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#dire sempre la verità
lospalatoredinuvole · 2 years
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Dico la verità e affronto le conseguenze.
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toddbl4ck · 1 year
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underbelly (nicole homer) / bang the doldrums (fall out boy) / memories (conan gray) / seaside improvisation (richard siken) / ivy (frank ocean) / g.i.n.a.s.f.s. (fall out boy) / eventually (tame impala) / fleabag
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deathshallbenomore · 2 years
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Max Pezzali che? Help non l'ho capita
mi stai dicendo che non conosci “nord sud ovest est”, l’incredibile, sempiterno e intramontabile classico della musica leggera italiana, ad opera di uno dei gruppi più rilevanti sulla scena del pop italiano degli anni ‘90, e cioè gli 883 (di cui poi rimane appunto max pezzali)? MALE! RECUPERIAMO SUBITO!
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dolianet2022 · 1 year
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foreversedici · 2 years
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Thank you Vanzini , finally someone that said the truth . 👏
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ossicodone · 8 months
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Mi accorgo del distacco emotivo di una persona nei miei confronti prima ancora che se ne accorga lei. Cerco di parlarne, di farglielo notare, dico che può succedere, succede spesso, ho bisogno di sentirmelo dire, non voglio quel senso di agonia che si prova nei giorni precedenti a una rottura, voglio la verità, sempre, subito, perché è da quando sono piccolo che la verità non me l'hanno mai detta. Mi sento rispondere che non è così, che è tutto nella mia testa, e allora io dovrei provare a non pensarci, a continuare a dare il meglio di me, ma io non sono così, io ho sempre bisogno di sapere che dall'altra parte ci sia la stessa intensità, io non so' salvarle le storie, non sono in grado di amare per due, non sono capace di prendermi il grosso del lavoro. Io non lo so disperdere l'amore, ho bisogno di sapere che verrà custodito. Finisce che mi tiro indietro anche io, che spengo le emozioni, al silenzio rispondo col silenzio, distacco con distacco, al ghiaccio rispondo col ghiaccio pur sapendo che servirebbe più fuoco. Mi ritraggo, mi proteggo. Rimango in attesa del giorno in cui quella persona mi dirà "avevi ragione" ed io non riuscirò comunque a fargliene una colpa, avrò il sorriso amaro di chi già sapeva. Vorrei avere più coraggio, zittire la voce dentro di me, lasciarmi travolgere da una rottura improvvisa anziché sentirla arrivare da lontano, ma non ci riesco. Non ci riesco mai. Quell'addio che poi arriva, io l’ho già sentito da un pezzo.
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sofysta · 2 months
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[ Il punto è che non sei abituata ai no]
Quando ti senti dire cose non vere con il peso addosso della tua personale verità, potrebbero far male. Cosa autorizza un essere umano a pensare che i sorrisi, una discreta presenza, una mente avanti nel tempo possano avere avuto una vita facile condita solamente da tanti Si??? Tu e tu e forse anche l'altra non sapete nulla di me, della mia crescita personale, delle maniche che ho voluto rimboccarmi senza che qualcuno mi aiutasse o muovesse un dito. Non sapete delle lacrime per amore, dei rifiuti non aspettati, delle prove dure superate in famiglia, niente. Non sapete niente. E mai saprete perchè scrivo qui e non sono abituata a giustificarmi per quello che faccio o dico. Questo si. Non sono abituata a dover spiegare perchè faccio una cosa piuttosto che un'altra, ma la faccio sempre senza disturbare nessuno, mi faccio la mia vita, mi faccio i miei pensieri, le mie deduzioni e le mie considerazioni senza sputare veleno. Perchè il veleno fa male ai corpi altrui ma forse non lo sapete fa male anche a chi sputa. Vi fa vivere male, vi rende cinici, senza alcuna empatia verso il prossimo. E se questa è la generazione di un domani, anche se solo 23enne sono fiera di appartenere ad una generazione passata dentro la mia anima. So di essere fuori posto, so di non volere essere come chi oggi non sa sedere accanto a qualcuno per dargli un consiglio, per capire cosa non va. Non abbiamo niente in comune io e voi e se nei miei occhi vedete un sorriso o la delusione giratevi dall'altro lato e non sperate di capire cosa infesta i miei pensieri perchè nemmeno se ve ne parlassi sapreste comprendere, voi non avete il cuore giusto, non avete la maturità giusta per rendere questo mondo migliore.
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kon-igi · 4 months
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UNA VOLTA HO SCRITTO DUE COSE
Non importa quali e dove.
La prima la scrissi tanti anni fa - tredici - e a mia discolpa posso dire che ero un individuo profondamente diverso, più rabbioso e ipergiudicante, ma di fatto questa cosa scatenò tutta una serie di reazioni nei confronti di una persona che fu costretta a sparire per il pubblico lubidrio.
Io ero già 'famoso' - le virgolette vi dicono quanta compassione mi faccio solo a usarlo, questo aggettivo - e questa persona una perfetta sconosciuta che, non si era forse comportata in modo simpatico ma lo squilibrio tra la mia capacità di insultarla - e soprattutto farla insultare - e la sua capacità di difendersi era ENORME.
Tre anni fa, quasi quattro, invece, in pieno Covid decisi di affrontare l'argomento pandemia e vaccino su una pagina FB creata all'uopo e lì potei toccare con mano lo squilibrio tra me e loro... nel senso che di sicuro io ero più competente ma loro erano di più e quindi mi ritrovai, fisicamente, a non riuscire più nemmeno a rispondere o interagire perché gli insulti, le accuse e gli auguri di morte erano così variegati e numerosi che cominciai a provare sconforto e, a tratti, amarezza.
Sia 13 anni fa come 3 anni fa l'errore fu tutto mio, nel senso che mi illusi di avere una verità più vera di quella di altri e che alla fine questa verità avrebbe prevalso.
Verità...
La stessa parola che hanno usato Selvaggia Lucarelli e Lorenzo Biagiarelli, per amor di ricerca della quale hanno massacrato mediaticamente una poveraccia che voleva fare pubblicità al suo locale con una recensione gay friendly farlocca e che poi s'è ammazzata per la disperazione.
Una cosa la voglio dire, a voi tutti, me 'famoso' compreso...
Non siamo così importanti.
Io sono un cinquantenne sovrappeso che guadagna 1300 euro al mese e si sveglia urlando nel mezzo della notte. Nei prossimi vent'anni probabilmente mi verrà un tumore o un accidente cerebrovascolare e prego già da ora Crom di farmi schiattare alla svelta per non diventare un doloroso peso per le persone che amo. Magari un giorno vi chiederete perché non posto più e qualcuno vi dirà che sono morto dilaniato tra le lamiere della mia macchina dopo esser volato giù da un monte.
Dove sarà tutta la mia 'importanza' e a che cosa sarà servita?
Quindi, per cortesia, non parlatemi di 'ricerca della verità' quando non siete altro che dei miserevoli strisciaschermo con due o tremila follower che usano il pollice opponibile giusto per afferrarsi le caccole in fondo al naso.
Giornalismo di inchiesta e ricerca della verità... Mauro de Mauro e Heidegger si stanno rigirando così tanto nella tomba da aver perforato la crosta terrestre e io a quegli ignobili individui vorrei dire una cosa, consapevole che lo squilibrio di potere tra me e loro è così grande da non temere che abbiano a soffrirne.
Il giornalismo di inchiesta e la ricerca della verità si fanno per denunciare grandi ingiustizie e schierarsi dalla parte delle vittime, mentre voi siete solo frignanti individui meschini che neghereste di aver rubato la marmellata pure se vi colasse dalle orecchie.
Se per le masse siete quel tipo di eroi, allora ricordate di tenere sempre il passo e di non cedere mai perché la vostra gente ha coltelli, forchette e tanta fame... ed è un attimo che il prossimo pasto diventiate voi.
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francesca-70 · 6 days
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Una forza e una generosità straordinarie sono il dono di ogni madre, e sono la base di quell’amore incondizionato che solo una madre sa offrire e che tutti dovremmo avere la possibilità di assaporare. Un vecchio proverbio napoletano recita: «Chi tene ‘a mamma, nun chiagne» (chi ha la mamma, non piange), ed è vero. Le madri sono scudo pronto a difenderci da ogni dolore, a volte persino esagerando.
La verità è che l’amore può tutto, che un sorriso, uno sguardo sincero, una carezza sono sorsi di eternità, che nel dolore la fiducia nel domani può soltanto diventare più grande.
Una terribile battaglia da combattere “un lungo addio”.. “un addio rubato..un addio mancato.. un addio finto”.
Perché tra di noi, mamma, non può esserci addio.
La mia persona più amata si dissolve lentamente in piccoli pezzi, ed è impossibile andare a ripescare quale sia stata l’ultima conversazione. Struggente ed emozionante, «il segreto della vita».
Tutto ruota intorno ai ricordi e alla memoria, al loro disperdersi e riemergere continuo e imprevedibile, trasportando tutti in una sorta di infinito presente. Una storia di cui non conosco né l’inizio né la fine, ma di cui ho vissuto e vivo intensamente ogni giorno con dolore, paura, rabbia, fatica, solitudine, curiosità, ostinazione. Facile perdersi in questo guazzabuglio di emozioni. Non so dire con precisione quando quel processo abbia avuto inizio. Sono stata incapace di cogliere i primi segnali quotidiani. E mi sono trovata direttamente a decidere quanti scatoloni avrebbero occupato i ricordi della mia infanzia e della mia adolescenza, riempiendoli ad una velocità molto superiore a quella delle mie emozioni, che mi soffocavano la gola. “Questo è il momento più difficile”, mi racconto ma intanto sto tatuando il mio cuore. In maniera indelebile.
Figlia unica di un genitore non autosufficiente, come la definisce la USL.
Il muro che ho dovuto attraversare per trovare il mio binario è fatto di rifiuto, disoriento.
Dovevo combattere con i fantasmi del mio passato, guardare negli occhi una persone che non mi riconosceva piu e specchiarmi nelle sue paure. Una micidiale danza di emozioni contrastanti: l’eterno presente senza ieri e senza domani il passato remoto improvvisamente prende vita catapultandoti in una dimensione surreale e spiazzante. Mi trito il cuore cercando di cogliere un’espressione diversa sul volto, un lampo negli occhi, un gesto, ma lei ė in un'altra dimensione e questo fa male. Come tenere tutto dentro.
Ecco come vedo, assisto e vivo questo lento perdersi. Un lento svanire. Spegnersi poco a poco, spettatore di questa surreale esibizione della vita. Dove il regista è il tempo e la trama è composta dalla memoria, dai ricordi, che a tratti riemergono da quel luogo fuori dallo spazio e dal tempo. Sono sempre lì. Sono sempre loro. Solo nascosti in qualche angolino. Basta aspettare il momento giusto... ed eccoli.
Un viaggio nei legami affettivi più forti, nelle nostre paure e nei nostri bisogni di amare, alla ricerca della felicità anche nelle situazioni apparentemente più avverse.
A 52 anni proprio non me lo aspettavo. Di figli ne avevo già uno, ormai grande, proiettato verso un futuro luminoso insieme alla famiglia che si era creato.
Ed io, invece, ecco che mi ritrovo, inaspettatamente, a dover fare i conti con la dolorosa esperienza di diventare “madre di mia madre", nel suo lento declino fisico e mentale.
Eppure il suo sguardo, di tanto in tanto, torna per un fugace momento (tanto fugace che, a volte mi chiedo se sia veramente successo) a fissarsi su di me, limpido e cosciente. Come se davvero fosse tornata a vederMi...tornata ad essere mia madre. Quella che si preoccupava per me. E si prendeva cura di me, sempre con un sorriso sulle labbra. Non so bene come spiegarmi. C’è da non trovare le parole quando hai a che fare con una persona che se ne sta andando lontano, sempre più, suo malgrado. C’è da augurarselo di non trovarle, mettere in fila i pensieri richiederebbe di voler vedere quello che si ha davanti e io non voglio.
“Mamma, sono io, sono Francesca”. Te lo ricordo, te lo ripeto, non perderlo il mio nome. Non lasciarmi andare. Nei tuoi pensieri troncati, assillanti, confusi non sei persa, perché non si può affogare in una pozzanghera, e non sei rinchiusa finché fai di tutto per stare a galla. Attaccati a me, aggrappati all'amo, salda più che puoi, con le mani e con lo sguardo, che ti tiro verso di me, non smettere di respirare.
Quanto fa male trasformarsi. “Sono io, mamma, sono Francesca”. “Lo so,” mi rispondi. Sei arrabbiata. In te c’è ancora forza...non molli, non cedi, ti ribelli. Mi prenderesti a schiaffi. Ti vedo, seduta sul divano. Ti stringi, ti rimpicciolisci, scompari, eppure io ti trovo sempre. So dove cercarti. So dove trovarmi. Anche se potremmo essere il gioco dei contrari io e te. Tu, che sei tanto diversa da me eppure ti assomiglio. Ho paura..e nello stesso tempo ho Il bisogno di non far vedere agli altri che sto male.
Ho tanti sensi di colpa: sono una mamma, come te. Quanta malinconia c’è, quanto mi ricordo di te..ricordi che si diluiscono. All’inizio mi concentro sul come fare per catturarti e quando ti ho catturata penso a come trattenerti; quando sto per perderti cerco di invogliarti a restare con un nuovo stratagemma; quando ti ho persa iniziano i propositi per fare meglio la volta dopo. Ricomincio, riprovo, non mollo mai. I tentativi si susseguono senza sosta. Non c’è fine, non c’è pausa. Ci pensi anche quando non lo fai. Ci deve essere da qualche parte una linea di confine che, se oltrepassata, è un cambio perenne di stato. E ci pensi mentre fai la spesa o sei in fila dal dottore, mentre parli al telefono con un’amica e perfino mentre ti fai la doccia. Quando sei sotto il getto dell’acqua tiepida piangi per il fallimento: non importa quanto poco ti consoli l’esserci per accudirla. L’acqua si miscela alle lacrime nel gorgo dello scarico e dovrebbe andare giù, lasciarti, non tornare, giusto? No, non va giù. La lacrima stagna, imputridisce. Si deposita. È l’acqua delle pozzanghere. Non conosce colore, non conosce fine. Non riflette tutto il cielo, non è nemmeno una finestra. Non bisogna scoraggiarsi.. ma mi mancano le forze o forse il coraggio. A volte ricordo i tempi piu felici che sono anche i più taglienti.“Eccomi! Ciao, come stai oggi? Hai visto che è arrivata l'estate???....
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Guardami,
"sono Francesca, mamma
Mamma❤”.
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stringilamiamano · 3 months
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alle medie/liceo ero oggettivamente bruttina, bisogna sempre dire la verità, ma la cosa positiva di tutta questa storia è che uno inevitabilmente per sopravvivenza sviluppa una bella personalità e simpatia, quindi adesso non solo sono simpatica ma sono anche bella !!! viva me
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libero-de-mente · 5 months
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Se camminando su un marciapiede stretto, come quelli nei centri storici, incrocio un'altra persona cedo il passo. Se questa persona è una donna scendo proprio dal marciapiede per non crearle intralcio.
Quando sono alla cassa in un supermercato e vedo dietro di me qualcuno, con in mano pochissime cose, gli cedo il posto.
Se devo salire in ascensore quando si aprono le porte faccio sempre uscire chi è già dentro, poi impegno l'ingresso.
Quando incrocio un'auto in senso di marcia opposto al mio, che deve svoltare a sinistra gli cedo la precedenza. Così ai pedoni che devono attraversare.
Se qualcuno mi sorride per cortesia per strada, io contraccambio il sorriso.
Nei mezzi pubblici cedo il posto ad anziani o donne se non ci sono posti liberi.
Chiedo sempre permesso se trovo il passaggio ostruito da qualcuno. Non spingo e non urto per passare di forza.
Faccio anche tante altre azioni con cortesia e attenzioni se posso, le faccio volentieri.
Non sempre ho un riscontro di gratitudine. Alcuni, pochi a dire la verità, si comportano come se quel gesto gli fosse dovuto. Apatia totale nei riscontri.
Evidentemente quelli come me, non pochi a dire la verità, passano inosservati. Siamo fuori moda non allineati con i tempi che corrono.
Spesso ho la sensazione di essere obsoleto.
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smokingago · 1 month
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🍀
[...] Tu sei il mio fabbricante di lacrime, Ognuno di noi ha il suo fabbricante di lacrime… È quella persona in grado di farci piangere, di renderci felici o di straziarci con un’occhiata. È quella persona che dentro di noi ha un posto talmente importante da farci disperare con una parola, o emozionare con un sorriso.
E non puoi mentirle… Non puoi mentire a quella persona, perché i sentimenti che ti legano a lei vanno al di sopra di qualsiasi menzogna [...]
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[...] narrava di un luogo lontano, remoto...
Un mondo dove nessuno era capace di piangere, e le persone vivevano con anime vuote, spoglie di emozioni.
Ma nascosto da tutti, nella sua immensa solitudine, c'era un uomo vestito di ombre. Un artigiano solitario, che dai suoi occhi profondi era capace di confezionare lacrime di cristallo.
Andava da lui, la gente, chiedendo di poter provare un briciolo di sentimento , perché nelle lacrime si cela l'amore e il più compassionevole degli adii.
Sono la più intima estensione dell'anima, ciò che, più di gioia e di felicità, fa sentire veramente umani.
E l'artigiano li accontentava...
Infilava negli occhi delle persone le sue lacrime con ciò che contenevano, ed ecco che piangeva la gente: era rabbia, disperazione, dolore, angoscia.
Erano passioni laceranti, disillusioni e lacrime, lacrime, lacrime - l'artigiano infettava un mondo puro, lo tingeva dei sentimenti più intimi e logoranti.
[...] "Ricorda: non puoi mentire al fabbricante di lacrime" ci dicevano alla fine." [...]
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[...] Gli avevano detto che l’amore vero non finisce.
Non gli avevano detto però che ti dilania fino alle ossa, l’amore vero, quando ti si radica dentro senza più lasciarti andare [...]
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[...] Avevo sempre sentito dire che solo un grande potere aveva la forza di cambiare il mondo.
Io non avevo mai voluto cambiare il mondo, ma avevo sempre pensato che, invece, non fossero i grandi gesti o le manifestazioni di forza a fare la differenza.
Per me erano le piccole cose. Le azioni quotidiane. Semplici atti di gentilezza compiuti dalla gente comune [...]
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[...] ma la verità è che... le persone che amiamo non ci lasciano mai veramente, sai? Restano dentro di noi, e poi un giorno ti accorgi che sono sempre state lì, dove potevi trovarle solo chiudendo gli occhi [...]
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[...] Non importa se sei distrutto.
Non importa se lo sono io.
Anche i mosaici sono fatti di cocci spezzati.
Eppure guarda che meraviglia [...]
[...] Ti amo come solo le stelle sanno amare: da lontano, in silenzio, senza spegnersi mai.[...]
[...] Non voglio il lieto fine,
voglio il gran finale.
Come quelli dei prestigiatori,
quelli che ti lasciano a bocca aperta
e ti fanno credere, per un istante,
che le magie possano esistere [...]
[...] Chi ha la primavera nell'anima vedrà sempre un mondo in fiore [...]
[...] Chiusi il libro e vi posai un bacio
Ringraziandolo per le emozioni
Che mi aveva regalato
E gli promisi di mettere in pratica
Il consiglio che mi aveva dato
Quello che nonostante le ferite
Non bisogna arrendersi mai
Ma continuare a provare
Anche se si soffre e si piange
Perché piangere è umano
E non è segno di debolezza
Ma significa che " siamo vivi,
Che il nostro cuore batte,
Si preoccupa e brucia di emozioni".
Per questo esiste il " Fabbricante
Di lacrime" perché il pianto è Vita
E tutti hanno il diritto di piangere
Non solo gli adolescenti
Come erroneamente qualcuno crede [...]
Erin Doom,
citazioni tratte dal libro
"Fabbricante di lacrime"
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3nding · 2 months
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Doveroso oggi condividere un capitolo così doloroso della mia vita. Che questa sia una testimonianza, senza pretesa di verità. Se deciderà di prendere il mare agitato dei social va più che bene l’anonimato. Mia sorella è morta per il covid a 53 anni, si controllava regolarmente e l’ospedale per una banalità lo aveva visto una volta sola nella vita. E’ entrata in ospedale il 15 gennaio, ne è uscita dentro una bara chiara il 16 febbraio. Io e lei non abbiamo mai pensato fosse un’influenza più forte del normale, del resto, se lo fosse stata, non si sarebbe trovata con un tubo in gola, in coma farmacologico, con questo “serpente” che ritmicamente si gonfia e si sgonfia per tenerti attaccato alla vita. Non si sarebbe sfiancata in cicli di pronazione a testa in giù sperando di tornare alla vita e ai sorrisi. Noi parlavamo e cercavamo di agire con responsabilità, lei che mi ha detto “Non ci vediamo nemmeno a Natale, scusami, dobbiamo tutelare noi e gli altri”. Lei che l’ultima volta che  ha potuto dirmi qualcosa mi ha detto “Grazie, ringrazia tutti”. Le ho lasciato il vestito che preferiva, le scarpe del ballo che tanto amava, gli orecchini, la collana prediletta e lo scialle rosso per lei essenziale per questo corredo funebre, e ci scherzava nei primi giorni di ricovero, dandomi indicazioni, in un esorcismo laico mai riuscito. E allora penso ai quasi 94.000 che ad oggi hanno dovuto pensare a uno scialle, a riprendere i sacchi sigillati dall’ospedale con i vestiti dentro, con il nome scritto sopra con un pennarello, come dei caduti di una guerra che trova sempre nuovi motivi di divisione. E’ per questo che non è importante che questa sia la mia storia, è la storia di tantissimi. Tantissimi che chiedono solo l’uso della delicatezza, del rispetto, della gentilezza. Non vorrebbero leggere le opinioni non richieste, i complotti, l’iperbole definitiva di un autore sconosciuto. Nel momento più doloroso, quello dell’astio per la troppa superficialità di  chi usa questo mezzo che ci sta avvelenando l’anima ben oltre il percepito, riesco comunque a dare un segnale diverso. A non accodarmi. Non ho niente da dire nemmeno sul covid. Chiedo solo gentilezza, per mia sorella che era la mia roccia e il mio pilastro, da sempre. Chiedo gentilezza per tutti gli altri, lei  e’ un numero, insieme agli altri quasi 94.000. Ma se ci si impegna, si può avere rispetto anche dei numeri. Solo questo chiedo. - Paolo Di Sabatino, fb
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datemidelveleno · 3 months
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Quando mi chiedono “come stai?”
Rispondo sempre “bene”
Perché a dire la verità non saprei dare una vera risposta.
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bru111271 · 10 months
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Mi piacciono i folli che fanno follie normali.
Chi canta a squarciagola in macchina e balla con la scopa mentre fa le pulizie.
Chi saluta le persone che non conosce.
Chi si muove a tempo di musica ovunque la senta.
Mi piacciono i folli quelli veri. Quelli che tengono per mano il loro amore anche dopo trent’anni. Che si baciano in mezzo alla strada e non hanno più quindici anni, ma cinquanta.
Mi piace chi ti guarda dritto negli occhi, ma dritto dritto, che ti viene da raccontargli la tua vita per come ti senti ascoltato.
Mi piace la follia dolce. Quella dei giusti.
La follia delicata di chi osa dire la verità sempre anche a costo di soffrire.
(PaolaFelice)
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gregor-samsung · 23 days
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“ Tina, nome di battaglia Gabriella, anni diciassette, giovane come tante nella Resistenza. Non ho mai pensato che noi ragazze e ragazzi che scegliemmo di batterci contro il nazifascismo fossimo eccezionali, ed è questo che vorrei raccontare: la nostra normalità. Nella normalità trovammo la forza per opporci all’orrore, il coraggio, a volte mi viene da dire la nostra beata incoscienza. E così alla morte che ci minacciava, che colpiva le famiglie, gli amici, i paesi, rispondemmo con il desiderio di vita. Bastava aprire la porta di casa per incrociare il crepitare delle armi, le file degli sfollati, imbattersi nella ricerca dei dispersi; partecipare dell’angoscia delle donne in attesa di un ritorno che forse non ci sarebbe stato: ma le macerie erano fuori, non dentro di noi. E se l’unico modo di riprenderci ciò che ci avevano tolto era di imbracciare il fucile, ebbene l’avremmo fatto. Volevamo costruire un mondo migliore non solo per noi, ma per coloro che subivano, che non vedevano, non potevano o non volevano guardare. E se è sempre azzardato decidere per gli altri, temerario arrogarsi il diritto della verità, c’erano le grida di dolore degli innocenti a supportare la nostra scelta, c’era l’oltraggio quotidiano alla dignità umana, c’era la nostra assunzione di responsabilità: eravamo pronti a morire battendoci contro il nemico, a morire detestando la morte, a morire per la pace e per la libertà. Vorrei che voi sfogliaste insieme a me l’album di ricordi, con i volti dei miei tanti compagni di grandi e piccole battaglie, fotografie scattate nei giorni della pace ritrovata, quando ci riconoscemmo simili. Mi rivedo, ci rivedo, con i capelli ricci o lunghi, barbe più o meno incolte, vestiti a casaccio, e tuttavia qua e là spuntano una certa gonna più sbarazzina, scarpe basse ma con le calzette colorate, un fermaglio su una ciocca ribelle, la posa ricercata di un ragazzo, e tutti insieme a guardare diritto l’obiettivo, tutti insieme sapendo che il futuro ci apparteneva, tutti insieme: questa era stata la nostra forza, la nostra bellezza. “
Tina Anselmi con Anna Vinci, Storia di una passione politica, prefazione di Dacia Maraini, Chiarelettere (Collana Reverse - Pamphlet, documenti, storie), 2023; pp. 3-4.
Nota: Testo originariamente pubblicato da Sperling & Kupfer nel 2006 e nel 2016.
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