Nei giorni scorsi ho assistito a una prova aperta di The Garden, il nuovo lavoro di Gaetano Palermo, con Sara Bertolucci e Luca Gallio, che quest’anno è stato selezionato per la quarta edizione di ERetici_le strade dei teatri, il progetto di accoglienza, sostegno e accompagnamento critico, ideato e curato dal Centro di Residenza dell’Emilia Romagna.
In scena una black box ospita al suo interno un unico fermo immagine che solo alla fine si smaterializza lasciando lo spazio vuoto. Una donna, vestita con una sottoveste rosso mattone, è riversa a terra sul fondo destro del palcoscenico e lì resterà immobile, mossa solo da un respiro lento e profondo.
La dimensione immaginifica e di spaesamento che si crea per lo spettatore è dettata dalla drammaturgia sonora, che ad ogni cambio di brano amplia l’immaginario in nuove visioni, e dall’impianto luminoso, che resta statico dopo una prima accensione a lampi di neon. Per rifarci al titolo ci troviamo davanti a una natura morta, che fa però permeare di vita quell’immagine statica in ogni attimo che passa.
Fotografia o cinema? Teatro o dj set? Installazione o durational performance? O tutto questo insieme? L’impianto del lavoro è decisamente teatrale: come si diceva in principio, c’è una scena nera che si illumina quasi cinematograficamente per restare così, con la stessa tonalità di colore e luce, fino alla fine. Poi c’è la drammaturgia sonora che è ciò che da movimento a un’immagine altrimenti immobile e fa sì che lo spettatore proceda nella giustapposizione di immaginari e di significati.
Il dispositivo che il collettivo artistico mette in opera viene così definito da un crash mediale che fa collasse il cinema nel teatro, il teatro nel dj set, la fotografia nell’installazione e così via. Questo meccanismo inoltre sembra operare su quel piano di reinvenzione del medium di cui parla Rosalind Krauss (2005): facendo collassare sulla scena molteplici media il collettivo porta lo spettatore dentro il processo stesso, rendendo percettibile, grazie alla ripetizione all’infinito della stessa immagine, la finzione della rappresentazione e il funzionamento dell’immaginazione.
La mente così vaga tra le immagini della memoria: da un’apparizione lynchiana a una classica vittima del cinema di Hitchcock, da un corpo collassato durante un rave party al corpo a terra di Babbo Natale nella clip de La Verità di Brunori sas, dai corpi della cronaca nera a quello di Aylan riverso sulla spiaggia greca e così via, continuamente si creano e distruggono immagini nella mente di chi guarda.
In questa pratica mediante la quale si crea un ibrido, per restare anche nella metafora naturale, che incrocia più media, si assiste a una sorta di Iconoclash (Latour, 2005): accade allora che chi guarda si ritrova in una sorta di terra di mezzo, di indecisione dove non sa l’esatto ruolo di un’immagine, di un azione perché, nel caso di The Garden, questo si modifica non appena viene assimilato dell’occhio di chi guarda; e su questa scena ciò che accade è proprio questo: lo spettatore è messo davanti ad un’immagine iconica che cambia costantemente di significato e senso, passando dal sentimento del tragico a quello del comico fino a dissolversi svanendo ironicamente, rompendo il quadro della rappresentazione.
Una delle caratteristiche fondamentali delle immagini è, sempre per Bruno Latour, la loro capacità di scatenare passioni ed è proprio su questo meccanismo che sembra lavorare il collettivo guidato da Palermo che a settembre presenterà al pubblico una prova aperta di questo lavoro presso la Corte Ospitale di Rubiera dove si chiuderà il progetto ERetici.
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*Krauss, R. (2005). Reinventare il medium. Cinque saggi sull'arte d'oggi, a cura di Grazioli E., Mondadori, Milano.
* Latour, B. (2002). What is iconoclash? Or is there a world beyond the image wars. Iconoclash: Beyond the image wars in science, religion, and art, 14-37.
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Cosa pensano gli uomini quando stanno per amare la propria donna? Io ho immaginato questo....
Finalmente era uscita dal bagno, bella come il sole, forse anche di più. Sembrava una bimba con quel faccino acqua e sapone. Ma no, lei non era una bambina. Mi bastò guardarla solo un attimo per ritrovare la donna che infiammava i miei sensi. Indossava una camicia da notte semplice. Niente pizzi o trasparenze ammiccanti,solo una profonda scollatura che lasciava poco all'immaginazione. Il bianco raso della sottoveste aderiva alle sue curve ancora umide per la doccia appena fatta, mostrando,in trasparenza, le sue forme pronte per il mio delirio. Stringendo due forcine tra le labbra,con le mani teneva su disordinatamente i capelli, lasciando che alcune ciocche ribelli le cadessero sull'incavo del collo,quasi fosse un muto invito ad accarezzarla.. Piano, guardandomi dritto negli occhi, con aria di sfida, si avvicinò a me protraendo le labbra piene .
Non aspettavo altro.
Inebriandomi del suo profumo, le tolsi le forcine dalla bocca, appoggiandole sul comodino vicino al letto. Come una cascata,senza abbassare mai lo sguardo, lascio'
finalmente la sua chioma libera
di cadere sul suo petto. Distrattamente, tenendo gli occhi chiusi, spostò con le mani quella nuvola profumata, ridonandomi la vista della sua perfezione.
Dio se era bella...una tentazione per qualunque uomo sano di mente .
Con una lentezza quasi esasperante si avvicinò, sfilandosi quell' unico velo che mi separava dal paradiso. Senza fiatare,
mi spinse sul letto coprendomi con il suo corpo. La sentivo muoversi su di me.Sentivo il suo odore di donna,il suo respiro caldo, la sua pelle liscia.
Sentivo le sue mani ovunque. Le labbra che prima tenevano strette le due forcine, ora avevano catturato le mie. Ero senza fiato...la desideravo da morire.Tanta era la voglia di lei,che
non sapevo da dove iniziare.Non volevo tralasciare neppure un millimetro del suo corpo.
Ci amammo violentemente,con la forza di un uragano. Come se qualcuno mi avesse detto che quella sarebbe l'ultima volta . Tutte le emozioni e le sensazioni del mondo erano concentrate lì, dove i nostri corpi affamati si univano.
Tra sospiri, brividi e
gemiti sfuggiti dalla bocca di entrambi, lei si avvicinò al mio orecchio e,con il respiro corto, mi sussurrò la parola più calda ed eccitante del mondo: "ancora..."
Fu la fine del mio autocontrollo. La feci mia, prendendo e dando tutto .
Poi ,furono solo miele e orgasmi di anime e corpi.
Corinna AghelopulosI
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Presente. Capitolo 3 - Inizio giugno 2021
“Allora siamo ufficialmente migliori scopamici!”
“Se è così voglio un aggiornamento del mio titolo.”
(TW: NSFW, smut, OC, MiloxOC, riferimento a MiloxCamus, Coppia HET, riferimento a coppia HOMO, D/s, Dom!Milo, Scarlett Needle/Cuspide Scarlatta con uso creativo)
Dopo la loro ultima battaglia, in cui tutti erano risorti, grazie a Lyfia e alla sua intercessione presso Odino, il mondo delle divinità sembrava aver trovato una sorta di equilibrio e tutto era tornato a una forma di normalità. Anzi, da quando Nike fungeva da Grande Sacerdote, aveva lasciato molte più libertà ai Cavalieri, incluso, per chi era in grado, quella di usare il loro modo di spostarsi per fini personali, quali visitare il mondo nel tempo libero ed in vacanza, e, soprattutto, rivedere le loro famiglie di origine ogni volta che volevano e potevano. Però i loro doveri al Santuario non potevano essere dimenticati. Tra questi, in tempo di pace come quello, il più importante per i Cavalieri D’oro era istruire tutti coloro che nel mondo manifestavano il Cosmo, sceglievano di seguire Athena ed erano nati sotto il loro segno. Una cosa che Milo davvero non amava.
Rientrando all’ottava abbastanza frustrato dalla sessione di insegnamento appena finita, ricordandosi che Camus era via quella sera, contattò Nike col Cosmo.
‘Mi fai un favore? Intercedi per me con Aphrodite, la dea non il tuo vicino di casa, e le chiedi se per cortesia può smettere di fare nascere così tante persone sotto il mio segno?’
‘Non penso sia opera sua, piuttosto del consumismo. Se fai i conti, nove mesi prima dello Scorpione siamo più o meno intorno a San Valentino’
‘In questo caso, ho davvero bisogno di cominciare a bere pesantemente’
‘Allora vieni a trovarmi che c'è uno Sbagliato col tuo nome sopra. Ho anche portato la cena direttamente dal Quadrilatero, stavo per chiamarti io’
‘Mi levo questa ferraglia d’oro, doccia veloce, e arrivo’
‘Sì ma muovi il tuo bel culo, che ho già aperto il prosecco’
Neanche venti minuti dopo era da lei, con le patatine greche che lei adorava, prese al volo dal centro di Rodorio nel suo posto preferito.
“Tempismo perfetto” disse lei sulla soglia porgendogli il bicchiere colmo fino all’orlo. Milo prese un gran sorso e si sedette sul divano dove aggiunse il suo cibo alle varie delizie già disposte davanti a lui.
“I tuoi non sono via questo mese? Cosa sei andata a fare a Milano oggi?”
“Shopping ovviamente. Altrimenti la mia Black Amex si sente trascurata. Ho preso qualcosa anche per te e il ghiacciolino” disse indicando due sacchetti, uno di Prada e uno di Armani. Milo guardò dentro e trovò le quattro più belle camicie che avesse mai visto.
“Turchese intenso e rosso fuoco per te che sei Spring Bright, verde acqua e avorio per Camus che è Spring Light”
“Non avresti dovuto. Grazie. Adesso dovrò trovare qualcuno che mi aiuti a pensare a come indossarle”
“Sì come no. Mr. Metrosexual ha dei problemi ad abbinare le camicie. Ah e raccontami poi quanto si incazza Camus quando scopre le marche. Da buon parigino, detesta la moda milanese. Avevo mezzo pensato di portargli la maglia del Milan di Zlatan, ma poi ho deciso che non ci tengo a scoprire se posso sopravvivere a un’Aurora Execution senza armatura”
“La maglia di chi?”
“Ibrahimovich” sospirò Nike frustrata. Come faceva a passare tutto quel tempo con Camus e ancora non capire una sega di calcio?
“E per te cos'hai preso?”
“Vuoi la sfilata completa”
“Perché no?”
Nike lo accontentò. Tra un sorriso di Negroni Sbagliato e uno po’ di cibo, indossò tutti i numerosi nuovi outfit che aveva acquistato quel pomeriggio, prendendo nota dei commenti e dei consigli dell'amico che, oggettivamente, di stile ne sapeva.
L’ultimo outfit fu una nuova sottoveste di seta nera di La Perla, che si sarebbe aggiunta alle decine di altre che usava come abito da casa, e un paio di Louboutin Bianca 140 Nude col tacco a spillo.
“Come fai a camminare con quelle cose? Ti fanno alta quasi come me”
“Quattordici centimetri, uno e novantadue. Mi fanno alta esattamente come te. Ho studiato danza classica comunque. Sono niente al confronto delle punte”
“Anche tu però sei una traditrice della patria con quelle scarpe francesi”
“Ma io non sono mica nazi come Camus. Ho l’armadio pieno di Chanel e Dior. A Milano ho addirittura una stanza coi muri coperti di Birkin e Kelly” spiegò lei finalmente sedendosi a fianco di Milo, finendo il secondo Sbagliato e assaporando le patatine con la feta che lui aveva portato.
Da quando Camus, insieme a tutti gli altri, era tornato in vita, Nike pensava che sarebbe stato tutto per quella strana avventura emotiva che lei e Milo avevano condiviso nel periodo di tempo dall'attacco alle Dodici Case fino alla lotta contro Hades e poi l’avventura ad Asgard. Non solo, lei aveva deciso, chiaro e tondo, che coi suoi amici a letto preferiva non andarci più. E poi la coppia perfetta del Santuario era tornata più innamorata che mai, tutti avevano ancora vivido il bellissimo ricordo della loro riconciliazione. Non era gelosa, per nulla, anzi era molto felice per loro ed era contenta di aver aiutato Milo a fare i conti col proprio dolore quando ne aveva bisogno. E quando anche lei ne aveva bisogno. Per questo fu incredibilmente sorpresa quando Milo, pochi istanti dopo, la baciò.
Si tirò indietro di scatto.
“Cosa c'è?” chiese lui sulle sue labbra.
“Camus c’è”
“Con lui è diverso”
“Non voglio essere l’altra”
“Non lo sei. La relazione che abbiamo io e lui non è monogama. Camus è… è amore, quasi platonico ma è amore. Tu sei la mia migliore amica con cui a volte vado a letto e soddisfo le mie fantasie meno… vanilla”
“Quindi lui sa?”
“Sa che quando ho certe voglie, le sfogo… diversamente. Lui fa lo stesso e va bene così” disse Milo riprendendo a baciarla e infilando una mano sotto l’orlo sottile della sottoveste di seta.
“Se non vuoi però dimmelo”
‘Se sta bene a voi’ pensò lei.
“Sei tu in fondo che hai detto...” lei lo zittì, rispondendo finalmente al bacio.
“Fammi venire, Scorpione, e dammi un po’ del tuo veleno”
Come una vecchia abitudine presa quando avevano iniziato a scopare dopo la morte dei loro amici, Milo la prese in braccio e la portò nella sua camera da letto. Lei fece per sfilarsi le scarpe che ancora indossava, ma lui le ordinò di tenerle. Dei due, quella con autorità sull'altro era lei, ma, quasi ironicamente, nel sesso le piaceva essere comandata, farsi dire da lui esattamente cosa fare.
Milo adocchiò uno specchio a figura intera in un angolo della stanza.
“Quello da quando tempo è lì?”
“Da anni, credo sia di Saga…”
“Allora usiamolo” e la mise giù proprio lì davanti.
“Credo di avere un po’ troppi vestiti” sentenziò lui levandosi la maglia e i jeans, rimanendo coi boxer aderenti che evidenziavano la sua crescente eccitazione. Lei lo guardò sospirando. Dei, quanto era bello. Il suo viso, i suoi muscoli definiti e tesi, le vene in evidenza sulle braccia, le proporzioni del corpo. La V. Il pacco. Tutto sembrava troppo perfetto per essere umano. Nike si domandò se Athena scegliesse apposta i propri cavalieri in base alla loro bellezza e avvenenza fisica.
“Inginocchiati tu, questa volta” le ordinò. Lei eseguì continuando a guardarlo negli occhi ma scorrendo le mani sulla sua straordinaria muscolatura. Quando arrivò giù le fu abbastanza ovvio cosa fare, soprattutto perché lui cominciò a scostarle i capelli dal viso e a raccoglierglieli dietro alle spalle. Sempre mantenendo il contratto coi suoi occhi, Nike abbassò i boxer fino alle sue caviglie e cominciò a leccare la punta del suo pene eretto. Dopo poco lui la invitò a prenderlo tutto in bocca spingendo leggermente con le mani sulla nuca. Lei non si tirò indietro e cominciò a muoversi su e giù ritmicamente, arrivando sempre più in fondo ogni volta. Lui osservava la scena nello specchio andando su di giri ancora di più. Nonostante non fosse ormai più la prima volta, faceva sempre fatica a crederci. La dea della vittoria, letteralmente la donna più bella, sexy ed eccitante, nonché letale, che esistesse sulla Terra, era in ginocchio davanti a lui col suo cazzo in bocca. Lei lo sentì dichiarare il proprio orgasmo imminente e trattenne il respiro in attesa. Ingoiò fino all'ultima goccia mentre lui la guardava dall’alto e nello specchio, eccitandosi di nuovo nonostante fosse appena venuto. La fece alzare, la prese di nuovo in braccio e la sdraiò sul letto, levandole la sottoveste ma non le scarpe.
“Quel tacco a spillo rosso… mi ricorda la mia Cuspide” le disse infilandole la lingua praticamente in gola, afferrandole il seno e sdraiandosi su di lei, penetrandola con un’erezione più dura di prima.
“Quanto sei stretta e bagnata. Lo adoro”
Lei come sempre era una macchina per il piacere. Suo, ma anche del fortunato uomo, lui in questo caso, a cui concedeva le proprie grazie. Alla soglia del godimento ultimo di entrambi Milo si preparò. Stringendole il collo leggermente, le bloccò il respiro. Lei aprì gli occhi.
“Fidati di me. Quando te lo dico, prendi un respiro profondo”
Diede altri due colpi portandola davvero al limite, spostò la mano destra sul suo petto, e aumentò il Cosmo per caricare la Cuspide.
“Adesso Μωρό. Respira” disse, lasciando la presa dal suo collo. Lei eseguì. In quel momento lui le diede l'ultimo colpo che le serviva per venire, e allo stesso tempo
“Scarlett Needle” e lanciò due stelle.
Come previsto, lei perse la testa. Il suo sistema nervoso, attaccato dal veleno, amplificò l’orgasmo, che già era molto intenso, oltre ogni limite. Vedendola, sentendola, anche Milo finalmente si lasciò andare al piacere più forte mai provato prima, che fece perdere la testa e i sensi anche a lui per quasi un minuto.
Quando Nike si risvegliò Milo le era sdraiato accanto, su un fianco. Le accarezzò il viso e la baciò dolcemente.
“Com’è stato?”
“Davvero hai bisogno di chiedermelo?”
“No, non in quel senso. Intendevo la Cuspide”
“Meglio ancora di come ricordavo. Grazie”
“Avevo un po’ paura in realtà. L’altra volta, perdonami, ma non c'era niente da perdere. Adesso, c'è tutto”
“Non è la prima volta che mi colpisci. Nei tuoi giorni migliori sei arrivato a otto se non sbaglio”
“Il mio record con te è dieci in versione divina. Ma in allenamento è diverso. Hai il Cosmo attivo e la guardia alta. Comunque sembra che la reggi bene anche con le difese abbassate”
“E a te piace sempre?”
“Non hai idea. Mi manda fuori di testa. Vederti e sentirti quando vieni in quel modo… mi ridiventa duro solo a pensarci”
“Tienine un po’ anche per Camus”
“Ma no, con lui è diverso”
Poi, allarmato,
“Dei, cosa penserebbe di me?”
“Ma sì, dai, scherzavo”
“No seriamente però. Credi che dovrei preoccuparmi?”
“Di cosa?”
“Ma non lo so. La mia migliore amica, che indipendentemente è anche la mia Dea, nonché per definizione la donna più bella del pianeta, mi concede il privilegio di fare sesso con lei. E io cosa faccio? La colpisco col mio veleno”
“Ma dai non essere così duro con te stesso. In fondo è nella tua natura di Scorpione essere un pochino sadico. Altrimenti perché tutti gli altri attacchi dei nostri amici, per non parlare dei miei, si concludono in una mossa sola, mentre al tuo ne servono quindici dolorosissime?”
Lui la guardò negli occhi.
“Lo sai vero che non ti farei mai del male per davvero? Al di là del voto che ho fatto di proteggerti perché sei la mia dea…”
“Athena è la tua dea, e anche la mia” interruppe lei.
“Sì ma tu arrivi seconda di poco. Comunque, anche se non facessimo questa vita, se ti avessi conosciuta che ne so, all’università, ricordati che per te morirei e ucciderei”
Quell’affermazione che gli era uscita di bocca d’impulso lo scioccò. Non si era reso conto che forse, oltre all’attrazione, per lei potesse provare qualcosa. Qualcosa di oltre l’amicizia. Sperò che lei non avesse sentito bene, o che non ci desse troppo peso.
“Milo, accetta questo lato di te. Non farne un dramma, io per esempio lo adoro. Lo so che non mi faresti mai del male per davvero”
Lui sorrise, sollevato. Non era pronto a fare i conti coi suoi sentimenti, non in quel momento.
“Perché facevi tanto la difficile?”
“Dai, te l’ho detto perché”
“Seh, seh, Camus e quella storia che tu coi tuoi amici a letto non ci vai. Non ci credevi nemmeno tu mentre ti uscivano le parole di bocca”
“Ma sai il problema è quando gli amici con cui scopo finiscono per innamorarsi. Già ne ho perso uno così...”
Milo deglutì, ripensando a quello che aveva detto e pensato solo un minuto prima. Ma no, dai, non c’era pericolo. Doveva essere stato l’afterglow a parlare. E poi perderla? Perdere la sua amicizia? No, non l’avrebbe lasciato succedere, a qualunque costo.
“Comunque grazie per aver insistito. Ancora un po’ e tornavo vergine” Nike lo riscosse.
“Aspetta… da quanto non…”
“Sei stato tu l’ultimo qui dentro. Fai i conti”
La notte prima dell’inferno.
“In effetti anche tu sei stata la mia ultima donna, mi hai rovinato per tutte le altre! Ma mi sembra strano che una come te abbia difficoltà a trovare da scopare. C'è la fila lì fuori se si sparge la voce”
“Ma ti sembro una che va in giro a rimorchiare per una botta e via? Non è mai stato tanto il mio stile. E adesso con tutto quello che c'è da gestire qui non avrei neanche il tempo. E comunque ho degli standard di bellezza e performance piuttosto alti. Posso giusto farmi uno di voi. Ma poi, come ho detto, si rovina l’amicizia se non si sta attenti. Anzi, a proposito, io e te siamo ancora migliori amici vero?”
“Μωρό sono Scorpione. Il sesso per me è praticamente come respirare. E con la storia che abbiamo, aver paura di rovinare un'amicizia come la nostra col sesso sarebbe come aver paura di rovinare le patatine mettendoci sopra la feta”
“Quindi non ti dispiace se questa cosa tra noi la manteniamo attiva?”
Lui sorrise.
“Se devo scegliere una con cui applicare il mio accordo con Camus, non potrei sognare di meglio. A cosa servono se no i migliori amici maschi?”
“Allora siamo ufficialmente migliori scopamici!”
“Se è così voglio un aggiornamento del mio titolo. Milo Nomikos, Cavaliere d’oro dello Scorpione, Scopamico ufficiale di Nike Martinelli della Vittoria Alata. Credo che mi farò fare i biglietti da visita”
Nike lo colpì col cuscino e scoppiò a ridere fino alle lacrime mentre lui diceva tutto questo. Quanto gli era mancato passare il tempo così con lui! E da ora in poi che non era più né depresso né incazzato col destino, sarebbe stato mille volte meglio. Meglio ancora di quando si erano conosciuti da ragazzi.
“Cosa dici, finiamo di mangiare?” le chiese lui appena finì di ridere.
Teletrasportarono il cibo dalla sala al letto, e lo gustarono come avevano fatto tante volte e avrebbero continuato a fare, ridendo, scherzando, confidandosi, finché non si addormentarono.
Finalmente, dopo anni di sofferenza e sacrifici, tutto era esattamente dove doveva essere.
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