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#Teatro di Documenti
marcogiovenale · 2 years
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gli anni '50 tra pop e concettuale: da oggi a domenica, mostra di salvatore vendittelli al teatro di documenti (roma)
gli anni ’50 tra pop e concettuale: da oggi a domenica, mostra di salvatore vendittelli al teatro di documenti (roma)
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curiositasmundi · 6 months
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E così anche Vizzardelli ha avuto il suo quarto d’ora di celebrità. Come in un romanzo di Kafka, ma in versione Lidl, lo raggiungono gli agenti della Divisione Investigazioni Generali e Operazioni Speciali, la Digos. Già il nome dovrebbe suscitare terrore e, per l’appunto, lo identificano. Gli chiedono i documenti e, quel che è peggio, lui li consegna. Anzi, li fotografa col suo telefonino (quello della polizia non funziona) e li invia, chinando di buon grado il capo alla propria normalizzazione. Intanto il culturame grida allo scandalo, al clima pesante del Paese, al fascismo che ritorna strisciante. A Vizzardelli è dedicata qualche apparizione nel santuario televisivo, un paio di editoriali benpensanti. I martiri da salotto esibiscono a favore di telecamera i loro documenti: si autoidentificano per un po’ di pelosa e veloce solidarietà all’urlatore loggionista. Ancora per qualche giorno seguiranno un altro po’ di strumentalizzazioni bigotte e poi, c’è da giurarci, ci si dimenticherà di questo perché qualcuno fermerà un altro treno in corsa, o perché qualcuno ha messo una stella rossa a sormontare l’albero di Natale della Capitale o perché qualcun altro ha messo liquido verde nei navigli. Invece quella richiesta di “identificazione” è grave. Gravissima. Perché denuncia un clima, è vero. Ma non un clima recente. Un clima che ha oramai troppi anni e al quale sembriamo assuefatti.
Quello in cui è obbligatorio avere con sé i documenti, anche se si passeggia per strada, anche se si mangia una pizza, anche se si dice un’ovvietà retorica in un teatro impomatato. Un mondo in cui dobbiamo continuamente essere visionati dalle telecamere, seguiti, verificati, controllati, tarati, giudicati. Normalizzati. Un modello sociale in cui chi si ribella al prototipo binario “bene/male” offerto dallo Stato, vivrà infelice. Ma è lo Stato stesso che si offre di correggere i sovversivi. Il più forte dispone, il più debole obbedisce. Chi grida in un teatro frasi un po’ banali ma vagamente allusive, va identificato, anche se bonariamente. Gentilmente sorvegliato. Messo sotto controllo perché potrebbe essere un deviante dal sistema. Ma non è una novità di questo governo di centro-destra, o di destra, o di destra destra. È il mantra polveroso di una società di diseguali al quale si conformano da troppo tempo tutti. O quasi.
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ecoamerica · 2 months
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generalevannacci · 8 months
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Adriano Sofri
Sugli scudi umani.
Caro Claudio Cerasa. Ci sono frasi piene di senso, che pronunciamo con convinzione, insieme. Poi viene voglia di pensarci su. Hamas, diciamo, abusa anche della gente di Gaza come di scudi umani, oltre che degli ostaggi rapiti. Ci fermiamo qua? Qual è la conseguenza? Tu hai intitolato: “I civili di Gaza sono tutti sulla coscienza di Hamas”. Ma non è così, non solo. Se fosse così, non esisterebbe la questione degli scudi umani. Hamas non ce l’ha la coscienza, e se ce l’ha è diversissima dalla nostra, oltre che dal famoso diritto internazionale. Ho scorso quello che se ne dice: nell’art.28 della Quarta Convenzione di Ginevra, nell’art.51 del Primo Protocollo Addizionale, nell’art.8 dello Statuto della Corte Penale Internazionale, o in documenti meno universali, come il Manuale sul diritto di guerra del Dipartimento di Stato USA (2015). Antico come il mondo, cioè come la guerra, l’impiego di scudi umani si è moltiplicato via via che cresceva la capacità di risonanza dei mezzi di informazione. Chi è abituato a trovarsi dalla parte “regolarmente” più forte tende a ridurre la proporzionalità necessaria ad agire contro chi faccia uso di scudi umani, all’opposto di chi conduca un’azione militare o di forza “irregolare” e tanto più se terrorista. L’impiego di scudi umani non può legare per intero e senza riserve le mani al nemico. Ma appunto chi si stia battendo contro un obiettivo militare deve osservare una proporzione fra il suo legittimo scopo e il danno “collaterale” che ne può derivare alle vite dei civili e delle persone protette: “L’uso di scudi umani da parte di una delle parti in conflitto non libera l’altra dalle obbligazioni del diritto internazionale umanitario...”. E’ abbastanza in voga oggi un’irrisione del “diritto umanitario”, come di un lusso superfluo e comunque di una irrilevante litania. Ma dietro – o davanti – al “diritto internazionale” sta una questione morale decisiva per la scelta di ciascun attore, singola persona o banda armata o Stato. L’infamia di chi si serve di scudi umani, per la sua rapina in banca o per la sua guerra mondiale, non toglie affatto a chi le si oppone una drammatica responsabilità. Dovrebbe essere ovvio, ma sembra esserlo sempre meno. Se non lo fosse più, il riferimento stesso agli “scudi umani” non avrebbe ragione di sussistere: “peggio per loro”. Sussiste, perché si riconosce una differenza fra coloro che vi fanno ricorso e coloro cui il sacrificio di innocenti ripugna. E non si può invocare, per accantonare il dilemma, la situazione di emergenza in cui si presenta: l’impiego di scudi umani è per definizione un’emergenza estrema - benché non faccia che diffondersi, e raggiunga dimensioni tremende come quella della popolazione civile di Gaza. Sebbene a denunciarla sia, fra tanti, la Cina degli Uiguri e del Tibet, la “sproporzione” di bombardamenti e coazione al trasferimento della popolazione civile non è meno vera. (Il diritto, se non sbaglio, non è stato abbastanza lugubremente fantasioso da immaginare che il crimine di guerra del trasferimento forzato della popolazione civile all’interno di uno stesso territorio non venga addebitato a chi lo “difende”, ma a chi attacca, com’è oggi a Gaza). L’assalto di Hamas del 7 ottobre ha una portata spaventosa di ferocia e abiezione, ma questo appunto stabilisce un termine alla proporzionalità della risposta, non la abolisce.
C’è bensì una “dottrina” favorevole a ridurre fino ad abolirla la responsabilità di chi si confronta con l’abuso di scudi umani, sostenendo che segnerebbe una disparità inaccettabile fra gli opposti belligeranti. E arrivando a prevedere che, se il ricatto degli scudi umani venisse bellamente ignorato – qualcuno è maestro, per esempio il Putin della scuola di Beslan e del teatro Dubrovka – si cesserebbe di ricorrervi. Pretesa che, nel suo esplicito cinismo “realista”, mette sullo stesso piano “belligeranti” come, oggi, Israele e Hamas, che è esattamente ciò che si vuole rifiutare. (Osservo che in parecchie circostanze Israele in passato seppe sfuggire a diatribe come la tipicamente nostra su fermezza e trattativa, mettendo al primo posto la salvezza degli ostaggi e rinviando puntualmente la punizione). Comunque, anche le posizioni più spinte in questa direzione, come quella dell’aeronautica militare degli USA, dichiarano la possibilità di “attaccare obiettivi legittimi protetti da civili e considerarli danni collaterali, purché non risultino eccessivi rispetto al vantaggio militare concreto e diretto che ci si aspetta di ottenere”.
In un’altra, più precoce puntata della guerra perenne, nel 2009, Stefano Levi della Torre, chiarendo che “l’ostilità che circonda Israele non è solo rivolta alla sua politica, ma alla sua stessa esistenza”, scrisse: “Si dice, spesso a ragione, che i terroristi si fanno scudo dei civili. Dunque i civili sono ostaggi. Si massacrano gli ostaggi? La pratica degli scudi umani è ignobile perché espone cinicamente degli esseri umani al sacrificio, ma perché dovrebbe essere meno ignobile l’azione di chi quel sacrificio lo compie sparando comunque? O forse la convivenza della popolazione con Hamas è intesa di per sé come connivenza, nell’idea aberrante di una colpa collettiva a giustificazione del massacro. Ma non è questa un’idea esattamente simmetrica a quella dei terroristi contro cui si combatte, non solo per necessità ma anche in nome dei ‘nostri principi superiori’?”
Non ti scrivo per esporre un dissenso. Un eventuale dissenso è la situazione ordinaria della mia ospitalità qui. Provo a far emergere un tema che ci riguarda intimamente. In alcune prese di posizione di questi giorni sembra che l’antico occhio della pietà si voglia chiudere: in realtà, si è così spalancato sul pogrom del sabato 7 da imporsi di chiudersi sui contraccolpi, come temendo che una pietà distribuita si diminuisse e facesse torto alle vittime proprie. Lo provo anch’io. In questi giorni si è riletta – lo si faccia di più, e senza limitarsi alle citazioni, andando da capo a fondo – la commemorazione che Moshe Dayan fece, il 29 aprile 1956, del suo amico Roy Rotenberg, agente ventunenne ucciso nel suo kibbutz al confine di Gaza. “Ieri all’alba Roy è stato assassinato. La quiete della mattina di primavera lo aveva accecato, e non ha visto coloro che, nascosti dietro il fosso, lo volevano morto. Non dedichiamoci oggi a deplorare i suoi assassini. Che cosa possiamo dire del loro odio terribile verso di noi? Da otto anni si trovano nei campi profughi di Gaza e hanno visto come, davanti ai loro occhi, abbiamo trasformato la terra e i villaggi che erano loro, dove loro e i loro antenati abitavano in precedenza, facendoli diventare casa nostra”. Si può dire, e quando lo disse Dayan voleva dire “Siamo condannati a combattere”, non invocava la pace – lo avrebbe fatto, più tardi. In Israele, non solo su Haaretz, voci rigorose e impavide si levano a denunciare le colpe del governo e di un’intera storia. Ci se ne serve a vanvera. Noi, alcuni di noi, non riusciamo a essere altrettanto rigorosi. Io non posso essere così reciso, perché non sono ebreo (credo: nessuno può dirlo, di sé) e ancor meno ebreo israeliano. Sono (forse) meno legato all’ebraismo, ma più responsabile. Corresponsabile. Mi ero interrogato sulla frase del cancelliere Scholz: “La nostra storia, la nostra responsabilità derivante dall'Olocausto, ci impone il dovere perenne di difendere l'esistenza e la sicurezza dello Stato di Israele". Ieri Maurizio Maggiani ha protestato vivamente – “un lavacro di coscienza sulle spalle degli altri” - ed Ezio Mauro ha vivamente approvato – “la democrazia del dovere”. Io dubito, ma in quella frase è implicita, con il peso schiacciante che le viene dal vincolo con uno Stato e il suo passato, la responsabilità personale cui alludo, e che riguarda la sopravvivenza di Israele. Oggi qualche vecchia canaglia e molti giovani senza memoria mostrano di non aver più bisogno di mascherare sotto il nome di antisionismo il loro antisemitismo, e forse anche dire questo è troppo, rispetto all’insofferenza che esibiscono al nome di ebreo. Della Shoah, quando credono di sapere che cos’è, la considerano usurpata e la dichiarano prescritta. A Odessa, a Sderot, a Gaza, forse siamo davvero sull’orlo di un precipizio che appena due o tre anni fa non sapevamo nemmeno immaginare. Quando si arriva al punto, bisogna mirare alla salvezza. Chi ha memoria, è un po’ meno libero. Aveva un passato mirabile Willy Brandt, e non era libero, e perciò si inginocchiò davanti al monumento alla rivolta del ghetto a Varsavia nel 1970. Ciò cui può appigliarsi chi è fuori e non veda una luce è l’immedesimazione: che cosa farei se fossi ad Ashkelon, che cosa se fossi a Gaza. Non saprei che fare, probabilmente, e allora che cosa pregherei che succedesse, o che non succedesse. Per che cosa sto pregando.
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Romanzi, racconti e storie da vedere sullo schermo
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Riprende la rubrica di consigli di lettura (e non solo): una piccola selezione da opere recenti o appena ristampate, insieme a uno sguardo sul passato.
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Tra i numerosi gialli pubblicati (è proprio un periodo fortunato per questo colore), vogliamo ricordarne alcuni.
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Dopo Flora, Alessandro Robecchi è da poco uscito con l’ultima avventura della banda Sistemi Integrati, capitanata dal seducente Carlo Monterossi (magnificamente interpretato da Fabrizio Bentivoglio nella serie televisiva): Una piccola questione di cuore. L’amore a tutti i livelli, romantico o autodistruttivo, è il vero protagonista di questa detective story: Si insinua tra i poliziotti incaricati delle indagini, coinvolge grandi boss della mala, normalmente privi di sentimenti umani, giovani intellettuali della Milano bene, irresistibili femmes fatales. Robecchi è sempre maestro nel gestire la tensione e nel mantenere viva l’attenzione del lettore fino all’ultima riga. 
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Accattivante fin dal titolo, Sono felice, dove ho sbagliato?, l’ultima attesissima fatica di Diego De Silva ci propone di nuovo l’ironico avvocato ‘d’insuccesso’ Vincenzo Malinconico, ormai alla sesta causa persa, almeno letterariamente parlando. La novità assoluta è che da questi thriller forensi la Rai ha tratto una fiction in cui il protagonista è interpretato da Massimiliano Gallo, che abbiamo avuto il piacere di ammirare come marito di Imma Tataranni nella serie omonima creata da Mariolina Venezia. In questo caso Malinconico difende gli indifendibili diritti di un gruppo, coalizzato in una class action, di Impantanati che pretendono di intentare causa in nome del loro amore perduto. Se questo fosse possibile, non basterebbero tutti i tribunali del mondo per ospitare i processi di chi si sente defraudato in campo sentimentale, eppure il Nostro, tenendo fede al suo profilo di soggetto atipico e difficile da inquadrare, si sobbarca l’immane impresa. “Fra risate, battibecchi, colpi di scena e ordinarie drammaturgie familiari, Malinconico riuscirà ad articolare una stralunata difesa”. 
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Anche per la tassista-detective Debora Camilli, che alla sua quarta avventura si è ormai guadagnata l’affetto di molti lettori, è in preparazione una fiction televisiva. Uscita dalla penna esperta di Nora Venturini, regista teatrale, sceneggiatrice e scrittrice (nonché moglie del fascinoso Giulio Scarpati), la giovane, intraprendente protagonista, che non ha potuto realizzare il sogno di entrare in polizia, ma conserva lo spirito del piedipiatti, pare destinata a trovarsi coinvolta in misteriosi omicidi: un po’ come la profezia che si auto-adempie… Dopo L’ora di punta, Lupo mangia cane e Buio in sala, è appena uscito Paesaggio con ombre, dove lo sfondo è quello incantatore del Lungotevere Flaminio, dalle cui acque è stato ripescato un cadavere privo di documenti. Anche in questa puntata la strana coppia composta da Camilla e dall’anti-divo commissario capo Edoardo Raggio porterà felicemente a termine il caso. 
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Passando alla narrativa, La grande Zelda (2022) di Pier Luigi Razzano non è una biografia, ma un romanzo, in cui la protagonista racconta in prima persona la sua storia: un ritratto che ci svela la sua complessa personalità, la creatività messa in ombra dal successo del celebre marito, le passioni trascurate (il ballo, la scrittura, la pittura). Delle opere (lettere, racconti composti a quattro mani insieme al marito e il romanzo Lasciami l’ultimo valzer) potete trovare ampia scelta nel nostro catalogo. Ricordiamo anche che la “piccola compagnia della magnolia” presenterà, per il 28-29-30 ottobre, uno spettacolo sulla straordinaria figura di Zelda Fitzgerald (Teatro Linguaggicreativi). 
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Per par condicio, avendo parlato di Zelda, non possiamo trascurare il suo augusto consorte citando i Racconti dell’età del jazz, ambientati nei Roaring Twenties, i Ruggenti Anni Venti che, secondo Fernanda Pivano, furono “il decennio di tutte le proteste e di tutte le rivolte, delle utopie più ottimistiche e delle delusioni più spietate”. Di queste undici short stories, che potrebbero essere usate come modello per gli studenti dei corsi di scrittura, ricordiamo Il curioso caso di Benjamin Button, da cui è stato tratto un film; Il diamante grosso come il Ritz, racconto grottesco e simbolico di denuncia sociale; il suggestivo e notturno Tarquinio di Cheapside, da cui stralciamo questo paragrafo:
Non era roba per la ronda: quella notte Satana era in libertà, e a Satana somigliava l’uomo che si intravedeva per primo davanti, calcagno sul cancello, ginocchio sopra la recinzione. Era anche evidente che il nemico si aggirava vicino a casa, o almeno in quella zona di Londra consacrata ai suoi desideri più volgari, perché la via si restringeva come una strada in un quadro e le case si serravano sempre di più le une sulle altre, chiudendosi in un’imboscata naturale adatta al delitto e alla sua teatrale sorella, la morte violenta.
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Piccoli capolavori sono gli inediti pubblicati nel 2017 in Per te morirei: diciotto racconti, presentati ognuno da un breve cappello che ne ripercorre le vicissitudini editoriali. Contengono tutta l’America di Fitzgerald: la guerra civile, l’amata New York, il mondo del cinema e quello dell’editoria (su questo argomento il racconto d’apertura Il «pagherò» è davvero esilarante), l’ambiente dei ricchi qual era – e non è più stato – negli anni Venti e quello dei poveri della Grande Depressione. Il tutto in uno stile unico, incisivo, scattante, con calibratissime, sorprendenti, ironiche metafore. Pura maestria letteraria. 
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Vogliamo ricordare brevemente Gianni Celati, che ci ha lasciato all’inizio di quest’anno: grande scrittore, critico, traduttore (da segnalare la sua versione dell’Ulisse di Joyce, del 2013), professore di Letteratura anglo-americana (tra i suoi allievi Pier Vittorio Tondelli), nonché appassionato viaggiatore (durante il suo lungo soggiorno in Tunisia imparò la lingua araba). Il testo che consigliamo è quello dei Meridiani di Mondadori, Romanzi, cronache e racconti, che offre un ampio spettro dei suoi lavori e una vasta possibilità di scelta. I lettori lombardi (Celati era nato a Sondrio) riconosceranno nel suo stile lento e pacato, nelle descrizioni di paesaggi, nei diari di viaggio il familiare aspetto della pianura padana, come nella raccolta Narratori delle pianure, che spesso riporta storie tramandate oralmente, ammantate di uno stralunato stile fiabesco: si va dalla vicenda del radioamatore di Gallarate che si reca in una sperduta isola della Scozia (L’isola in mezzo all’Atlantico), alla ragazza giapponese del racconto omonimo che non può vivere senza consultare ogni settimana il suo signist o consigliere zodiacale, al barbiere con problemi esistenziali (Vivenza d’un barbiere dopo la morte). Scrittore che sa accontentare tutti i gusti, un vero “classico contemporaneo” secondo la definizione di Marco Belpoliti.
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Facendo un passo indietro nel tempo, un best seller ingiustamente dimenticato è Il verdetto, di Barry Reed (1980), da cui Sidney Lumet ha tratto nel 1982 un favoloso film con Paul Newman, Charlotte Rampling e James Mason. Si tratta di un legal drama (l’autore era egli stesso avvocato), che ricorda altre storie del genere (come quelle raccontate nei film La giuria, Erin Brockovich, Rain man), che descrivono la resistenza folle e disperata di piccoli onesti individui in lotta contro enti potenti (grandi compagnie di assicurazione, grandi studi legali, grandi aziende), armati soltanto della più ostinata cocciutaggine e della forza derivata da un profondo senso di giustizia. Una raccomandazione: fate attenzione, se lo leggete sui mezzi, perché ne sarete così coinvolti da rischiare di mancare la vostra fermata! 
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Agli amanti del pantagruelico investigatore Nero Wolfe proponiamo, nel caso in cui a qualche fortunato fosse sfuggito, Champagne per uno, un giallo spumeggiante per alleggerire lo spirito dei nostri affezionati lettori in questi tempi agitati. Se una donna dalla psiche palesemente fragile, che viaggia con una fiala di cianuro nella borsetta e proclama a gran voce di essere stanca di vivere, muore all’improvviso dopo aver bevuto una coppa di champagne, nessuno si sogna neppure lontanamente di sospettare un omicidio. Nessuno tranne il sagace Archie Goodwin e il suo ‘planisferico’ datore di lavoro. Una lettura d’evasione, ma di eccellente fattura.
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Ancora per gli amanti del giallo classico, è appena stata pubblicata una corposa edizione dei racconti e dei radiodrammi di Ellery Queen a cura di Carlo Lucarelli. Il volume non ha pretesa di esaustività, obiettivo quasi impossibile data la vastità della produzione del dinamico duo di cugini, ma nutre l’ambizione di aver raggiunto il massimo livello di ampiezza possibile (c’è anche un racconto che non era mai stato pubblicato in Italia). Gli unici gialli che si rivolgono direttamente al lettore, per sfidarlo a svelare il mistero, dopo che gli sono stati forniti tutti gli elementi chiave per poterlo dipanare: così faceva anche il mitico Jim Hutton (padre del talentuoso Timothy, che ha interpretato anche Archie Goodwin, forse in competizione con il padre) nella favolosa serie degli anni Settanta.
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carmenvicinanza · 1 year
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Rosa Bonheur
https://www.unadonnalgiorno.it/rosa-bonheur/
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Rosa Bonheur, artista francese del XIX secolo, autrice di memorabili ritratti di animali, è stata la prima donna insignita della Legion d’Onore sebbene la storia dell’arte tenda a dimenticarla.
Dichiaratamente omosessuale, libera e indipendente, è stata tra le prime donne a indossare i pantaloni. Per farlo, doveva chiedere un’autorizzazione alle autorità che, ogni sei mesi, era costretta a rinnovare.
Nata col nome di Marie Rosalie Bonheur, il 16 maggio 1822 a Bordeaux, era la figlia maggiore del pittore Raymond Bonheur e di Sophie Marquis.
Ai suoi tempi le donne non potevano frequentare le Scuole di Belle Arti e il padre fu il suo maestro e quello dei fratelli e sorelle.
Invece di andare a copiare i quadri del Louvre preferiva stare in campagna e frequentare le fiere di animali che adorava.
Espose per la prima volta nel 1841, a diciannove anni al Salon di Parigi. A ventisei vinse la sua prima Medaglia d’oro, tra artisti come Corot, Ingres e Delacroix.
Per trovare l’ispirazione girava per i mercati di animali e i macelli indossando pantaloni, coi capelli corti e un sigaro in bocca per confondersi tra la folla.
Il suo quadro Aratura nelle campagne di Nevers, del 1949 è oggi esposto al Museo d’Orsay.
La fama internazionale era arrivata con La fiera di cavalli, arrivata al Metropolitan Museum di New York nel 1887, ancora oggi uno dei quadri più apprezzati della struttura.
La sua fortuna artistica è stata molto legata al mercato inglese, era molto apprezzata dalla regina Vittoria, e a quello statunitense.
È stato un raro esempio di artista che è riuscita a guadagnare in vita con le sue opere. Riuscì infatti a comprare il castello di By, a Thomery, vicino Fontainebleau, dove allestì il suo atelier e organizzò gli spazi per i suoi animali. Ci viveva con il suo primo amore, Nathalie Micas, anch’ella pittrice, conosciuta quando aveva quattordici anni da cui non si separò mai sino alla morte di lei, avvenuta nel 1889.
Allevava animali esotici e coltivava le sue passioni, musica, letture, teatro, ma anche sigari, caccia, cavalli. Sezionava i cadaveri degli animali per studiarli meglio.
Riceveva scrittori come Victor Hugo, Gustave Flaubert, i musicisti più famosi dell’epoca, Georges Bizet, Jules Massenet, Charles Gounod, appassionata d’opera, si recava spesso Parigi per assistere agli spettacoli.
Anche Buffalo Bill, che aveva conosciuto quando aveva visitato l’accampamento del Wild West Show, lo spettacolo che portava in giro per l’Europa, dove aveva visto per la prima volta i bisonti e altri animali esotici. Dal loro incontro nacque un celebre ritratto a cavallo dell’ospite americano, che le aveva donato un abito dei nativi visibile ancora oggi nella ex dimora dell’artista.
Nel 1865 è stata insignita della Grande Croce della Lègion d’Honneur dall’imperatrice Eugénie, moglie di Napoleone III, che aveva visitato il suo atelier e insistito per poterle consegnare la più alta onorificenza francese.
Anni dopo la scomparsa di Nathalie, si innamorò della per la pittrice statunitense Anna Klumpke, con ha vissuto fino alla morte e che è diventata la sua erede universale.
Ha lasciato la terra il 25 maggio del 1899 nel Castello di By. È sepolta a Parigi nel cimitero di Père-Lachaise.
I quadri, gli acquarelli, i bronzi e le incisioni presenti nel suo studio, così come la sua collezione personale, furono venduti alla galleria Georges Petit, a Parigi, nel 1900. Oggi il suo atelier è aperto al pubblico come Musée de l’atelier Rosa Bonheur a Thomery.
La sua biografia è stata scritta, nel 1908, da Anna Klumpke, la sua ultima compagna.
Nel 2022 per il bicentenario della sua nascita è stata allestita una mostra al Museo di Belle arti di Bordeaux e successivamente al Musée d’Orsay.
Nel suo castello, ora ribattezzato Château Rosa Bonheur, l’attuale proprietaria si batte per far riscoprire l’opera della pittrice e valorizzare la dimora che contiene molti documenti d’archivio ancora inediti rimasti conservati nei solai e magazzini e che, poco a poco, vengono studiati per arricchire la conoscenza di una donna emblematica della sua epoca la cui memoria non deve andare persa.
Si stima che al momento della sua morte al castello fossero presenti circa 4.500 opere. Grazie alle lastre fotografiche di Anna Klumpke, scoperte nei solai, si è potuto ricostruire in parte un inventario delle opere scomparse. Le immagini sono state il cuore dell’esposizione Le Musée des oeuvres disparues  che presentava un centinaio di opere inedite della pittrice rivelandone aspetti meno conosciuti come le caricature, la pittura storica e paesaggistica, le illustrazioni di leggende inglesi.
Nel castello dove ha abitato è possibile dimorare e godere del meraviglioso giardino dove teneva i suoi amati animali.
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lamilanomagazine · 1 month
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Bari: presentato un modello innovativo di valorizzazione del patrimonio culturale
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Bari: presentato un modello innovativo di valorizzazione del patrimonio culturale. È stato presentato nella sala giunta di Palazzo di Città, alla presenza dell'assessora comunale alle Culture e al Turismo, il progetto iBari, realizzato da un consorzio di imprese composto dalla capofila THESIS S.r.l., dalla spin off dell'Università degli Studi di Bari Aldo Moro D.A.BI.MUS. S.r.l. e da Quorum Italia S.r.l., con il supporto scientifico dal Dipartimento di Ricerca e Innovazione Umanistica di UNIBA, in riscontro al fabbisogno di modelli innovativi di valorizzazione culturale e turistica del patrimonio culturale della città di Bari, manifestato dal Comune di Bari nell'ambito del bando regionale Innolabs a valere su fondi FESR. A illustrare il progetto il prof. Nicola Barbuti, legale rappresentante della D.A.BI.MUS. S.r.l., che ha spiegato come obiettivo dell'iniziativa sia quello di valorizzare il patrimonio culturale della città non solo dal punto di vista emozionale, ma anche dal punto di vista informativo, educativo e conoscitivo. A tal fine, è stato elaborato un modello innovativo di creatività digitale in grado di restituire all'esperienza della comunità monumenti e luoghi culturalmente simbolo della città, rigenerati nelle loro architetture originali in dimensione digitale. Quali evidenze particolarmente significative della storia recente, sono stati presi in considerazione due monumenti non convenzionalmente valorizzati nella loro dimensione di beni culturali: il Teatro Petruzzelli, costruito nei primissimi anni del '900 e da oltre un secolo uno dei teatri più prestigiosi al mondo, rigenerato in una suggestiva ed emozionante realtà immersiva fin nei minimi dettagli architettonici così come si presentava al momento dell'inaugurazione nei primi anni del Novecento; l'ex Mercato del pesce in piazza del Ferrarese, edificato ai margini della città vecchia nella tarda seconda metà dell'800, rigenerato nelle tre principali fasi del suo ciclo di vita in un'innovativa realtà mista fruibile on site e in movimento tramite un app scaricabile su dispositivi mobili. Le due esperienze sono state realizzate con grande accuratezza utilizzando fonti storiche originali: planimetrie, fotografie, cartoline, libri, documenti, incisioni, locandine e altri reperti, che sono state digitalizzati presso i laboratori delle imprese per creare le soluzioni interattive. Il Petruzzelli è stato ricostruito in realtà virtuale immersiva fruibile tramite visore a puntamento oculare e offre all'utente un'interazione che genera un impatto di notevole suggestione emozionale, in quanto si possono apprezzare pienamente i pregi architettonici e artistici del monumento, distrutti dall'incendio del 1991, quali gli affreschi della cupola, i tendoni dei sipari di apertura e di intervallo, gli ornamenti in legno e foglia oro che arredavano i palchi, in un gioco di luci e colori perfettamente ricostruiti per restituire le intense sensazioni emotive vissute dagli spettatori oltre cento anni fa entrando nel teatro per la prima volta. Negli ambienti è possibile integrare layer aggiuntivi con cui l'utente può interagire. Questa soluzione, che sarà disponibile al pubblico nelle prossime settimane, necessita di un punto di accesso dotato di hardware. L'app sviluppata per l'ex Mercato del pesce, disponibile sugli store digitali, offre agli utenti la possibilità di interagire con l'immobile nelle tre principali e diverse fasi edilizie che l'hanno profondamente modificato tra la fine dell'800 e i primi anni del '900, ricostruite in una dimensione digitale vivibile on site in prossimità dell'edificio e popolata da personaggi caratteristici integrati con tecnica particle system, alcuni dei quali animati tramite soluzioni audio-video che contengono narrazioni in vernacolo barese. "Siamo di fronte a due esperienze che non hanno semplicemente un valore in chiave turistica, ma anche "educational" - ha spiegato Nicola Barbuti -, in quanto i monumenti ricostruiti sono di fatto accessi tramite cui turisti e cittadini hanno la possibilità di entrare in contatto e conoscere le identità che definiscono la storia della nostra città, anche negli aspetti culturali altrimenti intangibili. Entrambe le installazioni sono incrementali e possono perciò essere ulteriormente popolate di contenuti anche attraverso il contributo partecipativo degli utenti e su richiesta di soggetti terzi. Ringraziamo il Comune di Bari per averci dato questa possibilità e aver contribuito alla realizzazione del progetto. Siamo convinti che i modelli di rigenerazione digitale creati possono diventare i nuclei primigeni di ecosistemi in cui attivare nuovi approcci di accesso alla conoscenza, che siano scalabili su diverse tipologie di contesti e di beni. In prospettiva, questo approccio potrà rappresentare un promettente avvio di strategie innovative di valorizzazione e conoscenza del patrimonio culturale locale e regionale, in grado di offrire agli utenti accessi e interazioni prima impensabili".... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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ecoamerica · 2 months
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Watch the American Climate Leadership Awards 2024 now: https://youtu.be/bWiW4Rp8vF0?feature=shared
The American Climate Leadership Awards 2024 broadcast recording is now available on ecoAmerica's YouTube channel for viewers to be inspired by active climate leaders. Watch to find out which finalist received the $50,000 grand prize! Hosted by Vanessa Hauc and featuring Bill McKibben and Katharine Hayhoe!
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sguardimora · 4 months
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𝗜 𝗖𝗢𝗥𝗣𝗜 𝗘 𝗟𝗘 𝗩𝗢𝗖𝗜 𝗗𝗘𝗟𝗟𝗔 𝗗𝗔𝗡𝗭𝗔 - 𝘴𝘦𝘤𝘰𝘯𝘥𝘢 𝘦𝘥𝘪𝘻𝘪𝘰𝘯𝘦
Corso di alta formazione per autori e autrici della scrittura corporea e delle performing arts
Lo studio della creazione coreografica autoriale si realizzerà soprattutto in percorsi curati e seguiti da maestri della scena performativa e coreutica contemporanea quali 𝗔𝗹𝗲𝘀𝘀𝗮𝗻𝗱𝗿𝗼 𝗦𝗰𝗶𝗮𝗿𝗿𝗼𝗻𝗶, 𝗗𝗲𝘄𝗲𝘆 𝗗𝗲𝗹𝗹 / 𝗧𝗲𝗼𝗱𝗼𝗿𝗮 𝗖𝗮𝘀𝘁𝗲𝗹𝗹𝘂𝗰𝗰𝗶, 𝗔𝗴𝗮𝘁𝗮 𝗖𝗮𝘀𝘁𝗲𝗹𝗹𝘂𝗰𝗰𝗶, 𝗩𝗶𝘁𝗼 𝗠𝗮𝘁𝗲𝗿𝗮, 𝗗𝗲𝗺𝗲𝘁𝗿𝗶𝗼 𝗖𝗮𝘀𝘁𝗲𝗹𝗹𝘂𝗰𝗰𝗶, 𝗖𝗼𝗹𝗹𝗲𝘁𝘁𝗶𝘃𝗢 𝗖𝗶𝗻𝗲𝘁𝗶𝗰𝗢 / 𝗙𝗿𝗮𝗻𝗰𝗲𝘀𝗰𝗮 𝗣𝗲𝗻𝗻𝗶𝗻𝗶, 𝗗𝗮𝗻𝗶𝗲𝗹𝗲 𝗡𝗶𝗻𝗮𝗿𝗲𝗹𝗹𝗼 e altri studiosi, studiose e docenti del linguaggio contemporaneo.
Hai tempo 𝗳𝗶𝗻𝗼 𝗮𝗹 𝟮𝟱 𝗺𝗮𝗿𝘇𝗼 per inviare la tua candidatura.
Per partecipare è necessario inviare una mail all’indirizzo 𝗳𝗼𝗿𝗺𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲@𝗰𝗿𝗼𝗻𝗼𝗽𝗶𝗼𝘀.𝗶𝘁 contenente il modulo d’iscrizione scaricabile al sito www.cronopiosformazione.it e tutti i documenti richiesti.
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𝗖𝗼𝗿𝘀𝗼 𝗳𝗶𝗻𝗮𝗻𝘇𝗶𝗮𝘁𝗼 𝗰𝗼𝗻 𝗿𝗶𝘀𝗼𝗿𝘀𝗲 𝗱𝗲𝗹 𝗣𝗿𝗼𝗴𝗿𝗮𝗺𝗺𝗮 𝗿𝗲𝗴𝗶𝗼𝗻𝗮𝗹𝗲 𝗙𝗼𝗻𝗱𝗼 𝘀𝗼𝗰𝗶𝗮𝗹𝗲 𝗲𝘂𝗿𝗼𝗽𝗲𝗼 𝗣𝗹𝘂𝘀 𝟮𝟬𝟮𝟭-𝟮𝟬𝟮𝟳 (𝘖𝘱𝘦𝘳𝘢𝘻𝘪𝘰𝘯𝘦 𝘙𝘪𝘧. 𝘗𝘈 2023-20195/𝘙𝘌𝘙, 𝘢𝘱𝘱𝘳𝘰𝘷𝘢𝘵𝘢 𝘤𝘰𝘯 𝘥𝘦𝘭𝘪𝘣𝘦𝘳𝘢 𝘥𝘪 𝘎𝘪𝘶𝘯𝘵𝘢 𝘙𝘦𝘨𝘪𝘰𝘯𝘢𝘭𝘦 𝘯. 2096 𝘥𝘦𝘭 04/12/2023 𝘦 𝘤𝘰𝘧𝘪𝘯𝘢𝘯𝘻𝘪𝘢𝘵𝘢 𝘤𝘰𝘯 𝘳𝘪𝘴𝘰𝘳𝘴𝘦 𝘥𝘦𝘭 𝘍𝘚𝘌+ 2021-2027 𝘦 𝘥𝘦𝘭𝘭𝘢 𝘙𝘦𝘨𝘪𝘰𝘯𝘦 𝘌𝘮𝘪𝘭𝘪𝘢-𝘙𝘰𝘮𝘢𝘨𝘯𝘢)
Soggetti attuatori:
Cronopios Eventi, L'arboreto - Teatro Dimora di Mondaino, Cantieri Danza, Corpoceleste/Alessandro Sciarroni, CodedUomo Choreography and Research/ Daniele Ninarello, CollettivO CineticO/ Francesca Pennini, Dewey Dell/Teodora Castellucci, Agata Castellucci, Vito Matera, Demetrio Castellucci
Partner promotori:
ATER Fondazione, ERT - Emilia Romagna Teatro Fondazione, Santarcangelo Festival dei Teatri, Associazione Culturale Festival Danza Urbana Bologna, Ravenna Teatro Soc. Coop, Fondazione Teatro Comunale di Ferrara, La Corte Ospitale - Teatro Herberia, Associazione Culturale masque teatro APS, Gender Bender International Festival / Cassero Lgbtqia+ Center, Attitudes spazio alle arti APS, ALCHEMICO TRE APS, Teatri di Vita
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jacopocioni · 9 months
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La corsa dei cocchi.
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Giovanni Signorini - La corsa dei cocchi (1844 circa) Il 24 giugno, come tutti i fiorentini sanno, è il giorno in cui si festeggia S. Giovanni Battista (da non confondersi con l’omonimo evangelista), patrono della città fin da tempi remoti. Vuole tradizione che il Cristiano S. Giovanni soppiantasse il pagano Dio Marte come protettore della città al tempo della dominazione Longobarda (VII-VIII secolo), anche se si ritiene più probabile che il suo culto fosse portato a Firenze dalle prime comunità cristiane che provenivano dall’Asia ed in particolare dalla Siria, che lasciarono in eredità alla città anche il culto di altri martiri orientali (S. Felicita, S. Reparata). Oggigiorno il Santo Patrono viene festeggiato il dì 24 giugno con il corteo storico, la finale del calcio storico ed i tradizionali “fochi”. In passato tuttavia, a partire dal secolo XIII, i festeggiamenti duravano più giorni. In particolare il giorno 23, vigilia della festa, a partire dal 1563 si tenne in Piazza S. Maria Novella la “corsa dei cocchi”. Questa manifestazione, istituita da Cosimo I, consisteva in una corsa di carri simili alle bighe romane che giravano attorno a due strutture piramidali in legno (chiamate nei documenti 'aguglie'), erette nel 1563 e poi nel 1608 sostituite dai due obelischi piramidali in mischio di Serravezza che ancora oggi possiamo vedere in piazza, fortunatamente scampati alle risistemazioni di fine ottocento che li avevano destinati alla erigenda piazza Cavour (attuale P.zza della Libertà) e recentemente restaurati. Si trattava di una moderna riedizione della corsa delle bighe che si teneva nell’antica Roma al Circo Massimo. Vi partecipavano quattro carri, ciascuno di un diverso colore, trainati da due cavalli. I nomi dei quattro colori erano ripresi dai colori delle “fazioni” degli antichi aurighi romani, già descritte da Ovidio (Amores, libro III): Prasina (verde), Russata (rosso); Veneta (blu) e Albata (bianca), e corrispondono a quelli dei quattro quartieri di Firenze usati anche nel Calcio Storico. I carri compivano il giro della piazza tre volte, terminando da dove erano partiti. La famiglia granducale assisteva all’evento da un apposito baldacchino montato per l’occasione davanti ai portici dell’ospedale di S. Paolo, sul lato opposto della piazza rispetto alla chiesa.
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Ricostruzione dell'antico ippodromo romano di Florentia La scelta del luogo non era casuale, infatti autorevoli eruditi come Ambrogio Traversari e Vincenzo Borghini sostenevano che nella zona del Trebbio, di fianco alla piazza, esistesse in epoca romana un ippodromo. Borghini ad esempio nei sui “Discorsi” (1515-80) dice che che “Il Teatro si dice dove è oggi la Croce a Trebbio Egli è ben vero che non è chiaro affatto se questo era Teatro o Circo e quel che si chiamò poi negli ultimi tempi a Roma con voce greca Ippodromo: e n’è cagione, che non qppariscono tanti vestigj, nè cosi chiari alla parte più bassa o del proscenio per il Teatro o della distesa a dilungo per il Circo …” A testimoniare l’importanza dell’evento basti pensare che i lavori di realizzazione dei due obelischi furono supervisionati da Bartolomeo Ammannati in persona e le belle tartarughe in bronzo (forse un ironico riferimento alla velocità dei carri?) che li sostengono vennero realizzate da Giambologna e la sua bottega. Il colpo d’occhio della piazza gremita ed addobbata a festa doveva essere notevole, stando alla descrizione di Pietro Thouar nel suo libro (tratto dal Repetti) “Notizie e guida di Firenze e de’ suoi contorni”: “Quando l’ anfiteatro di legname eretto sulla Piazza di S. M. Novella per la corsa dei cocchi è pieno di gente , quando le carrozze girano attorno a più file, e le finestre e le terrazze delle case sono addobbate con tappeti e tutte gremite di spettatori , il colpo d’ occhio è giudicato bellissimo”. Nel 1852 si corse l’ultima edizione del Palio, che fu poi soppresso quando la piazza venne attraversata dai binari della prima tramvia cittadina: a quanto pare le tramvie erano anche allora foriere di sciagure!
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Poli Gherardo e Giuseppe: Veduta di Firenze con il palio dei Cocchi in piazza S. Maria Novella, 1730 circa
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Le testuggini in bronzo modellate dalla bottega di Giamblogna  
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Enrico Bartocci Read the full article
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giancarlonicoli · 9 months
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25 ago 2023 19:15
“IL QUIRINALE FECE PRESSIONI PER CAMBIARE LA RELAZIONE FINALE SULL'URANIO IMPOVERITO” – L’EX MARESCIALLO DOMENICO LEGGIERO, CONSULENTE IN TRE COMMISSIONI D'INCHIESTA SUI DANNI DELLE MUNIZIONI CON URANIO IMPOVERITO, CONFERMA LE ACCUSE DI “NEGLIGENZA” AVANZATE DAL GENERALE VANNACCI CONTRO I VERTICI MILITARI. E SOSTIENE CHE GIUSEPPE CAVO DRAGONE, OGGI CAPO DI STATO MAGGIORE DELLA DIFESA E ALLORA COMANDANTE DEL COI, CONVOCATO IN COMMISSIONE, “SU PRESSIONE DEL QUIRINALE NEGÒ QUANTO VENIVA SEGNALATO DAGLI UOMINI SUL TEATRO OPERATIVO” – COME DAGO-DIXIT, È STATO PROPRIO CAVO DRAGONE A CHIEDERE DI FAR DIMETTERE VANNACCI -
Estratto dell’articolo di François de Tonquédec per “La Verità”
Il Parlamento italiano si è occupato delle patologie contratte dai nostri militari a causa della presenza di Uranio impoverito nelle munizioni con ben 4 commissioni d’inchiesta. L’ultima, istituita nel 2015 durante il governo Renzi e presieduta dal deputato Pd Gian Piero Scanu, nella relazione conclusiva ha lanciato un vero e proprio atto d’accusa nei confronti dei vertici militari.
Nel documento approvato a febbraio 2018 si può infatti leggere:
«Nel settore primario della sicurezza e della salute sul lavoro, la commissione d’inchiesta, grazie alle penetranti metodologie investigative adottate, ha scoperto - dietro le rassicuranti dichiarazioni rese dai vertici dell’amministrazione della Difesa e malgrado gli assordanti silenzi generalmente mantenuti dalle autorità di governo pur esplicitamente sollecitate -le sconvolgenti criticità che in Italia e nelle missioni all’estero hanno contribuito a seminare morti e malattie tra i lavoratori militari del nostro Paese».
Tra i consulenti della commissione Scanu c’era anche l’ex maresciallo Domenico Leggiero, un passato da elicotterista della nostra aviazione e tra i 30 ispettori italiani delegati e verificare l’attuazione del trattato sugli armamenti. Contattato dalla Verità Leggiero, che è stato consulente anche delle prime due commissioni, ha raccontato i retroscena delle attività svolte a Palazzo San Macuto, che si collegano con l’esposto presentato nel 2019 da Roberto Vannacci, il cui mandato in Iraq, iniziato a settembre 2017, viaggia in parallelo con gli ultimi mesi di lavoro della commissione.
Leggiero […]: «Noi avevamo individuato le cause (delle malattie tra i militari, ndr), ma non perché eravamo bravi, ma perché ce le avevano spiegate gli americani. Tutte le affermazioni che facevamo erano supportate da documentazione che gli americani mi avevano consegnato, perché all’epoca il ministro della Difesa sosteneva che non era mai stato utilizzato uranio impoverito, che l’Italia non ne era a conoscenza e che comunque non faceva male».
Leggiero racconta di essere stato avvicinato da personale americano che gli avrebbe detto, consegnandogli i documenti: «Queste sono le comunicazioni che abbiamo fatto al tuo Stato maggiore, questi sono i rischi, queste sono le protezioni necessarie, addirittura con un video, fatto nel 1994».
Documenti che, ci racconta, lo salvarono dall’arresto, per un’accusa di procurato allarme. Non sappiamo se i vertici militari avessero eventualmente condiviso le informazioni che secondo l’ex maresciallo erano in loro possesso con il ministro della Difesa dell’epoca. Che, ci dice Leggiero, era «l’attuale presidente della Repubblica», Sergio Mattarella.
Sta di fatto che il suo racconto, se confermato, sposterebbe indietro di una ventina d’anni il tema della negligenza rispetto a quanto messo nero su bianco da Vannacci nel suo esposto alla Procura di Roma e alla Procura militare. Aprendo il tema della rilevanza penale evidenziato anche dalla relazione della commissione: «È allarmante, peraltro, che, tra l’indifferenza delle autorità competenti, in materia di patologie occorse a militari o a cittadini residenti nei pressi di siti militari […] i procedimenti per reati quali l’omicidio colposo o le lesioni personali colpose nemmeno vengano avviati, ovvero si sviluppino con una tale lentezza o senza gli indispensabili approfondimenti, con la conseguenza che si concludono con il proscioglimento nel merito o per prescrizione del reato».
[…] Eppure, secondo Leggiero, la commissione guidata da Scanu «sostanzialmente svela tutto», ma sarebbe stata ostacolata con «pressioni per cambiare la relazione finale e variare una proposta di legge», predisposta da commissari a dai loro consulenti, tra cui anche l’ex pm Raffaele Guariniello.
Spiega ancora l’ex elicotterista dell’Esercito: «Decidemmo di fare chiarezza, convocando in commissione l’allora comandante del Coi (Comando operativo di vertice interforze, ndr) Giuseppe Cavo Dragone, che per il suo ruolo avrebbe dovuto sapere tutto. Mentre gli facevamo domande, ci siamo accorti che quello che ci diceva non trovava alcun riscontro ed era anzi l’esatto contrario di quello che succedeva sul teatro operativo».
A quel punto, secondo il nostro interlocutore «il generale Cavo Dragone si trova di fronte a un bivio. Su pressione del Quirinale e dell’allora (in realtà tra il 2006 e il 2015, ndr) addetto militare alla presidenza della Repubblica Rolando Mosca Moschini, viene chiesto, ed ottenuto da Cavo Dragone il persistere della negazione di quanto veniva segnalato dagli uomini sul teatro operativo».
Ma non è tutto, al termine dei lavori della commissione a Scanu sarebbero anche arrivate «pressioni dal Quirinale per cambiare la relazione finale e ritirare il provvedimento legislativo». L’ex militare evidenzia poi il fatto che Cavo Dragone è l’attuale Capo di Stato maggiore della Difesa: «Se quanto scritto nell’esposto è falso, Vannacci deve finire agli arresti stasera. Se invece ha un fondo di verità, in questo momento abbiamo un Capo di Stato maggiore della Difesa che non è stato trasparente con il Parlamento».
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personal-reporter · 9 months
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Sagra del Peperone 2023 a Frassineto Po
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Da giovedì 24 a domenica 27 agosto Frassineto Po, proporrà la 50esima edizione della Sagra del Peperone, per quattro giorni di festa e appuntamenti.   Domenica 27 agosto dalle 10.30 alle 20 sarà da non perdere San Satiro Agri Food, fiera eno-gastronomica per riscoprire i prodotti della terra e i valori artigiani, alle 17.30 è previsto lo storico rovesciamento della polenta. Il nome di Frassineto Po è attestato, sin dal X secolo, con le forme di Fraxinetus, “Fraxenetus”, Fraxanetus” e “Frassianetus, che indica un luogo piantato, dove determinati alberi crescono in abbondanza. Le sue origini risalgono al periodo medievale e appartenne all’episcopato di Vercelli, come è attestato da due documenti, del 999 e del 1207, firmati dagli imperatori Ottone III e Corrado I, che ne confermano il possesso ai vescovi. In seguito venne contemporaneamente ceduta in feudo alla famiglia dei Rossi e a quella dei Cane di Casale. Un diploma di Enrico VI del 1187 mostra che il monastero di Rivalta ebbe possedimenti nella zona. Nel 1335 arrivarono i marchesi del Monferrato, a cui l’imperatore Carlo IV assegnò i territori di Frassineto. Circa quarant’anni più tardi questi possedimenti entrarono a far parte del dominio milanese di Galeazzo Visconti, mentre nel 1446 furono i Gonzaga di Mantova a diventare signori del borgo. I secoli furono i  testimoni del suo passaggio, con titolo comitale, a varie famiglie locali, tra cui quella degli Ardizi, dei Natta Callori e dei Mosso Pallavicino di Morano. Nel 1859 le sponde del Po furono teatro del primo scontro della seconda guerra di indipendenza combattuta fra austriaci e piemontesi. Le vestigia del passato di Frassineto Po sono di notevole interesse storico e architettonico, come la quattrocentesca parrocchiale di Sant’Ambrogio, fatta costruire dal marchese Bonifacio III del Monferrato e caratterizzata da una facciata neoclassica realizzata durante un’opera di ampliamento del 1820 che  presenta, al suo interno, un altare e un tabernacolo in legno scolpito dello scultore Ambrogio Volpi, vissuto nel XVII secolo, e due tele di Guglielmo Caccia. Molto interessanti risultano anche una casa porticata e il palazzo dei duchi di Mantova, entrambi di origine seicentesca. Read the full article
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marcogiovenale · 2 years
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mostra di salvatore vendittelli, a roma dal 2 al 4 settembre, nel contesto del festival 'di là dal fiume', quinta edizione, 2022
mostra di salvatore vendittelli, a roma dal 2 al 4 settembre, nel contesto del festival ‘di là dal fiume’, quinta edizione, 2022
(su un libro di SV su CB: https://slowforward.net/2022/08/03/salvatore-vendittelli-scenografo-per-carmelo-bene/)
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Nova COOP presenta il bilancio consuntivo
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Sono chiamati al voto 599 mila soci Nova COOP. I soci Nova COOP potranno scegliere tra due modalità alternative di partecipazione: recarsi nel proprio negozio di riferimento per esprimere il voto per via elettronica su tablet nel periodo assegnato o partecipare di persona all’Assemblea separata del proprio Presidio Soci Coop di riferimento, che tornano a essere svolte in presenza dopo tre anni di interruzione.   Le votazioni si terranno dal 30 maggio al 04 giugno presso i negozi Coop di Biella e Valdilana e nei giorni successivi attraverso le assemblee dei Presidi Soci Coop locali. I Soci Coop di Biella potranno partecipare il 9 giugno, alle 20.45, all’assemblea presso l’Auditorium Città Studi di corso Pella, 2 B a Biella. I Soci Coop di Valdilana potranno esprimere il proprio orientamento presso l’Assemblea congiunta dei Presidi Soci Coop di Borgosesia e Valdilana in programma giovedì 8 giugno alle 20.45 presso il Teatro della Pro Loco di Borgosesia in Via Geometra Sesone a Borgosesia. Ogni socio può collegarsi al sito www.vivicoop.it o recarsi direttamente nel proprio negozio di riferimento, a partire da martedì 11 maggio, per prendere visione dell’ordine del giorno delle assemblee e dei relativi documenti illustrativi. Nei punti vendita, gli orari indicativi di voto sono: dal martedì a domenica 9.30-13.00 e 14.30-19.00, salvo specifiche variazioni di orario del negozio. Il voto permetterà anche di scegliere i Soci Coop delegati a partecipare all’Assemblea generale, che torna a essere svolta in presenza, in programma a Baveno (Vb) il prossimo 24 giugno. Il bilancio 2022 di Nova Coop presenta un valore della produzione che si attesta a 1,159 miliardi di euro e un utile netto di 7,277 milioni di euro. Il patrimonio netto finale ammonta a 822 milioni di euro, con un incremento rispetto alla gestione precedente di 6,8 milioni di euro. Il ritorno alle abitudini di acquisto del passato e la ripresa graduale dei servizi di ristorazione ha portato a osservare nell’anno una forte crescita degli scontrini battuti (+6,09%) a rete assoluta e una flessione della spesa media effettuata sia per la rete ipermercati (- 5,21%), sia per quella supermercati (-1,88%).           Il canale e-commerce www.coopshop.it ha contribuito ai risultati di bilancio con vendite lorde per oltre 12 milioni di euro e raggiunto nuove aree di copertura, fino a servire 400 comuni piemontesi (+100 rispetto al 2021), con la consegna della spesa a casa nelle province piemontesi  di Torino, Asti, Alessandria, Biella, Cuneo, Novara e Vercelli, l’apertura di un nuovo Coop Drive per il ritiro della spesa con la macchina presso l’Ipercoop di Casale Monferrato e l’installazione di nuovi Coop Locker presso gli Ipercoop di Ciriè, Chieri, Pinerolo, il superstore di Alessandria e il supermercato Coop di Torino - Corso Belgio. Le quattro stazioni di carburante a marchio Enercoop hanno prodotto un fatturato di 114 milioni di euro.  Il bilancio consolidato 2022 del Gruppo Nova Coop registra un valore complessivo della produzione consolidata di 2,802 miliardi di euro e un utile netto consolidato pari a 7,277 milioni di euro. Meritevole di menzione è il risultato raggiunto nel 2022 da Nova Aeg, la società di vendita di luce e gas del Gruppo Nova Coop, che nel contesto di un mercato dell’energia caratterizzato da estrema volatilità, ha registrato un forte aumento di fatturato a 1,687 miliardi di euro sostenuto anche da un incremento dei volumi venduti, che hanno superato i 6 TWh (+16% rispetto al 2021), permettendo alla compagnia di registrare un utile netto di 5,2 milioni di euro. Nel corso della gestione sono state superate le 40 mila forniture dirette a clienti domestici con i marchi EnerCasa Coop ed EnerWeb Coop previste dal piano pluriennale. Il rispetto rigoroso dei termini d’offerta dei contratti di fornitura a prezzo fisso sottoscritti prima dell’aumento dei costi dell’energia ha consentito di garantire ai clienti domestici Soci Coop un risparmio stimabile in 8 milioni di euro rispetto ai prezzi di mercato, risparmio di cui ha beneficiato anche Nova Coop per i consumi di energia elettrica e gas naturale relativi alla propria rete di vendita, per un valore pari a 28 milioni di euro.  Nell’ambito dell’esercizio 2022, la Cooperativa ha proseguito il percorso per mantenere un’alta capacità di presidio del mercato piemontese, rafforzare l’attitudine a offrire servizi sempre più qualificanti e difendere il potere di acquisto di Soci e clienti assorbendo gran parte dei rincari di listino dovuti al crescente fenomeno inflattivo – cresciuti nella media dell’anno di oltre 7 punti percentuali e assorbiti per circa il 4% – che ha determinato un incremento dei costi di funzionamento e l’aumento di quelli di produzione. I risparmi di cui hanno potuto usufruire i Soci Coopammontano a oltre 96 milioni di euro, erogati attraverso promozioni mirate, offerte dedicate e punti catalogo. I 4.616 dipendenti di Nova Coop e i loro familiari hanno potuto beneficiare invece di misure previste dal piano di welfare aziendale per un importo pari a 1,4 milioni di euro.  In un’ottica di valore per il territorio, è stata rinnovata per il terzo anno l’iniziativa “Prodotti in Piemonte” dedicata ai fornitori regionali per favorire il consumo di qualità e il sostegno alle filiere dell’economia locale; l’iniziativa nazionale “Coop per la Scuola” ha coinvolto 3235 istituti piemontesi di ogni ordine e grado ai quali sono stati corrisposti 6.757 premi, per un valore complessivo superiore ai 630 mila euro mentre più di 14 mila studenti hanno preso parte alle iniziative organizzate per le scuole; il progetto “Buon Fine” ha permesso di recuperare prodotti non più vendibili ma ancora consumabili pari a circa 1.000 tonnellate, per un corrispettivo di valore di circa 6,9 milioni di euro, destinati ad associazioni del territorio per la preparazione di pasti presso le mense sociali o altre azioni di contrasto alla povertà alimentare.  L’ammodernamento ed efficientamento dei negozi è proseguito con un investimento complessivo di poco superiore a 6 milioni di euro. Gli interventi principali hanno riguardato la ristrutturazione con la trasformazione in Superstore dei punti vendita di Luino (Va) e Intra Verbania (Vco) e l’apertura del Drive di Casale Monferrato.  A fine anno erano 86.425 i soci prestatori della Cooperativa (+0,47% rispetto al 2021), con un’incidenza sul totale della base sociale del 14,42%. L’indice del rapporto tra prestito raccolto e patrimonio netto della cooperativa è di 0,89, un dato nettamente migliore rispetto alla media nazionale delle cooperative di consumo che, alla fine del 2022, era di 1,37. Il Presidente di Nova Coop Ernesto Dalle Rive commenta:  «Il 2022 è stato un anno complicato dai fenomeni inflattivi che hanno condizionato in maniera rilevante la gestione di tutto il settore della grande distribuzione. Nova Coop ha reagito in maniera determinata alle nuove sfide, intraprendendo azioni per tutelare il potere di acquisto dei Soci e mantenere una marginalità adeguata. Questo bilancio presenta una Cooperativa in salute, capace di presidiare il mercato piemontese e introdurre elementi di innovazione nella politica commerciale; un’impresa che realizza un altro passo nel percorso di consolidamento e miglioramento dei propri indicatori economici e che, grazie alla sua capacità di generare ricchezza nelle diverse gestioni, ha scelto di iscrivere a bilancio il proprio portafoglio finanziario a valore di mercato, anziché a quello di carico come un decreto consentiva, per allineare a valori più reali e trasparenti  la sua consistenza nell’ambito delle politiche di bilancio della Cooperativa».  Read the full article
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infosannio · 1 year
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Roma, “Jacques Louis David. Autoritratto di una rivoluzione” di Camilla Migliori: al Teatro di Documenti
“Jacques Louis David. Autoritratto di una rivoluzione” di Camilla Migliori: al Teatro di Documenti il racconto in chiaroscuro di un artista esposto al  Museo del Louvre di Parigi Il suggestivo Teatro di Documenti diventa scenario il 31 maggio della mise en espace “Jacques Louis David. Autoritratto di una rivoluzione”, testo teatrale di Camilla Migliori. La regista Stefania Porrino regala al…
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IL MUTAMENTO – in viaggio da Atlantide all’Universo, scritto e diretto da Stefania Porrino, con Giulio Farnese, Nunzia Greco, Evelina Nazzari, Alessandro Pala Griesche, Carla Kaamini Carretti sarà in scena al Teatro di Docume
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vorticimagazine · 1 year
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Gli ottant'anni di Lucio Dalla
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Gli ottant'anni di Lucio Dalla
Torniamo a parlare di un evento culturale e musicale molto importante.
Un approfondimento interessante era stato già proposto da Vortici.it, in un articolo precedente intitolato: Lucio Dalla. Anche se il tempo passa.
Il protagonista è lo stesso ma questa volta occorre parlare di un avvenimento altrettanto significativo.Arriva a Napoli l’affascinante viaggio nel mondo di Lucio, cantautore iconico, innovativo, immortale, una prerogativa, quest’ultima, propria dei grandissimi artisti. Non esiste luogo migliore per celebrarlo nel giorno del suo 80° compleanno, con la grande mostra - evento ribattezzata per l’occasione: “Lucio Dalla. Il sogno di essere napoletano”, dedicata al suo genio umano e musicale, in corso dal 4 Marzo al 25 Giugno 2023 al MANN - il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, tra le istituzioni culturali più antiche e importanti al mondo. Un viaggio che parte dall’infanzia e ripercorre un percorso straordinario di vita e memoria collettiva, al ritmo delle note delle sue straordinarie canzoni. Non è stato facile raccontare in un’esposizione cinquant’anni di storia. Tutto nasce da una lunga ricerca di materiali, molti dei quali esposti per la prima volta, che documentano l’intero cammino umano e artistico di uno degli artisti italiani e internazionali più amati. Lucio Dalla ha segnato in modo assolutamente unico e innovativo la storia della musica italiana. Un cantore di vita e di suoni che con graffiante ironia e sguardo poetico ha conquistato il cuore di tutti; non era solo musicista ma anche attore, scrittore, regista teatrale, amante dello sport e appassionato di motori, danza, opera lirica, pittura, letteratura, all'attivo un numero impressionante di interessi. L’esposizione è curata da Alessandro Nicosia, insieme alla Fondazione Lucio Dalla. In mostra documenti, foto, copertine dei dischi, video, oggetti, abiti di scena, locandine dei film a cui ha partecipato, manifesti, la ricca collezione di cappelli e berretti, che consentono di scoprire l’intimità di Lucio e vivere la forza della sua anima e della sua musica. La mostra è suddivisa in dieci sezioni: La sua musica, Famiglia - Infanzia - Amicizie - Inizi musicali, Dalla si racconta, Il clarinetto, Dalla e Napoli, Il cinema, il teatro, la televisione, Dalla e Roversi, Universo Dalla, Il museo Lucio Dalla.Dalla e Napoli è la sezione inedita dedicata al rapporto tra il cantante e il capoluogo campano.Di Napoli Dalla apprezzava la folla tra i vicoli, gli odori della cucina, i suoni, le voci, il dialetto, amato a tal punto da studiarlo tre ore a settimana per più di dodici anni. Amava gli scorci sul mare, un mare che navigava spesso con la sua barca Brilla&Billy. Aveva poi un legame profondo con Diego Armando Maradona. Il campione gli aveva donato un orecchino che Dalla indossava sempre volentieri e anche la sua maglia della nazionale argentina – esposti in mostra per la prima volta. Dalla invece gli donò un rosario che conservava dai tempi in cui era negli scout, oggetto che Maradona a sua volta, apprezzò moltissimo. Ad arricchire l’esposizione un importante catalogo edito da Skira che contiene storia, immagini e anche un lungo elenco di straordinarie testimonianze che aiutano a comprendere nel profondo il suo carattere ecclettico. La mostra, promossa dal MANN (Museo Archeologico Nazionale di Napoli), diretto da Paolo Giulierini, e Fondazione Lucio Dalla con il Ministero della Cultura, si avvale della collaborazione e del sostegno della Regione Campania. L’esposizione fa parte delle iniziative programmate, nell'ambito degli eventi “Il MANN per la città” e vede la partecipazione di Archivio Luce Cinecittà con il patrocinio della RAI e la collaborazione tecnica della SIAE Società Italiana degli Autori e degli Editori, Universal Music Publishing Group. Immagine di copertina: Ministero della Cultura Read the full article
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lamilanomagazine · 5 months
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Milano, casa della memoria, la mostra "Menestrella nel lager" disegni e filastrocche della partigiana Aura Pasa nel lager di Bolzano (1944/45)
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Milano, casa della memoria, la mostra "Menestrella nel lager" disegni e filastrocche della partigiana Aura Pasa nel lager di Bolzano (1944/45) Sarà inaugurata oggi, giovedì 11 gennaio, alle ore 18, dall'assessore alla Cultura Tommaso Sacchi la mostra "Menestrella del Lager", allestita negli spazi di Casa della Memoria dal 12 gennaio al 25 febbraio 2024, con ingresso gratuito. L'esposizione è una testimonianza inedita sul Campo di Concentramento di Bolzano, allestito e gestito dalle SS tra l'estate del 1944 e la primavera del 1945, e illumina lo straordinario spirito di una donna partigiana: Aura Pasa. Il Campo di concentramento di Bolzano, pur avendo rappresentato, insieme alla Risiera di San Sabba, il principale luogo di detenzione e di tortura nazista in Italia, è stato oggetto di una autentica rimozione fin dai mesi successivi alla Liberazione. Nei primi anni Sessanta, al posto delle baracche e delle celle, nell'area del Campo sorgevano una dozzina di palazzine di edilizia residenziale. Fu solo a metà degli anni '70 che iniziò il lavoro di recupero della memoria e furono pubblicati i primi importanti studi, ma ancora negli anni '80 era difficile trovare qualcuno che sapesse indicare il muro che cinge le case al numero 80 di via Resia, l'unica traccia rimasta del Lager. Da allora molte ricerche sono state fatte, si è lavorato per rintracciare documenti che permettessero di ricostruire l'organizzazione del Campo e soprattutto le storie dei circa 11mila uomini, donne e bambini che vi furono detenuti. Ora l'installazione "Passaggio della Memoria" lungo il lato esterno del muro di via Resia ricorda tutti i loro nomi. I taccuini che Aura Pasa scrisse nel Lager di Bolzano, con i suoi disegni e le sue filastrocche, raccontano molto di più dei nomi: raccontano i tempi, l'organizzazione, la vita e le relazioni all'interno del Campo. Una testimonianza inedita ad oggi che, oltre a parlarci della "fisicità" della vita in quel drammatico contesto, ci trasmette un'incomprimibile volontà di resistenza. Il Campo di Bolzano era un campo di transito, dove i nazisti radunano, tra l'estate 1944 e la primavera 1945, i prigionieri destinati a una successiva deportazione verso i grandi Lager del territorio del Terzo Reich. Sono documentate diverse decine di uccisioni di prigionieri, talvolta con metodi particolarmente efferati. Si stima che tra i prigionieri del campo vi fosse in media un ucciso ogni quattro giorni. Frustate, percosse, vessazioni sono all'ordine del giorno. In questo clima di violenza e di morte, Aura Pasa cerca in vario modo di esorcizzare un destino in cui i prigionieri sono ridotti a numeri, in balia dei carcerieri, attingendo anche alla forza dell'ironia. Una capacità che, come sottolinea Debora Villa nel suo commento alla mostra, è un tratto prettamente femminile: "Le donne sono capaci di trasformare le montagne in colline così che tu possa riuscire a scalarle. Creano oasi nel deserto, arcobaleni nella notte. Danno la vita anche in tempi di morte. Riescono a ridere delle disgrazie". La mostra, progettata e realizzata da dall'Associazione Nazionale Ex Deportati nei Campi Nazisti presso la Casa della Memoria di Milano, presenta un ampio estratto dei taccuini di Aura Pasa, affiancati da oggetti, documenti originali e video. Chi era Aura Pasa: diplomata presso la Reale Accademia delle Belle Arti di Venezia, insegna disegno in istituti inferiori e superiori. Liberale e democratica, dal settembre 1943 inizia l'attività di partigiana combattente. Il 12 ottobre è arrestata su delazione di una spia infiltratasi tra i partigiani. Dopo otto giorni di interrogatori nella sede del Teatro Romano di Verona, è consegnata alle SS con l'accusa di essere "antifascista, antitedesca e staffetta della Divisione Pasubio" e rinchiusa in una cella sotterranea. Il 28 ottobre viene trasferita nel campo di concentramento di Bolzano, dove rimane fino al 29 aprile 1945.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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