto ha inviato a bruciare: ti stavi facendo terra bruciata con i tuoi amici allontanandoli e isolandoti, stavi bruciando i tuoi genitori con i quali volevi fare la grossa e non ascoltare i loro consigli e infine stavi bruciando te! Perché cara mia piccola Marghe il buono che ti stavi impegnando a vedere dentro Lupo era solo un’illusione che lui stava tenendo in piedi per averti e possederti. Quando l’hai capito e sei voluta scappare hai iniziato a correre e lui ti ha inseguito e ha provato il tutto per tutto ma tu hai vinto. Quella cicatrice che hai lì deve ricordartelo, sempre.
- Grazie. Ora con permesso devo andare a fare una cosa
*Stock*
- Ma come ti sei permessa cretina! Mi hai colpito in faccia cazzo ti dice il cervello?!
- Non avrai mai più potere su di me stronzo.
- Ricordami di non farti arrabbiare, ci sai fare con i pugni
- Grazie mi è venuto spontaneo non ne ho mai dato uno.
- Bene siamo all’ultimo step del nostro tour
- Proprio ora che iniziavo a divertirmi 
- So che questo è forse il momento di delicato per te, è ancora fresca..
- Sono pronta!
- Bene, ecco Pretenzioso è lì che ti aspetta. Marco ti ha insegnato l’affetto, Lupo la giusta insubordinazione (che forse hai più imparato da sola) ma con Pretenzioso stavi imparando a costruire. Ti ho sentita quel giorno al mare che spiegavi a Stella che lui non è stato amore a prima vista e che anzi c’è voluto un po’ prima che iniziasse a piacerti. Ma è stato bello proprio quello: scoprirsi un po’ alla volta, raccontarsi da zero prendendosi il tempo anche quando non c’era. Costruendo mattone per mattone una piccola casetta intorno dove le parole d’ordine per entrare erano “intimità, condivisione e delicatezza”. Ognuno aveva il suo spazio, due piccole bolle che camminano fianco a fianco senza nessuno che prevarica l’altro, senza nessuno che ama più o meno dell’altro, dove entrambi hanno una spalla su cui appoggiarsi in egual misura. Hai capito ciò che vuoi avere da una relazione ma hai avuto anche possibilità di iniziare a riscoprire te stessa, i tuoi desideri,, i tuoi pregi e i tuoi difetti accentandoli e scegliendo quando e come lavorarci sopra. Ti sentivi in cima al mondo al 120%. Ma sai che Pretenzioso ha un difetto enorme : ha paura di affrontare i mostri che ha dentro e con te al suo fianco lo stava facendo. Ma un giorno sono arrivati tutti insieme e lui ha fatto l’unica cosa che nella sua vita gli hanno insegnato a fare: correre. Non è colpa tua ne sua : il vostro amore andava alla grande ma in un momento sbagliato. Non c’è più tempo o meglio lui non è pronto ora. Non gli sta andando molto bene la vita ultimamente ma tu non puoi farci nulla. Accettalo. So che ai tuoi occhi la vostra storia felice sembra introvabile e tu ti stai comportando come Naso si sta comportando nei tuoi confronti ma ti prego va avanti: scendi da quel cazzo di albero e torna alla realtà. Non sai che cosa possono offrirti altre persone. Hai 20 anni e certo hai capito che cosa vuoi da una relazione ma questo non significa che tu non possa trovarne un’altra che ti faccia sentire al 130%. Il Destino fa giochi strani ma sa sempre dove farti arrivare e certe volte bisogna affidarsi e smettere di remargli contro.
- Ma fa paura lasciare andare qualcosa che ti fa stare bene
- È un ricordo ormai, apri le mani : ciò che pensavi fosse lì si è già dissolto
- Cosa devo fare?
- Al mio 3 salta
- 1…2…3…
- Marghe ma che cazzo ci fai in piedi su quel letto?
- Torno alla realtà.
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From Fake Lovers To Friends... -Pt. 2
Ebbene, sono Milena e finalmente ecco qui la parte due della cosa che vi avevo promesso eoni fa.
Trovate la parte 1 qui.
And here we go
“Aspetta, che cosa vuoi tu da me?”
La situazione è questa: Ermal se ne sta seduto al suo tavolo preferito del piccolo bar che sta sotto casa, quello sbeccato e messo in un angolo riparato della sala. Angolo perfetto, non troppo caldo d’estate e non troppo freddo d’inverno, con la luce che filtra dalla vetrina che è sempre sufficiente senza che questo rimanga però esposto in bella vista dato che è appena più indietro. Tavolo che di solito occupa da solo mentre studia-occasionalmente in compagnia di una bevanda o di una fetta di torta- mentre invece adesso ha seduto davanti un ragazzo (e meno male che non era un quarantenne come aveva temuto)
Bello, per carità, bello davvero: alto ma non troppo, la pelle ambrata ricoperta da tatuaggi neri e colorarti, le maniche della camicia tirate su che gli scoprono le braccia inchiostrate e incrociate e si stringono attorno ai suoi avambracci appena flessi e muscolosi. Capelli scuri-per quel che può vedere sotto a quello stupido cappellino che lo fa sembrare un raccoglitore di pomodori o più semplicemente un coglione (e non un hipster)- occhi nocciola, leggera barba incolta e delle piccole e disgustosamente deliziose lentiggini a ricoprirgli il naso e le guance.
#piccolecosechenonsaiignorareermal
Fabrizio Mobrici himself.
Che si era presentato in tutto il suo splendore-e lui non era ipocrita con se stesso, poteva benissimo ammettere che era bello, il bastardo in questione- sfoderando un sorrisino marpione sulle labbra e levandosi la giacca di pelle appena entrato, in modo spiccio e casuale ma in qualche modo stranamente sexy. E va bene che nel bar faceva la stessa temperatura che avrebbe fatto normalmente fuori in primavera inoltrata e lui era freddoloso quindi sì, ci stava bene ma poteva capire chi si spogliava, ma non riusciva a smettere di pensare che lo stesse facendo palesemente apposta. Tutta tattica, sissignore
Li conosce, quelli come lui. Sempre pronti a rimorchiare. I belli e impossibili. Quelli con l’aria da cattivi ragazzi, tutti tatuaggi e jeans strappati. Gli odierni Edward Cullen delle ragazzine-e cazzo, quando si sarebbe levato dalla testa quello stupido film che Sabina gli aveva propinato a casa una cosa tipo trecentosettantadue volte?
Fabrizio Mobrici che però a volerla dire proprio tutta si era presentato perché lui glielo aveva chiesto via messaggio qualche ora prima e ora se ne stava lì a fissarlo tra l’incredulo, il divertito e il trepidante.
Ok, premiamo un attimo il tasto per il rewind, giriamo la giratempo, time out flashback moment
Dunque quando Ermal aveva capito il guaio in cui si era messo-cosa che gli aveva fatto tirare una sequela di improperi coloriti metà in albanese e metà in italiano che gli sarebbe valsa un premio per la creatività che stava dimostrando per inventarseli-era filato subito dritto a casa, di corsa, fiondandosi in cucina dove Francesco, all'alba delle due e mezzo di pomeriggio, stava seduto a smangiucchiare una tazza di latte e cereali con ancora il pigiama addosso. 
Lui non l’aveva mai visto frequentare una lezione, se era per quello, ma gli esami li aveva sempre dati. Uno dei tanti grandi misteri di Francesco Gabbani insieme a Perché Tutti I Tuoi Calzini Si Spaiano Magicamente e Come Fai A Dormire Mentre Passo L’Aspirapolvere. Avrebbe potuto scriverci una saga. Anzi, un’intera enciclopedia. Misteri della Fede scansatevi proprio.
Comunque sia, aveva esordito con un “Mi devi aiutare”
Ora, in casa-o per meglio dire appartamento o, per dire ancora meglio, buco di bilocale che soltanto due universitari disperati avrebbero considerato accettabile e che probabilmente sfidava ogni legge strutturale e sanitaria del corrente anno del signore duemiladiciotto (e grazie a dio che l’amianto se l’erano scampati)-Meta-Gabbani, quella frase era pronunciata mediamente una quindicina di volte al giorno e questo senza contare le nottate di sbronza.
Soltanto che di solito era Francesco a dirla e quindi quando era stato Ermal a rivolgergliela-con tanto di tono disperato per giunta!-si era sbrodolato il pigiama facendo sussultare il cucchiaio per la fretta che aveva avuto di voltarsi a guardarlo, un ghigno già stampato in viso e l’eccitazione che immediatamente prendeva possesso del suo corpo. Perché Francesco era così, come un bambino: poteva entusiasmarsi per l’accensione di un fiammifero quanto avrebbe fatto alla scoperta di un nuovo pianeta. 
E non era un male, certo, anche se Ermal si era chiesto più volte perché ancora non l’avesse soffocato con il cuscino.
Comunque, il punto era che lui poteva emozionarsi per tutto ma Ermal Meta- il perfettissimo studente dalla perfettissima media e il perfettissimo modo di fare tutto in maniera perfetta-che chiedeva aiuto a lui? Quello sì che era tutto un altro paio di maniche. Chiunque si sarebbe sentito eccitato come un chihuahua strafatto di caffeina
“Omiodio vuoi scoparti Mobrici”
Non l’aveva nemmeno lasciato parlare, a onor del vero. L’aveva guardato e boom! aveva tratto le sue conclusioni da solo. Peccato che le conclusioni di Francesco la maggior parte delle volte fossero come lo 0,01 centesimo tolto dai prezzi per convincerti che stavi risparmiando: una cazzata bella e buona.
“Cosa? NO!” Ermal aveva sentito le guance iniziare lentamente ad andargli a fuoco. Quello doveva essere il giorno in cui il suo raziocinio era serenamente andato a battere per strada perché prima combinava la cazzata con Eleni poi veniva a chiedere aiuto a Francesco. Geniale Ermal! La media del trenta gliela avrebbero dovuta tirare in testa. Che stupido, cazzo.
Però ormai anche quella frittata era fatta, per cui tanto valeva
“Stammi a sentire, adesso ti spiego”. Aveva sbuffato quando Francesco si era seduto dritto e composto al tavolo, guardandolo prendere posto davanti a lui e perfino spostando la tazza di latte per posare i gomiti sul tavolo “Ti ascolto”
“Dunque, oggi a lezione...” aveva iniziato, proseguendo poi a spiegare tutto “...e quindi adesso mi ritrovo a dover invitare Fabrizio fuori per la gita perché altrimenti sarebbe umiliante e oltretutto non potrei andare al mare,  ma non voglio farlo perché in parole povere mi sta altamente sul cazzo”
Si era morso la lingua quando Francesco, dopo un intenso secondo di riflessione, aveva risposto “Non ancora, ma penso gli piacerebbe” e poi dal nulla era scoppiato a ridere.
Aveva riso e riso, tenendosi la mano sulla pancia, le lacrime che ad un certo punto avevano iniziato a scorrergli sul volto paonazzo e, quando sembrava che stesse per calmarsi, lo guardava e di nuovo scoppiava.
Favoloso, proprio quello che serviva per chiudere in bellezza quella sequela di disastri: una bella e lunghissima risata che sapeva di presa per il culo anche a tre piani di distanza.
Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie insomma: incredibilmente seccati.
“Ermal ma scusa” aveva detto infine lui, dopo essersi calmato “Tutto sto casino per cosa? Ammetti di volertelo scopare e basta!” “Non me lo voglio-e piantala di annuire, deficiente-non me lo voglio scopare!” “E allora perché hai scelto proprio lui? Guarda che questa è tensione sessuale irrisolta, caro mio. Altro che coincidenza sì sì. L’ho visto come lo guardavi alla festa. Altro che astio o odio, tu ti volevi far piegare sul tavolino del buffet” “No. No! Te l’ho detto, è stato il primo nome che mi è venuto in mente e basta, tutto qui!”
Ermal aveva iniziato potentemente a spazientirsi mentre agitava le mani di fronte a lui per spigare cosa muove le cose.
“Comunque, adesso devo per forza chiedergli di fare tre giorni al mare con me, altrimenti passo per coglione con tutti. E se accettasse, cosa di cui dubito fortemente, ci devo stare insieme per finta e farlo sembrare vero. Tenergli la mano. Baciarlo. Dormire nello stesso letto cazzo Francesco ma ti pare? In sintesi: qualsiasi cosa io faccia, sono un uomo morto” aveva detto tragicamente, mentre Francesco a quel punto cercava di ricomporsi un poco.
“Non è detto. Secondo me non ti direbbe di no. E potresti anche approfittartene, una buona volta. Quant'è che non scopi, tre mesi? E l’ultima volta l’hai fatto con me solo perché stavi messo così male che altrimenti saresti esploso. Prendila come occasione per rilassarti, Meta. Guarda che Fabrizio non è mica così male come dici tu. Anzi, l’ho sempre trovato un ragazzo piuttosto...piacevole”
Aveva alzato gli occhi al cielo a quelle parole: tipico di Francesco, ci proverebbe anche con i sassi se quelli sapessero rispondergli. Non poteva negare che si erano divertiti insieme, ma adesso lui faceva il filo all’altra ragazzetta-Alessia? Alessandra?-e Ermal era troppo impegnato per uscire con qualcuno. Quando aveva la voglia gli mancava il tempo e quando aveva il tempo gli mancava la voglia e grazie al cazzo: tra la scuola e il lavoro, non gli rimaneva mezzo secondo o grammo di energia.
“Francesco, è un coglione” 
“Ermal” aveva detto Francesco. L’attimo di silenzio dopo il suo nome l’aveva spaventato. E adesso? Cosa aveva in mente? Di solito quelle pause ad effetto che piacevano tanto al suo baffuto amico servivano solo a farli successivamente sparare una cazzata grande quanto l’intero sistema solare, ma aveva la sensazione che forse anche lui per una volta aveva qualcosa di serio da dire. Aveva iniziato a pregare di no.
“Ma toglimi una curiosità. Perché davvero, io non ho capito. Che t’ha fatto Fabrizio per starti così sul cazzo?”
Eh. 
Ecco qua.
Che gli ha fatto Fabrizio per stargli così sul cazzo?
Good point Francesco.
Perché ora che ci pensa, manco se lo ricorda bene il perché l’avesse trovato così odioso. Forse per il suo modo di parlare? Per quel che diceva? Per come si atteggiava? E chi se lo ricordava più. Sapeva di aver provato verso di lui un astio estremo, sì, e pure dal primo momento in cui aveva messo piede alla festa e l’aveva visto, ancor prima che parlassero. Lo ricordava bene quell’odio immediato e quella sensazione di fastidio provata alla sua sola vista, sì, ma per cosa?
Bellissima domanda.
A cui si accorge, in quel momento mentre sta bloccato fisso come uno streaming impallato, di non avere una risposta. Non una valida almeno.
Ragazzi, sono veramente euforico rincoglionito.
“Non sono cazzi tuoi ‘Cesco” aveva ribattuto, incrociando orgogliosamente le braccia al petto.
Perché ammettere che non se lo ricordava non aveva né capo né coda e di passare ancora più per coglione non ne aveva voglia.
“No, infatti. Ma sono cazzi amari per te se quantomeno non ci provi ad invitarlo. Mal che vada, ti manda a quel paese e si fa una risata. Allora, gli mandi un messaggio o no?”
Per quanto l’avesse odiato in quel momento, a quanto pare la serie di disastri che l’avevano portato lì si concludeva con uno ancor maggiore: Francesco che aveva ragione.
Perché se Francesco aveva ragione su qualcosa in modo così lapalissiano, la situazione probabilmente era davvero un cazzo di casino.
Sopratutto dato che le condizioni per cui lui avesse ragione si verificavano ogni centocinquantamilacredici anni, quando i pianeti si allineavano, le stelle si spegnevano, la terra invertiva i suoi poli magnetici e i continenti tornavano a formare la Pangea.
Cioè mai.
Alla fine, si era ritrovato davvero  a mandargli un messaggio, che in realtà l’amico aveva composto per lui.
Ciao, sono Ermal. Un mio amico (Fancesco) mi ha dato il tuo numero, spero non ti dispiaccia. Ti andrebbe di uscire oggi pomeriggio? Vorrei parlarti di una cosa.
Ciao.........sono Fabrizio ma immagino tu lo sappia già.....xD Sei carino, perché no..... dove ci vediamo? ;)
Puntini di sospensione e Emoticons scritte con la tastiera su Whatsapp? Era davvero un hipster o un quarantenne.
Ora si che aveva toccato il cazzo di fondo.
Merda.
E questo è come sono andate le cose prima, prima del bar, prima della giacca di pelle, a metà strada tra la Grande Cazzata di San Valentino e la Ancora Incredibilmente Più Grande Cazzata Di Invitare Fabrizio Fuori. 
Si erano salutati. Fabrizio gli aveva lanciato una lunga occhiata mentre si sedeva, squadrandolo per bene, percorrendolo con gli occhi. Porco maiale, aveva pensato Ermal.
Sembrava soddisfatto di ciò che aveva visto, perché si era accomodato meglio, sorridendogli.
“Allora regazzi” aveva esordito. La sua voce era bassa e roca. Non era per nulla irritante, anzi. Era un mormorio caldo, avvolgente. In qualche modo, questo non faceva altro che fargli girare le palle a elica ancora più di prima. Stupido Fabrizio “Di che dobbiamo parlare?”
Aveva un sorrisino in faccia che gli aveva fatto venire voglia di farglielo saltare a suon di insulti.
E lì, Ermal aveva sospirato pesantemente
“ Ok” aveva detto, guardandolo negli occhi. Erano dolci, gentili, caldi. Stupido Fabrizio, non poteva avere qualcosa che non andava? Tra poco avrebbe preso il volo da quanto forte gli stava facendo girare i coglioni il suo essere in qualche modo così bello e apparentemente perfetto “Quello che sto per dire ti suonerà ridicolo, ma ascoltami e ti giuro che alla fine avrà un senso” 
Non ci stava credendo nemmeno lui. 
Guardandolo, sapeva che non aveva idea di quello in cui si stava per cacciare, tanto quanto più o meno ne aveva lui.
Povero coglione.
Probabilmente pensava che gli volesse chiedere di essere il suo ragazzo.
Lui se ne stava lì con quel sorrisetto da gradasso, squadrandolo anzi, carezzandolo con lo sguardo gentilmente, aspettando probabilmente di sentirlo fare una confessione del suo grande amore che si portava dentro da mesi, solo perché San Valentino era vicino, no?
E quindi doveva confessarsi, certo, ecco perché l’aveva chiamato, era ovvio.
Si aspettava che si imbarazzasse, che iniziasse a balbettare rivelandosi, magari doveva prendergli le mani e guardarlo tremante e intimorito, rosso in viso, mentre lui lo ascoltava aprire il suo cuore e ammettere quella cotta che tanto lo spaventava.
Ma chi cazzo erano, Han Solo e Leia?
Ce l’aveva lui, l’aria dell’Han Solo, con quel suo stupido sorriso e la sua stupida faccia tosta.
Non aveva idea. 
“Allora dunque i miei compagni di classe hanno organizzato una gita al mare per San Valentino soltanto che ci possono partecipare solo le coppiette naturalmente. Va da sé che da single non ci posso andare, sai com'è. Anche perché ho vagamente detto loro di avere un ragazzo perciò, ecco, te lo devo chiedere. Fabrizio Mobrici... vuoi essere il mio finto ragazzo per il weekend?”
Il silenzio era calato pesante tra loro per un istante.
Eccoci qui. Boom.
Let that sink in Bizio
“Aspetta, che cosa vuoi tu da me?”
Ed eccoli lì, l’uno di fronte all'altro, Fabrizio stupito e lui infastidito più che mai, anche a causa del luccichio che gli legge nello sguardo, in fondo, dietro a tutto lo shock e all'incredulità.
“Ma... perché io? Che poi, io ti conosco! Non sei mica il ragazzino che mi guardava male a una festa borbottando qualcosa? Guarda che mi ricordo di te, più o meno. Non ero così ubriaco”
Ermal fa una smorfia. Pure non del tutto scemo doveva essere.
“Potrei aver tralasciato un paio di particolari” pondera, evitando la seconda domanda.
“Ah si?” gli aveva chiesto lui, ironico, alzando un sopracciglio. Era palese che non si stava bevendo che i particolari erano solo un paio “A farzo!”
“Ma che falso oh! La mia è stata semplice omissione di verità, tutto qui!” aveva replicato, sentendosi arrossire.
No eh. Va bene tutto nella vita, ma il burino che gli da del falso anche no.
“Regazzi. Fuori la storia, o non avrai niente da me”
Ed Ermal, per quanto odiandolo dato che così facendo gli toccava rivivere daccapo tutta la sua storia che sembrava una guida a come essere dei grandissimi coglioni nella vita, si era ritrovato a dover raccontare tutto per filo e per segno. Di Eleni, del mare, del nome detto a caso. Tutto.
“E questo è quanto, mi è venuto in mente il tuo nome anche se non avevo idea all'inizio di chi tu fossi e adesso se non vieni al mare con me sono nella merda. Ecco” aveva concluso.
Scocciato e ancora più rosso in viso che mai.
Ad ogni parola, aveva visto Fabrizio farsi sempre più incredulo, sì, allibito, stupito.
E poi divertito.
Eccitato.
Non gli piace quel luccichio nel suo sguardo: è quello tipico di qualcuno messo davanti a una nuova sfida che non sta nella pelle di cogliere, nonostante tutto. Se la sta gustando nella mente, quell’idea, ponderandola.
E per lui è pure un tormento.
Lo sta cuocendo a fuoco lento, il bastardo, fingendo di pensarci su.
Stupido Fabrizio.
Con il suo stupido sorriso sghembo e le sue stupide braccia muscolose e le sue stupidissime lentiggini. Con la sua stupida barba e il suo stupido cappello e i suoi stupidi capelli mori.
Fabrizio che si china verso di lui, ghignando, sporgendosi in avanti lungo il tavolo, guardandolo dritto negli occhi.
E si lecca le labbra.
“‘O sai che te dico regazzì?” sussurra piano, la voce ancora più bassa e roca di prima “Ce sto” 
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Capitolo 51 - Elvis, la barba e i baci di Schroedinger (Seconda parte)
Nel capitolo precedente: Eddie lascia San Diego e la sua casa a malincuore, ma deve partire con la band per proseguire il tour. Chiama Meg per avere notizie di Angie e quando scopre che la ragazza si è fatta sentire con la sua amica, ma non con lui, ci rimane un po' male, ma non pensa ci sia altro sotto. Matt e Meg hanno una conversazione chiarificatrice in cui lui le chiede scusa per il suo comportamento e le rivela di avere una nuova ragazza, notizia che Meg non prende benissimo. Angie torna finalmente a Seattle, viene a sapere che Eddie l'ha cercata, ma non lo richiama e cerca di non pensare a ciò che è successo e al bacio, di cui non dice nulla a Meg. Tornata al lavoro da Roxy, Angie riceve la visita inaspettata di Kurt e Dave, che le chiede di nuovo di uscire. 
***
“Comunque i capelli ti stanno da Dio. E' una cosa permanente o...?” Dave è al bancone per salutarmi prima di andare via, il suo amabile socio pochi passi più indietro.
“E' solo uno shampoo colorante con dei colpi di sole, poi vanno via”
“Beh ti donano un casino!”
“Seeh e in questo contesto fanno molto psychobilly.” Kurt dice la sua, alza un indice e lo fa girare a indicare lo stile della tavola calda “La parte psycho è quella che ti si addice di più ovviamente”
“Ah-ah”
“Va beh, tornando alle cose serie: hai deciso?” mi incalza Dave ed è come se stesse saltellando sul posto, ma coi piedi ben fissi a terra.
“Come posso dirti di no?”
“Beh, tipo come quando l'hai scaricato, per esempio?” Cobain risponde alla domanda retorica e si finge smarrito quando sia io che il suo amico lo guardiamo male “Cosa? Ho detto che era un esempio!”
“Allora ci vieni, grande!” Dave si scrolla il fastidio di dosso in un nanosecondo e torna ad abbagliarmi col suo sorrisone, che mi fa pensare che forse sarebbe tutto più facile se non lo avessi scaricato. Oppure no?
“Sì, ma non voglio fare troppo tardi, ok?”
“Non temere, l'importante è che resti per il concerto... e un pochino dopo il concerto, va bene?”
“Tutti questi buoni sentimenti... le mie orecchie stanno sanguinando, se vi interessa”
“No, Kurt, non ci interessa. Ci vediamo alle otto all'Off Ramp allora” mi rivolgo prima al cantante che si sta arrotolando la sciarpa attorno alle orecchie e agli occhi e poi a Dave.
“Ti passo a prendere se vuoi”
“No, tranquillo, ci vediamo lì”
**
La serata alla tavola calda passa insolitamente in fretta. Forse perché era una di quelle poche volte in cui avrei voluto non passasse. Meno sto a casa meno probabilità ho di ricevere direttamente certe telefonate... Torno a casa e quando entro nell'appartamento e vedo tutto buio penso di averla fatta franca, almeno finché la porta della stanza della mia coinquilina non si spalanca proprio nel momento in cui ci passo davanti.
“Ehi Meg, ancora sveglia?”
“Mmm” mugugna prima di dirigersi abbastanza spedita verso la cucina.
Coincidenza? Non credo. Rimango incredula nel bel mezzo del corridoio, finché non la sento aprire il rubinetto. Semplice sete. Scrollo le spalle e vado in camera mia.
“Buona notte” mormoro quando sento i suoi passi scalzi avvicinarsi di nuovo e la sua risposta consiste nell'entrare nella mia stanza e prendermi per un braccio mentre sto tirando fuori il mio pigiama da sotto il cuscino. Ovviamente rischio un infarto.
“CRISTO SANTO!”
“Angie non puoi fare così”
“Certo che posso? Mi hai spaventata a morte!”
“Intendo dire con Eddie. Tieni” Meg molla la presa solo dopo avermi messo in mano il cordless.
“Che diavolo significa?”
“Ho capito che ci sei rimasta male per San Diego, ma non puoi evitarlo per sempre”
“Meg, ma che... guarda che stai facendo un casino per niente” cerco di mantenere la calma, mentre guardo il telefono come se mi avesse appena dato un ordigno nucleare innescato. Avrà chiamato di nuovo?
“Sta' zitta e chiama Eddie” mi intima risultando tuttavia poco minacciosa, dati gli occhi semi-chiusi e il tono di chi sta praticamente ancora dormendo.
“Ma... guarda che l'ho già chiamato” mento spudoratamente e in genere mi viene abbastanza bene. Confido anche nei suoi sensi offuscati dal sonno.
“Quando?”
“Stasera” faccio per ridarle il telefono, ma non si scompone.
“Quando?”
“Stasera! Durante la pausa sigaretta”
“Dal lavoro?”
“Sì”
“Allora tutto ok?”
“Sì, gli ho lasciato un messaggio, così sta tranquillo” le restituisco il telefono e a questo punto lo prende, seppur scettica.
“Uhm... bene”
“Ok, notte Meg” acchiappo il pigiama e fuggo in bagno alla velocità della luce.
Non mi piace mentire a Meg. No, non è vero, mi piace. Cioè, non è che mi piaccia, ma lo faccio volentieri. Oddio, volentieri... Diciamo che lo faccio tranquillamente e non mi sento affatto in colpa per non averle detto del bacio. Il bacio. Ma poi sono sicura che sia successo veramente? Magari me lo sono sognato, come il sedano, Eddie che affogava, i Depeche Mode e tutto il resto. Potrebbe essere stato tutto un parto della mia mente, dalla sveglia Sonic Youth alla compagna di viaggio sul pullman. E se stessi ancora sognando? Forse andare a letto e dormirci su è il miglior modo di svegliarsi, sempre che voglia farlo.
Tanto non chiamerà più.
Esco dal bagno e verifico che la via sia libera. Mi infilo nel mio letto e appoggio la testa sul cuscino, crollando all'istante. Quando riapro gli occhi non so dire se siano passati cinque minuti o cinque giorni, ma so per certo che non è più notte per via della luce del sole che filtra dalle tendine. E dopo qualche secondo so anche che non deve essere tanto tardi perché sento la voce di Meg e questo significa che non è ancora uscita. Vado in fissa su una ragnatela nell'angolo vicino alla porta e sto quasi per fare l'equazione ragnatela = ragno, quando un pericolo maggiore e più imminente si fa largo tra i miei pensieri e la voce della mia amica si fa più chiara.
“Ma non ha chiamato ieri?”
Merda.
“Ah. Allora ho capito male. Eh? No, non è che mi abbia proprio detto così... sono io che... cioè, io l'ho vista andare in camera sua col telefono in mano, quindi ho pensato che ti avrebbe chiamato. Sicuramente voleva farlo, si sarà addormentata prima eheh. Come? No, io ti sto parlando dal telefono fisso” blatera Meg e riesco quasi a vederla mentre fa dietrofront e torna verso l'ingresso, dove sta il telefono col filo. Guarda che non ti vede, ma fidati che non gli serve per capire che stai raccontando un mare di cazzate. Meg non sa mentire, ma apprezzo il fatto che voglia pararmi il culo pur avendo scoperto che le ho raccontato una bugia.
“Aspetta che vado a chiamarla. Ma no, figurati! Tanto si deve alzare comunque. Dai, aspetta che te la passo, un secondo!” sposto il piumone con poca delicatezza, praticamente lanciandolo a terra, e dopo due secondi sono in piedi, dritta di fronte alla porta, con Patti Smith che mi guarda perplessa dal poster. Lo so, lo so, sono ridicola e infantile, ma ne possiamo discutere dopo, zietta?
“Ehi Angie? Sei sve-” Meg entra lentamente e io le metto al volo una mano davanti alla bocca, mi accerto che abbia lasciato il telefono di là e la tiro dentro richiudendole la porta alle spalle al volo.
“Io non sono qui, ok?” le dico
“Mm?” può solo mugugnare lei, con gli occhi strabuzzati.
“Ti prego, reggimi il gioco” la imploro, mentre lei cerca di liberarsi dalla stretta e rispondere.
“P..ché?”
“Dopo ti spiego tutto, per favore...” Meg alza gli occhi al cielo e annuisce. A quel segnale non posso che lasciarla andare.
“Che cazzo” riesco a leggere il suo labiale un attimo prima che sparisca di nuovo attraverso il corridoio.
Seguo con circospezione i suoi passi... metti che ci ripensa e me lo passa. Nel frattempo cerco di riorganizzare le idee per lo spiegone che mi aspetta a breve. Perché ovviamente adesso le dovrò dire tutto e lei mi prenderà per deficiente perché tutto questo non ha molto senso. O meglio, per me è perfettamente logico, ma diventa automaticamente assurdo nel momento in cui cerco di tradurlo mentalmente in parole da comunicare a un altro essere umano.
“Sì, deve essere uscita presto, non l'ho proprio sentita...” spero tanto di non commettere mai un crimine, ma in caso contrario spero di non avere Meg come unico alibi perché è talmente poco credibile che farebbe condannare persino un innocente.
“Ok, dimmi tutto. No, aspetta, la penna non scrive, ne prendo un'altra. Arrivo eh!” Meg esce dalla cucina e mi passa davanti scuotendo la testa per poi infilarsi in camera sua, uscendone con una biro blu tra le dita subito dopo.
“Eccomi. Huh-uh... Fino a domattina? Ok, glielo dico. Ma no, figurati! Lo sai come ragiona, è che lei fa orari del cazzo e magari pensa di romperti le palle. Ok, le dico anche questo. Guarda, lo scrivo! Angie non rompe mai. Va bene? Eheh ciao Eddie, buona giornata. Sì, tranquillo! Ciao!”
Faccio un bel respiro e vado incontro al mio destino. Entro in cucina già con le mani alzate.
“Che cazzo è successo, me lo vuoi dire?” Meg mi sta già aspettando, seduta sul tavolo a braccia conserte.
“E'... è complicato”
“Ti ha fatto del male?” chiede serissima e io praticamente le scoppio a ridere in faccia, per poi lasciarmi cadere sulla sedia.
“Ma chi Eddie? Ma figurati, no!”
“Ha fatto lo stronzo? Si è rivisto con la sua ex?”
“No, almeno, non credo, non finché ero lì...”
“Ma qualcosa deve essere successo, no?”
“Beh sì...”
“Avete litigato?”
“No”
“Gli hai confessato i tuoi sentimenti e-”
“Ahah quali sentimenti?”
“Taci. Gliel'hai detto e lui ti ha rifiutata?”
“Io non gli ho detto un bel niente!”
“Ne ha parlato lui di sua iniziativa?”
“Non abbiamo discusso di... quello”
“E di che avete parlato allora?”
“Non abbiamo parlato”
“Te l'ha fatto capire? Guarda, Eddie ti vuole bene, è palese. Forse ha dei dubbi per la differenza di età e lo potrei anche comprendere, anzi, è una cosa positiva. E' segno che è un ragazzo maturo e responsabile”
“Non c'è stato nessun discorso e nessun rifiuto, Meg”
“Ti ha detto Ti amo e poi ha ritrattato come Jerry?”
“No!”
“Angie, mi vuoi dire che cazzo è successo o devo tirare a indovinare per altre due ore?”
“Lui... beh...”
“Ti ha detto che è gay?”
“No!”
“E allora si può sapere che cazzo ha fatto?!”
“Mi ha baciata”
“COSA?!” Meg salta giù dal tavolo in maniera così repentina che quasi lo ribalta, assieme alla mia sedia.
“Mi ha dato un bacio. Beh, più di uno in realtà, ma tutti insieme, nella stessa occasione, quindi credo si possa parlare di un bacio solo, credo valgano come un atto singolo, ecco”
“EDDIE TI HA BACIATA?! E me lo dici così?”
“Come te lo devo dire?”
“E, soprattutto, me lo dici solo adesso?!”
“Non sono nemmeno sicura sia successo veramente...”
“ANGIE, IO TI AMMAZZO, GIURO SU DIO”
“E' stato un momento un po' strano”
“Ti ha baciata sì o no?”
“Penso di sì”
“PENSI?!”
“Sì, cioè, a questo punto, dopo aver rielaborato tutto, penso di poter dire che al 90% mi ha baciata sul serio”
“Che cazzo significa, cioè, eri fatta? Eri bendata e non sai chi ti ha messo la lingua in bocca?”
“Io non ho parlato di lingua”
“Ti ha baciata senza lingua?”
“Beh, no, cioè, sia con che senza”
“OMMIODDIO”
“Perché? Non credevo fosse un dettaglio così importante”
“Non è imporante il dettaglio, razza di imbecille! Insomma ti ha baciata? Tu ed Eddie vi siete baciati?”
“Sì”
“E quando? Cos'è successo? Com'è andata? Racconta!”
“Non hai mica detto che il dettaglio non è importante?”
“Non rompere i coglioni e racconta”
Le spiattello tutto, anche perché non mi resta altra scelta. Parto dall'inizio, cioè dal mio arrivo a San Diego.
“Ti ha baciata sulla spiaggia davanti a Jerry Cantrell? Dimmi di sì”
“No”
Le racconto del giro turistico.
“Ti ha baciata da Subway? Sulla panchina al parco?”
“No”
Aggiungo i dettagli della serata in discoteca che non le avevo riferito in precedenza.
“Ti ha baciata mentre ballavate l'Hustle?”
“Noo!”
Cerco di non perdermi in chiacchiere riassumendo la giornata con Dina, il concerto e la festa.
“Ti ha baciata nel backstage? In spiaggia al chiaro di luna mentre gli altri si bagnavano le chiappe nell'oceano?”
“No”
“Bacio della buona notte quando siete tornati a casa?”
“No, Meg”
“Angie, sto perdendo la pazienza, quando cazzo ti ha baciata?”
“Ci sto arrivando!”
“Dimmelo e basta, per favore”
“Uff alla stazione dei pullman, prima che partissi”
“Cioè, ha avuto due giorni a disposizione e ti ha baciata un minuto prima di salutarti?”
“Sì...”
“Che testa di cazzo”
“Va beh, si vede che gli è venuto così in quel momento!”
“Sì ma è un coglione, ti ha fatta penare fino all'ultimo”
“Non è vero”
“Sì che è vero”
“Non ho penato, sono stati due giorni fantastici. Ehm, sì insomma, belli, due belle giornate, serene”
“E il bacio? Com'è stato?”
“Beh...”
“Fantastico? O sereno? O anche questo solo carino?” mi prende per il culo citando una nostra conversazione di mesi prima.
“Non è stato carino, è stato... è stato... non lo so, non saprei come descriverlo, è come se avessi perso i sensi per alcuni minuti”
“Oh Angie”
“Cioè, non proprio tutti i sensi, non come in un'anestesia, perché comunque ho sentito tutto benissimo”
“Ahahah immagino”
“Era... era elettricità, calore, confusione, vento”
“Vento?”
“Sì, come quando il vento ti fa perdere il controllo dei tuoi passi e ti soffia così forte in faccia da toglierti il respiro per un secondo e quasi lo senti nello stomaco... Come quando scendi in picchiata sulle montagne russe”
“Ti sei fatta un bel giretto su Eddie La Giostra insomma”
“Però lì te lo aspetti. Invece è stato più come quando stai scendendo le scale tranquilla e metti un piede in fallo e senza accorgertene ti trovi per terra.  Solo che io non arrivavo mai a terra, Eddie mi baciava e io continuavo a cadere e basta”
“E Tom l'hai sentito?”
“Tom?”
“Jones”
“No”
“Ahahah ecco, se no sì che mi sarei preoccupata”
“Ho sentito Dave”
“Dave? Il tuo ex?”
“Gahan, dei Depeche Mode. L'ho anche visto ballare in realtà...”
“Non è che tu e Vedder vi siete scambiati anche degli allucinogeni assieme alla saliva?”
“Ero presente e assente allo stesso tempo, c'ero, ma in una forma diversa. Come l'acqua che evapora o il ghiaccio che si scioglie. Però più la prima, perché mi sentivo leggera. Evaporavo. O forse sarebbe più corretto dire che sublimavo...”
“E hai ancora il coraggio di dire che non provi sentimenti per Eddie?” Meg interrompe la mia dissertazione senza senso con qualcosa che di senso ne ha ancora meno.
“Io... io li provo, solo che, beh, ancora non ho ben chiaro quali sono”
“Non hai ben chiaro?”
“Sto... cercando di capire!”
“Penso si veda bene anche dallo spazio cosa cazzo provi, Angie”
“Allora sono io ad essere limitata perché non ci arrivo”
“Sai benissimo di che sentimenti si tratta, è solo che non vuoi ammetterlo”
“E' tutto un gran casino”
“Cos'è? Hai paura? Per quello lo stai evitando?”
“Non lo sto evitando...”
“Mi hai esplicitamente chiesto di dirgli che non c'eri, come me lo chiami?”
“Sto solo rimandando una conversazione che nessuno dei due vuole affrontare”
“Certo, ha chiamato dieci volte perché non vuole assolutamente parlare con te, mi sembra ovvio”
“Non vuole, ma sente di doverlo fare, perché è un bravo ragazzo”
“Bravo ragazzo? Scusa, cosa pensi voglia dirti?”
“Secondo te? Che è stato un errore e di dimenticare tutto”
“AHAHAHAHAHAH”
“Che c'è da ridere?”
“Ahahah sarò scema io, ma secondo me vuole dirti che non vede l'ora di fare un altro giro sulle montagne russe” Meg mima con la mano un ottovolante che va a finire dritto sul mio fianco destro.
“Piantala!”
“O sui mulini a vento” continua e si avvicina fingendo per scherzo di volermi baciare, per poi soffiarmi in faccia.
“Non sei divertente”
“Tu invece fai un sacco ridere, lo sai?”
“Io con Eddie... non esiste! E' una cosa impossibile” mi alzo e mi allontano verso il corridoio, seguita a ruota dalla mia coinquilina che non vuole proprio capire.
“Perché?”
“Perché è così”
“Non è una risposta”
“Perché... perché non c'entriamo niente”
“Oh signore...” sospira Meg, sorpassandomi proprio all'ingresso della mia stanza, per poi buttarsi sul mio letto a faccia in giù.
“Non sto dicendo che lui sia migliore di me. Tralasciamo per un momento il fatto che lo sia. Non sto parlando del fatto che io sono... boh, un pigliamosche caposcuro e lui un albatro beccogiallo dell'Atlantico. E' che siamo proprio due cose diverse, come... come... un paracarro e una poesia di Robert Frost”
“Eh?” Meg risolleva la testa dal mio piumone e mi guarda interrogativa.
“Un biglietto dell'autobus timbrato e... gli anelli di Saturno”
“Il fatto che, in entrambe le affermazioni, non fatico a capire per te chi dei due sia cosa è un brutto segno, vero?”
“Stai entrando nella mia logica”
“Ti prego, fammi uscire! Ho già mal di testa” Meg tende le braccia verso di me, ancora in piedi al centro della stanza, intenta a convincere il mio pubblico formato da un'unica persona.
“Che dovrebbe farci Eddie con me?”
“Non so, scrivere una poesia di Robert Frost sul paracarro a pennarello?”
“Usare le mie pessime metafore contro di me non mi farà cambiare idea”
“Eddie sa benissimo cosa vuole farci con te e te ne ha anche già dato un assaggio mi pare”
“Eddie ha confuso un'amicizia con qualcos'altro, tutto qui”
“No, sei tu che hai preso una persona innamorata per una persona confusa”
“Innamorata?! Buahahah addirittura?”
“Tu il vapore ce l'hai nel cervello, Angie, lasciatelo dire”
“Scommettiamo che Eddie è convinto di aver fatto una cazzata?” le propongo porgendole la mano, che lei schiaffeggia via.
“Ovvio che lo sia! Lo stai evitando. Se baciassi un tipo e questo non mi cagasse più per giorni, lo penserei pure io”
“Io dico che lo ha pensato indipendentemente dalle mie azioni successive”
“Io dico che continui a ripeterti questa storia per cercare di autoconvincerti, quando in realtà sai benissimo che esiste anche l'altra possibilità”
“Certo che lo so” Meg è riuscita a zittirmi e ci metto un po' a risponderle.
“Ha! Vedi?”
“Le due possibilità coesistono”
“Esattamente”
“E continueranno a coesistere ed essere entrambe valide, almeno finché non osservo il sistema”
“Che sistema?”
“Questa parte di universo”
“Di che cazzo stai parlando, Angie?”
“Fisica quantistica. Hai presente il paradosso del gatto di Schroedinger?” le domando sedendomi accanto a lei sul letto.
“Il gatto vivo o morto nella scatola?”
“Più precisamente, sia vivo che morto, finché non si apre la scatola”
“E il gatto sei tu o Eddie?”
“Eddie mi ha baciata, dopodiché sono partita e non l'ho più visto né sentito. E' come se lo avessi chiuso nella scatola, no? E ora siamo in una situazione di sovrapposizione quantistica, cioè due possibilità che si sovrappongono”
“Eddie pentito ed Eddie innamorato?”
“Sì... beh, più o meno”
“Il gatto è sia vivo che morto finché non apri la scatola, perciò allo stesso modo...”
“Eddie è sia pentito che, ehm, infatuato finché non ci parlo”
“Mi sembra ovvio”
“E allora dovresti aver capito perché voglio affrontarlo il più tardi possibile”
“In realtà no”
“Oh cazzo, Meg, seguimi. E' il bacio di Schroedinger, ok? In questo scenario il bacio è contemporaneamente una cosa che ha un valore e un errore che invece non significa niente”
“Ok...”
“E se io non parlo con Eddie continuerà ad essere così, giusto?”
“Giusto”
“E magari una mezza alternativa è tutto quello che mi resta, no? Se fosse il massimo a cui posso aspirare? Meglio tenersela stretta, non credi?”
“Cioè non lo chiami perché vuoi rimandare la delusione?”
“Bingo!”
“E non potevi dirla così invece di fare tutto questo discorso del cazzo?” scherza spintonandomi.
“Dimentichi che qualcuno qui fa fatica ad ammettere le cose in maniera lineare...”
“Se hai paura di rimanere delusa... vuol dire che una speranza ce l'hai!”
“Ovvio che ce l'ho! Se non ce l'avessi, sarebbe tutto così semplice. Invece no, c'è sempre una piccola stronzissima parte di me che spera in queste assurdità, è quella che mi frega”
“Quando ti metterai con Eddie riderai di tutte queste seghe mentali, Angie” Meg scuote la testa e si alza dal mio letto, avvicinandosi al quadretto del collage fatto proprio da Eddie e indicandolo in una delle foto, su cui il mio sguardo si fissa per un paio di minuti buoni.
“Cercare di alimentare le mie false speranze non mi è di nessun aiuto”
“E allora? Meglio crogiolarsi nel 50% di probabilità?”
“Sempre meglio del 100% di certezza”
“Dipende da qual è la certezza”
“Quella più logica”
“E a Eddie non pensi?”
“A cosa credi stia pensando da due giorni a questa parte? E di chi stiamo parlando da mezz'ora?”
“Intendo dire che, cazzate quantistiche a parte, e tralasciando le possibili implicazioni sentimentali, voi due siete amici e agli amici si deve sincerità e rispetto”
“Sì, lo so...”
“Un amico ti sta cercando e tu non ti fai trovare e ti neghi con delle bugie, ti sembra un comportamento corretto?”
“No, infatti non mi volevo giustificare, ma solo spiegare come ragiono”
“Ragioni col culo. Qualsiasi sia la ragione per cui ti vuole parlare, gli stai mancando di rispetto”
“E' difficile...”
“Fare la cosa giusta non è mai facile.” Meg esce di nuovo dalla mia camera, per farci ritorno subito dopo “Ora prendi il telefono, fai il numero dell'albergo di Santa Rosa che mi ha dato Eddie e scoperchi questa cazzo di scatola” Meg mi mette fisicamente in mano il cordless e il blocchetto su cui ha preso appunti mentre era al telefono con Ed.
“Adesso?”
“Subito”
“Adesso devo prepararmi, non posso, devo andare a lezione”
“Chiamalo mentre ti prepari, è un telefono senza filo, lo dice la parola stessa, puoi portartelo dietro ovunque, pure al cesso”
“Senti, ti prometto che più tardi lo chiamo”
“Cazzate, non ti credo”
“Davvero, entro oggi lo chiamo, deciso, mi hai convinta”
“Lo chiami stasera davanti a me e Grace. E col vivavoce. Cazzo, Grace andrà fuori di testa quando saprà che tu ed Eddie vi siete baciati ahah! Questa serata tra ragazze capita proprio a fagiolo”
“Ecco, a tal proposito, volevo dirti che stasera purtroppo non ci sono”
“Che vuol dire che non ci sei? Non diciamo stronzate!”
“Ho un impegno”
“Guarda che scherzavo sul vivavoce! Senti, ho pensato che potremmo fare così: Grace chiama Stone per farci due chiacchiere, poi ci aggiungiamo io e te e gli chiediamo dove sono gli altri e la trasformiamo in una chiamata di gruppo come l'altra volta. Così tecnicamente avrai parlato con Eddie, ma non da soli”
“Esco con Dave”
“Così almeno rompete il ghiaccio e uscite da quest'impasse e poi del bacio ne potrete parlare in un secondo momento, magari dal vivo... Scusa, non ho capito bene, con chi esci?”
“Dave, andiamo a un concerto”
“Cioè per paura che il gatto sia morto, ne vai a ripescare un altro?”
“Ahahah ma no!”
“Resuscitiamo un micio che avevamo già sotterrato in precedenza?”
“Non è come credi”
“Ah quindi non esci col tuo ex lasciando il ragazzo che ti ha baciata a struggersi per te?”
“No, perché non è un appuntamento! E nessuno si sta struggendo...”
“Perché non chiami Jerry a questo punto? Potreste uscire a cena domani sera”
“Va beh, io vado a farmi la doccia, se hai voglia di sapere la verità aspettami e ti racconto, se no continua pure a pigliarmi per il culo”
“Mmm entrambe le cose mi tentano, penso che non ti rivolgerò mai più la parola per farle coesistere e godermele entrambe nel mio sistema quantistico di stocazzo” ironizza mentre esco dalla camera porgendole un sentito dito medio.
“Vaffanculo Meg”
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Certo che deve essere proprio figo. Avere il posto di lavoro sottocasa. Sarebbe il mio sogno, o forse no. Da un lato avrei la comodità, non arriverei mai più in ritardo, o quasi; ma dall'altro mi sembrerebbe di non staccare mai, la mia testa sarebbe sul lavoro anche quando non sarei di turno. Ti affacci alla finestra al mattino o esci di casa nel pomeriggio ed ecco che ti becchi l'insegna del minimarket e pensi alle prossime consegne in arrivo, agli espositori nuovi da montare e il tecnico da chiamare per il banco frigo. Che palle! In questo caso però la vicinanza risulta comoda, perché mi basta attraversare la strada e sono già col dito sul citofono di casa McDonald-Pacifico. Il dito praticamente si atrofizza su questo cazzo di citofono perché dopo un quarto d'ora non mi risponde ancora nessuno. Era oggi no? Magari Meg è uscita un secondo. Eppure le luci sono accese...
“Tutto inutile Grace, è rotto” sono così impegnata a scrutare le finestre illuminate del secondo piano che non mi accorgo di Angie, spuntata sulla soglia del portone.
“Ehi, bentornata... PACCARA!” mi avvicino spettinandola per poi abbracciarla velocemente.
“Grazie. Meg te l'ha detto?”
“Sì, mi ha anticipato che stasera ci avresti tradite”
“Ti ha anche detto che è per una buona causa?”
“Certo, altrimenti non ti avrei neanche rivolto la parola”
“Ti ha detto solo questo?” chiede abbassando improvvisamente la voce, chissà per quale motivo.
Proprio in quel momento un clacson risuona squillante per ben due volte alle nostre spalle e ci voltiamo in contemporanea.
“Mi sa che è arrivato il tuo cavaliere”
“Cioè il mio compagno di sventura. Vado, buona serata e non esagerare con le maschere purificanti di Meg, mi raccomando!” Angie alza gli occhi al cielo e mi sorride prima di allontanarsi verso la macchina che l'aspetta sul ciglio opposto della strada.
Entro dal portone lasciato aperto da Angie e prendo l'ascensore. Mi dispiace che stasera non sia dei nostri, però allo stesso tempo sento che l'uscita di stasera sarà fonte di aneddoti curiosi da discutere alla prossima occasione. Nel menù di oggi, Meg mi ha promesso aggiornamenti succulenti su di lei e su Angie, ma non ha voluto anticipare nulla. Staremo a vedere! In compenso, mi ha chiesto novità su Stone e me, ma non è che ci sia molto da dire. Me lo richiede ogni volta, ma, insomma, non capisce che non ci troviamo nemmeno nello stesso stato? La fiamma non si sta né accendendo né spegnendo, è solo in stand-by. Esco dall'ascensore e attraverso il lungo corridoio, reso un po' inquietante da una delle lampadine del soffitto che sfarfalla. Giro l'angolo e mi ritrovo praticamente faccia a faccia con Meg, che sta uscendo dall'appartamento con il portafoglio in mano.
“Non dirmi che pacchi anche tu e la serata è annullata, perché in tal caso non vi parlo più, né a te né alla tua coinquilina rubacuori”
“Ahahah no, stavo scendendo ad aspettare te e il tipo delle pizze perché adesso non funziona nemmeno il citofono in questo condominio del cazzo”
“Sì, ho incontrato Angie che mi ha aperto, se no sarei ancora fuori al gelo”
“Dai, entra pure, tanto dovrebbe arrivare tra poco, io torno subito. E preparati psicologicamente perché ho un sacco di cose assurde da raccontarti!”
“Ho già capito che il film non lo guarderemo neanche” sorrido entrando in casa, mentre Meg si allontana stringendosi nella giacca.
“Non ci servirà il film, fidati... Arrivo!”
Salt lick dei Tad è il primo disco della serata che scelgo di mettere su, anche se la serata non è ancora iniziata, considerando che Meg è ancora di sotto ad aspettare il ragazzo delle consegne. Mi affaccio dalla finestra per vedere se arriva qualcuno, ma per ora niente. Mi siedo sul divano e comincio a giocare con le birre già sistemate sul tavolino di fronte, allineandole prima per due poi per tre, finché non ne avanza una, che apro subito per me. Mi rialzo e gironzolo per la casa per ingannare l'attesa. A dire il vero non guardo qua e là, ma vado diretta verso un punto, il frigorifero in cucina, e inizio a scrutarlo in cerca delle novità, che non tardo a scoprire. Una calamita che raffigura un panda, un'orca e un sole sorridente col cappello circondati da palme e dalla scritta SAN DIEGO. Attaccata con la stessa calamita c'è anche una cartolina dal gusto retrò, con una spiaggia al tramonto, una serie di auto d'epoca su cui sono legate delle tavole da surf e quattro sagome di surfisti, due ragazze e due ragazzi. Sapevo che avrebbe arricchito la sua collezione. Sto osservando con attenzione le lunghe ombre dei surfisti della cartolina quando vengo scossa dallo squillo improvviso del telefono. Ci penso un po' prima di rispondere, dibattendo interiormente sul da farsi, dopotutto non sono a casa mia... ma se è una cosa importante? Magari è la pizzeria che avvisa del ritardo.
“Pronto?”
“Oh sia ringraziato il cielo! E io che mi ero già messo l'anima in pace pensando di dovermi sorbire le paturnie di Meg ed Angie prima di poter parlare finalmente con te” la voce dall'altra parte mi fa solo rimpiangere di non aver risposto al primo squillo.
“Ehi Stone”
“Ciao, amore. Come stai? Sei ancora sobria? Hai già lo smalto sui piedi?” ecco, non poteva fermarsi al semplice sarcasmo? Due frasi, due cose che stonano. Ci sto già ripensando, forse se non rispondevo era meglio.
“Eheh no. Cioè, sì sono sobria e no, le mie unghie sono... sono come prima, tutto uguale”
“Tutto bene? Ti sento strana... Meg ti sta minacciando con una pinzetta per le sopracciglia? Se non puoi parlare non rischiare, dimmi una frase in codice, qualcosa che passi del tutto inosservato in una conversazione tra fidanzati, tipo Gli avevano sparato in faccia, così la madre non poteva fargli il funerale con la bara aperta...”
“Eheh no, tutto tranquillo, solo un po' spaesata. Comunque Meg non c'è, è di sotto che aspetta il ragazzo delle pizze. Citofono rotto”
“Sì beh, in effetti questa frase passerebbe molto più inosservata. Chiamo il 911”
“Tu come stai? Non devi suonare stasera?”
“Sì, infatti siamo nei camerini, che poi sarebbero una specie di succursale dei bagni”
“O viceversa” la sento appena, ma la voce che interviene è inconfondibile.
“O viceversa, come dice giustamente Eddie, non l'abbiamo ancora capito”
“Guarda! Qui c'è il numero di telefono di Mike Patton” anche Jeffrey dice la sua in questa telefonata incasinata.
“Ora metto giù con te, tesoro, e lo chiamo subito. Sicuramente sarà il suo, dopotutto una scritta nei bagni di un locale di Sacramento mi sembra una fonte più che attendibile”
“Ma non erano i camerini?” chiedo sghignazzando e per un attimo contemplo l'idea di chiederglielo anch'io quel numero. La prenderebbe male?
“Eh te l'ho detto che non l'abbiamo ancora capito!”
“Ci hanno suonato i Faith No More, non deve essere un brutto posto comunque”
“Credo più i Mr Bungle. Però non è male, a parte gli scherzi credo sia uno dei locali più fighi in cui siamo stati finora, anche se è grande quanto il tuo appartamento”
“Ed è pieno di gente!” urla Jeff, probabilmente ingoiando la cornetta.
“Confermo quanto detto dal cavernicolo. Gente che è qui per gli Alice ovviamente”
“Che ne sai? Non buttarti giù così” provo a consolarlo, anche se so benissimo che non ne ha bisogno.
“Mica mi butto giù, è la verità. Al 99% non ci conoscono, siamo noi che ce li dobbiamo conquistare”
“E allora vai e conquistali!” lo incito e solo dopo mi accorgo che potrebbe suonare come se volessi chiudere la chiamata subito. Ma non voglio. Davvero! Quando non mi ricorda ogni cinque minuti che è il mio ragazzo, mi trovo perfettamente a mio agio in questa conversazione.
“Sarà fatto, cara. E' arrivata la pizza? E l'alcol? Sei ancora sobria?”
“Ahah i tuoi compagni penseranno che sono un alcolizzata! Comunque niente pizza. E ora che ci penso, ho una fame assurda”
“Dai resisti. A me si è chiuso lo stomaco, sai che è sempre così per me prima di salire sul palco”
“Eheh sì, me l'avevi detto. Non essere nervoso”
“Non sono nervoso, sono realista. Io faccio il mio, ma ci sono altre quattro variabili per la riuscita di un concerto, hai presente?”
“Eheh quattro variabili in carne ed ossa, che ti disturbano mentre mi chiami?”
“Esatto. Però adesso mi hanno lasciato solo, saranno andati a cercare l'altro nostro chitarrista visto che tra poco tocca a noi”
“Si parlava di sobrietà...”
“Appunto. Comunque sarebbe troppo melenso e fuori luogo da parte mia dirti che mi manchi e vorrei fossi qui con me?”
“Sì, decisamente, Stone” ho l'impressione di aver trattenuto il respiro prima di parlare, sarà stato troppo lungo il mio silenzio? Riuscirò a farla passare come una pausa comica?
“Ok, allora non te lo dico. Ops, sta tornando una variabile. C'è Eddie, dobbiamo fermarci col sesso estremo al telefono per ora, scusa piccola”
“Cazzo, Stone” sento Vedder borbottare qualcosa che sa di imbarazzo, mentre Stone ridacchia nella cornetta.
“Stavo evidentemente scherzando, credi che se facessi sesso telefonico estremo con la mia ragazza verrei a dirlo a te?”
La mia ragazza, ribadiamolo ancora, perché forse non si era capito.
“Lascia stare Eddie, non metterlo in imbarazzo”
“Come? Adesso?” Stone parla, ma chiaramente non con me “Che le devi dire? Ah aspetta, ho capito! Grace, scusami, Eddie ti vuole parlare un secondo, te lo passo”
“Vuole parlare... con me?” non credo proprio di essere io l'oggetto del suo interesse, ma probabilmente è la grande assente della serata quella con cui vorrebbe parlare. Da quanto mi ha anticipato Meg, né la visita a sopresa di Angie né il cambio di look sono bastati a scuotere il bel surfista dal suo torpore. E adesso lei lo sta un po' evitando. E io la capisco, cioè, so come ragiona e ovviamente lei farà finta di nulla perché 'tanto, figurati, a me Eddie mica piace' e 'sono andata a San Diego per vedere i ragazzi' e altre stronzate simili. Ma è chiaro che lei un po' ci sperava e invece lui niente. Ci sarà rimasta malissimo. E se si fosse messa in mezzo la ex di lui? Quello sì che sarebbe stato un colpo duro da digerire, persino per la sempre (all'apparenza) impassibile Angie.
“Se ti propone sesso estremo al telefono dimmelo eh?”
“Ahahah piantala e passamelo”
“Buona serata, amore”
“Anche a te... e in bocca al lupo” perché cazzo deve sempre aggiungerci qualcosa alla fine?!
“Ehm ciao Grace” la voce profonda di Eddie suona un po' più acuta, sarà l'imbarazzo. O l'impazienza? Sicuramente vorrà chiedermi di Angie. E per la diciottesima volta si sentirà dire che non c'è. E gli sta bene! Insomma, ok la timidezza e i dubbi, ma qui si tratta di tenere sulle spine una ragazza che comunque ha un debole per lui. Perché voglio pensare siano solo dubbi e non che la stia bellamente prendendo per il culo, perché in quel caso sarebbe una vera merda umana.
“Ciao Eddie, come va? Che mi racconti?” adesso lo tengo al telefono un'ora facendogli domande a caso, voglio vedere quanto tempo ci mette prima di chiedermi di Angie.
“Oh tutto bene, a parte la fifa da palcoscenico, ma quella è una costante per me” no dai, non è giusto torturarlo così.
“Non ti preoccupare, andrete alla grande. Immagino tu voglia parlare con Angie, giusto?” infatti mi è appena venuto in mente un altro sistema perfetto per punirlo.
“Uhm ecco, sì, in effetti. Pare sia diventata introvabile ultimamente”
“E infatti non la trovi neanche stasera, non c'è”
“Oh davvero? Fantastico, eheh, chissà perché me lo sentivo...” risponde nervosamente e quasi quasi mi dispiace fare quello che sto per fare. Ho detto quasi.
“Sei un po' sfortunato, Eddie”
“Già, me ne sono accorto. Va beh, magari provo a chiamarla alla tavola calda, non volevo romperle le scatole al lavoro, ma almeno lì la trovo per forza”
“Oh ma non è da Roxy”
“Ha il turno al Westlake di sabato? Ma poi a quest'ora?” Eddie suona sinceramente confuso e a me sembra di giocare come il gatto col topo.
“Eheh no, Eddie, non sta lavorando. Non ha giustificazioni, ci ha proprio bidonate e basta, la stronzetta”
“Ah! Capisco, e... ehm, dove-”
“E per un ragazzo poi!”
“Cosa?” credo di aver individuato il momento esatto in cui è scattato l'interruttore della gelosia.
“Le amiche non si piantano mai in asso, per nessun ragazzo al mondo, non credi?”
“Che ragazzo?”
“Ma sì, lo conosci! Il suo ex o giù di lì, quello che suona la batteria...”
“Dave?” il tono con cui pronuncia quel nome spaventa anche me: allarme rosso!
“Sì! Andavano a un concerto, se non sbaglio”
“Capito. Grazie, ti ripasso Stone, ok? Ciao”
“Ok, cia... ciao Ed?” mentre rispondo, un tonfo mi sfonda un timpano. Spero non abbia lanciato la cornetta in testa a Stone. Comunque voglio proprio vedere, se nemmeno adesso si smuovono le acque!
“Tesoro, scusami, esattamente, cos'hai detto al mio cantante? E' schizzato via come una furia...” la sua non è la voce di chi ha appena preso una botta da oggetto contundente, quindi mi tranquillizzo.
“Ma niente, voleva parlare con Angie, ma...”
“Fammi indovinare: non c'è”
“Esatto”
“Ti prego, personalmente non me ne può fregare di meno, ma fatelo parlare con Angie. Non mi dispiace quando è aggressivo sul palco, ma sta diventando intrattabile anche il resto del tempo...”
“Non è colpa nostra se non si trovano mai...” rispondo innocentemente. Non me la sento di condividere le mie macchinazioni diaboliche con Stone, anche se credo le apprezzerebbe.
“Va beh, sticazzi, si arrangiano. Torniamo a noi. Volevi sapere cosa indosso, giusto?”
“Ahah no. E tra l'altro è appena arrivata Meg con le pizze, ti devo lasciare” la mia amica entra finalmente in casa con i due cartoni fumanti e li appoggia sul tavolino, proprio davanti a me.
“CIAO STONE!” urla nella mia direzione “Ho interrotto qualcosa?” aggiunge sottovoce.
Dopo i convenevoli con Stone, riattacco il telefono e osservo in silenzio Meg che si leva la giacca e si butta sul divano accanto a me, apre i cartoni e stappa una birra.
“Che c'è? Perché hai quel sorriso stampato sulla faccia? Stone ti fa questo effetto eh?” mi domanda facendomi l'occhiolino.
“Ahah no, cara. In questo caso Stone non c'entra. Sono io ad aver esercitato un certo effetto. E prima che pensi a cose strane, no, non su di lui. Su qualcun altro”
“E su chi?”
“Credo di aver messo in moto un bel meccanismo, stavolta mi faccio i complimenti da sola” aggiungo dandomi delle auto-pacche sulla spalla.
“Quante ne hai bevute di quelle?” domanda sospettosa indicando la bottiglia che tengo nella mano destra.
“E' la prima e unica! Comunque lascia che ti spieghi perché sono un genio...”
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“Eccola! E' arrivata!” Grace finalmente si scolla dal davanzale e richiude la finestra.
“Era ora, almeno la finisci di far entrare il freddo. Qua già si gela di suo...” borbotto riavvolgendomi meglio la coperta attorno alle spalle.
“Tecnicamente non è il freddo che entra, ma il calore che esce, comunque...”
“Non serve che fai la Angie della situazione, sta arrivando l'originale” scherzo alzandomi dal divano.
“Menomale, quest'ansia mi sta uccidendo. Non vedo l'ora di risolvere questo casino” Grace cammina avanti e indietro per il soggiorno, come fa da qualche ora a questa parte, praticamente ininterrottamente.
“Va beh, dai, mica è colpa tua. Cioè, non solo. Anch'io potevo essere più chiara e dirti cos'era successo tra Eddie e Angie”
“Che c'entra? Mica eri tenuta a raccontarmi tutto, dopotutto sono cazzi di Angie. Sono io che non mi dovevo intromettere. Cosa cazzo mi è venuto in mente?”
“Avevi buone intenzioni, l'hai fatto a fin di bene”
“Certo, fare ingelosire Eddie per farlo uscire allo scoperto una volta per tutte... Peccato che si era già dichiarato alla grande e io gli sono andata a dire che la sua bella invece è uscita con un altro!”
“E mica un altro qualsiasi!” lo so, sto rigirando il coltello nella piaga, ma non posso fare a meno di prendere per il culo Gracie. E' così tenera nel suo sentirsi una merda.
“Il suo cazzo di ex! Ma quanto ci mette a salire?” la ragazza guarda l'orologio, come se stesse cronometrando la salita della nostra amica.
“Lo sai che non prende l'ascensore, dipende quanto fiato le è rimasto dopo il concerto”
“E se Eddie si è fatto un'altra per ripicca? O se torna con la sua ex?” Grace continua il suo soliloquio disperato, mentre il rumore della chiave nella toppa è il segnale del ritorno di Angie.
“Eccola, grazie a dio. Così risolviamo questa cosa e ti calmi, non ti si regge più” non faccio in tempo a finire la frase che Grace si è già lanciata verso l'ingresso senza aspettarmi.
“ANGIE HO FATTO UN CASINO!”
“Ciao anche a te Grace... che hai fatto? Meg si è spinta troppo in là con la ceretta?” Angie rivolge uno sguardo più che perplesso alla ragazza che le ha piazzato le mani sulle spalle, praticamente spingendola contro la porta appena chiusa.
“Ahahah no, niente di tutto questo”
“MAGARI, ANGIE, MAGARI!” ribadisce Grace urlandole in faccia.
“Stone di certo ne sarebbe felice” aggiungo io avvicinandomi.
“MEG, TI PREGO, NON E' IL MOMENTO”
“Si può sapere che vi prende? Cos'avete fumato? E soprattutto, perché non mi avete aspettata?”
“Vieni, Angie, ti spiego io, Grace non è capace di intendere e di volere in questo momento” metto un braccio attorno al collo di Angie e automaticamente trascino lei e l'altra in soggiorno e sul divano.
“Se va tutto a puttane è solo colpa mia. Ma non può andare a finire così, ti prometto che se c'è qualcosa ci parlo io con lui” Grace prende la mano di Angie, che la guarda sempre più stranita.
“Ma lui chi?”
“Eddie, e chi se no?” rivela ed è a quel punto che Angie ritira la mano dalla sua.
“Perché? Che è successo con Eddie?”
“E' successo che-” provo a iniziare a spiegare, ma vengo interrotta dall'ansia fatta persona.
“Adesso te lo diciamo, però devi stare calma. Qualsiasi cosa accada l'affronteremo assieme, ok?”
“Ok... Mi posso togliere il cappotto prima o...?”
“Oh ma certo! Certo, toglilo, mettiti a tuo agio! Mettiti comoda”
“Certo, Angie! Mettiti pure comoda, fai come se fossi a casa tua eheh” non riesco a trattenermi, anzi, cerco intenzionalmente di stemperare la tensione.
“Meg, non prendermi in giro, sto già abbastanza male così” Grace mette il broncio e Angie si leva cappotto e stivali sempre con diffidenza.
“Perché stai male? Si può sapere cos'hai fatto? E che c'entra Eddie?”
“Se state buone e zitte tutte e due un minuto, te lo spiego subito”
“Tutto qua?” Angie fa spallucce dopo aver ascoltato il dettagliato racconto della cazzata combinata da Grace.
“COME TUTTO QUA? NON CAPISCI? LUI PENSA CHE TU SIA USCITA CON DAVE!” l'autrice della cazzata scatta in piedi, stupita dall'imperturbabilità di Angie, che ovviamente fa la parte di quella a cui non frega niente.
“Beh è la verità, no?”
“Ma tu non ci sei uscita uscita...” ribatte Grace.
“Non fare finta di non capire, Angie. Lui avrà pensato fosse un appuntamento” la rimprovero io.
“Un vero appuntamento” aggiunge Grace.
“In piena regola”
“Non è che l'ha pensato lui, sono io che gliel'ho detto. Cioè, gliel'ho fatto capire, ma praticamente gliel'ho detto”
“E allora?” le alzate di spalle di Angie sono quasi più irritanti del senso di colpa di Grace.
“Come allora? Allora sarà incazzato nero!” sbotto cercando di scuoterla.
“Dovevi sentirlo, sembrava diventato di ghiaccio tutto di colpo. Mi ha fatto paura” annuisce Grace, in contrapposizione a Angie che invece fa di no con la testa.
“Figurati, sai cosa gliene frega”
“Angie, non serve che reciti, guarda che gliel'ho detto del bacio” spiego indicando Grace, che continua ad annuire a caso.
“Non avevo dubbi. E comunque ribadisco che non credo la cosa lo turbi più di tanto” Angie si alza col cappotto sottobraccio, afferra gli stivali con l'altra mano ed esce dalla sala come se niente fosse.
“No, infatti, sembrava solo uno pronto a uccidere il primo essere umano che gli capitasse a tiro!” Grace indossa i panni del sarcasmo, forse presi momentaneamente in prestito da Stone, per reagire alla finta indifferenza di Angie “Ma che fa, se ne va?” chiede poi rivolta a me.
“Lasciale mettere il pigiama, dopo le rompiamo ancora le palle”
Quando Angie riappare attraversando il soggiorno per andare in cucina, ci trova qui, esattamente dove e come ci ha lasciate: io su un divano e Grace sull'altro, a fissarla incredule.
“Che c'è?” domanda infastidita, col bicchierone d'acqua in mano, pronto per essere appoggiato sul suo comodino per la notte.
“Devi chiamare Eddie” Grace mi precede di un nanosecondo.
“Perché?”
“Perché devi spiegargli come stanno le cose” stavolta sono io la prima.
“Ci hai già pensato tu, no? Anzi, così mi hai risolto un bel problema, grazie Grace” Angie mima un brindisi verso la nostra amica.
“Col cazzo! Non mi puoi far vivere con questo senso di colpa, tu adesso lo chiami e gli dici la verità” la passività aggressiva (o aggressività passiva?) di Grace non mi dispiace affatto.
“E gli dici anche il resto” aggiungo io, tanto per essere chiari.
“Il resto? Che resto?”
“Beh, per esempio potresti dirgli cosa provi e cos'hai provato quando ti ha baciata descrivendolo con le stesse parole che hai usato con me”
“Tu sei scema”
“Uh! Le voglio sentire anch'io le parole!” Grace smette i panni dell'angosciata cronica per entrare in modalità gossippara.
“E allora spiegagli solo la storia di Dave e digli che il bacio è stato bello, ma sei in un momento difficile e non sai cosa vuoi e ci devi pensare”
“Io non devo pensare a un cazzo”
“Digli che ti manca e basta, no?” suggerisce ancora Gracie.
“Non mi manca”
“Angie, Cristo di un Dio!” mi alzo urlando così forte che quasi mi spavento da sola “Non me ne frega un cazzo di che gli dirai, digli quello che cazzo vuoi, ma tu ora lo chiami, punto. Chiamalo. E la finiamo qui”
“Ok... va bene... Ora lo chiamo! Non c'è bisogno di scaldarsi tanto” Angie finalmente cede, appoggia il bicchiere sul tavolino e prende il cordless che stava proprio lì accanto.
“Oh finalmente!” Grace batte le mani e mi strizza l'occhio.
“E metti in vivavoce”
“A che serve il vivavoce se gli lascio un messaggio in segreteria?” ribatte Angie componendo velocemente il numero a memoria.
“Ahahah seeeee come no!” rido e sfilo il telefono dalle mani della mia coinquilina che pensa di essere tanto furba.
“Che c'è?”
“C'è che sul mobiletto dell'ingresso trovi il numero dell'albergo dove sta Eddie, lo prendi e lo chiami lì, così ci parli” le spiego meglio, visto che fa la finta tonta.
“E metti in vivavoce!” Grace non sta nella pelle ed è ormai seduta sull'orlo del divano.
“Avevano il concerto stasera, secondo voi lo trovo in albergo?” domanda guardandoci entrambe con sufficienza.
“Certo” rispondo tranquilla.
“Solo in camera a soffrire per te” aggiunge Grace.
“E a prendere a pugni il muro”
“Su cui ha appeso una foto di Dave”
“E a ubriacarsi per dimenticare”
“Solo e ubriaco con le nocche doloranti”
“Sì ok, ho capito, avete reso l'idea” Angie allarga le braccia e si allontana verso l'ingresso, tornando con il fantomatico blocchetto.
“Dai chiama, su!” la incita Grace.
“Un attimo... però il vivavoce no”
“Il vivavoce sì” mi spiace, ma su questo non transigo.
“Uff...” Angie sbuffa e fa il numero, osservando più del dovuto il telefono prima di premere invio e far partire la chiamata “Tanto non sarà in camera... Ehm ehm... pronto? Eddie? Sì, ciao, sono io” gli occhi di Angie sono di puro terrore, quelli di Grace sono a forma di cuoricino. I miei, invece, sono fissi sul telefono appoggiato all'orecchio di Angie e individuano il tasto del vivavoce, che viene da me prontamente premuto mentre lei parla.
********************************************************************************************************************
Non aveva detto niente musicisti? Beh, anch'io sono un musicista, ma che c'entra? La legge deve essere uguale per tutti, no? Né io né lui, che cazzo. E comunque aveva detto che erano solo amici. Io pensavo fosse in imbarazzo per quanto accaduto, che non sapesse come comportarsi con me, cosa dirmi. Invece era solo che non gliene fregava un cazzo. E va beh, ci può stare. Non sempre si è ricambiati. Anzi, qualcuno, uno scrittore, non ricordo chi, diceva che l'unico vero amore è quello non corrisposto. Bella merda. Comunque, posso accettare di essere ignorato e scaricato, ma non puoi baciarmi e poi non cagarmi di striscio e uscire con un altro senza dirmi un cazzo. Cioè, lo puoi fare, insomma, puoi fare quello che vuoi, non mi devi nulla, non mi hai mai promesso nulla e, anche se lo avessi fatto, avresti ugualmente il diritto di ritrattare e sfancularmi come preferisci. Lo puoi fare, ma non posso fare a meno di essere deluso. Balle. Sono incazzato come una iena e se avessi per le mani quel Dave gli spaccherei la faccia. Anzi, se avessi per le mani chiunque gli spaccherei la faccia. Ecco perché ho pensato bene di prendere un taxi per tornare subito in albergo dopo lo show. Il concerto non è stato male, l'incazzatura è sempre un buon carburante da palco. Abbiamo tirato giù il posto e quella trentina di persone che ci hanno cagato hanno visto uno spettacolo che non dimenticheranno tanto facilmente. Angie invece ci ha messo poco più di un giorno per dimenticarmi. Io quanto ci metterò a scordarmi di lei? E delle sue labbra? E della maniera deliziosa in cui bacia? E dei piccoli scatti delle sue palpebre chiuse che ho sbirciato mentre ci baciavamo? E di come mi stringeva? Dio, ma ti senti?! Svegliati! Non ti ha più richiamato ed è uscita con un altro, non ti basta per capire che te la devi levare dalla testa?
Il trillo gracchiante del telefono mi fa sussultare sul letto. Sarà Jeff che vuole sapere se sono arrivato sano e salvo. Mi metto a sedere e sollevo la cornetta.
“Sì pronto”
“Pronto?” mi fa lei dopo essersi schiarita la voce.
Lei.
Cazzo.
“Angie. Sei tu.”
“Eddie? Sì, sono io” lo so che sei tu, non era una cazzo di domanda.
“Non ci posso credere, allora esisti, cominciavo a pensare fossi solo un'entità astratta”
“Eheh sì, scusami, è che sono stata un po' incasinata, tra il viaggio e il resto”
“Sì, mi hanno detto dei tuoi impegni” rispondo freddamente, o meglio, cerco di essere freddo, ma probabilmente risulto soltanto inacidito.
“Insomma, quando potevo chiamarti pensavo non fosse il momento adatto e quando arrivava il momento giusto, non avevo mai tempo o ero troppo stanca. Sono imperdonabile”
“Fa niente” se devi chiamarmi per dirmi che ti sei messa con un altro, puoi anche evitare del tutto. Sicuramente mi sta chiamando per quello. Grace deve averle detto della nostra conversazione e lei ora si è sentita in dovere di chiarire le cose. Ma non c'è niente da chiarire, mi sembra tutto piuttosto limpido.
“Scusami”
“Ho detto che non fa niente!” ribadisco forse con troppa veemenza, visto che Angie non parla più per lunghissimi secondi.
“Grace mi ha detto che hai chiamato anche stasera e mi sono decisa. Adesso o mai più. Non pensavo di trovarti in albergo a quest'ora”
“Infatti sei impegnata anche adesso, mi pare”
“P-perché?”
“Il vivavoce”
“Ah! No, è che sto sistemando un po' la mia camera, mi sto preparando per andare a letto. Come... come va? Com'è andato il concerto?” in un'altra situazione l'idea di lei in un letto mi avrebbe fatto un effetto totalmente diverso.
“Bene”
“Bene nel senso che tu stai bene o che il concerto è andato bene?”
“Tutt'e due” sto una meraviglia.
“Bene!”
“Bene, già”
Altro silenzio.
“E'... è per caso un brutto momento?”
“No. Perché?” è un momento bellissimo, il più bello della mia vita.
“Boh, così... sei di poche parole”
“L'hai scoperto adesso? Eri un po' distratta a quanto pare” d'altronde perché avresti dovuto prestarmi attenzione se non ti interesso neanche un po'?
“No, ero molto attenta invece. E comunque non è tanto il numero di parole, quanto come le dici” insomma, vuole proprio sentirmi dire che sono geloso e che mi ha spezzato il cuore. Non possiamo limitarci a fare finta di niente, come ha fatto lei per quasi tre giorni?
“Perché, come le dico?”
“Non lo so... sei strano... forse sei stanco”
“Sì, può essere, i concerti sfiancano, una volta che ti scende l'adrenalina crolli” ma io l'adrenalina ce l'ho ancora a mille, potrei prendere e tornare a Sacramento a piedi e poi tornare qui e sarei ancora carico. Potrei arrivare fino a Seattle e prendere a calci in culo Grohl, sempre con gli stessi piedi.
“Eheh è vero. Che poi non è tanto diverso da quando il concerto lo guardi. Stasera ne ho visto uno e sono praticamente ko” ed eccola che cerca di portarmi sull'argomento prendendola larghissima.
“Ah sì, sei andata a un concerto?” decido di andarle dietro, dopotutto via il dente via il dolore, no? Prima dice quello che mi vuole dire e prima chiudiamo questa assurda telefonata. Però mi mancava sentire la sua voce...
“Sì! Mi sono divertita un sacco, ma me ne ricorderò la prossima volta che qualcuno mi proporrà di pogare” dopotutto non è mica colpa sua se non le piaccio. Però non posso evitare di farmi salire il sangue al cervello pensandola nel moshpit insieme a quello stronzo.
“Che gruppo sei andata a vedere?” cambiamo discorso, che è meglio.
“Una band tutta al femminile, sono fortissime! Tra l'altro sono di San Diego, sicuro che le conosci. Si chiamano L7”
“Certo che le conosco, sono vecchie amiche! Ci ho suonato anche assieme con la mia vecchia band” io sono in California e loro sono a Seattle, ironia della sorte.
“Lo so, me l'ha detto la bassista”
“Hai conosciuto Jennifer? Aspetta, tu che vai a socializzare con una band? Dovevi essere proprio in buona stasera” la parentesi sulle mie vecchie conoscenze non mi fa dimenticare che si è messa con un altro.
“Diciamo che sono stata obbligata, praticamente era il motivo stesso per cui sono uscita”
“Obbligata?”
“Sì, Dave è venuto a pregarmi in ginocchio alla tavola calda” e me lo dici pure? Come se non mi fosse bastata la scena della pseudo-serenata dell'altra volta...
“E non gli hai saputo dire di no...”
“Mi ha incastrata! Praticamente lui e Jennifer si stanno frequentando, anche se non ufficialmente, insomma, sono usciti qualche volta. Lei è impegnata con la band e non si sta facendo sentire e lui non vuole starle addosso, però allo stesso tempo vuole vederla di più. Quando ha saputo che avrebbero suonato all'Off Ramp, ha pensato che doveva assolutamente andare al concerto, ma se si fosse presentato da solo avrebbe fatto la figura del tipo assillante, almeno, così la pensava lui. E voleva evitarsi l'umiliazione di non essere cagato, nel caso lei si fosse mostrata poco interessata, perché lui non aveva idea di cosa pensasse lei in quel momento, dato che non si sentivano più come prima. Insomma, morale della favola: ha chiesto a un po' di gente di accompagnarlo per non dare nell'occhio” Angie parla a raffica e io non ci sto capendo niente, o meglio, ho capito quello che dovevo capire, ma ho quasi paura a chiederle ulteriori spiegazioni che potrebbero farmi incazzare di nuovo.
“Dave e Jennifer?”
“Sì, si frequentano. E secondo me sono una bella coppia”
“Ed è andato al concerto con un po' di gente, tra cui tu...”
“Beh, in realtà Kurt l'ha paccato perché doveva uscire con una ragazza. Chi se lo piglia uno così insopportabile non ne ho idea, ma tant'è. Krist è fuori città. Calcola che non conosce ancora molte persone qui, perciò restavamo io e il suo coinquilino. Mi sono portata dietro anche Brian della tavola calda per fare numero. Se avessi saputo che quel coglione poga coi gomiti alti non lo avrei invitato!”
“Quindi non eravate da soli?”
“No, fortunatamente Brian ha avuto la sfiga di andare a pestare i piedi al tipo sbagliato, che gli ha fatto passare la voglia...”
“No, intendo tu e Dave. Io... io pensavo... cazzo, mi sento un perfetto idiota, scusami” perché lo sono, sono un idiota, un coglione.
“Io e Dave?”
“Pensavo fossi uscita con lui. Pensavo stessi con lui. Di nuovo” non so come ma mi ritrovo in piedi accanto al letto.
“Ahahahah ma figurati!”
“Ma che ne so, Grace ha detto-”
“Grace ha tratto delle sue conclusioni sbagliate. Oppure hai capito male”
“Ma no, sono io che ho capito male, non ho capito proprio un cazzo. Non capisco mai un cazzo, specialmente quando si tratta di te, Angie” sono ancora incazzato? Sono felice? Sono confuso? Boh, non lo so nemmeno io.
“Che... che vuoi dire?”
“Voglio dire... Insomma, non ti sei fatta più sentire dopo che... E poi Grace mi dice che sei uscita con quello... Ho pensato che non ne volessi più sapere, ecco”
“Che non ne volessi più sapere di cosa?”
“Di me” di chi se no?
“Ahahah e perché?” ma perché è così difficile parlare con questa ragazza?
“Boh non lo so... Magari per quello che è successo l'altra mattina, prima che partissi...”
“Eddie... non ti preoccupare. Non è successo niente, stai tranquillo, ok?”
Niente? Come niente? Che cazzo dici? Meglio risedersi sul letto.
“Beh, proprio niente non direi...”
“Va beh, facciamo finta che non sia successo niente, no?”
Ma col cazzo!
“Non mi sembra fattibile, Angie”
“E allora facciamo che è successo, ma che ce lo dimentichiamo, ok?” continua nervosa, ostentando determinazione.
“Perché, tu riesci a dimenticarlo? Io non penso ad altro da quando sei andata via” le confesso e mi pare di sentire uno strano rumore subito dopo, come un gemito, un miagolio strozzato.
“Non... non lo so, Eddie”
“Io so di aver sbagliato, non me lo perdonerò mai”
“Non è grave, sei tu che la stai ingigantendo. Ti ripeto che per me non è successo niente”
“L'altra mattina, alla stazione dei pullman, non avrei mai dovuto baciarti”
“Appunto”
“Avrei dovuto farlo molto prima”
“Eddie non... eh?”
“In tre giorni avrei potuto baciarti mille volte e non l'ho fatto perché sono un cagasotto. Ma anche prima, ne ho avute di occasioni. Dovevo baciarti quando eravamo sullo Space Needle, con quel panorama coi controcazzi. O sul tetto di Pike Place. O mentre ti specchiavi provando quel cappello rosso e non mi guardavi ed eri così bella. Oppure sul portico di Crowe a Capodanno, quando mi raccontavi di Schopenhauer, dei ricci e di Woodstock e sapevi di arancia e sarei rimasto ad ascoltarti per ore”
“Anche perché eri fatto” commenta lei e se s'illude di spezzare il discorso si sbaglia di grosso.
“No, in quel momento non ancora. Comunque avrei potuto anche darti un bacio assieme alla cioccolata, quella volta che sei scesa al mini market in pigiama per comprare gli assorbenti e ti vergognavi. O quando mi hai sorpreso da solo alla galleria e mi hai portato da mangiare, mentre io mi sarei accontentato di divorarti di baci. Per non parlare di quando ho dormito da te e mi sono svegliato tra le tue braccia e invece di svegliarti con un bacio, come si addice alle principesse, ti ho preso per una spalla e ti ho scrollato un po'. Che coglione!”
“Eddie non... Forse non dovremmo parlarne al telefono, cioè...”
“Lo so, lo so, è per questo che dico che ho sbagliato. Perché se lo avessi fatto prima avremmo avuto tempo per parlarne, invece ora dobbiamo aspettare finché non torno a Seattle e io non ce la faccio perché vorrei farlo ora. Ti vorrei qui, ora. Anche senza parlare”
“Io... Io non so cosa dire, Eddie”
“Non dire niente, ti ho detto che va bene anche senza parlare, no?”
“Eheh stiamo zitti al telefono?”
“Sì. Lo sai che sono un tipo di poche parole”
“Lo so bene”
E che voglio stare zitto al telefono solo con te e con nessun altra? Sai anche questo?
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yoursweetberry · 3 years
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Non ero nervosa quando sono scesa di casa per venire a fare la lezione, era dalla mattina che come la sorella della fessa contavo le ore perchè non vedevo l’ora di arrivare lì.
Forse eri tu quella che stava esaurita da qualcosa e doveva sfogare le frustrazioni su qualcuno. E ovviamente si sa, che il soggetto calamita per certe cose sono io in prima linea.
Non ero nervosa, ero tranquilla, sorridente e ho risposto a una cosa che avevo sentito ingenuamente senza alcuna cattiveria/malizia, perchè assolutamente non ce n’era, mi sa che devi farti due domande se l’hai pensato e ti sei fatta venire l’idea di crearne una discussione, perché mai avrei immaginato che in un normale discorso sulla preferenza di un gelato potesse creare così fastidio una mia risposta. Discussione che hai creato TU evidenziando il marcio in una risposta assolutamente normale e ingenua.
Quello che non capirai o che farai finta di non capire è che a me non me ne frega un emerito cazzo della discussione in se sul gelato, perché la pesante su questo discorso sei stata TU non io. Creando una discussione su una cosa così futile, portandola pure avanti nel tempo, ma mi ha ferito il modo che hai usato per trattarmi davanti anche ad altre persone, negli unici 10 min in cui potevi avere con me un dialogo. Le uniche cazzo di parole che mi hai rivolto in tutto il tempo di permanenza mia lì, sono state accusatorie di aver detto una cosa poco carina nei tuoi confronti, perché tu il gelato dovevi ancora provarlo (ma tutt appost?) ripetendolo pure più volte solo perchè io poi ho detto (ridendo tra l’altro perchè mi sembrava assurdo) “ ah non posso dare la mia recensione dicendo che non è buono? poi sono gusti..” e tu hai risposto “ah continui pure?” (ma tutt appost?parte 2 manco ti avessi preso la scatola e te l’avessi buttata per non fartelo mangiare!). Dopo ciò nessuna parola, ti giri verso di me nonostante stessi parlando di altre cose, solo per dire “comunque TU TI DROGHI perchè il gelato è buono!” e in più mi accusi che IOOOOO avevo inteso il mio giudizio come universale e insindacabile quando in italiano la mia risposta significava MIA OPINIONE PERSONALE perchè a differenza tua in cui hai detto a un’altra persona che SI DROGA (insinuando quindi che non fosse nelle facoltà di poter parlare) perchè il gelato è buono (quindi giudizio universale e insindacabile) mentre io avevo detto “IO (quindi intesa come cosa personale) l’ho provato, non MI (riferimento personale) è piaciuto non era niente di che” e quando ho provato a difendermi dicendo che ho specificato che SONO GUSTI e che mi faceva piacere che a te fosse piaciuto non per questo significa che io mi droghi ma semplicemente che abbiamo gusti differenti come avevo detto prima, hai pure cercato di fomentare la discussione chiedendo a Gabriele se io l’avessi detto o meno? (ma tutt appost? parte 3)
Dopodiché colpo di scenaaa io stavo parlando con Gabriele dei gelati magnum e tu cosa dici quando io li nomino? “ Noi abbiamo provato paradiso ma non era proprio niente di che” CIOOEEEEEEE LA FRASE CHE HO DETTO IO ALL’INIZIOOOO HAHAHAHAHAHAHHAA ma tu la potevi direeee e io ero quella da deridere e sfottere davanti a tutti per averla detta su un gelato che dovevi mangiare? HAHAHAHAHAHAHAHHAHA quando poi io ho risposto ingenuamente proprio come è venuto di rispondere a te in quel momento! Ma io A DIFFERENZA TUA non mi sono messa a fomentare la discussione dicendo aaahhh come mai tu puoi dirlo e io nooo? perchè mi ero già rotta il cazzo per sta stronzata!
Poi andiamo a fare lezione e la prima cosa che mi chiedi è “SEI NERVOSA?” AZZZ IOOOO?? hahahahahhahahahaha Tu te fatt chelli sparat su una CAZZATA fattelo dire!! Perchè se la mia è stata cattiveria dire che il gelato non mi era sembrato niente di che, non so come chiami invece quando ti mettono le mani addosso, ti riempiono di insulti verbali così dal nulla, rompono le tue cose, criticano e sfottono costantemente il tuo modo di essere anche davanti agli altri e cercano di uccidere te e anche qualche tua amica mentre sei alla guida.
Mi hai trattato male e sfottuto tutto il tempo facendomi passare come una deficiente davanti agli altri perchè dovevi alzare chissà per quale motivo il tuo ego in quel momento, e io sarei quella NERVOSA?
Tutta la lezione non hai detto mezza parola, e hai passato il tempo con il telefono in mano quando potevi dire qualcosa. Ahh devo parlare sempre solo io?? scusaa…
Non ti permetto di andarti a nascondere dietro al “stavo solo scherzando è il mio modo” perché vatti a informare, ma chi ha bisogno di fare e rispondere così, tanto sereno e voglioso di scherzare non sta. E in più te lo ripeto per l’ennesima volta hai usato gli unici cazzo di minuti che hai a disposizione con me per creare un’inutile discussione basata sullo screditarmi e deridermi davanti ad altre persone. Non mi frega un cazzo se fai così anche con gli altri perchè con gli altri hai tutto il cazzo del tempo per dimostrargli rispetto, amicizia, affetto, stima, empatia e quello che ti pare di positivo e compensare. QUINDI C’è UN ABISSALE DIFFERENZA. Io ho quei cazzo di minuti contati in cui se mi prendo il male di una cazzo di discussione (che per me è assurdo che sia pure esistita), è solo quello che alla fine mi porto a casa e dentro di me. E in più mi fa male perchè ti ho spiegato un cazzo di miliardo di volte che io queste cose poi le assorbo in un determinato modo e NO NON POSSO FARCI NIENTE, sei solo tu che puoi farci qualcosa e scegliere come comportarti con me quando ti sono davanti SAPENDO, e hai scelto di farmi stare male perchè le tue frustrazioni di quel momento che possa essere anche semplicemente che cazzo ne so il caldo, erano più importanti e io sono il soggetto favorevole su cui sfogarle.
E te lo ripeto anche se farai finta di non capire, non mi interessa della discussione del gelato in se, non QUELLE PAROLE in se, ma il modo, mi fa stare male che è stato l’unico modo che hai scelto per comunicare con me nell’UNICO tempo a disposizione che avevamo, e per tutto il resto del tempo in cui potevi dire qualche altra cosa, sei stata in completo silenzio preferendo in più anche il cellulare. Una considerazione del genere non se la merita nessuno al mondo e IO A MAGGIOR RAGIONE non lo merito per come sono e quella che sono!
Non avrei dovuto nemmeno darti tutte queste spiegazioni probabilmente, non ti ho scritto perchè non avevo alcuna voglia nemmeno di dartele fino a mo sinceramente e so solo io quanto sono stata male, quanto sto male e quanto questo mio star male non ti interessi, ma alla fine io sono così, devo parlare, e non mi vergogno di esserlo, non mi vergogno di mostrarmi vulnerabile non mi vergogno delle mie emozioni, di quella che sono e non ho bisogno di fare giochetti manipolatori per ottenere o non ottenere cose come sei abituata nella tua vita a vedere e subire.
Io se parlo o se resto in silenzio è solo e soltanto per le emozioni che provo in quel momento e le rispetto sempre. Non ho vergogna di amare e dare senza misure e non ho vergogna quando alzo la testa o faccio sentire la mia voce o di mostrare le mie lacrime se qualcosa mi ferisce, non ho vergogna di chi sono perché non ho alcun motivo di avercene perchè cerco sempre di stare attenta agli altri, sempre, e pure troppo da sembrare “fessa” o poco furba ma a me non interessa essere furba, e non me ne vergogno e so per certo che quando sbaglio qualcosa so chiedere scusa, so cercare un modo per migliorarmi sempre. So che mi posso guardare nello specchio e vederci una persona vera, buona e rara.
Posso essere fiera di me anche se nessuno mi sa apprezzare o tenere. Nonostante questa cosa mi faccia un male che soltanto io so. Me lo sono chiesto troppe volte in che cosa cazzo sbagliassi, ma ho capito che posso tranquillamente avere la presunzione di dire che non sbaglio quasi mai, semplicemente nessuno sa apprezzare, pensando piuttosto che tutto quello che di buono si può prendere da me sia dovuto. Ma almeno io potrò andarmene da questa terra in pace con me stessa perchè mi sono sempre rispettata e ho rispettato gli altri cercando di agire sempre in nome del bene, più che potevo e di non aver fatto del male intenzionalmente nemmeno quando potevo a chi me ne ha fatto troppo.
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atomheartmagazine · 3 years
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Sanremo 2021 - Le pagelle della seconda serata
La premessa è sempre quella che trovate QUI. Cliccateci e leggetela prima di continuare.
Passiamo ai voti.
Orietta Berti: 7. Fiorello la presenta e dice che manca da Sanremo da 19 anni. Lei entra e tiene subito a specificare che li pisciava da 29 anni e non 19. Spettacolo.
Bugo: 3. Il pezzo di Bugo è quella roba che il 15 agosto imbracci la chitarra spaccato ammerda e sbiascichi davanti a un falò alle 4 del mattino. Magari con dei tizi accanto che ti fanno i cori ruttando Peroni 75 in offerta.
Gaia: 5. Un’Elettra Lamborghini più intonata (non che sia complicato). Ci piallerà i testicoli per tutte l’estate. Che poi in sé lei non sarebbe neanche tanto male (la bravura c’è), ma la canzone è anonima.
Lo Stato Sociale: 8,5. Non si capisce un cazzo, gente che va, gente che viene, lo radiamo al suolo ‘sta merda di palco (semicit). Lodo scompare. “Dov’è Lodo? Che succede?”. Citazione altissima che gli consegna la vittoria a tavolino del Festival.
Come piallano i testicoli quelli de #IlVolo nessuno mai. #Sanremo2021 #Sanrem2021 #sanremopower
— Adriano Costantino (@A_Costantino) 3 marzo 2021
La Rappresentante Di Lista: 8. Not bad. Diciamo che non li scopriamo certo adesso (o almeno non tutti). Il pezzo è davvero molto bello e loro sul palco ci sanno stare eccome.
Malyka Ayane: 5. Secondo me la canzone non è male, ma aspetto di sentire la versione italiana perché di quello che ha detto non ho capito un cazzo.
Ermal Meta: 5. Sarà che è già mezzanotte, ma dio-che-noia-cristo.
Extraliscio feat. Davide Toffolo: 4. Più che Extraliscio, extra dry come la bottiglia di Prosecco che devo scolarmi per sentire ‘sta roba.
Random: 2. Tiene fede al suo nome e canta a cazzo.
Fulminacci: 8. Arriva dopo 4 ore di Festival e canta “voglio solamente diventare deficiente e farmi male”. Gli ho venduto l’anima.
Diciamo che dopo 4 ore di Festival urlare "voglio solamente diventare deficiente e farmi male" ci può stare. #Sanremo2021 #Sanrem2021 #sanremopower
— Adriano Costantino (@A_Costantino) 3 marzo 2021
Willie Peyote: 8,5. Willie vi fa sempre scuola e doposcuola. Altro livello proprio.
Gio Evan: 4,5. Non ho capito che minchia ha fatto. Neanche cosa ha detto. Nemmeno come si è vestito. Mamma mia che brutta fine, Gio.
Irama: 2. Forse era meglio farsi squalificare e buonanotte. Che è ‘sta roba? Ci possiamo ripensare o devo anche riascoltarla pure nelle prossime serate? Grazie.
Fiorello: 5,5. Pochi alti, tanti bassi. Poca roba in sè.
Amadeus: 3. Non so come dire. È tipo.. tipo.. il vuoto.
Vorrei sommessamente far notare ad #Amadeus che è l'edizione più commentata sui social perché siamo tutti a casa a non fare un cazzo. Così, per dire, eh. #Sanremo2021 #Sanrem2021 #sanremopower
— Adriano Costantino (@A_Costantino) 3 marzo 2021
Elodie: 6. Il bello di Elodie è che non ha la minima idea di quanto possa essere brava. E quindi non lo dimostra. Fa tutto (bene, per carità) con naturalezza e quasi chiedendo scusa. Vera e spontanea. È venuta dal niente ed è arrivata al tutto. Meritatamente, eh. Solo che adesso dovrebbe iniziare a scegliere chi e cosa essere. Un po’ soul, un po’ pop, un po’ urban, un po’ valletta, un po’ tutto. Troppe cose. Tutte insieme. Alla fine stonano (lei no, la voce c’è).
Shorty: 8. Oggi faccio un’eccezione e valuto anche un giovane prima della loro serata finale. Solo perché lo seguo da tempo immemore e fatico a credere che sia ancora considerato una nuova proposta quando nei big ci piazziamo gente a cazzo come Random. Shorty è un’artista completo e probabilmente una delle voci migliori che abbiamo in Italia. E se non vince mi incazzo. Daje Davide.
Sintesi. E anche la seconda serata del Festival è andata. Sempre meglio di un calcio nei denti. La giuria demoscopica ha lo spaccino in zona rossa.
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pangeanews · 5 years
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Thomas S. Eliot? Lavorava tanto, impastava il pane e si faceva i fatti suoi. Nelle sue lettere (un poco pavide) più che scrivere di Hitler, ci comunica che ha una spina nel piede…
A febbraio era uscito un nutriente malloppo di lettere private di T. S. Eliot. La notizia sensazionale è che nemmeno Times Literary Supplement riesce a essere puntuale nelle recensioni: solo pochi giorni fa ce l’hanno fatta a scrivere di Eliot e ne è venuto fuori un raro esercizio di cerchiobottismo bucolico. Ci hanno regalato una recensione leziosetta la cui unica preoccupazione sembra quella di capire se e fino a che punto Eliot fosse entusiasta della vita in campagna: aveva divorziato, andava in cascina, si faceva il pane con le sue mani. E via così.
Ma per favore! Eliot mica aveva voltato le spalle agli USA per cascare nello stereotipo dell’inglese tipico. A maggior ragione Eliot non era puritano, anche se credeva nella chiesa anglo-cattolica. Era lontanissimo dal protestantesimo radicale, dall’idea che gli eletti puritani, fuggiti dall’inferno europeo, stanno creando la società perfetta in USA, naturalmente secondo la Bibbia (e questo vale anche per i loro atei dichiarati). Eliot non credeva che gli USA con la loro Casa Bianca sulla collina avessero radicalmente voltato le spalle a tutto il ‘male’ europeo.
*
Notizia in sordina. In mille pagine di lettere che coprono il periodo 1935-38, lo scrittore e sommo poeta T. Eliot menziona giusto un paio di volte l’impotente, isterico e vegetariano Adolf Hitler. La riprova che i literati non capiscono una fava di contemporaneità? La dimostrazione che non dobbiamo chieder loro la parola che mondi possa aprirti? E chi lo sa. Intanto. Eliot menziona un paio di volte Hitler e prende un granchio. Benvenuti dentro The letters of Eliot, ottavo volume per complessive 1100 pagine che stanga gli ignavi. Eliot è come il Benedetto Croce degli Inglesi. Anzi è meglio perché non ci hanno messo sopra le mani i pedagoghi comunisti, come invece fu il per il nostro Benedetto. E se Croce era soprattutto pensatore, uno che ragionava con le categorie, Eliot invece è come il dr Johnson, uno che le categorie prima le crea, poi le usa (se gli vanno a genio).
*
Ora, se volete fare sonni tranquilli lasciatevi cullare dalla ninnananna estetologica di Times. Vi troverete tutto tranne che il pomo della discordia. Il giudizio politico. Male male, vecchio Times. Così facendo nobiliti i fantasmi idioti che covano nella Germania Est impoverita. Non è una fanfaluca. L’Est teutonico è ancora scioccamente altezzoso in materia di stimoli alla perfezione ‘genetica’: la questione è apertissima.
E allora perché Times è arrivato a recensire l’Eliot privato e scomodo mesi dopo rispetto a Guardian e al… Giornale? Perché? Non sarà mica che lassù i benpensanti cominciano anche loro a scherzare col fuoco, a distinguere contesto da contesto, a dire questo sì questo no, stilando codici etici di quel che va pubblicato e quel che va tenuto fuori dai saloni? Che altro si cela dietro al pudore di dire Hitler insieme a Eliot?
*
Guerra di Spagna. Che scrive il caro Eliot? Nulla. Solo mestiere editoriale, per lui, tra ’36 e ’38. E mica era poco. Ma quando poi i libri incrociano la politica? C’è ad esempio questo nipote della Woolf, Julian Bell, che muore nella guerra civile spagnola: nella lettera alla madre la quale gli porgeva i saggi postumi di Julian, Eliot non sputa fuori nemmeno una parola sul contesto, su questi altri giovanotti che buttavano il sangue per la democrazia nell’Europa del Sud. Anzi. Si scusa con la signora per aver preso tardi a leggere il manoscritto del figlio perché “una spina di ginestrone stava a marcirmi nel pollice”. L’inglese è impagabile: a gorse spine festering in my thumb. Chiamatela virtù borghese di un cinquantenne o come meglio credete. Ma questa immagine del ginestrone, piantato in UK per tracciare recinti ai cavalli, di fronte al sangue del giovane idealista morto in Spagna – è eloquente.
*
E passi per la Spagna, c’è il baffetto sul quale riflettere. Guardian lo menziona in chiusura di articolo, con piglio guerresco, questo Eliot privato e rintronato: “ancora non si sa [ottobre 1938] se Hitler vuole chiudere il becco, se basti il suo attuale numero di oppositori – oppure no” (One still doesn’t know whether Hitler will pipe down in the face of so much opposition from so many sides, or not). Questa non è calma olimpica. Eliot in quella lettera cercava di spiegare la situazione a un conoscente statunitense: il punto è che nemmeno uno istruito e che aveva viaggiato era in grado di capirci niente. Quindi non ricavava giudizi frettolosi.
*
Seconda comparsa del baffo. Neanche questa la trovate su Times che non vuole disturbare il dopopasto volterriano al ceto elevato inglese. Sempre 1938. A teatro festeggia le sue bevute il ceto colto: l’economista Keynes gode perché Auden e il suo ‘amico’ Isherwood hanno portato in scena On the frontier. Vi compare appunto il baffetto del deficiente. Ma Eliot, da uomo navigato tra due continenti, scrive agli autori che Hitler non sarà poi quel sempliciotto che il teatro ha voluto trasmettere al pubblico divertito dal pacificamento idiota di Chamberlain.
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Che la cura per gli epuratori dei libri da salone sia la lettura integrale del noioso carteggio di Eliot? Mai irridere le sciagure politiche. Così dice il colosso Eliot, e noi imbecilli non stiamo ad ascoltarlo, pensando che sia fruscio del vento. Bisognerebbe che i redattori di codici etici in letteratura si pungessero almeno un dito con il ginestrone giallo, come fu per Eliot, per penitenza. Forse è più meglio annoiarli con le lettere che tubano e chiocciano. Torniamo quindi a Times Literary Supplement. Vi scrive infatti il giornalista: “Nell’insieme quello che il presente libro ci consegna, insieme ai precedenti sugli anni di mezzo di Eliot, è il redattore infaticabile, l’editore con le mani sporche d’inchiostro, il sostenitore di buone cause [sic], l’uomo sempre ricercato per cene e fine settimana fuori porta. Scriveva spesso delle lettere come se stesse prendendo il suo paninetto al burro durante l’ora del tè, ed era un amico scherzoso, un fratello leale, un marito in crisi”.
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A proposito di fratelli. Questa è buona. C’è una lettera del 1936 a Henry, maggiore rispetto a Thomas. Il più grande chiede al più piccolo (che ha lavorato in banca per otto anni) quali titoli comprare e quali vendere. E poi Thomas gli dà lumi riguardo la celebre sparata “sono anglo-cattolico in religione”. Nella lettera, Eliot sostiene che quella sorta di “svelamento di posizioni” gli era stato richiesto da un altro letterato di grido dell’epoca, Irving Babbitt, aggiungendo con classe “non pensavo che quella sortita sfortunata sarebbe stata poi additata e ripetuta così tanto”. 
*
In sostanza il carteggio è opera di bottega editoriale, Eliot lavorava con Faber&Faber da un decennio, dal 1925. E negli anni lasciava andare l’impegno di critica militante a favore della progettazione in vitro: “quando si è giovani, si può dire tutto sul proprio periodico senza una libertà che altrove non avremmo; ma alla mia età le cose vanno al contrario: si deve essere più cauti, come editori, di quanto ci fosse richiesto prima”. Segue nota cautissima dell’articolessa su Times Literary Supplement: “Ezra Pound faceva esasperare Eliot per le sue intemperanze, anche se poi Pound non era l’unico a rimpiangere che il giovane eroe del Modernismo fosse diventato ‘un uomo dall’abito a quattro pezzi’. Difficile capire Eliot nella decisione di chiudere la rivista Criterion già in quegli anni”.
*
Ci sono infine lettere più ispirate, alla Rilke, destinate a poeti abbandonati come questa a George Barker: “poesia è – o materia soggetta a veloce infiammazione – o lavoro di una vita. In entrambi i casi essere poeti è una scocciatura. Se è lavoro di una vita siate sicuro di trovare di tanto in tanto che la vostra ispirazione è bella che esaurita, e quindi o vi ripetete o smettete di scrivere: questi periodi sono dolorosi benché necessari. Poi può anche darsi che le mie ultime cose non siano buone come le prime, devo prepararmi a non deprimermi troppo visto che me ne rendo conto fin troppo bene; ma ad ogni modo posso esser certo che sarò diverso […] e si può far molto ampliando i propri gusti poetici, riempiendosi tutti di autori che non ci siano immediatamente congeniali; e poi usando svariati accorgimenti tecnici di versificazione”.
*
Che dire? A che serve leggere la poesia se poi non badiamo al poeta? Alle sue opinioni? E allora, diamoci dentro per capire l’omertà di Eliot su tutti i brutti politici che lo circondavano tra 1936 e 1938. Del resto, costa meno fatica intendere questo cinquantenne dubbioso di tutto, rispetto a quella decifrazione impossibile degli altri titani poetici suoi amici: Yeats, Pound. Se volete prendere Yeats, dovete darvi seriamente al culto astrale. Eliot è più facile.
Se volete prendere Pound, leggetelo, leggetelo nei suoi saggi politici, nei suoi avvertimenti al popolo dove salta tutta la cosiddetta ‘mediazione’ intellettuale. Eliot è immensamente più facile. Ma insomma ci siamo capiti. Meglio leggere l’uomo onesto Eliot, già impiegato di banca.
*
E a proposito di impiegati di banca. L’Italia ne ha avuto uno alla Presidenza della Repubblica. A dirla tutto, in principio, Ciampi aveva studiato lettere classiche alla Normale di Pisa. Un uomo completo. Né solo studioso. Né solo tecnico. Meno che mai: politico ‘puro’. I veri avvisi all’Europa non sono quelli di Thomas Mann ma quelli del nostro Ciampi. Li diede alla Normale nel 1996 e il discorso si trova in un volumetto oggi fuori circolazione. Meglio riscrivere qui.
Dopo un attacco che vale bene ieri come oggi (“Oggi abbiamo la disoccupazione di milioni di persone, il 12% della nostra popolazione, composta in parte non piccola da giovani che da mesi, alcuni da anni, cercano una occupazione senza trovarla e da persone licenziate che sono in identica situazione”) viene l’avvertimento: guai a dare troppo spazio in Europa ai tedeschi, quelli se lo prendono subito. “Una mia opinione personale che ho sempre espresso è che l’Europa o si aggrega sotto la forza spontanea degli eventi, con una chiarissima predominanza della componente mitteleuropea con tutte le conseguenze che questo comporta e che a mio avviso rischiano di essere foriere di ripetizione della storia (certamente la storia non si ripete mai nello stesso modo, ma dico di ripetizioni di tragici eventi avvenuti proprio negli anni Trenta cioè i nazionalismi e tutto quello che segue). O siamo capaci invece di creare un’Europa unita in modo istituzionale con controlli e bilanciamenti che sono l’essenza di uno Stato, di una federazione di Stati che intende convivere con parità di diritti, con la previsione di meccanismi che consentono veri equilibri, sotto ogni profilo, di questa grande comunità”. 
Andrea Bianchi
L'articolo Thomas S. Eliot? Lavorava tanto, impastava il pane e si faceva i fatti suoi. Nelle sue lettere (un poco pavide) più che scrivere di Hitler, ci comunica che ha una spina nel piede… proviene da Pangea.
from pangea.news http://bit.ly/2w7OJ7k
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nuoveggdb-blog · 5 years
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Scarpe Golden Goose Saldi Italia Archimede Come assicurarsi di fare risorse Fare nessuno
Una volta che tu stai permettendo soldi nel poker, in realtà devi casualmente per mantenere un po 'di ricchezza nel proprio bankroll, in modo da poter continuare ad aiutarti a trarne profitto. Tuttavia, sentitevi liberi di investire una certa quantità di questo tipo di e andare con esso al fine di vivere davvero. Tu, mia nuova cara Diva, ogni Outlet Golden Goose. Ogni giorno la persona depone molte uova d'oro in questa vita. Sono tipicamente mascherati proprio come i pasti per i propri cari, rimanendo così poco al lavoro per migliorare il tuo regista o i colleghi di lavoro, facendo volontariato andando nella sala locale o PTA, lavorando per il tuo punto croce o scrapbooking o per quanto riguarda la resistenza del tuo cuore individuale. L'intero lotto che l'individuo fa, ogni giorno e ogni giorno, di cui porta quella benedizione in un altro era un uovo splendente. Come l'oca nella storia, perché conosci il modo particolare di creare le uova di gallina. Con che competenza tutta la tua famiglia si prende cura dell'oca? Gavin, quando la mano opposta, è considerata come strappata. Il mio amico ama il kitesurf e ti offre un'innovazione per la nuova versione di montatura fotografica che l'idea si tradurrà in varie foto fenomenali. Ma il mio più john pensa a tutto ciò, ogni altro aspetto negativo appare. Cosa succede se nessuno vuole quale? Che cosa può mai accadere nel caso in cui non trovi mai un rivenditore Golden Goose Saldi ffidabile? Come potrebbe essere l'inferno specifico più probabile che lo faccia? Anche queste particolari testimonianze sono in esecuzione? Come un particolare genitore lindsay è il miglior disastro, non più che il marito della donna reale deve essere più appropriato. Lei accusa di sentirsi mettere via risorse per ottenere i suoi bambini non pagati ( Scarpe Golden Goose Saldi Italia icevono poco come loro per non essere presi in considerazione come candidati da TLC). Come marito e moglie nel tipo di spettacolo, i tuoi figli dovrebbero davvero accettare il 10% dietro il reddito per stagione, poiché ci sono indubbiamente (compresi i genitori) 30 persone che usano l'insegnamento. Questo di solito dovrebbe ammontare a $ 300.000 per ogni BAMBINO di una stagione, in quanto i consumatori ricevono $ 1,5 milioni ciascuno di questi. Qualsiasi cosa diversa da queste è virtualmente meno diversa dal furto causato dai bambini e dai bambini. Kate ha scavalcato il 'fondo' giusto, quindi il 'fondo per il college' è una scusa deficiente per quanto riguarda il prendere il cibo della bocca della figlia della tua ragazza; i 'fondi' di cui lei sostiene potrebbero essere solo briciole dal tavolo della donna. Devi sapere che alcune risorse sono solitamente limitate | e | (spazio | / | - | since |, || lectronic} ogni persona diversa è la loro capacità di acquisto e anche se nessuno assume un po ' Per esempio, un Programma unico di pagamento può essere affidabile per te, fino allo stesso Congresso che fa irruzione nel particolare riempimento generale e affari da Social media Security e Medicare come parte di ordine per quanto riguarda i progetti completamente unici di fondi davvero godere di ponti per assicurarsi che tu da nessuna parte, deve fare spesso lo stesso elemento con un piano di assicurazione medica di pagamento unico, e quindi poi posto un onere sul bejesus collegato a te. il paese torna di nuovo prendendo in disparte il Congresso in aggiunta al riassemblaggio sotto altri paradigmi.Questo è il nostro unico viaggio a volte è possibile ripristinare l'equilibrio a causa di tutta l'equazione.Generare i candidati appropriee autografare una proclamazione di punti chiave prima di m concedi alla compagnia il tuo supporto. Se il tuo gruppo si esibisce davvero al di fuori dei limiti del sistema di credenze di una persona, acquisisci i tuoi suoni ascoltati. Esattamente, una persona può decidere sull'esatta realizzazione commerciale di una buona idea, non testando realmente con la tecnologia dell'informazione. Quindi è davvero possibile, forse probabile, che di solito il principio che eletti trarrà. Mantenere esattamente la visione sicura in prima linea insieme ai tuoi punti di vista. Tieniti forte che può quasi come ti imbarchi per eseguire quella visione. Le nostre scelte che fai mentre ti avvicini devono fare il cablaggio, direi la direzione della tua speranza. Mantieni il migliore perché, mentre tieni a mente, questo è particolarmente vero quando i pezzi diventano difficili.
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Capitolo 45 - Jordan, i ragni e i coltelli spuntati
Nel capitolo precedente: Eddie, rientrato alla galleria, condivide con la band il testo che ha scritto per la canzone che sentiva attraverso la porta. Il pezzo si chiama Oceans. Inventa poi una scusa per andare via prima, dato che deve uscire con Angie, scusa accettata senza storie da Stone, anche lui impegnato in un appuntamento segreto. Meg telefona alla galleria per parlare con Mike e proporgli di vedersi, lui comincia ad avere dei dubbi per quanto riguarda un eventuale riavvicinamento e sembra intenzionato a rifiutare l'invito della ragazza. Arriva finalmente il momento del tanto agognato appuntamento tra Eddie ed Angie, ma Angie non sa che è un appuntamento: era convinta che sarebbero usciti anche con gli altri ragazzi della band. Eddie, colto alla sprovvista, decide di non rivelare le sue vere intenzioni e di stare al gioco, perciò racconta ad Angie che gli amici hanno tirato il pacco per i motivi più disparati. I due escono ugualmente. Eddie trova nella macchina di Angie una cassetta che lei ha fatto per lui, vorrebbe sentirla, ma Angie è fermamente decisa a non dargliela prima della sua partenza. I due trascorrono l'intera serata al Pike Place Market. Prima di salutarsi Eddie dice a Angie che gli piacerebbe uscire di nuovo da solo con lei. Una volta tornata a casa, Angie scopre del due di picche di Mike, Meg viene a sapere dell'uscita tra Eddie e la sua amica e la tempesta di domande alludendo a possibili risvolti romantici, che però vengono respinti al mittente. Stone riaccompagna Grace a casa dopo la loro uscita, che a quanto pare è andata molto bene, e scopre che la sedia rotta è stata sostituita. Grace però, dopo aver finto nonchalance, rivela che non riesce a darsi pace per quella sedia “estranea” in casa. Stone propone di risolvere il problema mischiando le sedie, ma Grace non glielo permette perché impazzirebbe all'idea di non sapere qual è la sedia incriminata. Dopo un piccolo botta e risposta Stone e Grace si baciano.
***
“Ma io dico, si può perdere così?” domando incredulo al mio socio, seduto all'altra estremità del divano, mentre mi passa la ciotola dei popcorn, o almeno di ciò che ne resta.
“Già... però che partita, eh?”
“I Bulls stanno crescendo, potrebbero pure conquistarselo questo campionato. Certo, evitare di perdere da stronzi aiuterebbe”
Eddie, con la bocca piena di una manciata di popcorn, risponde con un cenno di assenso, mentre sullo schermo della tv scorrono le immagini dell'intervista a caldo del coach dei vincenti San Antonio Spurs e il telefono comincia a squillare.
“Chi sarà?” chiede Eddie masticando.
“Non lo so, sicuramente qualcuno che avrebbe rischiato seriamente la morte se avesse chiamato anche solo cinque minuti fa” borbotto cercando di allungarmi verso la poltrona accanto per acchiappare il cordless senza alzarmi dal divano. E facendolo ovviamente cadere. Ma la sfortuna non può nulla contro la mia pigrizia, un paio di strattoni al tappeto ed ecco il telefono magicamente nelle mie mani. Eddie osserva la scena in un misto di perplessità e totale rassegnazione all'avere a che fare con un deficiente.
Premo il pulsante per rispondere alla chiamata e ancora prima di avvicinarmi all'orecchio il telefono sento dei colpi di tosse provenire dall'apparecchio.
“Pronto?”
“Ehi Jeff”
“Angie?” la riconosco subito e nel preciso istante in cui la nomino Eddie si volta verso di me di scatto. Il poverino non si aspettava di trovarmi lì, pronto, a fissarlo col mio sorrisetto del cazzo, in attesa una sua reazione, così per dissimulare il suo interesse mi fa segno di ripassargli la ciotola, dove ormai rimane giusto qualche briciola e qualche chicco di granturco non scoppiato, fingendo un'improvvisa crisi di astinenza da pop corn.
“Bravissimo! La demenza senile non ha ancora preso il sopravvento su di te. Come va?”
“Io tutto bene, grazie, ma, a giudicare dalla voce, non posso dire altrettanto di te, cara giovincella”
“Sono un po' raffreddata, tanto per cambiare”
“Non ci provare nemmeno”
“Cosa?”
“Ad accampare scuse per non venire al concerto di domani sera”
“Non sto accampando scuse e non ho nominato il concerto” certo, come se non ti conoscessi!
“Intanto stai cominciando a mettere le mani avanti”
“Ma io ci vengo al concerto, non ti preoccupare!”
“Ecco, lo spero per te, o è la volta buona che io e Stone ti togliamo il saluto per sempre”
“Quante storie! Allora io cosa dovrei fare dopo l'altra sera? Non rivolgervi più la parola?”
“L'altra sera? Che sera?” non so di cosa stia parlando, ma il rumore della ciotola dei popcorn che rotola a terra alla mia sinistra mi fa capire a chi potrei chiedere chiarimenti in proposito.
“La settimana scorsa, ci avete tirato tutti quanti un pacco grande come una casa, non fare il finto tonto!”
“Io non tiro pacchi, aspe-”
“OH JEFF! JEFF! GUARDA, STANNO INTERVISTANDO JORDAN!” il piccolo coglione con cui condivido l'appartamento ha raccolto al volo il casino che ha fatto in terra e ora sta alzando al massimo il volume della tv, mentre mi scuote per una spalla cercando di distrarmi dalla conversazione telefonica. Pensa davvero che io sia così stupido?
“Ah bene, c'è anche Eddie! Poi... poi me lo passi per favore? Dovrei chiedergli ehm una cosa...”
“Certo... aspetta solo un secondo, ok?” mi appoggio la cornetta al petto e con calma prendo il telecomando dalle mani di Vedder, per poi premere MUTE “Allora?”
“Allora che?” mi fissa inebetito come se davvero non sapesse di cosa sto parlando.
“Cos'è questa storia di Angie e del pacco? E come mai sento che c'entri tu?” continuo sottovoce.
“Non ne ho idea, non so di cosa stai pa-”
“Eddie, piantala”
“E' una sciocchezza, non vale neanche la pena parlarne”
“Se vuoi che ti regga il gioco e ti pari il culo devi dirmi tutto, se no cazzi tuoi”
“Uhm... ok, va bene, ti dirò tutto... dopo” si arrende subito il caro Eddie.
“Allora c'entri tu sul serio?”
“Sì” ammette e io, soddisfatto, posso tornare trionfante alla chiacchierata con quel catorcio di Angie.
“Eccomi, si era incastrato il tasto del telecomando. Scusa per l'attesa... e per il bidone dell'altra sera. Avevo da fare, sai com'è”
“Sì sì, Eddie me l'ha detto, però potevi portare anche Laura. Insomma, capisco che vogliate anche starvene un po' per i cazzi vostri, non dico di no, ne avete tutto il diritto, però potevamo almeno cenare insieme”
“A volte si ha bisogno di un po' di intimità Angie, non so come spiegartelo, ti faccio un disegnino e domani sera te lo porto, ok?”
“Spiritoso”
“Dai, scherzo, era solo una battuta per rimarcare il fatto che domani ci devi essere”
“Ci sarò, non dubitare”
“Perfetto, ti passo Eddie allora. E per una sera lascia stare ascensori e macchine da scrivere, mi raccomando!” porgo la cornetta a Eddie mentre Angie mi sta ancora insultando tra un colpo di tosse e l'altro “Vuole parlare con te”
“Oh ok...” Eddie prende riluttante il telefono, ma appena se lo mette all'orecchio, al solo dire “Pronto”, ancora prima di sentire una qualsiasi risposta dall'altra parte, ha già cambiato espressione, assumendone una sognante con sorrisone annesso. Sarei curioso di seguire tutto l'iter della telefonata, ma il mio amico si sente subito osservato e mentre parla con Angie accertandosi della sua salute si allontana come se nulla fosse prima in cucina, con la scusa di portare via la ciotola ormai vuota e un paio di lattine da buttare, e poi direttamente in camera sua, dalla quale esce una decina di minuti dopo, senza telefono, ma con felpa, giacca e Chuck Taylor slacciate ai piedi.
“Esci?”
“Sì, faccio un giro” risponde sedendosi sul divano e chinandosi per allacciarsi le stringhe.
“Con Angie?”
“Ma va... no! Mica vado da Angie!” se stringe quei lacci un altro po' gli verranno i piedini come le povere geishe.
“No?”
“Nah, mi devo beccare... con Ian, il mio collega di lavoro. E poi forse andiamo da Cornell” spiega senza guardarmi.
“Cornell”
“Sì”
“Quello che abita di fianco ad Angie?” aggiungo con un ghigno.
“Non vado da Angie, punto” ribadisce scocciato.
“Ok. Ti vedi spesso con Cornell ultimamente o sbaglio?”
“Sì, può essere... Perché?” domanda guardandomi con sospetto.
“Non è che poi Angie è gelosa?”
“Vaffanculo, Jeff” sbuffa alzandosi e filando di nuovo in camera sua, per prendere chissà cosa.
“Dove vai?” gli chiedo di nuovo quando lo vedo sgattaiolare verso la porta senza salutare.
“Non vado da Angie! Quante volte te lo devo dire?!”
“Ok ok, ho capito, ma... non stai dimenticando qualcosa?”
“Vuoi venire anche tu?” e mentre lo chiede si vede lontano un miglio che sta bluffando e mi piacerebbe dirgli di sì, tanto per vedere come ne uscirebbe. Ma non sono così stronzo, non sono Stone.
“Nah, domani abbiamo il concerto e il mattino dopo partiamo, preferisco non fare niente stasera”
“E quindi? Vuoi il bacio della buona notte?”
“No, voglio sapere a che punto sei con Angelina, che cazzo hai combinato e che c'entriamo io e gli altri” elenco i tre punti di mio interesse contandoli uno per uno sulle dita.
“Adesso?”
“Adesso”
“Sbaglio o avevi detto che non avresti più accennato all'argomento e avremmo fatto finta di non averne mai parlato?”
“Consideralo un piccolo break”
“Beh, ecco...” Eddie tentenna all'inizio, ma poi cede e racconta del suo approccio malriuscito con Angie e del nostro presunto bidone di gruppo, rimanendo però molto vago su come sia andata la loro uscita vera e propria.
“Cazzo Eddie, però, anche tu...”
“Avevi detto di chiederle di uscire, no? E io gliel'ho chiesto”
“Sì, ma non ha neanche capito cosa cazzo le stavi chiedendo!”
“Pensavo fosse chiaro”
“Ma quando hai capito che lei non aveva capito... perché non gliel'hai spiegato?” se la tua bella ha delle lacune, sta a te colmarle, amico.
“Mi ha preso alla sprovvista!”
“Sei un idiota”
“Comunque è andata bene”
“Lo capisci che non è un appuntamento se lei non lo sa, vero? Insomma, non vale”
“Va beh, non deve essere necessiariamente un appuntamento, perché bisogna sempre dare un nome alle cose? Basta con queste etichette, insomma, siamo stati bene, stiamo bene, perché farsi tante paranoie?”
“Ok” lo fisso brevemente e infine rispondo con un'alzata di spalle.
“Ok”
“E' già qualcosa. E se va bene a te...” che tradotto sarebbe se te la fai troppo sotto per provarci seriamente, cazzi tuoi.
“Mi va bene, benissimo” risponde lui a bocca quasi serrata mentre si alza.
Stronzata megagalattica.
“Vai?”
“Sì, buona notte”
“Non fare casino quando rientri... se rientri” quanto mi piace farlo incazzare, sto diventando sadico come Gossard e non mi vergogno ad ammetterlo.
“Certo che rientro! Ci vediamo”
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Diversamente da Diane Keaton nel film intravisto non molto tempo fa, io mi sento tremendamente in colpa nel momento stesso in cui metto giù il telefono dopo aver parlato con Eddie. Perché va bene tutto, l'amicizia, i patti, la fiducia, ma oggettivamente non puoi chiamare una persona alle dieci e mezza di sera e chiedergli così, di punto in bianco, di attraversare la città per... per cosa? Per una cazzata, su, ammettiamolo! Chiamiamo le cose col loro nome.
Però non è colpa mia se Meg è dovuta uscire con Melanie proprio stasera.
Ma cosa c'entra?! Non sei più una cazzo di bambina, sei un'adulta. E una normale persona adulta non si comporterebbe così, una persona normale risolverebbe il problema in cinque minuti, con una ciabatta, o una scopa viste le dimensioni, una scopa molto robusta, senza tante storie e senza scomodare gli altri. E allora che senso ha andare a vivere da sola, lavorare ed essere indipendente, se poi continuo a rivolgermi agli altri per queste stronzate?
Però è stata un'idea di Eddie, in fondo.
Certo, perché Eddie è un buon amico, è leale e mantiene le promesse e ancora prima di telefonargli sapevi già che sarebbe venuto se lo avessi chiamato.
Però la colpa è anche di questo essere immondo, non poteva sistemarsi in sala? Si sta anche più caldi qui... beh, si fa per dire. Certamente di più che in bagno. Io avrei potuto barricarmi tranquillamente in camera mia, cosa che per altro sto già facendo causa frebbre. Oppure avrebbe potuto semplicemente nascondersi un pochino meglio e saltare fuori dopo la mia pipì serale, per poi essere libero (o libera?) di fare il bello e il cattivo tempo in tutto il resto della casa, almeno fino all'arrivo di Meg.
Come no, perché la natura e ogni elemento che ne fa parte sono tenuti ad essere a conoscenza delle tue abitudini e comportarsi di conseguenza, certo.
Il mio dibattito interiore è così avvincente che non mi accorgo del tempo che passa, oppure sarà colpa della febbre: suonano al citofono, Eddie è già qui. Gli apro e apro anche la porta dell'appartamento, stringendomi nella coperta marroncina che mi trascino ovunque peggio di Linus, e nell'attesa che il mio eroe arrivi, vado in fissa sulla vestaglia di peluche rosa appesa all'attaccapanni nell'ingresso, mentre vengo assalita da un'irrefrenabile voglia di metterla. Sarà anche vero che mi fa assomigliare a un marsh mallow, ma sicuramente mi darebbe un aspetto più presentabile rispetto al look in stile taco con troppo ripieno. Quando, nel silenzio del corridoio esterno, sento il rumore della porta dell'ascensore che si apre e si chiude, mi srotolo la coperta di dosso e la lancio nel ripostiglio, infilandomi la vestaglia al volo. Mi risistemo anche il mollettone sulla testa, specchiandomi brevemente e, allo stesso tempo, cercando di resistere all'urto di vomito causato dalla mia faccia ancora più pallida del solito, eccezion fatta per le occhiaie nere da panda e il naso rosso.
“Ehi” mi sorride appena mi vede e mi sento improvvisamente più rilassata. Ma anche più imbecille.
“Eddie sono mortificata” metto subito le cose in chiaro, mentre Eddie mi abbraccia, indugiando qualche secondo nell'accarezzare il morbido tessuto della vestaglia sulla mia schiena.
“Oh, il mio antistress preferito”
“Lo so che sono malata di mente, me ne rendo conto”
“Non stare sulla porta, entriamo che fa freddo” mi scioglie dall'abbraccio ed entra nell'appartamento tirandomi dietro a sé, mentre io continuo a chiedere perdono.
“Scusami se sono una cretina”
“Oddio, non che dentro cambi più di tanto? Non hanno ancora fatto aggiustare i riscaldamenti?” domanda un po' imbronciato.
“Non dovevi venire”
“E allora perché mi avete chiamato, Vostra Maestà?” il suo sguardo si addolcisce mentre mi trascina in sala e io sembro aver dimenticato come camminare.
“Perché Meg non c'è, è uscita con Melanie e non so dove sono andate, non ho neanche il numero di casa sua. E comunque anche se ce l'avessi non avrei chiamato, ultimamente è piuttosto giù, non voglio rovinarle una bella serata”
“Hai fatto bene, la mia serata era rovinabilissima invece” commenta mentre scorre con le dita tra le riviste sul tavolino e ne sceglie una, non so per quale ragione.
“Oddio, scusa Eddie, mi dispiace tanto!”
“Ahah ma guarda che non ero ironico, era una serata noiosamente inutile, neanche la partita le ha dato un senso, ci volevi tu”
“Hai visto che merda! Come cazzo si fa a farsi rimontare tutti quei punti alla fine?? Io non lo so”
“L'hai guardata anche tu allora, donna che è solo superficialmente interessata al basket?”
“L'ho vista di sfuggita, per distrarmi. E per sapere quando sarebbe finita, così avrei potuto chiamarti”
“Potevi chiamarmi anche prima, stupida, puoi chiamarmi quando vuoi”
“Dubito che Jeff sia dello stesso avviso. A proposito, non gliel'hai detto vero? Gli ho già dato abbastanza ragioni per prendermi per il culo per due vite, non mi sembra il caso di aggiungere altro materiale”
“Non gli ho detto nulla, tranquilla, nemmeno che venivo qui”
“Grazie”
“Di nulla...” mi circonda le spalle con un braccio e fa scontrare delicatamente e senza un motivo le nostre tempie, per poi prendere a studiare il mio viso da vicino con quegli occhi penetranti, probabilmente si sta chiedendo se per caso sono morta e non lo so “Andiamo subito al sodo, che dici?”
“Eh?”
“Dov'è il mostro?”
“Ah! E' di là, in bagno” indico il corridoio con l'indice e lui fa per andarci subito.
“Aspetta! Non ucciderlo, mi raccomando”
“Sì, lo so, tranquilla”
“Cioè, solo se è strettamente necessario, ma se non lo fai è meglio”
“Va bene”
“E se usi il giornale per prendere il ragno, poi buttalo”
“Addirittura?”
“Non fare domande, esegui e basta. Ehm ehm, per favore?”
“D'accordo, mia regina”
Il tutto dura due minuti di orologio, dopodiché sento il rumore dello sciacquone, poi quello della porta del bagno e vedo Eddie comparire di nuovo in soggiorno.
“L'hai ucciso?!”
“No”
“Non mentire, ho sentito che hai tirato l'acqua...”
“Ah quello! No, ne ho approfittato per andare in bagno, sai com'è”
“Allora è vivo?”
“Presumo di sì”
“Come presumi??”
“Non so, io l'ho accompagnato fuori dalla finestra, poi non so cosa ne è stato di lui”
“O lei”
“O lei eheh, già. Non so che ha fatto dopo, io l'ho liberato, ora deve camminare sulle sue gambe. Tutte e otto”
“Brrrrr non farmi pensare alle sue zampe!”
“Comunque se non ho visto male è finito su un davanzale del secondo piano”
“L'infermiera che ci odia! Questo è karma, Meg sarebbe fiera di te”
“E tu? Sei fiera di me?” domanda avvicinandosi e afferrando un capo della cintura della mia vestaglia con le dita.
“Sì, moltissimo, grazie!” gli do una pacca sulla spalla, dopodiché corro in direzione del bagno “Scusa se ti pianto qui da solo, ma devo fare quello che avrei voluto fare un paio d'ore fa”
“Ahahah vai tranquilla!”
Al ritorno dal bagno, trovo Eddie stravaccato sul divano, intento a sfogliare la rivista di prima. Non saprò mai se l'ha usata o meno per accompagnare fuori l'ospite indesiderato e non ho intenzione di chiederglielo.
“Grazie mille Eddie, sei stato un vero amico. Ora puoi andare”
“Mi stai mandando via?” risponde alzando lo sguardo dal giornale facendo il faccino triste.
“Cos... no, ovviamente no! E' che... beh, sono piena di microbi e tu hai un concerto domani, nonché un tour nelle prossime settimane, il primo vero tour con la band, non posso permettermi di farti ammalare”
“Nah, non mi ammalo mica per così poco”
“Ti sei ammalato dopo un giorno che eri a Seattle”
“Dov'è finito il televisore? L'hai lanciato al ragno per eliminarlo ed è finito anch'esso fuori dalla finestra?”
“Scherzi? Col rischio di mancarlo e farlo incazzare aizzandolo ancora di più contro di me? Non lo avrei mai fatto. Comunque la tv è in camera mia, l'abbiamo spostata lì perché è quello il luogo dove vegeto da un paio di giorni a questa parte”
“Hai la febbre? Fa' sentire” Eddie si alza dal divano e mi mette una mano sulla fronte, dopodiché appoggia l'altra sulla sua, con lo sguardo pensieroso rivolto chissà dove. A un certo punto tira giù entrambe le mani e le posiziona sulle mie spalle, mentre accosta una delle sue guanciotte alla mia fronte. La cosa in sé mi fa sorridere, perché è lo stesso metodo che usava mio padre per misurarmi la febbre quando stavo male e mamma non c'era, anziché mettersi a cercare il termometro, che tanto non avrebbe trovato perché mio padre non trova mai niente, non sa nulla di cosa ci sia in casa e dove sia esattamente, le uniche stanze che conosce a menadito sono la camera oscura e quella delle chitarre, ha problemi anche a rintracciare oggetti nel suo stesso studio. Tuttavia il mio sorriso è solo mentale, all'esterno sono un rigido pezzo di legno che non sa bene che fare, visto che è Eddie quello che sta strofinando la sua pelle contro la mia.
“Quindi le tue armi hanno anche funzione di termometro?”
“Ahahah a volte”
“E che dicono?”
“Che avrai ancora qualche lineetta, devi stare al caldo. Impresa ardua in questa specie di frigorifero”
“Era proprio quello il mio piano. Me ne torno a letto a guardare per l'ennesima volta Essi vivono finché non crollo vittima del paracetamolo”
“Essi vivono? Mai visto”
“Che?! Come puoi non averlo visto, è un filmone!” esclamo sconcertata, perdendo probabilmente quel po' di voce che mi restava, mentre lui reagisce facendo spallucce.
“Di che parla?”
“Alieni e occhiali da sole”
“Mi stai prendendo per il culo?”
“No, e il protagonista è un wrestler”
“Ok, mi stai prendendo per il culo”
“Ahahah no, è la pura verità, è un bellissimo film”
“Ho capito, è uno di quei film talmente brutti e trash che fanno il giro e diventano belli”
“No no, ti giuro, è un film bello sul serio, è un film di fantascienza, ma anche un horror, e con un bel po' di commedia che non ci sta male. E ha anche un messaggio socio-politico non indifferente”
“Una commedia horror fantascientifica impegnata?”
“Esattamente! Ti ho mai detto che adoro il tuo dono della sintesi?”
“No, non mi pare. Ed è una gran bella sensazione, dimmele più spesso cose del genere”
“Dai, adesso devi guardarlo per forza, vieni” faccio per prenderlo per un braccio, ma non sembra intenzionato a muoversi.
“Ma forse tu volevi stare tranquilla da sola... non stai bene”
“Appunto, non sto bene, mi fai compagnia, su!”
“E se mi ammalo?”
“Ci penserà Stone a imbottirti di farmaci e farti alzare il culo, non ti preoccupare” ribadisco strattonandolo più forte e riuscendo finalmente a farmi seguire nella mia stanza.
“E' di Mapplethorpe?” Eddie è seduto sul mio letto mentre io armeggio con il videoregistratore e sembra interessato a tutto tranne che a quello che sto facendo.
“No, è di una fotografa che si chiama Judy Linn” spiego riferendomi alla foto di Patti Smith che campeggia sulla porta.
“E' molto bella, mi piace il suo sguardo, e i guanti bianchi. E la videocamera che sta reggendo, mi piace il modo in cui l'obiettivo, beh, è come se uscisse dalla foto, come se andasse oltre” Eddie elenca praticamente ogni singolo dettaglio che io stessa amo di quello scatto.
“Mi piace un sacco quella foto. Allora sei pronto? Pronto a mettere gli occhiali da sole e scoprire la verità?” una volta finito di riavvolgere la cassetta, la faccio ripartire e mi siedo sul letto accanto a Eddie, sistemandomi il cuscino dietro la schiena.
“Non ancora, prima volevo sapere come sono andati gli esami” Eddie mi guarda e sorride mentre tocca a sua insaputa il tasto più dolente.
“Credo che il film sia già abbastanza spaventoso di suo, non aggiungiamo altro orrore”
“Eheheh dai, non dire cazzate, sarà andata benissimo”
“E invece no, non è andata affatto benissimo, è andata male,” confesso sospirando “peggio di quanto pensassi”
“Addirittura? Non li hai passati?”
“Ma no, li ho passati tutti”
“Allora lo vedi che dici cazzate, sono andati benone!”
“Ok, ma non basta passare. Li ho passati praticamente tutti con poco più della sufficienza, Letteratura comparata proprio per un pelo, quasi col minimo, quello che mi è andato meglio è stato l'esame di Tedesco, dove comunque non ho preso un voto esagerato” spiego mentre sullo schermo scorre l'elenco dei divieti di riproduzione e copia pirata del film.
“Ach so”
“Ho creato un mostro” nascondo a fatica il mezzo sorriso che è riuscito a strapparmi.
“Eheh dai, è normale, almeno penso lo sia. Sai, in un attimo di follia avevo deciso di tentare una carriera universitaria a San Diego, ma dopo il primo trimestre ho mollato, quindi il mio giudizio in proposito non è autorevole. Diciamo che il passaggio dal liceo all'università è sempre difficile e i primi esami sono un po' un'incognita perché non sai cosa ti aspetta, ti servono più che altro per orientarti”
“Per il momento mi sono serviti per capire che sono una capra”
“Non dire così, una capra non li avrebbe mai passati quegli esami, se non altro per la difficoltà di impugnare una penna con gli zoccoli”
“Se non li avessi passati mi sarei ritirata un minuto dopo averlo saputo”
“Perché? Ad Angie Pacifico non è permesso sbagliare?” scherza, ma non so fino a che punto, visto che ci ha preso in pieno.
“No. Non fraintendermi, io non sono mai stata una secchiona, diciamo che ho buona  memoria e me la so cavare con le parole, aggiungici un po' di studio e mi è sempre andata bene. Ma qui è diverso, non sono al liceo, sono all'università, un'università che ho scelto io, che pago fior di soldi, non faccio materie che mi vengono imposte di cui non me ne frega niente, sono argomenti che mi interessano, è la mia passione, quello di cui vorrei occuparmi lavorativamente parlando, il mio sogno. Mi aspetto di eccellere in tutto, non di arrancare anche solo per passare”
“Il fatto di essere appassionati di una materia non la rende automaticamente facile, Angie”
“Quindi se tu frequentassi... boh, l'Università del rock e prendessi una sufficienza risicata all'esame sugli Who saresti comunque fiero di te stesso?”
“Oddio, dov'è l'Università del rock? Voglio andarci!”
“E' facile, giusto accanto alla Rock'n'roll High School” ribatto sorniona.
“Senti, ok, capisco che tu sia un po' delusa, magari devi solo inquadrare meglio il metodo, insomma, come devi studiare, perché sul quanto non mi pare ci siano pecche da parte tua”
“Infatti, quello è uno dei problemi fondamentali. Sono sempre stata abituata a studiare in maniera diversa, prendere appunti, memorizzare i concetti chiave, trattare in maniera più approfondita i temi su cui insiste il professore durante la spiegazione e fare in maniera più veloce il resto, invece qui è tutto diverso. Per l'esame che è andato peggio, ad esempio, ho cannato in pieno cosa studiare, ho studiato un mare di roba inutile e saltato a pié pari cose che invece si sono rivelate importanti”
“Beh, direi che hai ben chiara la situazione. Insomma, hai capito dove hai sbagliato, no? I prossimi andranno meglio, non ti coglieranno impreparata”
“Stavo pensando di rifiutare il voto di quell'esame e ridarlo la prossima sessione”
“Cosa? E perché?”
“Per cercare di tirare su la media e per non dare al professore l'idea che io sia una fancazzista che si accontenta di galleggiare, una cazzona che ha scelto la scuola di cinema perché non ha voglia di studiare. Non voglio pensi che non ho fatto nulla per mesi, perché questo è ciò che viene fuori da quell'esame, è così che sembra, ma non è la realtà. Quell'esame e quel voto non mi rappresentano, voglio dimostrare chi sono veramente”
“Wow, beh, mi piace questo slancio di orgoglio da parte tua, una volta tanto”
“Grazie!”
“Peccato venga fuori nel momento sbagliato, perché in questo caso faresti una grandissima cazzata, scusa se te lo dico”
“Perché?” chiedo perplessa dopo che mi ha smontata in due secondi. Onestamente non è il tipo di reazione che mi aspettavo, stanno sempre tutti a menarla sulla mia scarsa autostima e fiducia in me stessa e nelle mie capacità, per una volta che penso sinceramente di meritare di meglio speravo in un po' più di supporto, specialmente da parte di Eddie.
“Perché alla prossima sessione avrai altri esami, no?”
“Beh, sì...”
“Quindi non solo dovresti studiare per quelli, e dovresti studiare bene per alzare la media, come dici tu, ma ti troveresti il vecchio esame ancora sul groppone, che significa altra roba da studiare. E' facile immaginare come finirebbe, o ti concentreresti sul vecchio esame tralasciando gli altri o faresti un esame tale e quale al primo, faticando anche con gli altri perché non hai avuto abbastanza tempo per studiare tutto”
“Beh...”
“E poi, chi ti dice che andrebbe meglio una seconda volta? Che accadrebbe se per disgrazia non lo passassi o ottenessi un voto inferiore?”
“Senza dubbio, opterei per seguire la sorte del ragno, ma senza aggrapparmi al davanzale del secondo piano”
“A me sembra che tu voglia ridare l'esame essenzialmente per una questione di brutta figura, non tanto per te stessa, ma piuttosto per gli altri, i professori, i tuoi genitori, chi lo sa, magari anche per noi cazzo, perché tutti noi ti vediamo come una ragazza studiosa. Voglio dire, che cazzo te ne frega di cosa pensano gli altri e tantomeno i professori? Che poi, quasi sicuramente non pensano nulla. Puoi rifarti coi prossimi esami, perché devi andare a incasinarti di più col rischio di toppare sia l'uno che gli altri?”
“Forse hai ragione”
“Certo che ho ragione. Sei troppo severa con te stessa, dovresti apprezzare di più quello che hai ottenuto, anziché avvilirti per quello che hai sbagliato. Cazzo, studi e lavori sodo, ti mantieni e ti paghi l'università a quanto ho capito”
“Per metà, l'altra metà la pagano i miei. E' anche per loro che avrei voluto fare di più, comunque c'è un loro investimento dietro, e non solo economico”
“Beh, fai tutte queste cose e hai perfino una vita sociale e ciononostante hai passato tutti gli esami. Ora, io non conosco tua madre, ma ho avuto l'occasione di conoscere Ray e non mi dà l'idea di uno che disconosce la figlia perché non ha il massimo dei voti. Credo sia orgoglioso di te a priori, o sbaglio?”
“Già...” non sbagli affatto, probabilmente sarebbe orgoglioso di me anche se rapinassi banche, è proprio per quello che la sua opinione non fa testo.
“Sinceramente, pensaci bene prima di prendere decisioni di questo tipo, non voglio fare il saggio della situazione e ti assicuro che a sentirmi parlare così un po' sto spaventando me stesso, ma in questo caso si può dire che ne va del tuo futuro. Fossi in te io accetterei questi voti e direi 'ok, abbiamo scherzato fin qui, adesso facciamo sul serio'. Che ne dici?”
“Effettivamente Letteratura comparata sono tre libri da studiare più la dispensa e tutte le schede, nonché i film da vedere. E' un bel mattone e non posso neanche dire, va beh, un po' l'ho già studiata, perché la dovrei praticamente ristudiare da capo”
“Appunto. Quindi?”
“Quindi devo prendere quei voti del cazzo, portarmeli a casa e stare zitta, vero?”
“Credo sia la cosa più saggia da fare”
“Mi sa di sì... Però non posso fare a meno di essere delusa”
“La delusione ti spingerà a fare meglio al prossimo giro”
“Al momento mi sta solo spingendo sempre più lontano da una qualsiasi borsa di studio. Ne dovrò servire di hamburger per continuare a studiare!”
“Allora, lo vediamo o no questo capolavoro della cinematografia?”
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“Meg, devo confessarti una cosa”
“Mmm ok”
“Mi vergogno come una ladra, però devo dirtelo per forza”
“E devi dirmelo per forza qui sul pianerottolo”
“Oh... eheheh no, scusa, entriamo prima” i ricci di Melanie vengono scossi dalla sua risata sommessa mentre infila la chiave nella toppa e apre la porta del suo appartamento. Sono le quattro e mezza del mattino e dopo una nottata passata esclusivamente a bere e ballare, accetto volentieri l'invito a casa sua per un caffè di ripiglio. Chissà se mi concederebbe anche il suo divano se glielo chiedessi. Giusto per qualche ora, onde evitare di irrompere in casa mia e svegliare la coinquilina già malaticcia all'alba. Chissà se sta un po' meglio, almeno abbastanza da poter venire all'Off Ramp... che poi, io non so neanche se ci vado. Voglio dire, lo so che ci devo andare e alla fine ci andrò, ma con che faccia guarderò Mike dopo il suo discorso?
L'appartamento di Melanie è esattamente come te lo aspetti conoscendola: arredamento semplice, ma elegante, divanetto e poltrone in pelle, televisore ultimo modello, idem per lo stereo, fotografie in bianco e nero di moda alle pareti, lampade di design, trionfo dei colori pastello.
“Allora, che mi devi dire di così tragico? Non mi dire che quando mi sono allontanata ti sei fatta l'avvocato viscido” le chiedo riferendomi a uno dei falliti che ha tentato di abbordarci nel locale.
“Che? Sei pazza, no! Per carità!” si difende lei schifata, mentre si avvicina con due tazzone bollenti di caffè e me ne porge una, prima di sedersi accanto a me sul divano.
“E allora cos'è successo?”
“Non so come dirtelo”
“Prova con parole tue”
“Ieri sono andata da Mike”
“Oh mio dio! Non credevo l'avresti fatto davvero, gli hai davvero rigato la macchina?? Pensavo lo dicessi tanto per sfogarti. Che insulto gli hai scritto?”
“No, era giusto uno sfogo infatti, non ho fatto niente, nessun atto vandalico”
“Che hai combinato allora al poveretto?” chiedo cercando di nascondere con un ghigno il mio imbarazzo nel parlare di lui.
“Beh ecco io...”
“E' così tremendo?”
“Dipende dai punti di vista: gli ho detto che potevamo tornare assieme” risponde lei innocentemente e se non sputo caffè su questo cazzo di divano azzurro di merda è solo perché nel momento in cui me lo dice ho già mandato giù il sorso.
“Prego?”
“Sì, insomma, gli ho detto che lo perdonavo e che forse avevo un po' esagerato... non guardarmi così, lo so cosa stai pensando”
“Non credo proprio, te lo assicuro”
“Che sono un'incoerente del cazzo, dato che fino all'altro giorno sputavo merda su Mike e non perdevo occasione per inviargli maledizioni varie”
“Beh, effettivamente”
“E' che mi sono accorta che stavo ingigantendo la cosa in una maniera esagerata, perché alla fine Mike avrà un sacco di difetti, ma non ha fatto nulla di grave, voglio dire, parlando con te ho capito che non c'è stato più niente tra voi da quando avete smesso di frequentarvi, e allora che mi incazzo a fare? Per cosa? Perché ha omesso di parlarmi della vostra storia precedente? Se l'ha fatto è anche perché so essere rompicoglioni come poche, voleva evitare che piantassi un casino per niente, cosa che poi inevitabilmente ho finito per fare”
“Però hai anche ribadito più volte, citando decine di aneddoti, che le cose non andavano granché bene già da prima... o sbaglio?”
“Sì, ma alla fine la colpa non sta mai da una parte sola in una coppia, non credi? Chiaramente lui si stava allontanando da me, e su questo non ci piove, ma io ho sbagliato perché avrei dovuto cercare di capire i motivi per affrontarli, anziché approfittare del suo primo passo falso per scaricarlo. Sembra quasi che non aspettassi altro che una scusa per mollarlo, ma in realtà non è così, io ci tenevo a lui. Ci tengo tuttora” continua lei mentre sprofondo sempre di più nel divano stritolando l'angolo di uno dei cuscini tra le dita senza farmi vedere.
“Ok, e allora? Ti vergogni perché sei tornata con Mike dopo averne parlato male con me? Mica ti devi vergognare, non mi devi nessuna spiegazione, alla fine devi fare quello che ti senti, se avete fatto pace buon per voi”
“Non abbiamo fatto pace. E non sono tornata con lui” sono le parole magiche che salvano il cuscino dalla distruzione totale.
“Come no? Ma se hai appena detto-”
“Ho detto che gliel'ho chiesto, ma lui ha detto di no, non ne ha la minima intenzione. Capisci, non ne vuole più sapere di tornare con me! Gli sono stata così addosso che l'ho allontanato definitivamente. Brava Melanie, complimenti!” appoggia la tazza colma del caffè che non ha praticamente ancora toccato sul tavolino accanto al divano e si fa un applauso ironico da sola.
“E perché? Cioè, che ti ha detto di preciso? E' arrabbiato o cosa?” cerco di estorcerle qualche informazione in più, chissà che a Melanie non abbia dato una spiegazione più specifica di devo capire cosa voglio.
“Penso di sì, ma lui ha detto che ha bisogno di chiarirsi le idee, che non sa cosa prova per me, che deve capire... Che cazzo deve capire? Fino a qualche giorno fa mi amava, abbiamo litigato, ora il motivo del litigio è rientrato, dovrebbe tornare tutto come prima, no? E invece no! E perché no? Non lo so, non capisco. Davvero, non ci capisco più nulla, so solo che ho fatto un gran casino per niente, perché ci stavo bene con Mike”
“Prima non dicevi proprio così però”
“Lo so! Te l'ho già detto, sapevo che mi avresti presa per una malata di mente, ma davvero non so che mi prende. La rabbia è svanita di colpo, ora mi sembra di vedere tutto più chiaramente. Hai presente quando la sera non riesci a dormire dopo aver visto un film horror perché sei preda delle paranoie più assurde e poi la mattina dopo ridi di te stessa e le cose che ti facevano paura ti sembrano tutte cazzate?”
“Ah io non ho quel problema, ho Angie. Ci pensa lei a distruggermi tutta la poesia, o meglio, in questo caso lo spavento, raccontandomi decide di dettagli insignificanti su effetti speciali e dietro le quinte di ogni cazzo di film. Poi fa dei commenti a caldo da farti ribaltare, è riuscita a farmi ridere con L'Esorcista, ti ho detto tutto” cambio argomento anche perché mi sento stranamente più rilassata. Stranamente perché, in fondo, per quanto mi riguarda non cambia niente, Mike non ha fatto altro che ripetere anche a Melanie quello che aveva già detto a me per telefono. Sarà che alla fine mal comune, mezzo gaudio vale sempre e sapere che sia io che quest'altra disgraziata siamo sulla stessa barca mi fa sentire meno di merda. Però da qui a gioire della disgrazia condivisa ce ne corre, ecco perché mi sento deficiente a mandar giù sorsate di caffè senza soluzione di continuità per nascondere dietro la tazza il sorrisetto involontario che continua a stamparmisi in faccia.
“Voglio dire, non era una relazione perfetta, ma chi ce l'ha la relazione perfetta? Nessuno. Ma finché c'ero dentro potevamo sistemarla questa storia, adesso che cavolo sistemo? Un bel cazzo di niente” le mie serate film con Angie non bastano a distrarla e la sua mente non si schioda da Mike. La mia invece si è limitata ad archiviarlo nuovamente come single e a richiudere lo schedario con un allegro colpo d'anca.
Sono le cinque passate quando mi congedo da Melanie e mi rimetto in macchina per tornare a casa. Non mi ero accorta quanto mi mancasse avere un auto finché non ne ho avuta di nuovo una. In questa occasione specifica, ad esempio, senza macchina mi sarei ridotta a chiedere a Melanie di poter chiamare un taxi, al che lei mi avrebbe detto che sarei potuta rimanere a casa sua a dormire. Che poi era il mio piano originario, almeno fino a quando l'idea di dormire da lei non si è concretamente trasformata nella possibilità di rimanere lì a sorbirmi ore di paturnie su Mike e su come abbia lei potuto mandare a puttane la loro fantastica e promettente storia d'amore. Invece ho la mia amata Black Ghost, soprannome affibbiato da Angie sia a questa che all'auto che l'ha preceduta, come semicitazione della macchina di Baretta, e la libertà di andarmene via da qualsiasi luogo e situazione quando e come cazzo mi pare, senza dover dipendere da nessun altro. E sarebbe davvero figo avere questo tipo di libertà anche nella vita sociale, poter decidere di andarmene quando voglio, non quando gli altri decidono che è arrivato il momento di cancellarmi dalla loro esistenza; di chiudere una storia perché ho davvero deciso che non ne voglio più sapere e non perché l'altra persona non si decide; di mettere fine a un inciucio segreto perché non ha senso e sarebbe solo fonte di guai, non perché il lui di turno si pente e vuole evitare casini. Ma poi la saprei sfruttare nel modo giusto questa libertà? Sto sempre lì a lamentarmi, a struggermi, per capire cosa vogliono gli uomini,  ma io lo so cosa voglio? La voglio davvero una storia seria? Che sentimenti provo per Mike? E per Matt? Andrà a finire che, tra tutti, forse l'unico che ha davvero le idee chiare è proprio l'insospettabile McCready.
Apro la porta di casa cercando di fare il minor rumore possibile e per lo stesso motivo scendo dai miei trampoli ed entro nell'appartamento scalza e con le scarpe in mano. Accendo la piccola lampada in corridoio, giusto il tempo di arrivare alla mia stanza, dove accendo la luce, dopodiché torno indietro a spegnere il lume. Mi cambio per la notte (beh, notte... mattina ormai) molto velocemente, onde evitare di trasformarmi in un surgelato con questo cazzo di freddo, e scappo in bagno a struccarmi. Prima di infilarmi definitivamente nella mia stanza decido di dare un'occhiata alla mia amica malata, per nessun motivo in particolare, giusto per vedere se è tutto ok, se è sveglia, se si è di nuovo addormentata con la tele accesa o se sta dormendo con la bocca aperta ed è il caso di prendere una macchina fotografica. Mi avvicino in punta di piedi alla sua camera, apro pianissimo la porta e la scena che mi si presenta davanti richiederebbe effettivamente l'impiego immediato di una macchina fotografica, ma non so se più per immortalare la scena in sé o la faccia che devo avere io nel momento in cui vedo Angie a letto con Eddie. Che poi non è proprio così, nel senso, io vedo Eddie, Angie la intuisco, non la vedo, almeno non subito. Eddie è sotto le coperte, sdraiato sul fianco sinistro e rivolge verso la porta, e quindi verso di me, l'espressione più serena e soddisfatta che io abbia mai visto stampata sul viso di uno che dorme. Solo a una più attenta osservazione mi accorgo del braccio che gli cinge la vita da dietro e della mano che stringe nella sua nel sonno. Inconsciamente, senza rendermene propriamente conto, avanzo di qualche passo per vedere meglio, più per incredulità che per curiosità morbosa, e non posso che constatare che è la piccola bugiarda a dormire con la faccia affondata tra i riccioli di Eddie. A questo punto realizzo che cazzo sto facendo, qui impalata al centro della stanza a spiare due che dormono assieme, raccolgo la la mia mandibola caduta a terra e indietreggio velocemente verso la porta, che praticamente richiudo sbattendola senza pensarci, tanto quella stronzetta di Angie ha il sonno pesante.
Quando apro gli occhi qualche ora dopo, verso le 11 circa, Eddie è ancora qui, lo so perché sento la sua voce dal corridoio, e ci vuole tutta la mia forza di volontà per impedirmi di uscire dalla mia camera in pompa magna e coglierli in flagrante mentre amoreggiano come due colombi. Faccio la brava, non voglio commettere gli stessi errori e irrompere a passo di elefante nella vita privata sentimentale di Angie anche questa volta, aspetto di sentire un Ciao, a stasera e il rumore della porta del nostro appartamento che si apre e si chiude. Esco di soppiatto e corro in cucina, ma probabilmente lo faccio con passo veramente felpato perché quando Angie scorge la mia sagoma appoggiata al tavolo ha più o meno un mezzo infarto.
“CRISTO SANTO, MEG!” le sue imprecazioni stonano un po' col vestaglione rosa a cuoricini e il pigiama coi ricci. E la mise stona pure col resto, diciamocelo, non è l'abbigliamento più consono per farsi travolgere dalla passione.
“Oh buongiorno Angie”
“Quando ti sei alzata? Mi hai spaventata a morte!”
“Come vedi, non sei l'unica campionessa in questo sport”
“Eheh vedo, l'allieva ha superato la maestra” commenta ridendo. Ma che ti ridi? Adesso ti sistemo io.
“Come stai? Ti vedo decisamente meglio stamattina”
“Sì, va meglio, non ho più la febbre... credo... e anche la tosse va meglio”
“Eh sì, certe medicine fanno miracoli...” osservo catturando una banana dal cesto alle mie spalle sul tavolo.
“Quelle bustine che mi hanno dato in farmacia sono una bomba, devo ricordarmi di non buttare la scatola”
“Oh beh, certo, anche quelle”
“Tu? Com'è andata la serata?” che carina, fa la gnorri.
“Bene. Melanie ha provato a tornare con Mike e lui l'ha rimbalzata alla grande” le spiattello tutto velocemente, in modo da sbrigare subito la pratica e poterci poi dedicare all'argomento più succulento del giorno.
“Cosa?! Ma... lì, con te presente?” chiede allibita mentre io sbuccio il frutto con tutta calma.
“Nah, un'altra sera. Comunque niente di che, me l'ha raccontato e io ho fatto la finta tonta”
“Capisco... cavolo, che situazione”
“Alla fine ha detto anche a lei che vuole tempo per capire, quindi i casi sono due: o è la storia che ha deciso di rifilare a tutte quelle di cui si è rotto le palle o è la verità”
“Credo sia la verità, Meg. Alla fine è-”
“Sì sì, lo so anch'io. Ma non è di questo che volevo parlare con te”
“Uhm ok, che volevi dirmi?” chiede un po' spiazzata.
“Io niente. Tu? Non hai niente da dire?”
“Io? In che senso?”
“Non c'è niente che mi devi dire? Nulla di nuovo da raccontare?” la incalzo prima di addentare la banana.
“No, perché?”
“Non so, vedi tu”
“La smetti di parlare per allusioni? Cosa c'è? Che è successo?”
“A me niente, a te invece le cose da dire non mancherebbero... se solo volessi”
“Non penserai ancora che mi drogo, vero?”
“Ahahah no, mi riferisco a un altro tipo di dipendenza”
“Di che cazzo stai parlando?”
“Dipendenza da maschietti! Cazzo, Angie, non ti facevo così mangiatrice di uomini. Prima Jerry, poi Dave e adesso...”
“Adesso chi? Che cosa?”
“Mah non saprei, magari qualcuno che casualmente si è fermato a dormire qui stanotte, che dici?”
“Ma chi? Eddie?”
“AH ECCO! ALLORA NON ME LO SONO SOGNATO!”
“Ha dormito qui, e allora?” Angie fa spallucce, anche se un po' intimorita dal mio tono di voce.
“E allora? E allora dimmelo tu”
“E allora niente, è passato a trovarmi e ci siamo addormentati davanti alla tv, visto che si è fatto un po' tardi gli ho detto che poteva dormire qui”
“Qui? Proprio qui?” domando ironica, indicando il pavimento e il tavolo”
“Ahah va beh, come sei letterale. Ha dormito sul divano ovviamente”
“Sul divano?”
“B-beh, sì. Perché?”
“Strano, non l'ho visto quando sono rientrata”
“Ma tu a che ora sei tornata?”
“Un po' dopo le cinque”
“Eh beh, per forza non l'hai visto, eheh, a quell'ora ronfavamo davanti alla tv. Ci saremo svegliati alle, boh, sei meno un quarto, gli ho detto che poteva dormire qualche ora sul divano se voleva”
“Sei meno un quarto?”
“Sì”
“Sei meno un quarto me lo chiami un po' tardi?”
“Beh sì, nel senso che è talmente tardi che è praticamente presto”
“Angie, si capisce che non sei ancora guarita del tutto, di solito menti meglio di così” osservo finendo la banana e buttando la buccia nella spazzatura, per poi tornare al posto di prima.
“Che dici, io non sto ment-”
“Sì, invece, lo so che Eddie ha dormito con te, quindi taglia corto con le stronzate e comincia a raccontare” incrocio le braccia e godo sapendo che la mia vittima sta per capitolare.
“Ma che ne sai, non è vero!”
“Vi ho visti, quindi è inutile che cerchi di arrampicarti sugli specchi”
“CHE COSA?”
“Prima di andare a letto ho sbirciato in camera tua per vedere se stavi bene, se avevi bisogno di qualcosa”
“MEG!”
“E ho visto che no, non avevi bisogno di nient'altro, avevi già tutto quello che ti serviva” accompagno il commento con un occhiolino, che ovviamente per lei peggiora la situazione.
“Oddio, guarda che eheh non è come pensi”
“E allora dimmi com'è, avanti, sono tutta orecchi”
“Ci siamo addormentati davanti alla tv e-”
“Ancora con questa cazzata”
“No, è la verità! Abbiamo visto un film, poi lui ha iniziato a fare zapping e siamo finiti su quelle cazzo di telepromozioni che gli piacciono tanto. Tra i residui di febbre e la sonnolenza da medicinali, sono crollata tempo zero”
“Seh, va beh, e vi siete risvegliati alle sei meno un quarto”
“No, molto prima, verso le due e mezza”
“Questo mi sembra già un pochino più credibile. Poi?”
“Eddie mi ha svegliata, beh, ci ha provato”
“Spero abbia aspettato che fossi sveglia prima di provarci” lo so, sono una stronza.
“Piantala Meg! Intendevo che ha provato a svegliarmi, io mi ricordo a malapena, ero nel dormiveglia, ho dei vaghi ricordi di lui che mi dice che è tardissimo e che va via e io che gli propongo di fermarsi a dormire qui vista l'ora, era anche senza macchina”
“E a quanto pare Eddie è un altro che prende tutto alla lettera, visto che si è infilato sotto le tue lenzuola”
“Mentre ero mezza addormentata mi pare mi abbia chiesto una coperta per sistemarsi sul divano e io devo avergli detto qualcosa del tipo che poteva dormire anche lì, che tanto il letto era grande, o una cosa del genere”
“E brava Angie! Questa era geniale, mi sa che da addormentata sei più sveglia che di solito”
“E basta, è finita lì, non è successo niente”
Non così sveglia a quanto pare.
“Come niente?”
“Niente! Abbiamo dormito, poi si è svegliato, mi ha salutato e se n'è andato, cinque minuti fa”
“Avete dormito”
“Certo!”
“E avete scopato prima di dormire o dopo?”
“MEG MCDONALD!”
“O tutt'e due?”
“Né prima né dopo, io e Eddie non abbiamo fatto... quello!”
“Oddio, non riesci nemmeno a dire scopare e Eddie nella stessa frase, allora ti piace sul serio!”
“No, l'accostamento è semplicemente troppo ridicolo per poter essere pronunciato”
“Ridicolo, eccome, da ammazzarsi dalle risate proprio”
“Risate o no, non c'è stato niente, chiaro?”
“Sei seria?”
“Serissima, abbiamo dormito e stop”
“Beh... però da com'eravate messi sembrava tutt'altro” sferro il mio secondo attacco senza aspettare che si riprenda totalmente dal primo.
“Che vuoi dire? Perché? Com'eravamo messi?”
“Vicini, per dirla con un eufemismo”
“Il mio letto ha due piazze, non quarantacinque, è normale essere vicini”
“Sì però voi occupavate la stessa piazza in due”
“Ahahah che cosa?”
“Eravate teneramente accoccolati uno sull'altro, non fare la finta tonta”
“Te lo stai inventando” Angie cerca di mantenere una certa compostezza mentre mi guarda spalancando gli occhi.
“Lo giuro su quello che vuoi: dormivate abbracciati”
“Esagerata, magari si sarà girato dalla mia parte nel sonno e-”
“No no, Eddie era per i fatti suoi, eri tu a invadere la sua metà del letto”
“COSA?!”
“Eravate così, tu sei Eddie e io sono te.” corro dietro di lei e l'afferro per i fianchi, tuffando il naso nei suoi capelli mentre ridacchio “Gli respiravi direttamente nell'orecchio”
“CAZZATE”
“Te lo giuro sulla mia macchina nuova” lei si volta e io mi allungo per guardarla negli occhi e vedo il momento stesso in cui il terrore si impossessa di lei.
“Oh merda”
“Eravate carini”
“OH MERDA” urla dirigendosi in sala.
“Deduco che non vi siate svegliati così stamattina” la seguo fino al divano, dove si lascia cadere mollemente.
“Quando mi sono svegliata Eddie era già in piedi”
“Allora solo lui si è svegliato tra le tue braccia, forse”
“OH MERDA!” Angie si copre la faccia con un cuscino del divano.
“Dai, ho detto forse! Magari poi dormendo l'hai liberato”
“Sono una cazzo di molestatrice” borbotta lei da dietro il cuscino.
“Dai, non esagerare, non hai fatto niente di male”
“No, infatti, che male c'è ad avvinghiarsi a una persona che dorme? Perché è un ragazzo, cosa diresti se fosse stato il contrario invece? Se un uomo palpeggia una donna nel sonno non è un maniaco? Cosa sono questi, due pesi e due misure?”
“Allora punto primo, non l'hai palpeggiato, l'hai abbracciato; punto secondo, dormivi anche tu, quindi non l'hai fatto apposta”
“Ok, ma povero Eddie comunque”
“Oh sì, povero Eddie... aveva una faccia... si vedeva proprio che era dispiaciutissimo di stare tra le tue braccia!”
“Ma che cazzo c'entra, dormiva! Mica sapeva dove stava. Magari stava facendo un bel sogno, che so, magari sognava la sua tavola da surf o gli Who al Kingdome” ribatte levandosi il cuscino dalla faccia e appoggiandoselo sulle ginocchia.
“O Angelina Pacifico che gli faceva i grattini sulla pancia”
“OH MERDA” Angie si butta in avanti in picchiata e riaffonda il viso nel cuscino.
“Ahahah dai, la fai più grave di quanto non sia”
“Se eravamo così quando si è svegliato, mi ammazzo”
“La fai molto grave, direi”
“Uff, questa cosa con Eddie mi sta sfuggendo di mano” Angie si alza, lascia cadere questa affermazione come il cuscino sul divano e se ne va in camera sua, sperando di chiuderla così.
“Questa cosa cosa?” le chiedo andandole dietro come un cagnolino.
“Cosa?”
“Cosa sarebbe questa cosa?”
“Di che cosa stai parlando?” se spera di farmi uscire di testa si sbaglia di grosso.
“Hai detto questa cosa con Eddie... Vuol dire che tra te e Eddie c'è qualcosa, no?”
“Io e Eddie siamo amici”
“Seh, come no”
“Amici... un po' speciali” ammette sedendosi sul suo letto, proprio dal lato dove stava Eddie fino a qualche ora fa.
“HA! Lo sapevo!”
“Ma non nel senso che intendi tu” Angie inizia a raccontare del patto di reciproco aiuto nei momenti di difficoltà imbarazzanti, delle loro conversazioni, della dolcezza di Eddie nei suoi confronti, delle confidenze e delle coccole davanti alla tv che lei chiama con un altro nome più complicato e meno realistico. Da un lato sono soddisfatta nell'apprendere che non mi sono sognata tutto e che il mio sesto senso ci ha azzeccato in pieno, dall'altro non posso fare a meno di sentirmi un po' triste perché, voglio dire, dov'ero io mentre succedeva tutto questo? Come ho fatto a non accorgermene prima? Il periodo in cui Angie era arrabbiata con me è ormai passato e archiviato, ma gli effetti di quella piccola lite si vedono tutt'ora, nella distanza creata dalle cose non dette, dai consigli non dati e non richiesti. La mia amica me ne sta parlando ora e va bene, anzi, benissimo, perché vuol dire che è tornata a fidarsi di me, ma resta il fatto che per un certo lasso di tempo, seppur breve, non ho fatto parte della sua vita, o almeno non abbastanza, e la cosa mi brucia un po'.
“Ok, allora, fammi capire: ti chiama solo per sentire la tua voce, ti fa le coccole, ti compra la cioccolata, ti salva dai ragni, ti porta a vedere le stelle... Diciamo che il senso che intendevo io era leggermente più porno e meno rosa, ma si avvicinava molto” commento restando ancora sulla porta.
“Quanto sei scema”
“No, la scema sei tu, tesoro. Non può essere semplicemente che gli piaci?”
“No”
“E perché no?” chiedo perplessa, aspettandomi il solito pippone sul suo essere un cesso e cagate simili.
“Perché me l'ha detto”
“Come te l'ha detto? In che senso?”
“Me l'ha detto, quanti sensi conosci?”
“Ti ha detto che non gli piaci?” la raggiungo sul letto incredula. Beh, se così fosse, sarebbe stato onesto da parte sua, ammettere di volerla solo come amico, senza prenderla in giro. Però non puoi dire una cosa e poi nei fatti andare nella direzione opposta.
“Non così, ma sì, me l'ha fatto capire” Angie ridimensiona la cosa e io tiro un sospiro di sollievo.
“Ah! Allora non te l'ha detto”
“Me l'ha fatto capire!”
“E come?”
“Beh, tanto per cominciare mi ha detto che gli mancava la sua ragazza”
“Gli mancava? Quando te l'ha detto?”
“Alla sua festa di compleanno”
“E' passato più di un mese, magari non gli manca più”
“Invece sì, anche se non parla più di lei, si capisce che ci sta ancora male, anzi, lo si capisce proprio perché non la nomina più”
“O magari non la nomina più perché gli interessa un'altra persona”
“Sì, infatti c'è un'altra ragazza: la tipa che si è inventato per scaricare Violet” risponde con un ghigno.
“La cotta immaginaria...” ripeto tra me e me mentre le rotelline del mio cervello cominciano a lavorare.
“Anche il fatto che non esca mai con nessuna ragazza... E' ovvio che è ancora sotto per Beth”
“Questo non è esatto: è uscito con te”
“Io sono un'amica”
“Ma sei anche una ragazza. Una ragazza con cui è molto affettuoso”
“Eddie mi ha lasciato intendere chiaramente che gli manca la sua ragazza, la sua presenza... Se è affettuoso probabilmente o è nel suo carattere o è perché gli manca... beh sì, un po' di calore umano, per colmare l'assenza di Beth”
“Che cazzata, se volesse solo del calore umano ci proverebbe con tipe qualsiasi, non credi? Che glielo darebbero volentieri”
“Non lo farebbe mai, col rischio che l'altra persona fraintenda o che la cosa dia inizio a un coinvolgimento più o meno emotivo, come poteva succedere con Violet per esempio, che è poi il motivo per cui l'ha evitata” continua lei ed è quando pronuncia il nome di Violet che un set di sveglie comincia a suonarmi in testa all'unisono.
“Che è poi il motivo per cui se n'è uscito con la storia della presunta cotta”
“Esatto”
“ESATTO UN CAZZO, ANGIE! NON HAI CAPITO??” salto in piedi sul letto, non prima di averle dato una sonora pacca sulla schiena.
“Meg, sei impazzita?”
“SEI TU, CAZZO!”
“Il potassio della banana comincia a fare effetto, vedo. Mai sottovalutare i sali minerali” ribatte sarcastica, mentre continuo a saltellare sul letto.
“Ti reputo una persona intelligente, perciò rifletti: stava con un suo amico, poi si sono lasciati e in seguito frequentava un altro”
“Ma chi?”
“La tipa immaginaria che ha rubato il cuore a Eddie, non ti ricordi, questo è quello che ha raccontato a Violet, giusto?”
“Sì, e allora?”
“E allora, quella cretina ha pensato a me, ma non è tutta colpa sua, dopotutto ci sono cose che lei non sapeva”
“Di che diavolo stai parlando, Meg? E puoi smetterla di saltare sul mio letto?”
“No. Tu con chi stavi quando hai conosciuto Eddie?”
“Tecnicamente con nessuno”
“E non tecnicamente? Dai, su, non rendere le cose più difficili”
“Con Jerry? E quindi?”
“Jerry lo possiamo definire un amico o conoscente di Eddie, no?”
“Più o meno”
“Poi vi siete lasciati male, giusto?”
“Giusto”
“E poi chi hai frequentato?”
“Nessuno”
“Ahahah davvero? Non dire cazzate”
“Non capisco dove vuoi arrivare”
“Allora mettiamola così: con chi sei uscita un paio di volte rispolverando i vecchi tempi e, a quanto pare, solo quelli?”
“Ok, con Dave. E quindi?”
“E quindi non ti sembra una coincidenza molto strana?” con un ultimo salto torno in posizione seduta, proprio di fronte a lei.
“No, che coincidenza?”
“Angie, non fare finta di non capire, per piacere”
“E va bene, ho capito cosa stai insinuando, ma preferisco far finta di non capire perché non voglio offenderti ridendoti in faccia”
“E' così assurdo che Eddie possa avere una cotta per te?”
“Sì, talmente assurdo da non essere vero”
“Mmm ok. Tu invece?”
“Io cosa?”
“Tu che provi?”
“Che vuol dire che provo? Niente”
“Non provi niente? Ti è indifferente? Non ti interessa di lui?”
“Certo che mi interessa, ci tengo... da amica”
“Da amica e basta?”
“Sì” risponde troppo in fretta.
“Non è che anche a te fa piacere questo scambio di calore umano?”
“Sì... cioè, no... oddio, mi fai sentire una persona orribile!” Angie si infila sotto le coperte imbronciata.
“Ahahah orribile? E perché mai?”
“Perché mi stai praticamente dicendo che sto usando Eddie perché mi sento sola”
“Che è poi la stessa cosa che tu stai dicendo di lui da quando abbiamo iniziato a parlare”
“E' diverso, Eddie non mi sta usando”
“Ah quindi se lo fa Eddie va bene e se lo fai tu no?”
“Eddie non lo fa con malizia, non consapevolmente”
“E invece tu...?” e qui ti volevo.
“Io... uff...” Angie si tira il piumone sopra la testa per nascondersi.
“ALLORA TI PIACE, AMMETTILO!” la aggredisco attraverso le coperte.
“No”
“Devo ricominciare a saltare?”
“E va bene, mi piace, ok? E' un bel ragazzo ed è anche interessante. E affettuoso. Ed è un caro amico e  io dovrei reagire con distacco e invece no, sono stronza!” Angie riemerge dalle coperte, il broncio trasformato in una smorfia sofferente.
“Angie, non c'è niente di male se ti fai coccolare un po'...”
“E invece sì, perché nonostante tutto finirò per illudermi, lo so già”
“A volte le illusioni diventano realtà, anzi, a volte siamo così confusi da scambiare la realtà per illusione”
“O viceversa”
“Senti, io non conosco bene Eddie, non quanto lo conosci tu, e non so se ha effettivamente una cotta per te, ma se c'è una cosa di cui sono sicura al 100% è che ci tiene a te e ti rispetta troppo per usarti come dici tu”
“Lo so”
“E che ha un bel culo, anche quella è una solida certezza” aggiungo riuscendo finalmente a farla ridere, ma anche a farle scatenare una guerra di cuscini all'ultimo sangue.
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“EDDIE! EDDIE!” la voce ancora un po' rauca di Angie mi chiama a gran voce attraverso la porta del camerino.
Beh, camerino è una parola grossa, diciamo stanza con divanetto e posacenere dove le band che suonano all'Off Ramp possono cazzeggiare prima e dopo il concerto e lasciare il proprio segno chissà quanto indelebile sulle pareti, già interamente ricoperte di scritte e firme. Devo essermi appisolato mentre ero sovrappensiero.
“Sì, ci sono”
“Sì può?” chiede di nuovo bussando.
“Certo, entra” rispondo nascondendo con un calcio sotto il divano la maglietta sudata che mi sono cambiato dopo il concerto.
“Ehi, che fai lì impalato? Ti stanno aspettando tutti. Beh, quasi tutti, Stone è già partito senza di te”
“Scusa, stavo... stavo scrivendo e ho perso la cognizione del tempo”
“Il live di stasera ti ha ispirato?” continua chiudendosi la porta alle spalle e avanzando verso di me.
“Sì, eccome”
“Beh, ci credo, è stato fantastico. E tu sei davvero migliorato, devo dare ragione a Jeff”
“Oh grazie”
“Molto più energico e appassionato, mi sei piaciuto!”
“Mi fa piacere, la tua opinione è importante per me”
“E anche l'alchimia tra di voi, si vede che suonate insieme da più tempo”
“E il pezzo nuovo?”
“Ehm che?”
“La canzone nuova... Oceans... quella che ti ho dedicato... che ne pensi?” non so come mi è venuto, non so come posso aver fatto una cosa del genere. Forse il vino che ho bevuto prima di salire sul palco per sciogliere i nervi ha avuto un ruolo in tutto questo.
“Oh quella! Bellissima, un po' strana...”
“Già, non c'entra molto col resto”
“Però mi è piaciuta, molto... come dire... suggestiva”
“Sono contento. E ti è piaciuto anche quello che ho detto? Voglio dire, su di te, eccetera...” ho dedicato la canzone a lei definendola una persona speciale che adoro e che avrei sperato di vedere dopo il concerto. Mentre lo dicevo mi immaginavo che sarebbe fuggita per la vergogna dopo cinque secondi, invece è rimasta lì, impietrita e rossa come un peperone, ma pur sempre lì. E ci è rimasta per tutto il tempo della canzone e per tutto quel tempo non le ho tolto gli occhi di dosso.
“Oh beh, sì, mi ha un po' sorpreso, cioè, più di un po'” risponde con lo sguardo fisso sul pavimento e le mani dietro la schiena.
“Non volevo metterti in imbarazzo” però l'hai fatto, grandissima testa di cazzo.
“No, tranquillo, figurati”
“E' che la canzone... beh, l'ho scritta per te, e mentre ero là sopra ti ho vista e allora non ho potuto farne a meno, mi è venuto spontaneo”
“E' una bellissima canzone, Eddie”
“E' merito tuo”
“Eheh no, l'artista sei tu! Comunque mi piace moltissimo il testo, quando parli del legame, sottile come un filo, ma allo stesso tempo indistruttibile, e del fatto di esserci sempre per l'altra persona, del ritornare sempre” spiega venendosi a sedere accanto a me sul micro-divano.
“Già”
“E' una gran canzone sull'amicizia, quella vera” aggiunge sorridendo e a questo punto non resisto più.
“Angie, in quel brano ci sono tantissime cose, ma l'amicizia non è fra quelle”
“No?” domanda stranita.
“No, te lo posso assicurare”
“E allora cosa c'è?”
“Non l'hai ancora capito?”
“Come posso capirlo se non me lo dici?”
“Hai ragione anche tu”
“Allora dimmelo” Angie accavalla le gambe e così facendo sfiora leggermente la mia e il fatto che abbia deciso di mettere una gonna, oltre all'estrema vicinanza, non mi aiuta affatto a concentrarmi.
“Non sono bravo con le parole”
“Disse colui che con le parole ci lavora” ironizza lei col suo adorabile sorrisetto.
“E' diverso”
“Allora non usare le parole” suggerisce con un tipo diverso di sorriso, uno malizioso, che non le ho mai visto, che mi colpisce come una scossa elettrica.
Baciarla non è una decisione ragionata, non è un'azione che compio attivamente, è più che altro un atto inevitabile a cui decido di non oppormi minimamente, sono spettatore di me stesso che le prendo il viso tra le mani e premo le labbra contro le sue, mentre lei mi abbraccia per i fianchi, stringendo più forte nel momento in cui insinuo la lingua nella sua bocca.
“EDDIE!” stavolta è Jeff che mi chiama al di là della porta.
“Sì!” rispondo affannato, staccandomi a malincuore da quel bacio.
“EDDIE SEI VIVO? TI MUOVI?!”
“Eddie?” stavolta è la voce più dolce di chi mi sta accanto a chiamarmi, mentre io ho lo sguardo fisso verso la porta, almeno finché Angie non mi prende il mento tra le dita e mi forza a guardarla. E' stupenda, le guance in fiamme, i capelli un po' spettinati, la matita sull'occhio sinistro leggermente sbavata quasi sicuramente da me, le labbra dischiuse.
“Sì?”
“Potresti spiegarti meglio?”
“Eh?” chiedo con i pugni del bassista sulla porta in sottofondo.
“Quello che mi dovevi dire, senza parole... Non ho capito bene” spiega seria seria, scuotendo la testa.
“COME NON HAI CAPITO?? MA CHE CAZZO, ANGIE, MI SEMBRA CH-” mi sale in un attimo il sangue al cervello, fino a quando lei non mi punta l'indice sulla bocca zittendomi.
“Eh sì, non ho capito, perciò me lo devi rispiegare... nel senso che dovresti continuare a spiegarmelo, come hai fatto prima, ancora per un po'...” Angie sostituisce il dito con le sue labbra, che sussurrano la sua richiesta sulle mie.
“EDDIE! TOCCA A NOI!” il mio collega urla, ma io non capisco neanche il senso di quello che dice.
“AAAH! Sì, beh, volentieri, ma... ecco... c'è Jeff che mi chiama e...”
“... e chi se ne frega” ribatte prima di stamparmi una fila di bacini sul solo labbro inferiore, che poi cattura tra i denti.
“Ma infatti...” bofonchio io con la bocca mezza occupata “Che cazzo me ne frega”
“AH NON TE NE FREGA EH? ASPETTA CHE LO DICA A STONE!” spalanco gli occhi a quell'urlo e mi ritrovo Jeff in piedi davanti a me a braccia conserte e sguardo metà torvo e metà divertito.
“Ehi Jeff, che caz-” confuso, mi tiro su mettendomi a sedere meglio sul divano, su cui non c'è nessuno a parte me.
“Ma che fai? Dormi? Tocca a noi, suoniamo tra cinque minuti!”
“Mi sa che mi sono appisolato” commento realizzando che il concerto non c'è mai stato, non ancora. E nemmeno tutto il resto.
“Ahahah non è il momento di dormire questo, cerca di svegliarti su!”
***
“Ma il pezzo nuovo?” domanda Angie, rompendo il silenzio all'interno del mio pick up dopo che abbiamo accompagnato Mike a casa.
“Che? Quale pezzo?”
“L'altra sera non mi hai detto che avevi scritto un pezzo nuovo, diverso dagli altri?”
“Ah quello! Sì, beh, molto diverso, troppo. Più che altro è un lento, abbiamo già Release, volevamo che il resto del set fosse più energetico ecco” spiego arrampicandomi sugli specchi. In realtà Stone aveva proposto di farla proprio al posto di Release, ad aprire il concerto, ma mi sono opposto, spalleggiato stranamente da Jeff. Ancora più stranamente l'abbiamo avuta vinta.
“Capito. Il mistero si infittisce” commenta ridacchiando e io butto per l’ennesima volta lo sguardo sulle sue gambe, che vedo per l’ennesima volta fasciate dai jeans e non scoperte come nel mio stupido sogno.
“Hai sonno, Angie?”
“Beh, no, cioè, non esageratamente, perché?”
“Perché io non ne ho”
“Ommioddio, che cosa strana!” scherza sgranando gli occhi.
“Non voglio andare a casa subito, che dici, facciamo un giro?” le propongo fingendo che l'idea mi sia venuta così sul momento, quando in realtà ho pianificato tutto quasi nei minimi dettagli. Ho preso il mio pick up apposta calcolando che dopo il concerto e dopo la riunione al pub Jeff se ne sarebbe andato via con Laura a casa di lei, Dave sarebbe andato dalla fidanzata e Stone e Mike avrebbero preso il furgone della band. Angie mi aveva anche anticipato al telefono che Meg sarebbe venuta solo al concerto, onde evitare scene imbarazzanti con McCready, e se ne sarebbe poi tornata a casa per i fatti suoi. Avevo il quadro della situazione e ci avevo quasi preso, il quasi soltanto perché non avevo calcolato Grace. Stone si è presentato mano nella mano con lei, e non si sono certo limitati alle mani, senza ovviamente dare alcun tipo di spiegazione sulla rapida evoluzione del loro rapporto, cosa che dopotutto non era tenuto a fornirci. Buon per loro! Un po' meno per me, perché alla fine mi sono ritrovato con un chitarrista non previsto in macchina. Mike però, non so se apposta o per caso, ha insistito perché lo accompagnassi a casa per primo e Angie non si è opposta alla richiesta.
“Mmm ok, dove?”
“Partitella?” le propongo nel momento in cui passiamo davanti al campetto vicino a casa sua.
“Ahahah a quest'ora?!”
“Perché no?”
“E la palla dove la troviamo? Ce l'hai dietro?”
“Ah già” che cazzo, potevo pensarci!
“Facciamo un giro in centro magari” propone, lasciando intendere che allora non le dispiacerebbe passare un altro po' di tempo con quel coglione di Eddie.
“Aggiudicato!” esclamo mentre pigio un po' di più sull'acceleratore “Mi è anche venuta un'idea”
“Devo cominciare ad aver paura?”
“Nah. Non ancora, almeno”
***
“Tu sei scemo” le sento dire quando sono in cima alla breve scalinata che porta alla biglietteria, mi volto e la vedo ferma ai piedi delle scale, che mi guarda come se fossi pazzo. O scemo, per l’appunto.
“Dai, perché?”
“Hai detto che mi portavi all'acquario”
“Lo so,” rispondo beffardo indicando la cima dello Space Needle “ho cambiato idea: questo mi sembra più divertente”
“A me no”
“Hai detto che non soffri di vertigini”
“Invece sì, ti ho detto che a volte mi da fastidio guardare gli edifici alti”
“E noi ci saliamo in cima, così dall'alto non ti creerà nessun fastidio” rispondo scendendo di nuovo giù per raggiungerla.
“Col cazzo”
“Perché? Di che hai paura?”
“Come di che ho paura? Come ci si sale secondo te sul tetto dello Space Needle? Con una scala a pioli?”
“Ah! L'ascensore!”
“Già, l'ascensore”
“Ma è veloce, ci mette pochissimo”
“Un ascensore razzo, molto rassicurante. Grazie, ora sì che ho voglia di salirci”
“E poi è trasparente, è come se fosse aperto, non ti dà il senso di claustrofobia”
“Perfetto, così potrò vedere con precisione dove andremo a sfracellarci quando precipiterà al suolo con noi dentro” ribatte serissima e io non riesco a non scoppiargli a ridere in faccia.
“Ahahah come sei drammatica!”
“E' la stessa cosa che dirò io a te quando piangerai come un vitello prima dello schianto”
“Ah! Allora vuol dire che ci vieni” esclamo prendendola per mano, sperando di averla già incastrata.
“Col cazzo”
“E' il simbolo della città, non puoi non esserci stata”
“Tu ci sei già stato?”
“No”
“E allora!”
“E' proprio per questo che voglio salirci, con te” provo a tirarla verso di me, niente.
“Io che c'entro, non sono un'attrazione di Seattle” questo lo dice lei.
“Dai, cazzo, è come andare a Parigi e non visitare la Torre Eiffel”
“Io ci sono stata a Parigi, la Tour Eiffel l'ho vista da lontano e mi reputo ugualmente soddisfatta”
“Sei andata a Parigi? Mi piacerebbe visitarla un giorno, non sono mai stato in Europa” non sono mai stato in un sacco di posti.
“Né mai ci andrai se muoriamo stasera su questo cazzo di ascensore” stacca la mano dalla mia e incrocia le braccia.
“Ahahah senti, Angie” mi avvicino ancora e lei cerca di evitare il mio sguardo guardando a terra.
“No, non ne voglio sapere” illusa.
“Ascoltami” le metto le mani sulle spalle e praticamente la obbligo a guardarmi.
“No”
“Non moriremo” che poi non lo so, magari moriremo, in fondo ce ne andremo tutti prima o poi, e allora tanto vale fare quello che l'istinto ci dice di fare quando ne abbiamo voglia, finché siamo in vita. E l'istinto mi dice che prima di morire voglio baciare Angie su quel cazzo di ponte di osservazione.
“Che ne sai?” chiede come se fosse davvero una domanda seria.
“Te lo prometto, va bene?” non mi sembra il caso di spiegarle il mio punto di vista e mi limito a rassicurarla.
“Uffa, Eddie” sbuffa.
“Fidati di me”
“Guarda che lo so che non è razionale, che sto facendo la figura della deficiente, ma ho paura”
“Ma non devi”
“Non ci posso fare niente”
“Ci sono io con te”
“A meno che tu non sappia volare come Superman, non vedo come la tua presenza possa essermi d'aiuto in questo caso specifico”
“Dai, accompagnami” non capisce che è la sua presenza ad aiutare me e io non so come altro farglielo capire.
“No”
“Sarà divertente” sorrido e le stringo leggermente le spalle.
“Piantala”
“Per favore” sorrido di più.
“Te le spiano col ferro da stiro quelle fossette di merda”
“Grazie, so che per te è stato un grande sforzo accettare, significa molto per me” le dico quando siamo dentro, dopo aver comprato i biglietti.
“Significa che sei uno stronzo”
“Anch'io ti voglio bene” le dico senza pensarci e anche Angie sembra non farci caso più di tanto, sarà troppo distratta dalla fifa.
“E se prendessimo le scale?” chiede mentre ci mettiamo in fila per uno degli ascensori. C'è poca gente, non dovremo aspettare molto.
“Le scale?”
“Sì”
“Non ci sono scale, Angie”
“Ci saranno per forza, ci devono essere. Per il personale, la manutenzione, anche per le emergenze”
“Non credo ci siano. E anche se ci fossero... ti fai sessanta piani di scale?”
“Volendo”
“Per evitare un minuto di ascensore?”
“Perché, ci mette così tanto?” mi afferra per il braccio e mi guarda seriamente spaventata.
“Nah, magari anche meno, ho sparato a caso”
Quando le porte dell'ascensore si aprono e i visitatori che hanno finito il loro giro scendono, Angie capisce che tocca a noi e avanza rassegnata verso il suo destino, senza mollare il mio braccio, cosa che non mi dispiace affatto. Io vorrei rimanere davanti, per guardare il panorama durante la salita, ma Angie mi trascina dietro, in fondo all'ascensore, e anche se un po' mi scoccia, penso valga la pena fare un piccolo sacrificio per lei. Le porte si richiudono e non appena l'ascensore si stacca da terra, Angie mi stringe così forte con entrambe le mani che quasi mi trapassa il braccio con le unghie. Durante la salita, il ragazzo dell'ascensore ci informa che stiamo viaggiando a circa dieci km all'ora e racconta una breve storia della costruzione della torre, ma non credo che Angie senta nulla di tutto questo. E nemmeno io sento più niente, visto che ormai ho perso la sensibilità al braccio. Quando arriviamo in cima tiriamo un sospiro di sollievo in due, lei perché è ancora viva e io perché mi tocco l'arto e scopro con piacere che è ancora attaccato al corpo.
“Visto? Non siamo morti” le dico mentre iniziamo a percorrere il perimetro della terrazza.
“Non cantare vittoria, posso sempre buttarti di sotto se non la smetti di stuzzicarmi” una Angie decisamente più rilassata mi spinge via e si appoggia alla balaustra, per godersi il panorama. La nottata è limpida e la vista è fantastica. Mi indica da che parte dovrebbe essere casa sua, la mia, le case di tutti i nostri amici, l'Off Ramp, poi le montagne Cascade e la Elliot Bay, quella che abbiamo visto l'altra sera, da molto più in basso a Pike Place. Io faccio finta di guardare ogni volta, in realtà non le stacco gli occhi di dosso, aspettando che mi veda, che si accorga di me, che si crei quella piccola parentesi di imbarazzo che precede un bacio, ma lei non mi caga proprio. Avanziamo lungo la terrazza e mi indica una serie di parchi e via via altri luoghi di interesse di Downtown Seattle. A questo punto provo a concentrarmi sul panorama, ma la mia attenzione è catturata da qualcos'altro.
“Wow!” esclamo dopo aver afferrato due dei cavi orizzontali di sicurezza che circondano la terrazza e averci infilato in mezzo la testa per guardare meglio “La vista è tutta un'altra cosa senza barriere”
“Eddie che fai? Non si può” sento Angie darmi un paio di strattoni alla giacca.
“Com'è il detto? Se ci passa la testa, ci passa anche tutto il corpo...”
“Che razza di detto è? Io non l'ho mai sentito”
“Ti va un souvenir?”
“Sì, già che sono qui andrò a prendermi una cartolina e un paio di calamite prima di andare. Sai che le colleziono?”
“Sì, ne ho intravista giusto qualche decina a casa tua”
“Esagerato”
“Comunque io pensavo a qualcos'altro, qualcosa di più particolare, di prezioso” sottolineo sporgendomi un po' di più.
“Del tipo?”
“Tipo quelle” rispondo infilando anche il braccio destro tra i cavi e indicando gli oggetti di mio interesse.
“Quelle cosa?”
“Quelle,” spiego indicando di nuovo la fila di luci appollaiate su un sostegno di acciaio a circa tre metri da qui “stavo pensando di andare a prendere una di quelle lampadine”
“Ahahah seh, come no”
“Quello sarebbe il souvenir definitivo” levo la testa dai cavi e mollo la presa, mi guardo attorno constatando che non c'è nessuno negli immediati paraggi e per un paio di secondi Angie è ancora convinta che io stia scherzando, almeno fino a quando non mi siedo con un balzo sulla balaustra e mi infilo di nuovo tra i due cavi, stavolta fino al petto.
“EDDIE?!”
“Shhhhhh non gridare o qualcuno verrà a vedere che succede”
“Oh lo spero e spero porti con sé una camicia di forza robusta. Sei impazzito??” Angie mi afferra di nuovo per la giacca.
“Perché?”
“Siamo sopravvissuti all'ascensore e vuoi morire facendo free climbing sulla torre?”
“No, voglio solo farti un regalo” provo a uscire dalla recinzione, ma Angie non molla.
“Il regalo migliore che puoi farmi in questo momento è scendere di lì”
“Perché non sarebbe solo una lampadina, sarebbe un simbolo, di quello che sono e di ciò in cui credo”
“Credi nel suicidio?”
“Credo nell'oggi, nell'adesso, nel vivere ogni momento come fosse l'ultimo perché non sappiamo quanto ci resta. L'hai detto anche tu, può succedere, potrei morire su quell'ascensore del cazzo nella discesa e non aver mai provato la sensazione di stare sospeso a più di 150 metri da terra” e nemmeno la sensazione di baciarti, se è per questo, che poi sarebbe il motivo per cui ti ho portata qui, come se fosse necessario un posto particolare per baciare una persona. Il fatto è che adesso mi sono fissato con quelle cazzo di lampadine e non c'è nulla che possa distogliermi da questo pensiero.
“E io non ho mai provato la sensazione di prenderti a calci nel culo, me lo fai questo regalo?” ringhia guardandosi attorno.
“Guarda che sono bravo ad arrampicarmi, ce la faccio”
“Scordatelo”
“Sarebbe una vera figata!”
“Queste figate falle quando non ci sono io. O non farle proprio, che è meglio”
“Senti, io vado” faccio per muovermi e Angie mi afferra un piede e mi tira all'ingiù così bruscamente che per un attimo mi sbilancio per davvero.
“Se ti muovi di un solo millimetro caccio un urlo così forte da svegliare tutta Seattle e ti faccio arrestare”
Alla fine, dopo qualche altro minuto di battibecco, seppur con riluttanza, desisto dalla mia impresa e ritorno coi piedi per terra. Beh, per terra, più o meno. Per tirarla su le compro tre cartoline e quattro calamite, poi mi lamento un po’ perché ho perso l'occasione di provare un brivido per colpa sua, lei mi insulta con epiteti più o meno volgari. E' così che trascorriamo il resto del nostro giro, tanto che quando mi ritrovo in macchina con Angie quasi non mi rendo conto di come ci sono arrivato. Vivere l'attimo eh? Carpe diem? L'attimo con Angie non l'hai colto però, l'hai perso alla grande. E mentre ci penso non mi rendo conto che il tempo che passa è fatto di moltissimi attimi, che si potrebbero sfruttare, o meglio, me ne rendo conto, ma nessuno sembra quello giusto. Arrampicarsi su una torre è più facile che dichiararsi a una ragazza?
“Comunque guarda che stavo scherzando, non sarei mai salito lassù” le spiego mentre saliamo le scale del suo condominio.
“Ti stavi già arrampicando”
“Ahah ero solo seduto sulla ringhiera, facevo finta per vedere cosa dicevi”
“Beh, ho detto un sacco di parolacce, contento?”
“Abbastanza”
“Comunque non è vero, adesso dici così per farmi stare calma”
“E' la verità”
“Sto meditando di non darti la cassetta”
“No, la cassetta no! Me l'hai promesso!”
“Ti starebbe bene, come punizione”
“Dai, seriamente, sei arrabbiata davvero?”
“Non sono arrabbiata, solo un po' spaventata” ammette fermandosi su un gradino.
“Per cosa? Non è successo niente”
“Ma poteva succedere”
“Comunque la vista era uno sballo, vero?”
“Vero, era stupenda, anche vista attraverso la barriera” risponde ricominciando a salire.
“Quindi sei contenta di essere venuta?” la incalzo seguendola.
“Sì, ma non ci rimetterò mai più piede ovviamente”
“Ovviamente”
Raggiungiamo il quarto piano e ci incamminiamo lungo il corridoio in silenzio, fino ad arrivare alla porta del suo appartamento.
“Eccoci arrivati. Beh, buona notte Eddie”
“Buona notte a te”
“E buon viaggio per domani”
“Grazie”
“Grazie a te del passaggio, e del giretto”
“Anche se ti ho fatta spaventare?”
“Se te lo risparmiavi era meglio, ma sì, grazie ugualmente”
“Sei troppo buona, non ti merito” rispondo abbracciandola e facendola ridere.
“Ahah già, ti meriti un'amica che ti incita a scalare l'Empire State Building a mani nude e poi ti fa un video mentre cadi” commenta mentre la stringo.
“La videocamera gliela presti tu?”
“Certo che sì” borbotta staccandosi da me e aprendo la porta di casa.
“Immaginavo”
“Allora, ciao Eddie, fai buon viaggio. E fatti sentire ogni tanto in queste tre settimane”
“Sarà fatto”
“Buona notte” Angie fa per entrare, ma la blocco sulla porta.
“Angie, aspetta”
“Sì?”
“Stiamo dimenticando qualcosa non credi?”
“Cosa?”
“Beh... la mia cassetta” rispondo, perdendo l'ennesimo attimo.
“Ah già! Scusami,” Angie apre la borsa e ravana un po' prima di tirare fuori una cassettina per me “Però non devi ascoltarla prima di partire”
“Ok” faccio per prenderla, ma Angie la allontana.
“Prometti!”
“Te lo prometto Angie, grazie” le dico mentre me la porge, poi ne osservo la custodia, completamente bianca “E i titoli?”
“Sorpresa! Perché anticiparti le canzoni quando invece puoi vivere l'attimo e scoprire di cosa si tratta di volta in volta?”
“La finirai mai di prendermi per il culo per la storia del vivere l'attimo?”
“No, non credo”
“Oh menomale, ci speravo!” esclamo, mentre Angie mi saluta di nuovo con un breve abbraccio e si ritira nel suo appartamento, definitivamente.
Sono un coglione. Me lo ripeto a bassa voce una decina di volte, mentre prendo a leggere testate la porta di casa di Angela. L'attimo va vissuto anche nelle piccole cose quotidiane, non solo nelle imprese eccezionali. Dovevo solo portarla lassù, dirle qualcosa di carino, abbracciarla e baciarla, e invece? Perché cazzo è tutto così difficile? Salto in macchina e sono tentato di mettere su la cassetta di Angie, ma non sarebbe giusto, una promessa è una promessa. Accendo allora la radio e lo zio Bruce mi sveglia dalle mie paturnie.
A volte, piccola, è come se qualcuno prendesse un coltello
Tagliente e spuntato
E incidesse un solco di sei pollici
Lungo tutta la mia anima
La notte mi sveglio con le lenzuola fradice
E un treno merci in corsa che mi attraversa la testa
Solo tu, tu puoi placare il mio desiderio
Oooh brucio dal desiderio
Sorrido. So cosa devo fare e lo devo fare adesso.
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