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#quentin bajac
garadinervi · 9 months
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Reversing the Eye. Fotografia, film e video negli anni dell’arte povera, Triennale, Milano, May 16 – September 3, 2023
Curated by Quentin Bajac, Diane Dufour, Giuliano Sergio, and Lorenza Bravetta In collaboration with Jeu de Paume and LE BAL, Paris
(Image: © Emilio Prini, Introduzione alle statue, 1968)
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marcogiovenale · 1 year
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"reversing the eye. fotografia, film e video negli anni dell'arte povera": triennale milano, dal 17 maggio
La mostra, prodotta in collaborazione con Jeu de Paume e LE BAL, riunisce grandi figure dell’arte povera e altri artisti, fotografi, e operatori video che ne hanno condiviso il percorso, mettendo in luce il ruolo rivoluzionario della fotografia e le sue molteplici contaminazioni con altre forme di espressione artistica. Tra questi è presente Luca Maria Patella, il cui lavoro la galleria Il Ponte…
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hauntedbystorytelling · 10 months
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Louis John Steele (1842-1918) ~ La branche ensoleillée, ca. 1908. Autochrome from L’exposition 1,2,3 Couleur ! L’autochrome exposée au Château de Tours
Commissaires : Soizic Audouard (AN), Élizabeth Nora (AN) et Quentin Bajac
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jordi-gali · 2 years
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New Photography | MoMA
In the 1980s, as more and more institutions and galleries became as interested in photography as they were in what was beginning to be referred to as “contemporary art,” the main channel for contemporary photography at MoMA was the New Photography exhibitions, made up primarily of noncollection works. The first such exhibition, organized by Szarkowski in 1985 and intended to be an annual event, featured work by Zeke Berman, Antonio Mendoza, Ross, and Michael Spano. Szarkowski hoped thus to place contemporary creation at the center of the department’s programming: “New Photography will occupy twice the space of our former one-man series, and will show three or four photographers whose work—individually and collectively—seems to represent the most interesting achievements of new photography.” It has been a window on the Museum’s approach to photography, and it continues to be one of the very few regularly occurring contemporary series at the Museum. To date the series has presented more than a hundred artists, divided almost equally between Americans and non-Americans and covering a broad photographic range according to the different sensibilities of various curators. Many of the photographers and artists represented in this volume were first shown at MoMA in a New Photography exhibition, which also provided the occasion for their first works to be acquired by the Museum. The series has encompassed framed prints, images on screens, commercial books, self-published books, zines, posters, photo-based installations and videos, and site-specific works, and it will continue to present all the different forms that the photographic image can take.​ – Quentin Bajac, "Contemporary Photography at MoMA," in Photography at MoMA: 1960 to Now.
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lamilanomagazine · 1 year
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Milano: Apre la mostra Reversing the Eye alla Triennale
Milano: Apre la mostra Reversing the Eye alla Triennale. Triennale Milano presenta – in collaborazione con Jeu de Paume e LE BAL, due tra le più rilevanti istituzioni internazionali che si occupano di immagine – la mostra Reversing the Eye. Fotografia, film e video negli anni dell’arte povera, a cura di Quentin Bajac, Direttore di Jeu de Paume, Diane Dufour, Direttrice di LE BAL, Giuliano Sergio, curatore indipendente, e Lorenza Bravetta, curatrice per fotografia, cinema e new media di Triennale Milano. Presentata nelle due sedi parigine tra ottobre 2022 e gennaio 2023, l’esposizione indaga, con oltre 250 opere realizzate da 49 artisti, il rapporto dell’arte povera e di alcune avanguardie presenti in Italia tra gli anni Sessanta e i primi anni Settanta con i linguaggi della fotografia, del cinema e del video. Stefano Boeri, Presidente di Triennale Milano, afferma: “Il panorama artistico italiano tra gli anni Sessanta e Settanta è stato caratterizzato da una vitalità eccezionale. Sottolineando l’importanza di questo straordinario periodo, la mostra si concentra sul rapporto tra l’avanguardia di quegli anni rispetto al diffondersi dei nuovi media. Siamo molto felici di presentare, insieme a due istituzioni internazionali importanti come Jeu de Paume e LE BAL, un’esposizione pensata anche per esplorare le possibilità dei mezzi di comunicazione del periodo, che hanno prodotto un cambiamento epocale nel modo di fare arte”. Lorenza Bravetta, curatrice per fotografia, cinema e new media di Triennale Milano, dichiara: “In questo nuovo corso Triennale ha intrapreso un progetto di ricerca per approfondire l’evoluzione dei media e le loro possibili contaminazioni con le nuove tecnologie, con altre discipline e forme di espressione artistica. Con Reversing the Eye. Fotografia, film e video negli anni dell’arte povera aggiungiamo un tassello fondamentale al nostro racconto, testimoniando il dialogo tra arte e fotografia che, in quegli anni, ha liberato definitivamente i media da una funzione di mera documentazione, anticipando l’iconosfera nella quale oggi ci troviamo.” L’obiettivo della mostra non è dare conto di tutte le avanguardie presenti in Italia in quell’epoca, ma concentrarsi sulla scena dell’arte povera, come la definì il critico Germano Celant nel 1967. In risposta alla Pop Art americana e in concomitanza con l’attività dei protagonisti della scena concettuale internazionale, l’arte povera aspirava all’incontro tra arte e vita. Benché raramente associati a questa tendenza, la fotografia, il cinema e il video sono stati di fatto ampiamente utilizzati dai suoi esponenti e possono quindi essere annoverati tra i media “poveri”. Oltre ai protagonisti del movimento, la mostra dà spazio all’opera di altri artisti – in particolare fotografi come Elisabetta Catalano, Mario Cresci, Luigi Ghirri, Mimmo Jodice, Ugo Mulas – che esposero con loro o da cui furono influenzati in maniera determinante. L’esposizione, il cui titolo riprende quello dell’opera di Giuseppe Penone del 1970, si articola in un percorso cronologico ed è attraversata da quattro filoni tematici: Corpo, Esperienza, Immagine e Teatro. Ciascuno di questi termini racchiude un interrogativo specifico riguardo al rapporto con il tempo e lo spazio (Esperienza), alla decostruzione della realtà e alle sue rappresentazioni per immagini (Immagine), alla dimensione della teatralità insita in questi media (Teatro), al concetto stesso di identità e al ruolo dell’autore (Corpo). La mostra riunisce le opere di 49 artisti: Claudio Abate, Carlo Alfano, Giovanni Anselmo, Alighiero Boetti, Pier Paolo Calzolari, Elisabetta Catalano, Mario Cresci, Gino De Dominicis, Plinio De Martiis, Luciano Fabro, Giosetta Fioroni, Luigi Ghirri, Luciano Giaccari, Paolo Gioli, Laura Grisi, Marcello Grottesi, Franco Guerzoni, Paolo Icaro, Mimmo Jodice, Jannis Kounellis, Ketty La Rocca, Piero Manzoni, Plinio Martelli, Paolo Matteucci, Eliseo Mattiacci, Fabio Mauri, Mario Merz, Marisa Merz, Ugo Mulas, Paolo Mussat Sartor, Ugo Nespolo, Luigi Ontani, Giulio Paolini, Claudio Parmiggiani, Pino Pascali, Pier Paolo Pasolini, Luca Maria Patella, Giuseppe Penone, Gianni Pettena, Vettor Pisani, Michelangelo Pistoletto, Emilio Prini, Salvo (Salvatore Mangione), Gerry Schum, Cesare Tacchi, Andrea Taverna, Franco Vaccari, Michele Zaza e Gilberto Zorio.... #notizie #news #breakingnews #cronaca #politica #eventi #sport #moda Read the full article
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furiousheartbeats · 1 year
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Dreamlands, des parcs d’attractions aux cités du futur, dirigé par Quentin Bajac, Didier Ottinger, Centre Pompidou (2010 / Catalogue d’exposition)
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artbookdap · 1 year
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Whatever Vince says, we agree!⁠ ⁠ The list is live! Writer and curator Vince Aletti outlines his ultimate list of the Top Ten Photobooks of 2022, featuring a range of publications—from photographers' first books to all-encompassing retrospectives—and why they are unmissable. ⁠ ⁠ Congrats @elainemayesphoto & @damiani_books⁠ 'Elaine Mayes: The Haight-Ashbury Portraits 1967–1968' ⁠ Edited with text by Kevin Moore @fultonstreet ⁠ @deborahbellphotographs @elainemayesphoto @alexandrafanning_pr @fotofocuscincinnati @culturalcounsel ⁠ ⁠ @wolfgang tillmans & @themuseumofmodernart⁠ Wolfgang Tillmans: To look without fear⁠ Edited with text by @roxanamarcoci ⁠ Text by Quentin Bajac, @yvealainbois @juliaqbw1 @clement_cheroux @durgapolashi @stuartcomer Keller Easterling, Paul Flynn, Sophie Hackett, Michelle Kuo, @oluremi.onabanjo @i_phil_taylor & @wolfgang_tillmans Chronology by Phil Taylor & Andrew Vielkind.⁠ ⁠ @vincealetti #vincealettibestbooks https://www.instagram.com/p/CmPsgjfpM0X/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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blogdojuanesteves · 4 years
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*Clássicos  THE DECISIVE MOMENT > Henri Cartier-Bresson
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Henri Cartier-Bresson (1908-2004)  começa o prefácio do seu livro The decisive moment (Simon e Schuster, 1952 ) dizendo que como qualquer menino, gostava de "irromper" no mundo da fotografia com uma Box Brownie e fazer snapshots nos feriados. Dizia que sua paixão pela arte também vinha da infância, pintando as quintas e domingos, os dias que as crianças não tinham aulas na França. Gradualmente foi buscando o que podia com a câmera, mas do momento em diante que começou a pensar sobre isso "houve um fim para as fotos de férias e aquelas bobagens com meus amigos. Fiquei sério." O fotógrafo farejava alguma coisa e se ocupou indo atrás disso. O resultado  foi um legado à fotografia incalculável.
 Originalmente Images à la Sauvette (Editions Verve, 1952) - em uma tradução livre, imagens às escondidas ou às pressas- é um dos livros mais importantes da história da fotografia. Reunia até então os melhores trabalhos de Cartier-Bresson, com uma capa que não trazia uma fotografia mas sim uma colagem feita pelo artista francês Henri Matisse (1869-1954) e apresenta um título que resistiu até hoje como epíteto de sua obra. A frase usada para a versão inglesa está na epígrafe do livro, um extrato escrito pelo clérigo e memorialista francês Jean-François-Paul de Gondi (1613-1679), Cardeal de Retz: " Não há nada neste mundo que não tenha um momento decisivo."
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Se existe ou não um "momento decisivo" na fotografia,  definido por Cartier-Bresson como "o reconhecimento simultâneo, em uma fração de segundo, da significância do evento, bem como a precisa organização de suas formas que dão a este sua expressão adequada." é um debate que perdura até hoje passadas quase duas décadas da morte do fotógrafo, embora seja certa ao menos a origem desta "expressão fotográfica" a partir da publicação do livro. Em seu decurso o pensamento ganhou além de seguidores, aqueles que desafiam o tal acontecimento. Um deles é o crítico  Sean O'Hagan, do diário inglês The Guardian, em seu review pouco antes do relançamento do livro em 2015. Ele escreveu que "Sim, ele mudou a fotografia para sempre, mas por que republicá-lo 62 anos depois quando suas ideias parecem tão desatualizadas?".
 Quando ligamos as imagens com o ponto de vista humanista de Henri Cartier-Bresson vemos que a fotografia tornou-se parte da memória coletiva do mundo diz o conterrâneo do autor Clément Chéroux, atualmente Curador Senior do Museum of Modern Art de San  Francisco (SFMoMA), indicado como o novo Curador Chefe do Departamento de  Fotografia do Museu of Modern Art (MoMA), de Nova York, que deverá assumir o cargo em junho de 2020 no lugar de outro francês, Quentin Bajac, que retorna à França para ser o novo diretor do Jeu de Paume.
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Chéroux escreve em um booklet especial na edição lançada em 2015 publicada pela Steild-DAP - a qual usamos aqui para este review - cujo título é nada menos que " A Bible for Photographers", um grande ensaio sobre a história e o fazer de The decisive moment. Ele lembra que na edição original de 1952 com o prefácio do fotógrafo americano (nascido na Letônia) Philippe Halsmann (1906-1979 ) este comentava a insistência de Cartier-Bresson com o texto, lembrando que as 13 páginas escritas por ele estavam entre as mais lúcidas e inteligentes já escritas sobre fotografia, embora ressalvava que até este ano não haviam muitas. "Aquelas escritas pelos fotógrafos contando suas experiências, seus approaches ou assumindo suas posturas eram ainda mais escassas".  Por esta razão, escreve o curador francês,  a introdução rapidamente se tornava uma "inescapável referência".
  Uma reedição era necessária, sem dúvida. Esgotada a edição original, os livros estavam cotados a uma média de  R$17 mil em 2015. "Embora a obra não tinha mais esse domínio, ainda carregava o peso de sua importância inicial", diz o crítico irlandês Sean O'Hagan, que também escreve para o The Observer. A questão é como " enquadrá-la" hoje junto a outras ideias como a Staged Photography; as estratégias conceituais, as manipulações digitais, segundo ele tornaram a idéia antiquada, exceto para os puristas, os fotojornalistas e os chamados  "Street Photographers."
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É um recorte interessante do crítico, embora a questão é que estes chamados fotógrafos de rua ainda permanecem mundo afora como  um contigente nada desprezível. É preciso lembrar que algumas imagens das ruas feitas por Cartier-Bresson são comparadas a obras de mestres da pintura como o famoso quadro Rua de Paris, Dia de chuva, de 1887, do impressionista francês Gustave Caillebotte (1848-1894) e relacionado a produção do também impressionista Edgar Degas (1834-1917) ou ao pontilhista Georges Seraut (1859-1891).
 The decisive moment surgiu da necessidade de Henri Cartier-Bresson ver suas fotografias mais "organizadas". A edição categórica das imagens em um livro trazia então  uma leitura mais ampla de seu trabalho ( o que é inerente somente aos bons livros de fotografia pelo seu conteúdo e não pela quantidade de imagens) anteriormente publicado fragmentado em revistas ou jornais e que não permitiam uma diagramação mais interativa, um sequenciamento mais contíguo. É bom pensar que em 1952 também não era muito comum o livro de fotografia mais autoral.
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Cartier-Bresson fotografava desde 1929 e como vemos no livro, já colocando suas características como flagrantes feitos na rua, geometrias elaboradas e as indefectíveis impressões de negativos inteiros (sem corte) e com o fio preto no entorno ( resultado do "vazamento" de luz entre a emulsão e a borda dos negativos).  Em 1930,  duas décadas antes da publicação seu trabalho foi apresentado nos Estados Unidos na exposição da galeria de Julien  Levy (1906-1981) importante dealer novaiorquino dos anos 1930 e 1940.
 A mostra chamou a atenção do americano Beaumont Newhall (1908-1993), o primeiro curador de fotografia do MoMA, que tornou-se seu amigo e quem faria sua primeira exposição neste museu em 1947, conforme escrito pelo curador e historiador novaiorquino Stuart Alexander, editor chefe da Delpire Éditeur [editora fundada por Robert Delpire (1926-2017) amigo íntimo de Cartier-Bresson e seu editor por muitos anos] na preciosa Encyclopedia of Twentieth-Century Photography (Routledge, 2005) cerca de 1700 páginas em três volumes, editada por Lynne Warren, curadora do Museum of Contemporary Art (MCA)  de Chicago.
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The Decisive Moment começou a ser construído em 1949 quando Newhall, que já tinha feito o catálogo da mostra no MoMA, quis fazer um outro livro, originalmente pensando em "Fleeting Image" para o título, que segundo uma carta ao fotógrafo, escrita por ele em outubro deste ano: "lidará totalmente com o que você chama de fatias de 1/100 segundos..." (referindo-se aqui a alta velocidade do obturador da câmera fotográfica para "congelar" os momentos).
  Em 1951 Newhall e  Richard L. Simon, sócio da Simon & Schuster, uma das editoras  mais importantes do mundo e que hoje pertence ao conglomerado multinacional ViaconCBS , chamaram o grego radicado em Paris Tériade [Stratis Eleftheriades] (1897-1983) crítico de arte, designer e amigo do fotógrafo para preparar o livro. Em 1952, este chama a francesa Marguerite Lang (1900-1971), antiga colaboradora na sua luxuosa revista de arte Verve ( publicada entre 1937 e 1960, cuja primeira capa também foi feita por Matisse)  e começa a compilar as imagens, fazem o layout e publicam o livro na França. Foi ideia dos dois que Cartier-Bresson escrevesse seus pensamentos sobre fotografia. Neste caso raro, tanto o texto quanto as imagens  influenciariam e influenciam fotógrafos pelo mundo todo.
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Uma das ascendências marcantes para as imagens precisas do livro foi o professor de Cartier- Bresson, seu compatriota e pintor cubista André Lhote ( 1885-1962) que, ainda nos anos 1920, enfatizava a harmonia da "Proporção Áurea" ou " Número de Ouro" (como uma constante real algébrica irracional) uma divisão do quadro pensada na arte desde a antiguidade e como vista nas pinturas renascentistas. Também fazia parte de seu repertório as ideias de Maurice Tabard (1897- 1984) um dos principais nomes do surrealismo fotográfico, cujos textos tratavam da geometria nas imagens. Curiosamente no início dos anos 1950, Llothe foi professor da fotógrafa inglesa Maureen Bisilliat (radicada em São Paulo desde 1957)  em Paris e esteve no Brasil, ministrando cursos no Rio de Janeiro. Entre seus alunos estavam a artista carioca  Renina Katz e a artista fluminense Anna Letycia (1929-2018).
 Há quem diga que, já consagrado, o fotógrafo afirmava que sua maior (ou única)  inspiração da fotografia seria o húngaro Martin Munkácsi (1896-1963) e sua famosa imagem das crianças no Lago Tanganica. Outras influências talvez sejam mais difíceis de confirmar devido a existência de centenas de  citações apócrifas atribuídas a ele. Mas a ideia até que faz sentido quando pensamos no que Peter Galassi, curador do MoMA entre 1991 e 2011, escreve no livro Henri Cartier-Bresson O Século Moderno ( Cosac e Naify-MoMA, 2010) sobre fotógrafos que fizeram do momento imobilizado seu próprio tema. O paralelo entre os dois pode ser visto na imagem Gare de Saint-Lazare, em Paris, de 1932, talvez sua imagem mais celebrada.
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O livro segundo os editores, traz as melhores imagens de Cartier-Bresson dos seus primeiros 20 anos como fotógrafo. A impressão foi feita a partir da reprodução que manteve a qualidade dos originais em photo-engraving / engrave prints pelos impressores franceses Draeger Frères, uma casa situada na região de Íle-de-France e fundada em 1886 e é dividido em duas partes, imagens do Ocidente ( França, Itália, Espanha, México e Estados Unidos)  e do Oriente ( Índia, Indonésia, Japão, China, Egito)  entre estas alguns retratos dos escritor francês Jean-Paul Sartre (1905-1980) e dos americanos William Faulkner (1897-1962) e Truman Capote (1924-1984) além de artistas como o americano Saul Steinberg (1914-1999), e os franceses Christian Bérard (1902-1949), Pierre Bonnard (1867- 1947) e Henri Matisse, um prefácio do fotógrafo ( que foi alterado por ele em 1980) e um anexo tecnológico escrito pelo próprio Richard Simon, que a princípio achou que o texto escrito pelo autor não continha dados técnicos suficientes.
  Henri Cartier-Bresson, quando fez sua famosa (e inescrutável) imagem no dia chuvoso da Gare de Saint-Lazare, tinha 24 anos. Alguns anos mais tarde, trabalharia para revista Life, infiltrado na Resistência Francesa, indicado por seu amigo Endre Ernő Friedmann (1913-1954) conhecido por Robert Capa, como me contou John Morris (1916-2017), primeiro editor da Magnum Photos, icônica cooperativa criada em 1947 pelos dois fotógrafos e pelo polonês David" Chim" Seymour ( 1911-1956).  Filho de um industrial têxtil, soube dividir a vida burguesa e confortável com pensamentos idealistas e democráticos e um forte ativismo que o levou a cobrir como fotojornalista dramáticos acontecimentos mundiais como a Guerra da Espanha, nos anos 1930, o funeral do indiano Mahatma Ghandi (1869-1948) e a Segunda Grande Guerra.
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Imagens © Henri Cartier-Bresson   Texto © Juan Esteves
* nestes tempos bicudos de pandemia e irresponsabilidade política vamos apoiar artistas, pesquisadores, editoras, gráficas e toda nossa cultura. A contribuição deles é essencial para além da nossa existência e conforto doméstico nesta quarentena *
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fotopadova · 4 years
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Viaggio nella fotografia italiana del novecento: dalle associazioni agli anni sessanta
Viaggio nella fotografia italiana del novecento: dalle associazioni agli anni sessanta
di Silvia Berselli da https://www.collezionedatiffany.com/ 
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Lotto 482 - MARIO GIACOMELLI, Gabbiani,1980 ca. Stampa fotografica vintage alla gelatina sali d'argento. Timbro dell'autore al verso. cm 30,5 x 40,5 Valutazione € 800 - 1.200. Venduto € 2.125. Courtesy: Il Ponte Casa d'Aste.
L’anno 1947 segnò un momento importante per la fotografia italiana del Novecento. In quell’anno due autori con stili molto differenti, ma con la stessa forte personalità, posero le basi per una nuova e divergente stagione fotografica.
Giuseppe Cavalli (1904-1961) pubblicò in quell’anno il suo manifesto ideologico nella pagine della rivista “Ferrania”. Promotore del gruppo “La Bussola” e caposcuola di una visione formalista della fotografia vicina all’estetica idealista di Benedetto Croce, era mosso dal desiderio di “allontanare la fotografia, che avesse pretese di arte, dal binario morto della cronaca documentaria”.
Il Gruppo era composto da Mario Finazzi, Federico Vender, Ferruccio Leiss e Luigi Veronesi che prediligevano fotografie astratte, nature morte o paesaggi dalle atmosfere surreali. Lo scontro fu inevitabile con tutti quei fotografi che vedevano nell’impegno sociale e nella documentazione della realtà la vera natura della fotografia, come gli aderenti al Gruppo Friulano per una Nuova Fotografia.
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Lotto 26 – PAOLO MONTI, Chimigramma, 1961. Stampa fotografica vintage con interventi chimici. Pezzo unico. Firma dell’autore e data al verso. Opera in cornice. cm 28 x 23 (cm 63 x 58). Valuttazione € 1.400-1.500. Venduto € 1.625. Courtesy: Il Ponte Casa d’Aste
A Venezia Paolo Monti (1908-1982) fondò il Circolo Fotografico “La Gondola”, nell’ottica di «sviluppare l’autonomia della fotografia, accentuandone i limiti, esprimendosi liberamente senza lasciarsi intimidire dalle regole troppo numerose decretate da chi non sa sopportare il rischio di una completa libertà di espressione».
Alla Gondola aderirono negli anni Fulvio Roiter, Gianni Berengo Gardin e Gino Bolognini. Monti, che aveva una visione più ampia della fotografia, riteneva controproducente il fatto di schierarsi con i formalisti o con i documentaristi; volontà apparsa chiara fina dalla scelta del termine circolo rispetto a gruppo per identificare La Gondola.
Inoltre, egli conosceva i grandi maestri americani come Minor White o Aaron Siskind dai quali aveva attinto una personale perizia tecnica nella stampa dell’immagine. 
I gemelli Emanuele e Giuseppe Cavalli
   Giuseppe Cavalli, uomo colto ed accentratore, ritiratosi in un piccolo comune come Senigallia, fu una figura centrale nella fotografia italiana. Il suo stile, personale ed inedito nel panorama internazionale lo portò a lavorare su immagini dai toni delicatissimi o dai bianchi accecanti, nelle quali trovano posto leggere sfumature di grigio, mentre il nero era quasi bandito.
In antitesi al lavoro dei grandi maestri internazionali che consideravano questo il tono attorno al quale costruire l’immagine in un periodo storico in cui il concetto di “colore” era ancora lontano.
La figura di Giuseppe è stata in parte studiata e i suoi lavori sono presenti in importanti collezioni museali, mentre ancora molto poco si conosce del fratello gemello Emanuele Cavalli (1904-1981) pittore vicino alla Scuola romana e figura centrale nella crescita artistica di Giuseppe.
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Lotto 195 – EMANUELE CAVALLI, Stampa fotografica vintage alla gelatina sali d’argento, Firenze 1950-51. Timbro Eredi Cavalli al verso. cm 17 x 23. Bibliografia/Literature Valeriana Rizzuti, “Emanuele Cavalli fotografo”, Quaderni di AFT, Prato, 2008, pag. 54. Venduto € 3.750. Courtesy: Il Ponte Casa d’Aste
Le fotografie di Emanuele, decisamente più graffianti, presentano una carica grottesca e ironica estranea ai lavori più formali del fratello. La rivalità che lega i due e la complessità degli scatti di questi autori, a volte attribuiti all’uno a volte all’altro, restano un’affascinante pagina della fotografia italiana ancora tutta da studiare.
“La Bussola” era un piccolo feudo di pochi eletti su cui regnava incontrastato Giuseppe Cavalli che nel 1953, auspicando un ricambio generazionale,  decise di creare l’Associazione Fotografica Misa.
Tra i nuovi soci c’erano giovani fotografi come Mario Giacomelli, Piergiorgio Branzi e Alfredo Camisa che, insieme a Pietro Donzelli, rinnovarono la fotografia alla fine degli anni Cinquanta con stile e raffinatezza ponendo fine alla disputa tra forma e contenuto che aveva contrapposto tanti autori del dopoguerra.
Mario Giacomelli il poeta
   Mario Giacomelli (1925-2000) è un ‘gigante’ della fotografia italiana e non solo. Nato in provincia, di umili origini e con una modesta educazione, ha saputo rivoluzionare dal basso il modo di fare fotografia. Legato alla terra, al mondo rurale e ai suoi abitanti, il suo sguardo è molto lontano da quello dei neorealisti. Egli piega, plasma e modella il mezzo fotografico per dare voce al suo sentire.
Il mondo per Giacomelli non è da documentare, la sua è un’operazione di stravolgimento, nulla è meno verosimile di un suo scatto. La realtà diventa il tassello – aggiunto, sovrapposto o annerito – che gli permette di dar forma al suo mondo interiore fatto di sogni e incubi, di luci e ombre “ogni immagine è il ritratto mio, come se avessi fotografato me stesso”.
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Lotto 101 – MARIO GIACOMELLI, Paesaggio,  1980 ca. Stampa fotografica vintage alla gelatina sali d’argento. Valutazione € 2.000 – 2.500. Venduto € 3.500. Courtesy: Il Ponte Casa d’Aste
La fotografia diventa un materiale malleabile nelle mani di Giacomelli, da incidere in camera oscura. I paesaggi marchigiani si trasformano in un’inchiostrata calligrafia fatta di segni; gli anziani dell’ospizio diventano fantasmi evanescenti, fragili e poetici; i pretini sono dervisci danzanti senza tempo.
«Prima di ogni scatto c’è uno scambio silenzioso tra oggetto e anima, c’è un accordo perché la realtà non esca come da una fotocopiatrice, ma venga bloccata in un tempo senza tempo per sviluppare all’infinito la poesia dello sguardo che è per me forma e segno dell’inconscio».
Gli anni Sessanta e la decostruzione del mezzo fotografico
   L’intero paese, il mondo dell’arte in particolare, ebbe in Italia tra gli anni Sessanta e Settanta una spinta innovativa straordinaria. Oggi, infatti, artisti italiani di allora sono tra i più ammirati nei musei di tutto il mondo e i loro nomi risultano ai primi posti nelle classifiche di vendita.
Autori come Ugo Mulas, Paolo Gioli, Franco Vaccari, Mario Cresci restano ai più sconosciuti tanto che le loro opere si possono acquistare con poche centinaia di euro. Come si è già verificato in altri contesti, sono i migliori studiosi stranieri a ricordarci il valore artistico dei nostri autori.
Quentin Bajac, già direttore del dipartimento di Fotografia del MOMA, sottolinea come i fotografi italiani abbiano un primato: «La grande decostruzione del mezzo fotografico attuata negli anni Sessanta e di cui il contesto italiano è stato in Europa l’attore principale con i lavori di Pistoletto, Paolini, Jodice, Mulas, Di Sarro o Gioli. In nessun’altra scena artistica europea è stata condotta – con la stessa costanza, e nello stesso periodo – un’azione simile di indagine del mezzo fotografico».
Le riflessioni sui linguaggi, che serpeggiavano nel mondo dell’arte concettuale, trovarono risposta nei lavori fotografici con forme e contenuti innovativi.
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Lotto n° 455 – UGO MULAS, Alberto Burri, 1960 ca. Stampa fotografica vintage alla gelatina sali d’argento. Timbro dell’autore al verso. Opera accompagnata dall’autentica dell’archivio Ugo Mulas. Opera in cornice cm 32 x 42 (cm 26 x 37). Venduto € 3.500. Courtesy: Casa d’Aste Il Ponte
Ugo Mulas (1928-1973), già noto per il memorabile reportage sugli artisti di New York, pubblica poco prima della sua giovane dipartita le Verifiche “nel 1970 ho cominciato a fare delle foto che hanno per tema la fotografia stessa, una specie di analisi dell’operazione fotografica per individuarne gli elementi costitutivi e il loro valore in sé”.
Lotto n° 123 – FRANCO VACCARI, 700 Km di esposizione Modena Graz, 1972. Opera composta da venti stampe vintage a colori procedimento cromogeno applicate su cartone con testi manoscritti ad inchiostro. Testo, firma dell’autore, data e 46/60 al recto. Opera in cornice. cm 99 x 69 (cm 103 x 73). Venduto € 5.625. Courtesy: Il Ponte Casa d’Aste
Franco Vaccari (1936) utilizza il mezzo fotografico in relazione alle sue riflessioni connesse allo spazio e al tempo, organizzando delle performance che chiamerà Esposizioni in tempo reale. Nel 1972 partecipa alla Biennale di Venezia e scrive: “ho esposto una cabina Photomatic (una di quelle che si trovano nelle grandi città per realizzare le fototessere) ed una scritta in quattro lingue che incitava il visitatore a lasciare una traccia fotografica del proprio passaggio. Io mi sono limitato ad innescare il processo facendo la prima photostrip, il giorno dell’inaugurazione; poi non sono più intervenuto. Alla fine dell’esposizione le strip accumulate erano oltre 6000”.
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Lotto n° 130 – PAOLO GIOLI, Film finish – ritmo figura, 1979. Stampa fotografica vintage alla gelatina sali d’argento. Firma dell’autore, titolo e data la verso. cm 24 x 17,5 Bibliografia/Literature Roberta Valtorta, “Paolo Gioli”, Art&, Udine, 1996, pag.19 (variante). Venduto € 1.875 Courtesy: Il Ponte Casa d’Aste
Paolo Gioli (1942) si dedica allo studio dell’immagine e della visione nel cinema e nella fotografia, affascinato dai principi dell’ottica. Azzera il fare fotografia ripartendo dalle origini, il foro stenoeco ma anche la spiracolografia: un omaggio a Leonardo dove l’immagine è ottenuta utilizzando il pugno della mano come macchina fotografica. Gioli esplora le diverse tecniche fotografiche manipolando e ricostruendo le immagini come nelle polaroid trasferite in omaggio ai proto-fotografi.
Mario Cresci (1942) usa la fotografia ad ampio raggio mischiando generi e linguaggi: installazioni, grafica, urbanistica e antropologia. Nel 1968 crea uno striscione antimilitarista, composto da immagini note e “trouvè” che srotola dalla finestra di un palazzo romano; nel 1969 crea un’installazione di mille scatole trasparenti con all’interno uno spezzone di pellicola con riproduzione di oggetti di consumo. L’interesse sociale di Cresci lo spinge a Tricarico e Matera dove lavora utilizzando in chiave concettuale gli studi di antropologia.
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Lotto n° 146 – MICHELE ZAZA, Mimesi, 1975. Opera composta da dodici stampe fotografiche vintage alla gelatina sali d’argento. Firma dell’autore sul cartoncino di montaggio delle singole fotografie. Opera in cornice. Opera accompagnata da autentica. (cm 18 x24 cad.). Venduto € 15.000. Courtesy: Il Ponte Casa d’Aste
Il Sud, la terra, le origini sono temi che si ritrovano in questa nuova lettura delle relazioni famigliari nei lavori di Michele Zaza (1948). Il padre, la madre e il pane sono gli elementi di una “primordialità” ricorrente che si misura con l’espressione del corpo e del tempo. Essere stato un artista-fotografo e non un artista-artista ha certamente penalizzato il lavoro di Zaza malgrado avesse, come altri colleghi, esposto a New York da Leo Castelli e partecipato alla Biennale di Venezia.
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Silvia Berselli
Laureata in Storia dell’Arte, si occupa da molti anni di conservazione, restauro e valorizzazione della fotografia. La sua formazione è avvenuta presso l’International Museum of Photography di Rochester New York e l’Atelier de Restauration des Photographies del Comune di Parigi. Accanto alla docenza universitaria presso l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano e l’Università di Udine ha diretto i dipartimenti di Fotografia per le case d’aste Bloomsbury, Minerva e Bolaffi: attualmente ricopre questo incarico per la Casa d’Aste Il Ponte. E’ perito per il settore fotografico di Axa Assicurazioni, ha collaborato con numerose istituzioni del Ministero dei Beni Culturali.
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Revue du Web #13 Jan 2018
Young photography Now vous souhaite une très bonne année 2018 !! Plein de beaux nouveaux projets artistiques à nous faire partager! YP! mag continue à s’engager auprès des jeunes photographes pour diffuser leur création, leurs paroles trop peu souvent données et à échanger avec vous sur notre compte Instagram comme un vrai forum d’échanges entre photographes! Vous pouvez suivre le magazine en…
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notesonphotography · 6 years
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BOOKS ANNOTATED… (So far, in most recent order, and with CURRENT links to page)
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Photography, 2009/Anne Collier
Why Photography Matters - Jerry L. Thompson 
The Ongoing Moment - Geoff Dyer
Where is That Light Now? - Paul O’Kane
The Accidental Masterpiece - Michael Kimmelman
South and West: From a Notebook - Joan Didion
Beyond The Dark Veil - Jack Mord/The Thanatos Archive
Photography and Death - Audrey Linkman
Regarding The Pain of Others - Susan Sontag
1984 - George Orwell
Brave New World Revisited - Aldous Huxley
Forward to Amusing Ourselves to Death - Neil Postman
Society of the Spectacle - Guy Debord
Eros and Magic In The Renaissance - Ioan P. Couliano
Towards a Philosophy of Photography - Vilém Flusser
Words Not Spent Today Buy Smaller Images Tomorrow - David Levi Strauss
Photography After Frank - Philip Gefter
On Composition and Improvisation - Larry Fink
On Landscapes, Interiors, and the Nude - Todd Hido
On the Portrait and the Moment - Mary Ellen Mark
Inside The Photograph. Writings on 20th Photography- Peter C. Bunnell
Light Matters. Writings on Photography - Vicki Goldberg
A History of Walking - Rebecca Solnit
Psychogeography - Merlin Coverley
Bending the Frame - Fred Ritchin
After Photography - Fred Ritchin
In Our Own Image - Fred Ritchin
Photography Changes Everything - Ed. Marvin Heiferman
The Medium is the Massage - Marshall McLuhan/Quentin Fiore
The Photograph as Contemporary Art - Charlotte Cotton
Parr by Parr - Martin Parr/Quentin Bajac
Photographs Not taken - Ed. Will Steacy
Believing Is Seeing - Errol Morris
On Photography - Susan Sontag
Camera Lucida - Roland Barthes
The Work of Art in the Age of Mechanical Reproduction - Walter Benjamin
Ways of Seeing - John Berger
Classic Essays on Photography - Ed. Alan Trachtenberg
Why People Photograph - Robert Adams
On Street Photography and the Poetic Image - Alex WebbRebecca Norris Webb
The Mind’s Eye - Henry Cartier-Bresson
The Nature of photographs - Stephen Shore
The Photographer’s Eye - John Szarkowski
Photography A Very Short Introduction - Steve Edwards
OR…everything in one place.
http://notesonphotography.tumblr.com/archive
-H
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sinsentidono · 3 years
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Quentin Bajac: El equilibrio entre la percepción y la idea
Estoy de acuerdo con usted en que la fotografía trata de la percepción del mundo, incluso si hablamos de fotógrafos que preparan sus escenas. Pero vamos a centrarnos en lo que podemos denominar la práctica descriptiva o documental. Los fotógrafos más interesantes en ese campo son los que logran encontrar un equilibrio adecuado entre la percepción y la idea. Yo estaba hablando de esto con Paul Graham hace unas semanas, y me dijo que puedes encontrar la mejor idea posible, abrir la puerta, salir a la calle, y el mundo cambia esa idea. Y tienes que aceptarlo y cambiar tus expectativas para dar cabida a lo que observas y evolucionar con ello. Lo que produzcas al final probablemente será muy diferente de la idea inicial. Esto es de lo que trata la fotografía. Se trata de tener una idea en un primer momento y aceptar que vas a ser seducido, en el sentido etimológico de la palabra, por el mundo que vas a encontrar. Algunos fotógrafos siguen siendo muy duros y rígidos. Ellos tienen la idea. Sólo quieren ilustrar la idea. Y, a continuación, tienes todo lo contrario: fotógrafos que salen a disparar sin ninguna idea preconcebida y entonces, después, tratan de encajar todas las piezas del rompecabezas y construir algo a partir de sus imágenes, que es lo que ha sucedido en la fotografía desde el comienzo.
Quentin Bajac, entrevistado por Philip Gefter en Aperture, Winter 2013.
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Autochrome from L’exposition 1,2,3 Couleur ! L’autochrome exposée au Château de Tours | src Château de Tours
Commissaires : Soizic Audouard (AN), Élizabeth Nora (AN) et Quentin Bajac
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webionaire · 3 years
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February 2020, New York’s Museum of Modern Art announced that Clément Chéroux would step into the shoes vacated by his compatriot Quentin Bajac two years earlier, assuming the role of the museum’s Joel and Anne Ehrenkranz Chief Curator of Photography. At the time of the announcement, Chéroux was senior curator of the San Francisco Museum of Modern Art’s Pritzker Center for Photography, a position he held for three productive years, producing two major thematic exhibitions that explored the intersection of vernacular and traditional “art” photography, including snap+share: transmitting photographs from mail art to social networks (2019) and Don’t! Photography and the Art of Mistakes (2019), as well as a series of solo exhibitions by artists like Louis Stettner (2018), Carolyn Drake (2018), and Walker Evans (2017). (The latter, in fact, had been originated by Chéroux while he was still serving as chief curator of photography at the Centre Pompidou, Paris.)
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igreyphd · 6 years
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PORNOPTICON
BIBLIOGRAPHY
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artbookdap · 1 year
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Ahh, 'Wolfgang Tillmans: To look without fear' is Back in Stock from @themuseumofmodernart⁠ ⁠ In her @newyorkermag profile, Emily Witt writes, "His career is a lifelong inquiry into what gives an image meaning, including formalist experiments made without a camera. Amid a cultural outpouring of trolling, bad-faith posturing, disinformation, and edgelord provocation, Tillmans’s sincerity has not wavered."⁠ ⁠ Edited with text by @roxanamarcoci ⁠ Text by Quentin Bajac, @yvealainbois @juliaqbw1 @clement_cheroux @durgapolashi @stuartcomer Keller Easterling, Paul Flynn, Sophie Hackett, Michelle Kuo, @oluremi.onabanjo @i_phil_taylor & @wolfgang_tillmans Chronology by Phil Taylor & Andrew Vielkind.⁠ ⁠ Images courtesy the artist, @davidzwirner New York / Hong Kong, Galerie Buchholz, Berlin / Cologne, @maureenpaley London ⁠ ⁠ @wolfgang_tillmans #wolfgangtillmans #wolfgangtillmansmoma #wolfgangtillmanstolookwithoutfear #tolookwithoutfear⁠ @problematique_fave https://www.instagram.com/p/CmMaEQQurSM/?igshid=NGJjMDIxMWI=
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